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3.2 Caratteristiche dei materiali

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Academic year: 2021

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Le dimensioni di travi e pilastri sono state ricavate dai disegni originali nei quali è indicato per ogni elemento il quantitativo e la disposizione dell’armatura. Si osserva l’uso costante di ferri sagomati.

In allegato è raccolta l’intera serie di tavole strutturali, qui si riporta, a titolo d’esempio, un telaio relativo al II solaio.

Fig. 3.24: telaio trasversale del corpo anteriore su via Cairoli

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I solai utilizzati nel completamento dell’edificio sono in laterizio armato e rispondono a quattro tipologie:

- solaio di altezza 20 cm, per luci sino a 4.20m ; - solaio di altezza 46 cm, per luci sino a 8.00 m;

- solaio di altezza 29 cm, per luci sino a 5.30 m, presente al IV solaio del secondo ampliamento;

- solaio di altezza 12 cm, utilizzato come solaio di copertura.

Nelle seguenti piante si indica la loro posizione e la direzione di orditura.

30 x 20 30 x 20

Fig. 3.25: orditura dei solai

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Per il I solaio dei corpi laterali è stato possibile acquisire il foglio di calcolo della ditta “Serredi Laterizi”. Sono indicati le ipotesi di calcolo e i carichi utilizzati.

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La copertura relativa al primo ampliamento, come illustrato nel precedente paragrafo, era costituita da moduli affiancati formati da muretti in mattoni e manto in “eternit”. Per il completamento dell’edificio il progettista ha deciso di utilizzare un diverso sistema, realizzato con travi in cemento armato su cui poggia un solaio dell’altezza di 12 cm.

Solo nella zona di adiacenza con la struttura esistente, per un tratto che arriva sino all’ultimo pilastro del portico, la copertura di quest’ultimo ampliamento ripete quella esistente. Questo al fine di preservare l’omogeneità estetica della facciata.

Fig. 3.26: pianta della copertura

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Fig. 3.27: sezioni della copertura

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3.1 Misurazioni e prove sperimentali

Nei giorni 19 e 20 luglio 2005 sono state eseguiti rilievi della geometria della struttura e prove non distruttive su alcuni elementi strutturali.

Le prove eseguite hanno permesso l’individuazione della posizione delle armature, per mezzo del pacometro; sono state effettuate misure dell’indice di rimbalzo dello sclerometro, per la stima della resistenza a compressione del calcestruzzo.

Inizialmente è stata indagata la situazione del portico. Si è misurato il passo e la dimensione dei pilastri, la lunghezza dei setti di facciata e la larghezza delle travi ricalate. Queste misurazioni hanno permesso di verificare la rispondenza con i dati relativi al progetto originale.

Fig. 3.28: foto del portico

Su uno dei pilastri del portico è stata determinata la posizione delle armature da cui si è potuto risalire al passo delle staffe che è risultato essere pari a 18.5 cm. Nel progetto originale ( il pilastro fa parte del nucleo iniziale dell’edificio) il passo non è indicato esplicitamente bensì in riferimento al numero di staffe utilizzate; si risale a un passo approssimativo di 20 cm, circa uguale al valore ottenuto dai rilievi col pacometro.

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Fig. 3.29: indagine con pacometro su un pilastro del portico

Si è poi passati a verificare la situazione nel cortile retrostante l’edificio dove le misure pacometriche hanno permesso di individuare le armature dei pilastri. In tal modo si è potuta verificare la rispondenza al progetto, in termini di posizione e mutua distanza tra i pilastri, con uno scarto massimo di quattro centimetri.

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Fig. 3.30: retro dell’edificio

È stato effettuato anche un rilievo geometrico in elevazione; sono state misurate le quote sul corpo laterale dal lato di via Bandiera. Anche in questo caso si è riscontrata la rispondenza con le misure indicate in progetto; confrontando le quote prese a livello dei piani primo e secondo con quelle dei pianerottoli scala relativi (indicate nelle tavole progettuali), si ha una differenza intorno ai 7 cm, dovuta probabilmente all’imprecisione delle misurazioni.

Le prove sclerometriche sono state eseguite sui pilastri indicati in pianta; un pilastro del setto di facciata e due pilastri sul retro dell’edificio, tutti appartenenti al secondo ampliamento dell’edificio.

