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I SALESIANI COME RELIGIOSI-EDUCATORI. FIGURE E RUOLI ALL’INTERNO DELLA CASA SALESIANA. ** L’originalità dell’organizzazione e del governo di una casa salesiana

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(1)

FIGURE E RUOLI ALL’INTERNO DELLA CASA SALESIANA.

** L ’originalità d ell’organizzazione e del governo di una casa salesiana

B runo B ordignon*

III. L’O R IG IN A L IT À D ELL’O R G A N IZ Z A Z IO N E E D EL G O V ERN O DI U N A C A SA SA LESIA N A

F inora1 ho dovuto com piere, p er m otivi di spazio due operazioni:

1) la prim a è consistita n ella delim itazione continuata del tem a, com e ho cercato di sottolineare. P er esem pio, non m i è stato possibile proporre il confronto tra i m o ltissim i te sti re g o la m en tari e co stitu zio n ali, ai qu ali ho accennato n ella docum entazione; inoltre non m i è stato possibile am bientare n el p ro p rio co n testo ogni testo re g o la m e n ta re , co n u n cenn o su lla sto ria d e ll’o rg a n iz zaz io n e e del g o v ern o d elle is titu z io n i ed u c ativ e in te re ssa te (oratorio, scuola, scuole professionali);

2) la seconda: m i son dovuto lim itare ad alcune figure e n o n è stato possibile presentare l ’intero contenuto dei testi regolam entari, i quali spesso contengono sia negli articoli oppure in interi capitoli o, infine, in varie intro­

duzioni veri e propri p ro g etti educativi, con il significato che l ’espressione riveste oggi.

Ora, dopo l ’analisi finora condotta - m a spesso m eram ente accennata - dovrò affrontare il problem a d ell’eventuale originalità d ell’organizzazione e del governo di una casa salesiana.

Em ergono soprattutto due ordini di problem atiche: 1) le fonti d ell’orga­

n izza zio n e e del gov ern o di u n a casa salesiana; 2) l ’in d iv id u a zio n e d ella fonte, dalla quale sprigiona l ’eventuale originalità di don Bosco.

* Membro dell’Istituto Storico Salesiano (ISS).

1 Bruno Bordignon, ISalesiani come religiosi-educatori. Figure e ruoli all’interno della casa salesiana1879-1907) * Documentazione, organizzazione e governo di una casa salesiana, in RSS 31 (2012) 65-121.

(2)

N o n è u n gioco di parole (fonti - fonte). Voglio evitare il term ine «prin­

cipio», che può ven ire inteso in u n a dim ensione teorica, astratta, la quale lim iterebbe l ’originalità di don B osco e della espansione d e ll’opera da lui fondata.

1. Il problema delle fonti

Su questo argom ento, soprattutto a causa del dibattito avvenuto finora, sem bra siano da distinguere tre argom enti: 1) i rapp orti di don B osco con alcuni O ratori di M ilano; 2) il contesto generale d ell’organizzazione e del go­

verno delle istituzioni educative (oratori, sem inari, scuole, collegi-convitti);

3) il vissuto di don B osco a Chieri, a scuola e nel sem inario.

1.1. Valdocco e M ilano

Poiché, com e abbiam o potuto constatare, l ’organizzazione della casa an ­ nessa a ll’O ratorio presenta una strutturazione più articolata, p ur m antenendo le tre figure fondam entali del direttore, del prefetto e del catechista, sem bra conveniente allontanare im m ediatam ente u n ’opinione che vorrebbe che «nel com porre u n proprio regolam ento, probabilm ente nel 1854, don Bosco si av ­ vale di entram bi, p e r garantire uniform ità alla conduzione dei tre oratori inter- parrocchiali che l ’arcivescovo Franzoni aveva affidato alla sua responsabilità e a ll’aiuto di un gruppo di sacerdoti diocesani». C hi scrive così è G ioachino B arzaghi2. Si tratta dei «due regolam enti m anoscritti: uno abbastanza recente com posto da don Spreafico, m a adottato con leggeri varianti da entram bi gli O ratori, l ’altro, più antico, d e ll’O ratorio S. F am iglia»3 di M ilano. T uttavia l ’unico testo di confronto rim asto sem bra essere il m s. conservato n e ll’A SC D 487029, R egole di altri istituti, scatola 1 e che porta il titolo: R egolam ento O rganico D isciplinare e P ratico D e ll 'Oratorio F estivo di S. L u igi G. Eretto in P C om asina C ontrada di S. Cristina 2135 D. di pp. 51.

S ull’argom ento vorrei proporre unicam ente alcuni confronti sulle figure del D irettore, del P refetto e del C atechista, che a noi qui interessano. E lo com pio con il prim o R egolam ento d ell 'Oratorio fe stiv o scritto da don Bosco, che don L em oyne data al 18474. D on L em oyne ha narrato il viaggio e la p er­

2 Don Bosco e la chiesa lombarda. L ’origine di un progetto. Milano, Glossa, 2004, p. 230.

3 Don Bosco e la chiesa lombarda, p. 229.

4 MB III 97. Alle pp. 98-108 è riportato il testo del primo Regolamento dell’Oratorio festivo con le successive cancellazioni ed aggiunte di don Bosco. Riascoltiamo don Lemoyne:

(3)

m anenza di don B osco a M ilano5. Pietro B raido così aveva appena riassunta la questione:

«Ritornando da Milano don Bosco portava con sé, a meno che non l’avesse avuta già prima, copia del regolamento dell’Oratorio di San Luigi, identico a quello del prototipo di San Carlo. Si accenna più avanti alla indubbia dipendenza strutturale da essi del regolamento redatto da don Bosco. Meno realistico è pensare a una di­

pendenza di spirito e di metodo nella conduzione dell’oratorio. Quello di don Bosco era nato da più anni, in modo tanto vitale, da germinarne altri due, in con­

testi e con destinatari, fini e modalità di gestione sensibilmente differenti. Abbon­

dano documenti, che dimostrano una capacità di guida e di animazione, secondo uno stile personalissimo già ben configurato prima degli incontri milanesi»6.

E più direttam ente sul testo del R egolam ento p er l ’O ratorio festivo:

«rispecchia almeno in parte quella che è stata l ’abituale pratica di don Bosco compilatore di regolamenti o di statuti, mai considerati codici fondazionali, ma piuttosto il condensato di esperienze vissute negli sviluppi e nelle successive strutturazioni delle istituzioni. Il suo oratorio non era stato originato dal regola­

mento, l’aveva preceduto da più anni; perciò, l ’utilizzazione di regolamenti pree­

sistenti non poteva non risentire delle sperimentazioni in esso spontaneamente condotte. A questa luce sembra debbano attenuarsi talune affermazioni sulla di­

pendenza da regolamenti anteriori dell’idea di oratorio e del sistema assistenziale e educativo in esso seguito. Appaiono con evidenza precise differenziazioni nel testo riscritto da don Bosco: la peculiare carica di umanità e di dolcezza, la singo­

lare attenzione alla psicologia giovanile, la notevole semplificazione delle pra­

tiche religiose, l ’ampio spazio dato al gioco e alla ricreazione, la vivacità delle feste e delle adunanze. Lo si può ricavare da un suo manoscritto autografo di 28 pagine, integrate da un foglio volante, che fissa in termini tipicamente boschiani il profilo dell’oratorio; sono, inoltre, numerose e significative le correzioni e le aggiunte apportate»7.

«Presentiamo al lettore l’ultima edizione del Regolamento stampato nel 1887, confrontandola col manoscritto del 1847. Le differenze non sono molte, tuttavia, per distinguere i tempi nel­

l’interesse della storia, quanto D. Bosco cancellò dalla prima regola, lo rimetteremo a posto notandolo in carattere corsivo; quanto vi aggiunse oppure incominciò a mettere in pratica verso e dopo il 1852, lo chiuderemo tra parentesi» (MB III 97).

5

MB IV 175-178. Barzaghi ricorda che «l’invito [dell’Assistente don Serafino Allievi]

gli fu recato da Carlo Pedraglio, uno dei maestri dell’oratorio S. Luigi, commerciante di stoffe, che si recava periodicamente a Torino» (Don Bosco e la chiesa lombarda, p. 232, nota 4).

6

Don Bosco prete dei giovani nel secolo delle libertà. Roma, Las, 2003, vol. I, p. 239. E aggiunge in nota (23): «È chiaro il dissenso su non pochi punti di vista di G. Barzaghi, Tre se­

coli di storia e pastorale degli Oratori milanesi, pp. 257-273; Id., Il significato storico della presenza salesiana nella diocesi di Milano, in “Scuola Cattolica” 125 (1997) 307-336».

