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Di alcuni rilevanti diritti particolari riguardanti l’amministrazione. Profili applicativi e problematici.

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Capitolo II

Di alcuni rilevanti diritti particolari riguardanti

l’amministrazione. Profili applicativi e problematici.

SOMMARIO: 1. I limiti all’autonomia statutaria nella definizione del contenuto dei diritti particolari. – 1.1 Il significato dell’espressione diritti particolari riguardanti l’amministrazione. – 1.2 Sull’ammissibilità di un diritto di voto non proporzionale quale diritto particolare. Portata della norma di cui all’art. 24795 c.c. – 1.3 Altri limiti

desumibili dal sistema normativo. – 2 Il diritto particolare di essere amministratore o di nominare uno o più amministratori – 2.1 Ammissibilità delle fattispecie. – 2.2 Il problema della revoca in presenza dei diritti particolari in esame. La revoca stragiudiziale in generale nella s.r.l. – 2.2.1 La revoca stragiudiziale in presenza dei diritti particolari considerati – 2.2.2 La revoca giudiziale. Il significato della disposizione di cui all’art. 2476³ c.c. – 3. I diritti particolari in materia di decisioni gestorie. – 3.1 Ammissibilità della fattispecie. – 3.2 La responsabilità del socio ex art. 24767 c.c. e il grado di vincolatività per gli amministratori della

decisione/autorizzazione del socio. Premessa. – 3.2.1 Il significato dell’avverbio «intenzionalmente» e la sua funzione di elemento di selezione delle ipotesi in cui effettivamente il socio può essere chiamato a rispondere. – 3.2.2 Il carattere «solidale» della responsabilità di cui all’art. 24767 c.c. e il grado di vincolatività per

gli amministratori della decisione/autorizzazione del socio. – 4. L’attribuzione di un diritto particolare e la necessaria coerenza strutturale interna. La portata dell’art. 2479¹ c.c.

1. I limiti all’autonomia statutaria nella definizione del contenuto dei diritti particolari.

1.1 Il significato dell’espressione diritti particolari riguardanti l’amministrazione. - Volendo a questo punto focalizzare l’attenzione sul possibile contenuto concreto dei diritti particolari riguardanti l’amministrazione, il primo problema che si pone è quello di cogliere il

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corretto significato della generica espressione usata dal legislatore, sul quale non vi è concordia di opinioni.

In proposito, si è correttamente osservato (126) che essa si presta ad

essere intesa sia come riferimento specifico al momento più propriamente gestionale della società, sia, secondo una più ampia accezione coincidente con quella di diritti amministrativi, come riferimento all’insieme dei diritti che consentono ad ogni socio di partecipare attivamente alla vita e alle scelte della società. Come autorevole dottrina (127) ha rilevato, quest’ultima

interpretazione, in particolare, parrebbe supportata anche da alcuni chiari indici normativi. In primo luogo, bisogna tenere presente la stretta connessione fra il II e il III comma dell’art. 2468 c.c., dal combinato disposto dei quali emerge che l’attribuzione dei diritti particolari comporta una deroga al principio di proporzionalità fra diritti sociali ed entità della partecipazione, così legittimandosi una lettura estensiva dell’espressione in esame; in secondo luogo, detta interpretazione parrebbe suggerita anche da quanto osservato nella Relazione di accompagnamento al decreto di riforma, ove il riferimento è a diritti particolari concernenti i poteri nella società, senza che emerga quindi la volontà di limitare per qualità o quantità la portata della previsione di cui all’art. 2468³ c.c. (128).

(126) Cfr. M. MALTONI, La partecipazione sociale, in La riforma della società a

responsabilità limitata², a cura di C.CACCAVALE,F.MAGLIUOLO,M.MALTONI,F.TASSINARI, Torino, 2007, 216.

(127) Così G. IACCARINO, Attribuzione del diritto di voto non proporzionale alla

partecipazione sociale, in Soc., 2008, 35.

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In senso contrario altra dottrina (129) ha ritenuto decisivo il fatto che il

legislatore nel III comma dell’art. 2468 c.c. non abbia fatto riferimento ai diritti amministrativi, ma a diritti riguardanti l’amministrazione, così avallando l’idea che i secondi siano qualcosa di diverso dai primi; del resto, lo stesso aggettivo “particolare” «dovrebbe indurre a pensare che si tratti di qualcosa di “aggiuntivo” rispetto agli ordinari diritti sociali che competono in quanto tali al socio» (130).

In senso restrittivo si è espresso anche chi (131) ha sostenuto che la

disposizione di cui all’art. 2468³ c.c. dovrebbe essere interpretata nel senso che essa varrebbe ad individuare i soli diritti sociali per i quali sarebbe ammissibile una deroga al principio di proporzionalità: poiché, infatti, detto principio costituisce la regola, ad eventuali deroghe statutarie, pur legittimate dalla norma citata, dovrebbe comunque attribuirsi carattere eccezionale, sembrando così dubbia la possibilità di un’interpretazione estensiva che vada oltre l’ambito strettamente amministrativo-gestionale (132).

Altra dottrina (133) ha sottolineato che un’interpretazione che

riconoscesse ai soci la possibilità di attribuire diritti particolari non

(129) Cfr. M.C.LUPETTI,Deroga al criterio, cit., 1554 s.

(130) Diversa, anche in ordine al significato dell’aggettivo de quo, è viceversa

l’opinione di chi si mostra favorevole ad una lettura estensiva dell’espressione diritti riguardanti l’amministrazione: si afferma, infatti, che detto aggettivo dovrebbe essere inteso nel senso che l’atto costitutivo dovrebbe contenere una previsione «espressa e dettagliata», rimanendo esclusa (solo) la possibilità di una «generica previsione di diritti amministrativi limitati rispetto alla quota di partecipazione».

(131) Cfr.P.REVIGLIONO, Sub art. 2468 c.c., cit., 1807.

(132) Così anche L. ABETE, I diritti particolari, cit., 299; A.BLANDINI, Categorie di quote,

cit., 46 ss.

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riguardanti, a stretto rigore, l’amministrazione, non solo si porrebbe in contrasto con il chiaro dettato normativo, ma oltretutto non sarebbe coerente con la disciplina specifica dei diritti de quibus. Dalla lettura dell’art. 2468 c.c., infatti, emergerebbe chiaramente che la peculiarità dei diritti in esame risiede nel «regime “iper garantistico”» apprestato dal legislatore per l’ipotesi di loro modificazione. In altri termini, pur essendo indubbio che, in ossequio all’ampia autonomia statutaria riconosciuta ai soci di s.r.l., ben potrebbero essi riconoscere ad uno o più fra loro posizioni privilegiate in seno alla compagine sociale, tuttavia, il regime di cui all’art. 24684 c.c. varrebbe unicamente per i diritti propriamente riguardanti

l’amministrazione, come testualmente dovrebbe ricavarsi dal III comma del medesimo articolo. Ogni altra diversa previsione, viceversa, richiederebbe una specifica regolamentazione nel contratto sociale, eventualmente anche sulla falsa riga di quanto disposto per i diritti de quibus.

A ben guardare, tuttavia, una lettura restrittiva della disposizione varrebbe ad introdurre un limite all’autonomia contrattuale dei soci che non risulterebbe giustificato, posto che, come più volte si è sottolineato, essa costituisce uno dei principi cardine della riforma in tema di s.r.l. Per questa ragione sembra preferibile l’opinione di chi rifiuta l’idea che un tale limite possa legittimamente dirsi sussistente, anche in considerazione di alcuni elementi rinvenibili nel sistema. Da un lato, infatti, non si è mancato di sottolineare (134) che una diversa interpretazione limiterebbe il margine

(134) Cfr. A. DACCÒ, I diritti particolari, cit., 407; concorde anche R. GUGLIELMO,

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d’azione dei soci di s.r.l. più di quanto non sia previsto per gli stessi soci di s.p.a., ai quali l’art. 2348 c.c. lascia ampia libertà nel definire il contenuto delle azioni speciali, o di società di persone, la disciplina delle quali riconosce espressamente ai soci la facoltà di convenire nel contratto sociale, fra l’altro, diversi modi e misure di partecipazione all'amministrazione (art. 2257 c.c.) e agli utili (art. 2262 c.c.) (135); dall’altro

lato, si è posto in evidenza (136) che una notevole apertura all’autonomia

privata potrebbe essere desunta pure dalla disciplina in tema di benefici per i soci fondatori di una società, laddove l’art. 2341 c.c. (applicabile anche alle s.r.l. ex art. 2463 c.c.), rinviando alla disposizione precedente, non ne richiama il II comma, che testualmente esclude che fra i benefici per i soci promotori in ipotesi di costituzione per pubblica sottoscrizione possano esserne stabiliti di diversi dalla partecipazione privilegiata agli utili regolata dal I comma: elemento, questo, dal quale a contrario potrebbe allora dedursi la possibilità che detti benefici, relativamente ai soci fondatori, possano riguardare anche i diritti amministrativi (137).

