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2. Inquadramento geografico e geologico dell’ area di studio

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2. Inquadramento geografico e geologico dell’ area di studio

Fig.2.1 – Composizione da foto aeree del tratto di costa in esame. Rielaborazione da GoogleEarth.

L’area costiera presa in esame (fig. 2.1) si trova all’interno dell’unità fisiografica Pisano-Versiliese, che si estende per 63,5 km ed è limitata a nord dalla costa alta del Golfo di La Spezia e a sud dai Monti Livornesi. L’unità si presenta come una

lunga falcata di spiaggia ad ampio raggio, che costituisce il limite tra la pianura alluvionale, formatasi grazie agli apporti detritici del Fiume Magra, del Fiume Serchio e del Fiume Arno, e l’antistante porzione di piattaforma continentale che è la più ampia di tutto il Mar Ligure. (Gandolfi e Paganelli, 1975; Aiello e alii,

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La lieve falcatura della linea di riva è interrotta solamente, a Sud, dall’apice di

Bocca d’Arno che si protende per circa 2 km verso Ovest.

L’ unità fisiografica può essere suddivisa in due settori, divisibili all’altezza del Lago di Massaciuccoli – Fosso della Bufalina, in cui la pianura alluvionale ha una diversa ampiezza: il settore a Sud, più ampio, attraversato dai due fiumi maggiori

Arno e Serchio e da due corsi d’acqua minori, il Fiume Morto Nuovo e il canale Scolmatore, tutti con un andamento pressochè trasversale; il settore Nord, più stretto, attraversato invece dai piccoli torrenti che sviluppano il loro bacino imbrifero nelle Alpi Apuane; il loro apporto sedimentario è da considerarsi

trascurabile ad eccezione del Fiume Frigido; al vertice del settore Nord è ubicato il Fiume Magra che taglia il bacino con andamento longitudinale (Fanucci et al., 1975, Della Rocca et al., 1987).

La distribuzione e la deposizione dei sedimenti all’interno del bacino è, ed è stata,

influenzata dall’apporto sedimentario dei fiumi alimentatori, con il risultato che si è avuto nel settore meridionale, più direttamente rifornito da Arno e Serchio, un apporto sedimentario maggiore, con una conseguente maggiore ampiezza della pianura rispetto al settore settentrionale (Della Rocca et alii, 1987).

L’esposizione della costa passa da direzione NE-SW, nella parte settentrionale dell’unità, ad una direzione N-S nel tratto meridionale.

L’area di interesse analizzata in questa tesi (fig. 2.1) è una porzione di questa

unità fisiografica e ha una forma pressoché rettangolare, con il lato maggiore che si sviluppa parallelamente alla costa per 25 km: dalla bocca dello Scolmatore a Sud, fino al fosso della Bufalina poco più a Nord della foce del fiume Serchio; il lato minore invece si sviluppa dalla linea di costa fino all’isobata dei 10 m.

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Il tratto di costa compreso tra il fosso della Bufalina e la foce del fiume Arno fa

parte del Parco Regionale Migliarino San Rossore ed è molto poco antropizzato. Le uniche opere marittime presenti infatti sono le cinque barriere parallele poste a difesa della villa presidenziale del Gombo e i pennelli alle foci del fiume Morto Nuovo e dell’ Arno ( Cipriani et alii, 2001).

A Sud della foce dell’ Arno e fino alla foce del Canale Scolmatore la costa è caratterizzata da un basso livello di antropizzazione con i piccoli centri di Marina di Pisa e più a Sud di Tirrenia. Soprattutto a Marina di Pisa si rilevano forti opere di difesa per contrastare l’erosione marina. Sono presenti infatti pennelli, muri

radenti e barriere parallele.

Di seguito sono descritti i bacini idrografici dei due principali fiumi, Arno e Serchio, che con il loro apporto detritico contribuiscono ad alimentare le spiagge del litorale pisano.

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2.1 Il bacino del fiume Arno

Il bacino del fiume Arno, come definito per gli effetti della legge 183/89, comprende, oltre al bacino idrografico in senso stretto, anche, nella parte terminale, la zona compresa tra lo Scolmatore, a Sud, ed il Fiume Morto, a Nord,

inclusa l'area di bonifica di Coltano-Stagno ed il bacino del torrente Tora che oggi confluisce nello Scolmatore. Il territorio del bacino interessa la Regione Toscana (98,4%) e la Regione Umbria (1,6%) con le province di Arezzo, Firenze, Pistoia, Prato, Pisa e, marginalmente, Siena, Lucca, Livorno e Perugia.

