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IL PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO NELLA FORMAZIONE DELLA PROVA CON INCIDENTE PROBATORIO E IL SACRIFICIO DEL PRINCIPIO DI

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INTRODUZIONE

I. Il sistema penale maggiormente rispettoso del principio di formazione dibattimentale della prova deve fare i conti con l'eventualità che risulti indispensabile, o semplicemente, utile, anticipare l'attività di acquisizione probatoria alla fase delle indagini preliminari o dell'udienza preliminare.

Lo strumento chiamato in via generale a svolgere tale funzione nel nostro ordinamento si chiama “incidente probatorio” ed è regolato nel titolo VII del libro V del codice di procedura penale (oltre ad altri istituti dall'ambito più circoscritto, quali gli accertamenti tecnici irripetibili).

Nei casi tassativamente previsti dalla legge, esso consente di chiedere al giudice delle indagini preliminari o dell'udienza preliminare di assumere una prova, anticipando le forme proprie del dibattimento.

II. La legge delega n. 40 del 1987 stabiliva che il ricorso all'incidente probatorio avrebbe dovuto essere previsto nei casi di non rinviabilità della prova. Il problema, naturalmente, era stabilire quando e per quali ragioni la prova avrebbe dovuto considerarsi non rinviabile

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a dibattimento. Nel dare attuazione alla delega il legislatore ha consentito l'acquisizione anticipata della prova per una serie di decisioni molto diverse tra loro, ispirate ad esigenze di varia natura, che rendono incerta l'attuale fisionomia funzionale dell'istituto1.

III. L'istituto dell'incidente probatorio ha subito poche ma importanti modifiche, che lo hanno trasformato da parentesi eccezionale della fase delle indagini preliminari a strumento di formazione anticipata della prova.

IV. Il Legislatore, nel disciplinare questo strumento, ha voluto evitare, da un lato, una qualche reviviscenza della vecchia istruttoria formale, ovvero l'attribuzione in capo al Gip di un potere direttivo nelle indagini simile a quello del previgente Giudice istruttore che ne avrebbe compromesso la terzietà; dall'altro, che l'imputato si servisse strumentalmente della richiesta di incidente probatorio per costringere il pubblico ministero ad attuare una discovery anticipata rispetto ai momenti in cui questa è predeterminata dal codice, ossia al momento della notifica dell'avviso di chiusura delle indagini, ex art. 415 bis, c.p.p. A tale proposito, il Legislatore ha disposto una serie di cautele con le quali ha circondato l'istituto.

V. L'istituto dell'incidente probatorio venne così inserito nel codice di procedura penale agli artt. 392 e ss. e venne previsto per tutte quelle ipotesi, tipizzate, nelle quali è necessario che l'assunzione di un

1 F. CAPRIOLI, Indagini preliminari e udienza preliminare, capitolo V, in G.

CONSO e V. GREVI, Compendio di procedura penale, Cedam, 2010, p. 591 e ss.

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mezzo di prova, ritenuto rilevante ai fini della decisione del giudizio, debba essere anticipata alla fase predibattimentale, poiché un ritardo nella assunzione potrebbe mettere in pericolo la possibilità di acquisizione della prova stessa o pregiudicarne la genuinità.

Agli artt. 392 e ss. c.p.p., dunque, il Legislatore ha previsto una

“deroga”, o meglio una ipotesi eccezionale al principio generale tipico del processo accusatorio in forza del quale la prova si forma, secondo i criteri di oralità e concentrazione, nel dibattimento, nel contraddittorio delle parti, innanzi al giudice terzo chiamato a decidere.

VI. Tuttavia, l'utilizzo di questo strumento non fu immediatamente positivo, poiché le formalità d'accesso erano ritenute talmente ferraginose da scoraggiarne il ricorso sia da parte del pubblico ministero, che da parte del difensore dell'imputato, gli unici due soggetti legittimati ad avanzare la richiesta al Gip (fatta eccezione per lo jus postulandi nei confronti del pubblico ministero che ha il difensore della persona offesa).

A contribuire, poi, ad una ridotta applicazione dell'istituto in questione sono stati una serie di provvedimenti legislativi e sentenze della Consulta che, apportando continue e sostanziali modifiche all'impianto originario del codice di procedura, hanno aumentato a dismisura i casi di utilizzabilità come prova nel dibattimento degli elementi di indagine raccolti dal pubblico ministero ed addirittura dalla polizia giudiziaria, al di fuori di un regolare contraddittorio e senza alcun obbligo per lo

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stesso pubblico ministero di attuare discovery.

VII. Un primo passo di incentivazione dell'istituto de quo lo abbiamo avuto con la sent. della Corte Cost., la n. 77 del 1994, con la quale si estendeva anche alla sede dell'udienza preliminare la possibilità del ricorso all'incidente probatorio, riconoscendo in tal modo il diritto dell'imputato alla prova anche prima del dibattimento.

La dilatazione del termine entro il quale la richiesta è formulabile comporta, infatti, per la difesa, una conoscenza degli elementi probatori raccolti da parte del pubblico ministero che le consentirebbe di avanzare, con cognizione di causa, una richiesta consapevole di incidente. La più completa conoscenza degli atti, peraltro, rigurada anche lo stesso Gup, il quale, a differenza del Gip, è chiamato a decidere sulla ammissibilità della richiesta stessa, non sulla base degli elementi forniti dal pubblico ministero, ma sulla base dell'intero materiale da questi raccolto.

Altro passo avanti è stato fatto con la l. 66 del 1996 mediante la quale abbiamo assistito ad una espansione dei casi di utilizzabilità dell'incidente probatorio, attraverso la previsione di accedervi, anche al di fuori dei rigidi limiti dati della indefettibilità della prova, quando si tratta di procedere all'audizione di minori per reati in tema di carattere sessuale. Numerosi sono stati successivamente gli interventi aventi ad oggetto reati di simile gravità nei confronti dei minori, ne sono esempio l'art. 13, 3° co., della l. n. 269/98 e l'art. 15, 7° co. della l. n.

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228/03. Di questi interventi se ne parlerà in modo approfondito nei seguenti capitoli, basti ora far presente che tutt'oggi la disciplina è sotto il mirino del Legislatore, non solo italiano ma anche comunitario.

Tornando all'evoluzione del ricorso ad incidente probatorio, altre pronunce hanno condotto all'utilizzo di questo istituto: si pensi all'art.

4, 1° co., della l. n. 267/97, il quale ha soppresso dalle lett. c) e d) del 1° co. dell'art. 392 le parole «quando ricorre una delle circostanze previste dalle lett. a) e b)», rendendo così assolutamente sganciata da qualsiasi presupposto la richiesta di assumere con incidente probatorio l'esame della persona sottoposta alle indagini su fatti concernenti la responsabilità di altri ovvero l'esame delle persone indicate nell'art.

210 c.p.p.

Questi elementi hanno, dunque, favorito un utilizzo sempre più frequente all'istituto.

In dottrina è stato rilevato come l'istituto di incidente probatorio costituisca un punto di osservazione assolutamente speciale in quanto

«costituisce uno dei nuclei operativi che connota senza dubbio in modo qualificante il modello processuale del codice del 19882» ma anche

«uno dei pochi strumenti ancora in bilico tra processo inquisitorio e accusatorio3».

2 M. BARGIS, L'incidente probatorio, in Riv. it. Dir. e proc. Pen., 1990, p. 1328.

3 E. ZAPPALA', Processo penale ancora in bilico tra processo accusatorio e processo inquisitorio, in Dir. Pen. e proc., 1998, p. 886.

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CAPITOLO I

IL PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO NELLA FORMAZIONE DELLA PROVA CON INCIDENTE PROBATORIO E IL SACRIFICIO DEL PRINCIPIO DI

ORALITA'-IMMEDIATEZZA

SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Il significato costituzionale del contraddittorio - 3. Il concetto di contraddittorio e restrizioni: l'incidente probatorio. - 4. Il principio di oralità-immediatezza nell'incidente probatorio.

