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2. L’inganno dell’amore e il dispotismo del sesso

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Academic year: 2021

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Introduzione

Introverso ma loquace, impacciato, quando non misogino, con il sesso opposto e tuttavia protagonista di più relazioni affettive, gran bevitore, amante della pornografia, ipocondriaco, agorafobico, in certe prese di posizioni politiche a tratti quasi razzista o simpatizzante dell’ultra destra e, contemporaneamente solidale con l’esistenza penosa dell’uomo ordinario, Philip Larkin, uno dei più grandi poeti inglesi contemporanei è anche un uomo comune, con tutte le sue complicazioni e contraddizioni, che trascorre i suoi giorni nella continua tensione dovuta al perpetuo tentativo di adattamento ad una vita scialba, ma tormentata, in gran parte passata a svolgere il lavoro di bibliotecario nella provincia inglese.

Da un lato, quindi, un uomo sostanzialmente triste, dalla vista debole e dall’aspetto non proprio attraente, dall’altro una mente brillante, mordace, sensibile e generosa. La scarsa avvenenza fisica, associata alla balbuzie, ai difetti di salute e ad un temperamento chiuso, lo rese insicuro al punto tale da sentirsi quasi inidoneo alla vita. Eppure, la grande capacità di humour, di ironizzare su qualsivoglia argomento, e l’acutezza della sua intelligenza ne fecero una persona estremamente affascinante.

Dotato di una bella voce, per lo meno a detta di J. R. Watson1, fu un purista della lingua inglese. Non amava le semplificazioni sciatte né i modernismi linguistici. Scriveva per preservare le proprie esperienze, come dichiarò in un’intervista del 1955 alla Paris Review: “I write poem to preserve things I have seen/thought/felt (if I may so indicate a composite and complex experience) both for myself and for others, though I feel that my prime responsibility is to the experience itself, which I am trying to keep from oblivion for its own sake. Why I should do this I have no idea, but I think the impulse to preserve lies at the bottom of all art”2. Due anni dopo sviluppò questo pensiero parlando del legame inestricabile tra arte e piacere3.

Larkin cadde vittima a più riprese della depressione, ma probabilmente ciò fu la naturale conseguenza di quella grande sensibilità che gli consentì di penetrare nell’animo umano, di metterne a nudo i dolori e gli incubi e di saper rendere il tutto in versi cristallini, pungenti e memorabili.

Autore sia di prosa sia di poesia, come vedremo successivamente, Philip Larkin è soprattutto ricordato per le sue composizioni liriche, e saranno proprio quest’ultime l’oggetto del presente lavoro, tanto rappresentative quanto diradate nella loro apparizione a stampa; come scrisse A. N. Wilson, nella sua commemorazione di Larkin apparsa sullo Spectator, “the reason

1 Cfr. D. Salwak, Philip Larkin: The Man and his Work, London, MacMillan, 1989, p. 90.

2 P. Larkin, Required Writing: Miscellaneous Pieces 1955-1982, London, Faber and Faber, 1983, p. 79

3 Ibidem. p. 81.

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Larkin made such a great name from so small an oeuvre was that he so exactly caught the mood of so many of us. One of the symptoms of the decline of our society is that we distrust fine expressions and rhetoric. Since the death of Yeats, there has been no poet who could quite manage a high style. Larkin found the perfect voice for expressing our worst fears”4. Di Larkin metterò in luce le caratteristiche di poeta del compromesso con la vita, della scesa a patti con essa e le sue componenti sociali, culturali e politiche. Una filosofia del compromesso che traspare anche nella poetica larkiniana: ancorata alla tradizione metrica e ideologica ma capace di gettare una luce straniante sulla condizione dell’uomo nella società moderna tardo-industriale.

4 A. N. Wilson, “Philip Larkin. A. N. Wilson remembers the poet, who died this week”, in The Spectator, December 7, 1985, p.24.

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1. Una vita qualunque?

Philip Larkin nasce a Coventry, il 9 agosto 1922, da una famiglia appartenente alla middle-class. Gli interessi culturali del padre, City Treasurer, consentono a Philip lo sviluppo dei primi interessi letterari. E’ nella biblioteca paterna, infatti, che il giovane Larkin conosce scrittori di cui sarà grande ammiratore, come Hardy e Lawrence. Formatosi alla King Henry VIII Grammar School di Coventry e laureatosi poi al St John di Oxford in Inglese magna cum laude nel 1943, Larkin, uno dei più importanti poeti inglesi del Novecento, vivrà un’esistenza sostanzialmente anonima. E’ lo stesso scrittore ad usare l’aggettivo uneventful in relazione alla sua giovinezza5. Ostacolato nei rapporti interpersonali dall’indole timida e dalla balbuzie, Larkin è vittima anche dell’atmosfera tetra e soffocante che regna nella propria famiglia. Il padre, uomo dai tratti autoritari e arroganti, sprezzante delle donne, incurante verso gli altri e persino visitato da sentimenti filo-nazisti6, domina la consorte, debole e ansiosa, e il figlio (fa parte del nucleo famigliare anche Catherine, sorella maggiore di Philip, la quale però non riveste grande importanza nella vita del poeta). Questa situazione condurrà Larkin ad affermare “that human beings should not live together, and that children should be taken from their parents at an early age”7.

Larkin non fu un enfant prodige. Le sue inclinazioni letterarie si rivelano soltanto intorno ai sedici anni. Importante, però, è la “scoperta” della musica, del jazz in particolare, durante l’adolescenza, perché essa ha il potere di eclissare le sue insicurezze, che, tra l’altro, lo renderanno refrattario ai poetry-readings8, e di farlo sentire parte di una comunità; anche se si può ricordare che Kingsley Amis, altro studente del St John e futuro appartenente al Movement, ci presenta un Larkin piuttosto socievole e divertente9.

Dopo la laurea, Larkin inizia a lavorare nella biblioteca comunale di Wellington, poi in quelle universitarie di Leicester e Belfast; infine diviene bibliotecario capo della Brynmor Jones Library dell’università di Hull, posto che occuperà fino alla morte, avvenuta il 2 dicembre del

5 Cfr. V. Amoruso – F. Binni, I contemporanei: letteratura inglese, Roma, Luciano Lucarini Editore, 1978, p. 573.

6 Cfr. A. Motion, Philip Larkin: A Writer’s Life, London, Faber and Faber, 1994, pp. 12-13.

7 Ibidem p. 15.

8 E’ bene ricordare che, oltre a causa della sua connaturata timidezza, in seguito Larkin disapproverà quest’abitudine della lettura pubblica in quanto possibile mezzo di degenerazione del valore della poesia. Questo perché, spinto dalla società e dal bisogno di riscuotere successo (e quindi danaro), auspica che il poeta non si pieghi alla volontà della massa, rinunciando a seguire la propria vena artistica in favore forse di qualcosa di troppo tecnico e quindi sterile. Cfr. V. Amoruso – F. Binni, op. cit., p. 577.