7

Don Bosco prete dei giovani, vol. I, pp. 305-306. Il riferimento è a G. B a r z a g h i so­

prattutto a Tre secolo di storia e pastorale degli Oratori milanesi. Leumann-Torino, Elle Di Ci, 1985, prima alle pp. 257-273 e, successivamente, alle pp. 253-273.

(4)

Venendo ora alle varie figure nei due regolam enti ci rendiam o conto che sono m olte diverse, a com inciare proprio dalle principali. È da tener presente che don B osco8, p er la proprietà della casa Pinardi, aveva costituito una so­

cietà tontinaria il 19 febbraio 18519. N egli oratori di M ilano il proprietario, invece, è il Protettore, u n secolare. Inoltre em erge im m ediatam ente la «seco­

larità» anche del prefetto, oltre alla diversità del suo ruolo e delle com petenze a lui affidate.

D obbiam o anzitutto chiarire che nel R egolam ento organico degli O ratori S. Luigi e S. Carlo di M ilano esistono le figure d ell’assistente e del prefetto, con ruoli e com petenze m olto diverse da quelle indicati nel R egolam ento del­

l ’O ratorio festivo di don Bosco.

N el R egolam ento organico è individuabile u na distinzione tra le com pe­

tenze degli ecclesiastici e quelle dei laici: dal discorso della scelta del diret­

tore, fatta dai protettori; della rappresentanza pubblica, affidata al prefetto;

della gestione econom ica, ancora affidata al prefetto: ci troviam o di fronte ad una situazione m olto diversa da quella d ell’O ratorio di Valdocco, nel quale don Bosco è egli stesso im prenditore; affiderà al prefetto della casa annessa - sem pre un sacerdote - l ’am m inistrazione generale e la gestione econom ica.

Infine il prefetto, n ella casa annessa, p otrà avere com e aiutante u n econom o, che è ordinariam ente u n sacerdote. È interessante notare, p e r co ntrap p o si­

zio n e, com e, n e l R e g o la m e n to , che don L e m o y n e d ata al 1847, b e n c h é faccia le veci del direttore, il prefetto, sem pre sacerdote, no n abbia co m pe­

tenze am m inistrative e gestione econom ica, m a possa addirittura com piere

«gli uffizii del D irettore Spirituale nei paesi dove fosse p en uria di Sacerdoti»

(articolo 5).

P er don B osco il prete non h a paura di sporcarsi le m ani quando to cca il danaro; egli investe continuam ente quanto riceve in beneficenza; no n tiene m ai ferm o il danaro. Q uesto specificità d ell’O ratorio di don B osco si rifle t­

terà im m ediatam ente su ll’organizzazione e il governo della casa annessa, e sulla figura del prefetto, che oltre a ll’incarico disciplinare, com presa la d isci­

plina religiosa, si vede affidata l ’am m inistrazione, alla dipendenza del diret­

tore, che ne è il titolare, anche dal punto di v ista della proprietà. L a scelta del direttore, fatta dai protettori - e si ricordi che u n protettore è il proprietario - n el R eg o la m e n to organico ci p o rta in u n a p ro sp e ttiv a co m p letam en te d i­

versa.

8 Pietro S tella, Don Bosco nella storia economica e sociale (1815-1870). Roma, Las, 1980, p. 85.

9 Pietro S tella, Don Bosco nella storia economica e sociale, pp. 84-85.

(5)

E ancora: che la paternità sia una caratteristica del prefetto nei riguardi del «confratelli», cioè degli oratoriani, non è certo una caratteristica salesiana.

Gli articoli 5 e 6 del R egolam ento organico scolpiscono un a figura del p re­

fetto che «occupa il posto più distinto d ell’O ratorio, presiede a ll’U fficiatura, alla D ottrina C ristiana», m a «è perciò im portante che il Prefetto si trovi n el­

l ’O ratorio prim a d ell’incom inciam ento d ell’U fficiatura e D ottrina e vi si trat­

tenga il più che sia possibile». Il che fa vedere che questo prefetto no n dim ora n e ll’Oratorio.

Infine al prefetto don B osco affida «la cura delle scuole (diurne), serali e dom enicali» (articolo 6) non presenti nel R egolam ento organico. N ella casa annessa, con l ’introduzione della scuola secondaria (di latinità), nascerà la fi­

gura del direttore o ispettore delle scuole o degli studi, il successivo consi­

gliere scolastico (e professionale).

M a veniam o al catechista e a ll’assistente. V ediam o conferm ata la du­

plice linea: ecclesiastica e laica. L’assistente rappresenta «il direttore in tutte le cose riguardanti lo spirito e la disciplina» (articolo 2). N oto, di passaggio, che p er don Bosco l ’assistente, al quale «incom be di assistere a tutte le sacre Funzioni d ell’O ratorio, e vegliare che non succedano scom pigli in tem po di esse» (articolo 1) è u n secolare.

Tornando a ll’A ssistente del R egolam ento organico, vediam o che è con­

fessore ordinario (articolo 4) dei ragazzi. Forse la linea di dem arcazione è proprio nella concezione d ell’educazione e d ell’educazione religiosa in parti­

colare. D on B osco distingue la dim ensione disciplinare, che tende a ricadere, com e avverrà poi definitivam ente, n el prefetto, e la dim ensione spirituale, che viene affidata al direttore spirituale, poi catechista, m entre il direttore è il con­

fessore ordinario.

È una distinzione m olto fine, m a, ritengo, m olto profonda e che docu­

m enta una sensibilità diversa nei due regolam enti che stiam o analizzando.

A nche la figura del vice-assistente del Regolam ento organico porta un ulteriore argom entazione nella distinzione em ersa. Infine l ’elenco delle figure d ell’organizzazione, previste nei due regolam enti, è diverso.

N el Regolam ento organico sono presenti i m aestri10, a differenza del R e­

golam ento dell’Oratorio festivo di don Bosco, nel quale sono attivi i catechisti.

10 Nel Regolamento organico (Capitolo Decimo) così vengono presentati i Maestri: «Ai Maestri viene affidata la parte più importante della pia istruzione e dalla zelo e carità con cui ne adempiscono l’incombenza dipende l’emendazione e la buona riuscita dei confratelli e la costumatezza e soda pietà di tutto il corpo morale di tutto l’Oratorio». Nell’articolo 2° l’argo­

mento è l’Istruzione: «Al primo ricevere sotto di se un confratello procuri di conoscere se sappia i misteri principali e le obbligazioni e se abbia ricevuti i sacramenti proprii alla sua età e quando lo trova mancante ne dia subito avviso all’Assistente».

(6)

N e ll’O ratorio di Valdocco erano attivate «scuole (diurne), serali e dom e­

nicali»; esistevano i P atroni o P rotettori con « l’im portantissim a carica di col­

locare a padrone i più poveri, ed abbandonati, e vegliare che gli apprendisti, e gli artigiani, che frequentano l ’O ratorio, non siano con padroni presso di cui sia in pericolo la loro eterna salute» (articolo 1)11. N o n sono i proprietari del­

l ’Oratorio!

L a dim ensione d ell’avvio al lavoro e l ’alfabetizzazione, innanzitutto per la possibilità di trovare lavoro e, in secondo luogo, p er proseguire negli studi, sono dim ensioni fondam entali d ell’O ratorio di don B osco, n on docum entate nel R egolam ento organico, che fanno vedere com e don Bosco curasse u n ’e­

ducazione integrale dei giovani. N o n sem bra concepibile un oratorio sale­

siano che si lim iti a ll’educazione della dim ensione religiosa dei giovani.

Forse la fonte di ruoli e figure d ell’organizzazione degli O ratori (sia m i­

lanesi che torinesi) si può trovare n e ll’organizzazione d ell’O ratorio di san F i­

lippo N e ri12. D on B osco aveva nella B iblioteca d ell’O ratorio di S. Francesco di Sales u n testo: Idea degli E sercizi d e ll’Oratorio istituiti da S. F ilippo Neri, data in luce a d istruzione delle p e rso n e n el m edesim o ascritte da un Prete della C ongregazione d e l l ’O ratorio di Venezia13, che ripo rta, tra l ’altro, la R accolta delle istruzioni intorno a l governo d e ll’Oratorio diretto dai P adri di S. F ilippo N eri. Il Capo V II di questa R accolta tratta D egli Ufficiali del­

l ’Oratorio.

L’organizzazione e il governo di u n oratorio, presente nel testo d ell’Ora­

torio di S. Filippo N eri, ha som iglianze strutturali con il R egolam ento orga­

nico, n o n con il R egolam ento d e ll’O ratorio festivo di don B osco. Si pensi solam ente al ruolo d ell’econom o:

«Quanto agli ufficiali dell’Oratorio è da sapere, che i Fratelli dell’Oratorio non hanno, che far niente in quanto al governo Economico dell’Oratorio, ma il tutto si appartiene al Prefetto assegnato dalla Congregazione alla Cura di detto Oratorio.

