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Lavoro, la Filca-Cisl: «Il Nord non vuole nuovi immigrati? Assuma part-time le donne del Sud»

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Academic year: 2022

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Filca-Cisl nazionale Filca-Cisl Veneto

COMUNICATO STAMPA

Di innovazione nell’orario di lavoro se ne è parlato questa mattina a “Legnago 2010”, il workshop della Filca-Cisl in corso a Cerea (Vr).

Lavoro, la Filca-Cisl: «Il Nord non vuole nuovi immigrati?

Assuma part-time le donne del Sud»

VERONA, 10 SETT. – «Al Nord non si vogliono lavoratori immigrati in più? L’alternativa ad avere altri 2 milioni di lavoratori immigrati nei prossimi 5 anni è dare il part-time di massa generalizzato alle donne e ai giovani del Sud. È una questione demografica, altre strade non ci sono». La provocazione è del professor Luciano Pero, docente del Politecnico di Milano, invitato dalla Filca-Cisl a Cerea (Vr) a parlare di esperienze di contrattazione innovativa in tema di orario di lavoro.

Pero ha illustrato i modelli di orario di lavoro flessibili e worker-oriented del Nord Europa confrontandoli con quelli mediterranei, anglosassoni e asiatici, quindi ha lanciato la bordata: è il basso tasso di occupazione femminile in Italia, causato dalla difficoltà delle aziende a concedere il part-time, che richiede l’immissione di manodopera straniera nel nostro mercato del lavoro. Una provocazione, certo, ma anche un invito a riflettere: non si può dire che “gli immigrati stiano a casa loro” e allo stesso tempo non fare nulla per favorire l’occupazione femminile e giovanile,

incentivando il part-time e le diverse forme di orario flessibile.

Quindi, Pero la lanciato la sua proposta di flessibilità di orario, che superi l’attuale modello standard (8 ore al giorno, 40 la settimana, 4 settimane di ferie l’anno): il modello proposto è quello

dell’orario “a menù”, in cui sceglie sia l’impresa che il lavoratore. «L’azienda dichiara il fabbisogno di orario dei prossimi tre mesi – esemplifica l’esperto – e ciascun lavoratore ha la libertà di

costruirsi il proprio orario, sulla base di moduli predefiniti e negoziati. In questo modo la flessibilità viene condivisa tra impresa, lavoratori e sindacato».

Secondo l’esperto, tale modello flessibile, dove è stato applicato, oltre a migliorare la qualità della vita dei lavoratori, ha comportato innegabili vantaggi per l’azienda: «La riduzione degli sprechi, che si hanno invece con l’istituto dello straordinario – elenca -, una puntualità svizzera nelle consegne e nella produzione, l’abbattimento dell’assenteismo».

La proposta avanzata da Pero di orario “a menù” è una delle applicazioni concrete possibili della Responsabilità Sociale d’Impresa, con la partecipazione alla governance dell’impresa del

lavoratore.

«Non è più tempo di orario uguale per tutti, perché le esigenze delle persone sono sempre più diversificate – conclude il docente del Politecnico di Milano -. Vanno dunque studiati e

implementati modelli flessibili innovativi che hanno riflessi positivi sulla produttività aziendale.

Non è un caso se l’economia del Nord Europa tira. Lì la flessibilità condivisa, non imposta, la applicano da tempo».

F r a n c e s c a N i c a s t r o

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