Capitolo II
Caratteristiche dei materiali
2 Caratteristiche dei materiali e basi di calcolo
Questo capitolo presenta una breve rassegna delle caratteristiche fisiche e meccaniche dei materiali impiegati. In particolare per il vetro vengono di volta in volta richiamate le basi di calcolo ed i rispettivi riferimenti bibliografici utili ad approfondire lo stato dell'arte.
2.1 Vetro
2.1.1 Generalità
Il vetro presenta caratteristiche diverse rispetto ai più comuni materiali da costruzione quali ad esempio acciaio ed alluminio. Questo infatti non presenta una fase plastica e, diversamente dal cls, non si rompe con quella microfessurazione diffusa che consente una ridistribuzione delle tensioni.
E' il materiale fragile per antonomasia e la sua rottura è di tipo stocastico e, per la mancanza di capacità di adattamento plastico, non è lecito trascurare effetti locali.
Il progetto di elementi strutturali in vetro richiede quindi grande specificità ed attenzione, in particolare nella concezione dei dettagli e delle tolleranze costruttive
Il processo di dimensionamento si basa solitamente su (nell'ordine):
impiego di regole semplificate (per consentire di valutare diverse geometrie progettuali);
impiego di metodi analitici più accurati (da adottane nella progettazione definitiva di dettaglio);
prove sperimentali su prototipi (necessarie per verificare il progetto prima della costruzione, in particolare per opere di contenuto innovativo).
Le strutture devono essere progettate in modo da soddisfare i requisiti richiesti in corrispondenza dei diversi stati limite. Le lastre di vetro sono tecnologicamente disponibili in lastre così sottili da inflettersi presentando spesso spostamenti più grandi dello spessore. Questo aspetto non può mai essere trascurato, in particolare per carichi agenti nel piano medio delle lastre ed in tal caso le non linearità geometriche vanno sempre considerate.
Ai problemi connessi al comportamento fragile del materiale viene data risposta mediante l'impiego di vetri di sicurezza e di strategie progettuali con requisiti che verranno meglio di seguito illustrati. Per il vetro occorre soprattutto considerare stati limite aggiuntivi, al collasso. Questo risulta l'unico approccio possibile nei confronti della fragilità del materiale stesso.
2.1.2 Caratteristiche meccaniche
Il vetro presenta caratteristiche peculiari rispetto ad altri più tradizionali materiali da costruzione, in quanto la caratterizzazione delle sue proprietà meccaniche si basa sull'interpretazione di risultati sperimentali mediante utilizzo di modelli basati sulla meccanica della frattura.
Il vetro è un materiale omogeneo ed isotropo il cui comportamento è elastico lineare fino a rottura, sia a trazione che a compressione. La resistenza a trazione risulta sempre più bassa di quella a compressione che può raggiungere valori dell'ordine di 1.000 ⁄ . Questo valore è di incerta determinazione in quanto il contatto non uniforme tra la superficie del provino e le lastre provoca concentrazioni che inducono valori di tensioni di rottura molto dispersi.
Diversamente dalle leghe di acciaio ed alluminio, la resistenza a trazione del vetro risulta pressoché indipendente dalla composizione chimica, ma è influenzata dalle condizioni igrometriche ed è particolarmente sensibile ai microdifetti superficiali, in corrispondenza dei quali si hanno concentrazioni di tensione.
I modelli in base ai quali si determina la resistenza a trazione sono quelli basati sulla meccanica della frattura (Load Duration Theory, Crack Growth Model, Glass Failure Prediction Model).
Le Istruzioni CNR DT 210 - 2012, le cui indicazioni sono prese a riferimento in questo lavoro, considerano il Crack Growth Model, modificato però in modo da tenere conto di un limite del fattore di amplificazione degli sforzi nella cricca al di sotto del quale la cricca non si accresce.
2.1.3 Proprietà fisiche
I prodotti di vetro possono differire tra loro per composizione, geometria, formatura, lavorazioni e finiture. La variazione delle proprietà chimiche in particolare permette di avere prodotti che meglio si adattano alle varie applicazioni.