11 MB III 107.

12 È l’indicazione che mi dà il prof. Aldo Giraudo, cfr: Idea degli esercizi dell’Oratorio istituiti da S. Filippo Neri, data in luce ad istruzione delle persone nel medesimo ascritte, da un prete della Congregazione dell Oratorio di Venezia. Seconda veneta edizione notabilmente accresciuta, Venezia, Simone Occhi, 1748, pp. XX, 286; questo volume, recante il timbro della primitiva biblioteca dell’Oratorio di Don Bosco, è conservato in Biblioteca dell’Istituto Inter­

nazionale Don Bosco, Torino (collocazione MAG.A.6.G.120). Nella biblioteca dell’UPS ho trovato il testo seguente: Idea degli esercizi dell’Oratorio istituiti da S. Filippo Neri ridotta in compendio. Torino, Presso Giammichele Briolo, 1792.

13 Seconda veneta edizione notabilmente accresciuta (Venezia, Simone Occhi, 1747). Il volume contiene rilegati tre libri: dopo l’Idea degli Esercizi, la Raccolta, dalla quale attin­

giamo, e, infine, Virtuosi esempi di alcune persone ecclesiastiche e secolari, ascritte all’Ora­

torio di S. Filippo Neri, diretto da ’Padri di sua Congregazione.

(7)

La congregazione dunque mette un Padre al governo dell’Oratorio, a cui dà un altro Padre per Coadiutore, e di più gli assegna un Laico, il quale eseguisce tutto quello, che farà bisogno, secondo che da esso Prefetto gli sarà comandato»14.

Tralasciam o il discorso, iniziato da Pietro B raido, sul rapporto del R eg o­

lam ento organico con il Sistem a Preventivo, perché no n entra direttam ente nel nostro argom ento e perché richiede una confronto sistem atico con i docu­

m enti che accom pagnano il R egolam ento (i vari regolam enti) di don B osco, come, tra gli altri, l ’Introduzione e il Cenno sto rico 15.

1.2 P ossibili fo n ti del “R egolam ento d e ll’Oratorio fe s tiv o ” e d el “P iano di Regolam ento p e r la Casa annessa a l l ’Oratorio di San F rancesco di S a le s ” P ro ce d en d o sem p re sch e m a tic am en te p re se n te rò q u alch e con fro nto:

1) con i regolam enti di istituzioni di O rdini e C ongregazioni religiose, ana­

loghe a quelle di don B osco; 2) con i regolam enti delle scuole pubbliche e del sem inario di C hieri, frequentati da don Bosco.

1.2.1 R egolam enti di istituzioni di O rdini e C ongregazioni religiose

M i lim ito a presentare una sintesi d ell’analisi che ho com piuto, evidente­

m ente dei ruoli e figure che hanno relazione con direttore, prefetto, catechista e consigliere delle case salesiane.

R itengo im portante approfondire l ’uso del term in e P refetto, po ich é è presente n ei regolam enti che stiam o com m entando. Esso p roviene d a ll’uso ecclesiastico, com e spiega il G rande D izionario delle L ingua Italiana di Sal­

vatore Battaglia:

«Nell’organizzazione della Chiesa e delle istituzioni che ad essa appartengono o che storicamente ne derivano, ciascuno dei vari tipi di funzionari preposti a un determinato ufficio, organismo o istituzione, o investiti di determinate mansioni di natura per lo più dirigenziale. - In partic., nella curia romana, ciascuno dei cardinali preposti a una congregazione [...]. - In partic.: alto funzionario preposto al governo amministrativo e al cerimoniale della corte del papa (prefetto del Sacro Palazzo Apostolico ora prefetto del palazzo apostolico) o, sul suo modello, della corte di un sovrano (prefetto di palazzo, prefetto della real casa). - Per estens., con riferimento ad altre specifiche mansioni presso una corte principesca (prefetto delle scuderie, ecc.) [...]. - Prefetto apostolico: prelato preposto al go­

14

Ibid., Raccolta, p. 23.

15

Per una presentazione approfondita e l’edizione critica si veda Pietro Braido, Don Bosco per i giovani: l ’«Oratorio». Una «Congregazione degli Oratori». Documenti. Roma, Las, 1988.

(8)

verno ecclesiastico di una terra di missione (non ancora eretta a diocesi auto­

noma), con mansioni analoghe a quelle di vicario apostolico, ma di rango infe­

riore. [...]. - Disus. Prefetto di sacrestia: persona (per lo più un prelato) a cui è affidata la custodia della sacrestia di una chiesa e degli arredi e delle suppellettili sacre in essa contenuti; sacrista. [...] - Disus. Titolo usato per indicare i responsa­

bili di varie istituzioni culturali o scolastiche di origine ecclesiastica. - In partic.:

direttore di una biblioteca o di un archivio, bibliotecario. - Prefetto della biblio­

teca: denominazione usata ancora attualmente per i direttori di alcune grandi bi­

blioteche storiche come quella Ambrosina a Milano (prefetto dell Ambrosiana) e quella Vaticana a Roma. [...] - Prefetto degli studi: persona preposta all’organiz­

zazione scolastica negli istituti scolastici gestiti da ecclesiastici. [...] - Per estens.

Nei seminari, nei collegi (e talora anche negli istituti di correzione), il responsa­

bile dell’ordine e della disciplina di una camerata»16.

Pertanto, le varie accezioni di questo term ine, al quale vanno aggiunte altre con denotazione più direttam ente civile17, ci perm ettono di cogliere il si­

gnificato, con il quale è stato recepito ed usato nel periodo di tem po da noi considerato, oltre che l'o rig in e di esso.

Forse u n ’influenza im portante nella strutturazione del contesto è stata esercitata dalla R atio studiorum del G esuiti con le due figure del R ettore e del

16 Torino, Utet, 1988, XIV, alla voce. La sottolineatura va fatta al Prefetto degli studi.

17 Il termine Prefetto ha assunto almeno i seguenti significati: 1) «Nella Roma imperiale, ciascuno dei vari tipi di funzionari che furono introdotti (con un richiamo puramente nominale a istituti ed esperienze dell’età regia e repubblicana) nella nuova organizzazione dello Stato di Augusto e dai suoi successori e che, esercitando poteri (di matrice militare) loro delegati dal principe, erano preposti a varie mansioni amministrative di alto livello con connesse funzioni di giurisdizione penale o civile (soppiantando così in pratica le antiche magistrature repubbli­

cane, che sopravvissero senza più effettivi poteri»; 2) «Nell’età intermedia, governatore mili­

tare o civile (per lo più con entrambe le competenze) di una città, di un territorio o di una re­

gione (generalmente non elettivo, ma nominato da un sovrano o comunque da un'autorità su­

periore)»; 3) «Negli Stati moderni a regime tradizionalmente centralizzato (come la Francia e l’Italia), altissimo funzionario generalmente di carriera amministrativa, la cui istituzione deriva dall'esperienza politico-organizzativa del regime di Napoleone I, e che è preposto dal potere centrale a una circoscrizione territoriale (dettaprovincia in Italia e dipartimento in Francia) con amplissime competenze politico-amministrative sia per gli affari generali affidati alle sue di­

rette cure o comunque (per le questioni d'ordine pubblico o il comando della polizia) alla sua suprema direzione, sia per quelli affidati ad altri organi e uffici governativi decentrati (i quali sono però sottoposti alle sue funzioni di indirizzo, controllo e coordinamento), sia per quelli propri delle Amministrazioni provinciali e comunali e degli altri enti e istituzioni locali (nei cui confronti egli ha funzioni di sorveglianza, di controllo ed eventualmente anche di sostituzione);

esercita tali poteri sotto il diretto e costante controllo e secondo le precise direttive del governo centrale che provvede (secondo poteri ampiamente e pressoché illimitatamente discrezionali) a nominarlo (scegliendolo fra il personale amministrativo più sensibile alle ispirazioni governa­

tive), trasferirlo e rimuoverlo (e in seguito alle riforme attuate negli ultimi decenni in Italia e anche in Francia specie con l'introduzione delle regioni e lo sviluppo della giustizia ammini­

strativa, tale carica ha perso molto del suo tradizionale potere)» (cfr. Salvatore Battaglia, Grande Dizionario della Lingua Italiana. Torino, Utet, 1988, XIV, alla voce).

(9)

Prefetto degli stu d i18. Si tenga presente che si tratta della R atio atque insti­

tutio studiorum , non delle C ostituzioni e, pertanto, le disposizioni sono rela­

tive a ll’ordinam ento degli studi. Sono interessanti innanzitutto alcune R egole del Superiore (Praepositus) provinciale, al quale si può aggiungere l ’interes­

sante articolo 6 delle R egole com uni ai professo ri delle classi inferiori19.

Si vedano pure la funzione e i ruoli del Rettore, poiché nulla di questo è stato specificato nelle R egole del Superiore (Praepositus) provinciale.