In questi termini si è espressa pure la Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano nella citata massima 39, nella quale si afferma espressamente: «I "particolari diritti" che l'atto costitutivo di s.r.l. può attribuire a singoli soci, ai sensi dell'art. 2468, comma 3° c.c., possono avere ad oggetto materie non strettamente "riguardanti l'amministrazione della società o la distribuzione degli utili", cui espressamente si riferisce la norma, bensì ulteriori "diritti diversi", dovendosi ritenere concessa all'autonomia negoziale, al pari di quanto dispone l'art. 2348 c.c. per la s.p.a., la facoltà di "liberamente determinare il contenuto" delle partecipazioni sociali, "nei limiti imposti dalla legge"».

(135) È quanto si legge nella motivazione della citata massima 39.

(136) Cfr. M.MAUGERI, Quali diritti, cit., 1495; analogamente M.MALTONI, Sub art.

2468 c.c., cit., 1832 s.

(137) Significative possono considerarsi le parole di M. RESCIGNO, Osservazioni, cit.,

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Quanto detto merita peraltro un’ulteriore precisazione.

Infatti, anche nell’ambito della tesi da ultimo considerata si possono distinguere due distinte opinioni. Da un lato, coloro (138) che ritengono che

l’espressione usata dal legislatore abbia unicamente valore esemplificativo, sì che sarebbe possibile configurare diritti particolari anche (completamente) diversi da quelli cui la locuzione de qua rimanda; dall’altro lato, invece, quanti (139) ritengono che l’«approdo massimo»

concesso sarebbe quello di un’interpretazione estensiva dell’espressione in esame, possibile anche alla luce dei principi e criteri direttivi contenuti nella legge delega, laddove l’art. 3² lett. f) evocava l’ampliamento dell’autonomia statutaria anche nella definizione del contenuto della partecipazione e, come già rilevato, relativamente ai diritti particolari parlava di diritti concernenti i poteri nella società, richiamando così «figure non riconducibili all’amministrazione in senso stretto, ma sussumibili piuttosto sotto la più vasta categoria dei “diritti amministrativi”», senza per questo poter però arrivare a delineare un catalogo di diritti dichiaratamente atipici.

1.2 Sull’ammissibilità di un diritto di voto non proporzionale quale diritto particolare. Portata della norma di cui all’art. 24795 c.c. - Ciò detto, l’analisi

non può a questo punto che focalizzarsi sul problema cruciale della

senso ampio, e così comprendente anche l’attribuzione di diritti singolari incidenti su ogni possibile scelta decisionale della società […] la s.r.l. diverrà il regno della fantasia dei soci e dei loro professionisti nella creazione di “golden quote”».

(138) Cfr. M.NOTARI, Diritti «particolari», cit., 331 s.; A.DACCÒ, I diritti particolari, cit.,

407.

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ammissibilità o meno, quale diritto particolare, di un voto non proporzionale alla partecipazione, questione che tanto più (anche se, come subito si vedrà, non solo) viene in rilievo se si accoglie un’interpretazione della locuzione de qua tale comprendere pure i diritti sociali, di cui il diritto di voto è certamente fra i più rilevanti: posto che l’art. 24795 c.c.

dispone che «ogni socio ha diritto di partecipare alle decisioni [indicate in tale norma] e il suo voto vale in misura proporzionale alla partecipazione», è tutt’altro che pacifico (per non dire tendenzialmente escluso) che un tale effetto possa ritenersi legittimo.

Buona parte della dottrina (140), infatti, si è espressa in senso negativo,

facendo in particolare leva sul fatto che nella disposizione de qua non è espressamente fatta salva la possibilità di una diversa previsione nell’atto costitutivo (diversamente da quanto ad esempio si legge nei commi IV e VI del medesimo articolo), elemento dal quale dovrebbe dedursi l’imperatività della norma stessa; inoltre, rilevante sarebbe il fatto che per la s.r.l. non è stata prevista una norma analoga a quella di cui all’art. 2351 c.c. in tema di s.p.a., ove si ammette espressamente una deroga al principio di proporzionalità per quanto concerne la titolarità del diritto di voto.

(140) Cfr. P. REVIGLIONO, Sub art. 2468 c.c., cit., 1807; A. SANTUS – G. DE MARCHI, Sui

«particolari diritti», cit., 91; N.ABRIANI,Decisioni dei soci,cit.,298;E.FAZZUTTI, Sub art. 2468 c.c., cit., 56; L.RESTAINO, Sub art. 2479 c.c., cit., 165; L. ABETE, I diritti particolari, cit., 298;P. RAINELLI, Sub. art. 2479 c.c., cit., 1917, nota 53; R.ROSAPEPE, Appunti, cit., 482 s.; S. SANZO, Le decisioni dei soci, cit., 378.

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Invero, contro una tale categoricità, che peraltro, ove si riduca ad una mera affermazione del divieto (141), si riduce, come correttamente

osservato (142), ad una petizione di principio, si possono subito far valere

due dati importanti. In primo luogo, si è correttamente osservato (143) che,

poiché dal combinato disposto del II e III comma dell’art. 2468 c.c. emerge con chiarezza che ciò che i diritti de quibus implicano è una deroga alla regola generale della proporzionalità dei diritti sociali alla partecipazione, non sarebbe corretto ritenere che il novero degli stessi si esaurisca, ad esempio, nel diritto di essere amministratori, o di nominare uno o alcuni dei gestori, o ancora nel diritto di assumere direttamente alcune decisioni gestorie (e sui quali si tornerà nel prosieguo del lavoro); se solo questi, infatti, potessero considerarsi diritti particolari, non si tratterebbe affatto di deroghe al principio di proporzionalità. Da qui, pertanto, la conseguenza che oltre alle ipotesi citate possa valere pure, come diritto particolare, l’attribuzione di un diritto di voto in misura non proporzionale alla partecipazione, anche perché avrebbe poco senso riconoscere ad esempio ad uno dei soci il potere di nominare direttamente uno o più amministratori e negare poi che nella delibera di nomina degli stessi il suo

(141) Cfr. P. RAINELLI, Sub art. 2479 c.c., cit., 417.

(142) Cfr. G. ZANARONE,Della società a responsabilità limitata, cit., 1296.

Anche M. CIAN, Le decisioni dei soci, cit., 85 rileva che «in un contesto così fortemente liberale quale è quello della nuova società a responsabilità limitata, il mancato richiamo normativo all’autonomia statutaria non appare a tal punto stringente e di per sé decisivo»; e ancora M. MAUGERI, Quali diritti, cit., 1503 s. sottolinea che la supposta portata imperativa dell’art. 24795 c.c., sembrerebbe più che altro fondata sulla esigenza di

dover trovare un qualche limite all’autonomia privata nella definizione del contenuto della partecipazione sociale.

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voto possa avere un “peso” maggiore (144). In secondo luogo, e

correlativamente a quanto appena detto, è senz’altro vero che i diritti in esame possono sostanziarsi «in una disposizione che esaurisca in sé, nel momento in cui viene introdotta, il suo rilievo preferenziale», e si pensi ancora al diritto particolare di essere amministratore. Ciononostante, i diritti de quibus possono valere anche in materie sulle quali, per legge, dovrebbe intervenire una decisione dei soci, come nell’ipotesi di nomina degli amministratori; è allora di tutta evidenza che in tali ipotesi detti diritti operano prevalentemente (ed inevitabilmente) sul diritto di voto, costituendo proprio l’incidenza su detto diritto la modalità di realizzazione del privilegio riconosciuto al socio perché questo implica necessariamente corrispondenti limitazioni a carico dei soci non titolari del medesimo (145). Così opinando, peraltro, si ha l’effetto senz’altro

positivo di garantire, a tutela della compagine sociale, l’applicazione della disciplina del conflitto di interessi anche in tale peculiare ipotesi, posto che «la circostanza che il diritto sia particolare non significa che se ne possa selvaggiamente abusare» (146).