2.1.1 Inquadramento geografico

Fig. 2.2 – Bacino idrografico del fiume Arno (da Autorità di Bacino del fiume Arno, Quaderno n°1,

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Il fiume Arno nasce dal versante meridionale del monte Falterona nel Casentino

ad una quota di 1385 m , e si sviluppa per 241 km e il suo bacino imbrifero si estende per 8228 km². Il fiume sfocia nel Mar Ligure a nord di Marina di Pisa. (Autorità di bacino fiume Arno – www.adbarno.it) (Fig. 2.2).

Nel primo tratto il percorso è in direzione Nord-Ovest Sud-Est fino alla stretta di

Santa Maria dove lascia il Casentino per entrare nella piana di Arezzo.

A circa 60 Km dalla sorgente, nei pressi del bordo occidentale della piana, si congiunge con il Canale Maestro della Chiana, giungendo nel Valdarno Superiore, dove scorre con direzione sud-est nord-ovest sino a Pontassieve fino alla

confluenza con la Sieve, suo principale affluente di destra. Da qui piega decisamente verso Ovest e mantiene tale direzione fino alla foce. Il bacino può essere suddiviso in sei sottobacini (fig.2.2):

• il Casentino costituito dall’alto bacino dell’ Arno fino al canale Maestro della Chiana,

• la valle del Chiana delimitata da una vasta zona quasi completamente pianeggiante; anticamente zona paludosa, nel XVIII secolo è stata

bonificata e suddivisa tra il bacino dell'Arno e quello del Tevere,

• il Valdarno superiore delimitato ad Est dal massiccio del Pratomagno e ad Ovest dai monti del Chianti,

• il sottobacino della Sieve che confluisce nell’Arno in destra prima di Firenze,

• il Valdarno medio che origina a valle di Pontassieve e comprende i sottobacini del Bisenzio e dell'Ombrone in destra, del Greve-Ema in sinistra. La confluenza Arno-Ombrone chiude il bacino,

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• Il Valdarno inferiore caratterizzato in destra da ampie pianure di bonifica come la ValdiNievole e il padule di Fucecchio e in sinistra dalle vallate formate dagli affluenti Pesa, Elsa, Egola ed Era,

A valle di Pontedera il fiume fluisce verso la foce tagliando la piana pisana con

direzione Ovest.

A termini di legge, nel bacino del fiume Arno, viene compreso anche la zona racchiusa tra il Fiume Morto, a Nord, e lo Scolmatore, a Sud, inclusa l'area di bonifica di Coltano-Stagno ed il bacino del torrente Tora che oggi viene fatto

confluire nello Scolmatore, la superficie totale del bacino raggiunge 9.116 Km2 (Autorità di bacino del fiume Arno, 2007).

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2.1.2 Geologia del bacino del fiume Arno

Fig. 2.3 – Carta litologica schematica dei bacini dei fiumi Arno e Serchio (elaborazione Prof.Enrico

Dinelli- Università di Bologna)

Dal punto di vista geologico il bacino dell’Arno (fig. 2.3) è costituito

prevalentemente da rocce sedimentarie costituite da argille, calcari marnosi e arenarie compatte, e in misura minore da rocce magmatiche e metamorfiche (scisti argillosi) (Rapetti, 1971; Pranzini, 1994; Dinelli et al. 2005). Le formazioni affioranti più estese, costituite da depositi arenitici quarzoso-feldspatici

oligocenici sono quelle del “Macigno” (Falda Toscana) e delle “Arenarie del Monte Cervarola” (Unità Monte Modino-Monte Cervarola), queste ultime sono presenti nei sottobacini più a monte del fiume (nel Valdarno Medio-Superiore, nel Casentino e nella Val di Chiana).

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E’ da queste formazioni che probabilmente proviene una parte preponderante del

sedimento che alimenta le spiagge del litorale Pisano (Rapetti, 1971).