Q ueste figure, presenti n e ll’organizzazione delle scuole dei G esuiti, è opportuno che siano confrontate con quelle dei F ratelli delle Scuole Cristiane, tra l ’altro, p er la loro forte presenza in Piem onte.

18 Il confronto tra le due edizioni italiane Ratio atque institutio studiorum Societatis Jesu.

L ’ordinamento scolastico dei collegi dei Gesuiti, a cura di Mario Salomone. Milano, Feltrinelli, 1979, con la traduzione italiana dell’edizione del 1616 e la segnalazione in nota delle «più signi­

ficative innovazioni introdotte con l’aggiornamento del 1832» (p. 19) e Ratio atque institutio studiorum Societatis Jesu, introduzione e traduzione di Angelo Bianchi. Milano, Biblioteca Uni­

versale Rizzoli, 2002, con il testo latino a fronte, che riporta l’edizione del 1599, mi mette in grado di controllare quanto poteva essere percepito da don Bosco e dai primi Salesiani.

19 Ne trascrivo i testi:

1599

1. Fine degli studi della Compagnia.

Uno dei compiti principali della nostra Com­

pagnia è quello di trasmettere agli altri tutti gli insegnamenti propri del nostro Istituto, in modo che essi siano animati alla conoscenza e all’amore del nostro Creatore e Redentore.

Perciò il superiore provinciale deve provve­

dere con la massima cura che al molteplice impegno nelle nostre scuole corrisponda ab­

bondantemente il frutto che la grazia della nostra vocazione richiede.

2. Prefetto generale degli studi. Per questo, non solo lo raccomandi molto, nel Signore, al rettore, ma gli affianchi anche un prefetto degli studi o cancelliere, che sia colto nelle lettere e che sia fornito di zelo e di saggezza per gli incarichi affidati. Suo compito è quello di essere strumento gene­

rale del rettore per il buon andamento degli studi. I professori e tutti gli studenti, sia quelli che risiedono nel collegio, sia anche coloro che eventualmente dimorano nei se­

minari dei convittori e degli alunni, nonché gli stessi prefetti degli studi nei medesimi seminari, devono obbedirgli con sottomis­

sione per tutto quanto riguarda l’attività sco­

lastica.

1616

1. Il preposito provinciale deve avere la massima cura che il frutto corrisponda ab­

bondantemente alla tanto complessa fatica delle nostre scuole, come la grazia della no­

stra vocazione esige. Infatti uno dei princi­

pali compiti della nostra compagnia è di tra­

smettere agli altri tutte le discipline consone al nostro ordine, in modo tale da eccitarli alla conoscenza e all’amore del nostro crea­

tore e redentore. (p. 4, proem. E c. 12, n. 1;

p. 10, n. 3)

2. Per questo, oltre a raccomandare bene al rettore tale compito, nel Signore, egli deve affiancargli un prefetto degli studi o cancelliere, uomo molto preparato nelle let­

tere, che efficacemente provveda, con zelo e discernimento, agli obblighi che gli saranno affidati. Suo compito è di essere lo strumento generale del rettore per il buon funziona­

mento degli studi. I professori e tutti gli stu­

denti, sia che vivano nel collegio, sia che eventualmente si trovino nei seminari dei convittori e degli alunni, nonché gli stessi prefetti degli studi nei seminari, devono ob­

bedirgli per tutto quanto riguarda l ’attività scolastica, con la dovuta umiltà. (p. 4, c. 17, n. 2)

(10)

S. G iovanni B attista de L a Salle istitu isce l ’Isp etto re delle scuole, in aiuto al D irettore della com unità20.

L a subordinazione d ell’Ispettore delle scuole nei confronti del superiore sono, p er esem pio, evidenti n e ll’Iscrizione degli alunni: «981. Soltanto il su­

periore o l ’ispettore in sua assenza e da lui incaricato, è autorizzato ad accet­

tare gli alunni che si presentano p er esservi iscritti»21.

Tuttavia, com e ha indicato R odolfo C osim o M eoli, è alle R eg o le Co­

m uni dei F ratelli delle Scuole C ristiane che bisogna fare riferim ento p e r il contesto dei ruoli e della figura d ell’ispettore delle scuole. Infatti nel C apitolo undecim o di queste, che porta il titolo L Isp etto re delle scuole viene presen-

3. Prefetto degli studi inferiori e dell’a­

trio. Qualora per la grandezza del collegio e la varietà dei corsi non sembri sufficiente per tut­

te le scuole un solo prefetto degli studi, ne no­

mini un secondo, che diriga le classi inferiori sotto la direzione del prefetto generale. Anzi, se la situazione lo richiede, se ne aggiunga un ter­

zo, per controllare l’atrio delle scuole.

[...] 31. Non manchino i confessori.

Faccia in modo che nei collegi, soprattutto i principali, nei quali c'è un maggior numero di allievi esterni, vi siano molti confessori, affinché non sia necessario che tutti si rivol­

gano a uno solo. Per questa ragione, ogni tanto se ne inviino alcuni straordinari, per soddisfare meglio i penitenti.

3. Qualora, per la grandezza e la com­

plessità del ginnasio, un solo prefetto degli studi non sembri sufficiente a provvedere alle esigenze di tutte le scuole, il provinciale deve nominarne un altro, che su delega del prefetto generale diriga gli studi inferiori. Anzi, qua­

lora la situazione lo richieda, se ne aggiunga un terzo per l'atrio delle scuole.

[...] 31. Deve provvedere a che nei col­

legi, soprattutto i principali, nei quali è mag­

giore il numero di allievi esterni, ci siano più confessori, in modo che gli studenti non deb­

bano andare tutti da uno solo. In considera­

zione di ciò, occorre che talvolta ve ne siano a disposizione di straordinari, così da accon­

tentare un maggior numero di penitenti.

Regole comuni ai professori Regole comuni ai professori delle classi inferiori delle classi inferiori

[...] 6. Colloqui spirituali. Il professore 6. Anche nei colloqui privati inculcherà inculcherà queste medesime pratiche riguar- la medesima applicazione alla pietà, in modo danti la pietà anche con colloqui privati, senza che tuttavia non sembri affatto voler attrarre tuttavia che sembri voler attirare qualcuno nel verso il nostro ordine. Ma se si accorge di nostro Ordine religioso; ma se noterà qualcosa una propensione di queste genere, ne investa a tale proposito, lo invii al confessore. il confessore. (p. 4, c. 4, n. 6)

20 J-B. de La Salle, Opere. Scritti pedagogici. Edizione italiana a cura di Rodolfo Co­

simo Meoli. Roma, Città Nuova, 2000, vol. 3, pp. 225-226.

21 J-B. de La Salle, Opere. Scritti pedagogici, Roma, Città Nuova, 2000, vol. 3, p. 232.

Correlativamente la nota 1 di p. 302, del vol. 1 J.-B. de La Salle, Opere. Scritti Spirituali, Edizione italiana a cura di Serafino Barbaglia. Roma, Città Nuova, 1996, l’Editore precisa: «Il breve capitolo è composto di due soli articoli, quanto basta per precisare la figura e le respon­

sabilità di chi sostituiva il Direttore nella conduzione della scuola. Responsabilità che verranno meglio definite nella terza parte della Guida delle scuole che è tutta dedicata al Fratello ispet­

tore (CL 24, pp. 248-290). Vi si parla dei suoi doveri: come vigilare sulla scuola (cap. 1°);

come ricevere gli alunni (cap. 2°); come sistemarli nelle varie classi e della successione dei corsi (cap. 3°); come promuoverli da un corso all’altro (cap. 4°)».

(11)

tata questa figura e n el capitolo successivo Com e i F ratelli debbono com por­

tarsi con il F ratello Direttore. M a esiste la R egola del F ratello Direttore, se­

condo il m anoscritto del 1718.

R itengo im portante la sottolineatura di Serafino Barbaglia:

«La figura e le funzioni del Fratello ispettore sono ancora oggi le stesse, almeno nel corso elementare. In quello medio e superiore viene ora chiamato preside o vicepreside, la figura è la stessa, cambiano le funzioni perché, in certe parti, sosti­

tuiscono in pieno quelle del Direttore che, talvolta resta tale solo nei riguardi della comunità religiosa»22.

Scorriam o ora le C ostituzioni degli Scolopi23. D i queste è interessante, della parte seconda, il capitolo IX, che tratta D e l Governo dei G innasi e delle Scuole Pie.

Seguono il capitolo X D e prom ovendis a d studia litterarum e il capitolo X I D e disciplina uniform i in scholis observandi.

