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Academic year: 2021

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CAPITOLO 2

2.

STUDI SULLA SINESTESIA LINGUISTICA IN ITALIANO.

In questo capitolo cercherò di analizzare e spiegare le indagini sulla sinestesia linguistica che sono state condotte negli ultimi decenni in lingua italiana. Mi soffermerò con particolare attenzione sui risultati, per verificare se le tendenze generali degli studi precedenti condotte con materiale in altre lingue, vengono confermate oppure parzialmente smentite. Andando in ordine cronologico, analizzerò per primo lo studio di P. Paissa (1995), che ha svolto un’analisi contrastiva in italiano e francese usufruendo di un corpus lessicografico, poi discuterò l’opera di Mazzeo (2005), che ha ricostruito la questione di Monsieur Molyneux attraverso un approccio linguistico-filosofico, in seguito indagherò l’analisi lessicografica di Catricalà (2008), e infine l’analisi semantica distribuzionale e l’articolo riguardante i vincoli semantici e sintattici delle associazioni sinestetiche di Marotta (2012).

2.1 Paissa: analisi contrastiva delle sinestesie lessicalizzate nel codice italiano e

francese

Prima di procedere con l’analisi dello studio, vorrei fare una precisazione: per denominare le sinestesie linguistiche, l’autrice utilizza l’aggettivo “lessicalizzate”, proprio per distinguerle da quelle letterarie e sottolineare il fatto che sono entrate “ufficialmente” a far parte del lessico che usiamo quotidianamente, poiché sono state inserite nei dizionari.

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Paissa ha esaminato le sinestesie linguistiche in una prospettiva contrastiva, vale a dire che ha analizzato due corpora lessicografici, uno in italiano e uno in francese, prendendo in esame le coppie intersensoriali SOSTANTIVO + AGGETTIVO che sono entrate a far parte del linguaggio comune. Poiché l’obiettivo di questa indagine era valutare l’esistenza del fenomeno della sinestesia lessicalizzata solo a livello di

langue, la fonte di entrambi i corpora è stata il dizionario: per l’italiano è stato

utilizzato principalmente il “Grande Dizionario della lingua italiana” di S. Battaglia, ma anche il “Nuovo vocabolario illustrato della lingua italiana” di G. Devoto e G.C. Oli, il “Dizionario Garzanti della lingua italiana”, lo “Zingarelli” e il “Treccani”; invece per il francese in particolare il “Trésor de la langue française”, ma anche il “Dictionnaire alphabétique et analogique de la langue française” di P. Robert, e il “Petit Robert”. Quando le fonti lessicografiche erano in disaccordo oppure non esaustive o poco chiare, l’autrice ha ritenuto opportuno avvalersi della competenza di alcuni parlanti madrelingua.

Oltre ai cinque sensi, troviamo un’altra categoria: il campo morale-psichico. L’autrice ha deciso di aggiungere questa componente perché il fenomeno delle pseudosinestesie è così quantitativamente rilevante che sarebbe assurdo ignorarlo e anche perché l’estensione al campo morale-psichico risulta essere interessante all’interno dell’analisi contrastiva delle due lingue, poiché ne amplia il raggio di indagine. Inoltre il meccanismo di associazione delle pseudosinestesie funziona proprio come quello dei trasferimenti intersensoriali: l’accostamento tra la sfera percettiva e quella morale-psichica avviene tramite un’associazione di analogia. In questo studio, però, sono stati analizzati solo gli esempi che hanno il campo morale-psichico come target e mai come source, poiché il punto di partenza di questa indagine è l’aggettivo sensoriale.

Sono stati presi in esame 141 aggettivi italiani e 123 aggettivi francesi. Per ogni aggettivo che aveva la funzione di source, è stata indagata la sua etimologia, poiché ritenuta importante per individuare il senso originario e, di conseguenza, poter attribuire ogni forma all’esatto canale sensoriale. Dopo aver selezionato tutte le coppie dei sintagmi nominali, l’autrice ha compilato una tabella: nella prima colonna ha inserito l’etimologia, poi tramite un asterisco e utilizzando la dicitura “s/proprio” ha collocato il termine nella colonna del suo senso source, e sotto le colonne degli altri sensi ha riportato i termini che sono stati trovati nei dizionari con il dato aggettivo. Riporto un esempio, utilizzando l’aggettivo “gelido”:

