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Cittainmovimento: lettera aperta di Maurizio Milan su TPL e Mobilità a Roma

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ASSOCIAZIONE CULTURALE CITTAINMOVIMENTO

LETTERA APERTA AI SOCI E AD ALTRI

(Riflessioni sulla mobilità di area vasta)

AGOSTO SETTEMBRE 2015

maurizio milan

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IL PRESIDENTE

(mail: presidente@cittainmovimento.net – cell. 348 5529368)

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I.I. PPEERRCCHHEE’’ UUNNAA RRIIFFLLEESSSSIIOONNEE SSOOTTTTOO QQUUEESSTTAA FFOORRMMAA

1. Una riflessione soltanto perché sento la necessità di scriverla. Cercando di ordinare i pensieri su questi anni di attività, nella speranza che possa servire a qualcuno, anche uno, che vorrà leggerla.

2. La forma che ho deciso di utilizzare è funzionale, nelle mie intenzioni, a fornire ai soci e ad una platea più vasta che ci segue, materiali grezzi di discussione sui temi della forma delle città e del sottostante (o soprastante) tema della mobilità di area vasta.

3. Molte questioni sono state da noi esaminate nel corso degli ultimi anni (dirò poi). Questioni affrontate da ciascuno con le proprie specifiche competenze e sensibilità messe a disposizione di tutti noi. Questioni analizzate in modo approfondito da ogni angolo di visuale anche direttamente operativa, ci si ripresentano oggi nella forma di visioni che si confrontano con la realtà quotidiana trovando conferma delle intuizioni e delle analisi puntuali che le hanno prodotte. Ma visioni, sogni che non trovano ambienti adatti a condensarli in fatti e prassi organizzative. Hanno però una conseguenza: possono indurre un legittimo sentimento di rinuncia, che infine porta ad attaccare l’asino dove chiede il padrone di turno.

4. Proprio questo rischio va evitato, per non disperdere importanti elaborazioni corredate da proposte concrete che attendono soltanto gli strumenti validi per essere attuate. Cosa che oggi stenta a rendersi consistente.

IIII.. LLAA FFOORRMMAA DDEELLLLAA CCIITTTTAA’’

5. Con l’unificazione, la cultura sabauda affronta il tema della modernizzazione urbana risolvendo il problema del contrasto tra nord e sud della penisola attraverso il ricorso ad un modello lontano dalla cultura del paese.

6. L’aristocrazia piemontese applica alla diversità morfologica delle città italiane il modello a lei caro, senza troppi rallentamenti. Rarefazioni urbane funzionali al trasporto, circonvallazioni esterne, densificazioni nelle aree consolidate. Il nuovo Stato cura, con colossali investimenti, il territorio e le città agevolato dal capitalismo sociale frutto dell’idea liberale, mediando e tenendo così insieme e il conflitto sociale.

7. Negli anni cinquanta il pensiero solidaristico cattolico associato a quello di Adriano Olivetti, sperimentano un composito modello di capitalismo sociale che disegna una stagione di welfare di matrice socialista e di assistenzialismo sociale, nel tentativo di aggregare fabbrica e territorio. In un disegno di sostenibilità dello sviluppo che poi perde funzione.

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IL PRESIDENTE

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8. Sono queste le radici recenti delle nostre città, oggi irriconoscibili non soltanto per lo sviluppo caotico e l’urbanizzazione forzata, ma soprattutto per il dazio pagato alla rendita fondiaria che, forte di un rapporto di uno a quattro o cinque tra costo di costruzione e prezzo di vendita (ci torniamo poi rapidamente) si lega agli interessi dei ceti popolari nell’acquisto a debito della casa che diventa un valore rifugio sicuro. Ora, forse, non più.

I

IIIII.. IILL MMOOTOTORREE DDEELLLLOO ““SSVVIILLUUPPPPOO”” UURRBBAANNOO

9. Questa corsa collettiva verso un’edificazione sfrenata, e soprattutto senza regole degli anni ’50 e ’60, ci ha consegnato le città che conosciamo della quali la nostra Roma è l’emblema. Ci troviamo così nelle condizioni attuali che abbiamo più volte analizzato insieme. Qualche cenno lo fornirò brevemente in seguito.

