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esauste con un processo idrometallurgico, fornendo possibili soluzioni innovative. Tali tipi di batterie sono tipiche del settore dell’autotrazione.

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Academic year: 2021

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Conclusioni

Questo lavoro di tesi si inserisce in un progetto di ricerca riguardante lo studio e l’analisi di fattibilità del recupero di materie prime, con maggiore attenzione verso il litio, da batterie Li- Polimero e LiFePO

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esauste con un processo idrometallurgico, fornendo possibili soluzioni innovative. Tali tipi di batterie sono tipiche del settore dell’autotrazione.

Le prove sperimentali di caratterizzazione hanno innanzitutto evidenziato la presenza e quindi la possibilità di recuperare i seguenti metalli:: litio, cobalto, nichel, rame, alluminio e ferro.

Da un’attenta ricerca bibliografica e dalle prove sperimentali sono emerse una serie di criticità da tener ben presente nello sviluppo del processo finale.

Prima di tutto è fondamentale uno stadio di scarica in cui le batterie trattate sono messe in sicurezza per evitare deflagrazioni nel corso degli stadi successivi.

Una fase di triturazione grossolana comporta poi la liberazione di sostanze organiche volatili da abbattere.

Lo stadio di separazione/attacco del materiale attivo elettrodico è risultato lo stadio fondamentale e critico del processo. Da esso, infatti, dipende la quantità di metalli da poter recuperare e il numero successivo di stadi di separazione da dover effettuare e quindi la sperimentazione è stata incentrata in particolare su tale stadio.

Sono state proposte due diverse vie da poter seguire:

1. attacco acido degli elettrodi senza separazione del materiale attivo dal supporto;

2. stadio di separazione/attacco del materiale attivo dal supporto.

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Nel primo caso si è utilizzato acido solforico 6N e si è notato un comportamento simile degli elettrodi dei due tipi di batterie utilizzati.

Nel corso dell’attacco il materiale attivo si distacca dal supporto (meglio negli anodi) e litio, cobalto, ferro e alluminio sono ben disciolti nell’acido (rese 80÷100%). In soluzione sono disciolte piccole quantità di rame, nel caso degli anodi. Il residuo non laminare dell’attacco è risultato carbonioso.

Sono comunque necessarie delle ulteriori prove per ottimizzare le condizioni di attacco: è possibile ad esempio l’uso di un eccesso meno pronunciato di acido nel caso delle batterie Li-Poly.

Più semplificata è la seconda soluzione: l’utilizzo dell’agitazione ultrasonica per separare i materiali attivi elettrodici dai rispettivi supporti in forma di lamine metalliche.

Dalle prove effettuate sono state individuate le condizioni migliori per questo stadio nell’utilizzo di acido solforico diluito (0,5M) come soluzione di lavaggio, un rapporto solido/liquido di 1/80 m/m e una durata della prova compresa tra 1÷2 minuti. La sinergia così creata tra azione meccanica dell’agitazione ultrasonica e azione chimica dell’acido solforico hanno permesso non solo di separare il materiale attivo dai supporti ma anche di effettuare una dissoluzione più selettiva del litio (resa di dissoluzione: 45÷55% per le Li-Polimero e 100% per le LiFePO

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) diminuendo, rispetto allo stadio di attacco tradizionale, le quantità disciolte di cobalto e nichel (35%). Nel caso delle batterie LiFePO

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non è stato evitato il discioglimento del ferro.

Alluminio e rame, costituenti i supporti, invece sono disciolti in quantità nettamente minore e un loro recupero sotto forma metallica, senza ulteriori stadi di separazione, è reso così possibile.

Lo stadio di lavaggio ultrasonico permette perciò di evitare ulteriori stadi di attacco acido del

materiale attivo distaccato e può rendere meno onerosi i trattamenti successivi di separazione

degli elementi disciolti da effettuare sulla soluzione di attacco.

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È da mettere in evidenza che le condizioni individuate sono promettenti ma un’acidità controllata e un opportuno tempo di contatto potranno essere ottimizzati in modo da poter disciogliere maggiore quantità di litio (nel caso delle batterie Li-Polimero) e, se possibile, diminuire la quantità degli altri metalli disciolti nel caso in cui si volesse concentrare il recupero esclusivamente sul litio.

È stato infine avviato in maniera preliminare lo studio di possibili metodi di separazione dei vari metalli disciolti nella soluzione acida di attacco delle batterie Li-Polimero. Per quanto riguarda cobalto e rame è stato proposto di recuperarli tramite precipitazione come ossalati, seguita da una estrazione con solvente selettivo per rimuoverli completamente dalla soluzione. L’estrazione con solvente è una possibilità per recuperare anche il nichel. Per quanto riguarda l’alluminio, nel caso fosse disciolto, si può considerare un recupero come idrossido. In ultimo il litio può essere recuperato sotto forma di carbonato tramite utilizzo di carbonato di sodio o di potassio.

Per quanto riguarda, invece, le batterie LiFePO

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si è avanzata l’ipotesi che, nel caso di dissoluzione esclusiva di Fe e Li, si potrebbe effettuare il recupero del primo per precipitazione sotto forma di idrossido e del secondo come fosfato. È essenziale in tal caso mettere a punto un processo di dissoluzione selettiva del LiFePO

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Sono necessari comunque studi ulteriori per poter individuare le condizioni ottimali che permettano di separare e recuperare al meglio i vari metalli.

In conclusione si può affermare che il processo idrometallurgico di recupero di materie prime

da batterie Li-Polimero e LiFePO

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esauste è un processo studiato e messo a punto in relazione al

tipo di batterie, che può essere sviluppato su scala industriale.

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Risulta infine necessario un ulteriore approfondimento dello studio che esamini in particolare

le problematiche relative allo smantellamento ed alla separazione delle frazioni metalliche e

polimeriche dalle componenti elettrodiche.

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