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VISTA UDITO TATTO Consistenza Sens. Termiche

GUSTO OLFATTO CAMPO

MORALE-PSICHICO GELIDO XIV s., v. dotta, lat. gelidus (DEI-CZ).

sguardo - Tono - *s/proprio:

acqua - aria - fronte - animo - cuore - personalità - accoglienza - parole -

Tabella 2.1: Esempio di strutturazione del corpus

Qui di seguito riporto il corpus, come lo ha strutturato Catricalà (2008) nel suo articolo, delle costruzioni sinestetiche lessicalizzate registrate nei dizionari in italiano1 individuate dall’autrice. L’elenco è suddiviso nelle cinque sfere sensoriali che svolgono la funzione source:

VISTA:

abbagliante (MP: promessa) ombroso (MP: carattere, indole) acceso (MP: desiderio, passione, discussione, opaco (U: suono, voce)

disputa) oscuro (MP: ragioni, verità, passo, teso, annebbiato (MP: mente) avvenire, esistenza)

appannato (U: suono, rumore, voce) pallido (MP: ricordo, idea, imitazione) bianco (U: voce, rumore; MP: carta, di paura) penetrante (U: voce; T: freddo; O: odore; blu (MP: fifa) MP: osservazione, critica)

brillante (MP: intuizione, conversazione, car- plumbeo (MP: atmosfera, tristezza) riera) radioso (MP: avvenire)

bronzeo (U: voce, risonanza) roseo (MP: speranze, avvenire, sogni) candido (MP: cuore, coscienza, parole) rosso (MP: di rabbia, di vergogna) celeste (U: registro) sbiadito (MP: ricordo, resoconto)

chiaro (U: voce, suono, nota, timbro; MP: scialbo (MP: personalità, carattere, opera, idea, proposito, parole, stile) stile)

cieco (MP: passione, orgoglio, obbedienza, scolorito (MP: espressione, vita, memoria, fede, vicolo) ricordo)

cristallino (U: suono, voce) scuro (MP: animo, volto, espressione) cromatico (U: gamma, scala, intervallo) sfumato (U: note, suono; MP: sentimento, cupo (U: voce, tono, fragore, suono, rumore; illusione

MP: carattere, atteggiamento, collera, dolo- sfuocato (MP: personaggio, figura, prota- re, mistero, presagio, tinte) gonista)

fosco (MP: anima, mente, pensieri, avvenire, spento (MP: sentimento, passione, perso- vicenda, tinte) nalità)

fulgido (MP: esempio, ingegno) spiccato (MP: intelligenza, attitudine)

1

Riporto solo il corpus in italiano perché esso è di fondamentale importanza per poter fare, più avanti, un confronto con i dati raccolti dalla mia indagine.

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giallo (MP: di rabbia, per la bile, d’invidia) tenebroso (MP: macchinazione, maneggi, grigio (MP: vita, tempi) tenue (MP: speranza, pena, contributo) illuminato (MP: spirito, dispotismo) terso (MP: stile)

incolore (U: voce, tono; MP: vita, giornate, di- tetro (MP: noia, umore, carattere) scorso, stile) torbido (MP: tempi, pensieri) limpido (U: voce, suono; MP: concetto, mente, trasparente (MP: allusione, allegoria)

coscienza, anima, prosa, stile) velato (MP: accenno, allusioni, minacce) lucido (MP: mente, ragionamento, esposizio- verde (MP: di rabbia, di speranza, di pau-

ne, esame) ra, speranza) luminoso (MP: idea, ingegno) viola (MP: di rabbia) nebuloso (MP: ricordo, supposizione)

nero (MP: umor, pensieri, giornate, bestia, pe- cora, anima)

nitido (MP: ricordo, memoria, coscienza, stile) offuscato (U: voce, suono; MP: mente, intellet-

to, passione, merito, fama)

UDITO:

altisonante (MP: frasi, titoli) roboante (MP: frase, discorso, stile, versi) armonico (V: forme, aspetto; MP: maniere, rumoroso (MP: impresa, avventura)

personalità) sonoro (MP: lezione, sconfitta)

chiassoso (V: colori) sordo (MP: dolore, rancore, collera, alle fievole (V: luce; G: sapore; O: odore; MP: preghiere)

forza) squillante (V: colori)

muto (MP: dolore, desiderio, rimprovero, stridente (V: colori; MP: opinioni) disperazione, d’ammirazione, dallo stu-

pore)