In posizione centrale è la figura del M inistro o del Superiore, che si av­

vale del Confessore, di u n secondo Sacerdote che disponga gli scolari p er le preghiere giornaliere e li prepari al sacram ento della C onfessione. Si tratta della form azione più direttam ente religiosa, che da don B osco sarà affidata al D irettore spirituale (C atechista), m a che troverem o precedentem ente sia nelle scuole che nei sem inari in Piem onte.

Q ueste regole e form e di organizzazione erano presenti nel contesto cul­

turale del tem po.

A nche le C onstitutiones congregationis sacerdotum soecularium scho­

larum charitatis, edite a Venezia nel 183724, hanno alcuni altri spunti interes­

santi.

A nzitutto sulla form a della congregazione e su ll’am m in istrazio ne dei beni, oltre che qualche linea di governo. Tuttavia è da tener presente che la le­

gislazione in m ateria sotto l ’Im pero A ustro-ungarico era diversa. Sem bra sia utile u n confronto con quanto avveniva allora in P iem onte e, soprattutto, con quanto avvenne dopo il 1848, com e abbiam o accennato.

22 J.-B. de La Salle, Opere. Scritti Spirituali, Edizione italiana a cura di Serafino Barba­

glia. Roma, Città Nuova, 1996, vol. 1, p. 302, nota 2

23 Constitutiones S. Josephi Calasanctii a. 1622. Salmanticae, Impreso en Gràf. Ortega, S.A. - Pol. El Motalvo, 1979: riproduce il testo che il Calasanzio congedò dal 31 ottobre del 1620 al 17 febbraio 1621. La prima edizione a stampa fatta a Madrid risale al 1761. Solamente nel 1781 è apparsa la prima edizione ufficiale. L’edizione di Madrid del 1833, curata dal P. Lo­

renzo Ramo, ha introdotto vari mutamenti nelle note; il testo, però, sostanzialmente non diffe­

risce dall’edizione ufficiale (vedi Presentazione del Superiore Generale P. Angelo Ruiz, Roma, 31 ottobre 1979, pp. 5-9).

24 Venetiis, Ex Tipis Francisci Andreola, 1837.

(12)

P er quanto riguarda l'organ izzazione delle scuole è da sottolineare, in­

siem e al fine principale della C ongregazione dei D e C avanis, la presenza del Superiore e del Prefetto delle scuole.

Infine è da ricordare la figura d ell'inferm iere (infirm arius) p er gli am ­ m alati con alcuni disposizioni che sem brano che rispondono alle m edesim e esigenze contenute nel R egolam ento p e r la casa annessa, m a con riferim ento al catechista.

D egli O blati di M aria Vergine sem bra avere qualche interesse soprattutto il capitolo secondo D e speciali C ongregationis regim ine delle C ostituzioni (18 5 3)25, perché presenta l ’organizzazione di una singola casa, con le m oda­

lità di d e sig n az io n e, la fig u ra e le co m p ete n ze del su p e rio re lo cale. P er esem pio, il m onitore d ell’articolo X è una figura ed ha una com petenza di­

versa da quella del catechista salesiano nei riguardi del proprio direttore. Ve­

diam o introdotto il consiglio della casa.

In sintesi, la docum entazione riportata schem aticam ente, sebbene p a r­

ziale, perm ette di com prendere che le esigenze organizzative, al di là degli im ­ pegni specifici di un Istituto o di una Congregazione, soprattutto con riferi­

m ento ad una casa particolare, presentano u n contesto com une, rappresentato dalle denom inazioni, che le varie figure assum ono nel tem po, e dalle proble­

m atiche organizzative e di governo, che prevedono la figura del rettore (diret­

tore), del prefetto degli studi (direttore o ispettore delle scuole), del confessore.

Tuttavia non è possibile afferm are una dipendenza diretta di don B osco dai testi indicati e sim ili. Inoltre non v a dim enticata la diversa evoluzione sto­

rica del R egolam ento della casa annessa, nato prim a che le C ostituzioni sale­

siane iniziassero ad apparire e proveniente, sem m ai, dal R egolam ento d e ll'O ­ ratorio festivo. D on B osco, con riferim ento alle C ostituzioni di altri Istituti o C ongregazioni, parla di «consultazione» e aggiunge, com e abbiam o riportato:

«I C apitoli 5°, e 7° che riguardano la m ateria dei voti, furono quasi in tera­

m ente ricavati dalle costituzioni d e’ R edentoristi. La form ola poi dei voti fu estratta da quella dei G esuiti»26. R icordo che nel testo com pleto delle C ostitu­

zioni, con co rrez io n i e ag g iu n te autografe di d on B o sco, e che rip o rta la

«Firm a d e’ confratelli che dim andano a Sua E ccellenza R everendissim a L’ar­

civescovo di Torino l'appro v azio n e delle regole della Società di S. Francesco di Sales», dopo quella di don B osco (Sac. B osco G ioanni R ettore p ro v v i­

sorio») e degli altri 25 firm atari, si ha l'ag g iu n ta autografa, con successive correzioni, di don B osco, da farsi alla p. 11, che porta il titolo: D elle case

25 Il riferimento è a Constitutiones et Regulae congregationis missionariorum oblatorum sanctissimae et immaculatae virginis Mariae... Massiliae, Marius Olive, 1853.

26 MB VII 622.

(13)

pa rtico la ri (pp. 19-20). Inoltre esiste l ’autografo D 4820203 del P iano di R e­

golam ento p e r la casa annessa all O ra to rio di S. F rancesco di Sales.

In conclusione, sem bra conferm ato quanto ha scritto don Bosco.

La R atio studiorum dei G esuiti e gli Scritti di san J.-B. de La Salle ci hanno introdotto n e ll’organizzazione scolastica con form e specifiche di g o ­ verno e l ’attivazione di figure, con denom inazioni che si conserveranno nel tem po, n e ll’organizzazione di am bienti scolastici ed educativi. È un argo­

m ento forse ancora da studiare.

C on le C ostituzioni dei D e C avanis è possibile un duplice terreno di con­

fronto:

1) la configurazione della C ongregazione di fronte a ll’autorità civile.

D on B osco, nel testo prem esso alle C ostituzioni, com e ho ricordato, afferma:

«È vero che le nostre costituzioni perm ettono il possesso e l ’uso di tutti i di­

ritti civili; m a entrando in congregazione non si può più né am m inistrare, né disporre delle cose proprie se non col consenso del superiore, e n ei lim iti da questo stabiliti, a segno che in congregazione egli è considerato letteralm ente com e chi nu lla più possiede, essendosi fatto povero p e r divenire ricco con G esù C risto»27. A bbiam o docum entato che questa configurazione giuridica è presente anche nelle C ostituzioni della C ongregazione dei De C avanis, senza però il riferim ento al godim ento di «tutti i diritti civili»;

2) l ’organizzazione delle singole case con le scuole; tuttavia ne è chiara la divergenza.

1.2.2 R egolam enti delle scuole e dei sem inari di C hieri e di Torino

P iù vicine a ll’esperienza di don B osco, com e egli ricorda nelle M em orie d e ll’Oratorio, sono state le scuole pubbliche piem ontesi e il sem inario, che egli h a freq u en tato 28. F orse in questi am bienti e n ella loro o rganizzazione possiam o trovare qualcosa di effettivam ente vissuto, che può avere influito n e ll’organizzazione soprattutto della casa annessa a ll’Oratorio.

27 Ai Soci Salesiani, in Regole o Costituzioni della Società di S. Francesco di Sales se­

condo il Decreto di approvazione del 3 aprile 1874. Torino, 1877, p. 28. OE XXIX 226.

28 Don Bosco ricorda volentieri le classi di grammatica (iniziate nel 1831): «La prima persona che conobbi fu il sacerdote D. Eustachio Valimberti di cara ed onorata memoria. Egli mi diede molti buoni avvisi sul modo di tenermi lontano dai pericoli; mi invitava a servirgli la messa, e ciò gli porgeva occasione di darmi qualche buon suggerimento. Egli stesso mi con­

dusse dal prefetto delle scuole, mi pose in conoscenza cogli altri miei professori. Siccome gli studi fatti fino allora erano un po’ di tutto, che riuscivano quasi a niente, così fui consigliato a mettermi nella sesta classe, che oggidì corrisponderebbe alla classe preparatoria alla Ia Ginna­

siale. Il maestro di allora, T. Pugnetti, anch’esso di cara memoria, mi usò molta carità: Mi ac­

cudiva nella scuola, mi invitava a casa sua e mosso da compassione dalla mia età e dalla buona

(14)

Le scuole superiori pubbliche o regie sono organizzate attorno a due fi­

gure: il prefetto degli studi e il direttore di spirito.

Si tratta di una figura, il D irettori di spirito o spirituale, che vedrem o sia nei convitti nazionali che nei sem inari.