Si ripropongono di seguito le proprietà fisiche dei vetri sodio-calcici, prevalentemente impiegati nelle costruzioni civili:
Proprietà Intervallo Unità
Densità 2.250 -2.750 ⁄
Modulo di Young 63.000 - 77.000 ⁄
Coefficiente di Poisson -
Coefficiente di dilatazione termica 0,20 - 0,24 ⁄ ∙ °
Calore specifico 3,1 - 9 ⁄ ∙ °
Conducibilità termica 0,9 - 1 ⁄ ∙ °
Temperatura di transizione 530 °
2.1.4 Tipologie e modalità produttive
Il vetro più diffuso nelle applicazioni civili ed industriali è il vetro silicato sodo-calcico. Si definisce monolitico, se composto da una lastra singola, ovvero, stratificato, se composto da più lastre, solidarizzate con uno o più fogli di materiale polimerico. Il vetro stratificato viene realizzato mediante incollaggio oppure più frequentemente trattamento ad alta pressione e temperatura con autoclave. Gli strati di fogli polimerici (solitamente PVB o EVA) si applicano in multipli di 0,32 mm. La convenzione tecnica vuole che i vetri stratificati siano identificati indicando lo spessore dei rispettivi strati e lo spessore del foglio di intercalare separato da un punto. (Esempio: 6.6.0,64 = due strati di vetro da 6mm più uno strato di materiale polimerico da 0,64mm)
L'intercalare che viene inserito nei vetri stratificati ha funzione di adesivo e di separatore tra più lastre e può influenzare significativamente il comportamento di lastre stratificate. Scegliendo il tipo di intercalare si possono ottenere diversi effetti, in termini di resistenza al fuoco, comportamento post rottura, resistenza agli urti, controllo solare, isolamento acustico e termico. Il processo di stratificazione può avvenire in autoclave ad alti valori di pressione e temperatura, ovvero per colata tra le lastre. Il vetro stratificato (laminated glass) usa un particolare tipo di intercalare definito dalle norme europee (UNI EN 12543-1). Questo può essere simmetrico o asimmetrico a seconda che l'accoppiamento lastre-intercalare sia tale rispetto al suo piano medio.
Il vetro stratificato di sicurezza (laminated safety glass) è un vetro che, grazie alle caratteristiche meccaniche di adesione dell'interstrato utilizzato, permette di raggiungere maggiore resistenza residua poiché l'interstrato trattiene i frammenti di vetro solidali fra loro riducendo i possibili danni provocati dalla loro caduta.
Il vetro float prende il nome dal processo di produzione. Viene infatti realizzato attraverso un processo di colatura continua e flottazione in un bagno di stagno (UNI EN 1, UNI EN 572-2, UNI EN 572-8). In base alle modalità di formatura si distinguono altresì: vetro tirato, vetro stampato e vetro profilato.
A livello industriale possono essere eseguiti anche trattamenti per fini estetici e decorativi. Possiamo avere sabbiatura, acidatura, smaltatura e trattamenti con elementi ceramici. Questi trattamenti devono essere riguardati con attenzione in quanto provocano danneggiamenti superficiali tali da diminuire la resistenza meccanica del materiale ed agli sbalzi termici. Il vetro
coating è semplicemente un vetro di tipo float su cui vengono applicati, con vari metodi di
deposizione, più strati di materiali organici.
Il vetro ricotto (annealed glass) è un vetro float che ha subito un processo di ricottura, quindi un raffreddamento lento e controllato al fine di evitare la permanenza di autotensioni di trazione nel suo spessore. La ricottura si esegue subito dopo il bagno del processo float. Questa procedura evita rotture nelle successiva fasi della lavorazione.
Il vetro presollecitato (prestressed glass) è un vetro che ha subito un trattamento termico e chimico tali da indurre al suo interno un campo equilibrato di autotensioni. Si tratta di compressioni in prossimità della superficie e trazioni all'interno. In questo modo si riesce a
limitare l'apertura di fessure superficiali e ad incrementare la resistenza. Una volta presollecitati questi elementi non possono essere tagliati, ovvero subire successive lavorazioni.
Il vetro temprato termicamente (heat thoughened glass - fully tempered glass) è un vetro che ha subito un processo controllato di riscaldamento e raffreddamento, appunto la tempra. Le compressioni così indotte superficialmente sono maggiori rispetto a quelle dei vetri induriti termicamente. Si ottiene così un vetro che si rompe in frammenti piccoli e con bordi generalmente smussati.
Figura 1 - Tensioni residue nel vetro temprato
termicamente Figura 2 - Tensioni residue nel vetro temprato chimicamente
Il vetro indurito chimicamente è un vetro sottoposto ad un processo di scambio ionico al fine di aumentare la resistenza alle sollecitazioni meccaniche e termiche. La tempra chimica permette di ottenere sollecitazioni di compressione superficiali maggiori rispetto alla tempra termica, ma lo strato di compressioni ha una profondità minore.
2.1.5 Connessioni
Le connessioni tra elementi in vetro possono realizzarsi con connettori meccanici ed attraverso incollaggi chimici.
Le connessioni meccaniche possono essere per contatto oppure ad attrito, lineari o puntuali; le geometrie sono le più varie e numerosi i sistemi disponibili sul mercato.