1. Premessa.

Il libro III del codice di procedura penale è dedicato alla tematica delle prove e concentra al suo interno la disciplina dei mezzi di prova e dei mezzi di ricerca della prova dopo un esordio dedicato alle disposizioni generali sulla materia.

Le disposizioni in esso contenute trovano applicazione anche al di là dell'area processuale tecnicamente destinata alla formazione della prova, quale è la fase dibattimentale, estendendosi altresì ad un istituto che troviamo all'interno del libro V del codice di procedura penale, un

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istituto che per le sue caratteristiche risulta essere tipicamente parentetico e anticipatore ante iudicium delle garanzie dibattimentali, ovvero l'incidente probatorio4.

L'art. 187 c.p.p., rubricato “oggetto della prova”, si configura come una sorta di cardine primario per l'intero sistema delle prove, che in esso non solo trova un limite oggettivo al potenziale espandersi dei poteri di acquisizione e formazione della prova, ma anche un fondamentale punto di riferimento per qualunque successiva valutazione finalizzata all'ingresso della prova in sede processuale.

Per quanto concerne l'individuazione dell'oggetto della prova assunta con incidente probatorio dovremo, tuttavia, riferirci non ad una imputazione vera e propria, come suggerisce l'art. 187 c.p.p., poiché in questa fase non può ancora essere stata formulata, ma ad una “ipotesi di imputazione” risultante da altri adempimenti posti in essere dal pubblico ministero, alla quale dovranno raccordarsi le specifiche disposizioni dettate in ordine all'oggetto dell'incidente5.

Occorre rilevare, ai fini della trattazione, come il criterio di pertinenza enunciato nell'articolo in commento rappresenti il parametro di fondo per la verifica circa la rilevanza della prova in vista della sua assunzione6.

La disciplina delle modalità di ammissione della prova costituisce uno

4 V. GREVI, Prove, capitolo III, in G. CONSO e V. GREVI, Compendio di procedura penale, Cedam, 2010, p. 296 e ss.

5 V. GREVI, op. ult. cit.

6 V. GREVI, op. cit., p. 304.

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dei terreni sui quali più decisamente è destinato ad incidere il nuovo modello del processo di parti, in coerenza con il suo canone di fondo per cui il giudice, di regola, deve decidere iuxta alligata et probata partium. Corollario di questa impostazione è il riconoscimento nei confronti delle parti di un vero e proprio diritto alla prova7.

Lungo questa prospettiva, capovolgendo la logica inquisitoria ispirata all'idea della iniziativa officiosa del giudice in materia di prove, troviamo l'art. 190 c.p.p. Questo articolo afferma con chiarezza il principio, di impronta tipicamente accusatoria, per cui le prove sono ammesse a richiesta di parte, e su tale base impone al giudice di provvedere alla delibazione di ammissibilità che gli è demandata8. Con l'attribuzione del diritto alla prova alle parti, il legislatore ha, tuttavia, pensato anche alla figura dell'imputato prevedendo per lui il c.d. “diritto alla controprova”.

Disciplinato all'interno di una norma di rango costituzionale, il diritto alla controprova è il diritto ad ottenere l'ammissione delle prove a discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico. Su questi termini, infatti, il legislatore con l'art. 111 co. 3 Cost. ha voluto esaltare uno dei principi cardini del nostro ordinamento, il “principio del contraddittorio” e lo ha fatto al punto di configurare uno specifico motivo di ricorso per cassazione proprio con riferimento alla «mancata assunzione di una prova decisiva», allorché la stessa sia stata richiesta

7 V. GREVI, op. cit., p. 308.

8 V. GREVI, op. ult. cit.

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dalla parte, anche nel corso dell'istruzione dibattimentale, a norma dell'art. 495 co. 2 c.p.p. (art. 606 co. 1 lett. d c.p.p. )9.

L'area d'incidenza dei principi espressi nell'art. 190 c.p.p. è applicabile nell'intero arco del procedimento e, dunque, non c'è dubbio che i principi in questione debbano altresì applicarsi in sede di incidente probatorio dove è «innegabile che possa parlarsi di un diritto alla prova in capo ai soggetti legittimati (artt. 392 e 393 c.p.p.) e del correlativo potere-dovere del giudice di pronunciarsi sull'ammissibilità delle corrispettive richieste (artt. 396, 398 e 402 c.p.p.), alla luce del particolare criterio di “rilevanza per la decisione dibattimentale” che vi è enunciato (art. 393 co. 1 lett. a) c.p.p.10».

Resta fermo, in ogni caso, che la fase dibattimentale è quella in cui con maggiore ampiezza ed intensità sono destinati a trovare applicazione i principi generali riguardanti il diritto alla prova, così come consacrati, in termini espliciti, all'interno del nuovo art. 111 Cost, a cominciare dal diritto alla controprova, elemento connaturato al principio del giusto processo. Ma: che cosa significa principio del “contraddittorio” e in quale misura esso influisce sulla formazione della prova nell'incidente probatorio?

2. Il significato costituzionale del contraddittorio11.

9 V. GREVI, op. cit., p. 309.

10 V. GREVI, op. cit., p. 312.

11 N. GALANTINI, Giusto processo e garanzia costituzionale del contraddittorio nella formazione della prova, in Atti del convegno su “Il diritto delle prove

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Il diritto delle prove sancito dal codice Vassalli riacquista forza con la riforma dell'art. 111 Cost., operata con l. Cost. 23 novembre 1999, n. 2 e attuata con l. 25 febbraio 2000, n. 35.

L'obiettivo dell'affermazione del metodo unilaterale nella formazione della prova si era realizzato nelle sentenze della Consulta che, dichiarando l'illegittimità degli artt. 50012, 51313 e 195, co. 4, c.p.p.14, aveva statuito il principio di non dispersione della prova, funzionale al recupero di elementi probatori costituiti unilateralmente dall'accusa.

Con la riforma dell'art. 111 Cost. viene introdotto nel nostro sistema il principio del “giusto processo” e vengono consacrati principi e garanzie quali parità delle parti, terzietà e imparzialità del giudice, nonché il principio del contraddittorio.

L'art. 111 Cost. viene così a sanciree il giusto processo come condizione di legittimità della funzione giurisdizionale15.

Come si è affermato in dottrina, il legislatore "ha realizzato una sorta di incorporation rafforzativa di garanzie già codificate nel 1989 e poi ripudiate dalla svolta involutiva dei primi anni novanta, per accrescerne il grado di resistenza e renderle insensibili alle tentazioni

dall'Unità d'Italia alla Costituzione repubblicana” (Milano, 23-24 giugno 2011, a cura del Centro di studi sulla giustizia, Facoltà di Giurisprudenza, Università di Milano, in Diritto Penale Contemporaneo (www.dirittopenalecontemporaneo.it).

12 Corte Cost., 18 maggio 1992, n. 254, in Giur. cost., 1992.

13 Corte Cost., 18 maggio 1992, n. 255, in Giur. Cost. 1992.

14 Corte Cost., 22 gennaio 1992, n. 24, in Giur. cost., 1992.

15 M. CECCHETTI, voce Giusto processo (dir. cost.), in Enc. dir., vol. V, Agg., Milano, 2001, p. 595 ss.

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di future revisioni legislative o giurisprudenziali”16.

Rilevante ai fini della trattazione è la costituzionalizzazione del contraddittorio e il concetto di esso così come concepito oggi.

Storicizzato nella Carta costituzionale nella sua valenza specifica di tutore del diritto partecipativo dell'imputato al processo nel momento formativo della prova, il contraddittorio non si è sottratto tuttavia alla risalente disquisizione circa la natura di metodo piuttosto che di garanzia17, che è riaffiorata nel recente dibattito dottrinale, circa il suo profilo oggettivo ovvero soggettivo18.

Contraddittorio e giusto processo si misurano su più piani che, pur correlati tra loro, vengono delineati nei diversi commi dell'art. 111 Cost.

