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Del danno causato dall'economo rispondonoanche tesoreria e revisori

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3/11/2015 Del danno causato dall'economo rispondono anche tesoreria e revisori

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29 Ott 2015

Del danno causato dall'economo rispondono anche tesoreria e revisori

di Federica Caponi

L'istituto bancario cassiere, i revisori contabili e i dirigenti dell'ente locale sono responsabili per il danno erariale causato dall'economo che da anni sottraeva denaro pubblico. Questo il principio espresso dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale Toscana, con la sentenza n. 187/2015.

La vicenda 

Nel caso di specie, l'economo e responsabile dei servizi finanziari di una (ormai estinta) comunità montana per oltre 10 anni aveva posto in essere condotte fraudolente consistenti nell'emissione di mandati di pagamento in suo favore, in assenza di atti giustificativi, in violazione del regolamento dell'economato e di contabilità dell'ente, intascando somme per oltre un milione di euro.

Nel  marzo  2011  era  stata  presentata  una  dettagliata  denuncia  di  danno  erariale  conseguente  a fatti addebitabili all'ex economo, comunicando che dall'esame dei mandati di pagamento sarebbe emerso  che  il  predetto  dipendente  «ha  emesso  mandati  di  pagamento  in  suo  favore,  senza giustificativi  che  legittimino  l'attività  posta  in  essere  e  delle  cui  somme  in  larga  parte  non  si riscontra  la  lecita  destinazione.  Egli  ha  posto  in  essere  tutta  un'attività  che  fuoriesce  dalle prerogative  proprie  dell'economo.  Ha  operato,  in  assenza  di  titoli  abilitativi,  all'emissione  dei mandati  in  suo  favore,  agendo  anche  in  violazione  dei  limiti  e  dei  procedimenti  previsti  dal Regolamento dell'Economato e dal Regolamento di Contabilità dell'Ente. Inoltre, nella maggior parte dei casi, non risultano allegati neppure i giustificativi di spesa di pagamento a terzi fornitori

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degli  importi  riscossi  dall'economo  né  apposite  determine  legittimanti  l'operazione  di  anticipo somme  in  suo  favore.  Tali  mandati,  nella  quasi  totalità,  non  potevano  in  alcun  modo  essere emessi e riscossi. La loro emissione è illegittima per i motivi suddetti e non vi è prova di lecito utilizzo da parte sua delle somme prelevate».

La giunta dell'estinta comunità montana si era, quindi, attivata per determinare il quantum del danno  e  al  termine  della  verifica  aveva  ravvisato  gravi  inadempienze  e  rilevanti  responsabilità anche in capo ai due dirigenti dell'ente.

La  commissione  disciplinare  incaricata  aveva  disposto  il  licenziamento  dei  due  apicali  per condotta  omissiva  gravemente  colpevole,  che  aveva  «consentito,  o  comunque  permesso, all'economo  di  porre  in  essere  i  gravissimi  ed  illeciti  comportamenti»,  non  essendo  stato adeguatamente  controllato  dal  segretario  e  dal  dirigente,  per  quanto  di  competenza.  La commissione  disciplinare  aveva  anche  trasmesso  alla  Procura  della  Repubblica  i  provvedimenti disciplinari  adottati  nei  confronti  dei  dirigenti  e  in  conseguenza  di  tali  fatti  la  giunta  regionale aveva disposto lo scioglimento della comunità montana.

La decisione 

I  giudici  contabili,  nella  pronuncia  in  commento,  hanno  ravvisato  una  responsabilità amministrativa  sussidiaria  gravemente  colpevole  in  capo  ai  due  dirigenti,  in  quanto

«considerazioni logiche, oltreché giuridiche, inducono fondatamente a ritenere che se il dirigente dell'area  amministrativa,  come  pure  il  dirigente  dell'ufficio  tecnico  ­  per  la  parte  di  propria competenza  ­  avesse  svolto  un  controllo,  anche  saltuario  e  periodico,  sulla  gestione amministrativa­contatile  dell'ente,  avrebbe  senz'altro  potuto  rilevare  situazioni  di  dubbia legittimità  che,  con  gli  opportuni  approfondimenti,  avrebbe  circoscritto  il  danno  perpetrato»

dall'economo.

La  corte  però  ha  ritenuto  responsabile  anche  l'istituto  bancario  che  aveva  svolto  negli  anni interessati  l'incarico  di  tesoriere  dell'ente,  perché  avrebbe  dovuto  rilevare  l'irregolarità  e l'anomalia dei numerosi mandati aventi come beneficiario lo stesso dipendente­economo, privi di qualsiasi documento giustificativo e posti in essere in violazione dei regolamenti dell'economato e di contabilità dell'ente.

La  convenzione  stipulata  con  la  banca,  infatti,  imponeva  al  tesoriere  l'osservanza  delle disposizioni regolamentari citate, che prevedevano il divieto di emettere mandati di pagamento per il tramite di amministratori e dipendenti.

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I  giudici  contabili  hanno,  inoltre,  ravvisato  inadempienze  e  responsabilità  anche  dei  revisori  in considerazione del fatto che «una situazione finanziaria, tanto grave e reiterata nel tempo, poteva e  doveva  senz'altro  essere  rilevata  e  denunciata  attraverso  l'ordinaria  attività  di  verifica contabile».

La  Corte  dei  conti,  sezione  giurisdizionale  della  Toscana,  ha  quindi  condanno  in  via  principale l'economo  e  in  via  sussidiaria  i  due  dirigenti,  i  revisori  dei  conti  e  l'istituto  bancario  tesoriere dell'estinta  comunità  montana  al  risarcimento  del  danno  quantificato  (per  adesso)  in  oltre 400.000  euro,  ma  la  Procura  della  Repubblica  competente  ha  comunicato  che  l'importo  del peculato  ipotizzato  ammonterebbe  a  oltre  un  milione  di  euro  e  i  giudici  contabili  hanno  fatto espressa riserva di procedere.

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