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Academic year: 2021

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1 RELAZIONE

INTRODUTTIVA

1.1

La prevenzione dei rischi naturali e la salvaguardia delle risorse

nella Regione Toscana

1.1.1 La disciplina

La difesa del suolo è la risultante di azioni e interazioni che concorrono a determinare sul territorio condizioni di messa in sicurezza idraulica e idrogeologica, prevenzione di rischi, oltre che recupero e salvaguardia delle risorse acqua e suolo. Essa può definirsi di settore solo in riferimento alle analisi iniziali, fase conoscitiva e fase valutativa, oltre le quali si evolve in strumento di pianificazione territoriale sovraordinato, in relazione agli aspetti peculiari.Il Piano di Bacino infatti, orienta e modifica tutti gli altri strumenti di pianificazione territoriale, e ciò in funzione della sostenibilità specifica e complessiva di tutte quelle attività la cui continuità si basa sulla disponibilità di risorse naturali e sulla capacità di mantenere e/o recuperare livelli di sicurezza certi rispetto ai rischi idraulico e idrogeologico.

La politica regionale degli ultimi anni si è mossa nella consapevolezza dei diversi aspetti che concorrono a determinare i problemi e/o a garantire efficaci, ancorchè parziali, soluzioni di prevenzione.

Da qui la coerenza e sequenzialità normativa in materia di pianificazione territoriale, di programmazione e di indirizzi di settore. Significative risultano in tal senso:

D.C.R. 94/85 - Direttive per le indagini geologico-tecniche a supporto della

pianificazione urbanistica.

Ha come finalità la conoscenza del territorio in termini di caratteristiche geologiche, morfologiche e idrogeologiche fin dalle prime fasi della pianificazione urbanistica per consentire scelte consapevoli in relazione alla “pericolosità” del territorio e ai conseguenti scenari di “fattibilità” in relazione alle diverse destinazioni d’uso.

L.R. 81/94 - Disposizioni in materia di risorse idriche

La legge nasce in applicazione di quanto disposto dall'art.35 della L.183/89 (Individuazione di ambiti territoriali ottimali per la gestione dei servizi pubblici di acquedotto, fognatura e depurazione delle acque) e in attuazione della L. 36/94 (la

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cosiddetta legge Galli), dettando norme per la delimitazione degli ambiti, la disciplina delle forme di cooperazione tra enti e le procedure per l'organizzazione e gestione del servizio idrico integrato, con riferimento prioritario al recupero e mantenimento della risorsa idrica e al suo corretto uso.

L.R. 50/94 - Interventi strutturali finalizzati alla messa in sicurezza idraulica dei bacini

idrografici toscani.

Ha come finalità la realizzazione di interventi organici per la “messa in sicurezza” idraulica del territorio toscano.Gli interventi programmati si attuano attraverso la stipula di specifici accordi di programma tra la Regione e gli enti locali interessati. La Regione partecipa agli accordi anche finanziariamente con contributi fino al 50% dell'importo relativo al costo degli interventi.

In attuazione di questa legge, sono stati realizzati con fondi regionali e degli EE.LL.,negli ultimi sei anni, oltre cento miliardi di interventi in aree ad elevata criticità idraulica.

D.C.R. 230/94 - Prescrizioni, vincoli e direttive sul rischio idraulico.

Partendo dallo studio delle aree soggette a rischio idraulico riportate su una cartografia in scala 1:25000 per tutto il territorio regionale e da un elenco di oltre tremila corsi d'acqua considerati di rilievo al fine di un corretto assetto idraulico ,la deliberazione detta vincoli e prescrizioni ( per il rilascio di concessioni o autorizzazioni edilizie) e direttive (per la formazione degli Strumenti Urbanistici) da applicarsi qualora gli interventi ricadano in specifici ambiti determinati in base alle distanze dai corsi d'acqua Gli obiettivi che si intendono perseguire sono:

- la messa in sicurezza da quei fenomeni alluvionali di dimensioni e caratteristiche tali da costituire grave pericolo per la collettività;

- l'individuazione di ambiti di salvaguardia per interventi di regimazione idraulica tesi a restituire al corso d'acqua aree per la dinamica fluviale e per la protezione dei sistemi insediativi e infrastrutturali;

- la verifica di compatibilità delle nuove previsioni con la programmazione di interventi di prevenzione.