In primo luogo si evidenzia, al co. 3 dell'art. 111 Cost., la statuizione secondo cui la legge deve assicurare il diritto al confronto tra la persona accusata di un reato e le persone che rendono dichiarazioni a suo carico. Questo diritto introduce qualcosa di più e di diverso del diritto alla controprova, che viene affermato con la separata formula

16 E. AMODIO, Giusto processo, procès équitable e fair trial: la riscoperta del giusnaturalismo processuale in Europa, in E. AMODIO, Processo penale, diritto europeo e common law, dal rito inquisitorio al giusto processo, Giuffrè, Milano, 2003, p. 141.

17 N. GALANTINI, op. cit., la distinzione si individuerebbe nella statuizione del comma 4 dove emergerebbe il profilo oggettivo ("il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova") e nelle due statuizioni del comma 3 e 4, dove nel sancire il diritto al confronto e la inutilizzabilità delle dichiarazioni rese in assenza di confronto con l'accusatore, si profilerebbe l'aspetto soggettivo.

18 E. AMODIO, Garanzie oggettive per la pubblica accusa? A proposito di indagini difensive e giudizio abbreviato nel quadro costituzionale, in Cass. pen., 2010, p.

17.

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disciplinata dal co. 3 del medesimo articolo19.

Nello stabilire che "la colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre sottratto volontariamente all'interrogatorio dell'imputato o del suo difensore", il co. 4 realizza il diritto al confronto nella forma del contraddittorio specifico del quale "devono essere partecipi gli stessi soggetti destinatari dell'utilizzazione probatoria dei suoi esiti"20.

Infine, con l'individuazione delle legittime deroghe al contraddittorio al co. 521, si costituzionalizza la inutilizzabilità fisiologica a tutela della separazione funzionale tra le fasi, sancendo tassativamente le ipotesi in cui la prova può essere acquisita in forza di un contraddittorio implicito ovvero in assenza di contraddittorio qualora questo sia oggettivamente impossibile o inquinato.

Viene così ad affermarsi, in particolare nei due primi profili, l'assetto del contraddittorio come espressione di un diritto di difesa attivo nella fase di assunzione del procedimento probatorio e non piegato ad una forma di intervento, circoscritto nei tempi e passivo nei modi, ad atti

19 Il co. 3 dell'art. 111 Cost., infatti, introduce la facoltà di convocazione di persone a difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e di acquisizione di ogni altro mezzo di prova a favore. Il diritto alla controprova compete infatti anche al pubblico ministero in base alle previsioni codicistiche che attuano il principio di parità tra le parti (art. 495 comma 2 c.p.p.), mentre il right to confrontation non può che essere prerogativa dell'imputato. Così E. AMODIO, op. cit. p. 20.

20 O. DOMINIONI, Un nuovo idolum theatri: il principio di non dispersione probatoria, in Cass. pen., 1997, p. 768.

21 La legge, infatti, “regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell'imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita”.

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unilaterali dell'autorità, come era invece inteso nel sistema previgente22. Alla configurazione di un contraddittorio imperfetto, inteso come mero apparato tecnico di attuazione del diritto di difesa, si contrappone la forma compiuta davanti ad un giudice, secondo la precisa formulazione dell'art. 111 co. 3 Cost., che consente di ricomporre diritto al confronto e principio di immediatezza nella

"garanzia del processo equo" 23.

Il parametro del contraddittorio “unilaterale” quale misura di una difesa in funzione di garante inquisitorio, viene abbandonato nelle decisioni immediatamente successive alla riforma costituzionale dell'art. 111 Cost. e muta in modo radicale l'approccio dei giudici delle leggi.

La Corte, preso atto di un quadro normativo profondamente cambiato, smentisce la precedente interpretazione dell'art. 513 c.p.p. resa nella sentenza n. 361 del 199824. Nel dire che i principi del giusto processo sono immediatamente applicabili, si fa carico di anticiparne gli effetti considerando abrogato quell'art. 500 comma 2 bis c.p.p. - che consentiva le contestazioni "sul silenzio" del dichiarante - sulla base della legge attuativa n. 35 del 2000 nella parte relativa alla

22 O. DOMINIONI, Un nuovo idolum theatri, op. cit., p. 741.

23 Corte Cost. 16 dicembre 1970 n. 190. La Corte rapportava la "pienezza di contraddittorio" al vantaggio per la "stessa amministrazione della giustizia", sottolineando che "non è da sottovalutare la circostanza che la presenza e l'assistenza del difensore sortirebbero l'effetto di conferire maggiore fermezza ai risultati dell'interrogatorio, anche per quella parte che potesse risultare sfavorevole all'imputato". N. GALANTINI, op. cit.

24 F. CORDERO, Procedura penale, VIII ed., Giuffré, Milano, 2006, p. 1312.

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applicazione dell'art. 111 Cost. ai procedimenti in corso (art.1 comma 2)25 e prima che il legislatore intervenga con la legge di dettaglio26. Inoltre, affermando che le deroghe del contraddittorio non possono più essere interpretate in modo estensivo, la Corte Cost. stabilisce che il concetto di irripetibilità oggettiva si riferisce solo a “fatti indipendenti dalla volontà del dichiarante”27.

Di non minore chiarezza circa il ruolo non più antagonista della Corte rispetto al legislatore sono poi due pronunce successive delle quali una, sulla testimonianza de relato della polizia giudiziaria, sostiene che dall'art. 111 comma 4 Cost. “deriva quale corollario il divieto di attribuire valore di prova alle dichiarazioni raccolte unilateralmente dagli organi investigativi”28; l'altra, in punto di contestazioni in sede di esame testimoniale, afferma che sono coerenti “istituti che mirino a preservare la fase del dibattimento....da contaminazioni probatorie fondate su atti unilaterali raccolti nel corso delle indagini preliminari29”.

Certo è che il forte richiamo costituzionale, se ha inciso in modo inequivocabile sull'orientamento della Corte, non ha del tutto

25 Corte cost. 25 ottobre 2000 n. 439 dove l'abrogazione dell'art. 500 comma 2 bis c.p.p. viene stabilita sul "versante della successione fra norme dello stesso rango".

N. GALANTINI, op. cit.

26 L. 1 marzo 2001 n. 63 ("Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di formazione e valutazione della prova in attuazione della legge costituzionale di riforma dell'articolo 111 della Costituzione"). N.

GALANTINI, op. cit.

27 Corte Cost., 25 ottobre 2000, n. 440, in Giur. Cost., 2000.

28 Corte Cost., 26 febbraio 2002, n. 32, in Giur. Cost., 2002.

29 Corte Cost., 14 febbraio 2002, n. 36, in Giur. Cost., 2002.

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convertito al nuovo corso la giurisprudenza che non solo ha sollecitato la Consulta ad esprimersi nuovamente sulla legittimità della testimonianza indiretta della polizia giudiziaria30, ma le ha rimesso la questione sulla costituzionalità dell'art. 500 c.p.p. modificato dal legislatore nel 2001, ritenendo sorprendentemente che la nuova formulazione sia contrastante con il principio di dispersione probatoria31.

3. Il concetto di contraddittorio e restrizioni: l'incidente probatorio.

Il significato del termine contraddittorio si costruisce attraverso i caratteri essenziali della partecipazione, della comunicazione e della contrapposizione dialettica delle parti, fondate sulla compiuta conoscenza dell'oggetto del contendere nonché dei suoi supporti probatori32 e mirate ad un obiettivo costituito da un giudice.

Il termine adoperato33 nell'art. 111 Cost. non dispiega un unico senso, ma due diversi significati34, l'uno oggettivo e l'altro soggettivo.

