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Collana diretta da Marco Guzzi

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Academic year: 2022

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Collana diretta da Marco Guzzi

C R O C E V I A

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Francesco Marabotti

Imparare a nascere

Un percorso di guarigione interiore

Prefazione di

M

arco

G

uzzi

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PAOLINE Editoriale Libri

© FIGLIE DI SAN PAOLO, 2021 Via Francesco Albani, 21 - 20149 Milano www.paoline.it www.paolinestore.it edlibri.mi@paoline.it

Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l.

Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (MI) Grafica di copertina di Ivo Kaplun

Le citazioni bibliche sono tratte da La Sacra Bibbia

nella versione ufficiale a cura della Conferenza Episcopale Italiana

© 2008, Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena

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Ecco, io creo nuovi cieli e nuova terra;

non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente,

poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare,

poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio.

(Is 65,17-18)

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Prefazione

UNA NUOVA GENERAZIONE PRENDE LA PAROLA

In questo libro sentiamo risuonare, limpida e potente, la voce di un’intera generazione che prende la parola in una fa- se difficilissima e cruciale della storia.

Questa generazione prende la parola innanzi tutto per de- nunciare lo sfascio di una civiltà che non possiede più alcu- na direzione evolutiva e si contorce sterile su se stessa, nella propria follia tecno-mercantile, nelle proprie convulsioni sui- cidarie, sempre ben mescolate con l’ossessione quotidiana della pubblicità e di una comunicazione di massa ormai qua- si del tutto pilotata e de-mente.

Questa generazione denuncia senza mezzi termini una so- cietà che ha saputo dare ai giovani solo gli avanzi della pro- pria putrefazione.

E tale denuncia risuona in modo nuovo: più categorico, più perentorio, ma al contempo più quieto, e quasi sereno.

Non serve più arrabbiarsi troppo dinanzi a un morto: biso- gna solo seppellirlo e sostituirlo alla guida del mondo.

Ma questa denuncia, dura e sofferta, necessaria e inelut- tabile, viene sempre accompagnata da un annuncio più po- tente di ogni depressività o amarezza più o meno indotte. E l’annuncio ci dice che proprio dentro questa passione, che ci sta educando tutti a un esercizio a volte estenuante di pa- zienza, possiamo rigenerarci, possiamo ridestarci a nuovi en- tusiasmi, possiamo rianimare le direzioni ancora vive della modernità, e della stessa civiltà cristiana, inaugurando un tempo nuovo.

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Che questo libro sia stato scritto da Francesco, cioè da un giovane che si è formato all’interno dei gruppi Darsi Pace, è per me un motivo di grande speranza, e di gioia.

Che poi questo libro esca come ventiduesimo volume del- la collana Crocevia, che abbiamo avviato nel 2004 proprio per dare una solida fondazione teorica al lavoro dei gruppi, mi sembra quasi un segno del destino: è come se questa collana iniziasse a produrre opere che sgorgano almeno in parte dal- la sua stessa storia. Sì, perché il vero pensiero è quello gene- rativo, quello che genera nuovo pensiero, nuove idee, nuova vita, nuove generazioni creative, appunto.

Francesco, come molti suoi coetanei, sa che l’attuale si- tuazione esistenziale, sociale e planetaria non è affatto faci- le, sa quanto sia arduo continuare a voler fiorire e crescere anche tra le dune sempre più aride e spinose di un deserto.

Sa inoltre che i poteri di questo mondo sono quanto mai osti- li a tutto ciò che nasce, e sa che l’unica forza che resiste a tut- te le intemperie della storia è quella che sgorga dalle sorgen- ti più profonde, cioè dalle dimensioni spirituali e abissali di un cuore in cerca di unità e di pace.

Ecco perché il suo pensiero è così concreto: nessun idea- lismo astratto ci è più concesso, nessuna esagerazione infan- tile, nessuna facile indulgenza alle tendenze della moda. Bi- sogna invece sempre ripartire dal proprio corpo dolente, dalla propria anima anelante, dalla propria ricerca fisica del- la felicità, dal proprio respiro.

È solo questa fedeltà al corpo, d’altronde, è solo questo desiderio caparbio di incarnare pienamente il pensiero che elaboriamo, che ci dà poi la giusta misura dei passi da com- piere e delle parole da pronunciare.

Da qui parte la vera e inedita Rivoluzione del XXI seco- lo, tanto nonviolenta quanto travolgente e radicale, quella che nessuna restaurazione potrà mai più vanificare.