Gli studi necessari alla definizione di quanto sopra necessitano di strumenti specifici omogenei e standardizzati che permettano un ugual apprezzamento delle problematiche su tutto il territorio regionale. Per questo è stato messo a punto un modello matematico che, a partire dai dati climatologici e fisici dei bacini, permette di

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studiare su base statistica le portate idrologiche per un dato tempo di ritorno su qualsiasi sezione del corso d’acqua e quindi le possibilità di esondazione dello stesso

L.R. 34/94 - Norme in materia di bonifica

Nasce con riferimento alle mutate condizioni territoriali che hanno di fatto trasformato l’attività di bonifica in attività di regimazione idraulica in funzione di una domanda di “sicurezza “ del territorio solo marginalmente e localmente riconducibile e circoscrivibile alle tradizionali attività di bonifica integrale.

L’attività di bonifica diviene dunque attività di difesa del suolo e in tal senso trova legittimazione solo se riconducibile in termini di efficacia e coerenza alle strategie di risanamento e prevenzione definite a scala di bacino idrografico.

L.R. 5/ 95 - Norme per il governo del territorio”.

Con tale atto si è inteso modificare sostanzialmente il rapporto tra pianificazione territoriale e risorse, ivi comprese e prioritarie quelle naturali, superando la concezione puramente urbanistica dell’uso del suolo e favorendo “lo sviluppo sostenibile”. Il nuovo modello di pianificazione si basa sul quadro conoscitivo, non elemento accessorio del piano, ma parte integrante della sua disciplina.

L’obiettivo esplicito è quello di configurare un nuovo contesto nel quale le istituzioni (Regione, Province e Comuni) producano una gestione del territorio concertata ad ogni livello, dalla programmazione alla pianificazione di dettaglio, tutelando le risorse essenziali del territorio - la cui riproducibilità non deve mai essere ridotta in modo significativo e irreversibile - e quindi valutando preventivamente gli effetti ambientali che le azioni di trasformazione possono indurre.

D.C.R. 155/97 - Direttive tecniche per l’ingegneria naturalistica

Questo atto stabilisce concetti e principi vincolanti per gli Uffici regionali che operano in materia di difesa del suolo e per gli altri Enti concessionari di opere di competenza della Regione Toscana. Questi principi sono sostanzialmente riconducibili alla necessità di realizzare opere tali da compromettere l’ambiente in cui sono inserite e rispettarne i valori paesistici. Per raggiungere tali obiettivi le direttive definiscono tipologie di intervento per il consolidamento di versanti e scarpate e per le sistemazioni fluviali riconducibili alle metodiche dell’ingegneria naturalistica.

L.R. 91/98 “Norme per la difesa del suolo”

Oltre a recepire la L. 183/89, opera un riordino delle strutture e delle competenze al fine di ottimizzare l’azione stessa di difesa del suolo. stabilisce le procedure per la redazione e l’approvazione dei piani e istituisce i tre bacini di rilievo regionale, Toscana

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Nord, Toscana Costa, Ombrone. Istituisce inoltre le “Conferenze di bacino”, costituite da tutti i soggetti competenti in materia di governo del territorio - Province, Comuni, Comunità montane ed Enti parco - ricadenti nel bacino, quali organi di indirizzo e controllo sulle attività dei Comitati Tecnici.

1.2

Gli strumenti operativi

1.2.1 Pianificazione

Il Piano di Bacino è strumento finalizzato a garantire il mantenimento e/o il ripristino di condizioni di equilibrio “naturale” e conseguentemente a definire le “condizioni di “sicurezza” per la collettività che sul Bacino insiste. Si tratta cioè di uno strumento attraverso il quale rendere controllabili gli effetti di trasformazione indotti sui cicli naturali da cause antropiche e/o naturali e quindi di rendere possibile l’individuazione di azioni e strumenti di prevenzione e mitigazione degli effetti negativi. I contenuti del piano non sono altra cosa, o almeno non dovrebbero esserlo, da quelli già contenuti in altri strumenti di pianificazione territoriale, la differenza sta da un lato nella specificità tematica, specificità necessaria e motivata dal fatto che l’analisi prima e le soluzioni prospettate poi, hanno a che fare con il sistema territoriale di base comune a tutti gli altri strumenti di pianificazione , e dall’altro nel fatto che tali valutazioni sono possibili ed efficaci solo se riferite all’ambito fisico opportuno, il bacino idrografico, assolutamente indipendente dai limiti amministrativi. Il Piano quindi produce analisi, valutazioni e proposte a scala di bacino per restituire quadri di riferimento corretti alle diverse scale territoriali/amministrative. Da qui la necessità anche, (almeno fino a quando tale logica non sarà in tutto acquisita dai diversi livelli di gestione territoriale) di un soggetto “dedicato”, l’Autorità di Bacino, quale garante dell’obiettività dell’azione e della sua sostenibilità anche in termini di condivisione (non si tratta infatti di un Ente ma semmai di una sede di intesa e concertazione di strategie finalizzate alla sicurezza, tra i diversi soggetti che con il territorio e le sue trasformazioni hanno a che fare).