30 Corte Cost., 26 febbraio 2002, n. 32, Novella Galantini, op. cit.

31 Corte Cost., 14 febbraio 2002, n. 36, Novella Galantini, op. cit.

32 Sull'intimo nesso fra parità delle parti dinanzi al giudice e contraddittorio, cfr. G.

GIOSTRA, voce Contraddittorio (principio del contraddittorio), Diritto processuale penale, in Enc. Giur. Treccani, VIII, Roma, 2001, p. 1.

33 E' evidentemente impostazione differente dal primo orientamento sostenuto dalla Corte cost., secondo cui il principio del contraddittorio sarebbe assicurato dal diritto di difesa sancito e tutelato nell'art. 24 Cost. Tale tesi era presente fin dalla sent. Cost. 18 marzo 1957, n. 46, in Giur. Cost., 1957, p. 693.

34 G. CONTI, Le due “anime” del contraddittorio nel nuovo art. 111 Cost., in Dir pen. e proc., 2000, p. 216.

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Il contraddittorio in senso “oggettivo” è consacrato all'inizio del comma 4 dell'art. 111 Cost. e consiste nel contraddittorio “nella formazione della prova”. E' un'espressione completa, pur nella sua semplicità, e consacra il contraddittorio come metodo di conoscenza:

la prova vera non si ottiene, dunque, in segreto mediante pressioni unilaterali, ma in maniera dialettica.

Gli altri commi dell'art.111 Cost., invece, accolgono un concetto di contraddittorio differente, di natura “soggettiva”. In modo particolare, il comma 3, nella parte centrale, riconosce all'imputato il diritto di

“interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico”: si riconosce, quindi, a livello costituzionale il diritto dell'imputato a confrontarsi con l'accusatore, diritto che deve trovare attuazione dinanzi al giudice.

Limiti e deroghe, invece, possono distinguersi a seconda del minore o maggiore grado di riduzione del contraddittorio che essi implicano35. Secondo questa accezione, anche il contraddittorio soggettivo può risultarvi assoggettato: a deroghe laddove, ad esempio, lo si esclude in riti incidentali collocati in procedimenti per particolari reati (art. 406, co. 5, c.p.p.); a limiti in sede di questioni preliminari, per le quali è ammessa una discussione temporalmente e soggettivamente

35 N. GALANTINI, Limiti e deroghe al contraddittorio nella formazione della prova, in Il giudice per le indagini preliminari dopo cinque anni di sperimentazione, atti del Convegno presso l'Università di Bari, Mattinata, 25 settembre 1994 (Convegno promosso dall'Associazione tra gli studiosi del processo penale), p.81.

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circoscritta (art. 491, co. 3, c.p.p.) o in ambito di giudizio di diritto ovvero in sede di giudizio di legittimità quando, instaurato il rito camerale per i ricorsi proposti contro sentenze non emesse in dibattimento, il contraddittorio assume forme meramente cartolari (art.

611, co. 1, c.p.p.).

La trasposizione della distinzione al contraddittorio oggettivo comporta peraltro una ulteriore precisazione: se vale, comunque, la definizione di deroga a indicare ogni compressione o esclusione del contraddittorio nella formazione o acquisizione della prova, essa va integrata con ciò che può essere considerato effetto o causa di tale contrazione, cioè a dire l'acquisizione di atti della fase preliminare.

Il limite prescinde invece da quest'ultimo aspetto: ad individuarlo è qualsiasi situazione che comporta riduzione sotto l'aspetto qualitativo o quantitativo dello spazio di contrapposizione dialettica tra le parti sui temi e mezzi probatori36.

Intesi in tal senso, i limiti, rinvenibili sul piano normativo e giurisprudenziale, nonché ricavabili dalla prassi, possono essere catalogati, anch'essi, sotto due profili, oggettivo e soggettivo.

In relazione al primo aspetto, è l'oggetto di prova a porsi ad esempio come limite al controesame secondo quella giurisprudenza che afferma che il controesame deve essere delimitato dall'oggetto della deposizione così come precisato dalla parte che ha chiesto l'esame

36 N. GALANTINI, ult. op. cit., p. 83.

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diretto37. Questa tesi risulta contrastata dalla dottrina38, tendente a privilegiare la precipua finalità del controesame attraverso l'uso di elementi anche non esplorati in sede di esame diretto, ai fini del vaglio di credibilità del teste.

E' infatti, la stessa disciplina sui mezzi di prova a fissare limiti oggettivi, non solo con riguardo al fatto che il contraddittorio può instaurarsi solo in relazione ad alcuni di essi o che taluni di essi prevedono limiti mirati all'affidabilità dell'accertamento (ad esempio limiti legati alla tipologia della domanda ammissibile in corso di esame testimoniale, art. 499 co. 2 e 3 c.p.p.) o alla protezione di diritti (ad esempio, divieti di domande sulla sulla vita privata o sulla sessualità dell'offeso, art. 472 co. 3 bis c.p.p.), ma anche perchè, talvolta, è il particolare mezzo di prova ad esigere un adeguamento del contraddittorio stesso.

Talvolta, poi, è la sede processuale nella quale il rito si svolge a fissare dei limiti al contraddittorio: si tratta di limiti fisiologici al contesto e a questo adeguati.

Ai limiti posti dalla particolare fase o sede processuale corrispondono, infatti, limiti insiti nella struttura del rito stesso posti al fine di favorire una ragionevole durata del processo (art. 111, co. 2 Cost.)39 e per

37 Cass., 5 novembre 1996, in Giust. Pen., 1997, III, c. 630. Sul tema, in chiave comparatistica, cfr. L. DE CATALDO NEUBURGER, Esame e controesame nel processo penale: diritto e psicologia, Cedam, Padova, 2000, p. 29.

38 E. AMODIO, L'esame incrociato tra gli insegnamenti della prassi angloamericana e le scelte del legislatore italiano, in STONE, La cross- examination, ed. it.,Milano, 1990, p. 18.

39 G. UBERTIS, Principi di procedura penale europea. Le regole del giusto

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semplificare i modelli processuali.

L'aspetto soggettivo dei limiti al contraddittorio, oltre che a conformarsi a profili soggettivi nel momento in cui è la condotta della parte a determinarlo (ricorrendo, ad esempio, a dichiarazioni spontanee in contrasto con fatti emersi in dibattimento: tali dichiarazioni sono destinate a provocare il contraddittorio del pubblico ministero in sede di eventuale esame), si palesa a fronte degli interventi giudiziali in sede di assunzione della prova.

Tuttavia, maggiormente rilevanti ai fini della trattazione sono le deroghe al principio del contraddittorio.

Intese quali preclusioni totali e parziali al contraddittorio sostanziale, le deroghe trovano la loro fonte nelle norme che ne fondano la loro legittimità, talvolta considerando tout court il contraddittorio quale valore disponibile per volontà legislativa o per scelta discrezionale anche del giudice (art. 190 bis c.p.p.)40.

In quest'ottica si colloca l'istituto dell'incidente probatorio: il pubblico ministero (anche su sollecitazione della parte offesa) e la difesa dell'indagato possono chiedere l'assunzione anticipata dei mezzi di

processo, Giuffré, Milano, 2000, pp. 15 e ss.

40 L'art. 190 bis co. 1 c.p.p.,relativo ai procedimenti per delitti di cui all'art. 51 co. 3 bis c.p.p. e modificato dalla l. 63/2001, fa ora dipendere anche dalle parti e non più dal solo giudice l'esame di testi o imputati connessi che abbiano già reso dichiarazioni in incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni saranno utilizzate ovvero le dichiarazioni i cui verbali sono stati acquisiti ex art. 238 c.p.p.: tuttavia, anche se il giudice e parti non ritengono necessario l'esame sulla base di specifiche circostanze, l'esame è comunque ammesso quando riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni. N. GALANTINI, ult. op.

cit., p. 89.

(20)

prova nelle fasi precedenti il dibattimento.

L'art. 111, comma 5, Cost., individua i casi riconducibili alle ipotesi di deroga al principio del contraddittorio, rispettivamente «accertata impossibilità di natura oggettiva» e «provata condotta illecita».

