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Analisi dei risultati ottenuti

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Academic year: 2021

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Capitolo 6

Analisi dei risultati ottenuti

6.1 Introduzione

Nel presente capitolo sono presentati i risultati ottenuti, il loro confronto con i dati sperimentali e l’analisi di sensibilità effettuata. Tutti i calcoli sono stati effettuati con precisione doppia.

Mantenendo i valori dei parametri descritti nel Capitolo 4, è stata effettuata un’analisi di sensibilità dei risultati calcolati al variare dei seguenti parametri:

• Schema di discretizzazione numerica:

o Upwind;

o Specified Blend Factor;

o High Resolution.

• Modello della turbolenza:

o Standard k - ;

o Shear Stress Transport (SST).

• Profilo di velocità in ingresso:

o Uniforme;

o Sviluppato;

o uniforme con il 5% di massima componente tangenziale in senso orario;

o uniforme con il 5% di massima componente tangenziale in senso antiorario.

(2)

6.2 Sensibilità allo schema di discretizzazione numerica

Nel presente paragrafo si riportano i risultati ottenuti assumendo:

• Modello della turbolenza impiegato: Standard k - ;

• Profilo di velocità in ingresso: uniforme;

ed adottando i tre differenti metodi di discretizzazione:

• Upwind;

• Specified Blend Factor;

• High Resolution.

Il primo è uno schema del primo ordine, il secondo è del secondo ordine con un coefficiente moltiplicativo del termine anti-diffusivo imposto pari a 0.5, il terzo si basa su un algoritmo specifico che tende a massimizzare il valore del coefficiente (sotto opportune limitazioni) mediante un calcolo eseguito punto per punto.

Di seguito si forniscono i risultati ottenuti e la loro analisi.

6.2.1 Analisi dei risultati

Nelle Figure 6.2, 6.3 e 6.4 si riportano, per ognuno dei metodi numerici utilizzati e per ciascun loop, le distribuzioni degli scalari passivi, gli angoli di rotazione relativa del flusso e l’ampiezza delle zone perturbate e delle non-mixing zones. Per facilitare il confronto, nella Figura 6.1 si riportano i dati sperimentali forniti dal Benchmark ed illustrati nel Capitolo 2. Il confronto tra questi ultimi ed i valori forniti dai metodi numerici è riportato nelle Tabelle 6.1, 6.3 e 6.5; inoltre, nelle Tabelle 6.2 e 6.4 sono riportati gli errori relativi calcolati sui valori delle ampiezze delle zone perturbate e delle non-mixing zones secondo la relazione:

⋅100

= − Q

q

Erel Q (6-1)

(3)

dove Erel è l’errore relativo, Q è il valore sperimentale e q il corrispondente valore calcolato.

Il confronto tra i coefficienti di miscelamento forniti dai vari metodi ed i rispettivi valori sperimentali è riportato, per ciascun loop, nei grafici delle Figure 6.5, 6.6, 6.7 e 6.8. I valori di questi per ciascuna fuel assembly sono riportati in Appendice B.

Dalla distribuzione in Figura 6.2 si evince che all’ingresso del core lo schema Upwind calcola una ampia zona di diffusione tra i flussi provenienti dai 4 loops, questo si traduce in valori elevati delle ampiezze delle zone perturbate, calcolate con un errore dell’ordine del 6% (vedi Tabella 6.2); mentre i valori delle ampiezze delle non-mixing zones risentono di un errore che varia dal -9% al +46%

(vedi Tabella 6.4). Lo schema numerico non riesce a predire il fenomeno fisico della rotazione dei flussi, infatti, come mostrato in Tabella 6.5, gli angoli calcolati per i 4 loops sono tra di loro simili e di segno opposto, e la rotazione netta del flusso risulta di 0.5° in senso opposto a quello osservato sperimentalmente.

Lo schema High Resolution predice la presenza di zone di diffusione tra i flussi di estensione molto limitata (vedi Figura 6.4), e di fatto sottostima tutti i fenomeni diffusivi all’interno del dominio di calcolo. Ciò è evidenziato dagli errori relativi sui valori delle ampiezze delle zone perturbate, mediamente del 26% (vedi Tabella 6.2). Congiuntamente alla sottostima della diffusione, lo schema predice valori delle ampiezze delle non-mixing zones sovrastimati dal 43% al 100%, come mostrato in Tabella 6.4.

