Ringraziamenti.
I debiti che si contraggono in un lavoro come questo sono molti. Innanzi tutto un segno di gratitudine va a quei collezionisti, galleristi, e a quei molti proprietari di case, palazzi e ville, che mi hanno ospitato e hanno agevolato in tutti i modi - spesso gentili, sempre comprensivi - il mio studio, rendendo dolci e perfino emozionanti molte mie giornate. I nomi, tantissimi, qui non li faccio, ma i miei benefattori sapranno riconoscersi in queste note e nella loro preziosa liberalità. Un ringraziamento poi ai miei amici e colleghi di studio e in alcuni casi di vita, che hanno condiviso con divertito e affettuoso stupore la passione e l’impegno con cui in un’età non più giovanile ho affrontato la ricerca, discutendo con loro i problemi man mano che si presentavano. Tra questi ve ne sono stati alcuni che rivestono cariche importanti in pubblici istituti di ricerca e di tutela, che tantissimo hanno fatto per favorire i miei studi. E’ forse inutile sottolineare quanto i consigli di tutti mi siano stati utilissimi, talvolta addirittura decisivi, ma di certo non lo è pensare a quanto tutti quei conversari abbiano lasciato intravedere la trama fitta dell’affetto e della comprensione.
Un grazie particolare va poi al professor Alessandro Tosi e alla professoressa Cinzia Maria Sicca, dai quali ho molto imparato e che molto mi hanno donato in suggerimenti e indicazioni, e con i quali ho intessuto confronti fitti e stimolanti, ho discusso problemi, ho rivisto idee e corretto i miei errori. L’atmosfera delle nostre discussioni è stata lieve e collaborativa, e ne uscivo qualche volta in crisi per il lavoro ancora da fare, sempre confortato dalla certezza di avere interlocutori attenti e ben disposti alla confronto.
Un ringraziamento poi alla mia famiglia, che molto ha sopportato di me e delle mie ubbie, in questi lunghi tre anni. A mia moglie Bettina e a mia figlia Livia dunque, che hanno reso tutto più facile, specie nei momenti in cui si pensa di non farcela, e a Lea, la mia canina preziosa e amatissima, e ai suoi occhi neri e adoranti, quasi come i miei.
Alla fine di queste note non posso però tacere un ricordo dei miei genitori, Carla e Luciano, ai quali questo lavoro è in fondo dedicato. Sono stato un figlio difficile e riottoso, e mai come oggi, nella lontananza dei ricordi e delle passioni, mi piacerebbe essere da loro accarezzato e confortato.
“Bravo Stefano, hai fatto quello che potevi”, e fuggire via felice.