TATTO:

acuto (V: vista; U: suono; G: sapore; infuocato (V: rosso; U: tono: MP: animo, MP: idea, discorso, pensiero) discussione, plemica)

appiccicoso (MP: carattere, comportamento, ispido (MP: persona, carattere)

maniere) lacerante (U: urlo, rumore, boato; MP: appiccicaticcio (MP: comportamento, maniere) sentimento, conclusioni)

ardente (V: rosso, sguardo; MP: passione, ca- lieve (V: colore, ombra; U: voce; MP: ar- rattere, temperamento, immaginazione) gomento)

asciutto (V: tratti, contorni del fisico, disegno; liscio (MP: discorso, situazione)

U: tono; MP: risposta, diniego) molle (U: consonanti, vocali; MP: caratte- bruciante (MP: questione, ambizione, offesa, re, trama, intreccio)

terreno) molliccio (MP: carattere, personalità) caldo (V: colore, tinta; U: voce; MP: tempe- morbido (V: luce, colori, sguardo; U: vo-

ramento, atmosfera, carattere, notizia) ce, tono, suono; G: gusto; MP: per- coriaceo (MP: carattere) sonalità, carattere, protesta, discorso) corposo (G: vino; MP: notazione, narrazione) ovattato (U: rumori, silenzio; MP: atmo- crasso (MP: ignoranza, spirito, facezia) sfera)

duro (V: linea, tratti; U: voce, suono, tono, pastoso (V: luce, colori, dipinto; U: suono, consonanti) melodia, voce; G: gusto, vino)

elettrico (V: blu) peloso (MP: coscienza, carità)

felpato (U: rumore, passo) plastico (V: forme, effetto, quadro, colore) floscio (MP: carattere, stile) pruriginoso (MP: storia, dettagli)

freddo (V: colori, luce, tonalità; U: tono, pungente (U: tono; G: sapore; O: odore; MP: carattere, temperamento, accoglienza, MP: battuta, discorso, insinuazione,

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risposta, discorso, stile) desiderio)

fresco (V: colorito; U: musica, risata; G: sapore; rigido (MP: regola, morale, carattere, pena) O: profumo; MP: ricordo, mente, notizia) ruvido (U: suono, tono; G: gusto, vino; MP: gelido (V: sguardo; U: tono; MP: animo, cuore, scabro (MP: stile, prosa)

personalità, accoglienza, parole) scivoloso (MP: discorso, argomento) glaciale (V: azzurro, verde, sguardo; U: tono; secco (U: colpo, tono; G: gusto, vino; MP:

MP: accoglienza, silenzio) risposta, ordine, stile)

graffiante (U: tono; MP: battute, risposte) tagliente (V: linee; U: tono; MP: risposta, grasso (U: risata, voce; MP: spirito, discorso, tenero (V: colore, colorito, verde, azzurro;

parole) MP: cuore, atteggiamento, sentimen- incandescente (MP: atmosfera, argomento, po- to, carezze)

lemica) tiepido (MP: affetto, accoglienza, sentimento)

incisivo (V: tratti, immagini, sguardo; U: tono; untuoso (MP: modi, maniere, individuo) MP: giudizio, critica, linguaggio, stile) vellutato (V: colore, rosso, occhi; U: voce; G: gusto)

vischioso (MP: situazione)

viscido (MP: persona, carattere, comporta- mento, maniere)

GUSTO:

acerbo (MP: rimprovero, amore) dolciastro (U: tono; O: odore; MP: modi) acido (V: verde; U: tono; O: odore; MP: giu- edulcorato (MP: racconto, resoconto)

dizio, risposta, carattere) gustoso (MP: battuta, racconto, lettura) acidulo (O: odore) insipido (MP: romanzo, vita, persona) acre (U: tono; O: odore; MP: spirito, critica) mieloso (U: voce, tono; MP: parole, atteg- agro (U: suono; MP: rimprovero, parole) giamento)

agrodolce (U: tono; MP: sorriso, comportamen- pepato (O: odore; MP: storiella, caratteri- to) no, risposta)

amaro (U: tono; O: profumo; MP: parole, iro- piccante (O: odore; MP: parole, storiella, nia, rimprovero, rimpianti, delusioni) battuta, particolari, situazione, stile) aspro (U: suono, tono, voce; T: superficie, con- salato (MP: risposta, conversazione, lin-

tatto; O: odore; MP: carattere, decisione, guaggio, condanna) lotta, discipline) saporito (MP: notizia, storiella) dolce (V: luce, colore; U: voce, musica, suono, scipito (MP: barzelletta)

esecuzione, melodia, consonanti; T: pelle, sciropposo (MP: racconto, film, romanzo) contatto, tepore; O: profumo, odore, fragran- succulento (MP: storiella)

za; MP: carattere, emozioni, speranza, ricor- zuccherato (MP: parole, maniere) do)