Per quanto riguarda gli angoli di rotazione, si può osservare dalla Tabella 6.5 che lo schema High Resolution è l’unico che riesce a predire l’asimmetria che caratterizza il flusso, indicando angoli di rotazione per i loops #1 e #3 maggiori in valore assoluto di quelli per i loops #2 e #4 (+18° contro -16° e -17°). Questo si traduce in una rotazione netta del flusso di 1° in senso antiorario, sottostimata rispetto al valore sperimentale di 9.5°, ma nel medesimo senso.

Come risulta dalla Figura 6.3, lo schema Specified Blend Factor calcola zone di diffusione tra i flussi simili a quelle dell’Upwind, ma di entità minore, infatti le ampiezze delle zone perturbate risultano sottostimate dal 12% al 24% in

(4)

base al loop considerato (vedi Tabella 6.2). Di conseguenza, le ampiezze delle non-mixing zones risultano sovrastimate dal 15% al 63%, come riportato in Tabella 6.4. Il calcolo delle rotazioni dei flussi fornisce un angolo, in valore assoluto, pari a 17° per tutti e 4 i loops. Questo comporta un angolo di rotazione netta nullo, quindi lo schema numerico in oggetto non riesce a predire il fenomeno della rotazione, ma, contrariamente all’Upwind, non fornisce una rotazione in senso opposto al dato sperimentale.

Per quanto riguarda i coefficienti di miscelamento, come si può notare dalle Figure 6.5, 6.6, 6.7 e 6.8, lo schema Upwind è quello che, meglio degli altri, riesce a predire i livelli di concentrazione nelle fuel assemblies di competenza di ciascun loop. Tutti i metodi considerati forniscono un valore nullo (<0.1) per i coefficienti di miscelamento al di fuori delle zone perturbate, in sostanziale accordo con i dati sperimentali (aree blu nelle Figure 6.1, 6.2, 6.3 e 6.4).

Riassumendo, tutti i metodi numerici utilizzati riescono a predire la formazione di flussi in settori separati del core, in accordo qualitativo con l’osservazione sperimentale. Tuttavia sottostimano le ampiezze delle zone perturbate e sovrastimano quelle delle non-mixing zones. Lo schema che fornisce i risultati più accurati sul calcolo di queste grandezze, così come per i coefficienti di miscelamento, è l’Upwind, che tuttavia non riesce a predire correttamente gli angoli di rotazione. L’High Resolution si comporta in maniera diametralmente opposta, ma è l’unico che indica una rotazione netta del flusso in senso concorde al dato sperimentale. Lo Specified Blend Factor, invece, si colloca in posizione intermedia ai due precedenti.

L’Upwind, essendo uno schema del primo ordine, risente dei fenomeni di diffusione numerica in misura maggiore rispetto ai due metodi del secondo ordine.

Nonostante ciò, le ampiezze calcolate delle zone perturbate sono sottostimate di circa il 6%, quindi il contributo della diffusione numerica non è sufficiente a raggiungere i valori di diffusione ricavati sperimentalmente. Questo permette di concludere che il modello di dominio fluido sviluppato sottostima i fenomeni di diffusione.

(5)

38°

126°

24°

43°

132°

35°

140°

30°

53°

130°

Concentrazione scalari Distribuzione flussi Fig. 6.1: dati sperimentali

(6)

46°

127°

17°

40°

125°

19°

51°

126°

17°

48°

120°

19°

Concentrazione scalari Distribuzione flussi Fig. 6.2: risultati dello schema Upwind

(7)

53°

111°

17°

60°

107°

17°

57°

107°

17°

61°

111°

17°

Concentrazione scalari Distribuzione flussi Fig. 6.3: risultati dello schema Specified Blend Factor

(8)

74°

99°

18°

72°

97°

16°

70°

97°

18°

76°

97°

17°

Concentrazione scalari Distribuzione flussi Fig. 6.4: risultati dello schema High Resolution

(9)