Obiettivi:

a) individuazione delle condizioni di “sostenibilità“ in termini di disponibilità di risorse e di prevenzione dei rischi naturali ;

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- interventi strutturali – opere necessarie per il superamento delle criticità

esistenti e per garantire efficacia al sistema strutturale esistente

- interventi non strutturali - “regole” d’uso del territorio finalizzate al ripristino e

mantenimento spazio – temporale di condizioni di equilibrio.

soggetti competenti: Regione - Autorità di bacino soggetti coinvolti: EE.LL.

1.2.2 Programmazione

A partire dagli scenari di pericolosità, dalla loro analisi in termini di cause, di evoluzione attesa e possibili effetti negativi (scenari di rischio) definisce logicamente il complesso degli interventi necessari e le relative priorità spazio - temporali in funzione degli obiettivi del Piano e della gradualità del loro raggiungimento ,gradualità collegata sia ad esigenze tecniche che alla alla disponibilità di risorse finanziarie.

Per quanto riguarda quest’ultimo punto è necessario riferirsi al complesso delle risorse finanziarie disponibili tra Stato, CEE, Regione e EE.LL. , e non solo di quelle esplicitamente destinate alla difesa del suolo.E’ necessario cioè ragionare in termini di programmazione unica poiché, al di là degli interventi specifici di sistemazione idraulica, idrogeologica, idraulico-forestale di norma finanziabili sugli stanziamenti L.183/89 ecc.di fatto assimilabili a interventi urgenti per il superamento di criticità in atto o incombenti, il ripristino e il mantenimento di equilibri a scala di bacino sono perseguibili solo attraverso la corretta realizzazione di tutti gli interventi che sono suscettibili di interferire con le dinamiche ambientali

soggetti competenti : Regione soggetti coinvolti: EE.LL.

1.2.3 Realizzazione e gestione interventi (in base al quadro normativo attuale)

a) Realizzazione opere idrauliche e gestione del reticolo idraulico b) Opere Idrogeologiche

c) Opere di difesa delle coste e abitati costieri

1.2.4 Controllo di efficacia

Valutazione degli effetti raggiunti localmente e a scala di bacino dai diversi interventi strutturali considerati singolarmente e nel loro insieme, nonché dell’insieme interventi strutturali e non strutturali.

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E’ una attività che si svolge continuativamente attraverso la quale verificare progressivamente l’efficacia delle strategie di difesa del suolo, aggiornare in tempi utili gli scenari di pericolosità, definire eventuali modifiche e adeguamenti dei diversi strumenti di piano e programma di Bacino e non.

Soggetti competenti: Regione Soggetti coinvolti: EE.LL.

1.3

Il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico : PAI

Coerentemente con i disposti e la filosofia della L.183/89, il PAI costituisce una prima definizione, per tema, del Piano di Bacino è pertanto Piano–processo. In ragione di ciò le problematiche specifiche del PAI sono trattate, sia in termini di analisi che di soluzioni, con riferimento alle finalità complessive del P.d.B. Da qui, per esempio, l’esigenza di garantire che gli interventi previsti nel PAI soddisfino oltre alle esigenze specifiche di messa in sicurezza anche gli altri obiettivi. Il Piano, e di conseguenza il PAI sono strumenti che dettano norme per un corretto uso del territorio in riferimento alla prevenzione dei rischi e alla disponibilità di risorse naturali e questo avviene sia con azioni dirette che indirette.

L’approvazione dei PAI rappresenta, inoltre, il necessario superamento degli strumenti di emergenza per la prevenzione dei rischi idraulici e idrogeologici e per la mitigazione degli effetti di eventuali criticità su persone e beni. Rappresenta cioè il ritorno all’ordinarietà nella pianificazione, programmazione e attuazione delle politiche di tutela del territorio.