OLFATTO:

aromatico (G: sapore) fetido (MP: persona, orgoglio, ipocrisia) fetente (MP: comportamento, individuo)

Nelle tabelle 2.2 e 2.3 sono stati registrati tutti i trasferimenti individuati nelle due lingue; in orizzontale troviamo le sfere sensoriali che svolgono la funzione di source, mentre in verticale la destinazione.

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Vista Udito Tatto Gusto Olfatto c. m.-ps. Totale source Vista - 19 1 0 1 49 70 (29,9%) Udito 6 - 0 1 1 12 20 (8,5%) Tatto 20 23 - 8 3 43 97 (41,5%) Gusto 3 9 2 - 9 21 44 (18,8%) Olfatto 0 0 0 1 - 2 3 (1,3%) Totale Target 29 (12,4 %) 51 (21,8%) 3 (1,3%) 10 (4,3%) 14 (6%) 127 (54,3%) 234 (100%)

Tabella 2.2: Conteggio dei trasferimenti sinestetici in italiano

Vue Ouïe Toucher Goût Odorat Dom.

m.-ps. Total source Vue - 20 2 1 2 42 67 (28,4%) Ouïe 7 - 0 0 0 9 16 (6,8%) Toucher 21 27 - 8 3 39 98 (41,5%) Goût 5 14 1 - 10 22 52 (22%) Odorat 0 0 0 2 - 1 3 (1,8) Total Target 33 (14%) 61 (25,8%) 3 (1,3%) 11 (4,7%) 15 (6,3%) 113 (47,9%) 236 (100%)

Tabella 2.3: Conteggio dei trasferimenti sinestetici in francese

I risultati dell’indagine hanno portato alle seguenti conclusioni:

 in entrambe le lingue, la fonte più ricca di prestiti è il tatto, mentre è l’udito a ricevere il maggior numero di trasferimenti, anche se in francese in maniera più consistente rispetto all’italiano.

 Il trasferimento al campo morale-psichico è in entrambe le lingue molto consistente.

 Una discrepanza tra le due lingue da mettere in evidenza, è che in francese predomina il trasferimento sinestetico puro, cioè quello tra due modalità sensoriali, mentre in italiano quello verso l’ambito morale-psichico.

 Questa indagine ha evidenziato solo un parziale isomorfismo tra le due lingue cosiddette “sorelle”: la corrispondenza totale non supera il 50% degli esempi

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analizzati; invece il 36% corrisponde a un isomorfismo parziale (per esempio i campi semantici dell’aggettivo francese aveuglant e il corrispondente italiano “abbagliante” sono affini, ma le realizzazioni sintagmatiche in ambito morale-psichico non corrispondono); il 14% a una non corrispondenza (per esempio l’aggettivo francese chatoyant non ha un termine corrispondente in italiano, potremmo tradurlo con “cangiante” che, però, non effettua trasferimenti).

Possiamo concludere, quindi, che i risultati di questa indagine sembrano confermare le tendenze generali individuate negli studi precedenti.

2.2 Mazzeo: “Dalla questione Molyneux a Jakobson”

“Se un giorno un cieco ritrovasse la vista, riuscirebbe a riconoscere con gli occhi due oggetti come un cubo e una sfera che fino a quel momento aveva percepito col tatto?” Questa è la domanda che William Molyneux, filosofo e scienziato irlandese, pose al celebre filosofo inglese John Locke più di trecento anni fa e dalla quale prende spunto l’opera di Marco Mazzeo. A quel tempo il filosofo rispose negativamente, ma successivamente la “questione Molyneux” assunse sempre più rilevanza tanto da diventare un vero e proprio dibattito sia sul piano filosofico che su quello scientifico. Molti autori, tra i quali Leibniz, Berkley, Diderot, Herder, Jakobson hanno espresso la loro opinione su questo tema. Il quesito, tutt’oggi, non trova una risposta certa e definita, anche se gli studiosi tendono a orientarsi verso un esito positivo che, però, non sarà immediato, e dovrà tenere conto di tutte le varianti che saranno diverse caso per caso. Vengono così indagate le differenze tra le diverse forme di vita, la percezione sensoriale dei neonati e le tecniche operatorie sempre più raffinate che permettono a volte casi di recupero della vista.