Le pratiche interiori, perciò, la conoscenza sempre più lucida di sé, dei propri meccanismi distruttivi, e l’apertura quotidiana alle sfere del silenzio e dello Spirito sono ormai

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le premesse di qualsiasi prassi rivoluzionaria veramente efficace.

Correlare queste due dimensioni, spirituale e politica, è oggi il nostro compito Indispensabile, nome non a caso dato al Movimento giovanile di Darsi Pace, cui Francesco parte- cipa attivamente.

Questo libro, insomma, porta con sé una grande speran- za, riapre anzi l’orizzonte stesso della speranza, intesa in sen- so forte: la speranza di conoscere e di realizzare giorno dopo giorno, con rinnovata sorpresa, il mistero eterno e salvifico della nostra umanità, e la speranza di trasformare radicalmen- te un mondo senza più respiro, liberandolo dalle tenebre in cui sembra così velocemente sprofondare.

Vada allora in giro, questo libro, e raggiunga tante anime, tanti giovani, tanti nascenti, e cosparga di scintille incendia- rie tutte queste nostre terre desolate, riaccendendo nei cuori il sacro fuoco: l’amore che sempre tutto crea, stravolge, svec- chia e rigenera.

Marco Guzzi

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INTRODUZIONE

Vorrei iniziare questo viaggio con grande semplicità, ma allo stesso tempo con coraggio. Vorrei entrare io stesso per primo dentro ciò che scrivo, nella realtà che vivo, e da qui, solamente, dire poi qualcosa. Vorrei che le mie parole, così come le mie azioni e relazioni, scaturissero sempre da que- sto ingresso sensibile nella vita, nella sua verità momentanea, contingente, quale riflesso misterioso dell’assoluto.

Vorrei che questo tentativo di esprimermi poeticamente, ovvero mediante le parole, conservasse tutto il travaglio be- nefico dei giorni, del dolore e del vuoto, come pure della spe- ranza e della luce che improvvisamente aprono i cieli interio- ri e dischiudono a nuove avventure della coscienza. Vorrei che queste parole potessero aiutare chi le legge, nello stesso mo- do in cui aiutano me, a fare esperienza di una dimensione te- rapeutica, sorgiva, illuminante, da cui tutto l’operato esisten- ziale possa riprendere fiato e vigore. Come la pianta viene irrorata dalla luce solare, così anche noi, piccole creature uma- ne, veniamo illuminati da una Sorgente che ci guida verso la guarigione.

Dice il Salmo 78 ai versetti 15-16:

Spaccò rocce nel deserto

e diede loro da bere come dal grande abisso.

Fece sgorgare ruscelli dalla rupe e scorrere l’acqua a fiumi.

Mi infondono una grande forza queste parole, perché so- no precise, corrispondono a uno stato dell’anima che ha at-

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traversato i propri abissi e le proprie miserie; a uno stato del- l’anima che, nonostante il contatto con le sferzate di un vento contrario, di un buio cosmico che sembrava divorarla, non ne è stata travolta. Ha scovato in questo fondo abissale una fon- te, una sorgente di vita che è Dio stesso quale matrice dell’es- sere in cui già da sempre ci muoviamo. Dio come centro della nostra anima, come dice Giovanni della Croce. Dio in quan- to dimensione costitutiva, come patria, della nostra abitazio- ne esistenziale. Noi siamo in Dio.

Ma Dio è in noi? Siamo risvegliati, rinati alla vita divina come riattivazione della nostra anima? Siamo risorti come nuove creature viventi in relazione con gli altri? Solo quando ci dimentichiamo di questa verità essenziale che è anzitutto un’esperienza aperta dalla fede, allora siamo infelici, perché crediamo di esistere in proprio. Ognuno nella propria cella carceraria, perduto irrimediabilmente nel proprio dolore ir- reparabile. Questo dolore inguaribile produce poi tutte quel- le distorsioni che vediamo all’opera nel mondo: guerre, mor- ti, devastazione della natura e dei corpi. Tutto ciò, in realtà, scaturisce da una ferita originaria, da un vuoto mai preso in cura, mai guardato veramente fino in fondo, mai guadato si- no all’altra sponda.

Iniziare a vivere veramente in prima persona, a sentire le proprie emozioni, a pensare i propri pensieri e ad agire le proprie azioni vuol dire rigenerare le cellule del corpo dell’es- sere e infondere all’esistenza una qualità poetica nuova: la mia personale scrittura della vita.