Origine dati Ampiezza zona perturbata (°) loop #1 loop #2 loop #3 loop #4

Sperimentali 126 132 140 130

Upwind 127 125 126 120

Specified Blend Factor 111 107 107 111

High Resolution 99 97 97 97

Tab. 6.1: ampiezza delle zone perturbate

Origine dati Errore percentuale

loop #1 loop #2 loop #3 loop #4

Upwind < +1 % -5 % -10 % -8 %

Specified Blend Factor -12 % -19 % -24 % -15 %

High Resolution -21 % -27 % -31 % -25 %

Tab. 6.2: errori percentuali sull’ampiezza delle zone perturbate Origine dati Ampiezza non-mixing zone (°)

loop #1 loop #2 loop #3 loop #4

Sperimentali 38 43 35 53

Upwind 46 40 51 48

Specified Blend Factor 53 60 57 61

High Resolution 74 72 70 76

Tab. 6.3: ampiezza delle non-mixing zones

Origine dati Errore percentuale

loop #1 loop #2 loop #3 loop #4

Upwind +21 % -7 % +46 % -9 %

Specified Blend Factor +39 % +40 % +63 % +15 %

High Resolution +95 % +67 % +100 % +43 %

Tab. 6.4: errori percentuali sull’ampiezza delle non-mixing zone

Origine dati Angoli di rotazione relativa (°) Rotazione netta (°) loop #1 loop #2 loop #3 loop #4

Sperimentali +24 -8 +30 -8 +9.5

Upwind +17 -19 +17 -19 -0.5

Specified Blend Factor +17 -17 +17 -17 0

High Resolution +18 -16 +18 -17 +1

Tab. 6.5: angoli di rotazione del flusso

(10)

Loop 1

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

0 20 40 60 80 100 120 140 160

N° Fuel Assembly

Mixing Coefficient

Sperimentale Upwind

High Resolution SBF 0.5

Fig 6.5: confronto dei coefficienti di miscelamento per il loop #1

Loop 2

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

0 20 40 60 80 100 120 140 160

N° Fuel Assembly

Mixing Coefficient

Sperimentale Upwind High Resolution SBF 0.5

Fig 6.6: confronto dei coefficienti di miscelamento per il loop #2

(11)

Loop 3

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

0 20 40 60 80 100 120 140 160

N° Fuel Assembly

Mixing Coefficient

Sperimentale Upwind High Resolution SBF 0.5

Fig 6.7: confronto dei coefficienti di miscelamento per il loop #3

Loop 4

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

0 20 40 60 80 100 120 140 160

N° Fuel Assembly

Mixing Coefficient

Sperimentale Upwind High Resolution SBF 0.5

Fig 6.8: confronto dei coefficienti di miscelamento per il loop #4

(12)

6.2.2 Analisi della convergenza

I calcoli sono stati giudicati giunti a convergenza quando in cui i residui hanno raggiunto un andamento stabilizzato, oppure, nei casi in cui ciò non si è verificato, quando sono scesi al di sotto di determinati valori. Congiuntamente a questi criteri è stato verificato che le variabili monitorate abbiano raggiunto valori stabilizzati. Tuttavia, a causa dell’esigenza di non prolungare troppo i calcoli per l’indisponibilità delle risorse temporali teoricamente necessarie, non è stato sempre possibile attendere il raggiungimento di andamenti stabilizzati dei residui delle equazioni, basti pensare che il modello utilizzato permette lo svolgimento di circa 10 iterazioni per ogni ora di calcolo.

Il calcolo effettuato con lo schema Upwind mostra un andamento decrescente dei residui per le equazioni di conservazione e per quelle di trasporto delle variabili addizionali, mentre i residui delle equazioni della turbolenza hanno raggiunto un andamento costante, come mostrato in Figura 6.9. Il calcolo è stato interrotto quando tutti i residui delle equazioni di conservazione e di quelle di trasporto degli scalari passivi hanno raggiunto il valore di 10-10, in quanto il codice CFX non permette di scendere al di sotto di questo valore.

Lo schema Specified Blend Factor mostra un andamento dei residui qualitativamente simile all’Upwind (vedi Figure 6.10 e 6.9) ma con velocità di convergenza molto minori. Il risultato ottenuto è caratterizzato da residui minori di 10-7 per le equazioni di conservazione e minori di 10-6 per le variabili addizionali. Anche in questo caso i residui delle equazioni della turbolenza mostrano un andamento stabilizzato. Invece, lo schema High Resolution, dopo un andamento decrescente, mostra un comportamento oscillatorio intorno al valore di 10-4 dei residui di tutte le equazioni (Figura 6.11).

Da queste considerazioni, unitamente a quelle sull’analisi dei risultati del Paragrafo precedente, lo Specified Blend Factor è stato assunto come schema numerico di riferimento, in quanto costituisce una scelta di compromesso tra l’accuratezza nel calcolo ed il raggiungimento di bassi valori dei residui delle equazioni in tempi ragionevoli.

