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IV DALLE COLLINE DEL KENTUCKY A MERRY HILL The Dollmaker

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Academic year: 2021

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IV

DALLE COLLINE DEL KENTUCKY A MERRY HILL

The Dollmaker1 è un romanzo corposo di quasi settecento pagine, composto da

trentanove capitoli. Malgrado si tratti di un volume unitario si possono chiaramente individuare due blocchi narrativi distinti, il primo dei quali ambientato sulle colline del Kentucky, il secondo a Detroit. Entrambi i blocchi sono separati da un capitolo, il numero 10, di transizione.

Sebbene Harriette Arnow si sia guadagnata l’infelice etichetta di “scrittrice regionale” per via dell’ambientazione agreste dei primi due romanzi che, come ricorderemo, si svolgono sulle colline del Kentucky, con la pubblicazione di TD ha dimostrato che in realtà non è così. Infatti, per quanto la prima parte del romanzo, come si è già detto, sia ambientata in Kentucky, per tre quarti del volume i protagonisti della storia si trovano in una grande città. È pur vero che leggendo il romanzo si continua a percepire un certo sapore nostalgico della vita collinare, ma è altrettanto vero che, come anche per i precedenti romanzi, non sono la trama o l’ambientazione a fare la storia, bensì i personaggi, talmente complessi in tutte le loro sfaccettature da risultare quasi reali. In questo libro, inoltre, ci sono molteplici tematiche che, di volta in volta, sono state oggetto di analisi, ma sicuramente il tema più evidente è quello relativo al contrasto tra la vita rurale, in comunione con la natura, e la vita in una città industrializzata, alle prese con valori del tutto diversi da quelli che i Nevels avevano conosciuto fino a quel momento. In questo capitolo si cerca dunque di mettere in evidenza questo contrasto e, nel successivo, si evidenzieranno alcuni dei motivi più ricorrenti nel romanzo.

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Arnow, Harriette, The Dollmaker, New York, Scribner, 2009. Nel corso di questo lavoro, la seguente opera verrà indicata con l’abbreviazione: TD.

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4.1 – Gertie Nevels e il Kentucky

Nei primi nove capitoli si raccontano le vicende della famiglia Nevels, ambientate nelle colline del Kentucky e, in particolare, della protagonista, Gertie Nevels, una donna forte e determinata, disposta a tutto per il bene dei propri figli. Queste caratteristiche sono evidenti fin dal capitolo di apertura nel quale, inizialmente, appare soltanto come una grossa figura asessuata, di profilo, che esce da una fitta nebbia in groppa a un mulo. Quando finalmente riusciamo a vederla, inquadrata dai fari di un’auto, siamo immediatamente consapevoli della sua corporatura: è una donna incredibilmente alta e ossuta. La donna stringe a sé suo figlio Amos, che ha la difterite e cerca di raggiungere la statale per poter fermare un’automobile che la accompagni da un medico. Con la guerra in corso, infatti, anche l’ultimo medico di paese se n’è andato, così se qualcuno si ammala gravemente è costretto a scendere a valle per poter ricevere le cure adeguate.

Una volta raggiunta la statale riesce finalmente a fermare un’auto dell’esercito con a bordo un ufficiale e un soldato semplice. Dopo una serie di discussioni, convince i due a darle un passaggio, non prima, però, di aver praticato con destrezza una primitiva tracheotomia sul ragazzino, sempre più cianotico, servendosi di un coltello, una forcina per capelli e il rametto di un pioppo, salvandogli così la vita. Con questa scena dalle tinte molto forti il lettore può farsi un’idea immediata della protagonista, una donna che, nel suo mondo, ha tutto sotto controllo.

Oltre alla forza e alla resistenza fisica, Gertie ha anche una mente vivace e una perspicacia acuta, caratteristiche che la differenziano da Clovis, suo marito, e da sua madre, una donna gretta e ottusa che non fa che lamentarsi di tutto e di tutti e la critica di continuo. In realtà, Clovis ha molto più in comune con la suocera che non con Gertie.

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Gertie è una moglie rispettosa per Clovis che, da un certo punto di vista, l’apprezza. Tuttavia, è chiaro al lettore che lui non la conosce veramente. Avendo avuto modo di imparare i modi di vivere al di là delle colline, può sorridere dell’ignoranza della moglie riguardo alle caldaie, agli hamburger e via di seguito, e può altresì criticare il suo aspetto scarmigliato quando la incontra nello studio medico dove ha portato Amos. Non una sola volta, in tutto il romanzo, Clovis riuscirà a guardare al di là della facciata di Gertie, non ne vedrà mai la forza interiore né la sensibilità proprie della donna.

Nel corso della narrazione si ha l’impressione che l’amore di Gertie per Clovis sia basato più sul dovere che sulla necessità. Fintanto che la famiglia vive in Kentucky, infatti, lei è una donna autosufficiente che riesce a mantenere la famiglia con il frutto del suo lavoro nei campi. Accetta di buon grado l’idea che Clovis dovrà arruolarsi, come gran parte degli uomini del villaggio, e le altre donne la guardano con invidia quando, a un certo punto del romanzo, afferma con filosofia di dover ricoprire il ruolo di “uomo di casa.”