Significa dare un altro inizio alla (nostra) storia. E questo è tutto quello che conta. Solamente nascendo, cioè nell’espe- rienza dell’essere vivi e presenti ora, possiamo imparare, ov- vero sentire, conoscere, respirare e amare. E finalmente gioi- re del dono dell’esserci.

Il testo è suddiviso in tappe, che scandiscono un percor- so attraverso diverse tematiche per me fondamentali, sulle quali ho scritto nel corso degli ultimi sette anni. Si tratta di articoli, saggi brevi, testi per eventi culturali che in questa fa-

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se della mia vita sintetizzano una sorta di succo vitale. Come la vita, esprimono diverse tonalità di quell’unità che appun- to presenta molteplici forme di manifestazione. Da alcune ri- flessioni più filosofiche, infatti, si passa all’ascolto delle pro- prie emozioni; dalla sintesi delle ricerche psicologiche e filosofiche degli ultimi decenni alla mistica orientale e cristia- na; analisi politiche della realtà contemporanea convivono con lampi poetici che sgorgano dal vuoto dell’ascolto e dal contatto con la fonte dell’essere. Ciò che lega ogni tappa è questa gestazione in me avvenuta, e che mi ha convinto a rac- coglierle in un unico percorso poetico, per fiorire.

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Anche il viaggio più lungo comincia con un singolo passo.

(proverbio cinese)

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PARTE PRIMA

L’ETÀ DELL’ANSIA

E DELLA VULNERABILITÀ

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Prima tappa

Verso una ricomposizione dell’anima umana

La cultura contemporanea non si è ancora interrogata con sufficiente profondità, a mio avviso, sulle trasformazioni del- la coscienza e della società avvenute negli ultimi trecento an- ni. È come se vivessimo un’accelerazione dei ritmi della no- stra vita a ogni livello, priva però di un’auto-interpretazione capace di darci il senso della direzione da intraprendere.

Manca una comprensione autentica dell’evoluzione dell’es- sere umano in questo ultimo scorcio della nostra epopea, che sembra decisivo per le sorti stesse della specie.

Vorrei iniziare, per indagare la frattura che si viene a creare nella contemporaneità tra l’individuo e il nuovo mondo, da un’o- pera di Dalí, Il gabinetto antropomorfo – la trovo estremamen- te significativa – e, mediante un’analogia poetica, la vorrei ac- costare a un testo celebre di Montale, Non chiederci la parola.

Il gabinetto antropomorfo

Salvador Dalí, Il gabinetto antropomorfo, 1936.

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Iniziamo dall’opera di Dalí. Proviamo a guardarla cercan- do semplicemente di descrivere quello che scorgiamo. Innan- zi tutto in primo piano vi è una figura di essere umano appog- giata a terra, con il volto deforme, « mostrificato », che sta quasi esplodendo. Gli arti inferiori e superiori sono le uniche parti anatomiche verosimili. Le braccia, tuttavia, sono raggrin- zite, comunicando un senso di smembramento. Il braccio si- nistro è teso come a respingere una folla che si nota in lonta- nanza, e che immediatamente rimanda alla città e ai suoi ritmi, alle sue strade, a una signora ben vestita della buona società.

Il nostro « uomo sfigurato » è invece solo, in quello che sembra essere l’interno di un salone quasi senza tempo, col- locato cioè in un’altra dimensione. Dalle clavicole al bacino il corpo presenta dei cassettini tutti aperti, come se fossero le interiorità dell’anima esposte a un mondo che però non ha alcuna intenzione di osservarle, e che anzi non vede nemme- no, perché ne è completamente distante. L’impressione ge- nerale proveniente dall’opera è di estraneità, di un uomo che sta respingendo la società, che non se ne sente partecipe, ed è anzi atterrito da una sofferenza, da una impotenza a comu- nicare che ne reclude il volto, ovvero la vista, la luce della co- scienza, lasciando però aperte feritoie del corpo ormai svuo- tate, da cui solo un panno lacero esce, senza pretese.

È come se Dalí ci volesse comunicare la totale distanza dell’anima contemporanea dalla sua società di appartenenza o, meglio, di non-appartenenza. Come se ci fosse un vuoto panico, il rifiuto di un’apparenza di « normalità borghese e cittadina » che sotterraneamente però rivela le sue ipocrisie, le sue violenze, la sua freddezza patologica che rinchiude cia- scuno nella propria solitudine.