Del resto, è senz’altro vero che, nel silenzio del dato normativo in ordine ad una espressa derogabilità dell’art. 24795 c.c., una delle opzioni

interpretative potrebbe essere nel senso che detto silenzio valga come

(144) Cfr. M. NOTARI, Diritti «particolari», cit., 331; concordemente A. DACCÒ, I diritti

particolari, cit., 405; M. CAVANNA, Partecipazione, cit., 135; ancorché in termini problematici, ad analoghe conclusioni giunge M. CIAN, Le decisioni dei soci, cit., 87 e nota 137.

(145) Cfr. A. BLANDINI, Categorie di quote, cit., 59 e 62 s.; M. SPERANZIN, Partecipazioni

senza diritto di voto nella s.r.l., in La struttura finanziaria e i bilanci delle società di capitali. Studi in onore Giovanni E. Colombo, Torino, 2011, 221.

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divieto. Ciononostante, in relazione alla s.r.l. l’analisi non può prescindere, come più volte si è sottolineato, dalla considerazione del principio di rilevanza centrale del socio e dei rapporti contrattuali fra i soci; conseguentemente il problema che si pone è quello di capire se la disposizione debba o meno essere intesa in termini di imprescindibile strumento di tutela per i soci stessi, tale che di fronte ad esso dovrebbe cadere quella «presunzione di derogabilità» (147) che può ritenersi, almeno

in termini generali, il criterio interpretativo più coerente con un sistema caratterizzato, dato il principio de quo, da un’ampia autonomia statutaria.

La tesi positiva parrebbe peraltro confortata dalla considerazione di alcuni chiari indici normativi. Da un lato, infatti, bisogna tenere presente quanto disposto dall’art. 2463 n. 7 c.c., che espressamente prevede che nell’atto costitutivo siano indicate «le norme relative al funzionamento della società, indicando quelle concernenti l’amministrazione»: è di tutta evidenza, allora, come detta materia sia rimessa alla libera determinazione dei soci e in essa non potrebbe non essere compreso pure il diritto di voto, quale strumento di fondamentale importanza per lo stesso svolgimento dell’attività sociale. Dall’altro lato, se si considera che nelle stesse s.p.a., ex art. 2351 c.c., è ammessa addirittura la possibilità di azioni senza diritto di voto, non sarebbe coerente ritenere che una diversa modulazione di tale diritto sia preclusa ai soci di s.r.l. se, come più volte sottolineato, è qui sovrano il principio dell’autonomia statutaria (148). E ancora, considerando

il principio di rilevanza centrale del socio, si può legittimamente fare

(147) Così C.IBBA In tema di autonomia,cit., 154.

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riferimento alle norme in tema di società di persone, ed in particolare all’art. 2252 c.c. che ammette la possibilità di un accordo che deroghi alla regola del consenso unanime per la modificazione del contratto sociale: non sembra infatti illegittimo ritenere che detta deroga potrebbe esplicarsi non solo nella previsione del principio maggioritario, ma anche nel senso di consentire un peso del voto differenziato fra i vari soci (149).

Ritenuta quindi ammissibile, per quanto detto, la possibilità della attribuzione di un diritto di voto non proporzionale alla partecipazione, si tratta ora di verificare se sussistano o meno dei limiti entro i quali ammettere tale facoltà, cioè se sia o meno circoscritto l’ambito delle decisioni nelle quali si potrebbe derogare alla proporzionalità.

A tal proposito, la dottrina maggioritaria (150), accogliendo

un’interpretazione restrittiva della locuzione “particolari diritti riguardanti l’amministrazione” e posto che il II comma dell’art. 2468 c.c. sancisce detto principio di proporzionalità dei diritti sociali «salvo quanto disposto dal III comma», ritiene che sarebbe ammissibile l’attribuzione di diritti di voto in misura non proporzionale alla partecipazione proprio e solo nei limiti in cui il voto attenga alle materie di cui al suddetto III

(149) Cfr. R.GUGLIELMO, Diritti particolari, cit., 612 s.; analogamente G. IACCARINO,

Attribuzione del diritto, cit., 34 s.

(150) Cfr.M.NOTARI, Diritti «particolari», cit., 330 s.; M.DE PAOLI, Sub art. 2479 c.c.,

cit., 947 s.; A.DACCÒ, I diritti particolari, cit., 404 s.; M.MALTONI, Sub art. 2468 c.c., cit., 1833 s.; A.NUZZO, Sub 2479 c.c., cit., 1629 s.; M.C.LUPETTI,Deroga al criterio, cit., 1555; A. BLANDINI, Categorie di quote, cit., 49 ss. ed in particolare 61 ss.; M. CIAN, Le decisioni dei soci, cit., 14, 87 e nota 137. In termini analoghi cfr. pure: Ufficio del Registro delle Imprese di Perugia, 2 Aprile 2004, cui ha fatto seguito il decreto 19 Aprile 2004 del Giudice del Registro delle Imprese presso il Tribunale di Perugia, entrambi in Riv. not., II, 2004, 1542 ss.

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comma, ossia «nelle decisioni riguardanti il momento gestionale della società, vertendo in tal caso il voto su materie oggetto [dei diritti de quibus]» (151). Viceversa, inammissibile dovrebbe ritenersi una

generalizzata previsione di non proporzionalità valida per una qualunque decisione dei soci, posto che dal disposto dell’art. 24795 c.c. risulterebbe

«oggi vieppiù confortata l’opinione che essa esprima quel principio di parità di trattamento fra soci sul quale si impernia la stessa struttura della nuova s.r.l., che presuppone la governance democratica della società» (152) e

la presenza di soci attivamente partecipi all’attività sociale (153). A sostegno

della tesi in esame si è anche sottolineato (154) il fatto che, nell’ambito delle

s.p.a., l’art. 2351² ultima parte c.c., che dispone che «il valore [delle azioni a voto limitato, condizionato e senza voto] non può complessivamente superare la metà del capitale sociale», pone un limite quantitativo atto a

(151) Così M.C.LUPETTI,Deroga al criterio, cit., 1555.

(152) Così ancora M.C.LUPETTI,Deroga al criterio, cit., 1553.

L’opinione de qua era già prevalente sotto il vigore del previgente art. 2485 c.c. che così disponeva «Ogni socio ha diritto ad almeno un voto nell’assemblea. Se la quota è multipla di un euro, il socio ha diritto ad un voto per ogni euro». Più in particolare, quanto alla possibilità di prevedere quote a voto plurimo, ciò era escluso ritenendosi necessario applicare analogicamente l’espresso divieto in tal senso contenuto nell’art. 2351 c.c. in tema di s.p.a. Peraltro, per quanto fosse vero che nell’ambito delle società per azioni la regola era stata prevista per comporre il contrasto fra soci capitalisti e soci risparmiatori e che detto contrasto non potesse dirsi esistente nelle s.r.l., ciononostante si riteneva che detta regola, al di là delle ragioni politiche, fosse stata prevista perché rispondente al generale principio di un pari trattamento dei soci quanto al diritto di voto. Relativamente, invece, alle quote a voto limitato, la ragione della loro inammissibilità era ravvisata proprio nel fatto che esse nella s.r.l. non avrebbero avuto ragion d’essere, non sussistendo, come già rilevato, la necessità, avvisata nelle s.p.a., di comporre alcun contrasto fra soci capitalisti e soci risparmiatori: per un approfondimento sul punto cfr. ancora M.C.LUPETTI,Deroga al criterio, cit., 1550 ss.

(153) Cfr. M.MALTONI, La partecipazione sociale, cit., 216.

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garantire che le decisioni di competenza dei soci siano sempre assunte da un numero di essi che corrisponda ad un’aliquota significativa del capitale sociale, e la ratio di tale disposizione risiede nell’intento di evitare che soggetti che abbiano effettuato un conferimento minimo, assumendo quindi un basso rischio, possano trovarsi nella condizione di orientare le decisioni assembleari (155); poiché lo stesso limite non è viceversa previsto

per le s.r.l., tale assenza varrebbe a confortare l’idea che nell’ambito di tali società detto limite debba operare su un piano qualitativo, ossia circoscrivendo le materie nelle quali è possibile derogare al principio di proporzionalità, come appunto dimostrerebbe l’art. 2468³ c.c.