9 Cfr. D. Salwak, op. cit. Nel libro Salwak raccoglie articoli di critica letteraria sul poeta inglese e testimonianze di persone a lui vicine, tra cui, appunto, quella di Amis il quale parla di un atteggiamento qualche volta addirittura chiassoso, “scattered with bursts of laugher and imitations of Oxford stereotypes we had developed in common.”

P.3.

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1985 a causa di un cancro non operabile all’esofago. La sua lapide, per ordine di Monica Jones, docente a Leicester e compagna del poeta, recita: “Philip Larkin 1922-1985 Writer”.

“Writer, not poet”, per usare le stesse parole della donna. Infatti, sebbene sia conosciuto quasi esclusivamente per la sua poesia, raccolta nei volumi The North Ship (1945), The Less Deceived (1955), The Whitsun Weddings (1964) e High Windows (1974), tra le produzioni di Larkin vi sono anche recensioni sulla musica jazz (All What Jazz: A Record Diary 1961 – 1971, Faber and Faber, 1985), un’antologia di poeti del Novecento inglese (The Oxford Book of Twentieth Century English Verse, Oxford University Press, 1973) e due romanzi, Jill (uscito per la prima volta nel 1946 presso The Fortune Press) e A Girl in Winter (Faber and Faber, 1947).

Il primo ha come protagonista l’impacciato John Kemp, ragazzo della working-class che, in pieno periodo bellico, si trova a studiare a Oxford e a confrontarsi col compagno Christopher Warner, dalla condotta dissoluta e sconsiderata. Per quanto l’autore stesso definisca la trama del romanzo debole e immatura10, alcuni critici ne sottolineano l’importanza. Sanders indica Jill come precursore di ciò che diventerà uno dei temi più comuni nella letteratura inglese tra gli anni Cinquanta e Sessanta, ovvero il difficile e delicato sviluppo della propria coscienza da parte del ceto inglese medio-basso11, punto a cui si collega Brownjohn, il quale parla di “nastiness of the class system”12. Anche A Girl in Winter presenta un contesto storico di guerra e una protagonista colta in una posizione di isolamento psicologico. Katherine Lind è una straniera che, per cause non del tutto chiarite, si trova a lavorare in una biblioteca della provincia inglese e ad affrontare i disagi di comunicazione e comprensione, non esclusivamente linguistica, che la sua situazione comporta. Su questo romanzo la critica si è divisa: mentre Palmer accusa Larkin di non occuparsi troppo dell’indagine psicologica dei propri personaggi13, il già citato Brownjohn ne esalta un’atmosfera suggestiva che richiamerebbe The North Ship14.

Raccolta dei componimenti giovanili, quest’ultima in realtà ebbe scarsa risonanza alla sua prima pubblicazione. Ricevette infatti esclusivamente una breve e poco approfondita recensione sul Coventry Evening Telegraph (26 ottobre 1945). Soltanto quando l’opera fu pubblicata nuovamente nel 1966, la critica le tributò maggiore attenzione e apprezzamento soprattutto in quanto dimostrazione dell’evoluzione di un poeta già lodato (ricordiamo che erano già venute alla luce The Less Deceived e The Whitsun Weddings). Vale la pena di riportare le parole di Elizabeth Jennings sull’importanza di quella seconda pubblicazione: “It is good to know that

10 Cfr. R. Johnson, Philip Larkin and the case of the missing manuscript,

http://www.hull.ac.uk/oldlib/archives/paragon/1997/larkin.html, 1998, consultato il 24 giugno 2012.

11 Cfr. A. Sanders, The Oxford History of English Literature, Oxford, Clarendon Press, 1996, p. 601.

12 A. Brownjohn, Philip Larkin, London, Longman Group LTD, 1975, p. 27.

13 Cfr. R. Palmer, Such Deliberate Disguise, London, Continuum, 2008, p. 75.

14 Cfr. A. Brownjohn, op. cit. p. 29.

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Larkin could write so well when still so young”15. In effetti i volumi successivi a The North Ship riscossero un notevole successo da parte della critica, a partire dalla rivista The Times che incluse The Less Deceived nella lista dei libri dell’anno 195516. The Withsun Weddings fu poi stimata a tal punto che Christopher Ricks definì Larkin come il miglior poeta della scena inglese contemporanea17. Ovviamente anche l’ultimo volume, probabilmente il migliore, High Windows, fu oggetto di elogi da parte di critici come Amis, Brownjohn e Clive James a proposito del quale lo stesso poeta, rivolgendosi all’editore Thwaite, mostra una certa gratitudine e riconoscenza: “I was much heartened by the unaffected and generous sympathy of his review”18. Certo, vi furono contemporaneamente alcune critiche negative come quella di Al Alvarez, il quale accusò Larkin prima di non essere al passo con l’impeto violento della vita contemporanea, di peccare di gentility19, poi di peccare di banalità. Ma, invece di ridimensionare il valore attribuitogli, queste affermazioni resero al poeta maggior fama. Crebbero infatti gli inviti agli eventi culturali e accademici – inviti che, senza stupircene, puntualmente rifiutava20 – e la sua poesia divenne ben presto riconoscibile oltre a guadagnarsi il proprio posto nell’olimpo letterario inglese.

Secondo le parole di Motion, “‘The Less Deceived’ made his name; ‘The Whitsun Weddings’ made him famous; ‘High Windows’ turned him into a national monument”21. Questo progresso è davvero interessante se si pensa che Larkin desiderava non scrivere poesia, ma dedicarsi alla prosa. E lavorerà su altri romanzi che però non vedranno mai la luce, forse perché, come dichiarò il poeta stesso durante un’intervista, “novels are about other people and poems are about yourself. I think that was the trouble, really. I didn’t know enough about other people, I didn’t like them enough”22.

1.1 L’esperienza del Movement

Larkin ha sempre sostenuto di non sentirsi parte di alcun movimento letterario, eppure il suo nome compare nell’articolo di J. D. Scott apparso il primo ottobre del 1954 sullo Spectator,

15 E. Jennings, “The Larkin Tone”, in The Spectator, September 23, 1966, p. 21.

16 Cfr. A. Motion, op. cit., p. 269.

17 C. Ricks cit. in R. Bradford, First Boredom Then Fear: The Life of Philip Larkin, London, Peter Owen, 2004, p. 202.

18 Cfr. A. Motion, op. cit., p. 444.

19 Cfr. A. Alvarez, Introduction: The New Poetry or Beyond the Gentility Principle, in A. Alvarez (selected and introduced by), The New Poetry: An Anthology, Harmondsworth, Penguin Books, 1966, p.32. Alvarez, nelle pagine precedenti, mette a confronto ‘At Grass’ di Larkin e ‘A Dream of Horses’ di Ted Hughes, affermando che quest’ultima appare meno controllata, più violenta e vivida, rispetto alla prima, che definisce “pastolal”.