Questa disciplina è di estremo rilievo in quanto consente di evitare che il processo scada in forme orali-protocollari per le quali la prova orale può essere recepita solo se trova corrispondenza nella prova scritta41, ad esempio.

La correttezza del trasferimento di elementi conoscitivi al dibattimento si fonda, qui, sul rispetto di regole minime di contraddittorio, il cui riconoscimento emerge, inoltre, dalla giurisprudenza della Corte Europea laddove esige quanto meno un contraddittorio differito sulla fonte di prova42.

A compensare la mancanza di un contraddittorio attuale, può supplire un contraddittorio pregresso o anticipato, talvolta anche specifico, in quanto devono essere partecipi “gli stessi soggetti destinatari dalla utilizzazione probatoria dei suoi esiti”43, e, in ogni caso, non imperfetto, nel senso che non può essere sufficiente, ai fini acquisitivi di un atto, la sua assunzione in un contesto semplicemente garantito dalla presenza della difesa, salvo che la non pienezza del contraddittorio precedente sia riequilibrata da un contraddittorio

41 M. CAPPELLETTI, op. cit., p. 145.

42 G. UBERTIS, op. cit., p. 59.

43 O. DOMINIONI, Un nuovo idolum theatri: il principio di non dispersione probatoria, in Riv. it. proc. pen., 1997, p. 768.

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differito (art. 503 co. 3 c.p.p.).

Le letture rappresentano, insieme alle contestazioni, l'altro mezzo di acquisizione di atti preliminari. Occorre qui verificare il quantum di contraddittorio che ammettono e, meglio, non escludono.

La conformazione di questo strumento acquisitivo, diversa da quello delle contestazioni, comporta necessariamente un diverso grado e qualità del contraddittorio che, comunque, gode di un suo spazio.

Al di là dell'istituto della indicazione di utilizzabilità (art. 511 co. 5 c.p.p.) va sottolineato in primo luogo che la lettura subisce il primato del contraddittorio secondo le regole generali (art. 511 co. 2) che la subordinano alla volontà delle parti o a esigenze oggettive legate alla impossibilità di ottenere la prova diretta44.

La scelta di parte condiziona anche il modo di acquisizione della prova assunta in incidente probatorio, che, anche quando letta, non esclude un contraddittorio sulla utilizzabilità ex art. 403 c.p.p. Occorre, infatti, rendere effettiva la regola contenuta nell'articolo in commento: nel dibattimento le prove assunte con l'incidente sono utilizzabili soltanto nei confronti degli imputati i cui difensori hanno partecipato alla loro assunzione. Perchè la prova assunta con incidente sia utilizzabile contro chi non ha potuto contraddire, occorre aggiungere una condizione specifica, cioè che l'atto sia divenuto irripetibile. Sarà solo l'impossibilità materiale di instaurare il contraddittorio nel

44 N. GALANTINI, ult. op. cit., p. 92.

(22)

dibattimento, ossia di escutere nuovamente il teste, che giustifica la valorizzazione dell'atto come prova anche nei riguardi di altri imputati45.

D'altro lato, se la lettura di atti irripetibili contenuti nel fascicolo per il dibattimento si accompagna spesso all'assunzione in veste di testimone del soggetto che ha compiuto l'atto, in altre fattispecie di letture previste dal codice si può osservare la presenza di quelle regole minime prima accennate, così che, ad esempio, la lettura di un atto divenuto irripetibile può giustificarsi sulla base di un contraddittorio pregresso (art. 512 c.p.p.).

L'art. 513 c.p.p., infine, disciplina le letture delle dichiarazioni rese dall'imputato del corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare con incidente probatorio e ne consente la lettura ex art. 511 c.p.p.

Il fine del processo penale (accertamento della verità non meramente formale o processuale) impone, dunque, qualche deroga al principio dell'oralità, nel senso che non appare possibile e legittimo rinunciare ad una serie di conoscenze, purtroppo acquisibili solo con atti scritti o in una fase del procedimento non naturale per l'assunzione delle prove, quale è invece quella dibattimentale.

45 P. FERRUA, Il giudice per le indagini preliminari e l'acquisizione delle prove, p.

64, in “Il contraddittorio tra Costituzione e legge ordinaria”, atti del convegno, Ferrara, 13-15 ottobre 2000.

(23)

4. Il principio di oralità-immediatezza nell'incidente probatorio.

Nonostante il principio del contraddittorio nel momento di formazione della prova (art. 111 co. 4 Cost.) sia, almeno in parte, rispettato, sono invece sacrificati il principio di pubblicità, dal momento che la prova viene assunta dal giudice in camera di consiglio, e, di maggiore rilevanza, il principio di immediatezza, dal momento che il giudice che assiste al formarsi della prova non è, di regola, lo stesso che sarà chiamato a pronunciarsi sulla responsabilità dell'imputato.

Il principio di immediatezza costituisce un altro dei cardini del modello processuale accusatorio. Insieme al principio del contraddittorio, infatti, esso ha un valore strumentale in quanto assicura la correttezza del risultato ed è considerato come uno strumento per accertare la verità nel modo migliore46.

Quando durante le indagini preliminari si procede con incidente probatorio, benché il principio del contraddittorio venga rispettato, anche se in modo ridotto rispetto a quanto accadrebbe se la prova venisse assunta nella sua fase naturale, il principio d'immediatezza viene meno.

A ben vedere, anche il principio di oralità viene fortemente sacrificato nella formazione della prova.

46 P. TONINI, Manuale di procedura penale, Undicesima edizione, Giuffré, Milano, 2010, p. 243.

(24)

La realizzazione completa del canone dell'oralità, infatti, non può prescindere da una «attenta analisi delle dinamiche che intercorrono necessariamente fra la fase procedimentale e la fase dibattimentale47».

Da questa riflessione ne scaturisce un'altra necessaria: mentre «la discontinuità degli atti, le effimere esplicazioni del contraddittorio, la mutabilità degli organi che presiedono all'istruzione […] finiscono per circoscrivere la portata dell'acquisizione “orale” della prova, soltanto nel dibattimento è consentito la piena attuazione dell'oralità48».

Il principio di immediatezza prevede che vi sia un rapporto privo di intermediazioni tra l'assunzione della prova e la decisione. Da un lato si vuole che il giudice prenda direttamente contatto con la fonte di prova (art. 526 e 514 c.p.p.), dall'altro, invece, si tende ad assicurare che vi sia identità fisica tra il giudice che assiste all'assunzione della prova e colui che prende la decisione di condanna o assoluzione (art.

525, co. 2 c.p.p.). Tutto ciò al fine di permettere una valutazione di prima mano sull'attendibilità delle dichiarazioni49.

Il principio di oralità, al di là delle diverse accezioni che può avere di per sé la parola “oralità”50, nel caso che a noi maggiormente interessa,

47 M. DEGANELLO, Oralità, in Dig. Disc. Pen., 1995, p. 16 op. cit., p. 16.

48 D. SIRACUSANO, Dibattimento, in Enc. giur., X, 1988, p. 10.

49 P. TONINI, op. cit., 242.

50 P. CALAMANDREI citato da G. LOZZI, I principi dell‟oralità e del contraddittorio nel processo penale, in Riv it. dir. e proc. pen., 1997, p. 669 ss., il quale riprendendo G. Chiovenda, osserva: “oralità significa dialogo diretto fra l‟organo giudicante e le persone di cui esso deve raccogliere e valutare le dichiarazioni (immediatezza). Questo è dell‟oralità, forse, l‟aspetto processualmente più importante”; “oralità significa identità delle persone fisiche che costituiscono l‟organo giudicante durante la trattazione della causa”; “oralità significa concentrazione della trattazione della causa in un unico periodo

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è «la comunicazione del pensiero mediante la pronuncia di parole destinate ad essere udite51» e si ha oralità piena solo quando «coloro che ascoltano possono porre domande ed ottenere risposte a viva voce dal dichiarante52».