30 x 20

Fig. 3.31: Indicazione dei punti oggetto di indagine sclerometrica

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Fig. 3.32: indagini sul pilastro A, indicato nella precedente pianta

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Fig. 3.33: indagini sui pilastri del retro

Per ciascun punto di misura si è proceduto preliminarmente alla individuazione delle armature presenti nel getto. In questo modo le si è escluse dalle zone di battuta che sono state poi preparate mediante abrasione della superficie del calcestruzzo.

Nella tabella seguente, per ciascun punto di misura sono indicati:

- i valori dell’indice di rimbalzo forniti dallo strumento per le dieci battute eseguite;

- la media dei dieci valori dell’indice di rimbalzo;

- la deviazione standard dei dieci valori dell’indice di rimbalzo;

- l’angolo di inclinazione dello sclerometro rispetto all’orizzontale.

È stato utilizzato uno sclerometro Schmidt tipo N-27.

Tab. 3.1: risultati sclerometrici Punto di

misura Letture Sclerometro SCHMIDT tipo N-27 matricola 67668

Indice di rimbalzo,

n

coeff.

variaz. % α° Rscler

[N/mm2]

Pilastri esterni

A 40 46 35 40 41 38 43 41 40 39 40 7 0 33.6

F 38 33 33 35 40 31 37 35 40 30 35 10 0 26.4

G 33 32 35 35 32 33 34 34 31 28 33 6 0 23.7

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3.2 Caratteristiche dei materiali

Le caratteristiche dei materiali utilizzati sono state ricavate analizzando le norme vigenti all’epoca della costruzione e il materiale disponibile del progetto originale. I materiali sono risultati essere differenti nelle tre fasi costruttive dell’opera, in particolare è emersa una grande disparità tra le caratteristiche dei materiali riguardanti il nucleo iniziale e quelle riguardanti il completamento dell’edificio.

Tale fatto è comprensibile considerando che tra l’inizio dei lavori relativi alla prima fase, l’ottobre ’57 e quelli relativi alla terza e ultima fase, il febbraio ’66, sono intercorsi più di otto anni, in un periodo in cui l’evoluzione tecnica compiva grandi passi.

Materiali del nucleo iniziale

Per questa parte dell’edificio possediamo il foglio di calcolo dell’ingegner Michetti, riportato in figura 3.15.

Per quanto riguarda il calcestruzzo, si nota che la tensione con la quale verifica - i pilastri (calcolati unicamente a compressione) è inferiore a 35 kg/cm2, con

valori pari a 28.2 - 27.3 kg/cm2 ;

- le travi e i solai (calcolati a flessione) è inferiore a 40 kg/cm2; assume valori pari a 34 - 33.5 kg/cm2 per le travi e 39.6 - 33.2 kg/cm2 per i solai.

La norma vigente all’epoca era il Regio Decreto n°2229 del 16 novembre 1939, analizzato nel I capitolo.

All’art. 18 si legge che la tensione ammissibile, chiamata “carico di sicurezza” del conglomerato, è differente a seconda che si utilizzi “conglomerato di cemento idraulico normale” oppure “conglomerato di cemento ad alta resistenza ed alluminoso”. Le tensioni con le quali il progettista ha verificato gli elementi resistenti mostrano l’utilizzo di conglomerato di cemento idraulico normale che prevede un carico di sicurezza massimo di 35 kg/cm2 per elementi sottoposti a compressione semplice e 40 kg/cm2 per sollecitazioni di presso flessione.

All’art. 16 è indicato che questo calcestruzzo, “deve presentare, a 28 giorni di stagionatura, una resistenza cubica a pressione, σr28, almeno tripla del carico di sicurezza adottato nei calcoli: tale resistenza non deve però risultare mai inferiore a 120 kg/cm2 per conglomerati di cemento normale, ed a 160 kg/cm2 per conglomerati di cemento ad alta resistenza.”