L’autore sottolinea il fatto di come sia sbagliato prendere in considerazione le modalità sensoriali una alla volta e non tenere di conto dei loro punti di intersezione, poiché solo noi umani abbiamo la possibilità di percepire simultaneamente uno stesso oggetto attraverso sensi diversi. Questa abilità si chiama sinestesia. L’uomo è caratterizzato dall’avere una percezione multisensoriale. La sinestesia costituisce un tratto essenziale della natura umana, che ci distingue dalle altre forme viventi sia a livello percettivo che linguistico. Per esempio gli scimpanzé, che sarebbero la forma

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di vita geneticamente più prossima alla nostra, mostrano capacità multisensoriali molto inferiori alle nostre. Ciò è spiegabile dalla differenza che sta alla base tra gli animali e gli esseri umani, ovvero le abilità percettive e il linguaggio.

Un altro aspetto peculiare della specie umana è la plasticità dell’ontogenesi (iperneotenia) la quale permette, soprattutto durante i primi due anni di vita, un continuo amalgamarsi tra i sensi. Successivamente, quando l’organismo si sarà sviluppato, le capacità sensoriali subiranno gradualmente un processo di calibratura e organizzazione, ma non arriveranno mai a essere distinte l’una dall’altra in maniera netta e decisa; i sistemi percettivi continueranno a intersecarsi. Questa caratteristica ci aiuta a spiegare cosa avviene nel caso che un cieco riacquisti la vista. Come nel neonato avverrà un processo di riequilibrio dell’assetto percettivo, ma tutto sarà più complicato, poiché il neonato non ne aveva già uno in precedenza mentre il non vedente dovrà riorganizzare e riadattare le sue capacità sensoriali con le quali era nato e si era abituato a vivere. Non si tratta, quindi, di dover modificare l’organizzazione sensoriale, ma anche il suo modo di vivere. Il riconoscimento della sfera e del cubo, quindi, non avverrà “a prima vista”, ma occorrerà aspettare il tempo necessario per superare il trauma operatorio e valutare anche l’età, la cultura, la storia personale, i fattori psicologici ed emotivi, tutte variabili che incideranno sugli esiti del recupero della vista.

Nell’ultimo capitolo, l’autore si sofferma ad indagare il forte legame di dipendenza reciproca che lega la sinestesia e il linguaggio. La sinestesia sarebbe la condizione che rende possibile la facoltà del linguaggio, poiché il trasferimento di informazioni tra un senso e l’altro necessita della mediazione linguistica, ma, allo stesso tempo, quest’ultimo rafforzerebbe e amplierebbe la tipologia delle connessioni sinestetiche. Inoltre è stato individuato il fenomeno nel quale emerge il legame tra sinestesia e linguaggio: la metafora, elemento creativo che rappresenta uno dei cardini strutturali del linguaggio verbale.

2.3 Catricalà: Analisi contrastiva lessicografica nei codici italiano, francese, greco antico, latino, spagnolo, inglese e tzotzil

Il lavoro di Catricalà ha utilizzato come corpus di partenza lo stesso utilizzato da Paissa. Agli esempi in italiano e in francese, però, sono stati aggiunti sintagmi

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sinestetici in altre lingue, per la precisione in greco antico, latino, spagnolo, inglese e tzotzil2. Anch’essi sono stati ricercati nei dizionari: “Dizionario della lingua greca” di F. Montanari e “Vocabolario greco - italiano” di L. Rocci per il greco; “Dizionario di latino-italiano” di Georges, Calonghi e Badellino e “Vocabolario della Lingua Latina” di Castiglioni e Mariotti per il latino; “Diccionario fraseológico documentado del español actual: locuciones y modismos españoles” di Seco, Andres e Ramos, “Grande dizionario di spagnolo: spagnolo-italiano, italiano-spagnolo” di Tam e “Diccionario de la Lengua Española” per lo spagnolo; “The Oxford English Dictionary” per l’inglese; “The Great Tzotzil Dictionary of Santo Domingo Zinacantan” di Laughlin per il tzotzil. A causa della varietà delle lingue, non è stata ricercata l’etimologia degli aggettivi. Poiché secondo l’autrice il fenomeno sinestetico non è limitabile alla struttura sintattica N+A, in questo studio sono state prese in esame tutte le espressioni sinestetiche, anche quelle che hanno una struttura sintattica diversa dal sintagma aggettivale. Queste configurazioni sintattiche si riscontrano in tutte le lingue prese in esame. Qui di seguito riporto le configurazioni sintattiche analizzate e un esempio per ogni lingua:

- N + Complemento di specificazione

Per esempio: it.: dolcezza del vento; lat.: amara curarum; spa.: débil de

caràctere; ingl.: boy fresh from school;

- V intransitivo o riflessivo

Per esempio: it.: parlare chiaro; lat.: cernis acutum; spa.: ponerse rojo; ingl.:

to feel blue;

- V (transitivo) + N

Per esempio: it.: scaldare la voce; lat.: emollire mores; spa.: endulzar la

veridad; ingl.: to blur the senses;

- V + Prep. (di luogo) + N/V

Per esempio: it.: bruciare d’amore; lat.: animus tumida fervebat ab ira; spa.:

traer al fresco; ingl.: to be in the dark.

L’autrice, inoltre, ha rilevato un’alta frequenza di occorrenza di espressioni sinestetiche al plurale, al punto da affermare che la forma plurale rappresenti, in

2

La lingua tzotzil, detta anche zinacatenco tzotzil, va classificata come una lingua maya, parte della famiglia linguistica Cholan-Tzeltalan, e a sua volta della lingua tzeltalan. Nel 1990 erano stati censiti 25.000 parlanti. Secondo dati più recenti, riportati nel censimento del 2005 dell'Instituto Nacional de Estadística Geografía e Informática messicano, i parlanti sono 329.937, ponendo la lingua tzotzil al sesto posto tra le lingue più parlate del Messico. (cfr. www.wikipedia.org)

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alcuni casi, un vincolo alla realizzazione stessa della sinestesia. Questa tendenza potrebbe essere spiegata dal fatto che affinché la percezione si realizzi e si sviluppi all’interno di un enunciato sinestetico, è necessaria la compresenza di più stimoli. Per esempio alla base delle espressioni “colori chiassosi”, “opinioni stridenti” e “forme armoniche” ci sarebbe la percezione di almeno due entità.

I risultati di questa indagine hanno confermato gli andamenti generalmente condivisi, ovvero:

 che il tatto è il senso donatore più comune e l’udito il senso destinatario privilegiato;

 che l’olfatto e il gusto sono i sensi ai quali si attinge più raramente come

source; addirittura l’olfatto è completamente assente in greco e in tzotzil; in

tzotzil anche il gusto è assente come fonte;

 che i canali sensoriali della vista e del tatto sono dominanti rispetto agli altri. Il grafico 2.1 ci mostra e conferma gli ultimi due punti:

0 10 20 30 40 50 60

Italiano Francese Greco Latino Spagnolo Inglese Tzotzil

Vista Udito Tatto Gusto Olfatto

Grafico 2.1: Occorrenze delle sfere sensoriali

2.4 Marotta: Analisi semantica distribuzionale

Questo studio è il primo che ha analizzato esempi di sinestesie linguistiche utilizzate nel linguaggio comune, andando così ad indagare per la prima volta in italiano il livello parole. L’autrice ha condotto la sua indagine analizzando due

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corpora, piuttosto diversi tra di loro, entrambi in lingua italiana contemporanea e

disponibili sul web:

“ItWac”, composto da circa 1 miliardo e 900.000 tokens, che comprende documenti scaricati dal web negli anni 2005-2007 e in cui possiamo trovare un’ampia varietà di registri linguistici, compresi anche quelli più informali;

“La Repubblica”, composto da 331 milioni di tokens, che comprende circa quindici annate, dal 1985 al 2000, dell’omonimo quotidiano, nel quale troviamo, per la maggioranza dei casi, un livello medio-alto di linguaggio scritto.

