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IL DANNO ALLA PERSONA NELL’ANZIANO

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Academic year: 2022

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IL DANNO ALLA PERSONA NELL’ANZIANO

Il riconoscimento del danno biologico ha dato ingresso ad una serie di problematiche sotto l’aspetto economico sociale sia in relazione all'entità dei risarcimenti rapportati ai costi, sia in relazione alle aspettative risarcitorie che si ingenerano nel leso.

E’ fuor di dubbio che il leso ricerca nell’importo che gli viene liquidato quell’utilità sostitutiva del bene-salute irrimediabilmente perduto, tale da consentirgli l’acquisto di beni in grado di compensarlo delle sofferenze conseguenti al danno subito.

Ed è altrettanto indubbio che nel nostro paese si é generata una “corsa al risarcimento” molto forte, sul presupposto di pretese spesso illimitate ed infondate, che ha prodotto, a volte, in alcune realtà locali, una cospicua riduzione delle somme poste in risarcimento.

Ritengo che occorra trovare formule risarcitorie che rispettino da un lato il necessario criterio di uguaglianza tra i danneggiati e che non proiettino a caduta un costo sociale economicamente insostenibile per il paese, ma che, al contempo, tengano realmente conto, caso per caso, di tutte le conseguenze che il danno provoca nel leso.

Il tema del nostro incontro è “il danno alla persona nell’anziano” nella sua valutazione medico legale e nelle sue conseguenze giuridiche ed assicurative.

In un mondo che ormai a “misura d’uomo” non è e dove sempre meno spazio è lasciato alle categorie più deboli, il problema degli anziani, della loro assistenza e cura, della loro solitudine è oggi particolarmente sentito.

In quest’ottica il danno biologico dell’anziano è degno di particolare attenzione.

La Corte Costituzionale nella nota sentenza 184/86 nonché nella successiva 372/94 - per citare solo le due pronunce più note - nel dare nuova lettura all'art.32 Cost. individua il danno biologico, quale menomazione dell'integrità fisica e psichica della persona in sé e per sé considerata, incidente sul valore uomo in tutta la sua concreta dimensione, che non si esaurisce nella sola attitudine a produrre ricchezza ma si collega alla somma delle funzioni naturali afferenti al soggetto

nell'ambiente in cui la vita si esplica ed aventi rilevanza non solo economica ma anche biologica, sociale, culturale ed estetica.

Non v'è chi non veda come in tale definizione di danno biologico sia compresa tutta quella serie di conseguenze derivanti da una lesione invalidante sia dal punto di vista della riduzione funzionale sia da quello della sostanziale modificazione della qualità della vita.

In altre parole sul presupposto del dato base quale è la lesione all’integrità psicofisica in sé considerata ed a prescindere dalle sue conseguenze pregiudizievoli, affiora e si consolida la tendenza - in giurisprudenza e dottrina - a considerare anche gli aspetti negativi che la lesione comporta nell’ambito della salute dell’individuo, non solo limitatamente agli aspetti medico legali ma con riguardo anche alle ripercussioni che la diminuzione della capacità psicofisica comporta nell’espletamento delle sue funzioni vitali, sociali, relazionali, affettive.

Emergono così nel danno biologico due aspetti fondamentali: il dato biologico rilevato dal medico legale in termini di invalidità percentuale e - sotto l’aspetto giuridico - la lesione del diritto alla salute, così come protetta dalla nostra Costituzione all’art.32.

Questa sorta di “duplicità” è stata rappresentata con felice espressione aspetto statico ed aspetto dinamico, corrispondendo il primo alla percentuale di incapacità psicofisica dipendente dalla lesione, ovvero alla limitazione funzionale in sé e per sé ed il secondo alle limitazioni che la

accertata incapacità psicofisica comporta per le funzioni esplicative della personalità dell’individuo.

(cfr. Rodolfo Berti, I° Corso di perfezionamento di diritto assicurativo, Viareggio, 17 gennaio 1997 - Associazione “Melchiorre Gioia”; Gennaro Giannini, Il danno alla persona come danno

biologico, Giuffré, 1981).