(13)

Fig. 6.9: andamento dei residui per lo schema Upwind

Fig. 6.10: andamento dei residui per lo schema Specified Blend Factor

Fig. 6.11: andamento dei residui per lo schema High Resolution

(14)

6.3 Sensibilità al modello della turbolenza

Mantenendo fissati i valori dei parametri descritti nel Capitolo 4, è stata effettuata un’analisi di sensibilità dei risultati ottenuti al variare del modello di turbolenza adottato. Sono stati analizzati i due modelli seguenti:

• Standard k - ;

• Shear Stress Transport (SST).

Per quanto detto nel Paragrafo precedente, lo schema numerico adottato è lo Specified Blend Factor con coefficiente peso del termine del secondo ordine pari a 0.5, mentre il profilo di velocità considerato è uniforme, in quanto la sua variazione costituisce oggetto di analisi per il prossimo Paragrafo.

Di seguito si forniscono i risultati ottenuti e la loro analisi.

6.3.1 Analisi dei risultati

Nella Figura 6.12 si riportano, per il modello di turbolenza SST e per ciascun loop, le distribuzioni degli scalari passivi, gli angoli di rotazione relativa del flusso e l’ampiezza delle zone perturbate e delle non-mixing zones. Il confronto con i dati sperimentali è riportato nelle Tabelle 6.6, 6.8 e 6.10; inoltre, nelle Tabelle 6.7 e 6.9 sono riportati gli errori relativi delle ampiezze delle zone perturbate e delle non-mixing zones secondo la relazione (6-1).

Il confronto tra i coefficienti di miscelamento calcolati ed i rispettivi valori sperimentali è riportato, per ciascun loop, nei grafici delle Figure 6.13, 6.14, 6.15 e 6.16. I valori di questi su ciascuna fuel assembly sono riportati in Appendice B.

Il modello di turbolenza Standard k - è il caso di riferimento, ed è stato analizzato nel Paragrafo 6.2.1 con il nome di “Specified Blend Factor”.

Dalle Figure 6.12 e 6.3 si nota che i risultati forniti dal modello di turbolenza Shear Stress Transport sono in sostanziale accordo con quelli del caso di riferimento, infatti i valori previsti per le ampiezze delle zone perturbate differiscono di quantità minori del 2% (vedi Tabella 6.7), e quelli delle ampiezze

(15)

delle non-mixing zones di quantità minori del 3% (vedi Tabella 6.9). I due modelli forniscono i valori più simili tra loro per il loop #1.

Rispetto ai dati sperimentali, il modello SST sottostima le ampiezze delle zone perturbate di circa il 20%, e sovrastima quelle delle non-mixing zones dal 17% al 60%, in maniera del tutto analoga al modello Standard k – .

La similitudine dei risultati forniti dai due modelli si ripete nel valore della rotazione netta del flusso, nulla per entrambi (vedi Tabella 6.10), ma non per i valori dei singoli angoli di rotazione. Infatti, mentre il modello Standard k – predice angoli uguali in valore assoluto, l’SST fornisce angoli di 1° maggiori per i loops #1 e #4. Tuttavia, essendo il primo diretto in senso antiorario ed il secondo in senso orario, la rotazione netta del flusso non risente di questa differenza.

Per quanto riguarda i coefficienti di miscelamento, come si può notare dalle Figure 6.13, 6.14, 6.15 e 6.16, i due modelli sono in grado di la presenza dei picchi di concentrazione nelle zone di diffusione tra i flussi. Inoltre forniscono un valore nullo (<0.1) per i coefficienti di miscelamento al di fuori delle zone perturbate, in sostanziale accordo con i dati sperimentali.

Riassumendo, si può affermare che entrambi i metodi utilizzati riescono a predire la formazione di flussi in settori separati del core, in accordo qualitativo con l’osservazione sperimentale. Inoltre sottostimano le ampiezze delle zone perturbate e sovrastimano quelle delle non-mixing zones con errori simili. Infine entrambi predicono una rotazione netta nulla. Si può affermare che i risultati non variano in maniera sensibile al variare dei due modelli di turbolenza utilizzati.