Nel Valdarno medio intorno a Firenze e nella regione del Chianti sono prevalenti le formazioni alloctone di varia litologia del dominio “Ligure” (Gruppo dell’Alberese-Pietraforte, Unità del Monte Morello, Unità del Bracco, Unità del

Gottero), oltre ad arenarie, argilliti e torbiditi calcaree interstratificate con argille disposte in modo caotico e calcari marnosi (Famiglie dell’ Alberese), insieme a scisti e a blocchi ofiolitici sparsi (Dinelli et al. 2005). Sulla catena del Chianti e Monte Albano affiora principalmente la formazione del Macigno (Falda Toscana)

(Pranzini, 1994).

A valle di Firenze il Bisenzio l’Ombrone e l’Usciana, affluenti di destra, drenano una zona formata da calcari e arenarie (Formazione del Macigno) (Dinelli et al. 2005).

Il Greve, l’Egola, il Pesa, l’Elsa e l’Era, affluenti di sinistra dell’Arno scorrono su depositi sabbiosi ed argillosi marini e lacustri del Plio-Quaternario; sedimenti litologicamente simili, ma di origine fluvio-lacustre databili al Quaternario inferiore o Villafranchiano si ritrovano nella conca di Firenze, nel Casentino, nel

Valdarno Superiore e nella Val di Chiana (Principi, 1948).

La porzione occidentale del bacino a nord di Pisa e alla sponda destra del fiume è costituita dai Monti Pisani caratterizzati da rocce metamorfiche rappresentate da

marmi, metapeliti, filladi. Anche se questi depositi sono localizzati in una zona circoscritta, possono dare un contributo all’alimentazione delle spiagge litoranee, vista la loro vicinanza con la foce dell’Arno (Rapetti, 1971; Leoni e Sartori, 1997). Infine la piana costiera pisana, formata da depositi palustri, fluviali e marini

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Nel bacino del fiume Arno scorre anche lo Scolmatore, è un canale artificiale che

parte a valle di Pontedera e termina a Calambrone. Fu terminato nel 1976 per far defluire le piene dell’Arno prima che raggiungessero Pisa (Cavazza, 1994).

Lo Scolmatore dell’Arno percorre una vasta area di pianura, e in esso confluiscono diversi canali di bonifica (di cui il più importante è il Canale dei

Navicelli che collegava la città di Pisa con il porto di Livorno fin dal 1500) e corsi d’acqua provenienti dalle Colline Livornesi e i Monti Pisani come il Torrente Tora che confluisce nello Scolmatore nei pressi della località di Mortaiolo.

Il canale Scolmatore scorre nella Piana Pisana e attraversa depositi alluvionali

dell’Olocene e del Pleistocene Superiore “Sabbie e limi di Vicarello” (Della Rocca et alii, 1987) mentre nel tratto terminale del suo corso attraversa le dune costiere Oloceniche.

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2.2 Il bacino del fiume Serchio

Il Serchio è il terzo fiume toscano dopo l’Arno e l’Ombrone per lunghezza (111 km) e drena un bacino di 1565 km² (Autorità di bacino fiume Serchio, 2007 -

www.autorita.bacinoserchio.it). Il bacino idrografico del Serchio è suddiviso dall’Autorità di bacino in tre microregioni diverse per caratteristiche morfologiche del territorio e considerazioni di carattere storico: la Garfagnana, la Media Valle e la Piana di Lucca.

La fascia costiera, in cui è situato il Lago di Massaciuccoli, comprende zone non appartenenti propriamente al bacino idrografico in senso stretto, ma storicamente sono state aree di impaludamento e di esondazione naturale del Serchio( Della Rocca et alii, 1987). (Provincia di Lucca – www.provincia.lucca.it).

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2.2.1 Inquadramento geografico

Il bacino idrografico del Fiume Serchio, comprende quasi tutto il territorio della Provincia di Lucca. Una minima parte è rappresentata dai sotto bacini della

Riviera apuana (Versilia, Baccatoio, Camaiore) e della Lunigiana (Aulella). Il Serchio ha origine in Alta Garfagnana da una fitta ragnatela di sorgenti e assume la sua denominazione solo dalla località di Piazza al Serchio.

I confluenti principali sono due, uno proveniente dagli Appennini (dal Monte

Prado), cosiddetto "Serchio di Soraggio", ed uno proveniente dalle Apuane, rappresentato dal Torrente Serchio di Gramolazzo. Fino al borgo di Calavorno il Serchio è alimentato maggiormente dal confluente Apuano. A valle di questo paese l’apporto maggiore è di provenienza appenninica grazie al Torrente Fegana

e soprattutto alla Lima (Provincia di Lucca – www.provincia.lucca.it).