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Ed è proprio privilegiando l’aspetto dinamico, dopo l’accertamento del dato invalidante (aspetto statico) che deve far riferimento la liquidazione del danno biologico con particolare riguardo alle singole qualità di vita perdute dal danneggiato.

Secondo gli insegnamenti della Corte Costituzionale (cfr. le sentenze già citate) il danno biologico deve essere liquidato con criteri di elasticità e flessibilità ma sempre in un contesto di uniformità pecuniaria di base.

Ciò significa che la situazione particolare in cui viene a trovarsi il soggetto leso, che subisce la modificazione della qualità della vita relazionale, affettiva e sociale può determinare un

adattamento del criterio aritmetico e monetario di base, consentendo così al magistrato di dare piena applicazione alla norma che prevede la liquidazione del danno in via d’equità (art. 113 e 114 c.p.c.

e 1226 c.c.).

Il discorso ci porta al problema della liquidazione del danno biologico.

La stessa Corte Costituzionale, nella sentenza 184/86, in riferimento al criterio liquidativo da adottare, riteneva che questo dovesse essere rispondente da un lato ad un’uniformità pecuniaria di base... e dall’altro ad elasticità e flessibilità, per adeguare la liquidazione del caso di specie

all’effettiva incidenza dell’accertata menomazione sulle attività della vita quotidiana, attraverso le quali in concreto si manifesta l’efficienza psicofisica del soggetto danneggiato.

La Corte di Cassazione, dopo un primo periodo di totale silenzio sul punto, in cui limitava il proprio intervento all’esercizio del potere di controllo sulla legittimità dei metodi adottati dai giudici di merito, con sentenza 4255/95, ha fornito ulteriore legittimazione del sistema del calcolo

“a punto”.

La S.C. ha infatti suggerito una metodologia operativa ritenendo che nella valutazione del danno alla salute costituisce valido criterio di liquidazione equitativa quello che assume a parametro di base il cosiddetto valore del punto biologico determinato sulla media dei precedenti giudiziari concernenti invalidità inferiori al 10% ed aumentabile sino al 50% al fine di consentire al giudice di rapportare la liquidazione alle accertate peculiarità della fattispecie concreta e da moltiplicarsi quindi per la percentuale di invalidità accertata.

Molto spesso però la giurisprudenza di merito, nell’uniformarsi a tali suggerimenti, ha “usato” il criterio di maggiorazione esclusivamente per adattare il risarcimento a fattispecie rappresentanti macro lesioni senza invece porre il dovuto accento sulla singola situazione del leso, in quali reali impedimenti egli incorra, quale sia effettivamente il suo stato d’animo, in parte disattendendo i supremi insegnamenti ed adottando quale unica discriminante di base la percentuale di invalidità in rapporto inversamente proporzionale all’età del soggetto, sul presupposto che un soggetto giovane dovrà sopportare più a lungo, tenuto conto della vita media probabile, il danno biologico subito.

Tale impostazione mi pare perda di vista la somma delle funzioni naturali afferenti al soggetto nell'ambiente in cui la vita si esplica ed aventi rilevanza non solo economica ma anche biologica, sociale, culturale ed estetica.

In altre parole direi che così operando si dimentica quella componente dinamica del danno biologico che invece ne è parte fondamentale ed integrante.

In caso di danno biologico riportato dall’anziano, pur rimanendo valido il principio per cui egli ha davanti a sé una minore porzione di vita rispetto ad un soggetto più giovane, devono essere analizzate tutte le conseguenze che la lesione comporta, anche sotto l’aspetto sociale e relazionale e non solo funzionale.

Proviamo ad immaginare la diversa risposta ad una medesima frattura di una caviglia in un uomo di 40 anni, nel pieno vigore della vita e con molteplici interessi e doveri, ed in un altro di 70, ormai pensionato, magari vedovo e come spesso accade solo.