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Riguardo all’acciaio, nei calcoli statici il progettista ha verificato gli elementi strutturali con tensioni pari a 1340- 1195- 1255- 1385 kg/cm2 , tenendosi pertanto su valori del carico di sicurezza inferiori a 1400 kg/cm2. All’art. 19 del R.D. 2229 è scritto: “Il carico di sicurezza delle armature metalliche sollecitate a trazione non deve superare 1400 kg/cm2 per l’acciaio dolce, 2000 kg/cm2 per l’acciaio semiduro e per l’acciaio duro.”

All’art. 17 sono riassunte le caratteristiche relative a questo tipo di acciaio, costituito da barre lisce e comunemente chiamato “ferro omogeneo”.

- Carico di rottura compreso tra 42 e 50 kg/mm2, - limite di snervamento non inferiore a 23 kg/mm2, - allungamento a rottura non inferiore al 20%.

Considerando che l’acciaio dolce potrebbe avere caratteristiche intermedie tra i ferri lisci Fe B 22k e l’Fe B 32k, di cui si conoscono le proprietà, si sono ipotizzati per l’acciaio usato nella struttura i valori riportati in tabella.

Tab. 3.2: proprietà dei materiali del nucleo iniziale Calcestruzzo: cemento normale

Resistenza cubica a compressione, Rck 15 N/ mm2

Acciaio dolce

Tensione di snervamento, fy 285 N/ mm2

Tensione di rottura, fu 450 N/ mm2

Deformazione ultima, εu 20%

Nell’analisi sismica, ai valori ipotizzati verrà applicato un opportuno coefficiente riduttivo, il fattore di confidenza, per tener conto dell’incertezza nell’assegnare ai materiali queste caratteristiche tecniche.

Materiali del primo ampliamento

Le informazioni relative ai materiali di questa fase costruttiva possono essere desunte dall’analisi dei prezzi o dai libretti delle misure. Si parla di:

- conglomerato confezionato con “cemento titolo 500”, e

- nel caso dell’acciaio, di “ferro tondino profilato”, senza specificare alcuna caratteristica.

Il cemento titolo 500, corrisponde al “cemento normale” utilizzato per confezionare il cls del nucleo iniziale e supponendo che anche l’acciaio impiegato sia lo stesso, si

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assegnano al primo ampliamento le stesse proprietà dei materiali relative al nucleo originario dell’opera.

Materiali del secondo ampliamento

Le informazioni riguardanti i materiali usati per il completamento dell’edificio sono state ricavate da più fonti e confrontate, fino ad arrivare a considerazioni meno incerte rispetto a quelle relative alle prime due fasi costruttive.

Nelle tavole strutturali si indica l’impiego di “cemento titolo 730”.

La normativa vigente all’epoca non contiene alcun riferimento in merito mentre il Manuale dell’Ingegnere Civile, ovvero il Manuale Cremonese, del 1953 ne spiega il significato. Il Regio Decreto n°2228 del 16 novembre ’39, in vigore durante il completamento della struttura, distingue a seconda della loro costituzione, diversi tipi di cemento:

- cemento idraulico normale (Portland) che, come appena visto, è stato utilizzato nelle fasi costruttive precedenti;

- cemento pozzolanico;

- cemento d’alto forno;

- cemento alluminoso.

Il Manuale chiarisce che: “Le prime tre specie di cemento sono usualmente contraddistinte con le indicazioni tipo 500 o normale, e tipo 680 o ad alta resistenza, a seconda che le malte normali battute preparate con esse e con la sabbia normale di Torre del Lago, dopo 28 giorni di maturazione in acqua a 15- 20°C, presentano una resistenza a compressione 500, o rispettivamente, 680 kg/cm2.”

Il numero è dunque riferito alla resistenza a compressione della malta e varia non solo in funzione del tipo di cemento, ma anche del tipo di sabbia utilizzata nell’impasto e del modo di preparazione della malta.

Questo ha comportato che tali resistenze minime variassero fortemente nei vari Paesi e, restando in Italia, nei diversi periodi. Il Manuale Cremonese spiega come

“La precedente legislazione italiana - si riferisce a quella antecedente il R.D.

n°2228 – contemplava i tipi 450 e 600; la variazione non è dovuta ad un miglioramento delle qualità dei cementi, ma alla sostituzione della sabbia normale del Po con quella di Torre del Lago”

- Il Manuale si riferisce a dati relativi alla metà degli anni ’50, validi pertanto per le prime due fasi costruttive dell’edificio (nelle quali è stato usato un

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cemento 500) mentre i lavori per il completamento iniziarono nel febbraio del ‘66.