Se pertanto in questi termini si è espressa la dottrina maggioritaria, merita tuttavia attenzione l’opinione di coloro (156) che sostengono una

lettura maggiormente possibilista delle norme di legge, tesi che innanzitutto poggia sull’idea che non sarebbe accettabile un’interpretazione restrittiva della locuzione «diritti riguardanti l’amministrazione», dal momento che «il voto è pur sempre strumento di influenza sulla (se non di partecipazione alla) “amministrazione della società”» (157) e, ancora, sulla considerazione che, come già sottolineato, la

(155) Si tenga infatti presente che ai fini del computo del quorum costitutivo, ex art.

2368 c.c., non si tiene conto delle azioni istituzionalmente prive del diritto di voto. Pertanto, se mancasse il limite de quo, si rischierebbe un’eccessiva concentrazione di potere nelle mani degli azionisti a voto pieno: cfr. G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale7,cit., 212 e 320 s.

(156) Cfr. M.MAUGERI, Quali diritti, cit., 1503 s.; G. IACCARINO, Attribuzione del diritto,

cit., 31 ss.; L.A.BIANCHI – A.FELLER, Sub art. 2468 c.c. cit., 323 ss.; R.GUGLIELMO, Diritti particolari, cit., 611 ss.; G. ZANARONE,Della società a responsabilità limitata, cit., 1299 ss.

(157) Così M.MAUGERI, Quali diritti, cit., 1503, nota 61, che richiama A.GRAZIANI,

Diritto delle società5, Napoli, 1963, 456, il quale comprende il voto fra i «diritti di

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stessa Relazione di accompagnamento al decreto di riforma traduce l’espressione de qua come riferita più genericamente ai «diritti concernenti i poteri nella società» (158). Se questi, infatti, sono i presupposti, è evidente

come, in questa prospettiva, il disposto dell’art. 24795 c.c. debba fare i conti

con l’art. 2468 c.c., norma che espressamente concede diritti preferenziali che deroghino al principio di proporzionalità dei diritti sociali, risultando allora detta deroga chiaramente ammessa e disciplinata proprio dalla legge (159).

A sostegno di tale interpretazione si è altresì osservato che, alla luce del mutato quadro normativo, non potrebbe più considerarsi determinante l’esigenza di scongiurare concentrazioni di potere scollegate dal rischio: poiché, infatti, nella s.r.l. come nella s.p.a., è ammessa la determinazione di una partecipazione non proporzionale al conferimento, è ora possibile «spezzare indirettamente ogni collegamento fra voto e conferimento e dunque ogni proporzionalità del potere rispetto al rischio» (160).

In senso contrario, peraltro, non varrebbe nemmeno la considerazione per cui un voto non proporzionale si porrebbe in contrasto con il fatto che interesse tipico dei soci di s.r.l. sarebbe la partecipazione alle decisioni sociali (cui è appunto funzionale il diritto di voto), data la

azioni, in Il codice civile: commentario diretto da P. SCHLESINGER, Milano, 1992, 135, che qualifica il voto come «strumento principale, in definitiva quello tipico, mediante il quale il socio esercita i suoi “poteri gestori”».

(158) Cfr. G. ZANARONE,Della società a responsabilità limitata, cit., 1303.

(159) Cfr. Cfr. M.MAUGERI, Quali diritti, cit., 1504; M. CAVANNA, Partecipazione, cit.,

136.

(160) Cfr. Cfr. G. ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, cit., 1301; M.

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natura imprenditoriale del tipo societario de quo: a parte la considerazione che la definizione di un diritto di voto non proporzionale, come si vedrà, non esclude detta partecipazione, rileva poi che nella misura in cui la definizione del diritto di voto in misura non proporzionale, in ossequio all’autonomia statutaria, fosse frutto di una libera determinazione dei soci raggiunta con il consenso di ognuno, non potrebbe dirsi tradita l’essenza di tale società (161), se si considera che in tale tipo societario più che nelle

s.p.a. si fa spazio alle persone in sé ed è consentito «variare le posizioni soggettive (amministrative come patrimoniali) [proprio] in relazione all’importanza che ciascun socio riveste per la collettività, anziché commisurarle rigidamente all’entità dei rispettivi conferimenti» (162).

Né senza rilievo sembra da ritenere il fatto che la maggior parte della dottrina (163) ha espresso parere favorevole in ordine alla possibilità che

per le decisioni dei soci il principio maggioritario sia statutariamente sostituito dalla regola dell’unanimità dei consensi: è di tutta evidenza che se si ammette tale eventualità, che varrebbe a rendere determinante il voto di ogni singolo socio, a prescindere del tutto dal “peso” del medesimo, a fortiori dovrebbe ammettersi la possibilità di un diritto di voto non proporzionale alla partecipazione, comportando questa scelta effetti comunque meno dirompenti di quelli conseguenti alla previsione dell’unanimità. È vero, infatti, che prevedere la necessità del consenso

(161) Cfr. L.A.BIANCHI – A.FELLER, Sub art. 2468 c.c. cit., 325.

(162) Così G. ZANARONE, Società a responsabilità limitata, in Trattato di diritto

commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da F.GALGANO, Padova, 1985, VIII, 90, ripreso anche da ripreso da M.MAUGERI, Quali diritti, cit., 1504.

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unanime di per sé non implica alterazione del principio di proporzionalità fra diritto di voto e partecipazione; è altrettanto vero, però, che tale regola di fatto varrebbe ad annullare ogni differenza fra soci conseguente proprio a tale proporzionalità, perdendo così quest’ultima ogni valore pratico (164).

Non si vede, pertanto, la ragione per la quale dovrebbe ritenersi vietato incidere direttamente su detta proporzionalità, pur ammettendosi scelte organizzative che a tal punto incidano sulla funzione della stessa: ossia, in altri termini, consentire scelte che attribuiscano di fatto a tutti soci uguale rilievo in sede decisionale, e non la possibilità di stabilire un peso diverso da quello che discenderebbe strettamente dall’entità della partecipazione, se ciò risponde ai loro interessi e posto che, come già detto, comunque alla base sussisterebbe un accordo di tutti in tal senso.

Alla luce di tali considerazioni, la soluzione più equilibrata e condivisibile sembra pertanto quella di considerare inderogabile la sola prima parte della disposizione di cui all’art. 24795 c.c. (165): in definitiva,

fermo restando che in ogni caso a tutti i soci dovrebbe essere garantito il diritto di partecipare alle decisioni (166), non potrebbe escludersi una scelta

dei soci nel senso di attribuire ad alcuni di loro un diritto particolare concernente il diritto di voto.

(164) Proprio questa è la ragione per cui quanti in dottrina sostengono

l’inderogabilità dell’art. 24795 c.c. mettono in dubbio l’ammissibilità di clausole che

impongano il consenso unanime dei soci: cfr. sul punto S. SANZO, Le decisioni dei soci, cit., 382.

(165) Cfr. G. IACCARINO, Attribuzione del diritto, cit., 36.

(166) Detto diritto si concretizza innanzitutto in quello di essere informati e posti in

condizione di prendere parte alla decisione, prerogativa a tal punto rilevante che l’art. 2479 ter c.c., per il caso di decisione assunta in assenza totale di informazione, sancisce un’ipotesi di invalidità che può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse.

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Ciò detto, resta da chiarire se tale conclusione possa trovare un limite in quanto disposto dall’art. 2479² c.c., a tenore del quale determinate decisioni spettano in ogni caso ai soci. Si tratta cioè di verificare se rispetto ad esse, trattandosi di materie destinate ad incidere sulle basi organizzative e patrimoniali della società e rispetto alle quali, di conseguenza, sussiste specificamente per i soci il diritto-dovere di decidere, potrebbe valere un voto non proporzionale. Anche in tale ipotesi si ritiene di poter dare risposta positiva, innanzitutto perché si condivide l’osservazione (167) per cui funzione primaria di tale disposizione, e nella

quale si esaurisce l’inderogabilità della stessa, è quella di individuare le materie che non possono che spettare ai soci: più precisamente, posto che l’art. 2479¹ c.c. stabilisce che la ripartizione delle competenze fra amministratori e soci è rimessa allo stesso atto costitutivo, ratio del II comma è quella di escludere che determinate decisioni possano essere attribuite ai gestori (ovviamente fatte salve eventuali previsioni di legge, come nell’ipotesi di aumento di capitale delegato); in secondo luogo, si rileva che comunque non si inciderebbe sulla partecipazione alle decisioni, l’unico limite che, data la soluzione proposta, dovrebbe effettivamente ritenersi non superabile, né sul principio di collegialità che, per talune delle decisioni di cui alla norma citata è inderogabilmente imposto dalla legge (168). Non sembra invece condivisibile (peraltro eccezion fatta per

quanto disposto dall’art. 2479² n. 2 c.c. in tema di nomina degli

(167) Cfr. M. MOZZARELLI,Riflessioni sul regime legale di nomina degli amministratori

della s.r.l. alla luce della riforma del diritto societario, in Riv. soc., 2004, 727. (168) Cfr R.GUGLIELMO, Diritti particolari, cit., 613 s.