20 Cfr. A. Motion, op. cit., p.328.

21 Inidem, p. 446.

22 P. Larkin, Required Writing, p. 49.

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in cui il critico, redattore letterario del settimanale, battezza la corrente letteraria del Movement.

Nata intorno alla metà del ’53 e composta di scrittori emergenti, questa poesia “scettica, robusta e ironica”23, approda ben presto a una prima antologia, Poets of the Fifties, curata da Dennis Joseph Enright e uscita nel 1955, a cui fa seguito l’anno successivo New Lines, una seconda raccolta ad opera di Robert Conquest. Insieme a Larkin troviamo rappresentati Kingsely Amis, Donald Davie, Thom Gunn, John Holloway, Elizabeth Jennings, John Wain e i già citati Enright e Conquest. Pur non conoscendosi necessariamente di persona e non riunendosi in un gruppo ufficiale, essi condividono sia un background culturale ed estetico in quanto provenienti tutti da Cambridge e Oxford (sede, quest’ultima, dell’amicizia nata tra Larkin ed Amis), sia l’avversione per la poesia romantica e surrealista24, troppo oscura e misticheggiante, in favore di versi cristallini, sobri ed empirici organizzati in una sintassi ordinata e razionale. Per quanto riguarda il contenuto, la poesia del Movement tratta di esistenze inette e malinconiche, esperienze fallimentari e desolanti, realtà vacue trattate con ironia o addirittura cinismo e una vena penosa (del resto il ricordo della tragica seconda guerra mondiale era ancora vivido e non avrebbe potuto non influenzare l’arte in senso pessimistico). Laddove appaiono gli eroi tradizionali, essi vengono demitizzati, non per diminuirne la statura, ma per sottolinearne la somiglianza con qualsiasi comune mortale, compreso il poeta stesso. Infatti, ancora in contrapposizione col Romanticismo, questi non è più il profeta infallibile, ma una persona vulnerabile con un forte senso di incertezza. Tale concezione si lega al problema del rapporto tra i lettori e gli scrittori del Movement. Sostanzialmente essi vogliono raggiungere sia le ristrette élite intellettuali, sia un più esteso corpo di lettori. Infatti, se da un lato Davie propone una poesia fortemente allusiva e Gunn ricorre ampiamente al mito, dall’altro Larkin, Enright e Amis sono contrari ad un tipo di scrittura che richieda conoscenze accademiche per essere compresa. Inoltre il nostro poeta universalizza la propria esperienza personale, non solo con l’uso del pronome we, facilitando quindi l’immedesimazione e il coinvolgimento del lettore, ma spesso inserendo nei suoi testi versi in corsivo che sono espressione della dimensione corale.

Questa identificazione rimanda ad uno dei punti più complessi del Movement, ovvero la relazione con la borghesia e la vita urbana-industriale provincia inglese. Non a caso, una delle accuse mosse al Movement fu quella di Evelyn Waugh, che parlò di una “new wave of philisteism”25. Lungi dall’essere idealizzata e suggestiva, quella del Movement è una provincia

23 F. Ciompi, Mondo e dizione. La poesia in Gran Bretagna e Irlanda dal 1945 a oggi, Pisa, ETS, 2007, p. 61.

24 Tuttavia Larkin subisce l’influenza di poeti simbolisti come W. B. Yeats, Mallarmé e Baudelaire e, sebbene si tratti di un fenomeno evidente soprattutto nella raccolta giovanile The North Ship, anche in seguito non riuscirà a liberarsi completamente da certi ascendenti, pur se l’uso del simbolo avverrà con maggiore moderazione.

25 E. Waugh, cit. in B. Morrison, The Movement. English Poetry and Fiction of the 1950s, Oxford, Oxford University Press, 1980, p. 58.

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desolata e desolante, resa ancora più ugly dal processo di industrializzazione che ha esacerbato le divisioni di classe. Tuttavia gli scrittori del Movimento hanno sempre scoraggiato le interpretazioni marxiste della propria opera. Emblematica è, a questo proposito, “The Garden Party” di Davie, un testo detto da un io lirico appartenente alla lower-middle-class, che pare una critica alla distinzione sociale e al capitalismo. Eppure il tono, più scherzoso che polemico, suggerisce che il protagonista non ha alcuna intenzione di cambiare lo status quo della società.

L’ironia è bonaria, non rivoluzionaria.

Vi furono altre critiche negative al Movement, tra le quali spicca quella di Charles Tomlinson. Egli, a proposito del tipico poeta del Movement, parlò di “intense parochialism”,

“inability to place his malaise” e “vague sense of unsatisfactoriness”26. Inoltre criticò il Movement per aver ignorato gli insegnamenti modernisti, obieizione alla quale Larkin rispose attraverso una lettera indirizzata a Conquest27. Come recenti studi hanno dimostrato, l’accusa dovrebbe peraltro essere assai ridimensionata28.

Non costituendo ufficialmente un gruppo, non è possibile stabilire con esattezza quando il Movement cessò di esistere. Certo è, però, che la sua fine fu determinata da cambiamenti sviluppatisi su più livelli, primo fra tutti il distacco venuto a crearsi tra i suoi componenti. Questi, che inizialmente facevano parte dell’ambiente universitario, si erano allontanati ora da esso.

Alcuni erano emigrati nella metropoli londinese o addirittura all’estero e questo significava recidere i contatti con la tanto declamata provincia. Erano inoltre nate delle divergenze, come quella tra Davie, che considerava la poesia una professione a tutti gli effetti, e Larkin, il quale invece ne sosteneva la natura di hobby. Infine, la pubblicazione del primo volume di poesie di Ted Hughes, The Hawk in the Rain, avvenuta nel 1957, segnava una svolta importante nell’ambito culturale inglese.

26 C. Tomlinson, “The Middlebrow Muse”, Essays in Criticism, Oxford, S. Wall, 1957, vol.7, n.2.

27 C. Serani, The August Presence. T. S. Eliot nell’opera di Philip Larkin, Roma, Aracne, 2010, p.58, riporta il seguente estratto: “[…] why [does] he [i.e. Tomlinson] assume I haven’t read Tradition and the &c? I have, and I think it piss.

If he wants to take his time from bookish young Yanks, let him, but I prefer my own taste in these things.”

28 Larkin condannava i capisaldi eliotiani del Modernismo quali il metodo mitico, l’impersonalità poetica e la citazione colta, poiché potevano costituire, come del resto abbiamo già detto, un ostacolo tra autore e lettore.

Tuttavia nella sua opera sono riconoscibili modelli quali, ad esempio, oltre a T. S. Eliot, il già citato W. B. Yeats, T.

Hardy, W. Owen, W. H. Auden, C. Rossetti e W. Burnes.