Il protagonista, anzi il non-protagonista, è perciò come un bambino che allontana e rifiuta un mondo che tuttavia desi- dererebbe approcciare, con il quale vorrebbe entrare in con- fidenza e che vorrebbe conoscere, con il quale in realtà si è aperto un tempo, ma evidentemente ha sperimentato tutta l’amarezza e la crudeltà di cui questo mondo è capace.

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Il punto decisivo, per quanto ci riguarda, è il seguente: que- sta condizione è solamente una manifestazione di individuali- tà particolarmente sensibili che non riescono a integrarsi nella società contemporanea oppure si tratta di una forma di disa- gio più collettiva, con la quale l’essere umano, ciascuno di noi, volente o nolente, si trova ad avere a che fare? Questo è il no- do, lo snodo lungo il quale muoveremo la nostra riflessione.

Non chiederci la parola

Consideriamo adesso il testo di Montale, altrettanto signi- ficativo. È da ricordare che stiamo parlando di due opere, quel- la di Dalí e questa di Montale, estremamente vicine nel tem- po, essendo la seconda del 1923 e la prima del 1936. Sono cioè espressioni di una medesima sensibilità artistica, e quindi di una percezione spirituale dell’anima tardo-moderna.

Il componimento di Montale recita:

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco lo dichiari e risplenda come un croco perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l’uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico,

e l’ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.

Codesto solo oggi possiamo dirti,

ciò che non siamo, ciò che non vogliamo1.

Le parole iniziali sono alquanto paradossali: « Non chie- derci la parola ». Una poesia che comincia mediante un’in- vocazione a non chiedere la parola al poeta e alla sua gene-

1 In E. Montale, Ossi di seppia, Mondadori, Milano 1970.

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razione esprime evidentemente una grande sofferenza, una lacerazione, una contraddizione. Questo perché le parole tra- dizionali, quelle convenzionali, che la società continuamen- te adopera, sono divenute desuete, prive di forza, insosteni- bili agli occhi del poeta.

Non chiedere al poeta, cioè, una parola che spieghi razio- nalmente che cosa sta accadendo nelle nostre anime « infor- mi », che si stanno sgretolando, in quanto in trans-formazio- ne. Le parole che normalmente utilizziamo sono divenute incapaci di esprimere ciò che l’anima contemporanea sta vi- vendo. Manca il linguaggio per dire il malessere dell’uomo du- rante la transizione dei tempi: ecco la lacerazione del poeta.

La seconda strofa è parimenti significativa. Contrappone la sicurezza dell’uomo dominato dalla dimenticanza di que- sta inquietudine, che « se ne va sicuro, agli altri ed a se stes- so amico », indossando una maschera sociale atta a mantene- re un ruolo funzionale agli scopi del sistema, all’ombra che proietta « sopra uno scalcinato muro ». Potremmo dire, ri- prendendo l’opera di Dalí, che l’uomo sicuro è quello che si scorge in lontananza, fuori dal « salone dell’inconscio » in cui l’anima deforme si è ritirata, mentre l’ombra proiettata e non vista appare in primo piano in decomposizione.

L’ultima strofa potrebbe sintetizzare l’intera decostruzio- ne della pretesa metafisico-rappresentativa, cioè della ragio- ne calcolante che è a fondamento della scienza, della tecnica, della politica moderna, di dare un fondamento e un orienta- mento al mondo. Non vi sono più formule, né magiche né chimiche né fisico-matematiche, capaci di aprire mondi, so- lo « qualche storta sillaba e secca come un ramo », come gli arti dell’uomo di Dalí. Tutto ciò che il poeta attualmente può dire è in negativo, in contrapposizione a quell’essere e a quel volere che fino a oggi hanno dominato e dominano dentro e fuori di noi.

È anche qui il rifiuto di un mondo che non corrisponde più alle esigenze dell’anima, che sta perdendo di solidità e sprofonda nonostante proceda nelle sue attività quotidiane,

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lasciando questo grido sordo, questa paralisi introiettiva, appunto nella propria auto-commiserazione e disperazione.

Protagonista in entrambe le opere è perciò una coscienza che vede la realtà attorno a sé come svuotata di senso, come in- sostenibile e impraticabile. Il sentimento che si genera è di rifiuto, di ritiro, mentre le forme linguistiche e quelle corpo- ree si decompongono, lasciando il campo a un oscuramento senza nome e senza direzione.