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amministratori, norma sulla quale si avrà modo di tornare nel prosieguo del presente lavoro), l’opinione di coloro (169) che ritengono che anche in

ordine a tali decisioni l’autonomia statutaria potrebbe spingersi fino al punto di riconoscere un diritto particolare «inteso uti singuli e con esclusione della restante compagine associativa» (170).

Per quanto detto e riassumendo, dal combinato disposto degli artt. 2468³ e 24791-2-5 c.c., emerge un sistema nel quale legittimamente l’atto

costitutivo, ab origine o a seguito di una sua modificazione, potrebbe prevedere un diritto particolare che attribuisca al titolare poteri in ordine a decisioni gestorie della società, o, ancora, che incida pure sull’ambito delle decisioni rimesse, per legge o per disposizione statutaria, alla collettività dei soci, così concretizzandosi nel riconoscimento di un diritto di voto in misura non proporzionale alla partecipazione; in quest’ultima ipotesi, ciò da cui in ogni caso non si potrebbe prescindere, ex art. 24795,I parte c.c.,

sarebbe la partecipazione di tutti i soci alla decisione (171).

(169) Cfr. L.A.BIANCHI – A.FELLER, Sub art. 2468 c.c. cit., 326.

(170) L’espressione è di M.MALTONI, Sub art. 2468 c.c., cit., 1834.

(171) Questione distinta è quella dell’ammissibilità di quote senza diritto di voto o

con diritto di voto limitato, in ordine alla quale è unanime l’opinione (cfr. M.MAUGERI, Quali diritti, cit., 1504, nota 66; G. ZANARONE,Della società a responsabilità limitata, cit., 1296 ss.; ID., L’accentuazione dell’autonomia, cit., 25; M. CIAN, Le decisioni dei soci, cit., 85; M.C. LUPETTI, Deroga al criterio, cit., 1555; A. BLANDINI, Categorie di quote, cit., 50 e 57 s.; G.

GUERRIERI, Sub artt. 2479 - 2479 ter c.c., in Il nuovo diritto delle società. Commentario a cura di A. MAFFEI ALBERTI, III, Padova, 2005, 2035; N.ABRIANI,Decisioni dei soci, cit.,298; D.U. SANTOSUOSSO, La riforma del diritto societario, cit., 203; L.RESTAINO, Sub art. 2479 c.c., cit., 165; M.PINNARÒ, Sub art. 2468 c.c., cit., 1498, nota 17; A.CARESTIA, Sub. art. 2468 c.c., cit., 91; M.DE PAOLI, Sub art. 2479 c.c., cit., 949) che esse senz’altro siano inammissibili; ciò, innanzitutto in considerazione del fatto che, appartenendo la s.r.l. al genus delle società, detta appartenenza implica il rispetto dei requisiti che l’art. 2247 c.c. espressamente sancisce e, fra questi, in particolare l’“esercizio in comune” dell’attività economica, rispetto al quale risulta imprescindibile «quella forma minima di partecipazione alle

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decisioni collettive che è rappresentata appunto dal voto» (così G. ZANARONE, Della

società a responsabilità limitata, cit., 1297). In secondo luogo, e soprattutto, dal momento che, se è vero che l’art. 2351 c.c. consente che nelle s.p.a. siano presenti azioni senza voto o a voto limitato, è tuttavia evidente che non sarebbe possibile un’applicazione analogica alla s.r.l., non soltanto per l’eccezionalità della norma citata, ma in particolar modo perché mancherebbe l’eadem ratio, non sussistendo nella s.r.l., caratterizzata dalla presenza di soci partecipi, quella «”diversità di mentalità e di intenti” che si esprime nella contrapposizione di soci risparmiatori e soci imprenditori» (così ancora G. ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, cit., 1298), viceversa tipica delle s.p.a. Peraltro, non si è mancato di osservare (cfr. G. ZANARONE,La tutela dei soci di minoranza, cit., 352 s.) che, date le caratteristiche tipologiche della s.r.l., non potrebbe dirsi sufficiente, a discapito del diritto di votare, il riconoscimento di un più accentuato diritto di exit, considerando che non è così vero che esso valga a tutelare senz’altro l’interesse dei soci, che a ben guardare in una s.r.l. si sostanzia proprio nella attiva partecipazione alla società; né, secondo altra prospettiva, dovrebbe suscitare perplessità il fatto che in tale tipo societario comunque si pongano esigenze di tutela imperativa dei soci: ciò, infatti, è perfettamente comprensibile sol che si consideri che la chiusura al mercato del capitale di rischio rende più difficile, per il socio che lo volesse, trasferire la propria partecipazione (cfr. G. ZANARONE, L’accentuazione dell’autonomia, cit., 27).

Invero, autorevole dottrina (M. SPERANZIN, Partecipazioni senza diritto di voto, cit., 211 ss.), pur non mancando di sottolineare che la questione si collega inevitabilmente con il problema dell’ammissibilità o meno, nella s.r.l., di categorie di quote, ha recentemente riconsiderato il problema mettendo in dubbio l’effettiva “tenuta” di tutte le regioni sulle quali si è sempre fondata la tesi su riportata. Così, innanzitutto si è sottolineato che, se è vero che principio cardine della disciplina della nuova s.r.l. è quello della rilevanza centrale del socio, non meno vero è che, accanto ad esso, il legislatore delegante ha posto quello della rilevanza dei rapporti contrattuali fra i soci; in secondo luogo, l’analisi non potrebbe prescindere da una distinzione di fondo, ossia quella fra partecipazione e voto: le quote senza voto, infatti, escluderebbero solo quest’ultimo, non il diritto di partecipare alle decisioni (non sussistendo nella s.r.l. norma analoga all’art. 2370 c.c., che, per le s.p.a., lega espressamente il diritto di partecipazione alle decisioni alla titolarità del voto ), né quello di esprimere in ogni caso il proprio consenso per decisioni che tocchino propri diritti altrimenti indisponibili. Ancora, l’Autore rileva che non solo l’art. 2351 c.c. vale anche per le s.p.a. chiuse, ossia per società a struttura personalistica, ma oltretutto, nell’ambito della stessa nuova disciplina della s.r.l. è stato rafforzato il principio di maggioranza, con l’abbassamento dei quorum (cfr. 2479 bis c.c.), così dimostrando che anche in tale società non sarebbe affatto presupposta una partecipazione effettiva e concreta di tutti i soci con il proprio voto alle decisioni sociali.

Parzialmente connesse con le considerazioni appena svolte sembrano le osservazioni di altra autorevole dottrina (A.M. LEOZAPPA,Il “socio-risparmiatore”, cit., 305 ss.) che ha posto in dubbio il fatto che sia effettivamente elemento imprescindibile di una s.r.l. la presenza di soci-imprenditori, ossia senz’altro interessati a partecipare all’attività d’impresa. Invero, anche in considerazione del fatto che tale partecipazione non è senza

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1.3 Altri limiti desumibili dal sistema normativo. - Prima di passare all’analisi di alcuni specifici diritti particolari, è opportuno svolgere alcune ulteriori osservazioni in ordine ai limiti di cui i soci dovrebbero tener conto nella definizione del contenuto concreto dei diritti de quibus: infatti, è fuor di dubbio che, anche ammettendo la possibilità di un’interpretazione estensiva della locuzione di cui all’art. 2468³ c.c., comunque la libertà dei soci non può ritenersi assoluta.