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2. L’inganno dell’amore e il dispotismo del sesso

Leggendo l’esaustiva biografia di Andrew Motion, apprendiamo come il rapporto con l’altro sesso fu per Larkin problematico sin dai tempi di Oxford, quando, pur se il poeta era venerato in qualche modo grazie al suo carisma, gli appuntamenti con le ragazze terminavano sempre in modo negativo, spesso per inezie (ad una ragazza, ad esempio, non aveva concesso una seconda chance solo perché l’aveva battuto a ping-pong29). A causa di ciò, è stata ipotizzata anche una tendenza omosessuale di Larkin, che però è solo una congettura senza solide basi.

Questo perché, non solo il poeta fu effettivamente legato sentimentalmente, in vario modo, a delle donne (Ruth Bowman, Monica Jones, Winifred Arnott e Maeve Brennan, di cui si sentiranno gli echi in qualche componimento), ma soprattutto perché è lo stesso Larkin ad affermare, più di una volta, che la sua inettitudine è dovuta alla timidezza di cui abbiamo già parlato e ad uno scetticismo nei confronti del rapporto amoroso e del matrimonio, probabilmente dovuto all’esperienza dei propri genitori.

‘Love Again’30, la cui stesura inizia ne 1975 ma termina quattro anni più tardi, è una desublimazione dell’affetto coniugale e trae le sue origini proprio dall’analisi che il poeta fa di questo matrimonio, soffocante, frustrante e vuoto31. Il componimento, il cui punto focale è la mortificazione per essere stato abbandonato a causa di un altro uomo, inizia con l’esplicita immagine della masturbazione, riducendo in tal modo sin da subito il sesso ad una mera questione biologica tra l’io e il proprio corpo:

Love again: wanking at ten past three (Surely he’s taken her home by now?), The bedroom hot as a bakery,

The drink gone dead, without showing how To meet tomorrow and afterwards,

And the usual pain, like dysentery.

Analizzando questa prima sestina, notiamo come la presenza di termini che si riferiscono a quei processi primari che ci mettono sullo stesso piano degli animali (per l’esattezza, bakery,

29 Cfr. Motion, op. cit., p. 61.

30 Ho trovato il testo di ‘Love Again’ nel libro della Serani, op. cit., p. 336. Le poesie che verranno analizzate successivamente fanno invece parte del volume P. Larkin, Collected Poems, ed. by A. Thwaite, New York, Farrar, Straus and Giroux, 2003. Tra parentesi indicherò la raccolta di provenienza: TLD per The Less Deceived, TWW per The Withusn Weddings, HW per High Windows e UP per le Uncollected Poems. Alla fine dei versi citati seguirà il numero della pagina corrispondente.

31 Come riporta la Serani, op. cit., p. 341, fu lo stesso Larkin ad affermare che ‘Love Again’ “is intensely personal”.

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drink e dysentery), screditi l’uomo, inteso come maschio e come essere umano. ‘Love Again’

prosegue quindi con la degradazione della donna:

Someone else feeling her breasts and cunt, Someone else drowned in that lash-wide stare, And me supposed to be ignorant,

Or find it funny, or not to care, Even...but why put it into words?

La donna non solo viene rappresentata con una triviale sineddoche32 (cunt), che palesa il disprezzo dell’io lirico, il quale però non può nascondere di esserne contemporaneamente anche attratto, ma è vista inoltre come un essere minaccioso in quanto l’espressione lash-wide stare, mettendo in risalto lo sguardo, richiama alla memoria la mitologica Medusa, e si fa metafora di un enorme sesso pronto ad ingurgitare l’uomo33.

Il componimento si conclude su una nota di disperata rassegnazione e una similitudine che denuncia l’inganno primaverile:

Isolate rather this element

That spreads through other lives like a tree And sways them on in a sort of sense And say why it never worked for me.

Something to do with violence A long way back, and wrong rewards, And arrogant eternity.

Seguendo il ciclo vitale degli alberi, ci perdiamo nella speranza di un rinnovamento dell’esistenza, che però, alla fine risulta essere soltanto un’illusione a causa della precarietà della vita stessa. Tale idea, nella quale è facile riscontrare richiami al verso di apertura dell’eliotiana The Waste Land34, diviene tema centrale di un’altra poesia di Larkin, ‘The Trees’ (HW), dove il verde dei boccioli is a kind of grief.

32 Cfr. D. Lodge, The Modes of Modern Writing, London, Hodder & Stoughton, 1977, p. 216.

33Cfr. C. Serani, dove, tra l’altro, vengono riscontrate somiglianze con componimenti giovanili di Eliot, nell’uso di immagini oscene, misogine e legate alla masturbazione e alla defecazione.

34 T. S. Eliot, La terra desolata. Quattro Quartetti. Testo originale a fronte, trad. di A. Tonelli, Milano, Feltrinelli, 1995, p. 32. “April is the cruellest month” recita il verso di apertura indicando la perversione della primavera, la stagione che promette una rinascita che in realtà non può accadere, illudendoci dunque.

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Se in ‘Love Again’ l’amore è pratica degradante, in ‘Love Songs in Age’ (TWW) lo si descrive come un mero escamotage per evadere dalla realtà. Protagonista è una vedova che, attraverso dei testi di canzoni, rievoca le romantiche promesse dell’amore durante la propria giovinezza:

She kept her songs, they took so little space, The covers pleased her... (83)

Contrariamente a quanto potremmo aspettarci da un Larkin su cui pesa la condanna della misoginia e del cinismo, i ricordi, relativi al periodo del corteggiamento, sono tracciati con delicatezza e pathos. La nostalgia della donna è piena di dolore: l’amore l’ha ingannata, non può più rincuorarla né mantenere la parola data:

… But even more,

The glare of that much-mentioned brilliance, love, Broke out, to show

Its bright incipience sailing above, Still promising to solve, to satisfy, And set unchangeably in order. So To pile them back, to cry,

Was hard, without lamely admitting how It had not done so then, and could not now. (83)

Secondo Motion, il ritratto della vedova è quello di Eva Emilie Day, madre di Larkin35, la quale costituirebbe la sua musa principale (il biografo annovera, per esempio, tra i componimenti ispirati dalla donna ‘Reference Back’, ‘To the Sea’, ‘The Building’ e ‘The Old Fools’36). E’

effettivamente indubbio che una certa influenza sull’opera larkiniana sia stata esercitata non solo dalla madre, ma, come già accennato, dall’intera vita famigliare. Tuttavia, rintracciare esclusivamente nel fallimento della vita coniugale dei genitori le ragioni per l’ostilità di Larkin al matrimonio, è probabilmente forzato. Come il poeta ebbe modo di spiegare in un’intervista, gli riusciva difficile relazionarsi con una persona dell’altro sesso in quella maniera totalizzante che comporta, o almeno dovrebbe, l’unione legittimata: “I think living with someone and being in

35 Nello specifico, la poesia sarebbe nata in seguito ad una visita da parte del poeta alla madre, durante il periodo di Natale. Cfr. Motion, op. cit., p. 279.