Si riportano di seguito le caratteristiche meccaniche delle connessioni incollate realizzate attraverso siliconi strutturali che stanno sempre più diffondendosi e sono, ad oggi, protagoniste di importanti campagne sperimentali.
Figura 3 - Particolare dei collegamenti di base della vetrata dell'Hotel San Ranieri - Pisa.
Figura 4 - Collegamento misto realizzato per la facciata in vetro della Residenza Studentesca Praticelli - Pisa
Le connessioni incollate consentono il trasferimento dei carichi in maniera più uniforme in confronto alle connessioni puntuali. Queste sono state impiegate principalmente nelle facciate continue per i fissaggi vetro-alluminio, vetro-acciaio inox e vetro-vetro.
Uno dei motivi per cui il mondo degli ingegneri ha scarsa dimestichezza con le connessioni incollate è appunto la loro scarsa diffusione dovuta alle relativamente scarse conoscenze in merito ed all'incertezza sulla loro durata nel tempo.
Gli adesivi sono materiali polimerici formati da semplici monomeri uniti in macromolecole. In particolare i siliconi appartengono alla famiglia degli elastomeri, ovvero polimeri di consistenza gommosa capaci di grandi allungamenti quando tirati e che recuperano abbastanza bene la loro forma originaria al cessare della sollecitazione. Ciò è dovuto al fatto che le catene polimeriche non sono libere ma connesse tra loro in maniera incrociata. Questo sistema a ragnatela, se sollecitato in campo elastico e per carichi di breve durata, favorisce un buon recupero delle deformazioni che, a livello microscopico, si esplicano in regime assiale per le catene polimeriche.
D'altra parte i sigillanti siliconici bene si prestano alle applicazioni per le connessioni con vetro che presenta una superficie piana e facile da pulire. Nel caso specifico infatti l'incollaggio spesso non richiede la necessità di pretrattamento delle superfici con primer o altri materiali di transizione.
Un pò diverso è per metalli dove l'ossidazione o una non perfetta lavorazione superficiale potrebbero compromettere la qualità dell'incollaggio. Per questo motivo sono prescritti l'impiego di acciaio inossidabile e di adeguate lavorazioni superficiali atte ad ottenere una superficie perfettamente liscia e piana. La sabbiatura per esempio non è un trattamento idoneo per queste circostanze.
Queste connessioni vengono fondamentalmente impiegate per realizzare strutture in vetro trasparenti dove il fissaggio meccanico è sostituito da silicone strutturale.
Si distinguono fondamentalmente siliconi monocomponente e bicomponente.
I siliconi monocomponente cominciano ad indurire nel momento in cui vengono a contatto con l'aria. Le condizioni ideali di incollaggio sono 24°C ed il 50% di umidità relativa. E' quindi consigliabile prevedere gli incollaggi in laboratorio piuttosto che in cantiere. Per avere un'ottimizzazione del processo di maturazione del giunto e per ottenere le migliori caratteristiche meccaniche bisogna rispettare particolari geometrie di incollaggio. In particolare il giunto deve avere spessore compreso tra i 6 ed i 20 mm ed un rapporto di forma compreso tra 1:1 ed 1:3, essendo 1:2 il valore ottimale. Deve essere considerato un tempo di maturazione di circa tre settimane.
Nei siliconi bicomponente il processo di polimerizzazione comincia nel momento in cui il composto (circa 90% in volume) viene a contatto con il catalizzatore (circa 10%). Il giunto deve avere spessore compreso tra i 6 ed i 50 mm (il limite superiore maggiorato è dettato dal fatto che l'aria non è strettamente necessaria per la polimerizzazione) ed il rapporto di forma può arrivare ad 1:4 senza grandi problemi. Il tempo di maturazione è molto più breve e può essere considerato intorno ai tre giorni. A causa del fatto che il bicomponente deve essere preparato direttamente dagli operatori che effettuano l'incollaggio, bisogna prevedere controlli continui durante la l'applicazione. Per lo stesso motivo è bene prevedere l'incollaggio in ambiente protetto dove i controlli di realizzazione sono più facili e l'incollaggio più accurato.
2.1.5.2 Caratterizzazione meccanica dei materiali.
Le caratteristiche dei materiali differiscono sensibilmente da un tipo all'altro di silicone. I fenomeni di creep acquistano importanza per i carichi a lungo termine come il peso proprio delle lastre e producono un incremento di deformazione approssimativamente stimabile intorno al 10% della deformazione a breve termine.
A tal riguardo è molto importante la differenziazione del comportamento reologico tra carichi statici e carichi dinamici con differenza anche di un ordine di grandezza. La variabilità delle caratteristiche meccaniche è molto spiccata anche in relazione alla temperatura.