Dopo aver superato il paese di Borgo a Mozzano e la confluente Lima, il Serchio riceve in destra i torrenti che scendono dalle Apuane, mentre in sinistra

confluiscono in esso i tributari provenienti dal monte Pizzorne. Nei pressi dell’abitato di Ponte a Moriano il Serchio entra nella piana lucchese che lambisce nel lato occidentale della stessa sino alla stretta di Ripafratta. La Piana di Lucca in passato ha ricevuto l’apporto sedimentario dall’antico corso

del Serchio, il cui alveo, scorreva vicino alla località di Bientina (Della Rocca et alii, 1987; Federici e Mazzanti, 1988).

Dal VII al XVI sec. tutto il sistema fluviale del Serchio a causa degli impaludamenti continui nella pianura, venne regimato mediante interventi

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alveo arginato e pensile sino alla foce di Migliarino nella provincia di Pisa.

A valle di Ripafratta, il Serchio scorre nella pianura costiera Pisano-versiliese e sempre arginato raggiunge il mare.

2.2.2 Geologia del bacino del fiume Serchio

Dalla carta litologica del bacino del Serchio (fig.2.3) si osserva che le litologie sono

le arenarie quarzoso-feldspatiche alternate ad argilliti, facenti parte della Formazione del Macigno e Monte Modino, estese in Garfagnana, Val di Lima e Media Valle; meno estesamente, affiorano, litologie calcaree appartenenti alla formazione della Falda Toscana: calcari, calcari selciferi, calcari marnosi, marne

ed argilliti. Nella Val di Lima affiorano invece Calcareniti e Calciruditi. Le rocce Metamorfiche sono concentrate nelle Alpi Apuane e nei Monti Pisani.

Nelle Apuane troviamo prevalentemente metacalcari con selce, marmi cipollini, arenarie micacee, scisti ardesiaci, dolomie, calcari dolomitici, scisti sericitici e

calcescisti e tracce di filladi sericitiche e cloritiche e metaradiolariti con intercalazioni di calcescisti. Nei Monti Pisani invece le litologie metamorfiche prevalenti sono quarziti e quarziti sericitiche mentre a Nord-Ovest del torrente

Guappero troviamo maggiormente metacalcari con selce, marmi, gli scisti sericitici, i calcescisti e i cipollini. Al confine tra la Media Valle e la Piana di Lucca e in Garfagnana si trovano le litologie del Complesso Ligure, presenti anche nelle propaggini meridionali delle Alpi Apuane. In Garfagnana e Apuane meridionali

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Media Valle e piana di Lucca troviamo la presenza di Arenarie

quarzoso-feldspato-calcaree ma non di ofioliti.

I depositi lacustri del Villafranchiano e PostVillafranchiano costituiti da argille, argille lignifere e sabbie fini argillose, oltreché da depositi fluviali e fluviolacustri; sono peculiari in piccole aree in Garfagnana (ad Ovest del Torrente Sillico) nella

Media Valle e al confine tra questa e la Piana di Lucca.

Infine la Piana di Lucca è dominata da depositi alluvionali, mentre nella Pianura Pisano-Versiliese affiorano vicino a costa depositi di spiaggia ed eolici e più all’interno, nella zona del Lago di Massaciuccoli, affiorano depositi palustri e

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3. Circolazione delle acque e dinamica costiera dell’area

3.1 Circolazione delle acque e regime anemometrico

La piattaforma continentale della Toscana che circonda la fascia costiera divide il bacino Ligure da quello Tirrenico: l'unico passaggio d’acqua possibile è lungo il Canale tra la Corsica e la dorsale che corre lungo il lato occidentale della

piattaforma continentale dallo scoglio d'Africa a Capraia.

Questo passaggio ha il suo punto più stretto, con flussi di corrente massimi, nella sezione congiungente Capo Corso e Capraia (fig. 3.1.1)

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La Corrente Tirrenica (TC) (fig. 3.1.1) che scorre verso Nord lungo questo canale subisce variazioni di intensità stagionali, Da luglio a dicembre la velocità di flusso è generalmente debole, quindi aumenta rapidamente, raggiungendo i valori più alti vicino alla superficie. A partire dalla fine dell’inverno, la velocità diminuisce

progressivamente fino a raggiungere valori prossimi allo zero durante l’estate. Questa caratteristica stagionale si osserva sia negli strati superficiali sia in quelli di acqua profonda (Astraldi et al., 1993).