36 Ibidem, pp. 467-468.

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love is a very difficult business anyway because almost by definition it means putting yourself at the disposal of someone else, ranking them higher than yourself”37. In un’altra intervista, riportata parzialmente da Motion, Larkin sostenne che “marriage meant children, children meant more hack work, hack work meant more domesticity”38. Il rifiuto della vita domestica, che non può coincidere, con il lavoro creativo del poeta, è tematizzato in ‘Latest Face’ (TLD), poesia ispirata da Winifred Arnott. Dietro ad un tono quasi civettuolo, traspare il desiderio di fuggire dalla reale relazione umana e dagli obblighi che essa implica, in favore di un’idealizzazione dell’inizio di una possibile storia d’amore. Una volta che le sia stata tolta fisicità, essa diviene accettabile e addirittura desiderabile. Emblematici a riguardo sono i versi conclusivi in cui il poeta rinuncia ad un contatto carnale poiché esso sarebbe fonte di pericoli e ipocrisie39 e comunque non in grado di soddisfare il desiderio, il quale quindi può essere alimentato solo in un suo differimento, in una continua attesa40:

Lies grow dark around us: will The statue of your beauty walk?

Must I wade behind it, till

Something’s found – or is not found – Far too late for turning back?

Or, if I will not shift my ground, Is your power actual – can Denial of you duck and run, Stay out of sight and double round, Leap from the sun with mask and brand And murder and not understand? (71)

Il rifiuto della vita coniugale, espresso questa volta in termini decisamente diversi, è il perno intorno al quale ruota ‘Self’s the Man’ (TWW), monologo in cui Larkin fa un confronto tra se stesso e Arnold, un amico sposato. Questi viene inizialmente definito less selfish rispetto al poeta poiché, contraendo le nozze, è stato costretto a sacrificare la sua persona. Ma nella descrizione, vagamente comica e cinica, di ciò che in effetti costituisce il giogo del matrimonio (il denaro guadagnato con il proprio lavoro e speso per il resto della famiglia e l’impossibilità di avere del tempo per se stessi a causa di vari lavori di manutenzione della casa), trapela piuttosto

37 P. Larkin, Required Writing, p. 54.

38 Motion, op. cit., p. 119.

39Cfr. S. K. Chatterjee, Philip Larkin: Poetry That Builsd Bridges, New Delhi, Atlantic Publishers & Distributors, 2006, p.149.

40 Cfr., A. Swarbrick, Out of Reach: The Poetry of Philip Larkin, Basingstoke, Palgrave Macmillan, 1995, p. 46.

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l’idea di un Arnold debole di volontà. E forse, con l’iperbole atta a sminuire se stesso (To compare his life and mine / Makes me feel a swine), il poeta vuole far apparire in realtà saggia e opportuna la propria scelta. Ma c’è davvero questa differenza tra i due? A far sorgere la domanda, e darle una risposta, sono le strofe che seguono:

But wait, not so fast:

Is there such a contrast?

He was out for his own ends Not just pleasing his friends;

And if it was such a mistake He still did it for his own sake, Playing his own game.

So he and I are the same (95)

Partendo dal presupposto che ogni essere umano agisce secondo i propri desideri, cercando il benessere e la realizzazione del sé, il poeta, Arnold e noi tutti, siamo probabilmente egoisti allo stesso modo.

Ma nell’opera di Larkin, vi è una poesia che, almeno inizialmente, sembra proporre una visione diversa del matrimonio poiché il punto di vista è affidato ad una neo-sposa che esprime la propria felicità ed il proprio appagamento amoroso anche nell’implicito riferimento alla deflorazione nella prima notte di nozze:

The wind blew all my wedding-day,

And my wedding-night was the night of the high wind; (45)

La donna di ‘Wedding-Wind’ (TLD) declina il mood gioioso sul paesaggio naturale, semplice e rurale – estendendolo, così, dalla propria persona all’intero universo - e in particolare sul vento che, nell’immaginario letterario, è sempre stato espressione di passione, forza, libertà, ma anche di inquietudine e sofferenza. E in effetti il monologo presenta elementi che inficiano, benché velatamente e sotto voce, questa delizia. La giovane è rimasta, seppur brevemente, sola, stupid in candlelight, il primo giorno di nozze (il fatto che ciò sia dovuto probabilmente a doveri quotidiani e che lei non sembri temere la sua solitudine non elimina l’ombra sottile della tristezza che il poeta vuole farci percepire) e il suo viso è riflesso nella luce di un twisted candlestick.

Inoltre, il richiamo a creature che reputa meno fortunate di lei ( I was sad / That any man or beast that night should lack / The happiness I had) e la presenza di lessemi quali hunting e

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trashing, che appartengono rispettivamente ai campi semantici della violenza e della sporcizia, preparano la strada a quel senso di ansia, paura e perdita che trova piena manifestazione nella domanda finale:

Can even death dry up

These new delighted lakes, conclude

Our kneeling as cattle by all-generous waters? (45)

L’essenza retorica di questo interrogativo è devastante poiché annulla, con una semplicità disarmante, ogni sentimento gioioso fino ad allora espresso. Se Booth liquida ‘Wedding-Wind’

come un “accomplished exercise rather than a work of original inspiration”41, un esercizio dal risultato ovviamente artificiale, Palmer fa su di essa un interessante studio in cui si sottolineano elementi legati alla sfera religiosa. Secondo il critico, la notte of the high wind, i cavalli restless e il seeing nothing al v. 7 sarebbero inquietanti elementi in cui è possibile intravedere un rimando all’Apocalisse, mentre il termine floods del v. 13 richiamerebbe l’immagine dello Spirito Santo e quindi del battesimo42.

I due piani di lettura di ‘Wedding-Wind’ sono il riflesso di quella differenza tra ideale e reale che rendono il poeta di Coventry ancor più scettico nei riguardi, non solo del matrimonio, ma anche dell’amore, e anticipano quindi il tema di diversi componimenti successivi, come

‘Essential Beauty’ (TWW), dove l’uomo, dopo aver realizzato l’impossibilità di raggiungere la perfezione proposta dalla pubblicità, è invaso dal senso del fallimento e della frustrazione. La poesia si apre con la descrizione di questi cartelloni pubblicitari che svettano, con le loro figure giant e sharply-pictured, su di una città di cui non si conoscono né il nome, né altri dettagli topografici, ma che rimanda ad una realtà postindustriale e consumistica. Il ritmo serrato e incalzante con cui si susseguono le immagini nella prima strofa, tipico della metropoli, con orari da rispettare e scadenze da evadere, rallenta nella seconda, dove esse ci informano come life should be, ma non sono più le uniche presenze in quel paesaggio che la Soccio definisce

“alienante”43. Appaiono infatti i membri di un club di tennis, simbolo di una élite chiusa in se stessa e disinteressata nei confronti del resto della società, un ragazzo che vomita, un pensionato, degli irriducibili fumatori e una donna unfocused, probabilmente emblema del desiderio di appagamento amoroso che resta tuttavia inafferrabile. Sono esseri umani che vivono ai margini,

41 J.Booth, Philip Larkin: Writer, Hemel Hempstead, Harvester Wheatsheaf, 1992, p. 127.

42 Cfr., R. Palmer, Such Deliberate Disguises. The Art of Philip Larkin, London, Continuum, 2008. Naturalmente l’analisi di Palmer non si ferma qui. Personalmente, tuttavia, trovo alcuni richiami un po’ forzati. Del resto, lo stesso Palmer ammette che “it is feasible for an agnostic (in either theist or literary-critical guise) to gainsay some of the individual interpretations put forward here”, p. 94.