Gertie e sua madre non sono mai state molto legate e, in questo momento della narrazione, sono particolarmente distanti l’una dall’altra. La signora Kendrick, una donna lamentosa con una fede incrollabile nel fondamentalismo religioso, rimprovera Gertie costantemente per ogni cosa che, a suo avviso, rappresenta un peccato o una debolezza – dall’intaglio del legno all’aver ballato la quadriglia (evento, questo, che risale a circa vent’anni addietro), al fatto che non va mai a trovarla.

Wilton Eckley descrive il rapporto tra madre e figlia con queste parole:

Ensconced in a “Kingdom of crochet work and potted plants,” she stands in stark contrast to Gertie, so much that they can meet on no common ground physically or spiritually. Indeed, when Gertie is around her mother, she can think of nothing to say and can only twist her hands or pop her knuckles while waiting for the latter to break the silence.2

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Nella vecchia casa di famiglia Gertie si sente un’estranea e, in presenza della madre, vorrebbe solo fuggire; non riesce ad accettare la religione della madre e prova una certa repulsione per il Dio terribile descritto dal predicatore Battle John Brand:

His Hell would quiver like the heat waves through the meeting house, and she would sit trying desperately to think of other things, but never succeeding. She could smell her own flesh burning, rising like an incense to God in heave, with her mother who was forever listening down the golden stairs, but never hearing her daughter cry: “I love Battle John’s God. I love the Sunday clothing my poor weakly mother works so hard to make for me.” She never, no matter how hot the coals or bright the flames that Battle John make, was able to say such things, but sat on in sweatyhanded guilt and misery. Was she, like Judas, foreordained to sin, she’d wonder? She knew, but was unable to imagine, that the torture of Hell was a million times worse than the torture of her Sunday clothes.”3

Gertie ha una religione tutta sua, una sorta di religione panteistica legata all’amore per la Natura. Come Suse Ballew di Hunter’s Horn, ha letto attentamente la Bibbia e ne ha memorizzato gran parte. A differenza di sua madre e di molti dei suoi concittadini, però, lei non accetta i dogmi senza metterli in discussione. Al contrario, riflette su ogni singolo passo nello sforzo di afferrarne la verità fondamentale e di scoprire che rilevanza possa avere per la sua vita: “her religion stems more from her own being than it does from the mouths of shouting preachers like Battle John, ‘stampeding the souls of his flock to Christ with his twin whips of Hell and God.”4

Con il padre Gertie ha, invece, un rapporto molto più facile, poiché si somigliano molto e apprezzano le stesse cose, che si tratti della quadriglia o della scultura del legno. Gertie conosce bene suo padre, è consapevole che fra i suoi genitori è lui il più debole ed è anche per questo motivo che la fattoria Tipton, con la sua vicinanza alla fattoria del padre, diventa ancor più desiderabile ai suoi occhi. La perdita del figlio Henley lo ha lasciato molto più scosso di sua moglie, anche se in maniera decisamente più contenuta. Sia lui che la figlia sono convinti che Henley fosse una persona vitale, che apprezzava appieno il

3

Arnow, Harriette, op. cit., 2009, p. 72. Tutte le citazioni dal testo si riferiscono a questa edizione e da ora in poi compariranno con l’indicazione delle pagine in parentesi.

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lavoro manuale e i piaceri che la vita aveva da offrirgli. Nessuno di loro pensa, come la signora Kendrick, che il figlio stia bruciando tra le fiamme dell’inferno. Henley, come la sorella, aveva amato la vita e non trovava niente di sbagliato nel cantare, nel ballare e nel divertirsi. Per come la vede Gertie, lui non è andato volontariamente incontro alla morte in guerra (come credono la madre e il predicatore), ma è la vita che gli è stata tolta. Pertanto, che Battle John preghi per la salvezza della sua anima insieme alla madre, non lo aiuterà di certo. Secondo Gertie, la signora Kendrick in realtà si preoccupa soltanto dei propri sentimenti e quando Clovis le racconta di come quest’ultima non riesca a darsi pace per il fatto di non poter incontrare di nuovo Henley in Paradiso, lei gli risponde: “Mom could backslide and go to hell if she’s so certain Henley’ull be there” (34).

Eckley scrive:

Gertie, then, cannot accept Henley’s death in any kind of a religious framework. In her mind she sees Henley and hears his questions: “Why me? What have I done? Why am I dead? Why?” These are, in one sense, the same questions that Gertie herself has asked from her reading of the Bible. […] Like Koheleth of Ecclesiastes, from whose writings she on several occasions reads and quotes to her children, Gertie is unable to discern clearly any just plan for man in the world – only a kind of circling monotony.5

Malgrado ciò, nella sua mente persiste ancora la speranza che la vita possa avere qualche significato.