10. Qualche cenno che, per chi vive Roma, non ha certo bisogno di essere richiamato. Quindi brevemente: nell’ultimo ventennio, il consumo di suolo, a popolazione sostanzialmente invariata, ha visto la superficie edificata passare da 31.000 ettari a 55.000, il rapporto tra abitanti e veicoli ad uso privato sfiora l’uno a uno, larga parte della popolazione vive in orribili periferie peggiori di quelle dei decenni precedenti, il trasporto pubblico non ha mai vissuto una stagione peggiore di questa, le aziende partecipate (i bracci operativi) sono molecolarmente disgregate.

11. A fronte di ciò, detto “sviluppo”, ha generato l’accumularsi di un debito mostruoso di circa 22 mld di euro, certificati nella relazione del commissario di governo del 2008 presentata in parlamento, poi infilati in una bad company.

Roma Capitale, la nuova creatura creata ad hoc (stessi confini amministrativi) sotto il governo della destra, ha avuto il tempo di accumulare ulteriori 800 milioni di debito, fatto che ha costretto la nuova amministrazione ad imporre un taglio di oltre 400 milioni di spesa sociale con l’aumento delle imposte comunali.

12. Mentre mi accingo a scrivere queste note, arriva la notizia della carnevalata dei Casamonica, che potrebbe essere liquidata così, se non fosse per la tremenda testimonianza, platealmente messa in scena, che reca con sé.

Rappresentazione di quel potere che le classi dirigenti hanno consentito che fosse accumulato negli interstizi dove politica e capitale criminale si incontrano.

Da anni. Non possono non tornare alla mente alcune istantanee ed anche alcune frasi da me ascoltate che suonano, pregne di pragmatismo didattico di chi sa, “…non si governa Roma contro Caltagirone …………” Perdonate la digressione.

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IL PRESIDENTE

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13. Dobbiamo quindi metterci in contrapposizione decisa con un’area di imprenditorialità che caratterizza la nostra città? Non si tratta di questo, si tratta di opporre e di trasformare in prospettiva di sviluppo i temi del recupero urbano, dell’edilizia popolare (basta hhousing sociale), della viabilità, della cultura, temi che ben si coniugano con il recupero del patrimonio dismesso.

Meno ciò si coniuga con la speculazione edilizia posta ad esclusivo servizio della massa finanziaria, spesso fatta di valori di carta e frequentemente di provenienza illecita, che poi esplode in bolle finanziarie che distruggono valori fittizi in possesso dei piccoli investitori. Fatti già visti ma che non sembrano lasciare un ricordo sufficiente a scongiurarli per il futuro.

IVIV.. LLAA LLEEGGIISSLLAAZZIIOONNEE AA SSEERRVVIIZZIIOO DDEELL CCEEMMEENNTTOO

14. “Basta con le regole” è lo slogan che si afferma negli anni ottanta che fungono da spartiacque per il riuso speculativo dell’immenso patrimonio industriale dismesso (Milano) con la fine delle migrazioni, fatto che, tra l’altro, stabilizza demograficamente il paese. Nel 1983-85 trova luce il primo condono edilizio, attacco al territorio e adesione popolare al modello del mattone.

Doppio regime di edificazione, legale ed illegale, che crea sbocco al riciclo di soldi di dubbia provenienza, premesse per il disordine territoriale al quale le amministrazioni dovranno poi correre dietro.

15. Con la legge179/92 si collauda l’urbanistica contrattata che si completa con l’istituto della deroga (legge 122/89), per concludersi con la creazione dei consorzi di impresa. I main contractor, celebrati come soluzione per individuare un unico responsabile con il quale trattare, assumono nella realtà un potere foriero di ricatti che, a volte, li vedono sostituirsi al programmatore urbano. Ne sono l’emblema le Ferrovie dello Stato che con Grandi Stazioni, partita come società pubblica, (utile lasciapassare per le valorizzazioni) si ritrova poi privata incassando le plusvalenze ottenute con la vecchia identità. L’alta velocità, partita come finanza di progetto, attraversa, con la Napoli Torino, tutto il periodo di tangentopoli spendendo 51 mld di euro invece dei 15 preventivati ritrovandosi poi pubblica e suggerendo poi la istituzione della legge obbiettivo, con la quale facciamo ancora i conti oggi. Allora Roma e Milano sono i luoghi della rappresentazione, che oggi vediamo replicata con la metro C, il Mose, l’Expo. Fa caciara l’intruglio periferico delle mezze calzette di Mafia Capitale, certo da non sottovalutare vista la saldatura con clan camorristico-mafioso- zingareschi che, lungo il litorale, si protendono verso il basso Lazio e la Campania, ma anche altrove bisognava rivolgere lo sguardo. E da molto.