43 A. E. Soccio, Philip Larkin. Immaginazione poetica e percorsi del quotidiano, Roma, Carocci, 2008, p. 97.

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colti in momenti quotidiani, se non triviali, vittime dei loro vizi e di una realtà troppo lontana da quella della pubblicità da cui sono circondati. E’ lo stesso poeta che, con il Rather del v. 17 e la triplice ripetizione dell’aggettivo pure, ci ricorda quanto le nostre vite siano imperfette, incupite da desideri irrealizzati e irrealizzabili e inglobate, quindi, nella nothingness tipicamente larkiniana, cui conseguono insuccesso e insoddisfazione.

Lo stesso tema è sviluppato in ‘Sunny Prestatyn’ e ‘The Large Cool Store’, le quali, insieme a ‘Wild Oats’, ‘An Arundel Tomb’ (tutte appartenenti alla raccolta The Whitsun Weddings) e ‘Lines on a Young Lady’s Photograph Album’ (TLD), hanno, secondo Motion, un elemento comune nell’interesse di Larkin per la pornografia. In riferimento all’ultima poesia menzionata, il critico riporta prima la testimonianza di Winifred su un suo album di fotografie che il poeta può aver visto e a cui quindi si sarebbe ispirato, poi prosegue affermando che accanto ci sarebbe un’altra fonte, meno ovvia, alla quale risalire: “By covertly admitting to the pleasure it takes in fantasy, the poem connects with the other pictures Larkin liked to gaze at: the photographs in pornographic magazines. The sex life they entail – solitary, exploitative – is a crude version of the pleasure he takes in the album”44. La straordinaria abilità di Larkin è quella di trasformare l’istinto masturbatorio in “poems of great beauty and sociable truthfulness”45.

Quest’affermazione, che diventa sempre più condivisibile proseguendo nell’analisi dell’opera di Larkin, trova conferma anche nella già citata ‘Sunny Prestatyn’, altro componimento il cui nucleo è costituito dallo scarto tra pubblicità e vita reale. Un cartellone si impone alla vista dei passanti: dietro l’invito a trascorrere le vacanze in un determinato posto - Come To Sunny Prestatyn è il verso di apertura - da parte di una bellissima e sorridente ragazza si nasconde un’implicita vena erotica. Il designer ha fatto sì, infatti, che il paesaggio sembri un prolungamento del corpo di lei, richiamando l’ancestrale identificazione tra donna e natura e quindi l’idea di possesso e venerazione in essa implicate:

Behind her, a hunk of coast, a Hotel with palms

Seemed to expand from her thighs and Spread breast-lifting arms. (106)

In realtà, però, lei e la sua bellezza sono irraggiungibili, la virilità dell’uomo viene mortificata, resa sterile. La fanciulla è quindi origine, di nuovo, di un senso di mortificazione e umiliazione che Titch Thomas, personaggio della poesia, prova in questo caso ad arginare. Con il

44 A. Motion, op. cit., p. 234.

45 Ibidem.

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suo gesto violento infierisce sul corpo della fanciulla in un disperato tentativo di ridurre la distanza tra sogno e quotidianità, di rendere lei più brutta, dunque più reale, nelle parole di Kuby, di difendere la verità46:

Someone had used a knife

Or something to stab right through The moustached lips of her smile.

She was too good for this life. (106)

Troppo good per questa vita: la riflessione vagamente ironica che segue il gesto del giovane non è solo un modo per realizzare, come desiderato da Larkin, un lavoro in cui si fondessero insieme l’orribile e il divertente47, ma anche e soprattutto la mesta considerazione su quanto la bellezza, e, di riflesso, la felicità, di cui la ragazza è il simbolo, siano vulnerabili e transitorie. Emblematico è il verso di chiusura – “Now Fight Cancer is there.” - il quale, presentando un’immagine di morte, esprime un’ulteriore vena polemica nei confronti di quella società consumistica che, non solo dissipa risorse economiche che andrebbero usate per scopi più elevati, ma addirittura può essere considerata causa di quel male48. La morale è implicita, raccolta nelle poche parole finali e risiede qui il fascino di “Sunny Prestatyn”, una poesia “to some degree carcinogenic, revelling in its half-repressed, half-expressed, fully-enjoyed unhealthiness.”49 Come in ‘Essential Beauty’, la realtà, meschina e vuota, ha il sopravvento sulle aspirazioni di gioia e realizzazione dell’individuo il quale in questo modo viene illuso prima e annichilito poi.

Il processo inverso avviene in ‘The Large Cool Store’: dall’elencazione di scialbi abiti da lavoro, espressione dell’ordinaria vita di tutti i giorni, si passa alla menzione di lingerie la quale, con tutto il carico di promesse di piacere, finisce per lasciar intravedere la possibilità di evasione nel sogno nella strofa finale il cui tono malinconicamente lirico è in netto contrasto col resto del componimento:

How separate and unearthly love is, Or women are, or what they do, Or in our young unreal wishes Seem to be: synthetic, new, And natureless in ecstasies. (101)

46Cfr. L. Kuby, An Uncommon Poet for the Common Man, Paris, The Hague, 1974, p. 130.

47 Cfr. J. Booth, Philip Larkin: Writer, p. 122.

48 Cfr. R. Palmer, op. cit., p. 85.

49 E. Reiss, “Poetry and Prejudice: Sexual Politics in ‘Sunny Prestatyn’”, in About Larkin 7, April 1999, p.14.

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Il pensiero di Larkin non cambia: l’amore non può far parte di questo mondo, così come i desideri non possono essere concretizzati, ma forse, stavolta, abbiamo il permesso di illuderci almeno per un po’.

Abbiamo detto sopra che Motion associa a questo gruppo di poesie anche ‘Wild Oats’.

Superficialmente si tratta del ritratto di due fanciulle (A bosomy English rose / And her friend), una delle quali corrisponde alla prima fidanzata di Larkin, Ruth, di cui troviamo chiaro riferimento nella strofa centrale50:

And in seven years after that Wrote over four hundred letters, Gave a ten-guinea ring

I got back in the end (112)

Ma, ad una lettura più approfondita, percepiamo ancora l’ormai famoso rifiuto delle responsabilità che una relazione sentimentale comporta, rifiuto espresso con la tipica amara ironia larkiniana:

Parting, after about five Rehearsals, was an agreement That I was too selfish, withdrawn, And easily bored to love.