I bacini Ligure e Tirrenico differiscono per le loro caratteristiche termiche. Il Mar

Ligure infatti, a causa della sua esposizione ai venti settentrionali, possiede una temperatura sensibilmente più bassa di quella del Mar Tirreno, con un gradiente che tende ad accentuarsi d’inverno. Il passaggio della corrente tra i due bacini è determinato dal gradiente di densità che di conseguenza si crea, per cui gli

scambi avvengono quasi sempre in direzione del Mar Ligure concentrandosi in massima parte durante la stagione invernale fino alla Primavera (Astraldi e Gasparini, 1986; Astraldi et alii, 1993).

A causa della morfologia del fondo del bacino, legata in particolar modo alla

presenza di canyon sottomarini presenti sul lato esterno della scarpata continentale, la massa d’acqua del bacino ligure viene incanalata all’interno dei canyon situati sul margine esterno settentrionale, mentre le acque tirreniche penetrano nei canyon che si trovano in prossimità dell’isola dell’Elba. La presenza

del Canale di Corsica può favorire il formarsi di onde che tendono a muoversi verso la piattaforma ligure e quella dell’Alto Tirreno (Astraldi e Gasparini, 1986). Durante l’inverno le Secche di Vada e della Meloria, insieme al canyon

sottomarino localizzato circa nella stessa zona della Meloria, esercitano un’azione di sbarramento della corrente diretta verso Nord e provocano la formazione di

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masse d’acqua in ricircolo che possono stazionare a lungo nell’area specie nella

stagione estiva (Gasparini et alii, 1986).

Le acque costiere dell’area presa in esame sono interessate prevalentemente dagli apporti dell’Arno. La quantità degli apporti dipende dalla portata del fiume e diventa massima nei periodi di piena, coinvolgendo la massa d’acqua fino ai 50m

di profondità (Astraldi et alii, 1993).

Il regime anemometrico evidenzia, stimando sia la situazione barometrica generale, sia i venti locali cioè le brezze giornaliere di mare e terra, come tra i venti foranei, quelli con maggiore frequenza (venti regnanti) provengano dal III

quadrante (Levante e Ponente), mentre i venti di velocità maggiori (vento dominante) provengono tutti da un ristretto settore centrato intorno ai 250° N, venti di Libeccio (Cipriani et alii, 2001).

Lungo il litorale pisano i venti di mare soffiano in inverno con velocità quasi

doppia rispetto alle altre stagioni mentre i venti di terra mostrano un andamento della velocità media circa costante durante l’anno (Rapetti e Vittorini, 1978).

Le mareggiate principali quindi che si abbattono sul litorale pisano arrivano prevalentemente dal settore 240°-270º, mentre gli eventi estremi (H>6m)

provengono da un limitatissimo settore centrato sui 225° N (Cipriani et alii, 2001).

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Fig. 3.1.2 - Grafico della direzione di provenienza del vento. Misure effettuate presso la stazione

di Livorno dalla Rete mareografica Nazionale, grafico elaborato dal sito www.idromare.com, servizio mareografico dell’APAT (Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici).

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3.2 Trasporto litoraneo dell’area di studio

Diversi autori hanno analizzato il trasporto litoraneo dei sedimenti nell’unità fisiografica da Bocca di Magra al porto di Livorno in cui è inserita l’ area di studio

(Gandolfi e Paganelli, 1975-1977; Aiello et alli, 1975; Saggini, 1967; Cipriani et alii 2001; Leoni e Sartori, 1992-1997). Tutti questi studi individuano l'esistenza di un drift litoraneo prevalente diretto da Nord a Sud fra il fiume Magra e il Cinquale e di un drift da Sud a Nord fra il fiume Arno e Viareggio come

suggeriscono gli accumuli di sabbia a ridosso dei moli meridionali del Fiume Morto Nuovo e del porto di Viareggio e la spiccata migrazione verso Nord della foce del Serchio (fig. 3.1.2).

I sedimenti trasportati dai due drift si incontrano quindi in una zona di

convergenza tra la foce del Cinquale e Marina di Pietrasanta.

Questa zona è ipotizzabile come limite estremo a nord dell’influenza del sedimento proveniente dal fiume Arno (D’Alessandro, 1994).