Infatti, il ricorso a strumenti straordinari quali i decreti Sarno e Soverato ha trovato legittimità di fronte alla necessità di mettere in atto da subito azioni capaci di tutelare persone e beni esposti a pericoli incombenti in attesa della realizzazione di interventi di “messa in sicurezza” e ha opportunamente accelerato la formazione degli strumenti di pianificazione di bacino (per loro natura dedicati alla individuazione di percorsi e strategie dedicati al recupero e al mantenimento di equilibri “naturali” per la prevenzione dei rischi e per garantire la disponibilità nel tempo e nello spazio delle risorse acqua e suolo). E’ ora però necessario riportare i processi avviati nei binari dell’azione ordinaria in relazione da un lato, al superamento delle misure di salvaguardia per loro natura transitorie, con un quadro normativo certo e “definitivo”,

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dall’altro all’esigenza di ricondurre quest’ultimo negli ambiti propri delle funzioni di governo del territorio.

Non può infatti essere garantita efficacia alla azione di difesa del suolo qualora la stessa non divenga parte sostanziale e integrante della più generale politica di governo del territorio, mentre l’emanazione di norme di salvaguardia assume il ruolo di azione funzionale a garantire “il non aggravamento” di situazioni di criticità nel tempo necessario all’ adeguamento degli ordinari strumenti di gestione del territorio. Il periodo di vigenza delle misure di salvaguardia rappresenta peraltro il tempo di verifica e condivisione dei quadri conoscitivi predisposti in relazione alle criticità denunciate e delle misure necessarie al loro superamento e/o alla mitigazione dei loro effetti.

1.3.1 Contenuti del PAI Regionale

La formazione del PAI regionale si colloca dunque nell’ambito più generale della formazione del PdB e tiene conto di due presupposti essenziali.

a) Il rispetto dei cicli naturali rappresenta la condizione di maggiore garanzia sia in termini di sicurezza che di disponibilità di risorse Il primo obiettivo è quindi quello di garantire il mantenimento di condizioni di equilibrio naturale ovvero il ripristino di tali condizioni

b) La domanda di sicurezza idraulica e idrogeologica può trovare soluzione con interventi strutturali essenzialmente in relazione al livello di urbanizzazione esistente che di fatto viene assunto come invariante del sistema territoriale.

Per ognuno dei Bacini regionali il PAI contiene: 1. Quadro conoscitivo di ciascun bacino.

2. Descrizione delle problematiche presenti, della loro origine e delle possibili evoluzioni ivi

compresa la individuazione delle aree a pericolosità molto elevata e elevata distinte in pericolosità geomorfologica e pericolosità idraulica.

3. Definizione degli obiettivi del Piano stralcio in relazione agli obiettivi generali di Piano di Bacino

4. Indicazione delle strategie d’intervento e dei risultati attesi sia in riferimento alle condizioni che devono essere soddisfatte dal Piano nel suo complesso sia in relazione alle esigenze locali, ivi compreso indicazioni per la verifica e il superamento delle condizioni di criticità.

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5. Definizione degli strumenti di Piano e delle procedure di attuazione ivi compreso limiti e condizioni d’uso del territorio in funzione della pericolosità e del rischio.

6. Valutazione ex-ante (verifica economico finanziaria e di fattibilità organizzativa/procedurale) e criteri di monitoraggio.

Ogni bacino risulta inoltre diviso in “macrozone” definite attraverso l’individuazione di ambiti territoriali omogenei in funzione delle diverse dinamiche dominanti in funzione degli obiettivi di difesa del suolo. Al di fuori delle aree a pericolosità molto elevata e elevata e delle fasce di pertinenza fluviale, nelle quali si applicano direttive prescrizioni e vincoli, su tali aree il Piano esprime soprattutto indirizzi.

Dominio geomorfologico e idraulico-forestale: corrisponde alle aree collinari e alto

collinari nelle quali, aldilà delle criticità presenti, è necessaria una azione di presidio territoriale tesa da un lato a prevenire il manifestarsi di dissesti locali , dall’altra a non indurre ”carichi incontrollati” nelle aree di valle (dominio idraulico). In generale in questo dominio il reticolo delle acque superficiali non assume rilevanza in quanto tale, ma rappresenta uno degli elementi del sistema ambientale. In tali aree si attuano in genere interventi di carattere locale tesi sostanzialmente a favorire la dinamica naturale acqua-suolo anche ai fini del controllo dell’erosione superficiale e del trasporto solido, dell’equilibrio nel convogliamento delle acque superficiali.

Dominio idraulico: comprende le aree nelle quali assume rilevanza il reticolo idraulico

nella sua continuità. Il tema dominante è la necessità di interventi strutturali per il recupero di condizioni di sicurezza idraulica e di mantenimento/restituzione ai corsi d’acqua degli ambiti territoriali di espansione propri. Tutto il territorio deve necessariamente essere riorganizzato in funzione della salvaguardia dell’esistente, le aree libere da urbanizzazione devono necessariamente essere gestite tenendo conto in primo luogo della necessità di mantenere ai corsi d’acqua gli ambiti di “respiro” naturali, di non rendere inefficaci gli interventi strutturali realizzati o da realizzare in funzione di livelli di sicurezza definiti dal Piano.