16. Va trovata la strada per ricondurre ad un progetto unitario di sviluppo anche le forze imprenditoriali della città e della regione, ma con una guida politico

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IL PRESIDENTE

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amministrativa del progresso economico ordinato e non asservito ad interessi di una sola parte.

V.V. CCOONNSSEEGGUUEENNZZEE IINN TTRREE PPIILLLLOOLLEE

17. E’ quindi arduo il compito, per chi vuole interessarsi di mobilità in ambito regionale e metropolitano. Era necessaria questa succinta ma non breve introduzione, altrimenti non si comprende la situazione nella quale ci troviamo ad operare che è quella di una forma urbana nata come un vantaggio alla rendita fondiaria e delle costruzioni e non alla qualità delle nostre città e del tessuto urbano.

18. Le caratteristiche attuali contraddicono la regola che suggerisce di mantenere compatta la città per diminuire i costi del funzionamento urbano. Al contrario i territori agricoli sono stati disseminati di centri commerciali, piccole residenzialità, nuclei abitativi abusivi, residence, cittadelle del consumo.

Insomma lo sprawl urbano è la cifra del ventennio liberista che ci ha restituito città dilatate, sparpagliate, ingiuste. E le amministrazioni costretta a correrle dietro per garantire i servizi e, tra questi, la mobilità, spendendo risorse negate ad uno sviluppo ordinato. Questo oggi ci costringe a scegliere dove tagliare.

19. Le risorse sono state trovate nell’indebitamento e negli oneri concessori (governo Amato) che vengono destinati a copertura di altre poste di bilancio contribuendo a creare il debito monstre di Roma, mentre le plusvalenze arricchivano rendita speculativa e costruttori, che oggi pretendono ancora di disporre. Mentre ai cittadini viene lasciata l’eredità di una macchina abnorme, caotica e inefficiente.

VIVI.. EEDD OORRAA CCOOMMEE MMUUOOVVEERRSSII

20. Cosciente del fatto che la situazione è questa e che la soluzione arriverà in tempi a noi negati si tratta perlomeno, per la parte della quale abbiamo deciso di interessarci in modo più approfondito, di ridurre il danno e di non peggiorare le cose. Penso che soluzioni legate esclusivamente a grandi opere a rete ricercando le risorse che non ci sono in programmi di collaborazione con capitali privati non siano la soluzione. La ragione è semplice: la mobilità non regge la finanza di progetto. Sono project freddi e vanno scaldati cash o pagando in suolo. Film già visto. Si possono utilizzare, certamente, ma con parsimonia e a scala limitata ed attentamente controllata.

21. Bisogna allora abbandonare la programmazione e la visione lunga? No l’esatto contrario. Va ricostruita una ragione pubblica che, accettando anche di posizionare nei tempi e modi possibili le tessere del puzzle, abbia però in testa

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il puzzle completo senza ridisegnarlo ad ogni piè sospinto ad ogni difficoltà sopravvenuta.

22. Bisogna riavviare un confronto pubblico che componga il disegno. Mi occupo di mobilità da poco e per caso, ma in molti anni non ho trovato luoghi, se non occasionali e poco più che spontanei, dove il Progetto venisse discusso nella sua interezza e nella consapevolezza dei limiti di intervento.

23. Il silenzio, peggio la confusione è ampia: le grandi questioni delle reti metropolitane, la linea C si accorcia e si allunga a piacimento mentre le altre sono sepolte senza officiarne il rito funebre; i passanti tranviari a raso fatti di linee portanti e di tram leggeri che le incrociano dormono nei cassetti; la cura del ferro che spaccia la riesumazione di Vigna Clara come necessaria al trasporto romano invece che alla linea ad alta velocità che conduce Firenze a Fiumicino concordata con Ethiad diventa uno slogan vuoto; le stazioni ipogee che si perdono per strada per interferenza con i reperti archeologici invece di venire posizionate sotto agli stessi, facendo così la fortuna dei main contractor;

le ferrovie di penetrazione alla città metropolitana battute all’asta con l’assurda giustificazione che non sono gestibili per i macchinisti (sic!). E i PUP e la sosta tariffata persa e recuperata in extremis. Eppure, da profano, ho visto e vedo progetti chiusi nel cassetto dei quali si discute e di rado a pezzi e bocconi, con capacità professionali ibernate da anni che dovrebbero essere sciolte. Si può e si deve. La responsabilità di una classe dirigente inadeguata è evidente.