L a legge B oncom pagni del 4 ottobre 1848, n. 818, - m eglio R egio D e­

creto S o vra n e d eterm in a zio n i rela tive a l l ’a m m in istra zio n e della p u b b lic a istruzione29 - dispone l ’introduzione di u n consiglio, con dei consiglieri, e l ’attivazione della figura del direttore degli studi, di consiglieri di disciplina, e la conferm a del direttore spirituale. N el m edesim o giorno avviene la F on ­ dazione de’ collegi-convitti nazionali di educazione a Torino, Genova, Ciam- bery, Novara, N izza e Voghera con R egolam ento interno e p ia n o di studi p e i collegi-convitti nazionali approvato con R. D ecreto 9 ottobre 1848, a firm a dello stesso Carlo B oncom pagni (V d ’ordine di S. M .)30.

Il R egolam ento interno dei C ollegi-C onvitti N azionali è stato pubblicato im m ediatam ente nel 184831 e ripreso nel 185132 e nei decenni successivi.

volontà nulla risparmiava di quanto poteva giovarmi» (Giovanni Bosco, Memorie dell’Ora­

torio di S. Francesco di Sales dal 1815 al 1855, Introduzione, note e testo critico a cura di An­

tonio Da Silva Ferreira. Roma, Las, 1991, pp. 56-57). Con il Magistrato della Riforma: «Com­

piuti i primi corsi di Ginnasio, abbiamo avuto una visita del Magistrato della Riforma nella persona dell ’ avvocato Prof. D. Giuseppe Gazzani, uomo di molto merito. Egli mi usò molta benevolenza, ed io ho conservato gratitudine e buona memoria di lui, a segno che fummo di poi sempre in istretta ed amichevole relazione. Quell onesto sacerdote vive tuttora in Moltedo Superiore presso Oneglia sua patria, e fra le molte opere di carità ha fondato un posto gratuito nel nostro collegio di Alassio per un giovinetto, che desideri studiare per lo stato ecclesiastico»

(pp. 65-66). E sul seminario un giudizio positivo con una critica fondamentale dal punto di vista pedagogico: «Io amava molto i miei superiori, ed essi mi hanno sempre usato molta bontà; ma il mio cuore non era soddisfatto. Il Rettore e gli altri superiori solevano visitarsi al­

l ’ arrivo dalle vacanze e quando si partiva per le medesime. Niuno andava a parlare con loro se non nei casi di ricevere qualche strillata. Uno dei superiori veniva per turno a prestar assistenza ogni settimana in Refettorio e nelle passeggiate e poi tutto era finito. Quanto volte avrei voluto parlare, chiedere loro consiglio o scioglimento di dubbi, e ciò non poteva; anzi accadendo che qualche superiore passasse in mezzo ai seminaristi senza saperne la cagione, ognuno fuggiva precipitoso a destra e a sinistra come da una bestia nera. Ciò accendeva sempre di più il mio cuore di essere presto prete per trattenermi in mezzo ai giovanetti, per assisterli, ed appagarli ad ogni occorrenza» (pp. 91-92). Don Bosco parla di «quattro classi di grammatica» (p. 56). A dire il vero si tratta delle tre classi di latinità (sesta, quinta e quarta) e dell ’ unica classe di gram­

matica, alla quale seguiva l umanità e la retorica.

29 Collezione Celerifera delle Leggi pubblicate nell’anno 1848 ed altre anteriori. Torino, Tipografia Già Favale, MDCCCXLVIII (1848), pp. 997-1013.

30 Riportati parzialmente in Paolo P a v e s i o , I convitti nazionali dalle prime loro origini ai giorni nostri. Cenni storici con note e appendici. Avellino, Tipografia Tulimiero e C., 1885, Appendici F e G, pp. 282-285 e 286-290.

31 Collezione celerifera delle leggi pubblicate nell’anno 1848, pp. 1153-1172 con latabel- la allegata.

32 Vedi Collezione Celerifera delle Leggi, Decreti e Circolari pubblicati nell’anno 1851 ed altre anteriori. Torino, Tipografia Fory e Dalmazzo, 1851, pp. 1003-1026.

(15)

Innanzitutto è da osservare com e avviene il governo di un collegio-con­

vitto: è conferm ata l ’introduzione di un governo collegiale, al fine di fare ri­

ferim en to al P ro v v ed ito re, che en tra così d irettam en te n el g ov ern o d elle scuole e dei collegi-convitti. Interessante l ’apertura delle scuole di convitti- collegi anche ad allievi esterni, com e, del resto, avveniva allora nei sem inari, m a anche nel regolam ento del 1848, com e risulta, p e r esem pio, dagli articoli 17 e 19.

D ei vari regolam enti m i ferm o all’organizzazione generale ed al governo e alla definizione di singole figure, che hanno relazione con il direttore, il p re­

fetto, il catechista e il consigliere scolastico della casa annessa all’Oratorio.

Le singole figure presentano analogie m arcate con il R egolam ento p e r la casa annessa di Valdocco; m a è da tener presente che nei collegi-convitti, dei qu ali stiam o d isco rren d o , u n ic a m e n te il d ire tto re sp iritu a le è sacerd o te.

D ’altra parte il direttore degli studi, distinto dal preside, ha riferim ento con il direttore delle scuole o degli studi e, successivam ente, consigliere scolastico della casa annessa di Valdocco, se associato al censore della disciplina; la p re­

senza degli institutori, che ricordano gli assistenti; l ’econom o, che h a una funzione sim ile a quello introdotto a volte nei regolam enti della casa annessa.

Il direttore spirituale, con la cura d ell’inferm eria, oltre, evidentem ente e principalm ente, della form azione e delle pratich e relig io se, p ropone so m i­

glianze con il catechista a Valdocco.

Il term ine p re sid e p relude alla om onim a figura n elle scuole di Stato, quando sarà tolto il direttore spirituale (1877)33, e si perverrà allo sviluppo delle funzioni ATA.

33 Nel 1873 erano state soppresse la facoltà di teologia nelle università statali (legge 26 gennaio 1873 n. 1251). Vedi Bernardino Ferrari, La soppressione della Facoltà di Teologia nelle Università di Stato in Italia, Brescia, Morcelliana, 1968. Con legge 23 giugno 1877, n. 3918, (Serie seconda, inserita nella Gazzetta ufficiale del Regno il 10 luglio) è abolito l’uf­

ficio di direttore spirituale nei licei, nei ginnasi e nelle scuole tecniche, ed è aumentato di un decimo lo stipendio dei professori nei detti istituti e nelle scuole normali. L’articolo 1 della legge recita: «A cominciare dal 1° gennaio 1878 l’ufficio di direttore spirituale nei licei, nei ginnasi e nelle scuole tecniche è abolito. È pure abilito l’ufficio di vice-direttore di ginnasio.

Dove il ginnasio è unito al liceo, il governo di tutto l’istituto sarà affidato al preside» (Colle­

zione celerifera delle leggi, dei decreti e delle istruzioni e circolari dell’anno 1877 ed ante­

riori, anno LVII. Firenze, Stamperia Reale, via Faenza, 91, 1877, pp. 816). Emilio Butturini ri­

corda che i direttori spirituali «sopravissero solo nelle scuole normali fino all’aprile 1879» e ri­

ferisce che «presentando il progetto di legge il 9 giugno 1876 il ministro Coppino aveva affer­

mato che con esso egli non aboliva l’Insegnamento della Religione, dato che i “direttori spiri­

tuali” non avevano le attribuzioni di un vero insegnamento e sanciva una situazione di fatto, dato che essi erano presenti in meno di un terzo delle scuole secondarie statali» (La Religione nella scuola. Dall’Unità ad oggi. Brescia, Editrice Queriniana, 1987, p. 16 e nota 27, nella quale rinvia a G. Verucci, L ’Italia laica prima e dopo l ’unità. 1848-1876. Bari, Laterza, 1981,

(16)

C irca i R egolam enti dei sem inari faccio riferim ento a quelli che furono sperim entati da don Bosco e che sono rim asti in vigore p er buona parte della sua vita, tralasciando le fonti di questi: si tratta di ricerche ulteriori. M i rife­

risco alla C ostituzioni p e l sem inario M etropolitano di Torino. 1819, appro­

vato dal m ons. C olom bano C hiaveroti, A rcivescovo di Torino34 ed al reg ola­

m ento del sem inario di C hieri35.

M entre il regolam ento del sem inario di Torino è com pleto, quello del se­

m inario di Chieri ne sviluppa unicam ente la parte seconda ed in form a sintetica.

Q uesti R egolam enti, e soprattutto il R egolam ento del sem inario di To­

rino, trattano del rettore, del prefetto p er la pietà, del prefetto di guardia e di tutti i prefetti superiori, d ell’econom o.