Con l'incidente probatorio l'oralità e l'immediatezza vengono meno, perché ad assistere alla formazione della prova non è il giudice chiamato a decidere, ossia il giudice del dibattimento, bensì il giudice della fase durante la quale si è scelto di procedere, quindi Gip o Gup e saranno le loro risultanze a confluire nel fascicolo del dibattimento e, quindi, a giungere al giudice de quo in qualità di prove pronte per l'assunzione attraverso il meccanismo delle letture.

Secondo parte della dottrina53, è corretto che operi il sacrificio di questi principi cardine in quanto se la regolamentazione del processo penale non prevedesse alcuna eccezione ai principi dell'oralità, dell'immediatezza e del contraddittorio, vi sarebbero situazioni nelle quali non sarebbe possibile accertare il fatto di reato. Scopo del legislatore non è quello di affermare principi astratti ma di costruire uno strumento accettabile che dia garanzie nell'accertare i fatti di reato e nel rendere giustizia ai cittadini. «Un processo completamente orale è

(dibattimento), contenuto in una sola udienza o in poche udienze successive”; P.

CALAMANDREI, Oralità del processo, in Nov. Dig. it., IX, 1939, p. 178, in cui l‟insigne giurista efficacemente sostiene che il concetto di oralità serve per

“esprimere con una formula semplice e rappresentativa un complesso di idee e di caratteri” di cui essa “costituisce la sintesi ed il simbolo”.

51 P. TONINI, op. cit., 242.

52 P. TONINI, op. cit., 242.

53 P. TONINI, in nota a Manuale di procedura penale, op. cit., p. 243.

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un'utopia non realizzabile se non a costi sociali insopportabili54».

Secondo altra dottrina55, in un sistema che si è abituato all'idea dei dibattimenti ritardati «è certamente preferibile un contraddittorio senza immediatezza, proprio dell'incidente probatorio, al posto di un contraddittorio sorretto dall'immediatezza56».

Tutto ciò mira a circoscrivere il più possibile l'effetto negativo del dibattimento ritardato. Ecco, allora, la prova da acquisire nel corso dell'incidente probatorio: nel contraddittorio fra le parti ma senza l'immediatezza fra il giudice del giudizio e la fonte di prova. Volere a tutti i costi una prova, che sia raccordata al contraddittorio e all'immediatezza, non è realisticamente possibile57.

Se l'intento del legislatore del 1988 è stato quello di porre in essere un processo di stampo accusatorio, diviso in due fasi, l'una preliminare con la funzione di raccolta delle prove e finalizzata alle determinazioni relative all'esercizio dell'azione penale, e l'altra dibattimentale ispirata ai principi del contraddittorio, dell'oralità-immediatezza e della concentrazione, ecco che l'incidente probatorio costituisce una deviazione rispetto a tale sistema.

Di diverso avviso sembra essere altra dottrina58, la quale ritiene che si debba prediligere il sistema accusatorio originariamente previsto nel

54 P. TONINI, in nota, op. cit., p. 24.

55 D. SIRACUSANO, Urge recuperare l'oralità, in Dir. pen. proc., 1997.

56 D. SIRACUSANO, op. cit., p. 527.

57 D. SIRACUSANO, op. cit., p. 527.

58 P. FERRUA, Il giudice per le indagini preliminari e l'acquisizione delle prove, atti del convegno di Ferrara, 13-15 ottobre 2000, ”Il contraddittorio tra Costituzione e legge ordinaria”, p. 56.

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pieno rispetto dei suoi principi, riservando al giudizio la funzione centrale di assunzione della prova e riaffermando, invece, l'eccezionalità dell'incidente probatorio.

Secondo quest'ultimo, infatti, è «la prospettiva accusatoria che unisce l'oralità al contraddittorio e dove il contesto di giustificazione e distinto non solo morfologicamente, ma anche cronologicamente, dal contesto di scoperta59».

Purtroppo la stessa dottrina ammette che questa strada sia di fatto impraticabile, poiché destinata ad incontrare scarsi consensi e molte ostilità sopratutto nella magistratura. Infatti, viene affermato che «più che pensare alla elaborazione teorica del sistema ideale, si tratta di avanzare proposte più “negoziabili”60».

Una soluzione, che risponde a simili esigenze, «può consistere nel garantire l'accesso all'incidente probatorio anche oltre i casi attualmente previsti dall'art. 392 c.p.p. […] Sarebbero cosi le parti stesse a decidere se precostituire o no la prova sin dall'indagine preliminare; in un caso, rivolgendosi al giudice tenuto a disporre l'incidente probatorio; nell'altro, compiendo direttamente l'atto nella forma unilaterale che lo priva di efficacia probatorio in dibattimento o meglio ne limita l'uso a fini puramente contestativi. Insomma, l'oralità diverrebbe un valore disponibile ma almeno si riaffermerebbe il

59 P. FERRUA, op. cit., p. 58.

60 P. FERRUA, op. cit., p. 58.

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carattere inderogabile del contraddittorio61».

In quest'ottica, la liberalizzazione degli incidenti probatori è tuttavia interamente funzionale al recupero del contraddittorio e non risolve, invece, il sacrificio, benché necessario, dei principi oralità e immediatezza.

CAPITOLO II

61 Paolo Ferrua, op. cit., p. 58.

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STORIA ED EVOLUZIONE DELL' INCIDENTE PROBATORIO

SOMMARIO: 1. L'età della crisi. - 2. La genesi progettuale. - 3. Ratio originaria: a) l. Delega n. 108 del 03 aprile 1974; b) “l' incidente istruttorio” del 1978. - 4.

Dal progetto del '78 alla l. delega del 1987. - 5. Il c.p.p. del 1988. - 6. Lo spettro di operatività dell'incidente probatorio si allarga: a) riforma dei delitti contro la libertà sessuale; b) tutela del dichiarante infrasedicenne. - 7. La novella del 1997. - 8. Il quadro della nuova disciplina delle investigazioni difensive: a) l. n.

397 del 7 dicembre 2000; b) l'art. 391 bis

1. L'età della crisi.

L'incidente probatorio è un congegno venuto alla luce con il primitivo impianto del codice del 1988. Tale istituto, si è fin da subito prestato a

«sospettosi pregiudizi»62 tanto da arrivare a paralizzarsi all'indomani della svolta inquisitoria del 1992.

Successivamente a questo periodo, decisivo è stato l'intervento da parte del legislatore che ha capito l'enorme potenzialità di sviluppo dell'incidente probatorio, un meccanismo che è stato in grado di sopravvivere al «diluvio della crisi»63 facendo emergere il «volto poliedrico di un congegno dall'ormai amplissimo e variegato spettro d'azione»64.

62 G. DI CHIARA, Dig. Disc. Pen., Incidente probatorio, vol. Aggiornamento VI, p. 546 e ss.

63 G. DI CHIARA, op. ult. cit., p. 546.

64 G. DI CHIARA, op. ult. cit., p. 546.

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Il codice del 1988, di riforma del codice Rocco del 1930, si è infatti diversificato da quello previgente per aver realizzato una generale rielaborazione della disciplina della prova.

2. La genesi progettuale.

I sistemi processuali del modello napoleonico65 non conoscevano i meccanismi riconducibili al paradigma dell'incidente probatorio.

Il fascicolo processuale era unico: esso conteneva le risultanze dell'attività investigativa e fungeva da cordone ombelicale tra le fasi del processo.

Questa peculiarità del processo penale di allora ha fatto sì che fossero sostanzialmente inutili istituti volti ad anticipare la formazione della prova in contraddittorio. Tuttavia un tentativo, seppur debole, sembra emergere dal “rito con istruzione”: la testimonianza a futura memoria, di cui all'art. 357 co. 3 del c.p.p. 1930, imponeva al giudice istruttore di ricevere con giuramento la deposizione dei testimoni “necessari”

purchè venisse dimostrata l'impossibilità, per il dichiarante, di comparire nel futuro giudizio “per infermità o per altro grave impedimento”.