Le considerazioni fatte fino ad ora potrebbero indurre nell’errore di credere che l’atteggiamento negativo di Larkin fosse rivolto esclusivamente al sentimento, poco importa se istituzionalizzato o meno, ma non al piacere fisico se depurato da implicazioni emotive. In realtà non fu così, prova ne sono almeno un paio di componimenti dove egli non si fa scrupoli nel liquidare il sesso come mera funzione biologica in grado di tiranneggiare l’uomo. Si tratta di due pezzi (‘Two Portraits of Sex’) entrambi completati a ventisette anni, un’età in cui, di norma, invece, il sesso è forse sopravvalutato: ‘Oils’ (UP) e ‘Etching’, che, al momento della pubblicazione diverrà ‘Dry-Point’ (TLD). Il richiamo all’arte grafica è evidente: da un lato i colori vivaci e la texture tipici delle pitture a olio, dall’altro l’austero bianco e nero delle acqueforti.

50 A.Motion, op. cit., p. 194.

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‘Oils’, con tono solenne e ampolloso, evoca il momento dell’orgasmo con un’immagine che richiama alla mente Hopkins51:

Working-place to which the small seed is guided, Inlet unvisited by marine biologist,

Entire alternative in man and woman Opening at a touch like water-flower, New voice saying new words at a new speed From which the future erupts like struck oil (171)

Lo stile è ellittico, il vocabolario simbolico: le metafore utilizzate per descrivere il sesso, seed, inlet, water-flower, sono piuttosto tipiche, quasi tradizionali. Nella conclusione, invece, il tono si fa più amaro, emerge l’idea di fondo larkiniana: gli impulsi sessuali sono despoti che ci sottomettono e debilitano:

No one can tear your thread out of himself.

No one can tie you down or set you free.

Apart from your tribe, there is only the dead, And even them you grip and begin use. (171)

Più interessante è però il secondo componimento dove viene espressa tutta la tristezza che segue un rapporto sessuale consumato all’ombra di un’ingannevole promessa di matrimonio. Il titolo è il termine per indicare contemporaneamente sia un tipo particolare di incisione, sia l’aridità che segue l’orgasmo. Il culmine del piacere fisico non solo è ricondotto ad un evento che l’uomo, senza alcun potere su di esso, subisce passivamente, ma addirittura, come già accennato, è visto come il mezzo di una natura dispotica a cui l’uomo deve piegarsi per necessità. Da qui il senso di imprigionamento e di vergogna che l’individuo prova di fronte alle reazioni indipendenti del proprio corpo. Il tono, privo di illusioni, è quello dell’uomo comune, eppure le immagini sono delicate ed implicite:

Silently it inflates, till we’re enclosed And forced to start the struggle to get out:

Bestial, intent, real.

The wet spark comes, the bright blown walls collapse (49)

51 Cfr. J. Booth, Philip Larkin: Writer, p. 104.

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L’evocazione è coinvolgente anche per l’uso della prima persona plurale: tutti gli esseri umani sono vittime, non solo della dryness in cui si esaurisce il coito, ma di un fallimento che, se prima è specifico della carne, viene in realtà generalizzato:

And how remote that bare and sunscrubbed room, Intensely far, that padlocked cube of light We neither define nor prove,

Where you, we dream, obtain no right of entry. (49)

Nella conclusione di ‘Dry-Point’ ritroviamo quel sentimento di stanchezza e disillusione che proviamo nel constatare l’impossibilità di fuggire dalla realtà, e probabilmente ha ragione Swarbrick nell’affermare che in ultima analisi Larkin desideri uno stato di desirelessness52, l’unico che potrebbe proteggerci da delusioni e frustrazioni.

Una malinconia affine pervade ‘Femmes Damnées’ (UP) nella primissima immagine di un fuoco che, all’alba di un nuovo giorno, è ormai cenere. Ciò che colpisce prima di tutto è il titolo francese e il soggetto, baudelairiani entrambi. In un’intervista pubblicata nel 1946 dal London Magazine53, Larkin negò, sembrerebbe per altro con un certo vigore, di aver mai letto poesia non inglese. Essendo Larkin un uomo di grande onestà intellettuale, è difficile credere che abbia mentito in modo così spudorato, per cui è probabile che egli, per usare le parole della Everett, abbia dato un’occhiata alla poesia francese, non tanto approfondita da poter affermare di conoscerla bene, ma quanto basta perché il riverbero di essa abbia fatto, con il passare del tempo, la sua apparizione.

Le affinità con Baudelaire non si limitano al titolo, identico a quello di un componimento presente nei Fleurs du Mal54, ma comprendono anche il soggetto: Delphine e Hippolyte, che diventano Rosemary e Rachel in Larkin, si ritrovano alla luce pallida des lampes languissantes, chiara origine di The fire is ash, nelle loro stanze, dopo una notte in cui hanno consumato il loro amore peccaminoso. Il linguaggio è però naturalmente diverso. Larkin involgarisce il linguaggio di Baudelaire, inserendovi elementi appartenenti alla realtà quotidiana, sia propri degli interni (le tende, il latte sulle scale, il Guardian nella cassetta della posta, l’odore di sigarette consumate e di vino), sia degli esterni (la strada principale, il distributore di benzina, l’autobus di linea), tutti dettagli dal sapore eliotiano55. Mancano inoltre l’esaltazione dell’amore saffico e quella vena

52 A.Swarbrick, op. cit., p. 55.

53 Cit. in B. Everett, “Philip Larkin: After Symbolism”, in Poets in Their Time: Essays on English Poetry from Donne to Larkin, Oxford, Clarendon Press, 1991, p. 238.

54C. Baudelaire, I fiori del male, testo originale a fronte, trad. di G. Bufalino, Milano, Mondadori, 2001, p. 274.

55 Cfr. C. Serani, op. cit., p. 152.

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demoniaco-sublime che caratterizzano il testo francese. Questo perché la poesia di Larkin si interessa di più alla violenza e alla misoginia. Basti prendere come esempio i nomi, non casuali, delle protagoniste: se Rosemary è l’unione sacrilega di sacro (Mary, la madre di Dio) e profano (Rose, simbolo, par excellence, della passione carnale), Rachel, di origine ebraica, è la perfida seduttrice da cui sprigionano antisemitismo e bestialità56, caratteristica, quest’ultima resa del tutto esplicita nella penultima quartina:

Stretched out before her, Rachel curls and curves, Eyelids and lips apart, her glances filled

With satisfied ferocity; she smiles,

As beasts smile on the prey they have just killed. (165)

‘Femmes Damnées’ potrebbe essere definito un testo circolare in quanto si chiude con un verso di tristezza lacerante e annichilente: The only sound heard is the sound of tears. Da esso emana tuttavia un’innegabile violenza che anticipa quella di ‘Deceptions’, uno dei componimenti più discussi, ambivalenti e famosi di Larkin.