Figura 6 - Grande variabilità delle caratteristiche meccaniche con la temperatura, da [8].
Tuttavia, valori delle caratteristiche meccaniche che possono essere presi in esame per una modellazione di massima sono i seguenti:
Il basso modulo di elasticità costituisce sia un vantaggio che uno svantaggio; da una parte infatti riduce le concentrazioni di tensione ma dall'altra rende il giunto poco adatto per trasferire gli sforzi di taglio.
D'altra parte l'incollaggio di grandi lastre di vetro può comportare rotazione degli estremi collegati che possono indurre sforzi di trazione nell'incollaggio. Il peeling va, quando è possibile, limitato attraverso giunti simmetrici. Nel caso sia possibile l'insorgere di sforzi di trazione questi vanno necessariamente messi in conto.
Per quanto riguarda il legame costitutivo la [6] propone i seguenti modelli:
Legame elasto-fragile per la trazione ed elasto plastico per il taglio
Legame bilineare con ramo
discendente Legame bilineare con ramo crescente Valori necessari per definire il legame costitutivo:
, , , , , , , ,
Le caratteristiche meccaniche variano sensibilmente in funzione della temperatura di prova, della durata del carico e del materiale impiegato, pertanto le norme indicano che devono essere ricavate caso per caso da indagini sperimentali. Tuttavia vengono anche in questo caso fornite indicazioni di massima da impiegare per valutazioni preliminari, in particolare riportando uno stralcio del paragrafo 6.2.5.2 di [6]:
"Per tutti i modelli mostrati, in prima approssimazione ed in assenza di dati sperimentali certificati, di cui si ribadisce l’importanza, per valutazioni preliminari si possono utilizzare per G valori compresi fra 0.60 e 1.10 N/mm2, per τ
F valori compresi fra il 20% e il 40%, per τs valori compresi tra 12.0 e 16.0 MPa e per τF valori compresi tra 18.0 e 24.0 MPa. Tali valori sono validi per carichi di media durata e in condizioni di temperatura ordinaria (attorno ai 25°C).
Per quanto riguarda adesivi tipo resine epossidiche, è possibile utilizzare gli estremi superiori degli intervalli forniti, per adesivi tipo elastomeri non termoindurenti gli estremi inferiori, mentre per adesivi a base principalmente gommosa si possono utilizzare valori intermedi."
E' opportuno scegliere le curve teoriche in modo tale che l’area sotto la curva reale sia uguale all’area sotto la curva teorica, in modo da avere un modello che colga in maniera corretta l’energia necessaria per rompere l’adesivo.
Impiegando gli elastomeri si assumono gli estremi inferiori dell'intervallo:
Caratteristiche meccaniche per gli elastomeri 0,6 ⁄
12 ⁄ 18 ⁄
2.1.6 Resistenza a flessione del vetro
2.1.6.1 Generalità
La resistenza a trazione del vetro dipende dal fattore di amplificazione degli sforzi che dipende dalla tensione media e dalla lunghezza di una cricca. Il ricorso al modello che utilizza il fattore di identificazione degli sforzi serve quindi a definire una resistenza a trazione nominale.
I valori caratteristici della resistenza a trazione per flessione di vari tipi di vetro sono riportati nella tabella seguente:
Lastre di vetro: Ricotto Indurito termicamente Temprato termicamente Indurito chimicamente float 45 ⁄ 70 ⁄ 120 ⁄ 150 ⁄ stampato - 55 ⁄ 90 ⁄ 150 ⁄ smaltato - 45 ⁄ 75 ⁄
-2.1.6.2 Resistenza di Progetto
Le verifiche strutturali vanno svolte secondo il criterio di Galileo della massima tensione principale di trazione. Per questo materiale bisogna considerare che i difetti del vetro sono statisticamente proporzionali all'area della superficie dell'elemento e che la resistenza dipende inoltre dalla durata dell'azione applicata, dalla temperatura e dall'umidità.
Il valore di calcolo della resistenza a trazione (per flessione) del vetro può desumersi dalla formula: , ∙ ∙ ∙ ∙ ∙ , ∙ ′ ∙ ∙ , , , ∙ , dove:
, : resistenza a trazione per flessione del vetro ricotto; , : resistenza a trazione per flessione del vetro presollecitato;
: fattore riduttivo dipendente dalla durata del carico e dalle condizioni ambientali di temperatura ed umidità, tiene conto del fenomeno della fatica statica;
′ ∙ : fattori dipendenti dalla finitura del bordo lastra; : fattore dipendente dal profilo superficiale del vetro;
: fattore di scala che dipende dall'area sottoposta alla massima tensione sollecitante; : fattore di scala per sollecitazioni sul bordo;
: fattore riduttivo dell'incremento di resistenza a trazione del vetro dovuto alla presollecitazione;
: coefficiente parziale per la resistenza a trazione per flessione; : fattore moltiplicativo del coefficiente parziale ;
, : coefficiente parziale per la resistenza a trazione per flessione per il trattamento di
presollecitazione;
, : fattore moltiplicativo del coefficiente parziale , .