(16)

53°

110°

18°

59°

106°

17°

56°

109°

17°

62°

108°

17°

Concentrazione scalari Distribuzione flussi Fig. 6.12: risultati del modello di turbolenza Shear Stress Transport

(17)

Origine dati Ampiezza zona perturbata (°) loop #1 loop #2 loop #3 loop #4

Sperimentali 126 132 140 130

Standard k - 111 107 107 111

Shear Stress Transport 110 106 109 108

Tab. 6.6: ampiezza delle zone perturbate

Origine dati Errore percentuale

loop #1 loop #2 loop #3 loop #4

Standard k - -12 % -19 % -24 % -15 %

Shear Stress Transport -13 % -20 % -22 % -17 %

Tab. 6.7: errori percentuali sull’ampiezza delle zone perturbate

Origine dati Ampiezza non-mixing zone (°) loop #1 loop #2 loop #3 loop #4

Sperimentali 38 43 35 53

Standard k - 53 60 57 61

Shear Stress Transport 53 59 56 62

Tab. 6.8: ampiezza delle non-mixing zones

Origine dati Errore percentuale

loop #1 loop #2 loop #3 loop #4

Standard k - +39 % +40 % +63 % +15 %

Shear Stress Transport +39 % +37 % +60 % +17 %

Tab. 6.9: errori percentuali sull’ampiezza delle non-mixing zone

Origine dati Angoli di rotazione relativa (°) Rotazione netta (°) loop #1 loop #2 loop #3 loop #4

Sperimentali +24 -8 +30 -8 +9.5

Standard k - +17 -17 +17 -17 0

Shear Stress Transport +18 -17 +17 -18 0

Tab. 6.10: angoli di rotazione del flusso

(18)

Loop 1

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

0 20 40 60 80 100 120 140 160

N° Fuel Assembly

Mixing Coefficient

Sperimentale k - SST

Fig 6.13: confronto dei coefficienti di miscelamento per il loop #1

Loop 2

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

0 20 40 60 80 100 120 140 160

N° Fuel Assembly

Mixing Coefficient

Sperimentale k - SST

Fig 6.14: confronto dei coefficienti di miscelamento per il loop #2

(19)

Loop 3

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

0 20 40 60 80 100 120 140 160

N° Fuel Assembly

Mixing Coefficient

Sperimentale k - SST

Fig 6.15: confronto dei coefficienti di miscelamento per il loop #3

Loop 4

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

0 20 40 60 80 100 120 140 160

N° Fuel Assembly

Mixing Coefficient

Sperimentale k - SST

Fig 6.16: confronto dei coefficienti di miscelamento per il loop #4

(20)

6.4 Sensibilità al profilo di velocità in ingresso

Sono stati analizzati i quattro seguenti profili di velocità in ingresso:

• Profilo uniforme;

• Profilo sviluppato;

• Profilo uniforme con il 5% di massima componente tangenziale oraria;

• Profilo uniforme con il 5% di massima componente tangenziale antioraria.

Lo schema numerico adottato è lo Specified Blend Factor, mentre come modello turbolento è utilizzato lo Standard k - .

Il profilo uniforme è un profilo di velocità ovunque uguale al suo valore medio, che insiste normalmente alla superficie di ingresso, è il caso di riferimento.

Il profilo sviluppato è stato ottenuto come risultato di un calcolo effettuato su un tubo di lunghezza arbitraria e di diametro uguale a quello dei bocchelli di ingresso. Imponendo la condizione di periodicità tra la superficie di ingresso e quella di uscita è stato ottenuto, a convergenza avvenuta, un campo di moto stabilizzato corrispondente allo stato in cui si trova un flusso in uscita da un tubo di lunghezza infinita. Questo è stato utilizzato come dato di ingresso per la sezione dei bocchelli.

Gli ultimi due casi considerano un profilo di velocità normale uniforme, con l’aggiunta di una componente tangenziale il cui valore massimo è pari al 5%

della componente assiale. Il profilo della velocità tangenziale, riportato in Figura 6.17, è stato definito con andamento sinusoidale, in modo da essere nullo in corrispondenza della parete e sull’asse del bocchello. I due casi si differenziano per il senso di rotazione della componente tangenziale della velocità.