Piuttosto che dalla religione convenzionale, Gertie trae la sua forza dalla natura poiché in essa riesce a trovare il suo punto di riferimento. Per fare un esempio, Gertie guarda costantemente il cielo, cercando di individuare le varie costellazioni e, in special modo, la Stella Polare: è infatti convinta che trovandola, in qualche modo, possa trovare se stessa. La considera un po’ il simbolo della libertà e della bellezza di tutta quanta la natura. C’è un momento della giornata che Gertie ama in particolar modo: quando, poco prima dell’alba, afferrato un vecchio secchio di legno di cedro dalla cucina, diretta alla sorgente

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per prendere l’acqua, si ferma per strada, solleva lo sguardo e guarda la stella del mattino. Dopodiché riprende il cammino fino alla sorgente e ne beve l’acqua.

È una specie di rituale in grado di connettere passato, presente e futuro:

The spring seeped into a hollowed-out basin at the foot of a low ledge, and without being able to see where stone ended and water began she squatted by the pool and dipped the bucket in, then lifted it and drank easily and soundlessly from the great thick rim as others might have sipped from a china cup. The water, cold with faint tastes of earth and iron and moss and the roots of trees, was like other drinks from other springs, the first step upward in the long stairs of the day; everything before it, was night; everything after, day (85).

E quando Cassie, in un’altra occasione, le chiede perché guarda sempre le stelle, lei le risponde:

“Th heavens declare th glory of God; an th firmament showeth his handiwork. Day unto day uttereth speech, and night unto night -” “But what do they say, Mom?” Gertie stared up, considering the Little Dipper. “Different things to different people; fer one thing they say, ‘We’ll never change, an we’ll never go away – all the nations on this earth with all their wars, they cain’t cut us down like we was trees.” And they say to Cassie Marie, ‘Little girl, if’n you lost yer friends an kin you’d still have us an th sun and th moon.’” (135)

Questi esempi vengono riportati da Wilton Eckley per avvalorare la sua tesi secondo cui Gertie sarebbe una sorta di “unconscious Transcendentalist.”6

Gertie ha dato al suo ultimo nato il nome di Amos, il profeta che affermava con insistenza che Dio è buono e agisce non per capriccio, ma su principi di giustizia. Il libro di Amos, uno di quelli a cui Gertie fa spesso riferimento nel corso del romanzo, si chiude con la profezia secondo la quale ai figli di Israele sarà data la Terra Promessa e, secondo Eckley, “it speaks to Gertie in much the same way that the stars do – it offers a fixed source of strength, without the ambiguities of heaven and hell.”7

La sua Terra Promessa è la fattoria Tipton ed è per questo che anche quando viene a sapere che Clovis non è stato arruolato ma ha trovato lavoro a Detroit, non esita un attimo a raggiungere il suo obiettivo di acquistare la tanto agognata tenuta. Non capisce come mai

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Cfr. Ibidem, p. 90.

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lei e Clovis non desiderino le stesse cose e si domanda per quale motivo non riesce a versare una lacrima per lui come invece fanno le altre donne per i loro cari assenti. Per il momento, tuttavia, il richiamo della fattoria Tipton è troppo forte perché lei possa soffermarsi sul dolore della guerra.

Now, however, she sees the things that “Moses saw when he looked across the mountains to the Promised Land, or that the thief saw when Christ said, “This day, thou shalt be with me in Paradise’.” And, perhaps for the first time, she understands why some people can shout in church. Her foundation, however, “was not God but what God had promised Moses – land.”8

L’appagamento personale di Gertie non deriva solo dal possesso della terra e dal suo rapporto con la natura, ma anche dal bisogno di creare. È un bisogno che la consuma come una fiamma e lei non può fare a meno di assecondarlo, dedicandosi all’arte dell’intaglio. È abilissima a lavorare il legno, con perizia, pazienza e l’ausilio di un coltellino riesce a ricavare da un pezzo di legno praticamente di tutto: che si tratti di manici di accetta, maniglie, bamboline o statuette: “Just as her knife skillfully saves Amos’s life, so too does it provide a dimension to Gertie’s life that is just as significant to her as that provided by land.”9 Per Gertie un bel pezzo di legno da intagliare è come un appezzamento di terra da coltivare: entrambi le restituiscono ricompense in proporzione diretta allo sforzo e all’amore che lei ha messo nella loro lavorazione, ed entrambi sono per lei “a vehicle toward an understanding and appreciation of the world.”10 È in questo contesto che Gertie desidera ardentemente creare la sua versione di Cristo da un grosso ceppo di ciliegio in suo possesso, un individuo che lavora con le mani e non vede nulla di sbagliato nelle persone che si divertono. L’unico problema è che non riesce a “trovargli” un volto adatto. Nel frattempo il ceppo se ne sta lì, in attesa: “only the top of a head, tilted forward a little, bowed, or maybe only looking down, but plainly someone there, crouching, a secret being in the wood, waiting to rise and shed the wood and be done with the hiding” (48). Nel

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Ivi, corsivo mio.

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Ivi.