Il primo, superata la fase cruenta del dolore e dell’immobilità, tenderà a recuperare il più possibile la funzionalità perduta, nel desiderio di riprendere a vivere normalmente, tornando il più in fretta possibile al lavoro ed alla propria famiglia ed amici.

Il secondo, superata la fase cruenta della malattia, in cui forse sarà addirittura più aiutato del primo, tornerà alla sua vita di solitudine senza essere riuscito a recuperare la piena funzionalità

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dell’arto (è nota la diminuita capacità reattiva positiva dell’anziano alla terapia riabilitativa), continuerà ad accusare dolore, avrà paura a camminare, ad affrettarsi per salire su di un mezzo pubblico, magari non potrà più concedersi la consueta passeggiata quotidiana: egli avrà perduto numerose qualità di vita, avrà visto ridursi la sua possibilità di porsi in relazione con l’esterno, soffrirà di più, sia emotivamente che fisicamente.

Un’equa liquidazione del danno dovrebbe quindi tenere conto di tutto questo adattando il criterio risarcitorio proprio alla singolarità del caso.

Il discorso non può essere automaticamente applicato alla universalità delle fattispecie, ogni qualvolta cioè che ci si trovi in presenza di soggetto anziano, ma, ove assolto il necessario onere probatorio, dovrebbe essere tenuto in seria considerazione.

Sono dell’avviso che la prova da fornirsi sia duplice: occorre dare dimostrazione testimoniale della reale situazione in cui viene a trovarsi il danneggiato sulla scorta di una precisa relazione del CTU medico legale, cui deve essere affidato un particolare quesito, le cui risposte siano in grado di narrare non solo la menomazione, ma anche la natura delle conseguenze, la concreta possibilità di recupero funzionale, quali siano le funzioni impedite e le difficoltà incontrate dal soggetto.

Sui criteri si liquidazione

Nel panorama delle liquidazioni operate dai vari Tribunali d’Italia non si riscontra una

particolare attenzione alla tipologia del danno dell’anziano, essendo tutte, più o meno, improntate ad una progressiva riduzione del risarcimento con l’avanzare degli anni del leso - o almeno da una certa età in poi - in rapporto al valore di base prefissato.

Tra i metodi maggiormente seguiti in giurisprudenza per la liquidazione del danno biologico fino a poco tempo vi erano il metodo “Pisano” ed il metodo “Genovese”.

Il metodo pisano propone il calcolo a punto, il cui valore medio è ricavato dai risultati acquisiti in precedenza dalla giurisprudenza di merito, con possibilità di aumento e diminuzione, in relazione al caso concreto, entro limiti prefissati.

Il che consente così al magistrato di partire da un riferimento di base univoco, adattando però il risarcimento al caso concreto.

La difficoltà sta forse nel dover considerare, al momento della decisione, tutti gli elementi che hanno concorso alla formazione del danno lamentato dal leso, il che, in termini di giustizia distributiva, limita la possibilità di previsione della liquidazione del danno medesimo nella fase stragiudiziale.

Tabella Genovese

Il metodo genovese, il cui referente normativo è l’art. 4 L. 39/77, è basato sul calcolo del triplo della pensione sociale. Esso può essere almeno in parte fuorviante rispetto alla natura stessa di danno biologico - del tutto esente da connotazioni patrimoniali - e forse estende l’applicabilità dell’art. 4 L. 39/77 al di là della sua finalità. (La norma cui il metodo fa riferimento è infatti utilizzabile in quei casi in cui, incidendo la lesione sulla capacità lavorativa, il danneggiato non sia in grado di fornire, per svariati e comunque fondati motivi, la prova del proprio reddito).

Ma il più grosso limite del metodo genovese è quello della sua estrema rigidità. Le uniche variabili previste, attuando un calcolo attuariale che tiene conto dell’indice medio di mortalità, sono il sesso e l’età del danneggiato, oltre al grado di invalidità permanente accertato, a discapito

dell’aspetto dinamico del danno biologico, cui prima ho accennato, senza cioè che sia lasciato spazio alcuno alla considerazione di tutte quelle utilità della vita che il danneggiato si vede sottratte a seguito della lesione.