2.1.6.3 Elementi prevalentemente compressi
Gli elementi in vetro, essendo tecnologicamente disponibili nella forma di lastre, presentano un'elevata snellezza, pertanto, quando sottoposti a carichi di compressione o flessione, devono essere sempre verificati per una modalità di collasso che contemperi la crisi per perdita di stabilità dell'equilibrio.
Analizzando questo campo di indagine assumono fondamentale importanza: le condizioni al contorno ovvero la natura dei vincoli;
le tolleranze di produzione e montaggio valutabili come imperfezioni iniziali; eventuali eccentricità dei carichi, esplicite o indotte da effetti del secondo ordine; le caratteristiche del polimero usato come intercalare nel caso di vetri stratificati. Le formulazioni analitiche, utili per il calcolo del carico critico delle massime tensioni e deformazioni di lastre soggette a compressione semplice, trovano applicazione nel caso di modelli schematizzabili con uno schema a trave.
2.1.6.4 Vetro monolitico
Come già sottolineato, anche nella formulazione delle espressioni, è evidente l'analogia del sistema con la verifica di elementi presso inflessi di tipo lineare. In particolare la verifica si riconduce al soddisfacimento della disuguaglianza.
,
Ove , è il carico critico resistente di progetto dell'asta compressa, definito da:
, ∙ ∙ ,
Il coefficiente di riduzione assume la forma: 1
Φ Φ ̅
e Φ 0,5 ∙ 1 α∗ λ α λ
dove λ è la snellezza normalizzata che assume l'espressione:
λ A ⋅ f
N in funzione del carico critico euleriano:
Nelle verifiche di stabilità dell'equilibrio si assume:
, , ∙ ∙ ∙ ∙ ∙ , ′ ∙ ∙ , ,
in cui , è il valore caratteristico nominale della tensione resistente a trazione per flessione
del vetro. Secondo la UNI EN 572-1 può assumersi, nei casi comuni, , 45 ⁄ per il
vetro ricotto.
2.1.6.5 Vetro stratificato
Nel caso di vetro stratificato è comodo ricorrere alla nozione di spessore equivalente, in particolare spessore equivalente ai fini della deformabilità, ovvero quello spessore di vetro monolitico con proprietà flessionali equivalenti rispetto a quelle del vetro stratificato.
Le formule descritte nel paragrafo precedente continuano dunque ad essere valide ma in esse vanno precisate le convenzioni espresse di seguito. In particolare il carico critico euleriano
va espresso in funzione della rigidezza equivalente:
, ⁄ 12
; è lo spessore efficace per il calcolo delle deflessioni dato, in accordo con il modello di
Wölfwel-Bennison, da:
; 12 ∙ Γ ∙ I
dove Γ è il coefficiente di trasferimento che valuta l'efficacia dello spessore dell'intercalare a trasferire gli sforzi di sconnessione, mentre per gli altri simboli si veda il rispettivo paragrafo in [8].
In questa sede si ritiene utile sottolineare quella che a prima vista potrebbe apparire un'incongruenza, ovvero che le relazioni per il calcolo dello spessore equivalente, ricavate nelle ipotesi di lastra inflessa, vengano impiegate per il caso di stabilità dell'equilibrio ovvero di lastra compressa. La stabilità elastica, come è noto, dipende dalla rigidezza flessionale della sezione che viene appunto stimata mediante carichi esplorativi che la inflettono. Analisi FEM comparative di modelli di lastre con spessore equivalente e modelli più accurati in cui è stato modellato il doppio strato di vetro hanno fornito risultati soddisfacenti per l'applicazione di questo metodo.
2.1.7 Comportamento post-rottura
2.1.7.1 Generalità
Il requisito del fail safe, ovvero della rottura protetta, è un requisito di fondamentale importanza nella progettazione strutturale del vetro.
Infatti, data l'intrinseca fragilità del materiale, bisogna sempre tenere presente che la possibile eventualità di rotture parziali o totali degli elementi non comporti situazioni di pericolo per gli utenti, quali, ad esempio, caduta dall'alto di elementi danneggiati ovvero lesioni per contatto con elementi taglienti.