Invero, si è in proposito opportunamente chiarito (172) che un limite

generale non potrebbe essere rinvenuto nel principio di parità di trattamento: quest’ultimo, infatti, non viene in rilievo al momento di stipulazione del contratto, quando è lo stesso «principio consensualistico [che] pone le parti al riparo da trattamenti deteriori cui non abbiano prestato adesione volontaria». Né a diverse conclusioni dovrebbe giungersi nell’ipotesi in cui un diritto particolare sia previsto successivamente alla costituzione della società, se, come più sopra si è

conseguenze, come dimostra la previsione di cui all’art. 24767 c.c., nonché considerando

che da alcune norme emergerebbe chiaramente che la partecipazione costante di tutti non sia indispensabile (lo stesso art. 2476² c.c. parla di soci che non partecipano all’amministrazione; mentre gli artt. 2468³ e 24795 parlano di diritti, non già di obblighi od

oneri), l’Autore ritiene di poter considerare legittimo e meritevole di tutela l’interesse di un socio a non concorrere all’amministrazione, considerando unicamente i risultati dell’investimento; tuttavia, in considerazione dell’impossibilità per la s.r.l. di creare categorie di quote (essendo al più consentita la non proporzionalità fra conferimento e partecipazione, non già l’attribuzione di diritti diversi alla stregua dell’art. 2348 c.c.), lo strumento cui fare ricorso, secondo detto Autore, sarebbe proprio l’istituto dei diritti particolari, così configurandosi un diritto negativo particolare.

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sottolineato (173), anche in caso di introduzione successiva dovrebbe valere

la regola del consenso unanime di tutti i soci.

Un limite, viceversa, potrebbe essere ravvisato nelle norme inderogabili in ordine al funzionamento degli organi sociali: così, posto che, ex art. 24794 c.c., le modificazioni dell’atto costitutivo devono

necessariamente essere assunte in assemblea, non sarebbe ammissibile un diritto particolare che attribuisse ad un socio il potere di imporre in tale ipotesi diverse modalità decisionali, come la consultazione scritta, né, tanto meno, anche alla luce delle considerazioni svolte nel paragrafo precedente, sarebbe pensabile un diritto che riconoscesse al socio una facoltà di decisione unilaterale, così svuotandosi di significato la portata precettiva della disposizione citata (174).

Particolare attenzione merita poi la disposizione di cui all’art. 24755

c.c., a tenore della quale determinate materie, come ad esempio la redazione del progetto di bilancio, «sono in ogni caso di competenza dell’organo amministrativo». Si tratta, infatti, di norma che ha dato adito a notevoli difficoltà sul piano interpretativo. Secondo l’opinione maggioritaria (175), essa varrebbe ad individuare il nucleo inderogabile di

(173) Cfr. § 2.2.

(174) Cfr. M.MAUGERI, Quali diritti, cit., 1496 s.; concordemente A.DACCÒ, I diritti

particolari, cit., 404; M. CAVANNA, Partecipazione, cit., 118.

(175) Cfr. R.GUGLIELMO, Diritti particolari, cit., 602;C.A.BUSI, Assemblea e decisioni,

cit., 42; A. PICCIAU, Appunti, cit., 226; O. CAGNASSO, Sub. art. 2475 c.c., cit., 1855; G. CARCANO, Sub art. 2475 c.c., cit., 583 s.; L. SALVATORE, L’organizzazione, cit., 1346; A. SANTUS – G. DE MARCHI , Sui «particolari diritti», cit., 88; A.M. LEOZAPPA, Il “socio-risparmiatore”, cit., 286; M. CAVANNA, Partecipazione, cit., 119; I. DEMURO, Distribuzione e spostamento di competenza tra amministratori e (decisioni dei) soci nella s.r.l., in Diritto commerciale: società. Scritti in onore di Vincenzo Buonocore, III, 1, Milano, 2005, 2323 s.

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competenza dei gestori, così peraltro valendo a confermare l’idea che, nonostante l’ampia autonomia statutaria riconosciuta ai soci nella definizione della struttura organizzativa interna della s.r.l., comunque mai si potrebbe arrivare alla soppressione di un organo amministrativo distinto dai soci, quand’anche tutti i soci fossero amministratori: in altri termini, mai i soci potrebbero essere investiti dell’intera amministrazione. A fortiori, non sarebbero ammissibili su dette materie diritti particolari a favore di alcuni soci soltanto. Invero, si è acutamente rilevato (176) che, a ben guardare, se

questo dovesse essere il significato da attribuire alla norma, la stessa apparirebbe sostanzialmente superflua: che l’organo amministrativo sia competente nelle materie indicate, infatti, è già sancito altrove (basti considerare, per la redazione del progetto di bilancio, l’art. 2478 bis c.c., e, per la redazione del progetto di fusione, l’art. 2501 ter c.c.); oltretutto, quanto all’ipotesi di aumento di capitale delegato, esso è già di per sé frutto di una delega statutaria da parte dei soci, per cui non avrebbe senso ritenere impossibile un ritrasferimento della competenza, sempre per via statutaria, ai medesimi (177). Alla luce di tali considerazioni, la corretta ratio

della disposizione potrebbe allora probabilmente essere colta nell’intento di garantire un momento di collegialità necessaria (178) qualunque sia il

(176) Cfr., ancorché nell’ambito di una analisi tesa a dimostrare l’imprescindibilità di

un organo amministrativo, G.C. M. RIVOLTA, I regimi di amministrazione nella società a responsabilità limitata, in Liber amicorum Gian Franco Campobasso diretto da P. ABBADESSA

e G.B. PORTALE, Torino, 2006, 3, 536 s.; V.BUONOCORE, L’organizzazione, cit., 603.

(177) Cfr. G. ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, cit., 935, nota 18;

analogamente M. CIAN, Le decisioni dei soci, cit., 38.

(178) Cfr. M. CIAN, Le decisioni dei soci, cit., 38, che ritiene che la disposizione abbia

un valore analogo a quello dell’art. 23814 c.c.; in termini analoghi G.C. M. RIVOLTA, I

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85

sistema di amministrazione adottato in seno alla società, quindi dando una lettura analoga a quella che era stata proposta alla luce del testo originario della disposizione, il quale, anziché di “organo amministrativo”, parlava di “consiglio di amministrazione” (179).

Accogliendo tale diversa lettura, peraltro, si aprirebbe la strada alla possibilità di immaginare una s.r.l. nella quale ai soci siano affidate tutte le funzioni gestorie, né questo, si è detto, dovrebbe suscitare perplessità, dal momento che in tale eventualità il socio acquisirebbe anche la veste di amministratore, assumendone pertanto i relativi doveri e responsabilità (180): «ciò che sarebbe oggetto di eliminazione […] è la distinzione

soggettiva fra collettività dei soci e organo amministrativo, non lo stesso organo amministrativo, il quale sopravvivrebbe coincidendo semplicemente con la prima» (181). In ogni caso, a prescindere da quale sia

(179) Cfr. P.SPADA, Classi e tipi, cit., 41; F.PARRELLA, Sub art. 2475 c.c., cit., 108 s. La

sostituzione dell’espressione è avvenuta mediante Avviso di rettifica pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 153 del 4 luglio 2003.

(180) Cfr. N. ABRIANI, Sub art. 2475 c.c., in Codice commentato delle s.r.l. diretto da P.

BENAZZO e S.PATRIARCA, Torino, 2006, 344 s.; G. ZANARONE,Della società a responsabilità limitata, cit., 937. Possibilisti in ordine a tale interpretazione sembrano anche P. BENAZZO, Competenze di soci, cit., 812 e G. PICCININI, Atti gestori dannosi: i «mobili confini» della

responsabilità del socio, in Soc., 2005, 452.

(181) Così G. ZANARONE,Della società a responsabilità limitata, cit., 935, nota 20, il

quale, a sostegno della propria tesi, porta l’esempio di una s.r.l. di due soli soci, entrambi amministratori, e rileva che non sussisterebbe ragione per la quale ritenere necessario, ad esempio, che essi prima redigano il progetto di bilancio in qualità di amministratori, e poi, come soci, provvedano ad approvarlo, non potendosi ritenere illegittima una clausola che consentisse loro di provvedere a tutto uno actu. L’Autore quindi ritiene che la compresenza di due organi distinti, più che un’imprescindibile necessità, sia piuttosto espressione dell’id quod plerumque accidit, «o meglio ciò che il legislatore ha percepito come tale» e su cui sembra concordare pure il Comitato interregionale dei Consigli Notarili del Triveneto, che con la massima I.C.3, così dispone «Stante la natura di società di capitali della s.r.l., deve ritenersi indispensabile la presenza formale di un organo amministrativo, anche nel caso che lo statuto preveda che l’amministrazione spetti

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la tesi che si ritenga di accogliere in ordine al significato della disposizione in esame, è di tutta evidenza che, anche in base alla seconda prospettiva, risulterebbe comunque preclusa la possibilità che sulle materie de quibus sussista un diritto particolare ex art. 2468³ c.c. (182).