Nella tabella sono rappresentate le età principali della vita dell’uomo (10 anni, 20 anni, 40 anni, 65 anni e 80 anni) e per ognuna di esse è stato indicato il valore totale del risarcimento.

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La liquidazione del danno biologico si ottiene moltiplicando il valore del punto per la

percentuale del grado di invalidità accertata, senza possibili adattamenti - riduzioni o maggiorazioni - al singolo caso in esame, eludendo così totalmente lo spirito della liquidazione in via d’equità.

Ecco che si perde di vista l’aspetto dinamico su cui voglio ancora una volta porre l’accento:

l’integrità dell’uomo non è risarcibile, lo è la perdita economica conseguente alla menomazione ed il risarcimento da effettuarsi non può che essere interpretato nel senso di fornire al danneggiato quelle utilità sostitutive che lo confortino del bene perduto.

Ma una siffatta metodologia impedisce la considerazione della singolarità del caso, vuoi l’entità della sofferenza, che può variare da soggetto a soggetto, vuoi la diversa capacità di recupero funzionale, vuoi ancora l’aspetto più squisitamente emotivo dell’ansia e della paura del futuro, come nel caso dell’anziano, appunto.

Dalla lettura del grafico emerge subito un dato assai significativo: il valore dell’uomo precipita rovinosamente dopo i 60 anni sino a scendere a meno del 50% del suo valore ( a 60 anni) al raggiungimento degli 80 anni.

La riduzione è forte, le problematiche inerenti al danno subito dall’anziano - laddove risultano rigorosamente provate - sono totalmente disattese, nessuno tiene conto delle difficoltà che egli incontra nel cammino verso l’auspicato recupero funzionale e di qualità della vita.

Altro criterio liquidativo del danno biologico è quello che fa ricorso all’uso di tabelle predisposte.

Negli ultimi tempi lo sviluppo dottrinale e giurisprudenziale, accompagnato dal desiderio di ridurre il contenzioso giudiziale e fornire dati prevedibili nella fase stragiudiziale, ha aperto la strada a nuove forme di liquidazione del danno biologico, basate su tabelle che prevedono un aumento progressivo del valore del punto in relazione alla percentuale di invalidità, inversamente proporzionali però all’aumento dell’età.

Tabella Milanese

Tale metodo, inizialmente “scoperto” dai magistrati milanesi, ha il grosso merito di valutare con il maggior rigore possibile i danni di una certa entità, ovvero le macro lesioni, forse però troppo a discapito di quei danni di minore entità che, a mio avviso, devono essere degni di eguale

considerazione.

Inoltre il metodo milanese prevede la possibilità di maggiorazione del valore del punto,

consentendo così al magistrato di operare quei correttivi di adattamento al singolo caso concreto di cui abbiamo parlato prima, in altre parole di porre la propria attenzione all’aspetto dinamico del danno biologico.

Il calcolo viene effettuato moltiplicando la percentuale di invalidità accertata per il valore del punto ed ancora moltiplicando il risultato per un coefficiente demoltiplicatore che varia in funzione del progredire dell’età, fatte salve ulteriori maggiorazioni applicabili di caso in caso.

Anche in questo esempio sono state prese in considerazione le più importanti evoluzioni dell’età dell’uomo, in rapporto a diverse e progressive quote di invalidità, forse le più rappresentative : 5%, 10%, 30%, 50 %, 70%.

Vista sotto l’aspetto del danno dell’anziano la tabella milanese non prevede forti riduzioni del valore del punto con l’avanzare dell’età, almeno dai 65 anni in poi. (Anche se il divario continua ad essere molto ampio tra i 40 anni ed i 65 anni).

In effetti il coefficiente demoltiplicatore articolato sulle varie fasce di età prese in considerazione - di 10 anni in 10 anni - è stato calcolato dai magistrati milanesi con estrema attenzione: lo scarto non scende mai al di sotto del tasso del 10%.