In modo del tutto atipico, il poeta prende spunto qui da un fatto di cronaca apparso in un volume del 1862 di Henry Mayhew57: una ragazza, di non più di sedici anni, appena giunta a Londra, viene drogata e stuprata. E’ importante sapere che il titolo della raccolta a cui appartiene

‘Deceptions’, The Less Deceived, costituiva inizialmente quello della poesia e la sua origine, come rivelato dallo stesso autore58, va fatta risalire all’Hamlet di Shakespeare: Amleto, fingendo la sua follia, si prende gioco sadicamente dei sentimenti di Ofelia dichiarandole prima di amarla, poi negandolo, ed è l’eco della risposta di lei a sentirsi nel testo larkiniano: “I was the more deceived”59.

Larkin ci stupisce, sciocca la pubblica opinione in quanto è la fanciulla ad essere the less deceived nella sua poesia. E’ il poeta stesso che spiega come possa essere concepito un simile pensiero: “[…] the agent is always more deceived than the patient, because action comes from desire, and we all know that desire comes from wanting something we haven’t got, which may not make us happier when we have it. On the other hand suffering – well, there is positively no deception about that. No one imagine their suffering”60. Questo fa sì che cadano le accuse di

56 Come fa notare la Serani, p. 171, in ‘Above 80° N, nella raccolta The North Ship, vi è già il tema dell’animalità della donna nel canto misogino del nostromo, tema che richiama “la minacciosità del femmineo eliotiano”.

57 Cfr. J. Booth, Philip Larkin: Writer, p. 108.

58Ibidem, p. 112.

59 W. Shakespeare, Hamlet, III. I, v.124, in Complete Works, ed. by J. Bate and E. Rasmussen, Basingstoke, Macmillan, 2007, p. 1958.

60 P. Larkin, cit. in A. Swarbrick, op. cit., p. 44.

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complicità col crimine dell’uomo: quella di Larkin è piuttosto solidarietà, comprensione di uno sciocco desiderio del corpo, che, una volta soddisfatto, nulla aggiunge alla felicità dell’individuo (ritornano qui i temi della tristezza post-coito e il disprezzo per una vita fisica incontrollabile). In ogni caso, con una commistione di distacco e immedesimazione, Larkin si rivolge alla giovane:

Slums, years, have buried you. I would not dare Console you if I could. What can be said, Except that suffering is exact, but where Desire takes charge, readings will grow erratic?

For you would hardly care

That you were the less deceived, out on that bed, That he was, stumbling up the breathless stair To burst into fulfilment’s desolate attic. (67)

L’io lirico non può consolare la ragazza perché non può esservi totale identificazione (a differenza di quanto avviene con lo stupratore) e perché è lei stessa ad affermare di essere inconsolable (le sue parole, la reazione avuta alla scoperta di quanto le è successo, sono riportate da Larkin come epigrafe della sua poesia). Forse non può anche perché, come i due protagonisti, è fondamentalmente solo: “the girl in her desolation, the rapist in his delusion, the speaker by history”61. E’ la solitudine tipica dei personaggi larkiniani, insieme alla loro frustrazione, alla mancanza di una possibile soddisfazione, qui sessuale, ma, il discorso va sicuramente esteso a qualsiasi desiderio umano.

L’amore, secondo Larkin, pur preso nella sua accezione più ampia, non solo non può appagare l’individuo, in quanto contiene in sé l’ipocrisia, il vizio e la violenza, ma, facendogli promesse che non manterrà, lo delude, lo umilia, sprofondandolo quindi sempre più in un irrimediabile nichilismo.

Dalle poesie analizzate in questo capitolo si può dedurre chiaramente quali fossero le convinzioni di Larkin in materia di donne e, soprattutto, di amore, carnale e non, opere che non fanno che confermare quanto si diceva all’inizio di questo capitolo sulle difficoltà incontrate nell’interazione con la figura femminile. E’ però difficile far coincidere tutto ciò con quello che in effetti poi successe al poeta, il quale ebbe modo di vivere relazioni stabili, prime tra tutte quella con Ruth Bowman, cui fece addirittura una proposta di matrimonio. Ma questo sentimento fu avversato delle idee che egli aveva maturato sin da ragazzo. Infatti, in un diario del 1949,

61 A. Swarbrick, op. cit., p. 59.

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leggiamo che “The whole business of sex annoys me. As far as I can see, all women are stupid beings. What is more, marriage is a revolting institution.”62 La misoginia di questa affermazione aveva già trovato la sua forma poetica nel componimento di più vecchia data tra quelli esaminati qui, “Femmes Damnées”, risalente al 1943. Del sesso femminile viene esaltata la bestialità con un linguaggio volgare e brutale e la violenza trasmessa dalle immagini sfuma in un potente senso di tristezza nella chiusura. Quest’ultimo è un aspetto onnipresente nell’opera larkiniana, e non potrebbe essere diversamente, dato che il pensiero negativo del poeta si estende dall’amore ad altre tematiche, fino a comprendere la vita in generale. Infatti, anche nella poesia che segue a livello cronologico, “Wedding-Wind” (1946), nonostante la dolce liricità e la pacata gioia che la caratterizzano, sono presenti sentimenti malinconici, oltre ad un residuo di quel linguaggio trash, che ritroviamo anche in “Deceptions”, di qualche anno più tardi (1950), ma comunque dai toni violenti e infelici. L’atto sessuale è necessario e ingannevole dal momento che il pieno appagamento non esiste. Che poi il concetto possa essere espresso in maniera ampollosa, come in “Oils”, o senza gli abbellimenti artificiali del linguaggio, ed è quello che succede in “Dry- Point”, o ancora con delicata nostalgia, come è per “Love Songs in Age” (1957), poco cambia. E l’idea del matrimonio, subisce lo stesso trattamento. Passano gli anni e il linguaggio si alterna:

dalla maggiore leggerezza di “Latest Face” (1951) al cinismo di “Self’s The Man” (1958) al sarcasmo di “Wild Oats” (1962), permane il rifiuto della vita coniugale. Così come permane il senso di fallimento e frustrazione causato dall’impossibilità di raggiungere la soddisfazione amorosa e, più in generale, una qualche realizzazione nella vita. Non è un caso che persino in

“Love Again”, poesia del 1979, Larkin continui ad affermare la degradazione umana, la natura bestiale della donna, desiderabile, disprezzabile e pericolosa, e quindi l’inganno dell’amore.

Queste tematiche trovano nella raccolta High Windows uno spazio minore, o quantomeno diverso. Forse perché i testi che la compongono sono di più ampio respiro e sembrano collocarsi su un gradino superiore rispetto a quelli che li precedono. Pur presentando tematiche simili e un linguaggio più irrequieto e dark, la raccolta possiede un qualcosa di superbo, mancante nelle altre due, in grado di creare “a dramatic conflict between a plain idiom and something more nearly Yeatsian, Symbolist”63, un movimento circolare, per certi versi un ritorno alle origini.

62 P. Larkin, cit. in A. Motion, op. cit., p. 119.

63 Ibidem, p. 445.

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