Dominio costiero: comprende quelle aree la cui evoluzione naturale è fortemente e

prioritariamente determinata dalla dinamica costiera e dall’interferenza acque dolci/acque salate.

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1.3.2 Le norme d’attuazione

Rappresentano probabilmente la parte più delicata del Piano in quanto strumento che traduce in regole operative le strategie d’intervento definite dal Piano stesso. E’ infatti attraverso le norme che viene regolato l’adeguamento dei diversi strumenti di pianificazione territoriale in funzione delle esigenze di “difesa del suolo” . Tale adeguamento può comportare, di fatto, la sostanziale modifica degli strumenti di governo del territorio in essere e questo implica particolare attenzione non solo verso i contenuti di merito ma anche verso le procedure necessarie a garantire, nell’ambito dei procedimenti di formazione e verifica dei diversi strumenti pianificatori, il recepimento corretto e reale delle indicazioni di PAI.

Le norme contengono in particolare:

- vincoli per l’utilizzazione delle aree classificate a pericolosità elevata e molto elevata sia in relazione alla previsione di no ve destinazioni che in relazione ad interventi sull’edificato esistente;

- direttive per un corretto uso del territorio in funzione delle caratteristiche di “propensione al dissesto” ovvero di prevenzione della formazione di criticità e di mantenimento di “equilibri” in relazione alle caratteristiche geomorfologiche, idrauliche e idrogeologiche del territorio;

- procedure di modifica e adeguamento.

1.3.2.1 Le norme di piano (sez. Assetto idrogeologico) 1.3.2.1.1 Ambiti di applicazione

Le presenti norme di Piano si applicano ai territori compresi nei bacini di rilievo regionale denominati Toscana Nord, Toscana Costa e Ombrone istituiti con la legge regionale11 dicembre 1998 n. 91 (Norme per la difesa del suolo).

Nel nostro ambito faremo riferimento al bacino di rilievo Toscana Costa all’interno del quale si colloca il bacino del fiume Cecina e il sottobacino di studio della presente tesi relativo al torrente Trossa.

1.3.2.1.2 Finalità del PAI

Il Piano per l'assetto idrogeologico (PAI) dei bacini Toscana Nord, Toscana Costa e Ombrone è redatto, adottato e approvato ai sensi dell'art. 17 comma 6-ter della legge 18 maggio 1989, n. 183,quale piano stralcio del piano di bacino. Esso ha valore di piano territoriale di settore e integra gli strumenti di governo del territorio di cui alla

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legge regionale 16 gennaio 1995 n. 5 e costituisce atto di pianificazione ai sensi dell’art. 18 comma 2 della Legge 11 febbraio 1994 n. 109.

Il PAI, attraverso le sue disposizioni, persegue l’obiettivo generale di assicurare

l’incolumità della popolazione nei territori dei bacini di rilievo regionale e garantire livelli di sicurezza adeguati rispetto ai fenomeni di dissesto idraulico e geomorfologico in atto o potenziali.

Più in particolare, il Piano, nel rispetto delle finalità generali indicate all’art. 17 della legge 18 maggio 1989 n. 183 per il piano di bacino, ed in attuazione delle disposizioni della L.R. 5/95 e del Piano di indirizzo territoriale (D.C.R. n. 12/2000), si pone i

seguenti obiettivi:

- la sistemazione, la conservazione ed il recupero del suolo nei bacini idrografici, con interventi idrogeologici, idraulici, idraulico- forestali, idraulico-agrari, silvo-pastorali, di forestazione, di bonifica, di consolidamento e messa in sicurezza; - la difesa ed il consolidamento dei versanti e delle aree instabili nonché la difesa

degli abitati e delle infrastrutture contro i fenomeni franosi e altri fenomeni di dissesto;

- la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d’acqua

;

- la moderazione delle piene, anche mediante serbatoi d’invaso, vasche di laminazione, casse di espansione, scaricatori, scolmatori, diversivi o altro, per la difesa dalle inondazioni e dagli allagamenti;

- la riduzione del rischio idrogeologico, il riequilibrio del territorio ed il suo utilizzo nel rispetto del suo stato, della sua tendenza evolutiva e delle sue potenzialità d'uso;

- la riduzione del rischio idraulico ed il raggiungimento di livelli di rischio socialmente accettabili.