L’arte contemporanea come esperienza iniziatica

Chiediamoci dunque con rinnovata semplicità: qual è il senso di queste espressioni artistiche rispetto all’evoluzione della coscienza contemporanea? Che cosa hanno da dirci e comunicarci rispetto alle trasformazioni profonde della no- stra società negli ultimi secoli? Quali scorci, quali prospetti- ve sono in grado di aprire, mediante un linguaggio intuitivo che riesce a rispecchiare e a far risuonare i moti profondi del nostro essere, che spesso non trovano udienza nel « rumore del mondo », nella routine quotidiana, nel tran-tran settima- nale che a lungo andare produce sindromi da esaurimento e depressioni più o meno latenti?

Ovviamente queste sono tematiche che richiederebbero un saggio intero. Qui vorrei accontentarmi di porre alcune domande e magari provocare a uno sguardo più attento ver- so l’arte contemporanea. Spesso, infatti, essa viene vista co- me la più o meno stravagante espressione di menti geniali in continuità con le epoche passate, senza comprendere che qui stiamo parlando di una vera e propria cesura, cioè di una di- scontinuità, di una rottura ancora tutta da indagare e perlu- strare, perché ci parla di una dis-continuità e di una rottura che abitano anzitutto dentro di noi. Questa lacerazione, que- sta sorta di schizofrenia, nasce in realtà più indietro nella sto- ria, ma segue uno schema che non differisce di molto. Po- tremmo dire che la crescita e l’espansione della modernità, e

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quindi della scienza e della tecnica, della politica quale orga- nizzazione capillare del territorio, della legge e della vita civi- le, e dunque della razionalizzazione e burocratizzazione del- l’esperienza del mondo, producano e portino con sé un’ombra concomitante, una specie di campanello d’allarme rispetto ai pericoli di alienazione (dalla natura, dalle emozioni e dal cor- po) e di disumanizzazione.

A partire da Rousseau, uno dei capostipiti di questa genea- logia del rifiuto, la coscienza occidentale ha evidenziato sem- pre più la contraddizione tra un progresso, chiamiamolo ra- zionale e immanente, e il pericolo di una dimenticanza delle esigenze dell’anima. « L’uomo è nato libero, e ovunque è in catene », dice Rousseau nel suo Contratto sociale, quasi preco- nizzando la deriva schiavizzante dell’espansione moderna.

Questa intuizione diviene poi critica sistematica della raziona- lità illuministica nel romanticismo (Goethe, Novalis, Hölder- lin), della maschera borghese e sociale (Baudelaire, Rimbaud, Nietzsche), fino all’esplosione delle avanguardie, della psicoa- nalisi, della fenomenologia in filosofia quale tentativo di supe- ramento della metafisica egoico-logica.

Alcuni versi che a mio avviso sintetizzano bene questa idea sono quelli di Eliot, contenuti nella sua opera The Waste Land, del 1922:

Città irreale,

sotto la nebbia bruna di un’alba d’inverno,

una gran folla fluiva sopra il London Bridge, così tanta, ch’i non avrei mai creduto che morte tanta n’avesse disfatta.

Sospiri, brevi e infrequenti, se ne esalavano, e ognuno procedeva con gli occhi fissi ai piedi2.

Anche qui è evidente la percezione chiara dell’anima del poeta, di quella coscienza ancora in contatto con le proprie profondità ed emozioni, capace di vedere l’alienazione e di

2 T.S. Eliot, La terra desolata, in Poesie, Mondadori, Milano 1971.

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denunciarla. La città è divenuta irreale, priva di tangibilità empirica, e quindi surreale. La folla, cioè i cittadini, tutti noi, è come preda di una mortificazione, di un annullamento dell’energia vitale che dipende proprio da quel modello di società che la città esemplifica. Londra, in questo senso, ne è un simbolo per eccellenza. Ognuno con gli occhi fissi ai piedi, isolato nella propria misera visione di un mondo che si è reclinato su se stesso ed è divenuto grigio, vuoto e de- pressivo. Una nebbia bruna che avvolge le cose e le persone.

Scrive Marco Guzzi:

La città industriale, altamente produttiva, ha bisogno di uo- mini il più possibile meccanici, capaci di inserirsi automatica- mente nei ritmi sempre più rapidi del ciclo produzione-consu- mo. (...) Tutto ciò che non rientra nel mondo della produzione genera ormai soltanto i molteplici idiotismi, che ciascuno può vivere per conto proprio, ma che non sono posti a fondamen- to delle ragioni (politiche) del nostro convivere. (...)