Da ultimo, bisogna tener conto del fatto che, come autorevole dottrina ha rilevato (183), il nuovo sistema normativo della s.r.l. è

caratterizzato dalla previsione di un «nucleo inderogabile – e di notevole impatto – di tutele a favore dei soci (e in particolare del socio di minoranza)» (184); in questi termini, infatti, si ritiene che dovrebbero essere

intesi, per fare alcuni esempi, i pregnanti poteri di controllo per i soci non amministratori a norma dell’art. 2476² c.c., nonché la legittimazione attiva individuale sia rispetto all’azione di responsabilità contro gli

necessariamente a tutti i soci. In quanto le qualifiche di amministratore e di socio sono distinte, anche se rivestite dagli stessi soggetti».

Anche M. CIAN, Le decisioni dei soci, cit., 39 ss. non ritiene insuperabile la dualità degli organi societari a patto, tuttavia, da un lato, di assumere che, «in tal caso, gli obblighi gravanti [sulla collettività dei soci] […] vengano intensificati e si elevi il grado di diligenza richiesto ai suoi componenti»; dall’altro lato, di esigere che «lo statuto intervenga altresì sul piano dell’acquisto e della perdita della qualità di socio, al fine di coniugare il carattere indissolubile che, in questo scenario, assumerebbe il nesso status di socio-prerogative gestorie, con le esigenze parimenti indisponibili di assicurare l’inaccessibilità a tali prerogative da parte di soggetti inidonei».

(182) Del resto, si può anche considerare il fatto che nell’ambito della disciplina della

s.r.l. niente è disposto in punto di delega gestoria, viceversa compiutamente regolata, per le s.p.a., dall’art. 2381c.c. Proprio tale disposizione, al IV comma, dispone un divieto di delega per determinate materie, proprio coincidenti con quelle di cui all’art. 24755 c.c.:

conseguentemente, si potrebbe ritenere ancor più provato che trattasi di questioni sulle quali, in ipotesi di pluralità di amministratori, il legislatore non ritiene possibile che uno solo di loro sia investito della relativa competenza: tanto meno, allora, potrebbe valere rispetto ad esse un diritto particolare.

(183) Cfr. O.CAGNASSO, Introduzione, cit., 1721; C.A.BUSI, Assemblea e decisioni, cit.,

48; M.MALTONI, La partecipazione sociale, cit., 217; G.ZANARONE, Introduzione, cit., 78 s. (184) Così O.CAGNASSO, Introduzione, cit., 1721.

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amministratori e contro gli stessi soci responsabili ex art. 24767 c.c., sia

rispetto all’impugnazione delle delibere assembleari invalide. Si ritiene, infatti, che tali norme rispondano ad un interesse generale al corretto svolgimento dell’attività sociale che trascende l’interesse dei soci in sé considerato (185). Se ciò è vero, eventuali diritti particolari a favore di alcuni

dei soci non potrebbero comunque scalfire detto sistema ineliminabile di tutele. Nel prosieguo del lavoro, peraltro, particolare attenzione sarà dedicata alla disposizione di cui all’art. 2479¹ c.c., per la quale si discute se essa sia derogabile, o viceversa rientri proprio nel nucleo di tutele de quo, e si avrà modo di vedere come, a seconda della tesi accolta, notevoli siano le conseguenze sull’effettiva portata operativa dei diritti particolari in esame.

2. Il diritto particolare di essere amministratore o di nominare uno o più amministratori.

2.1 Ammissibilità delle fattispecie. - Dopo avere delineato i limiti entro i quali l’autonomia statutaria ha facoltà di definire diritti particolari riguardanti l’amministrazione, è opportuno ora individuare alcuni fra i più rilevanti di essi.

Nella consapevolezza che, in virtù dell’ampia libertà rimessa ai soci, il contenuto dei diritti de quibus potrebbe essere molto vario, si è ritenuto opportuno compiere una selezione, focalizzando l’attenzione su quei diritti particolari che, a parere di chi scrive, in modo particolare possono incidere

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sull’organizzazione interna della società e sui rapporti fra gli organi sociali, anche in considerazione del fatto che, come già accennato, si tratta di diritti non privi di profili problematici.

Tanto premesso, si può iniziare l’analisi rilevando che, data la libertà riconosciuta alla compagine sociale in ordine alla definizione dell’organizzazione interna, come chiaramente si evince dalla lettera dell’art. 2463² nn. 7 e 8 c.c., la dottrina maggioritaria (186) ammette il diritto

particolare ad essere amministratore per un determinato periodo di tempo, o anche per tutta la durata delle propria partecipazione alla società, così delineandosi una naturale inerenza della funzione amministrativa alla posizione di socio, come tipicamente avviene nelle società personali (187).

Invero, si tratta di possibilità che taluno ha posto in dubbio (188),

ritenendo che l’attribuzione in seno all’atto costitutivo della funzione gestoria in capo ad uno o alcuni dei soci atterrebbe sostanzialmente alla più generale regolamentazione dell’amministrazione e varrebbe in particolar modo ad esprimere la scelta per un sistema di amministrazione per persone, anziché per uffici.

La questione merita quindi un approfondimento.

(186) Cfr. ex multis N.ABRIANI,Decisioni dei soci,cit.,301; R. RORDORF, I sistemi di

amministrazione e di controllo nella nuova s.r.l., in Soc., 2003, 666; A.SANTUS – G.DE MARCHI, Sui «particolari diritti», cit., 86 s.;M.NOTARI, Diritti «particolari», cit., 330; R.GUGLIELMO, Diritti particolari, cit., 600;P.REVIGLIONO, Sub art. 2468 c.c., cit., 1808; M.MAUGERI, Quali diritti, cit., 1505; A.DACCÒ, I diritti particolari, cit., 403; C.A.BUSI, Assemblea e decisioni, cit., 47.

(187) Cfr. N.ABRIANI,Decisioni dei soci, cit.,301;ID.,Sub art. 2475 c.c., cit., 332; R.

RORDORF, I sistemi di amministrazione, cit., 666.

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89

Fin dall’inizio del presente lavoro si è messa in evidenza l’ampia autonomia statutaria che il legislatore della riforma ha concesso ai soci di s.r.l. anche nella fissazione della struttura organizzativa interna, e si è sottolineata la possibilità per gli stessi di optare per una struttura a matrice maggiormente personalistica o, viceversa, capitalistica. In termini generali, bisogna rilevare che uno degli elementi distintivi fra un’ipotesi e l’altra è, appunto, la sussistenza di un’amministrazione per persone o per uffici: nella prima, la persona degli amministratori assume rilievo nell’equilibrio di interessi fissato nel contratto sociale (189), e, come ogni

alterazione di tale equilibrio, in questo caso anche la nomina di nuovi amministratori dovrebbe essere approvata con le maggioranze previste per le modificazioni statutarie; nella seconda, viceversa, la nomina di nuovi amministratori non altera le basi del contratto sociale ed emerge quella «fungibilità delle persone dei membri dei singoli organi» (190) e

«quella ripetitività della scelta dei gestori, che vale ad escludere, in linea di principio, una caratterizzazione in senso personalistico della funzione amministrativa» (191). Ciò detto, si ritiene condivisibile quella dottrina (192)

(189) Cfr. M. MOZZARELLI,Riflessioni, cit., 741 s.

(190) Così G.MARASÀ, Modifiche del contratto sociale e modifiche dell’atto costitutivo, in

Trattato delle società per azioni, diretto da G.E.COLOMBO e G.B.PORTALE, Torino, 1993, 6*,

11.

(191) L’espressione è di A. BARTALENA, La revoca degli amministratori di s.r.l., in

Amministrazione e controllo nel diritto delle società. Liber amicorum Antonio Piras, Torino, 2010, 162; cfr. sul punto anche A. ZANARDO, Alcuni spunti sulla disciplina della revoca degli amministratori in società a responsabilità limitata, in Contr. e impr., 2006, 1602.