1.3.2.1.3 Elaborati del Piano

Costituiscono parte integrante del PAI seguenti elaborati: - Relazione

- Carta di tutela del territorio - Piano degli interventi strutturali

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1.3.2.2 Norme di Piano (sez. Pericolosità Idraulica

)

1.3.2.2.1 Finalità specifiche

In relazione alle specifiche condizioni idrauliche e idrogeologiche, alla tutela dell’ambiente e alla prevenzione di presumibili effetti dannosi di interventi antropici, sono soggetti alle norme del presente titolo le aree perimetrate con la sigla P.I.M.E. e P.I.E. nelle allegate carte di tutela del territorio:

- · aree pericolosità idraulica molto elevata (P.I.M.E): aree individuate e perimetrate ai sensi degli atti di indirizzo e coordinamento emanati a seguito della Legge 183/89 e del D.L. 180/1998;

- · aree pericolosità idraulica elevata (P.I.E.): aree individuate e perimetrate ai sensi degli atti di indirizzo e coordinamento emanati a seguito della Legge 183/89 e del D.L. 180/1998.

Tali ambiti integrano i quadri conoscitivi degli strumenti di governo del territorio di cui alla L. R. 5/95.

1.3.2.2.2 Aree a pericolosità idraulica molto elevata (P.I.M.E.)

1. Nelle aree P.I.M.E. sono consentiti interventi idraulici atti a ridurre il rischio

idraulico,autorizzati dalla autorità idraulica competente, tali da migliorare le condizioni di funzionalità idraulica, da non aumentare il rischio di inondazione a valle, da non pregiudicare l’attuazione della sistemazione idraulica definitiva e tenuto conto del presente Piano di Assetto Idrogeologico.I progetti preliminari degli interventi sono sottoposti al parere del competente Bacino che si esprime in merito alla coerenza degli stessi rispetto agli obiettivi del presente Piano e alle previsioni generali di messa in sicurezza dell'area. Sono altresì consentiti gli interventi di recupero, valorizzazione e mantenimento della funzionalità idrogeologica, anche con riferimento al riequilibrio degli ecosistemi fluviali.

2. Tali aree potranno essere oggetto di atti di pianificazione territoriali per

previsioni edificatorie non diversamente localizzabili, subordinando l'attuazione delle stesse alla preventiva o contestuale esecuzione di interventi di messa in sicurezza per eventi con tempo di ritorno di 200 anni.Gli interventi, definiti sulla base di idonei studi idrologici e idraulici, tenendo anche conto del reticolo di acque superficiali di riferimento del presente P.A.I., non devono aumentare il livello di rischio in altre aree con riferimento anche agli effetti dell’eventuale incremento dei picchi di piena a valle.Le aree che risulteranno interessate da

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fenomeni di inondazioni per eventi con tempi di ritorno non superiori a 20 anni, non potranno essere oggetto di previsioni edificatorie, salvo che per infrastrutture a rete non diversamente localizzabili con le condizioni di cui al successivo comma 11 lettera c.

3. Gli studi di cui al comma 2 devono attenersi ai criteri definiti dal Bacino, il quale

si esprime sulla coerenza degli stessi con gli obiettivi e gli indirizzi del PAI e dei propri atti di pianificazione e, ove positivamente valutati, costituiscono implementazione del quadro conoscitivo del presente Piano.

4. Nelle aree P.I.M.E. il Bacino si esprime sugli atti di pianificazione di cui alla L.R.

5/95 in relazione alla coerenza degli stessi rispetto al presente Piano, nonché alla coerenza con il complesso degli strumenti di pianificazione di bacino delle valutazioni sugli effetti ambientali riferiti alle risorse acqua e suolo. I pareri di cui sopra si intendono espressi in senso favorevole decorsi 90 giorni dalla presentazione della relativa istanza istruttoria in assenza di determinazioni o di comunicazioni da parte del Bacino.

5. La realizzazione di nuovi interventi pubblici o privati, previsti dai vigenti

strumenti di governo del territorio alla data di entrata in vigore del presente Piano, fatto salvo quanto previsto al successivo comma 8, è subordinata alla preventiva o contestuale esecuzione di interventi di messa in sicurezza per eventi con tempo di ritorno di 200 anni.Gli interventi, definiti sulla base di idonei studi idrologici e idraulici, tenendo anche conto del reticolo di acque superficiali di riferimento del presente P.A.I., non devono aumentare il livello di rischio in altre aree con riferimento anche agli effetti dell’eventuale incremento dei picchi di piena a valle.I progetti preliminari degli interventi strutturali di messa in sicurezza sono sottoposti al parere del Bacino che si esprime in merito alla coerenza degli stessi rispetto agli obiettivi del presente Piano e alle previsioni generali di messa in sicurezza dell'area.