L'argomento, seppure di fondamentale importanza, non è ancora stato recepito dalle vigenti normative. Data la complessità e l'interesse relativamente recente, esso è tuttora oggetto di studio ed i modelli di calcolo disponibili non sono ancora ben consolidati e sono lontani dal grado di affidabilità dei modelli in grado di descrivere il comportamento di elementi integri. Di conseguenza il comportamento post rottura desunto da un modello deve sempre essere verificato da un'opportuna campagna di prove sperimentali.
Lo spirito dell'approccio fail safe consiste nel prevedere, nell'opportunità di un evento imponderabile (aziona accidentale, atto vandalico, etc...), che comporti la rottura parziale degli elementi in vetro, che questi possano assicurare una residua capacità portante per far fronte ai carichi permanenti e ad una opportuna aliquota di quelli accidentali e che detti elementi siano sufficientemente trattenuti al fine di evitare pericolose cadute di materiale.
A tal riguardo è quindi necessario che le condizioni al contorno delle lastre in vetro siano tali da non compromettere la sicurezza nei confronti degli utenti.
Nel caso di una struttura il requisito del fail safe si ritiene soddisfatto se, a causa della rottura di una parte di essa, la sua funzione strutturale possa venire mantenuta anche se ad un livello ridotto, un po' come avviene negli SLU in corrispondenza di eventi rari quali il sima ecc.
2.1.7.2 Vetro monolitico
La valutazione del comportamento post rottura del vetro monolitico si basa sul controllo della forma e delle dimensioni delle schegge le quali possono provocare danni o ferimenti agli utenti.
In linea di massima si può affermare che sia preferibile avere frammenti di piccole dimensioni e con contorni stondati. Ciò non è in contrasto con l'impiego strutturale del vetro in quanto solitamente vetri più resistenti (quindi più interessanti per gli addetti ai lavori) si rompono in frammenti di dimensioni più piccole di quelli meno resistenti.
Mentre vetri ricotti ed induriti sono praticamente equivalenti da questo aspetto, i vetri temprati termicamente si frammentano quasi interamente in elementi di ridotte dimensioni. I vetri a tempra chimica invece fanno eccezione in quanto i frammenti che producono in caso di rottura sono, benché leggermente più piccoli, di dimensioni generalmente comparabili con quelli dei vetri ricotti.
Si è visto che la stima delle dimensioni dei frammenti dovuti alla rottura dei vetri temprati può essere effettuata facendo un bilancio energetico tra il rilascio dell'energia elastica immagazzinata a seguito del processo di tempra e l'energia di frattura necessaria per la separazione dei frammenti stessi.
2.1.7.3 Vetro stratificato
Come si può vedere, le maggiori risorse in termini di comportamento post rottura del vetro derivano da accorgimenti tecnologici di realizzazione. A tal riguardo la stratificazione con intercalari polimerici rappresenta sicuramente l'accorgimento tecnologico più fortunato.
Diversi sono i fattori che dominano il comportamento post critico di questi elementi, tra questi ovviamente il tipo di vetro utilizzato che incide su dimensione e forma dei frammenti, il tipo di intercalare (PVB, EVA, GP) che incide attraverso la sua rigidezza ed il suo comportamento termoplastico, ed il meccanismo di adesione vetro intercalare che diviene decisivo dopo la rottura. [7].
Come nella teoria statica del cls è possibile riconoscere tre fasi evolutive. Supponiamo di prendere a riferimento il caso standard di un pannello di vetro laminato con due strati di vetro ed uno strato di intercalare polimerico vincolato così come nella seguente Figura 9tratta da [3]:
2.1.7.3.1 Fase I
In corrispondenza della Fase I le sezioni sono ancora integre e ad una distanza sufficiente dagli appoggi valgono ancora le ipotesi di Eulero Bernoulli. L'intercalare polimerico ha la funzione meccanica di trasmettere tensioni tangenziali da una lastra all'altra. A tal proposito il comportamento strutturale è ben rappresentato dalla teoria delle piastre composite.
La Fase I termina nel momento in cui una delle due lastre si rompe.
2.1.7.3.2 Fase II
La rottura della prima lastra può avvenire anche in un punto in cui la massima tensione di trazione è inferiore rispetto alla tensione massima agente sull'elemento.
Questa è una caratteristica dei materiali fragili che non possono giovarsi del benefico effetto di ridistribuzione delle azioni dovuto alla duttilità in corrispondenza di difetti o imperfezioni superficiali.
Con prova di carico a spostamento imposto, nel caso si verifichi l'evenienza sopra descritta, la totalità delle azioni di compressione viene sopportata dalla lastra rimasta integra. In questo contesto l'interlayer ha il solo scopo di trattenere i frammenti di vetro.