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momento in cui capisce che la fattoria Tipton potrà essere sua, sente che presto sarà in grado di far emergere dal legno un volto, il volto ridente di un Cristo in memoria della persona allegra che era stato suo fratello Henley.

Il rapporto più rilevante nel romanzo è quello che Gertie ha con la figlia Cassie. Tra tutti i suoi figli, infatti, Cassie è l’unica con cui sembra avere una relazione speciale. Bambina dalla fervida immaginazione, Cassie dà vita a Callie Lou, una compagna di giochi immaginaria che sta sempre con lei. È una specie di estensione di quella parte di sé che desidera ardentemente essere libera dal mondo reale, fatto di condizionamenti che limitano le libertà dell’individuo. La piccola crea e ricrea Callie Lou dandole, di volta in volta, le sembianze di una bambina o di una donna adulta e, in alcune occasioni, arriva a identificarla col ceppo di ciliegio della madre. Eckley afferma che “Cassie, then, is structuring her world as she wants it, and Callie Lou is her metaphor, much in the same way that the block of wood is Gertie’s metaphor.”11

Pertanto, Cassie e Gertie sono molto simili, e la madre capisce e accetta le apparenti eccentricità della figlia dato che, come riporta Eckley: “a body’s mind couldn’t be willed and walled any more than the wind could be willed and walled” (134).

In questi primi nove capitoli, dunque, Arnow ha abilmente presentato un personaggio e il suo modo di vivere che, nel corso del romanzo, verranno messi alla prova e ridefiniti da un’ambientazione estremamente diversa da quella in cui sono nati.

4.2 – Detroit

Come si è già accennato, il capitolo dieci è un capitolo di transizione che collega le due parti del romanzo. In esso vediamo Gertie e i suoi figli unirsi alla migrazione che ha coinvolto tantissimi montanari del Sud verso gli stabilimenti bellici di Detroit. Stipata con i

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bambini su un treno affollato e puzzolente, cerca di non respirare l'aria viziata e allo stesso tempo desidera ardentemente poter tornare indietro, alla fattoria Tipton, con la sua aria pulita e il profumo dei cedri e dei pini. Ma ormai la fattoria Tipton è un sogno lontano e al posto della quiete dei boschi e della compagnia delle stelle, ora si trova ad affrontare le complessità della vita urbana, rappresentata, nella fattispecie, dal fumo delle fabbriche e dal bagliore rossastro dell'acciaieria.

Nel descrivere la vita sulle colline del Kentucky Arnow è riuscita con poche pennellate a evocare il forte senso di appartenenza a quelle zone della nostra protagonista e, in questa seconda parte del romanzo fa ancora una volta sfoggio della sua maestria nel descrivere una Detroit in tempo di guerra. Per la verità non descrive l'intera città, ma si concentra piuttosto sul viale di un complesso di case popolari dall'improbabile nome di

Merry Hill. Per dirla con le parole di Wilton Eckley, "makes of it not a microcosm of the

city itself so much as a vantage point from which to witness the forces operating in an urban-industrial society as they are manifested in the daily relationships of people living there."12

Pertanto, TD, come tutte le altre opere della Arnow, racconta la sua storia attraverso le persone, e sarà proprio grazie alle persone che alla fine Gertie ridefinirà la propria opinione sulla vita.

Anche i Nevels, come tutte le famiglie di contadini che hanno lasciato le montagne per trasferirsi in città, vengono presto bombardati da nuovi stimoli in ogni dove, e affrontano il difficile compito di doversi adattare non solo al nuovo ambiente fisico, ma anche alle forze economiche e sociali che vi regnano. Già prima di partire per la città, Gertie non era convinta che Detroit fosse quella terra piena di promesse che sua madre e

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suo zio le avevano tanto decantato e di cui Clovis le aveva scritto con toni entusiastici. Il suo arrivo in città le confermerà che aveva avuto ragione.

L'episodio in cui vede per la prima volta Merry Hill dal finestrino di un taxi enfatizza ancor di più il contrasto tra ciò che si è lasciata alle spalle e ciò che l'aspetta:

... through the twisting, whirling curtain of smoke and snow she saw across a flat stretch of land flame and red boiling smoke above gray shed-like buildings. Closer were smaller smokes and paler lights about black heaps of rock-like stuff strewn over a gray wasteland of rusty iron and railroad tracks. She jumped, Cassie squealed, and even Enoch ducked his head when there came an instant of loud humming, followed by a bone-shattering, stomach-quivering roar. The plane was big, and seemed no higher than the telephone poles as it circled, fighting for altitude. There were several loud pops, but the roar gradually lessened as the plane climbed higher, then was drowned in the clank and roar of the steel mill (185).