L’uomo sembra ormai precipitato, nel giro di un secolo, in una condizione antropocosmica (psichica e mondiale), in una fase apocalittica, in cui è direttamente a contatto con forze spi- rituali distruttive o rigenerative: con demoni o con il Dio viven- te. La città e l’anima precipitano nel caos per la dissoluzione fi- nale o per una nuova nascita inaudita3.

La trans-figurazione del volto dell’umanità

L’ultimo punto che vorrei sottolineare e mettere a fuoco è proprio questo: come le due opere che abbiamo visto inizial- mente ci parlino di un passaggio d’epoca, di una trasforma- zione in seno alla coscienza contemporanea. Quella che viene in luce attraverso queste due espressioni artistiche, assieme al- le correnti di cui esse sono manifestazione, è la fase di un pro- cesso di evoluzione dell’essere umano in questo tempo storico.

3 M. Guzzi, L’Insurrezione dell’umanità nascente, Paoline, Milano 2015, pp. 95, 101.

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La tradizione alchemica l’ha chiamata Opera al Nero, det- ta anche nigredo, la quale possiede una sua logica evolutiva se vissuta come scoperta di ciò che non è più sostenibile nella no- stra vita e, quindi, come realizzazione del nuovo che tenta di emergere in noi. La negazione, per riprendere un’intuizione di Hegel, è sempre la negazione di un aspetto determinato della realtà che non è più funzionale a un superamento di sé della coscienza. Ciò che nega è quella parte della nostra co- scienza che vede i limiti di quell’aspetto. La nigredo, perciò, è una fase di distruzione o putrefazione, nella quale l’alchimista distrugge tutti gli elementi disgregati e dannosi presenti nei suoi corpi sottili, mentale e psichico. (...) Il periodo in cui si svolge l’Opera al Nero è tragico, sconvolgente, destabilizzante, poiché tutto ciò su cui si basavano le certezze esistenziali viene messo in dubbio e distrutto. Soltanto dopo la totale distruzione, si po- trà procedere4.

È una fase nella quale tutto ciò che appartiene al passato viene come a sprofondare, a perdere di consistenza e di legit- timità nel guidare le scelte e le direzioni da intraprendere.

Tutto viene messo in discussione in vista di una riformulazio- ne complessiva dell’esistenza. In tal senso il nichilismo, ovve- ro il processo di annullamento di ogni pretesa di verità soli- dificatasi nei secoli, corrisponde a questa tappa nel processo di rinascita dell’anima umana. C’è una frase del Vangelo esem- plificativa a proposito: « Se il chicco di grano, caduto in ter- ra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto » (Gv 12,24).

E infatti la nigredo è la prima stazione, quella della discesa agli inferi, a cui seguono la fase dell’albedo, cioè della purifi- cazione ascensionale, e infine della rubedo, quale sintesi co- niugativa che esemplifica la piena risurrezione del corpo spi- rituale. Sembra perciò che l’attraversamento del nichilismo,

4 S. Fumagalli - F. Gandini, Iniziazione alchemica a piccole dosi, in L’Eterno Ulisse, anno 5, n. 19, p. 26.

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del riduzionismo scientifico e antropologico, del venire meno dei fondamenti istituzionali della società e della democrazia, possa preludere a una rigenerazione complessiva delle forme entro le quali la cultura umana organizza i suoi significati. Chi sta relativizzando tutte le figurazioni culturali e antropologi- che? In nome di quale unità e verità vengono in luce le limi- tazioni di ogni metafisica e di ogni violenza ideologica?

Potremmo stare andando, caoticamente, verso una rifor- mulazione, una purificazione rigenerante dell’io e del mon- do che non a caso sta operando una sintesi di tutta la storia del cosmo, della terra e dell’evoluzione umana, portandone a galla le contraddizioni, i traumi e le storture. Potremmo es- sere perciò, paradossalmente, proprio in un’epoca di salvez- za e di guarigione profonda di ogni dimensione del nostro essere nel mondo.