Il litorale tra Marina di Pietrasanta e la foce del Magra è interessato

esclusivamente dagli apporti di questo fiume, tra Viareggio e Pietrasanta il litorale è alimentato da una piccola frazione di materiale proveniente dal fiume Magra, ma soprattutto dai sedimenti di Arno e Serchio provenienti da sud che riescono

ad oltrepassare il molo sud del Porto di Viareggio.

A sud di Viareggio e fino alla foce del Serchio sono ancora questi due fiumi a dare il loro contributo.

Dalla foce dell’Arno fino al Serchio l’apporto sedimentario dell’Arno è

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del delta che dal 1850 ad oggi è in fase di erosione (Pranzini, 1983; Gandolfi e

Paganelli, 1975; Milano, 1984; Aiello et alii, 1975).

A sud dell'Arno il drift è diretto in direzione N-S ed incontra il materiale proveniente da sud, presumibilmente dalle Secche della Meloria e dallo Scolmatore, in una zona di convergenza individuata nei pressi di Calambrone (fig.

3.2.1).

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Le considerazioni che avvalorano questa ipotesi secondo Gandolfi e Paganelli

(1975) sono l’assenza di accumuli di sabbia a ridosso del molo Nord del porto di Livorno e la differenza granulometrica e composizionale tra le sabbie alla foce dello Scolmatore e quelle di Tirrenia e Calambrone (vedi paragrafo 3.3).

Aiello et alii (1975) sulla base degli studi di Gandolfi e Paganelli, l’esame di

aerofotografie e il lancio di traccianti artificiali (drifters woodead), individuano due tipi indipendenti di drifts litoranei (anche di verso opposto) alle diverse profondità: uno prossimale vicinissimo a costa (entro la batimetrica dei 10m), che interessa la surf zone e la swash zone, ed uno distale (esterno all'isobata dei 10m) che

interessa la breaker zone e zone più esterne. Il drift distale è di notevole intensità e da questo dipende principalmente l’alimentazione sedimentaria delle spiagge (Aiello et alii, 1975); il drift prossimale invece è strettamente connesso con la morfologia di dettaglio della spiaggia sommersa e con le caratteristiche del

litorale, e può essere influenzato dai manufatti artificiali come pennelli o moli che quindi assume significati e ruoli differenti a seconda del tratto di costa.

Secondo gli autori da Bocca d'Arno verso nord fino al porto di Viareggio i due drift assumono direzione S-N concordante.

A sud dell’Arno il fenomeno è molto più complesso (fig. 3.1.3), il litorale è prevalentemente alimentato da materiali dell’Arno e il drift distale risulta diretto da Nord a Sud in gran parte della zona; la particolare composizione delle sabbie

alla foce del Calambrone (Gandolfi e Paganelli, 1975) e la mancanza di accumulo di materiale a ridosso del molo Nord del porto di Livorno, avvalora l’esistenza di un trasporto in direzione Sud-Nord. E’ questo un drift prossimale che vicino all’abitato di Calambrone converge con il drift prossimale della zona compresa tra

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All’altezza di Tirrenia c’è la presenza di un limitato drift prossimale in direzione

Sud-Nord, qui si ha il massimo protendimento del tratto di costa dovuto alla convergenza dei due due drift distali.

I drift prossimali in prossimità delle opere di difesa di Marina di Pisa sono probabilmente dovuti alle opere stesse (Aiello et alii, 1975).

Il drift distale inoltre ha una forte intensità di fronte a Marina di Pisa per poi attenuarsi gradualmente verso Sud, questo è dovuto principalmente alla presenza delle Secche della Meloria che con i loro effetti rifrattivi impediscono ai fronti d’onda di raggiungere il litorale con molta energia.

Sempre secondo Aiello (1975) l’inversione dei drift prossimali rispetto ai drift distali, avrebbe la funzione di favorire la redistribuzione del sedimento su di un tratto di litorale più ampio.

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3.3 Aspetti petrografici e geochimici dell’area di studio

Gandolfi e Paganelli (1975, 1977) hanno studiato la composizione mineralogica dei sedimenti costieri dal Fiume Magra all’ Ombrone.

Nell’unità fisiografica Pisano-Versiliese, hanno individuato 3 province

petrografiche sedimentarie: una più a Nord, la provincia petrografica Massese estesa da Bocca di Magra a Marina di Pietrasanta, interessata dagli apporti del fiume Magra (esterna all’area di studio analizzata in questa tesi); a Sud di

Pietrasanta la provincia Pisano-Versiliese interessata dagli apporti dei fiumi Arno e Serchio, e l’ultima, la più piccola, la sub provincia del Calambrone, estesa dalla omonima località fino al porto di Livorno, questa zona è interessata dagli apporti dell’Arno, dello Scolmatore e delle Secche della Meloria.