Sono stati presi in esame solo gli esempi di fenomeni sinestetici con struttura sintattica di sintagma nominale (Nome + Aggettivo percettivo). L’autrice, inoltre, spiega come mai il fenomeno sinestetico prediliga questa configurazione sintattica e perché non sia possibile, invece, costruire sintagmi verbali che risultino accettabili. Frasi come *ascoltare colori, *toccare un suono, *il colore vibra, *lo sguardo rimbomba, risultano inaccettabili perché la predicazione tipica del verbo è un agire, quindi sia i “nomi soggetto” che i “nomi oggetto” devono essere degli enti animati e, i termini che esprimono le proprietà percettive non lo sono.

Nella Tabella 2.2 sono elencati gli aggettivi analizzati dei quali è stata attestata una frequenza superiore a due volte:

VISTA UDITO TATTO GUSTO

Chiaro armonioso Duro dolce

Cupo fievole Morbido amaro

limpido sonoro Ruvido saporito

Opaco squillante

Pallido Scuro

Tabella 2.4: Elenco degli aggettivi presi in esame con indicazione del senso source.

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Questi aggettivi sono stati analizzati in base alle loro occorrenze. Oltre ai cinque sensi sono state aggiunte due categorie target: quella psico-emotiva e quella che comprende i nomi di natura astratta. Da questa analisi è risultato che:

 sia i fenomeni sinestetici propri che quelli che fanno riferimento alla dimensione psico-emotiva, non sono affatto frequenti; al contrario, risultano largamente numerose le associazioni sinestetiche tra gli aggettivi percettivi e i sostantivi astratti.

 Risultano essere piuttosto frequenti anche le associazioni monoestetiche3.

 I dati raccolti non confermano l’ordine della gerarchia sensoriale attestata in letteratura: il senso più ricettivo è risultato essere la vista, seguito dall’udito, mentre gli aggettivi che si riferiscono alla sfera del tatto e del gusto, che generalmente risultavano essere sensi donatori in letteratura (cfr. Paissa 1995; Catricalà 2008), non risultano essere più frequenti di quelli visivi e uditivi.

 A causa dell’alta frequenza, alcuni aggettivi che in origine erano percettivi hanno perso il loro significato originario poiché sono stati attribuiti loro altri significati, diventando così polisemici. È come se il loro significato si fosse “scolorito” con il passare del tempo; il significato che denotava la proprietà sensoriale concreta ha assunto sempre di più una connotazione astratta. Esempio per la vista è l’aggettivo “chiaro”, per l’udito “armonioso”, per il tatto “duro” e “dolce”per il gusto.

I risultati di questa indagine si discostano leggermente dalle tendenze generali. Il numero esiguo di esempi di fenomeni sinestetici puri attestati, mette in dubbio l’alta frequenza della sinestesia in senso stretto nella lingua d’uso quotidiano.

2.5 Marotta: vincoli semantici e sintattici sulle associazioni sinestetiche

In questo articolo l’autrice si sofferma su un tema che aveva iniziato a trattare già nel lavoro precedente, ovvero gli aspetti sintattici e semantici delle associazioni sinestetiche.

3 A differenza delle sinestesie che coinvolgono due modalità sensoriali diverse, nella monoestesia, invece, l’aggettivo e il sostantivo che formano il sintagma nominale si riferiscono allo stesso senso. Esempi di monoestesie sono: dolce sapore, luce brillante, odore profumato, suono assordante.

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Dai risultati attestati dagli studi precedenti, sembra che la struttura sintattica delle sinestesie linguistiche si limiterebbe al sintagma nominale di tipo attributivo (Nome + Aggettivo). Per vedere se effettivamente le associazioni sinestetiche si manifestano esclusivamente all’interno del sintagma nominale, l’autrice prova a formulare degli enunciati contenenti fenomeni sinestetici all’interno di altre strutture sintattiche. Per primo viene analizzato il sintagma verbale e vengono individuate tre tipologie diverse:

a. Verbo [percezione x] + Nome Oggetto [percezione y]

Per esempio sintagmi come *ascoltare colori, *vedere odori, *toccare un suono,

*annusare il giallo, ecc. risultano agrammaticali poiché si verifica un conflitto di

sfera percettiva che rende l’enunciato privo di senso; al contrario sono possibili combinazioni monoestetiche come: ascoltare suoni, vedere colori, annusare

profumi, ecc.

b. Nome Soggetto [percezione x] + Verbo [percezione y]