Come già detto in precedenza, la famiglia Nevels arriva a Detroit affinché Clovis possa contribuire allo sforzo bellico lavorando in fabbrica. Nel corso della narrazione la guerra è sempre una realtà, ma a una certa distanza: è reale per quelle donne che, in Kentucky, aspettano ansiosamente la posta, temendo l’arrivo dei telegrammi; reale anche per quei lavoratori che invece a Detroit temono la sua conclusione: se la guerra finisce, infatti, è molto probabile che perderanno il lavoro. Come sottolinea Joyce Carol Oates, la guerra in sé diventa qualcosa di remoto, quasi irreale: “the ‘war’ itself becomes abstracted from common experience and the Nevels family gradually is accommodated to Detroit and its culture of machines, the radio being the means by which war news is always heard and also the primary means of entertainment.”13

Se da un lato la guerra sconvolge la vita di coloro che vivono sulle colline del Kentucky, portandosi via gran parte degli uomini, a Detroit, invece, la sconvolge nel senso opposto. L'apporto di forestieri attirati da lavori ben retribuiti nei vari stabilimenti bellici infatti, mette alla prova non soltanto scuole e complessi residenziali, non sempre in grado di farsi carico dell'afflusso costante dei nuovi arrivati, ma anche i rapporti umani

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giornalieri. La viuzza dove vive la famiglia di Gertie è un mondo dove gli incontri e gli scontri sono inevitabili e dove è impossibile non farsi coinvolgere in dispute o diatribe. È un continuo tumulto di urla e zuffe fra bambini e di adulti che litigano. Ed è così ogni giorno, man mano che i diversi ambienti s'incontrano, sempre sotto un cielo coperto dai fumi delle fabbriche e dal rosso bagliore dell'acciaieria.

Gran parte delle frizioni sociali tra vicini hanno un'origine religiosa. Il protestantesimo fondamentalista dei montanari si scontra qui con il cattolicesimo fondamentalista degli abitanti di Detroit e, ironicamente, i membri di ciascun gruppo sono convinti, rispettivamente, di essere essi stessi i veri Americani. Per fare qualche esempio, i bambini cattolici che vanno alla scuola parrocchiale si fanno beffe dei figli di Gertie perché invece vanno alla scuola pubblica mista. Oppure, un vicino cattolico, a un certo punto, rimprovererà Gertie per il suo modo di esprimersi tipico dell'area da cui proviene. Tuttavia, la religione cattolica di Detroit ha per Gertie lo stesso scarso valore che aveva quella protestante in Kentucky, ed è per questo che non riesce a comprendere le offese sprezzanti che si lanciano, rispettivamente, cattolici, protestanti ed ebrei. Perfino sua figlia maggiore la rimprovera per aver pensato di andare a fare la spesa il Venerdì Santo, poiché se a Detroit si venisse a sapere, verrebbero etichettati a vita come pagani. Pertanto, Gertie capisce che è meglio seguire il consiglio del marito di parlare di tutto fuorché di religione a Detroit. Quando Enoch le domanda se è vero che tutti i preti sono buoni, mentre tutti i pastori sono cattivi (opinione diffusa a Merry Hill) lei gli risponde che tutti devono imparare a vivere insieme.

I residenti di Merry Hill possono anche non essere d'accordo sulla propria fede religiosa, ma sono tutti concordi su un altro argomento, vale a dire l'industria e i proprietari delle fabbriche. Questi ultimi, dalla sicurezza dei loro uffici lussuosi e dalle loro case ancor

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più lussuose a Grosse Pointe14, controllano il destino economico di quelli che lavorano per loro. Tra questi ne spicca uno, il Vecchio Flint, il proprietario della fabbrica dove lavorano molti abitanti di Merry Hill. Flint è l'oggetto su cui molti lavoratori e le loro famiglie riversano il proprio odio e le proprie frustrazioni per essere ridotti "to mere cogs in an unfeeling, profit-hungry industrial machine,"15 ed è per questo che quando il vecchio muore, si genera un sentimento di gioia ed esultanza e per le strade s'intonano canti e filastrocche ispirati a questo evento.

In Kentucky i Nevels erano essi stessi una sorta di fabbrica domestica, poiché da soli producevano tutto ciò di cui avevano bisogno. A Detroit, invece, vanno a infoltire quella che secondo Oates è la base sfruttata di un’enorme piramide capitalista, e si ritrovano “utterly helpless, anonymous cogs in a factory that extends beyond the brutal city of Detroit to take in the entire nation. They are truly Americans, as they become dehumanized.”16 E infatti Gertie verrà incoraggiata a fabbricare in serie bamboline di scarsa qualità, al posto delle sue bellissime creazioni fatte a mano, e i suoi figli, specialmente Enoch, saranno entusiasti di riuscire a venderle il più vantaggiosamente possibile, “knowing that one must be sold, one must therefore work to sell oneself.”17

Come Clovis ripete spesso a Gertie, i sindacati sono l'unica arma a disposizione dei lavoratori per tutelarsi da eccessivi orari di lavoro, da capisquadra ingiusti e da condizioni di lavoro pericolose. Come tali, dunque, devono essere preservati attraverso finanziamenti, riunioni, marce, scioperi e, se necessario, perfino col sangue. Gertie è convinta che ogni individuo dovrebbe avere il diritto di essere libero e non dovrebbe necessariamente appartenere a un gruppo o organizzazione perché ciò avvenga.