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INDICE

Prefazione: Una nuova generazione prende

la parola (M. Guzzi) pag. 7

Introduzione » 11

Parte prima

L’ETÀ DELL’ANSIA E DELLA VULNERABILITÀ

Prima tappa

versounaricoMposizionedellaniMauMana » 19

Il gabinetto antropomorfo » 19

Non chiederci la parola » 21

L’arte contemporanea come esperienza iniziatica » 23 La trans-figurazione del volto dell’umanità » 25

Seconda tappa

letàdellansia » 28

L’ansia: un sintomo dai contorni indefiniti » 28

Entrare dentro l’ansia » 30

Una prospettiva filosofica » 31

Una prospettiva spirituale » 32

Rinascere dal malessere » 33

Terza tappa

pensierisullapraticaMeditativa » 35

La natura della mente » 35

La separazione dal presente nella storia umana » 36

(32)

La nascita della civiltà pag. 37

Meditazione e integrazione » 38

Quarta tappa

laviadellavulnerabilità » 40

La filosofia di questo mondo » 40

Impotenza e senso di inferiorità » 42 La legittimità del sistema dominante » 42 La necessità di una trasformazione psico-politica » 43

La via della vulnerabilità » 45

Quinta tappa

lalibertànellafede » 47

La legge più antica » 47

Le strutture difensive » 48

Dalla legge alla fede » 51

Sesta tappa

siaMociòchepensiaMo » 54

L’influenza dei pensieri sulla nostra vita » 54

Cambiare abiti mentali » 56

Il pensiero del nascente » 57

Settima tappa

perchéunanuovacultura? » 59

L’insostenibilità esistenziale dei luoghi

della cultura » 59

Dalla cultura del morente a una semina

del nascente » 60

Verso una nuova cultura » 61

Ottava tappa

pauradellaltro » 63

L’altro ci mette a disagio » 63

L’origine psicologica della paura dell’altro » 64

(33)

Superare l’altruismo moralista pag. 65

Lavorare sulla paura » 66

Parte seconda

PER UN’ECOLOGIA SPIRITUALE

Nona tappa

laseparazionecoMefondaMento » 71

L’astrazione come essenza della vecchia umanità » 71 Il re-stare come atteggiamento rivoluzionario » 72

Decima tappa

riprenderelaparolapersalvarsilapelle » 75

La rivoluzione digitale » 75

Verso un uso spirituale delle tecnologie digitali » 77

Undicesima tappa

dallalienazioneallaGioia

(perunaprassirivoluzionaria) » 79 Primo sguardo sull’alienazione: Rousseau » 80 Secondo sguardo sull’alienazione:

Marx e il capitalismo » 81

Dall’alienazione alla gioia » 82

Dodicesima tappa

laGiustaMisura » 84

Tredicesima tappa

laparola » 86

L’importanza delle parole per noi umani » 86

Le parole della società » 87

Cambiare lingua: verso una poetica

della guarigione » 88

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Quattordicesima tappa

larinascitadellessereuMano:

perunecoloGiaspirituale pag. 90

Il rapporto tra uomo e natura: il trauma originario » 90 L’epoca moderna: il rovesciamento » 91

Il punto di non ritorno » 93

Quindicesima tappa

passaredallaMorteallavita » 96

Ricomprendere il mistero della Pasqua » 96 L’evento pasquale alla luce del processo iniziatico » 97

Morire in Cristo » 98

Il grande passaggio » 99

Risorgere attraverso la passione » 100

Sedicesima tappa

menssanaincorporesano » 102

La riscoperta del corpo » 102

Il Verbo e la carne » 103

Verso una spiritualità del corpo » 104

Diciassettesima tappa

superareilprincipiodiinerzia

nellafisicaenellavita » 107

Il paradigma dominante » 107

Il principio di inerzia » 108

Superare il principio di inerzia » 109

Diciottesima tappa

leillusionidellaMente » 111

La pretesa di controllo » 111

Lo scacco alla ragione calcolante » 112

Fede e salvezza » 113

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Parte terza

VERSO UNA GUARIGIONE INTEGRALE

Diciannovesima tappa

laveritàdellinvisibile

(trascienzaconteMporaneaespiritualità) pag. 117 L’armonia invisibile in Eraclito » 118 Lo sguardo sull’invisibile: san Paolo » 120

La cosmologia contemporanea » 121

Ventesima tappa

ripartiredalleeMozioni » 124

Gli stati emotivi dell’anima » 125

Il ruolo delle emozioni nella vita » 127 Superare la depressione post-moderna » 128