C ertam ente l ’articolo 8 sul rettore: «A ssisterà di quando in quando e al­

l'im pro vviso, ora ad una, ora a ll'altra delle ripetizioni, e farà delle sorprese agli alunni nelle celle e cam ere e cam erini, affine di tenere gli uni e gli altri in soggezione» con la conclusione: «affine di tenere gli uni e gli altri in sogge­

zione», n on ha avuta l'app ro v azio n e di don Bosco.

p. 146). Ma Coppino, immediatamente dopo, firmava la legge 15 luglio 1877, n. 3961 (Serie seconda, inserita nella Gazzetta ufficiale del Regno il 30 dello stesso mese), che recava: «L'i­

struzione dei fanciulli e fanciulle è resa obbligatoria in tutto il Regno», e all'articolo 2 così di­

sponeva: «L’obbligo di cui all’articolo 1 rimane limitato al corso elementare inferiore, il quale dura di regola fino a nove anni, e comprende le prime nozioni dei doveri dell'uomo e del citta­

dino, la lettura, la calligrafia, i rudimenti della lingua italiana, della aritmetica e del sistema metrico [...]». Come si vede, è assente l’insegnamento della Religione, al posto del quale vi sono

«le prime nozioni dei doveri dell'uomo e del cittadino» (Collezione celerifera, citata, p. 833).

Il 1 dicembre 1874 una «Nota del Ministro della Pubblica Istruzione [Bonghi] al Prefetto di Roma» recava: «Gli studi fatti da laici nei Seminari ed Istituti ecclesiastici non sono validi per abilitarli ai pubblici uffici ed a quelli privati pei quali si richiede una patente governativa»

(Collezione celerifera, 1874, p. 1534), alla quale risponde il 15 dicembre la Circolare del Pre­

fetto della Provincia di Roma [Gadda] alle Autorità scolastiche, del medesimo tenore (Colle­

zione celerifera, 1875, p. 46). Il 30 novembre 1875 Gadda continuava con la Circolare del Pre­

fetto della Provincia di Roma ai rettori dei Seminari: «ai Seminari è vietato di ricevere nelle loro scuole alunni laici e non avviati alla carriera ecclesiastica» (Collezione celerifera, 1875, p. 1243). Sull’argomento si può vedere Cristina Sagliocco, L ’Italia in seminario. 1861-1907.

Roma, Carocci editore, 2008.

34 Manoscritto di mano ignota, in ASMT (Archivio del Seminario Metropolitano di To­

rino) 41.2, Libro delle costituzioni. Cito da Aldo Giraudo, Clero Seminario e Società. Aspetti della Restaurazione religiosa a Torino. Roma, Las, 1993, Allegati Sezione II, 6, pp. 346-383.

35 Manoscritto s.d., conservato in ASMT 7. 42. La grafia è del canonico Sebastiano Mot- tura (rettore del seminario di Chieri dal 1829 al 1860). A fianco dell’intestazione il canonico Emmanuele Cavalià (rettore dal 1860 al 1870) corregge: «Giuseppe Zappata dottore collegiato di sacra teologia, canonico arciprete della chiesa metropolitana di Torino, cavaliere dell'ordine de' SS. Maurizio e Lazzaro e vacante la sede arcivescovile, vicario generale capitolare». L'in­

testazione è la seguente: Luigi De ’ marchesi Fransoni per grazia di Dio, e della S. Sede arci­

vescovo di Torino cavaliere dell’ordine sup. della SS. Nunziata ecc.ecc. decorato del gran cor­

done ecc.ecc. Il testo è riportato da Aldo Giraudo, ibid., 7. pp. 384-391.

(17)

Tuttavia è interessante vedere sia l ’uso del term ine prefetto, legato quasi esclusivam en te a ll’assistenza e alla disciplina, sia la figura del p re fe tto di p ie tà che d ell’econom o, che assom iglia m aggiorm ente a ll’econom o previsto, in caso di necessità, nella casa annessa a ll’O ratorio di V aldocco e dalle C osti­

tuzioni salesiane (articolo 15 del capo X).

2. Risultati provvisori per riprendere il lavoro

In generale si ritiene possibile docum entare che u na casa salesiana era ben radicata nel contesto culturale ed educativo, oltre che politico e giuridico del tem po. Forse più vicina a ll’organizzazione ed ai ruoli dei convitti-collegi, delle scuole pubbliche e dei sem inari.

Pare che si debbano considerare alcune costanti p e r pervenire a qualche conclusione sem pre provvisoria.

Le costanti sem brano le seguenti:

1) Vi è diversità tra l ’organizzazione e il governo di u n oratorio e di u n col­

legio-convitto o di una casa annessa, com e a Valdocco con don Bosco; pertanto, p er questa sono da tener presenti anche i regolam enti di sem inari, di collegi- convitti e di scuole per il nostro lavoro, senza però trascurare gli altri. Questo al solo scopo che m i sono proposto, di cogliere l ’organizzazione e il governo di una casa salesiana con scuole, com prese le scuole di arti e m estieri, sofferm an­

domi sulle figure del consiglio, quali direttore, prefetto, catechista e consigliere.

2) P ur essendo im portanti i term ini usati p er designare le varie figure, è necessario controllare sem pre i ruoli assegnati e le com petenze richieste per le singole figure, alle quali è affidato il governo di una casa.

3) L’organizzazione e il governo, in generale, di tali istituzioni devono rispondere a problem atiche com uni (am m inistrazione e gestione, sia educa­

tiva, religiosa e disciplinare, che scolastica ed econom ica nei riguardi tanto degli allievi che del personale di vario tipo: educatori e docenti, tecnici, di servizio, com presi i dom estici).

4) Ciò che caratterizza l ’organizzazione e il governo di u n com plesso o

«stabilim ento» del tipo, che stiam o analizzando, va colto sia riguardo alle fi­

nalità di u n ’istituzione ed al carism a di una congregazione, che alla situazione storica concreta e alla legislazione degli Stati, all’interno dei quali si trovano ad operare.

5) N o n m eno im portante è la caratterizzazione delle figure dal punto di vista della posizione ecclesiastica e civile di chi la deve ricoprire: si tratta di sacerdoti secolari, di sacerdoti religiosi, di religiosi laici, di laici secolari?

(18)

6) Infine, i ruoli, che vengono a com porre le singole figure, e la defini­

zione di queste spesso rispondono ad u n preciso disegno, che è necessario scoprire e che dovrebbe perm ettere di pervenire a cogliere la specificità del­

l ’organizzazione e del governo di u n ’istituzione educativa; ruoli e figure che possono evolversi nel tem po, fino ad una fissazione regolam entare che può riuscire a costituire una tradizione.

In concreto, al di là della denom inazione delle figure, dell’assegnazione di ruoli, d ell’am biente educativo e della visione d ell’educazione, nulla ho ri­

scontrato di sim ile alla figura ed ai ruoli di u n prefetto di una casa salesiana, se se ne esclude il nom e; m a analoga considerazione vale p er il catechista, che non è il direttore spirituale (anche se ne h a portato il nom e), poiché questa com petenza è del direttore della casa salesiana; né il confessore, poiché questa com petenza era del direttore e, dopo il 1901, di persone a ciò designate; e n ep ­ pure il catechista nella qualifica di insegnante di catechism o. P er continuare, il direttore delle scuole o degli studi - il successivo «consigliere» - è più vicino all’om onim a figura del contesto storico e culturale quando esiste il direttore o rettore (nei convitti), non quando, invece, il direttore o rettore è anche il tito ­ lare o legale rappresentante d ell’istituzione educativa o scolastica. Infatti, per esempio, il preside delle scuole di Stato, quale legale rappresentante d ell’ente gestore, riassum e in sé la figura sia del direttore che del consigliere o direttore degli studi. N el caso, ancora, che il direttore non sia legale rappresentante del­

l ’ente gestore, abbiam o u n ’ulteriore possibilità o specificazione.

In conclusione, sem bra sia logico afferm are che di fonti si può discorrere quando viene accertata la dipendenza culturale e letteraria, docum entata non riguardo solam ente ad espressioni form ali accolte, m a agli effettivi ruoli e com petenze affidate e svolte da u na figura. Pertanto un a fonte v a collocata nel contesto storico e culturale, n ell'acco g lien za dei ruoli e delle com petenze all'in tern o dell'org anizzazione dell'istitu zio n e educativa o scolastica, e n e l­

l ’effettivo esercizio di essi n ella d inam ica di governo. P arado ssalm ente, a volte pure espressioni uguali, m aterialm ente copiate, possono contenere realtà esperienziali diverse, da docum entare.