VIVIII.. RRIIPPRREENNDDEERREE IILL BBAANNDDOOLLOO DDEELLLLAA MMAATTAASSSSAA

24. Quindi avviare rapidamente la discussione, nel mentre si affrontano almeno i temi della ricostruzione organizzativa della struttura metropolitana e regionale, per arrivare a quella operativa dei dipartimenti e delle aziende. Lo farò in estrema sintesi in tre pillole.

25. Primo, la governance. Necessario, da subito, l’avvio di un soggetto unico (Agenzia, Authority) regione-città metropolitana che superi la contrapposizione e sventi la febbre delle fusioni, fungendo, con poteri adeguati, da soggetto di riferimento della programmazione della attuazione e del controllo del servizio reso dai gestori (pubblici e privati, possono essere “n”) e che abbia in mano tutti gli strumenti (controllo satellitare dei mezzi, saliti-discesi, bigliettazione elettronica ecc.) per verificare l’esatta esecuzione dei contratti di servizio e che paghi per il servizio effettivamente reso. Non c’è bisogno di ulteriori moltiplicazioni societarie va data forma organizzata all’esistente, che già abita ed opera, ma in modo non coordinato tra i due livelli amministrativi. Si potrà così sviluppare, tra le altre cose, uno strapazzato sistema Metrebus per arrivare alla creazione di un Titolo Unico Regionale, saldamente in mano

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alll’amministrazione pubblica, in grado di assicurare integrazione e intermodalità delle reti regionali con un criterio multifunzione (turismo, parcheggi, eventi ecc.). Modelli già attivi in altri contesti regionali sui quali, pur disponendo di asset e tecnologie avanzate, siamo in serio ritardo. Qualunque scorciatoia tendente ad affidare a monopoli pubblici esterni la soluzione, sarebbe in contraddizione con il potere di controllo dell’amministrazione regionale.

26. Secondo, le risorse: non possiamo dimenticare che la ripartizione del fondo nazionale trasporti è profondamente iniqua e la regione Lazio ne risulta svantaggiata. I contributi per la regione Lazio (media nazionale 96 €/ab) valgono ca. 100 €/ab contro i 120 della Basilicata ed i 105 del Piemonte.

Mentre dovrebbe risultare evidente che le regioni che ospitano i grandi centri metropolitani, con maggiore densità e congestione, hanno maggiori fabbisogni di mobilità e maggiori costi di produzione. Vanno incrementati i ricavi da mercato (oggi incredibilmente in calo) con la ristrutturazione della controlleria, ma soprattutto con l’ausilio delle tecnologie e con la chiusura dei nodi di scambio, dove si catturerebbe l’evasione delle tratte di penetrazione. Nelle tratte extraurbane si possono inserire sistemi di controllo accessi, anche fisici, a bordo mezzi. Va ricordato che la chiusura degli accessi alle metropolitane di Roma hanno fruttato un forte incremento dei ricavi con recupero dell’investimento in meno di un anno.

27. Terzo, risistemare le aziende: Le società operative debbono pensare al servizio, alla manutenzione dei mezzi e a tutto quello che alla prestazione dovuta ruota intorno, non ad altro. Vanno risistemate e redistribuite le competenze separando il servizio dal resto, evitando sovrapposizioni di competenze tra il livello societario e quelllo dell’amministrazione, ma evitando anche fusioni societarie che poi non garantiscono il riordino delle posizioni di staff che si trovano a convivere in ridondanza e, spesso, in posizioni conflittuali.

28. Sto facendo uno sforzo serio nel cercare di mantenere, in poche succinte indicazioni gli obbiettivi generali da perseguire, poiché le questioni da affrontare sono interconnesse e sovrapposte da un decennio di scelte sbagliate che ci hanno consegnato strutture che vivono di vita propria e non per il servizio, bruciando risorse soprattutto per una inefficienza di sistema che surclassa qualunque spreco che, giustamente, viene segnalato ed additato come colpa grave.