65 SIRACUSANO D., Vecchi schemi e nuovi modelli per l'attuazione di un processo di parti, in Introduzione allo studio del nuovo processo penale, Milano, 1989, p.

VII ss.

(31)

L'esigenza di concepire un meccanismo di anticipazione probatoria rispetto alla fase dibattimentale emerge in maniera più rilevante nell' inchiesta preliminare.

Siamo negli anni Sessanta e vediamo aggiungersi al rito “con istruzione” un modello che ha l'intento di sostituirsi al precedente:

l'incidente di istruzione. Esso è uno strumento in grado di

«cristallizzare una prova suscettibile di dispersione se rinviata oltre...allo scopo di offrire all'organo inquirente più consapevoli basi fattuali su cui maturare le proprie determinazioni circa la promovibilità della domanda in giudizio»66. Saranno queste le basi che daranno impulso alla creazione dell' incidente probatorio.

3. Ratio legis originaria: a) l. delega n. 108 del 03 aprile 1974.

L'intento dell'incidente probatorio è stato fin da subito quello di far fronte alle ricadute negative del sistema tracciato dalla L.d. 3-4-1974 n.

108 la quale prevedeva una fase preparatoria del giudizio affidata al pubblico ministero e rappresentata dalle indagini preliminari, cui poteva seguire una fase degli “atti di istruzione” formati dal giudice istruttore (art.2 n.42 L. 108/74).

Il problema che ne scaturiva era principalmente legato ai termini (30

66 Per questa terminologia cfr. CORDERO F., Diatribe sul processo accusatorio, Linee di un processo accusatorio, Milano, 1966, 224 ss.

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giorni per l'attività scolta dal pubblico ministero e 13 mesi per quella del giudice istruttore) i quali, proprio per la loro diversità, svuotavano del significato probatorio il dibattimento. Sembrava infatti che la fase istruttoria fosse parcours obligé67: «risultava evidente il rischio che, nella maggior parte dei casi, lo svolgimento di atti istruttori ad opera del giudice sarebbe stato normale, mentre il passaggio dalle indagini preliminari al giudizio immediato avrebbe avuto il sapore dell'eccezionalità».

Su questi presupposti il Parlamento ha scelto di tagliare la tradizione secolare del modello napoleonico del code d'istruction criminelle francese del 1808, attraverso la soppressione dell'istruzione e la caratterizzazione della fase ante iudicium, affidata al pubblico ministero in senso investigativo e di ricerca delle fonti di prova68. Tuttavia, al fine di evitare la dispersione degli strumenti probatori, occorreva ancora prevedere la loro raccolta nella fase anteriore al dibattimento: questa è la ratio essendi dell'incidente probatorio come meccanismo che mira alla formazione anticipata della prova.

b) “L'incidente istruttorio” del 1978.

67 GREVI V., Indagini preliminari ed incidente istruttorio nella progettazione del nuovo processo penale: dal pubblico ministero “giudice” al pubblico ministero

“parte”, in Cass. Pen., 1984, p. 1841.

68 NEPPI MODONA G:, sub. art. 112, in Commentario della Costituzione, a cura di G. BRANCA, La Magistratura, tomo IV, Zanichelli, Bologna, 1987, p. 40.

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Padre dell'incidente probatorio possiamo dire essere un istituto individuabile nel Progetto preliminare al codice di procedura penale del 1978: il c.d. “incidente istruttorio”.

Siamo nell'ambito del procedimento pretorile: l'art. 525 co. 1 rubricato

“prove non rinviabili al dibattimento” prevedeva che «nel corso delle indagini preliminari, il pretore, a richiesta del pubblico ministero, assume, con le forme previste per il giudizio, le prove che per la loro complessità o urgenza non sono rinviabili al dibattimento».

L'art. 525 co. 1 proseguiva stabilendo che «l'esame dei testimoni è consentito qualora ricorrano le circostanze previste nell'art. 374».

L'art. 347, rubricato “testimonianza a futura memoria”, disponeva che

«quando vi è fondato motivo di ritenere che una persona non possa essere esaminata come testimone al dibattimento per grave infermità o perchè deve trasferirsi all'estero, il giudice istruttore, a richiesta del pubblico ministero o dell'indiziato, ne dispone l'esame».

4. Dal progetto del '78 alla l. delega del 1987.

La procedura illustrata nel progetto del '78 venne fortemente criticata dalla Commissione consultiva e da altri organi ed enti chiamati a darvi un parere.

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Nel progetto del 1978 è tuttavia contenuto l'abbozzo di quello che nella legge delega 16 febbraio 1987, n.81, e poi nel codice del 1988, sarebbe stato definito “incidente probatorio”, uno dei cardini su cui avrebbe poggiato il nuovo assetto tanto da comprendere la regolamentazione di tutte le ipotesi in cui all'assunzione della prova dovesse necessariamente pervenirsi durante la fase anteriore al dibattimento perchè la sua utile formazione nella fase successiva sarebbe risultata quanto meno probabile.

L'esigenza che il pubblico ministero ponesse un punto fermo già nella fase anteriore al dibattimento su alcuni importanti risultati delle indagini, costituiva il motivo determinante l'introduzione dell'istituto.

Il lavoro del legislatore era però ancora un percorso in salita: occorreva infatti ancora instaurare un regime strutturato in modo tale da impedire l'utilizzazione a fini di decisione degli atti delle indagini preliminari ponendo al riparo l'eventualità che la prova non potesse essere differita in dibattimento, salvaguardando allo stesso tempo i connotati fondamentali del processo accusatorio, appena riformato, e proteggendo l'esigenza di evitare che l'adozione del contraddittorio tra le parti, nel pieno di una fase per sua natura segreta, potesse comprometterne il risultato.

Fu così che nel testo proposto dalla seconda Commissione del Senato l'espressione “incidente istruttorio” venne sostituito dall'altra

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“incidente probatorio”69 e introdotto nel codice Rocco del 1988 all' art.

392.

L'introduzione dell'incidente probatorio fu una necessità insuperabile per salvaguardare la centralità del dibattimento. La direttiva n. 40 della legge delega riflette proprio la necessità di comparare tali esigenze delineate ed evidenzia le caratteristiche di un regime che risulta informato alla necessità di collegamento delle indagini oltre i «limitati confini assegnati alla possibilità di ricorso al processo cumulativo70».

5. Il c.p.p. del 1988

Una delle novelle più significative ricavabili dal codice del 1988 è costituita dalla netta scansione del procedimento penale in due fasi: la fase delle indagini preliminari e la fase del processo. Nella prima, promossa su iniziativa tanto della polizia giudiziaria quanto del pubblico ministero, ma diretta da quest'ultimo, eventualmente dopo aver ricevuto dalla polizia giudiziaria l'informativa di cui all'art. 347 c.p.p., non è in linea di massima, previsto l'intervento del giudice che fa la sua comparsa nei casi in cui sia richiesta l'osservanza della tutela giurisdizionale.

69 Cfr. intervento GALLO, in A.P. Sen., IX legisl., Assemblea, 20 novembre 1986.

70 NEPPI MODONA G., Il processo cumulativo nel nuovo codice di procedura penale, Cass. Penale, 1988, p. 940.

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L'attività del pubblico ministero e della polizia giudiziaria è preordinata, infatti, come enuncia l'art. 326, allo svolgimento delle indagini necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale; vale a dire, a quella che sarà, all'esito di tale fase, la scelta da parte del pubblico ministero tra la richiesta di archiviazione e, quindi, di non promuovimento dell'azione penale.

Il sistema del nuovo codice impone di pervenire alla formazione della prova nel dibattimento ma ammette delle eccezioni, prima fra tutti l'incidente probatorio.