Le sabbie delle spiagge del litorale pisano-versiliese tra Bocca di Magra e il porto di Livorno hanno una composizione mineralogica principale caratterizzata da un’elevata maturità, con valori di quarzo sempre superiori al 50%, feldspati tra il 20% e il 30% e contenuti carbonatici e frammenti di roccia a grana fine

abbastanza bassi.

I minerali pesanti definiscono un’associazione prevalente a granato epidoto ed augite.

I due fiumi Arno e Serchio sono caratterizzati da una litologia dei rispettivi bacini

abbastanza simile, per questo i due autori, attraverso l’analisi dei frammenti di roccia, hanno potuto distinguere differenze tra gli apporti dei due fiumi.

Le sabbie del Serchio danno valori intermedi di maturità e caratterizzate composizionalmente da basso contenuto di quarzo, l’alto contenuto in selci,

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Le caratteristiche compositive delle sabbie dell’Arno sono molto simili a quelle del

Serchio, anche se presentano una maggiore maturità rispetto a quelle del Serchio, ed un maggiore contenuto di rocce carbonatiche, ma un contenuto in selce molto minore.

In generale è stata riscontrata una buona corrispondenza tra le sabbie del

Serchio e quelle delle spiagge nelle vicinanze della foce. Corrispondenza vista anche per l'Arno, anche se il forte arretramento delle spiagge attorno alla foce fanno concludere che l’apporto sedimentario (fortemente diminuito nel corso degli anni a causa del consolidamento degli argini del fiume e il prelievo di inerti

dall’alveo) oggi venga prevalentemente disperso in mare, contribuendo in minima parte all'alimentazione delle spiagge contigue, che quindi rappresenterebbero vecchie spiagge rimaneggiate.

Immordino e Setti (1993), compiendo un’analisi granulometrica hanno

individuato 5 facies significative all’interno dell’unità fisiografica, rappresentative sia dell’influenza degli apporti fluviali e di quelli biogenici delle Secche della Meloria sia di situazioni più generali come l’andamento delle correnti e la naturale diminuzione di granulometria da costa a largo (fig. 3.3.1).

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Fig. 3.3.1 - Distribuzione areale delle facies granulometriche: 1 sabbie detritiche; 2 sabbie

biodetritiche; 3 silt, silt sabbioso; 4 silt argilloso; 5 argilla siltosa (da Immordino e Setti, 1993).

Studi più recenti di Leoni e Sartori (1997) (effettuati su campioni prelevati in

un’area compresa tra Torre del Lago e la foce del fiume Arno fino alla batimetrica dei 20m) evidenziano come tra la linea di spiaggia e l’ isobata dei 10 m predominano i sedimenti sabbiosi, mentre tra l’isobata dei 10 m e quella dei 20 m prevalgono i limi argillosi e le argille limose.

Le fascie granulometriche presentano un andamento sinuoso con il risultato che in alcune zone i sedimenti a granulometria fine si spingono più vicino a costa. Questa tendenza è visibile immediatamente a Nord della foce dell’ Arno, e a Nord della foce del Serchio. I due autori spiegano questo fenomeno con i processi di

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quella marina, e la posizione di queste zone a Nord delle rispettive foci è

conseguente al drift litoraneo che sposta verso Nord il pennacchio di torbida. Dal punto della composizione mineralogica, i sedimenti sotto costa sono caratterizzati per lo più da alti tenori di quarzo e feldspati, da tenori relativamente bassi in carbonati per la maggior parte di origine terrigena e da bassi tenori in

fillosilicati tra i quali il più abbondante nei sedimenti del bacino appaiono le miche. La quantità di mica è influenzata dalla granulometria del sedimento (si trova nella frazione fine) e appare aumentare progressivamente da costa verso il largo.