(192) Cfr. M. MOZZARELLI,Riflessioni, cit., 723 ss.; P.SPADA, Classi e tipi, cit., 38, nota

41; A. BARTALENA, La revoca, cit., 165 s.; ID., Sub art. 2480 c.c., in Società di capitali. Commentario, a cura di G. NICCOLINI e A. STAGNO D’ALCONTRES, III, Napoli, 2004, 1645 s.; in tal senso parrebbe orientata anche M.DE PAOLI, Sub art. 2479 c.c., cit., 918.

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a parere della quale è possibile rinvenire nello stesso sistema normativo della s.r.l. un chiaro riferimento alle due opzioni de quibus; a tal fine, assumono rilievo gli articoli 2475¹ c.c., a norma del quale «salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, l’amministrazione della società è affidata a uno o più soci nominati con decisione dei soci presa ai sensi dell’art. 2479», e 2479² n. 2 c.c., che dispone che siano «in ogni caso affidate alla competenza dei soci la nomina, se prevista nell’atto costitutivo, degli amministratori» (193): il combinato disposto di tali norme, infatti, varrebbe

a definire il modello legale di nomina degli amministratori, sul presupposto, peraltro, che i primi sono nominati nell’atto costitutivo ex art. 2463² n. 8 c.c. e che pertanto le suddette disposizioni si riferiscono ai nuovi amministratori. Ciò detto, si è innanzitutto rilevato che da una lettura combinata delle norme de quibus emerge un quadro alquanto contraddittorio: infatti, mentre dal tenore dell’art. 2475¹ c.c. risulta che la decisione di nomina dei soci costituisce il regime residuale per l’individuazione degli amministratori; l’art. 2479² n. 2 c.c., invece, sancisce la legittimazione attiva dei soci solo in presenza di una espressa

(193) Invero, buona parte della dottrina (cfr. O.CAGNASSO, Sub. art. 2475 c.c., cit.,

1852; R.RORDORF, I sistemi di amministrazione, cit., 667; C.A.BUSI, Assemblea e decisioni, cit., 47;D.U.SANTOSUOSSO, La riforma del diritto societario, cit., 213 s.; F.PARRELLA, Sub art. 2475

c.c., cit., 101; M. CAVANNA, Partecipazione, cit., 119 s.) ha ritenuto che la norma de qua, ed in particolare l’inciso «se prevista nell’atto costitutivo», assumerebbe rilievo rispetto al problema dell’ammissibilità del diritto particolare di nominare uno o più amministratori, posto che da ciò risulterebbe testualmente ammesso che gli amministratori siano individuati in altro modo, come appunto da uno dei soci soltanto in virtù di un diritto particolare.

Tuttavia, per le considerazioni di cui subito nel testo, si ritiene che altra sia la funzione della norma richiamata, ossia quella, appunto, di delineare il modello legale di nomina degli amministratori.

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previsione dell’atto costitutivo in tal senso, per cui sorge il dubbio se la nomina degli amministratori sia o no ex lege riservata a una decisione dei soci. Invero, poiché il rinvio di cui all’art. 2475¹ c.c. è, genericamente, ad una decisione dei soci, essa, evidentemente, deve sussistere sia in presenza di una previsione statutaria sulla nomina, sia in sua assenza. Rebus sic stantibus, secondo la dottrina citata, e che si ritiene di condividere, l’unica lettura coerente potrebbe essere quella secondo cui, in caso di silenzio dell’atto costitutivo sul punto, la nomina di nuovi amministratori potrebbe avvenire solo tramite modifica del medesimo ex art. 2479² n. 4 c.c. e l’applicazione di una regola, decisione ex art. 2479² n. 4 c.c., o dell’altra, decisione ex art. 2479² n. 2 c.c., non dipenderebbe dalla semplice casualità che la nomina successiva sia stata o meno prevista nell’atto costitutivo, ma discenderebbe da una precisa scelta fra i diversi modelli organizzativi di cui si è detto: all’art. 2479² n. 4 c.c. sarebbe, infatti, sottesa l’opzione per un sistema amministrativo per persone, mentre all’art. 2479² n. 2 c.c. sarebbe sottesa la scelta di un sistema amministrativo per uffici (194).

(194) Non mancano in dottrina Autori che non condividono tale interpretazione

delle norme codicistiche: G. ZANARONE,Della società a responsabilità limitata, cit., 948, nota 49, giudica la soluzione proposta nel testo eccessivamente rigorosa e ritiene che altra e più semplice via potrebbe essere quella di intendere l’inciso di cui all’art. 2479² n. 2 c.c. “se prevista nell’atto costitutivo”, in senso negativo, cioè come riferito all’ipotesi in cui non sia stato previsto un sistema diverso dalla nomina: così, se viceversa il sistema fosse quest’ultimo, varrebbe il regime ordinario di decisioni dei soci (ma v. anche infra nel testo in ordine a tale interpretazione del significato dell’inciso).

Altra tesi (cfr. L.DE ANGELIS,Amministrazione e controllo nelle società a responsabilità limitata, in Riv. soc., 2003, 474 s.) ritiene che l’assenza di una disposizione dell’atto costitutivo che attribuisca la nomina degli amministratori ai soci ben potrebbe ricondursi, «proprio mutuando il regime caratteristico dell’amministrazione nelle società di persone, all’intento di affidare il relativo potere-dovere a ciascun socio in quanto tale». In contrario, tuttavia, si potrebbe osservare che, per quanto indubbiamente l’art. 2475³ c.c.

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Chiarito quindi il significato dei due concetti di amministrazione per persone o per uffici, e dimostrato, alla luce delle osservazioni svolte, che è lo stesso sistema normativo della s.r.l. a far riferimento alle due suddette possibilità, si tratta di capire se possa individuarsi una differenza tra amministrazione per persone e diritto particolare ad amministrare, se l’una escluda l’altro o se, al limite, quest’ultimo sia l’unica modalità nella quale potrebbe esprimersi la prima.

A parere di chi scrive, per quanto sin qui detto, organizzazione amministrativa per persone ed attribuzione di un diritto particolare ad amministrare rimangono due questioni distinte (195), come dimostrato

dalla diversità delle regole (cfr. 2479² n. 4 e 24684 c.c.) che in un caso e

richiami l’art. 2257 c.c., dal tenore letterale della disposizione emerge chiaramente, in primo luogo, che il sistema amministrativo disgiuntivo richiederebbe un’espressa opzione statutaria in tal senso, non potendo quindi assurgere a modello legale; in secondo luogo, che la scelta de qua comunque si collocherebbe in un momento successivo a quello dell’individuazione degli amministratori, essendo essa possibile «quando l’amministrazione è affidata a più persone» e presupponendosi, quindi, che una nomina sia già avvenuta (per tali rilievi cfr. M.MOZZARELLI,Riflessioni, cit., 735 s.; M. CIAN, Le

decisioni dei soci,, cit., 18, nota 61).

Da ultimo, si può considerare l’opinione (G.SANTONI, Sulla nomina, cit., 249 ss.) secondo la quale, in caso di silenzio dell’atto costitutivo, l’unica disposizione di riferimento per la nomina degli amministratori dovrebbe ritenersi l’art. 2475¹ c.c., mentre l’infelice formulazione dell’art. 2479² n. 2 c.c. dovrebbe attribuirsi ad una mera svista del legislatore. Ciò, peraltro, anche in considerazione del rilievo per cui l’indicazione delle persone degli amministratori quale elemento del contratto sociale (rilevante, quindi, per l’equilibrio di interessi in esso fissato) varrebbe a ben guardare a riconoscere ai soci così nominati nient’altro che un diritto particolare ex art. 2468³ c.c. sottraendo però il medesimo alla specifica disciplina in tema di modifica di cui al IV comma della norma citata. Tuttavia, si consideri quanto rilevato nel testo in ordine alla distinzione fra amministrazione per persone e diritto particolare ad amministrare.

(195) Cfr. sul punto anche M.MOZZARELLI,Riflessioni, cit., 753 s.; M. CIAN, Le decisioni

dei soci,, cit., 18, nota 61, il quale testualmente osserva che «pare evidente che, se lo statuto indica i primi amministratori individuandoli in alcuni dei soci, è questione puramente interpretativa lo stabilire se l’investitura rappresenti o meno un particolare diritto ai sensi dell’art. 2468».

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