29. Permettetemi un breve esempio che posso portare perché vissuto, quello dell’Atac. Nel periodo di tre governi, centrosinistra-centrodestra-centrosinista, avvengono: una fusione di tre soggetti inutile e dannosa che ha sommato tutto senza preoccuparsi delle ridondanze, con lo scorporo di una Agenzia prima snella poi elefantiaca e di una società patrimonio poi di nuovo incorporata,

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IL PRESIDENTE

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senza parlare di una società di manutenzioni da promuovere per poi incorporarla nuovamente nella società controllante. Nel periodo di Alemanno cambiano cinque amministratori delegati, tre presidenti e quasi tutte le prime linee di responsabilità, vengono varati due piani industriali (con tanto di obbligo di trimestrale) in due anni dei quali il primo dura forse due mesi, per non parlare delle follia della sosta tariffata e di altro. Le propaggini di quelle scelte inquinano anche l’attuale amministrazione che sceglie il massimo responsabile che dichiara di essere di passaggio. Viene, a caro prezzo, rimessa sui binari una metro C assistita dal servizio su gomma, viene varato un PGTU ed affidato ad una società operativa che, nel frattempo, ha cambiato più volte le prime linee e con un vertice part time non in grado di attuarlo neppure con un serio taglio del servizio. Anche qui, con notevole ritardo si vara un piano industriale con obbligo di trimestrale che naufraga prima che veda la luce la trimestrale stessa.

Si potrebbe continuare. Ma il tema è sempre lo stesso, mancano visione, progetto e condivisione e …. affetto per la città.

30. Riprendere il bandolo significa rimediare alla disgregazione molecolare in atto su un progetto condiviso dove tutti gli attori siano protagonisti e non parti in conflitto. Non ci sono altre strade percorribili, lo abbiamo verificato di persona e ci vuole tempo, troppo ne è stato perso, e assunzione di responsabilità politica. Punto

VIVIIIII.. LLOO SSPPAAZZIIOO DDII AAZZIIOONNEE

31. La nostra associazione, negli ultimi due anni, ha vissuto una onesta difficoltà di direzione. Ma ditemi chi non la vive in una città disorientata e di fatto commissariata, dove la politica, per sua colpa, è costretta a rincorrere la magistratura. Ma in questi due anni, grazie al lavoro di approfondimento patrimonializzato, abbiamo anche visto e discusso in dettaglio e con largo anticipo gli errori compiuti nelle scelte che rigurdano la mobilità dell’area vasta.

Errori chiari ed evidenti per chi conosce il settore, ma non per chi lo ha gestito nel suo esclusivo interesse, fosse anche esclusivamente professionale e di immagine.

32. Un senso di spaesamento si è incuneato. Causato dalla mancanza di prospettiva e dalla difficoltà a proiettare le nostre proposte nell’ambito e nella dimensione che meritano, determinando una sensazione di inutilità in quello che abbiamo prodotto. Ciò ci ha suggerito diverse ipotesi nella ricerca delle ragioni del malessere, legate per qualcuno all’indirizzo troppo professionale dell’associazione, per altri alla dipendenza politica di alcune nostre iniziative (peraltro tutte ben riuscite), per altri ancora ad una scarsa capacità di coinvolgimento della platea associativa, per altri ad una carenza organizzativa e di comunicazione verso l’esterno. Bene, ci sono tutte in un mix che si ritrova

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IL PRESIDENTE

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sempre nelle forme di associazione volontaria che basa la sua vita, appunto, sul contributo volontario di tutti.

33. Ritengo, per quanto fin qui argomentato, che esiste uno spazio ampio di intervento che ci impone di non abbandonare l’iniziativa: sia di ricerca sopratutto da parte del comitato scientifico, che di proposte concrete da parte del direttivo. Di nuovo dobbiamo fare lo scouting delle risorse e delle responsabilità, di nuovo dobbiamo rapportarci, ma non solo, al mondo associativo che può essere un motore di crescita civile basata su analisi e proposte concrete.

In molti scrivono importanti libri e debbono continuare a farlo. Ma non basta.

Un caro saluto e un abbraccio a tutte e tutti.

 

13 SETTEMBRE 2015

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