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Quartiere residenziale di lusso a Detroit.

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Cfr. Eckley, Wilton, op. cit., 1974, pp. 94 - 95.

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Cfr. Oates, Joyce Carol, op. cit., 2005, p. 60.

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A questo proposito Eckley scrive che:

What she doesn't realize, however, is that unions, even with their violence and internal friction, have given the workers something that not even their religions have given them: a tangible sense of security and a feeling of togetherness - precious enough in the dehumanizing world of the industrial machine.18

4.2.1 - Adattamento e perdita dell'individualismo

Anche se non comprende appieno le forze che influiscono sulle vite di coloro che sono parte di questa macchina industriale, Gertie si rende presto conto che tali forze tendono a impedire alle persone di sviluppare la propria individualità. Anche a casa, in Kentucky, c'erano forze all'opera che minacciavano l'individualismo, ma si trattava di qualcosa di meno complicato e noto, come potevano essere le critiche di sua madre, o le prediche di Battle John sulle punizioni del fuoco eterno. A Detroit, tuttavia, le pressioni sono più complicate: "adattamento" è la parola d'ordine in questa nuova realtà, ma è un termine che può assumere significati "as numerous as the various social, religious, economic, and educational institutions that make up a large industrial city."19 La definizione più calzante è quella data da un insegnante della scuola dove Gertie iscrive i suoi figli, nel capitolo tredici: "Yes, adjust, learn to get along, like it – be like the others – learn to want to be like the others" (228).

Clovis, malgrado la sua apparente avversione per i pregiudizi di cui è vittima, sia sul lavoro che sul viale di casa, si è adattato. È la classica persona che tende ad accettare le cose così come capitano o come gli vengono raccontate. A riprova di questo, a un certo punto del romanzo, raccomanda al figlio Enoch di non parlare mai male dei cattolici, altrimenti rischia di venire etichettato come un comunista; quando Enoch gli chiede cosa sia un comunista Clovis si limita a una risposta vaga e lo ammonisce a non far domande che potrebbero cacciarlo nei guai. Fin dall'inizio del romanzo è palese che Clovis non è

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Cfr. Eckley, Wilton, op. cit., 1974, p. 95.

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forte quanto la moglie. Nel secondo capitolo, appunto, riesce a malapena a guardare il foro nel collo di Amos – quello che Gertie gli ha praticato per salvargli la vita – e lo fa quando il pericolo è ormai passato e il piccolo si sta riprendendo. Gertie non gli rivelerà mai di essere stata l'artefice di quella tracheotomia d’emergenza. In Kentucky Clovis ha sempre preteso da Gertie più di quanto lui fosse disposto a restituirle, e nel profondo ne è perfettamente consapevole. All'epoca non era altro che "a tinkerer who picked up odd jobs where he could."20 A Detroit, tuttavia, Clovis è un meccanico di tutto rispetto, che guadagna piuttosto bene e, fra le altre cose, impara in fretta ad adattarsi allo schema di fare acquisti a credito, che poi sarà la sua rovina. È fiero di poter comprare alla moglie un frigorifero Icy Heart e un’auto nuova per sé e di poter comprare i regali di Natale per la famiglia al centro commerciale. Ed è per questo che, a un certo punto, rimprovera la moglie quando lei parla di voler risparmiare il denaro: "Save. [...] That's all I've heard since we've been married. Cain't you git it into yer head that millions a people that makes a heap more money that I'll ever make don't save? They buy everything on time. They ain't starven their youngens" (300). E quando lei accenna al fatto che le piacerebbe avere un pò di spazio in più in cui vivere, lui le risponde stizzito: "Millions a youngens that has growed up in furnished rooms three floors up ud think a place like this with room fer youngens to play outside an automatic hot water an good furniture was heaven" (301).

Questa spiegazione ci delinea chiaramente il carattere di Clovis e, come osserva argutamente Eckley: "Clovis's idea of heaven is quite different from Gertie's."21

L'impatto della città è percepito in maniera diversa dai bambini Nevels: Clytie, Enoch e perfino il piccolo Amos, si adattano piuttosto in fretta alla nuova vita, ma per Reuben e Cassie non sarà tutto rose e fiori. Gertie assisterà impotente al disgregarsi della sua famiglia: i figli prenderanno inizialmente le distanze da lei e poi l'uno dall'altro.

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Cfr. Ibidem, p. 96.

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Clytie, la figlia maggiore, si farà coinvolgere dalle soap opera radiofoniche strappalacrime e dagli annunci pubblicitari relativi a qualche nuovo prodotto di bellezza che andranno a stimolare la sua vanità. Ma imparerà anche la realtà della vita urbana, a star lontana, per esempio, da uomini loschi che offrono passaggi alle liceali e prova una certa soddisfazione nel raccontare a sua madre di come lei e alcune amiche abbiano sventato certi approcci, prendendo a modello proprio l'eroina di una soap radiofonica.