La messa in sicurezza rispetto ad eventi con tempo di ritorno di 200 anni potrà essere conseguita anche tramite adeguati sistemi di autosicurezza, nel rispetto delle seguenti condizioni:

a) dimostrazioni dell’assenza o dell’eliminazione di pericolo per le persone e i

beni;

b) dimostrazione che l’intervento non determina aumento delle pericolosità a

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Della sussistenza delle condizioni di cui sopra deve essere dato atto nel procedimento amministrativo relativo al titolo abilitativo all’attività edilizia (concessione, autorizzazione,dichiarazione di inizio attività).

6. In merito alla contestuale realizzazione degli interventi di messa in sicurezza

connessi alla realizzazione di interventi edificatori o infrastrutturali, è necessario che il titolo abilitativi all’attività edilizia (concessione, autorizzazione, dichiarazione di inizio attività) contenga la stretta relazione con i relativi interventi di messa in sicurezza evidenziando anche le condizioni che possono pregiudicare l’abitabilità o l’agibilità dell’intervento.

7. Il soggetto attuatore, pubblico o privato, degli interventi di messa in sicurezza

idraulica, è tenuto a trasmettere al Comune e al Bacino dichiarazione a firma di tecnico abilitato, degli effetti conseguiti con la realizzazione degli interventi, ivi compresa la delimitazione delle aree risultanti in sicurezza per eventi con tempo di ritorno di 200 anni. Quanto sopra costituisce implementazione del quadro conoscitivo del presente Piano

8. Nelle aree P.I.M.E., la realizzazione di edifici e nuovi volumi in singoli lotti

nell’ambito di un contesto edificato, nonché il completamento di zone di espansione che risultino già convenzionate, previsti dagli strumenti urbanistici vigenti alla data di entrata in vigore del presente Piano, è consentita, nelle more

della messa in sicurezza complessiva, nel rispetto delle seguenti condizioni :

a) dimostrazione di assenza o di eliminazione di pericolo per le persone e i beni, anche tramite sistemi di autosicurezza, compatibilmente con la natura

dell’intervento ed il contesto territoriale;

b) dimostrazione che l’intervento non determina aumento delle pericolosità a monte e a valle

Della sussistenza delle condizioni di cui sopra deve essere dato atto nel procedimento amministrativo relativo al titolo abilitativo all’attività edilizia (concessione, autorizzazione, dichiarazione di inizio attività).

9. Nelle aree P.I.M.E., le utilizzazioni per finalità ambientali, ricreative e agricole

dovranno comunque garantire la sicurezza degli utenti anche attraverso specifici piani di sicurezza.

10. Sul patrimonio edilizio esistente, sono consentiti gli interventi che non

comportino aumenti di superficie coperta né di nuovi volumi interrati, fatti salvi volumi tecnici e tettoie senza tamponature laterali.Sono altresì consentiti gli

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interventi di ampliamento della superficie coperta di fabbricati esistenti nei seguenti casi:

a) interventi funzionali alla riduzione della vulnerabilità del fabbricato;

b) interventi necessari alla messa a norma di strutture ed impianti in ottemperanza ad obblighi derivanti da norme vigenti in materia igienico sanitaria, di sicurezza sull’ambiente di lavori, di superamento delle barriere architettoniche e di adeguamento antisismico.

11. Nelle aree P.I.M.E. sono inoltre consentiti:

a) gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere pubbliche e delle infrastrutture pubbliche, di interesse pubblico e private; b) gli interventi di ampliamento e di adeguamento delle opere pubbliche e delle infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico, purché siano realizzate in condizioni di sicurezza idraulica in relazione alla natura dell’intervento ed al contesto territoriale e, previo parere del Bacino, non precludano la possibilità di

attenuare o eliminare le cause che determinano le condizioni di rischio e non concorrano ad aumentare il rischio in altre aree;

c) la realizzazione di nuove opere e infrastrutture pubbliche o di interesse pubbliche non diversamente localizzabili, purché siano realizzate in condizioni di sicurezza idraulica per tempi di ritorno di 200 anni, non precludano la possibilità di attenuare o eliminare le cause che determinano le condizioni di rischio e non concorrano ad aumentare il rischio in altre aree. Quanto sopra deve risultare da idonei studi idrologici ed idraulici che dovranno attenersi ai criteri definiti dal Bacino, il quale si esprime sulla coerenza degli stessi con gli obiettivi e gli indirizzi del presente Piano e dei propri atti di pianificazione, ed ove positivamente valutati costituiscono implementazione del quadro conoscitivo del presente Piano;