Inoltre, se la distanza tra due fessure consecutive è sufficiente, il polimero permetterà ancora il trasferimento di sforzi taglianti.
L'ampiezza dell'evoluzione della fase 2 dipende quindi, oltre che dalla modalità con cui si esegue la prova di carico, dal punto in cui si ha la prima cricca.
Risulta interessante sottolineare che le verifiche in Fase II sono rilevanti in particolare quando uno dei due pannelli si frammenta per cause accidentali.
In particolare se la prova di carico non è a controllo di spostamento ma a controllo di forza si assiste alla rottura a catena delle lastre rimaste intatte ed il provino entra subito in Fase III.
2.1.7.3.3 Fase III
In Fase III la capacità portante residua dipenderà essenzialmente dalle dimensioni dei frammenti di vetro che formano l'elemento stratificato rotto e naturalmente dalla posizione e dal tipo delle linee di rottura che si formano.
Figura 9 - Fase 3. Tratte da: a) [Delincé et al. 2008]; b) [Belis et al. 2008]
Come illustrato nello schema riportato, il meccanismo resistente in Fase III è costituito da un "corrente compresso" individuato dal contatto tra i frammenti di vetro fratturati ma trattenuti dall'intercalare polimerico e dall'"armatura tesa" costituita dallo strato di intercalare.
Il progressivo ripetersi del carico ed il suo eventuale alternarsi provocano una perdita di materiale in zona compressa con un conseguente calo della rigidezza flessionale.
Figura 10 - Resistenza residua di un vetro 8.8.2,29 supportato puntualmente su quattro punti ed interamente rotto, catalogo DuPont
In funzione del tipo di vetro utilizzato le lastre si comportano o come una membrana tesa (vetri temperati termicamente) o come un sistema formato da pseudo cerniere posizionate in corrispondenza delle linee di rottura e collegate tra loro dalle zone ancora integre del pacchetto stratificato (vetri ricotti, induriti e temperati chimicamente) [8]. Infine per grandi spostamenti subentra una fase in cui il carico è supportato quasi totalmente dall'intercalare attraverso un meccanismo membranale. E' appunto in Fase III che diviene manifesta l'importanza dello
spessore dell'intercalare e delle condizioni al contorno che devono essere tali da garantire il tipo di meccanismo descritto. La rottura avviene quindi per lacerazione dello strato polimerico attraverso un meccanismo visco-plastico ovvero attraverso lacerazione indotta dai frammenti di vetro.
2.1.7.3.4 Conclusioni
La verifica deve in tal caso essere effettuata in Fase II o in Fase III, ovvero con una o due lastre rotte. La Fase III in particolare deve venire esaminata in presenza di azioni cicliche o carichi eccezionali.
In mancanza di procedure più accurate o indagini sperimentali (sempre opportune in particolare per tipologie di carico e condizioni al contorno non standard) si può fare riferimento al metodo semplificato proposto da Bennison in cui, dopo la rottura del vetro, è l'intercalare polimerico che determina la rigidezza d'insieme ed i frammenti di vetro intervengono attraverso due meccanismi:
equilibrando gli sforzi di compressione mediante contatto diretto;
irrigidendo l'interstrato polimerico in zona tesa con un comportamento simile al tension
stiffening nelle barre del c.a.
La rigidezza delle lastre danneggiate si esprime quindi attraverso un modulo di rigidezza efficace, opportunamente ridotto, considerando le lastre monolitiche e del medesimo spessore:
dove k è una costante di proporzionalità, è il modulo elastico del polimero utilizzato come intercalare (ovviamente dipendente dalle condizioni ambientali), L è la dimensione caratteristica dei frammenti e è la lunghezza caratteristica di perdita di adesione vetro polimero.
Questa espressione fornisce solitamente un limite inferiore delle rigidezza del pannello danneggiato ma mette cmq in evidenza il ruolo del vetro frammentato. Si possono assumere come riferimento i seguenti valori:
400 per vetro indurito con PVB ed EVA;
12.000 per vetro indurito con polimero ionoplastico SG.
Detti valori devono cmq essere validati sperimentalmente in quanto dipendono molto, oltre che dalle dimensioni, dalla forma dei frammenti. Per ulteriori approfondimenti a riguardo si veda [2].
2.2 Altri materiali
Per gli altri materiali impiegati nel presente lavoro si richiama alle ormai codificate indicazioni della manualistica tecnica e degli Eurocodici. Di seguito si propone un sintetico richiamo dei valori di calcolo utilizzati.