Anche Enoch, che si gode tutta l'eccitazione della vita sul viale di casa – i giochi, le liti, le zuffe – sviluppa una sorta di cinismo giovanile. Durante la corsa in taxi dalla stazione fino a Merry Hill, descrive innocentemente all'autista la versione idealizzata dei poliziotti e dei loro doveri che si è fatto leggendo. Più avanti nel libro la sua opinione cambia radicalmente e quando Gertie suggerisce che magari un giorno Enoch potrebbe diventare poliziotto, le risponde che nessuno vorrebbe fare il poliziotto, poiché non si guadagna granché e si prendono un sacco di botte. Quanto ad Amos, essendo soltanto un bambino di quattro anni, è praticamente automatico per lui adattarsi alla nuova vita, non ricordando quella vecchia.

Per quanto riguarda Reuben il discorso è completamente diverso. Da quando la famiglia si è stabilita a Merry Hill non parla molto ed è sempre imbronciato. Non ha mai perdonato Gertie per aver ceduto alle richieste di sua madre, di Clovis e dello zio John, e di averli portati a Detroit. Tutto quello che gli succede dal giorno del trasloco, non fa che accrescere il suo risentimento. In città si sente sperduto e si rende conto di non essere fatto per viverci. Gertie capisce perfettamente cosa prova il figlio poiché si sente allo stesso modo. Tuttavia cerca di spronarlo ad adattarsi alla nuova vita, finendo però con l’innalzare un muro invalicabile, al punto che comunicare per loro diventa impossibile. Quando lei gli dice: "Honey, try harder to be like th rest – tu run with th rest – it's easier, an you'll be happier in th end – I guess" (382), in realtà sa benissimo che, proprio come lei non potrà

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mai accettare il Dio di sua madre e di Battle John, nemmeno Reuben, che caratterialmente le somiglia moltissimo, sarà mai in grado di accettare quella che lui considera un'esistenza artificiosa e priva di significato. Quando va a colloquio con l'insegnante del figlio, la quale si lamenta del fatto che lui non voglia integrarsi, Gertie lo difende dicendole: "But he cain't hep th way he's made. It's a lot more trouble to roll out steel – an make it like you want it – than it is biscuit dough" (376). E ne è davvero convinta, tant'è vero che quando Reuben scappa di casa per tornare in Kentucky non lo biasima affatto, e sotto la sofferenza per averlo perduto si cela una segreta invidia per la sua determinazione a mantenere la propria individualità.

Gertie riconosce anche una realtà tristemente ironica nell'assenza di Reuben, una realtà che, secondo Eckley, affonda le radici nella vera natura della vita in città:

She missed him, but could never tell him how she missed him most. She hated herself when she lied, trying to make herself believe she missed him the way a mother ought to miss a child. In the old song ballads mothers cried, looking at tables with empty plates and rooms with empty beds. But how could a body weep over a table where, even with one gone, there was yet hardly room for those remaining. The gas pipes were still overcrowded with drying clothes; and eight quarts of milk instead of ten in the Icy Heart meant only less crowding, not vacant space. Two pounds of hamburger cost less than two and a half, and – She would hate herself for thinking of the money saved, and try never to think that living was easier with no child sleeping in the little living room (415).

Arriviamo alla piccola Cassie la cui storia è, senz'ombra di dubbio, la più commovente del romanzo. Diversamente da Clytie, Enoch ed Amos, Cassie non riesce a sentirsi a casa a Detroit, ma non riesce nemmeno comportarsi come ha fatto Reuben. Per questo motivo Arnow la descrive con le seguenti parole: "she always seemed like a child away from home" (232).

A Detroit Cassie cerca di mantenere in vita Callie Lou, l'amichetta immaginaria, ma gli altri bambini la prendono in giro. Alla fine, su richiesta di Clovis, perfino Gertie la rimprovera perché parla con Callie Lou: "Don't be a sassen me. You know well as I do you're talken to yerself. There ain't no Callie Lou" (426). Da questo momento in poi le cose

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andranno peggiorando poiché la piccola Cassie cercherà un luogo tutto per sé, dove poter parlare con l'amichetta al riparo da sguardi indiscreti, e lo troverà sui vecchi binari nei pressi di casa. Troppo tardi Gertie riconosce l'errore che ha fatto e cioè che, come qualche tempo prima aveva detto alla sua vicina, la signora Anderson, riguardo alla pittura di quest'ultima: "Don't quit [...] Everybody needs a little foolishness" (286, corsivo mio). Così corre a cercare la figlia per dirle che si sbagliava e che se vorrà, potrà continuare a parlare con la piccola “streghetta” immaginaria. Ma la tragedia è già in corso: non appena la scorge, sente il fischio di un treno in avvicinamento, la piccola si sposta contro l'enorme ruota di un treno merci in sosta sull'altro binario e si curva in avanti come a voler proteggere Callie Lou. Sfortunatamente il merci riprende a muoversi, tranciandole di netto le gambe.