Per esempio sintagmi come *l’odore brilla, *il colore vibra4, *lo sguardo

rimbomba sono agrammaticali poiché, anche qui, abbiamo un conflitto tra le

sfere percettive; risultano invece accettabili sintagmi come: il colore brilla, il

suono vibra, la musica rimbomba. Ci sono però enunciati di questo tipo che, oltre

ad avere il conflitto tra le diverse sfere sensoriali, violano i vincoli semantici del Soggetto, cioè l’animatezza, l’agentività e l’intenzionalità. Per esempio: *il

colore ascolta, *il calore annusa. Ovviamente non saranno possibili neanche le

combinazioni monoestetiche come *la musica ascolta, *il profumo annusa. L’autrice prosegue l’indagine analizzando i verbi percettivi che ricorrono in altre strutture sintattiche:

- Verbi percettivi denominali, cioè verbi derivati da nomi appartenenti ad una sfera

semantica percettiva, come per esempio colorare, scolorire, risuonare,

profumare. Con questo tipo di verbi sono accettabili solo le associazioni

monoestetiche (suonare uno strumento, i colori brillano) e quelle con oggetti che fanno riferimento alla sfera semantica psico-emotiva o dei nomi astratti (illuminare la vita, colorare la giornata).

4 Nel mio corpus è stato attestato il fenomeno sinestetico “colore vibrante” all’interno di uno slogan pubblicitario (cfr. Appendice A) che sponsorizza alcuni prodotti per capelli. La struttura sintattica non è quella citata sopra, qui abbiamo un sostantivo seguito da un participio presente. Sembra, quindi, che nell’ambito della pubblicità i conflitti tra le sfere percettive non preludano la possibilità di formazione di nuovi fenomeni sinestetici. Al contrario nel linguaggio comune, questo sintagma nominale risulterebbe inaccettabile.

(14)

- Verbi percettivi deaggettivali, cioè verbi derivati da aggettivi percettivi, come per

esempio: schiarire, annerire, raffreddare, ammorbidire, addolcire. Con questo tipo di verbi sono possibili le associazioni monoestetiche (riscaldare la

minestra), quelle pseudosinestetiche (riscaldare il cuore) e anche quelle

sinestetiche (riscaldare la voce).

- Verbi percettivi + Sintagma preposizionale

Per esempio: impallidire di paura, riscaldarsi per la rabbia, bruciare d’amore. Questo tipo di enunciato è possibile solo se all’interno del sintagma preposizionale abbiamo un nome appartenente alla sfera psico-emotiva.

- Verbi percettivi + Avverbiale

Per esempio: parlare chiaramente, sorridere amaramente, suonare oscuramente. In questi sintagmi sinestetici, in realtà gli avverbi hanno perso il loro significato specifico alla sfera sensoriale e ne hanno acquisito un altro più astratto che fa riferimento alla dimensione psico-emotiva.

- Verbi percettivi + Gerundio

Per esempio: mangiare annusando, vedere sentendo, ascoltare tastando. In questo tipo di sintagma il gerundio è visto come un modificatore del verbo. L’ultima struttura sintattica che l’autrice prende in esame è la seguente:

- Aggettivi percettivi + Sintagmi Preposizionali

Per esempio: bianco di paura, rosso di rabbia, freddo nell’animo, acido di

carattere. Sono possibili solo associazioni tra aggettivi percettivi e nomi che si

riferiscono alla sfera psico-emotiva.

In seguito a questa indagine, si può affermare che le strutture sintattiche analizzate prediligono le associazioni monoestetiche e quelle pseudosinestetiche. Le associazioni sinestetiche sono rare, si limitano quasi esclusivamente alla struttura sintattica Verbi percettivi + Avverbiale. In realtà questa struttura sintattica richiama la struttura del sintagma nominale e viene automatico formulare la seguente equivalenza:

Nome + Aggettivo = Verbo + Avverbio

Il rapporto che vige tra il nome e l’aggettivo è lo stesso a quello che condividono il verbo e l’avverbio. Sia l’aggettivo che l’avverbio modificano il significato delle loro teste.

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Ad ogni modo è importante evidenziare come mai i verbi percettivi non sono predisposti a formulare associazioni sinestetiche in senso stretto: un predicato prototipico necessita di un soggetto che compie un’azione, deve essere quindi un attante animato ma i nomi che fanno riferimento alle sfere sensoriali (colore, suono,

Figura

Tabella 2.1:  Esempio di strutturazione del corpus
Tabella 2.2: Conteggio dei trasferimenti sinestetici in italiano

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