2.2.1 Acciaio
I valori di calcolo adottati nel presente lavoro sono:
Proprietà
Modulo di elasticità normale 210.000 ⁄
Modulo di elasticità trasversale
2 1 ⁄
Coefficiente di Poisson 0,3
Coefficiente di espansione termica lineare 12 ∙ 10 1 °⁄
Densità 7.850 ⁄
Per l'acciaio di tipo S235 viene utilizzato il seguente diagramma elastoplastico :
Figura 11 - Legame costitutivo acciaio S235 approssimato con curva bilatera
In composizione con vetro, particolarmente quando vengono realizzati incollaggi con siliconi strutturali, è bene impiegare acciai di tipo inossidabile, anche per ragioni estetiche e di manutenzione. Essendo in questo lavoro assicurata la collaborazione meccanica vetro acciaio attraverso contatto meccanico, possono essere impiegati anche acciai di tipo tradizionale protetti mediante zincatura. Per altre indicazioni si richiama a [9].
2.2.2 Alluminio
L'alluminio è il minerale metallico più diffuso sulla superficie terrestre e, dopo il ferro, è il secondo materiale più impiegato. Il suo utilizzo è veramente trasversale, dalle applicazioni in cucina, per la protezione degli alimenti, a quelle nel campo astronomico per il rivestimento degli specchi dei telescopi.
E' caratterizzato da alta conducibilità elettrica, elevata plasticità ed eccellente duttilità e malleabilità. In particolare in questo lavoro viene utilizzato per la proprietà di avere un modulo di Young praticamente identico a quello del vetro e per la sua facile lavorabilità. Questo ci permette
di impiegarlo come materiale di interfaccia e per sanare le tolleranze dimensionali nell'accoppiata strutturale acciaio vetro.
Pochi elementi in natura si prestano a costituire un numero così elevato di leghe come l'alluminio. Per migliorare le sue caratteristiche meccaniche si aggiungono determinati quantitativi di elementi detti alliganti. Quando si combina con altri elementi, le caratteristiche di questo metallo, che allo stato puro è tenero e duttile, cambiano radicalmente, così le resistenze delle varie leghe hanno valori piuttosto diversi.
Lega , EN AW-3103 120 140 2 EN AW-5052 160 210 4 EN AW-5083 125 275 11 EN AW-6082 110 205 12 EN AW-7020 280 350 7
La tensione di snervamento viene definita al limite elastico convenzionale, cioè in corrispondenza di una deformazione residua dello 0,2%. I valori di calcolo adottati sono:
Proprietà
Modulo di elasticità normale 70.000 ⁄
Modulo di elasticità trasversale 27.000 ⁄
Coefficiente di Poisson 0,3
Coefficiente di espansione termica lineare 23 ∙ 10 1 °⁄
Densità 2.700 ⁄
Quando ossida forma un sottile strato di rivestimento che risulta protettivo. Questo ci permette di applicarlo tal quale senza interposizione di altri elementi protettivi.
Una delle caratteristiche svantaggiose per l'impiego strutturale di leghe di alluminio è la sua difficile saldabilità per la formazione di allumina. Per saldarlo occorre separare il giunto di saldatura dall'ossigeno dell'aria mediante l'impiego di particolari paste che producono gas ionizzanti o plasma. Per ulteriori approfondimenti si veda [10].
2.3 Bibliografia
2.3.1 Articoli e pubblicazioni
1. Luible, A., Crisinel, M., (2004) "Buckling Strenght of Glass Elements in Compression", Structural Engineering International.
2. Bennison, S., (2009) "Structural Properties of Laminated Glass", Short Course, Glass Processing Days, Tampere (FI).
3. Kott,. A., and Volgel, T., (2004) "Safety of laminated glass structure after initial failure", Structural engineering international
2.3.2 Tesi
4. Mocibob, D., (2008) "Glass Panel under Shear Loading - Use of Glass envelopes in Building
Stabilization", PhD Dissertation, EPFL.
5. Luible, A., (2004), "Plate buckling behavior of monolithic and laminated safety glass", PhD Dissertation, EPFL.
2.3.3 Testi
6. Haldimann, M., Luible, A., Overend, M., "Structural Use of Glass" (SED 10).
7. Silvestri, M., (2009) "Sul comportamento post critico di pannelli in vetro stratificato", Tesi di Dottorato, Parma.
2.3.4 Norme
8. CNR DT 210 2012 - Istruzioni per la Progettazione, l’Esecuzione ed il Controllo di Costruzioni con
Elementi Strutturali di Vetro.
9. EC3 (UNI ENV 1993 1-1) - Progettazione delle strutture di acciaio. 10. EC9 (UNI ENV 1999 1-1) - Progettazione delle strutture di alluminio.
2.3.5 Siti internet consultati
11. www.smartmaterials2009.blogspot.com 12. www.wilkipedia.it