- Inoltre la sabbia con la quale fu preparata la malta risulta essere “rena d’Arno”, non sabbia di Torre del Lago;

questi elementi portano a definire il cemento utilizzato come cemento tipo 730.

Ulteriori informazioni si ottengono dal foglio di calcolo dei solai della Serredi laterizi, riportato nel paragrafo 3.2.3. Si legge “Qualora le sollecitazioni a compressione superino i kg/cmq 50, oppure si faccia uso di acciai ad alta resistenza è d’obbligo l’uso di calcestruzzi di cemento a titolo 730.” Si deduce che il cemento tipo, o a titolo, 730 è sicuramente un cemento ad alta resistenza.

I dati sino ad ora ottenuti non permettono ancora di definire quale fosse la resistenza a compressione del calcestruzzo. Questa dipendeva da quanti quintali di quel determinato tipo di cemento venivano impiegati per metro cubo di impasto.

Potevano essere usati 2, 2.5 o 3 quintali a metro cubo e i calcestruzzi realizzati con essi, se ben mescolati, davano valori di resistenza a compressione dell’ordine rispettivamente di 250, 300-325 e 400 kg/cm2.

Nel preventivo di spesa vengono infatti indicati i quintali di cemento utilizzati per metro cubo e differiscono a seconda che si tratti del getto di fondazione o delle strutture in elevazione. Sotto è riportata, come esemplificazione, una parte del preventivo di spesa; si nota l’utilizzo di un diverso numero di quintali di cemento per elementi strutturali differenti.

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In definitiva, essendo stato usato per gli elementi resistenti cemento tipo 730 dosato a quintali tre per metro cubo d’impasto, ci si aspetterebbe una resistenza cubica a compressione del calcestruzzo di 350-400 kg/cm2.

Questi valori sono stati verificati confrontando i dati relativi:

- alle prove a compressione eseguite nel laboratorio dell’Università di Pisa nel settembre ’67;

- alle prove sclerometriche eseguite in occasione del collaudo statico dell’opera, nel maggio ’68;

- alle prove sclerometriche eseguite durante il sopralluogo nel luglio 2005.

Nel certificato rilasciato dal laboratorio dell’Università di Pisa, riportato nella pagina successiva, la media della resistenza a compressione su quattro provini risultò essere intorno a 380 kg/cm2. Le prove sclerometriche eseguite durante il collaudo diedero valori in complesso superiori; su una trave si ottenne una resistenza di 370 kg/cm2 e su un pilastro di 405 kg/cm2. Le prove con sclerometro effettuate in occasione del sopralluogo del luglio 2005, riportate nel precedente paragrafo, fornirono un valore medio di circa 280 kg/cm2, minore rispetto ai valori rilevati all’epoca della costruzione.

Valutati i dati disponibili si è pensato di considerare un calcestruzzo con un Rck di 37 N/mm2, valore che nell’analisi verrà ridotto del fattore di confidenza.

Per quanto concerne le caratteristiche dell’acciaio, nelle tavole strutturali si fa riferimento ai tipi Aq 50 e Aq 60. Questi appaiono per la prima volta nella Circolare n°1472 del 23 maggio 1957, relativa alle “Armature delle strutture in cemento armato”. Si tratta sempre di ferri lisci, chiamati “acciai in tondo” che devono essere sottoposti ad una tensione massima di :

- 1600 kg/cm2 per l’Aq 50, - 1800 kg/cm2 per l’Aq 60.

Riassumendo, si è deciso di considerare per i materiali usati nel completamento dell’edificio le caratteristiche indicate in tabella.

Tab. 3.3: proprietà dei materiali del II ampliamento Calcestruzzo: cemento tipo 730

Resistenza cubica a compressione, Rck 37 N/ mm2 Acciaio: Aq 50, Aq 60

Tensione di snervamento, fy 365 N/ mm2

Tensione di rottura, fu 650 N/ mm2

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Fig. 3.34: certificato delle prove a compressione

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