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-1 -0,5 0 0,5 1

-0,425 -0,2125 0 0,2125 0,425

Fig. 6.17: andamento della componente tangenziale della velocità

6.4.1 Analisi dei risultati

Nelle Figure 6.18, 6.19, 6.20 si riportano, per ognuno dei profili di velocità utilizzati e per ciascun loop, le distribuzioni degli scalari passivi, gli angoli di rotazione relativa del flusso e l’ampiezza delle zone perturbate e delle non-mixing zones. Il confronto tra i valori calcolati e quelli sperimentali è riportato nelle Tabelle 6.11, 6.13 e 6.15; inoltre, nelle Tabelle 6.12 e 6.14 sono riportati gli errori relativi calcolati sui valori delle ampiezze delle zone perturbate e delle non-mixing zones secondo la relazione (6-1).

Il confronto tra i coefficienti di miscelamento indicati dai vari profili ed i rispettivi valori sperimentali è riportato, per ciascun loop, nei grafici delle Figure 6.21, 6.22, 6.23 e 6.24. I valori di questi su ciascuna fuel assembly sono riportati in Appendice B.

Il profilo uniforme è il caso di riferimento, ed è stato analizzato nel Paragrafo 6.2.1 con il nome di “Specified Blend Factor”.

E’ da notare la sostanziale uguaglianza dei risultati ottenuti con il profilo di velocità uniforme e con quello completamente sviluppato, sia per quanto riguarda le ampiezze delle zone perturbate (calcolate con differenze dell’ordine del 2%, vedi Tabella 6.12), che per le ampiezze delle non-mixing zones (calcolate con differenze che vanno dal -6% al +11%, vedi Tabella 6.14). Inoltre i valori degli angoli di rotazione dei flussi sono identici, e nessuno dei due profili prevede

(22)

l’instaurarsi di una asimmetria del moto, infatti entrambi indicano un valore nullo per la rotazione netta.

Rispetto ai dati sperimentali, il profilo sviluppato sottostima le ampiezze delle zone perturbate di circa il 20%, e sovrastima quelle delle non-mixing zones dal 17% al 57%. Il profilo con velocità tangenziale oraria ha un comportamento simile, infatti, come evidenziato dalle Tabelle 6.12 e 6.14, sottostima le prime della medesima quantità, e sovrastima le seconde dal 13% all’80%.

Questo profilo, però, non riesce a predire il fenomeno fisico della rotazione dei flussi, infatti, come mostrato in Tabella 6.15, gli angoli calcolati per i 4 loops sono uguali due a due ed in sensi opposti, cosicché la rotazione netta del flusso risulta di 2.5° in senso opposto a quello osservato sperimentalmente.

Il profilo con velocità tangenziale antioraria predice valori del tutto simili agli altri casi per le ampiezze delle zone perturbate, (sottostimate con un errore relativo dell’ordine del 20%, vedi Tabella 6.12), mentre fornisce valori più precisi per le ampiezze delle non-mixing zones (sovrastimate con un errore che va dal 13% al 51%, vedi Tabella 6.14).

Per quanto riguarda gli angoli di rotazione, si può osservare dalla Tabella 6.15 che il profilo con velocità tangenziale antioraria è l’unico che riesce a predire l’asimmetria che caratterizza il flusso, fornendo angoli di rotazione per i loops #1 e #3 maggiori in valore assoluto di quelli per i loops #2 e #4 (+19° contro -16° e - 17°). Questo produce una rotazione netta del flusso di 1.5° in senso antiorario, sottostimata rispetto al valore sperimentale di 9.5°, ma nel medesimo senso.

Per quanto riguarda i coefficienti di miscelamento, come si può notare dalle Figure 6.21, 6.22, 6.23 e 6.24, questo profilo è quello che, meglio degli altri, riesce a predire la presenza dei picchi di concentrazione nelle zone di diffusione tra i flussi. Tutti i metodi considerati forniscono un valore nullo (<0.1) per i coefficienti di miscelamento al di fuori delle zone perturbate, in sostanziale accordo con i dati sperimentali (vedi Figure 6.18, 6.19 e 6.20).

Riassumendo, tutti i profili di velocità utilizzati riescono a predire la formazione di flussi in settori separati del core, in accordo qualitativo con l’osservazione sperimentale. Inoltre sottostimano le ampiezze delle zone

(23)

perturbate e sovrastimano quelle delle non-mixing zones con errori del medesimo ordine di grandezza (20% per le prime e dal 13% all’80% per le seconde). Il profilo che fornisce i risultati più accurati per i coefficienti di miscelamento è quello con velocità tangenziale antioraria, che è anche l’unico che indica una rotazione netta del flusso in senso antiorario. I profili uniforme e sviluppato non predicono alcuna rotazione netta, mentre quello con componente tangenziale oraria fornisce una rotazione in senso opposto al dato sperimentale.