La distinzione, anche funzionale tra fase delle indagini preliminari e fase del vero e proprio processo, infatti, appare chiara solo considerando l'esigenza che ha mosso il legislatore ad introdurre l'istituto dell'incidente probatorio. Un'esigenza che trova il suo fondamento, da un lato, nella previsione id un periodo di durata delle indagini preliminari attraverso il quale si consente l'utilizzazione di un arco temporale che può giungere ad un plafond di 18 mesi dall'iscrizione del nome dell'indagato nel registro delle notizie di reato e, in alcune eccezionali ipotesi, estendersi fino a due anni; dall'altro, nella impossibilità di utilizzazione dell'attività di indagine posta in essere valicando tale limite.

Nella netta scansione tra fase delle indagini preliminari e fase del processo, comportante la normale inutilizzabilità a fini di decisione delle acquisizioni della prima fase, deve, perciò, cogliersi la ragione di

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fondo dell'incidente probatorio. Un istituto attraverso il quale si consente, nel caso in cui la fase delle indagini preliminari sia tuttora in corso, di procedere all'assunzione anticipata di mezzi di prova, il cui differimento alla fase dibattimentale potrebbe, per il venir meno o per il pericolo di inquinamento o di deterioramento della fonte, comportare che la prova risulti non più assumibile ovvero non più attendibile.

Con l'incidente probatorio, quindi, il momento propriamente investigativo caratteristico delle indagini preliminari lascia eccezionalmente il passo ad un momento giurisdizionale, attraverso la creazione di un incidente processuale destinato alla sola formazione della prova, così anticipando il regime di assunzione attraverso l'intervento del giudice nel contraddittorio degli interessati.

La conseguenza sarà che, nel sistema del doppio fascicolo, introdotto dal nuovo regime, la documentazione relativa all'incidente probatorio entrerà subito a far parte del patrimonio delle conoscenze del giudice del dibattimento.

La prova, perciò, dovrà considerarsi, a seguito della lettura, acquisita al dibattimento, così da divenire utilizzabile ai fini della decisione.

6. Lo spettro di operatività dell'incidente probatorio si allarga:

a) riforma dei delitti contro la libertà sessuale

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Negli anni '90, nel pieno del dibattito culturale sulle prospettive di ampliamento operativo dell'incidente probatorio, si perviene a tutelare con lo stesso istituto interessi di rango extraprocessuale.

Assistiamo in questo periodo all'avvenire, dopo una lunga attesa, della riforma dei delitti contro la libertà sessuale, l. 15 febbraio 1996 n. 66, che avrebbe significativamente espanso l'area applicativa dell'istituto in esame.

b) tutela del minore.

L'art. 13 co. 1 l. 15 febbraio 1996 n. 66 ha aggiunto all'art. 392 c.p.p. il co. 1-bis ove si stabilisce che, nei procedimenti per fatti riconducibili alle più gravi tra le nuove figurae criminis introdotte dalla stessa legge del 1966, le parti potessero «chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minore di anni sedici, anche al di fuori delle ipotesi previste dal co. 1».

Il catalogo dei “reati legittimanti” subiva così un ulteriore aggiornamento introducendo una ipotesi per cui potesse venire meno ogni profilo di non rinviabilità della prova.

Con un successivo intervento, la l. 3 agosto 1998, n.269, si è aggiunto all'art. 392 co. 1-bis c.p.p. il richiamo di nuovi delitti previsti agli articoli 600-bis, 600-ter e 600-quinquies c.p.

(39)

Siamo di fronte, come già accennato, ad una dimensione extraprocessuale : il congegno dichiaratamente si innesta nel quadro della tutela della personalità del minore, estesa, anche al di là della più devastante ipotesi nella quale il minore rivesta il ruolo di vittima del reato, all'intera area in cui il soggetto sia comunque portatore di conoscenze rilevanti sui fatti di causa e debba, dunque, essere esaminato come testimone.

7. La novella del 1997.

Le scelte in senso ampliativo operate dalla novella del 1996 hanno dato prova delle potenzialità dell'incidente probatorio.

Il 7 agosto del 1997, entra in vigore la l. n. 267, i cui itinerari percorsi, in palese chiave reattiva rispetto alle logiche sottese alla svolta inquisitoria del 1992, sono agevoli da ricostruire: la novella, nel riplasmare i criteri di formazione della prova, riformulava in profondità l'art. 513 c.p.p., di fatto sbarrando la via alla rottura degli argini tra indagini e processo che aveva condotto all'abuso del ricorso al meccanismo delle letture acquisitive.

A quel primo intervento faceva da pendant la disposta liberalizzazione dell'accesso all'incidente probatorio ogni qualvolta si trattasse di procedere all'esame della persona sottoposta alle indagini su fatti

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concernenti la responsabilità di altri, art. 392 co. 1 lett. c), ovvero all'esame dei soggetti di cui all'art. 210, art. 392 co. 1 lett. d).

Il testo dell'art. 513, con riguardo alle dichiarazioni precedentemente rese dall'imputato e già acquisite con lettura al fascicolo per il dibattimento , ne vincolava l'utilizzazione erga alios al consenso di chi fosse stato attinto dai dicta accusatori.

Il successivo co. 2, con riguardo al contributo del soggetto richiamato dall'art. 210 c.p.p., ossia di colui che, a dibattimento, si fosse avvalso della facoltà di non rispondere, consentiva la lettura delle dichiarazioni precedentemente rese nel corso delle indagini «soltanto con l'accordo delle parti71».

Per contro la disciplina prevista dall'art. 511 c.p.p. fa sì che il medesimo si applichi anche nel caso in cui il collaboratore abbia reso dichiarazioni nel contraddittorio con la difesa dell'accusato e si fosse però avvalso, in sede dibattimentale, della facoltà di non rispondere nonostante.

Successivamente, l'art. 4 della l. 267/97 modificava le lett. c) e d) dell'art. 392 c.p.p., eliminando gli incisi relativi ai richiami dei presupposti di cui alle lett. a) e b) della stessa norma.

Tale modifica, secondo la dottrina prevalente, ha determinato una sorta di presunzione di indifferibilità dell'incidente probatorio nei citati casi, svincolando l'ammissibilità dello stesso da qualsiasi presupposto72.

71 CORDERO F., Procedura penale, Giuffrè editore, Milano 2001, p.717.

72 NAPPI A., guida al codice di procedura penale, Giuffrè editore, Milano, 2007, p.

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La scomparsa dei precedenti limiti opera quale abbassamento della soglia di ammissibilità dell'incidente probatorio non richiedendo più che la persona da esaminare si trovi nelle particolari condizioni previste dalle lett. a) e b) dell'art. 392 c.p.p. Tuttavia, questo abbassamento non deve comportare l' esonero della parte richiedente dall'indicare le ragioni che rendono la prova non rinviabile alla pur sempre fisiologica sede dibattimentale73.

Nel 1998 la Corte Costituzionale è stata chiamata a decidere dell'incostituzionalità dell'art. 513 e, pronunciandosi a favore dell'incostituzionalità della norma, ha ribadito l'intangibilità del diritto al silenzio sancito dall'art. 210 co. 4 c.p.p.

Dal novellato 513 c.p.p. esce «potenziata la facoltà di scelta delle parti in ordine al momento di formazione della prova».

In ultimo occorre evidenziare come in sede attuativa dell'art. 111 Cost.

scaturito dalla l. n. 63/2001, nell'intento di ridimensionare il diritto al silenzio, in ordine alle dichiarazioni quasi-testimoniali rese “sul fatto altrui”, il legislatore abbia plasmato la figura del testimone assistito.

Parliamo di un soggetto che ha scelto volontariamente di “collaborare”

e che non può però avvalersi del diritto al silenzio. Ecco perchè il testimone assistito è escluso dall'alveo dell'art. 392 co. 1 lett. c e d ma potrà vedersi applicate le lettere a e b percorribili, tuttavia, solo

311.

73 MACCHIA A., Nuove norme in materia di richiesta di rinvio a giudizio, di udienza preliminare e di incidente probatorio, in Cass. Penale, 1999, p. 328.

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