La musica emotiva dell’esserci » 129

Ventunesima tappa

ilpotererisanantedellaleGGerezza » 131

Ventiduesima tappa

larivoluzionepoeticadellessereuMano » 135 Martin Heidegger: il pensiero come ascolto

dell’essere » 136

Il poetico e la nuova umanità » 139

Verso una psicologia poetica: la plasticità

del cervello umano » 141

L’evoluzione dell’auto-coscienza » 144 Biologia e trasformazione: come si diventa ciò

che si è » 147

L’essere vivente come sistema autopoietico » 150 Essere un’apertura procreativa della realtà » 151 L’umanità come opera d’arte: spunti per

un’antropologia del nuovo millennio » 153

(36)

Ventitreesima tappa

lunicacosadicuicèbisoGno pag. 158

Ventiquattresima tappa

usciredalvuoto » 161

Il peccato originale » 161

Uscire dalla prigione » 162

Venticinquesima tappa

versounaGuariGioneinteGrale

dellessereuMano » 164

Nuovi paradigmi per l’umanità nascente » 164 L’integrazione come preludio alla guarigione » 166 Vedere i problemi come sintomi di squilibrio » 167

Verso un’ecologia della cura » 169

Ventiseiesima tappa

viveresenzafondaMenti » 172

Il bisogno di controllo dell’ego » 172

In ascolto vigile » 174

Ventisettesima tappa

lapocalissecoMeprovocazione

allatrasforMazione » 176

I tempi finali » 176

La nostra liberazione è vicina » 178

Ventottesima tappa

linquietudinecoMeritornoallaverità » 180 Riscoprire la funzione terapeutica della solitudine » 180 Riscoprire la funzione terapeutica dell’inquietudine » 182

(37)

Ventinovesima tappa

ilrisveGlioplanetariodelluManità pag. 184 Rinascere alla svolta dei tempi » 184 Divenire agenti messianici del nuovo tempo » 186

Trentesima tappa

Mollarelapresa » 188

L’attaccamento è sofferenza » 188

Verso una resa incondizionata » 190

Ringraziamenti » 193

Indice dei nomi di persona » 195

(38)
(39)

Crocevia

Collana diretta da Marco Guzzi

Al crocevia dei tempi, delle discipline, e dei linguaggi, testi che interpretano la nostra epoca

come fase di svolta e di ricominciamento esistenziale, storico-culturale e spirituale.

1. Darsi pace. Un manuale di liberazione interiore, di Marco Guzzi 2. La cura dell’anima. L’esperienza di Dio tra fede e psicologia, intervista

di Jan Paulas e Jaroslav Šebek ad Anselm Grün, edizione italiana a cura di Marco Guzzi

3. La scelta che non esclude. Buddhismo o cristianesimo, di Dennis Gira 4. Verso l’essenziale. L’anima e i suoi discorsi, a cura di Danila Biglino

e Marco Guzzi

5. La nuova umanità. Un progetto politico e spirituale, di Marco Guzzi 6. Il pensiero che ascolta. Come uscire dalla crisi, di Maurice Bellet 7. Lo spartiacque. Ciò che nasce e ciò che muore a Occidente, a cura di

Marco Guzzi

8. Per donarsi. Un manuale di guarigione profonda, allegato cd con tre meditazioni guidate, di Marco Guzzi

9. Il monaco e la psicanalista. In dialogo per una autentica libertà interio- re, di Marie Balmary

10. Yoga e preghiera cristiana. Percorsi di liberazione interiore, di Marco Guzzi

11. La saggezza delle fiabe, di Massimo Diana

12. Dalla fine all’inizio. Saggi apocalittici, di Marco Guzzi 13. Il cuore a nudo. Guarire in dialogo con Dio, di Marco Guzzi

14. Imparare ad amare. Un manuale di realizzazione umana, di Marco Guzzi

15. Parole per nascere. Poesie di un nuovo inizio, di Marco Guzzi 16. L’Insurrezione dell’umanità nascente, di Marco Guzzi 17. Fede e rivoluzione. Un manifesto, di Marco Guzzi 18. Facebook. Il profilo dell’uomo di Dio, di Marco Guzzi

19. Alla ricerca del continente della gioia. La Rivoluzione del XXI secolo, di Marco Guzzi

(40)

20. Dizionario della lingua inaudita. La Lingua e la Rivoluzione, di Mar- co Guzzi

21. La vita è l’opera. Una biografia, di Marco Guzzi, a cura di Francesco Marabotti

22. Imparare a nascere. Un percorso di guarigione interiore, di Francesco Marabotti

50. Darsi pace. Gruppi di liberazione interiore, di Marco Guzzi

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Riferimenti

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