Globalmente il profilo con componente di velocità tangenziale antioraria è la condizione all’ingresso che fornisce i risultati in maggiore accordo con i dati sperimentali.

Dalle distribuzioni nelle Figure 6.3, 6.18, 6.19 e 6.20 e dai valori in Tabella 6.11, si può notare che le entità dei fenomeni di diffusione tra i flussi previsti dai vari profili sono del tutto simili, quindi si può affermare che questi non dipendono in maniera sensibile dai profili di velocità in ingresso utilizzati.

(24)

57°

112°

17°

61°

107°

17°

55°

107°

17°

62°

108°

17°

Concentrazione scalari Distribuzione flussi Fig. 6.18: risultati del profilo sviluppato

(25)

60°

115°

14°

59°

107°

19°

63°

111°

14°

60°

108°

19°

Concentrazione scalari Distribuzione flussi Fig. 6.19: risultati del profilo con componente tangenziale oraria

(26)

53°

112°

19°

60°

109°

16°

53°

107°

19°

60°

108°

17°

Concentrazione scalari Distribuzione flussi Fig. 6.20: risultati del profilo con componente tangenziale antioraria

(27)

Origine dati Ampiezza zona perturbata (°) loop #1 loop #2 loop #3 loop #4

Sperimentali 126 132 140 130

Profilo uniforme 111 107 107 111

Profilo sviluppato 112 107 107 108

V oraria 115 107 111 108

V antioraria 112 109 107 108

Tab. 6.11: ampiezza delle zone perturbate

Origine dati Errore percentuale

loop #1 loop #2 loop #3 loop #4

Profilo uniforme -12 % -19 % -24 % -15 %

Profilo sviluppato -11 % -19 % -24 % -17 %

V oraria -9 % -19 % -21 % -17 %

V antioraria -11 % - 17 % -24 % -17 %

Tab. 6.12: errori percentuali sull’ampiezza delle zone perturbate

Origine dati Ampiezza non-mixing zone (°) loop #1 loop #2 loop #3 loop #4

Sperimentali 38 43 35 53

Profilo uniforme 53 60 57 61

Profilo sviluppato 57 61 55 62

V oraria 60 59 63 60

V antioraria 53 60 53 60

Tab. 6.13: ampiezza delle non-mixing zones

Origine dati Errore percentuale

loop #1 loop #2 loop #3 loop #4

Profilo uniforme +39 % +40 % +63 % +15 %

Profilo sviluppato +50 % +42 % +57 % +17 %

V oraria +58 % +37 % +80 % +13 %

V antioraria +39 % +40 % +51 % +13 %

Tab. 6.14: errori percentuali sull’ampiezza delle non-mixing zone

(28)

Origine dati Angoli di rotazione relativa (°) Rotazione netta (°) loop #1 loop #2 loop #3 loop #4

Sperimentali +24 -8 +30 -8 +9.5

Profilo uniforme +17 -17 +17 -17 0

Profilo sviluppato +17 -17 +17 -17 0

V oraria +14 -19 +14 -19 -2.5

V antioraria +19 -16 +19 -17 +1.5

Tab. 6.15: angoli di rotazione del flusso

Loop 1

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

0 20 40 60 80 100 120 140 160

N° Fuel Assembly

Mixing Coefficient

Sperimentale Uniforme Sviluppato V oraria V antioraria

Fig 6.21: confronto dei coefficienti di miscelamento per il loop #1

(29)

Loop 2

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

0 20 40 60 80 100 120 140 160

N° Fuel Assembly

Mixing Coefficient

Sperimentale Uniforme Sviluppato V oraria V antioraria

Fig 6.22: confronto dei coefficienti di miscelamento per il loop #2

Loop 3

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

0 20 40 60 80 100 120 140 160

N° Fuel Assembly

Mixing Coefficient

Sperimentale Uniforme Sviluppato V oraria V antioraria

Fig 6.23: confronto dei coefficienti di miscelamento per il loop #3

(30)

Loop 4

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

0 20 40 60 80 100 120 140 160

N° Fuel Assembly

Mixing Coefficient

Sperimentale Uniforme Sviluppato V oraria V antioraria

Fig 6.24: confronto dei coefficienti di miscelamento per il loop #4

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