Tabella del Coefficiente

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Si analizzi ad esempio la seguente tabella del coefficiente: la lettura di dati numerici, di per sé aridi e freddi, non deve distoglierci dal porre l’accento sul maggior valore che viene riconosciuto alla vita in tutto il suo svolgersi, prevedendo uno sviluppo più lineare delle liquidazioni in rapporto all’età.

La rigidità della tabella si affievolisce laddove, in luogo di tenere conto dell’indice di mortalità, si conferisce al risarcimento del danno all’anziano maggiore dignità, se non altro nel senso di non differenziarlo troppo dall’uomo nel pieno vigore della vita.

Nei due metodi si riscontra, comunque, un dato univoco: entrambi basano la liquidazione del danno biologico in rapporto all’età, fornendo al valore uomo nella sua interezza una progressiva svalutazione.

L’affermazione non corrisponde alla visione dell’uomo quale si è formata nello sviluppo del pensiero sin dall’umanesimo: ad ogni effetto l’uomo vale nella sua interezza ed unicità per quello che é, per ciò che produce, per ciò che è in grado di dare, a prescindere dalla sua età.

Gran parte dei Tribunali italiani hanno adottato il metodo dei giudici milanesi, redigendo singole tabelle, ove il valore del punto cresce progressivamente con l’aggravarsi della lesione mentre è applicato un demoltiplicatore decrescente in ragione dell’età del danneggiato.

Così infatti liquidano il danno biologico i Tribunali di Venezia, Pordenone, Firenze, Roma, Perugia, Palermo, Cagliari.

Tabella Torinese

Il Tribunale di Torino merita un discorso a parte. Nello spirito della liquidazione di un tanto a punto, basato su valori preformati e suscettibili di maggiorazioni sino al 50% applicabili ai singoli casi, il nostro tribunale dà una suddivisione del valore unicamente basata sull’aggravarsi della lesione, a prescindere da qualsiasi rapporto con l’età del soggetto leso.

Pur non avendo redatto una vera e propria tabella aritmetica, il Tribunale in esame fornisce criteri di base, indicando il valore minimo e massimo entro i quali potrà essere effettuato il risarcimento

Siffatta metodologia liquidativa consente al magistrato di decidere secondo equità, in base al convincimento che egli ne ha tratto durante l’istruttoria, tenuto conto anche delle variabili portate nei singoli casi.

L’ideologia sottostante al metodo si traduce in un diverso rispetto della qualità della vita, a prescindere dal suo avvicinarsi alla morte probabile, dando maggior risalto all’aspetto dinamico del danno biologico.

Sarà così possibile, in base a tale metodo, liquidare il danno del leso fornendogli, in termini di denaro, quelle utilità sostitutive che lo confortino di tutto il bene perduto cioè la lesione in sé e per sé considerata unitamente alla singole qualità di vita.

Alla rigidità che abbiamo riscontrato negli altri metodi liquidativi fa riscontro, in questo caso, la limitazione in termini monetari del valore liquidato, segnatamente per quanto riguarda le lesioni lievi o non eccessivamente gravi.

E’ pur vero quindi che il Tribunale di Torino sotto l’aspetto concettuale non discrimina l’anziano rispetto all’uomo maturo o al giovane, ma é altrettanto vero che al valore intrinseco dell’uomo in generale viene fatto corrispondere un valore monetario forse un po’ troppo ridotto rispetto alla realtà economico sociale di una città moderna, ove il costo della vita si avvicina sempre più a quello delle grandi metropoli europee.

Giudici di Pace di Torino

In netto contrasto con il Tribunale di Torino i Giudici di pace della città hanno invece redatto una loro autonoma tabella purtroppo non esente da critiche, specialmente in relazione all'anziano.

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La tabella prevede liquidazioni diversificate a seconda che il soggetto leso sia uomo o donna, così ricalcando il calcolo attuariale del sistema genovese, oltre a diminuire profondamente il valore del punto base in ragione dell’avanzare dell’età.

Si noti come dopo i 65 anni il valore dell’uomo scenda addirittura sotto il milione.

Torniamo per un istante all’esempio di prima, la frattura della caviglia, i cui postumi, in medicina legale, sono definiti quale limitazione del movimento articolare della tibiotarsica.