Gli studi condotti dal Pranzini (1994) sui sedimenti compresi tra la battigia e i 10m di profondità, sulle caratteristiche granulometriche dei sedimenti che costituiscono le spiagge (emerse e sommerse) del delta dell’Arno, indicano che la granulometria dei sedimenti varia tra sabbia grossolana, che si trova sulla

battigia, e sabbia molto fine, presente alle profondità maggiori. Nel settore settentrionale il passaggio da granulometria grossolana a fine avviene gradualmente man mano che la profondità aumenta, in quello meridionale il passaggio è assai brusco. Questa differenza tra i due settori evidenzia la presenza

di due distinti meccanismi di alimentazione, a seguito delle forti mareggiate che si verificano lungo la costa, provenienti dai settori meridionali (libeccio e scirocco) la frazione più grossolana degli apporti dell’Arno viene più facilmente trasportata

verso il settore nord; al contrario i sedimenti fini (argilla e limi) vengono spinti in sospensione a sud dalle mareggiate di Maestrale (provenienti da nord) che hanno minore intensità e muovono le sabbie solo in prossimità della riva. In generale si può dire quindi che si verifica una riduzione della granulometria a partire dalla

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dimensioni dei sedimenti sembrano invece più grossolane, anche se vi sono poi

situazioni locali assai differenziate (Pranzini, 1994). Nella zona antistante le scogliere di Marina di Pisa la fascia delle sabbie fini si allontana dalla riva, poiché questa è una zona di alta energia per il fenomeno della riflessione delle onde indotte dalle opere di protezione. Subito a nord di Bocca d’Arno, sopraflutto al

pennello che causa fenomeni di diffrazione e quindi di bassa energia, si trovano sedimenti fini già su fondali di 5m. In questa zona gli apporti di materiale grossolano sono scarsi in quanto, spinti dalle piene verso il largo, vengono trasportati su fondali maggiori prima di essere spinti verso riva (Pranzini et alii.

1994).

Fig. 3.3.2 - Distribuzione dei sedimenti superficiali lungo la costa tra Torre del Lago e la foce

dell'Arno. I numeri rappresentano il contenuto in peso di argilla; le linee sia continue che tratteggiate sono le isoconcentrazioni delle argille. Simboli grafici: a=sabbia; b=limo; c=limo argilloso; d=argilla limosa (da Leoni e Sartori 1997).

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Gli studi geochimici presentati sempre da Leoni e Sartori (1992, 1997) mostrano

le correlazioni tra gli elementi chimici maggiori e la composizione granulometrica e mineralogica del sedimento.

Alcuni di questi elementi come Al, Fe, Mg, K risultano legati prevalentemente alla frazione fillosilicatica ed alle granulometrie più fini (soprattutto argilla); Na e Ca

mostrano correlazioni positive invece con la frazione grossolana del sedimento cioè la sabbia; il Mg appare controllato dalle frazioni a granulometria più fine mostrando correlazioni positive con la frazione fillosilicatica.

Il P e il Mn sono molto ben correlati tra loro e con Ti, Zr, Cr e Ba. Da queste

correlazioni appare chiaro come P, Mn e Ti siano legati soprattutto alla frazione pesante delle sabbie, costituita di solito da minerali come apatite, rutilo, zircone, epidoti, spinelli e barite.

Anche gli elementi in traccia, quali Sr, Rb, Ba, Zr, analizzati per discriminare

meglio il carattere antropogenico o naturale degli eventuali arricchimenti in metalli potenzialmente tossici (Ni, Co, Cu, V, Pb, Zn, Cr), mostrano in generale associazione con la frazione pesante del sedimento.

Il Rb è correlato con la frazione a granulometria più fine, l’argilla e silt contenuto

principalmente nelle miche. Lo Sr è, in particolare, legato ai carbonati (di origine terrigena, per lo più calcite): i più alti tenori in carbonati appaiono associati a sabbie ricche in minerali pesanti (contenenti P, Ba, Zr) e si trovano distribuiti nei

sedimenti situati in corrispondenza dell’isobata dei 10m, dove per effetto del drift costiero distale si ha un arricchimento selettivo di minerali con densità superiore a quella di quarzo e feldspati.

Figura

Fig. 2.2 – Bacino idrografico del fiume Arno (da Autorità di Bacino del fiume Arno, Quaderno n°1,
Fig. 2.3 – Carta litologica schematica dei bacini dei fiumi Arno e Serchio (elaborazione Prof.Enrico
Fig.  3.1.1  –  Batimetria  del  Mar  Ligure  occidentale  e  andamento  delle  correnti  al  largo
Fig.  3.1.2 - Grafico  della direzione di  provenienza del vento. Misure  effettuate presso la  stazione
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