Tutta la scena si svolge davanti agli occhi di un'impotente Gertie, ancora troppo lontana per riuscire ad afferrare e a salvare la figlia. Potrà solo cullarla fra le braccia, incurante del sangue e delle grida della gente intorno a sé, negli ultimi istanti di vita della piccola:

Cassie must smile. She must lift her head and know that there was Callie Lou. But Cassie, shivering like one freezing, struggled with some mighty effort to speak, spoke at last, her voice a low gasp of terror, the pupils of her eyes were big, so big they almost covered the lights and freckles in the dark brown eyes – greedy the pupils were for light and seeing – "I cain't see, Mom – s'dark." The eyes were widening, straining. "It's dark – real dark," Gertie said, "but even in the dark you can see Callie Lou" (459 – 60).

La famiglia che era stata tanto unita in Kentucky si disgrega con l'impatto della vita in città e, soprattutto, a causa della necessità di adattamento.

Per un certo periodo dopo la morte della bambina, Gertie rifugge dalla realtà e si perde nell'oblio dei farmaci. Ma a poco a poco, si rende conto che il fenobarbital può far sparire la rabbia e l'odio che sente verso se stessa, ma può anche portarle via la sua individualità. Ecco perché decide di smettere i farmaci e di dedicarsi alle attività di tutti i

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giorni e, in particolar modo, alla scultura del ceppo di ciliegio, che aveva trascurato ormai da qualche tempo. Grazie alla scultura del legno riuscirà, gradualmente, a tornare in sé e a occuparsi di nuovo della sua famiglia.

4.3 – Una lezione importante

Rimanere se stessa, mantenere la propria individualità, tanto importante per Gertie, non è cosa facile a Detroit. I valori che per anni l'hanno sostenuta in Kentucky si basavano su un rapporto equo con la natura, un rapporto che è impossibile mantenere in un complesso di case popolari come Merry Hill, dove non ci sono alberi, dove le stelle sono oscurate dal fumo delle ciminiere, e dove il tempo, invece di essere scandito dai fenomeni naturali e dall'alternarsi delle stagioni, "is measured by ticking clocks and screeching whistles."22 In Kentucky Gertie era se stessa, una donna tutta d'un pezzo. Era il collante che teneva unita la famiglia, conosceva bene il marito, i figli, le loro forze e i loro sogni. Ma soprattutto aveva un suo sogno, quello di entrare in possesso, un giorno, della fattoria Tipton e, nonostante anche in Kentucky si ponesse interrogativi sul vero significato della vita, aveva sempre quel sogno cui aggrapparsi. In città, è costretta a trovarsi un altro sostegno spirituale che, una volta trovato, la farà diventare qualcosa di più di quello che era stata in Kentucky.

A Detroit, come in Kentucky, intagliare il legno diventa per lei una sorta di metafora della ricerca di ordine e stabilità. Tuttavia, non le troverà solo grazie alla scultura del legno, proprio come in Kentucky non le aveva trovate solo grazie alla terra. Questa è una lezione che Gertie apprende dai suoi nuovi vicini, gli abitanti di Merry Hill: da Maxine, che lascia il marito, Victor, per realizzare il suo sogno di vedere l'oceano; dalla signora Anderson che, come lei, si pone interrogativi sul significato della vita, e perfino dalla signora Daly che, nonostante sia una delle persone più bigotte che Gertie abbia mai

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conosciuto, riesce a provare pietà per quei giapponesi, da lei considerati pagani perché comunisti e dunque, secondo lei, non cattolici, vittime del lancio della bomba atomica. Da tutti coloro, insomma, che le mostrano la "bigness of the alley, the kindness; big enough and more it would have been for Callie Lou – and maybe Reuben, too, for the alley and the people in it were bigger than Detroit" (491).

Secondo Eckley, quindi, Gertie arriva a comprendere e ad apprezzare le persone, cosa che non avrebbe mai potuto fare completamente sulle colline, dal momento che non viveva a stretto contatto con nessuno. Oltre a ciò, impara qualcosa anche su se stessa e sul Cristo che per tanto tempo aveva cercato di scolpire: in Kentucky poteva portarlo in vita soltanto nella sua mente, proprio come Cassie con Callie Lou; a Detroit, invece, riesce effettivamente a portarlo in vita attraverso le esperienze con le persone. Si rende conto che Lui non può avere un unico volto, ma ne ha invece moltissimi. Nell'emblematico gesto finale di far a pezzi il ceppo di ciliegio, "she does not destroy her Christ, but brings him alive – for He cannot be abstracted or fixed; He must live in people."23

Grazie alla sua conoscenza diretta degli abitanti del Kentucky e della vita in un complesso di case popolari nella Detroit al tempo di guerra, Arnow presenta in TD una storia realistica di aspirazioni e tragedie umane resistendo, nel contempo, alla tentazione di fare della morale, infatti, non condanna mai l'uomo o le sue azioni, sbagliate o giuste che siano.

Secondo Oates, Gertie Nevels è “both an ordinary human being and an extraordinary human being, a memorable creation, so real that one cannot question her

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existence.”24 Ed è dunque questo personaggio straordinario che ha reso il romanzo un capolavoro, non certo l’ambientazione.

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