A questo punto è possibile u n cenno alla figura del rettore e, successiva­

m ente, del direttore di una casa salesiana. Le com petenze ed i ruoli sono sto­

ricam ente concretati e, successivam ente, definiti anche p e r iscritto, attraverso l ’esperienza storica di don B osco, che è iniziatore, responsabile, titolare della proprietà, confessore, confidente; sente il bisogno, com e h a rilevato anche don Lem oyne, di avere al suo fianco uno che lo possa sostituire in tutto ed al quale affidare la gestione m ateriale. D on B osco percepisce dal suo punto di vista l ’organizzazione del governo della realtà da lui fondata; no n solam ente

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dalla prospettiva d ell’am m inistrazione e della gestione, m a d ell’evangelizza­

zione; no n disincarnata, m a volta a realizzare la crescita di tutta la persona um ana (studio e lavoro, oltre alla pietà). A ttraverso la confidenza vede dal­

l ’interno e governa da questo punto di vista, lasciando ai collaboratori la g e­

stione dei vari settori delle casa salesiana, p u r conservandone la responsabi­

lità. C on i suoi collaboratori egli m antiene ad u n alto livello la confidenza che diviene strum ento di governo. È difficile entrare in questa realtà dinam ica e com plessa attraverso i dati offerti da un «freddo» regolam ento.

3. L’originalità di don Bosco

Le dom ande, che ora m i pongo, sono le seguenti: 1) possiam o parlare correttam ente di fonti del P iano di regolam ento p e r la casa annessa all O r a ­ torio di S. F rancesco di Sales? 2) In che cosa consiste l ’originalità di don B osco? Q ual è la fonte, dalla quale scaturisce tale originalità?

3.1. F o n ti d e l “p ia n o di regolam ento p e r la casa an nessa a l l ’O ratorio di S. F rancesco di Sales ”

Ho docum entato che don B osco ha accolto dal suo am biente i nom i delle varie figure che ha attivato n e ll’organizzazione e nel governo della casa an­

nessa e delle case che ha com inciato ad aprire con gli anni ’60 d ell’Ottocento:

retto re (direttore), prefetto , direttore sp iritu ale (catechista), d iretto re delle scuole (ispettore delle scuole, direttore degli studi) ed, infine, consigliere sco­

lastico (1877).

E, al di là del nom e e di alcuni ruoli fondam entali, fino a che punto si può arrivare?

P er p o ter far luce sulla situazione, che si sta delineando, forse conviene ricordare alm eno due constatazioni, già considerate: la p rim a è di don R i­

naldi; la seconda di Pietro Braido.

Il 31 dicem bre 1914 don R inaldi afferm a in generale:

«Ma io voglio farvi conoscere che per far tutto questo lavoro [dell’educatore], ci vuole un metodo, un sistema, e questo sistema noi l’abbiamo tutto nostro: è il Si­

stema Preventivo di Don Bosco. Questo sistema lui non lo ha scritto, lo ha conse­

gnato in poche pagine che promise di sviluppare, e poi non potè redigerle, ma che vennero sviluppate da tutta l’opera sua pratica, da tutta la sua vita. È di questo che ci occuperemo ora»36.

36 Conferenze di Don F Rinaldi, p. 23.

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E Pietro B raido sul testo del R egolam ento p er l ’O ratorio festivo:

«rispecchia almeno in parte quella che è stata l’abituale pratica di don Bosco com­

pilatore di regolamenti o di statuti, mai considerati codici fondazionali, ma piuttosto il condensato di esperienze vissute negli sviluppi e nelle successive strutturazioni delle istituzioni. Il suo oratorio non era stato originato dal regolamento, l'aveva pre­

ceduto da più anni; perciò, l’utilizzazione di regolamenti preesistenti non poteva non risentire delle sperimentazioni in esso spontaneamente condotte»37.

Sappiam o che don B osco, prim a di giungere a scrivere dei regolam enti, aveva già avviata la realizzazione delle sue opere. D on B osco no n h a scritto a tavolino quanto successivam ente avrebbe realizzato, p u r non andando avanti senza un progetto; m a tale progetto, ben presente nella sua m ente, sgorgato dalla sua fede e passione educativa e alim entato dalla sua esperienza, era in continuo m iglioram ento. Egli ha scritto quando ha sentito il bisogno di ini­

ziare a codificare qualcosa p er esigenze derivanti dalla com unicazione e pu b­

b licità delle sue attività, dai suoi collaboratori, d alla form azione di questi, dalla praticità nell'acco g lien za e nella presentazione della sua casa, dalla con­

tinuità della sua opera. R icordo solam ente i colloqui con U rbano R attazzi. È 10 stesso R attazzi - forse prim a di essere invitato da Cavour, nel novem bre del 1857, ad uscire dal G overno - ad introdurre l ’argom ento ed a porre la do­

m anda a don B osco: «quale m isura intenderebbe di adottare p e r assicurare l ’esistenza del suo Istituto?»38.

D on B osco nel R egolam ento ha descritto ciò che era già in azione.

Si deve, pertanto, concludere, che uno studio sia del R egolam ento del­

l ’O ratorio festivo che della C asa annessa deve pervenire ai confronti con ana­

loghi testi coevi, partendo dalla attese, dal vissuto, dai bisogni, dai progetti presenti a Valdocco. Persino le concordanze di term ini o di sintagm i p otreb­

bero divenire sospette, senza una docum entazione del vissuto di V aldocco con 11 vissuto di altre istituzioni educative.

A questo punto, com e ho appena proposto, è difficile discorrere di fonti nel significato tecnico del term ine, che è figurato: «C iò che è considerato com e origine, principio, causa e da cui fluiscono copiosam ente virtù, valore, pregi (o anche qualità negative)», e più precisam ente: «P er lo p iù al plurale, Libro, docum ento, testim onianza, tradizione da cui si traggono notizie dirette e di prim a m ano concernenti determ inati argom enti»39.

37 Don Bosco prete dei giovani. Roma, Las, 2003, vol. I, p. 305.

38 MB V 697-699.

39 Grande Dizionario della Lingua Italiana di Salvatore B a t t a g l i a , VI, alla voce (To­

rino, UTET; 1970).

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3.2. L a fo n te d e ll’originalità di don B osco

A nzitutto una breve prem essa. L’organizzazione e il governo di una isti­

tuzione educativa vengono inserite e giustificate in don B osco da u n insiem e di testi e, persino, articoli di regolam enti, che possiam o definire «generali» o

«di im postazione», perché ne propongono il contesto educativo, lo spirito.

T ra tta n d o deg li « A rtico li g e n e ra li» d e l « R eg o la m e n to p e r le case»

(1877), P ietro B raido p a rla di so sta n zia le a u to n o m ia d ei co n ten u ti: «D al punto di vista dei contenuti il “ decalogo” ripete, precisa e integra concetti diffusi sia n elle pagin e sul sistem a p rev entiv o, di cui sem bra rispecch iare l ’ispirazione di base, sia nel Regolam ento, a cui si avvicina soprattutto p er la struttura: la m ateria, infatti, è distribuita in articoli, che, tuttavia, a fatica si possono definire “regolam entari”»40.

M i sem bra che dalla docum entazione esistente, relativa al R egolam ento, si possa far em ergere un vero e proprio Progetto educativo di Valdocco, non solam ente perché tale Progetto è incarnato nei ruoli e nelle figure del R egola­

m ento, m a dal vissuto che traspare da tali scritti.

Se ora ci poniam o la dom anda: è possibile individuare la fonte, dalla quale sem bra scaturire l ’originalità di don B osco? In che cosa pare consistere questa originalità? C osa m odella progressivam ente i ruoli e le figure di una casa salesiana? Si tratta di chiarire il p reciso disegno, il p ro getto, l ’esp e­

rienza, il vissuto sottostanti ai testi norm ativi, che strutturano l ’organ izza­

zione e danno v ita al governo, il quale riveste, sì e sem pre, un a dim ensione tecn ic o -g iu rid ic a e u n a v alu tazio n e delle situazioni, alm eno im plicita; m a vive pure a ll’interno di relazioni educative e di un am biente, che è m odellato sulla fam iglia.

A nalizzando i ms. presenti n e ll’A SC, che ho elencato, due capitoli del R egolam ento p e r le C ase della Società di S. F rancesco di Sales no n trovano corrispondenti, dal punto di vista del contenuto, nei testi anteriori e contem ­ poranei: il Contegno verso i com pagni e il Contegno verso i superiori.

La redazione più antica, che ne possediam o, è autografa di don B osco41.

Vi è u n passaggio storico obbligato: dal R egolam ento d ell’O ratorio fe­

stivo (1854), al P iano di R egolam ento p e r la casa annessa a l l ’O ratorio di S. Francesco di Sales (1856 circa), al m s D 4720107 Società di S. Francesco di Sales, m s allografo con correzioni di don Bosco e l ’aggiunta autografa, con

40

Don Bosco Educatore scritti e testimonianze, Pietro Braido (Ed.). Roma, Las, 19922, pp. 272.

41

Il manoscritto D 4820204: «Parte IIa, Disciplina della Casa; Capo 1°: Della pietà», senza data (MB IV 747) è parte di don Bosco, del chierico Rua e d’altra mano.

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