Il corrispondente danno biologico è valutato in misura oscillante tra il 7% ed il 10%, a seconda che la limitazione articolare sia di due terzi ovvero di tre quarti rispetto alla funzionalità totale.

Consideriamo quindi una frattura della caviglia comportante un danno biologico dell’8%, di per sé già fortemente invalidante, poiché interessa la deambulazione e limita in modo irreversibile il carico dell’arto.

Ebbene, secondo le tabelle dei Giudici di pace un ragazzo di 20 anni otterrà un risarcimento di L.

17.307.000, un uomo di 40 anni percepirà la somma di L. 15.463.000 ed un anziano di 75 anni avrà una liquidazione del tutto irrisoria, soltanto L. 8.100.000!

Tale metodologia è doppiamente rigida, sia nel calcolo attuariale del punto base sia nell’adozione di differenze in base all’età.

Mi pare si perda di vista sia l’interezza e l’unicità dell’uomo, considerato solo in termini di possibilità formale di sopravvivenza, sia quell’aspetto dinamico del danno biologico che è la perdita delle singole qualità di vita.

Il metodo non consente di operare alcun correttivo atto a valutare anche la singolarità del caso e resta nel mero campo della rigidità aritmetica.

Il quesito da porre al CTU

Sulla scorta di codeste argomentazioni il compito del CTU è particolarmente indaginoso.

Egli dovrà poter fornire un’ampia descrizione del danno subito dal soggetto anziano, non limitarsi cioè a narrare solo il tipo di lesione.

Egli dovrà dire quale sia la reale possibilità di recupero funzionale, quali le funzioni precluse, quale l’intensità del dolore, quale la limitazione della vita relazionale, svolgendo, in sede di anamnesi, un’ampia indagine.

Infine il CTU dovrà anche esprimere il proprio parere circa l’eventuale incidenza specifica della lesione proprio in relazione all’età del leso.

Conclusioni

Abbiamo analizzato, seppure parzialmente, i criteri di liquidazione del danno biologico di alcuni tribunali d’Italia, ponendo l’accento sulla particolare problematica del danno dell’anziano.

In conclusione, nella diversità delle forme liquidative è emerso un dato univoco: l’importo del risarcimento, in altre parole il valore di base del punto del danno biologico, diminuisce con l’avanzare dell’età.

La necessità di raggiungere criteri risarcitori unificanti e prevedibili, anche laddove sono previsti

“aggiustamenti” del valore monetario del punto applicabili ai singoli casi, si è dovuta confrontare con la rigidità del metodo di calcolo, penalizzando così alcuni aspetti del danno.

Parametrare la validità dell’uomo nella sua integrità psicofisica al concetto dello scorrere della vita, in termini inversamente proporzionali, pare essere in contrasto, o quantomeno stridere, con i dettami costituzionali.

Il bene salute è diritto assoluto, protetto e tutelato dall’art.32 della Costituzione. Esso è protetto e tutelato per tutta la durata della vita, senza alcuna graduazione.

Sotto questo aspetto ritengo che non v’è ragione dunque di convertire monetariamente il danno alla salute in misura sempre minore man mano che l’uomo si avvicina alla vecchiaia.

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Oltretutto siffatta impostazione, non considerando le singole qualità di vita perdute dal soggetto leso - che nell’anziano sono appunto la maggior difficoltà e spesso l’impossibilità di recupero, il dolore, l’ansia, la paura del futuro, l’azzeramento delle relazioni sociali - si allontana dal concetto stesso di danno biologico, limitandone la portata alla rigida invalidità numericamente espressa (aspetto statico).

Una valutazione del punto che tenga conto della globalità del danno biologico, scevro da parametri rigidi quali l’avanzare dell’età, anche se ancorata a limiti minimi e massimi, a mio modesto avviso sarebbe senz’altro più corretta e più consona alle problematiche inerenti il danno alla persona nell’anziano.

Avv. Renato Ambrosio Avvocato, Torino

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