d) nelle zone del territorio destinate ad usi agricoli, le opere e gli impianti per usi agricoli, zootecnici ed assimilabili purché siano realizzati in condizioni di sicurezza idraulica in relazione alla natura dell’intervento ed al contesto territoriale e senza aggravio di rischio nelle aree limitrofe, nonché la realizzazione di annessi agricoli risultanti indispensabili alla conduzione del fondo e con destinazione agricola vincolata fino ad una dimensione planimetrica massima di 100 mq.;

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e) l’installazione di strutture mobili temporanee stagionali per il tempo libero a condizione che sia comunque garantita l’incolumità pubblica, fermo restando la necessità di acquisire il parere dell’autorità idraulica competente.

12. I Comuni possono promuovere piani finalizzati alla rilocalizzazione delle

funzioni non compatibili con le condizioni di pericolosità esistenti.

1.3.2.2.3 Aree a pericolosità idraulica elevata (P.I.E.)

1. Nelle aree P.I.E. sono consentiti interventi idraulici atti a ridurre il rischio idraulico,autorizzati dalla autorità idraulica competente, tali da migliorare le condizioni di funzionalità idraulica, da non aumentare il rischio di inondazione a valle, da non pregiudicare l’attuazione della sistemazione idraulica definitiva e tenuto conto del presente Piano di Assetto Idrogeologico. I progetti preliminari degli interventi sono sottoposti al parere del competente Bacino che si esprime in merito alla coerenza degli stessi rispetto agli obiettivi del presente Piano e alle previsioni generali di messa in sicurezza dell'area. Sono altresì consentiti gli interventi di recupero, valorizzazione e mantenimento della funzionalità idrogeologica, anche con riferimento al riequilibrio degli ecosistemi fluviali. 2. Tali aree potranno essere oggetto di atti di pianificazione territoriali per

previsioni edificatorie non diversamente localizzabili, subordinando l'attuazione delle stesse alla preventiva o contestuale esecuzione di interventi di messa in sicurezza per eventi con tempo di ritorno di 200 anni. Gli interventi, definiti sulla base di idonei studi idrologici e idraulici, tenendo anche conto del reticolo di acque superficiali di riferimento del presente P.A.I., non devo no aumentare il livello di rischio in altre aree con riferimento anche agli effetti dell’eventuale incremento dei picchi di piena a valle.

3. Gli studi di cui al comma 2 devono attenersi ai criteri definiti dal Bacino, il quale si esprime sulla coerenza degli stessi con gli obiettivi e gli indirizzi del PAI e dei propri atti di pianificazione e, ove positivamente valutati, costituiscono implementazione del quadro conoscitivo del presente Piano.

4. Nelle aree P.I.E. il Bacino si esprime sugli atti di pianificazione di cui alla L.R. 5/95 in relazione alla coerenza degli stessi rispetto al presente Piano, nonché alla coerenza con il complesso degli strumenti di pianificazione di bacino delle valutazioni sugli effetti ambientali riferiti alle risorse acqua e suolo. I pareri di cui sopra si intendono espressi in senso favorevole decorsi 90 giorni dalla

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presentazione della relativa istanza istruttoria in assenza di determinazioni o di comunicazioni da parte del Bacino.

5. La realizzazione di nuovi interventi pubblici o privati, previsti dai vigenti strumenti di governo del territorio alla data di entrata in vigore del presente Piano, fatto salvo quanto previsto al successivo comma 8, è subordinata alla preventiva o contestuale esecuzione di interventi di messa in sicurezza per eventi con tempo di ritorno di 200 anni. Gli interventi, definiti sulla base di idonei studi idrologici e idraulici, tenendo anche conto del reticolo di acque superficiali di riferimento del presente P.A.I., non devono aumentare il livello di rischio in altre aree con riferimento anche agli effetti dell’eventuale incremento dei picchi di piena a valle. I progetti preliminari degli interventi strutturali di messa in sicurezza sono sottoposti al parere del Bacino che si esprime in merito alla coerenza degli stessi rispetto agli obiettivi del presente Piano e alle previsioni generali di messa in sicurezza dell'area.

La messa in sicurezza rispetto ad eventi con tempo di ritorno di 200 anni potrà essere conseguita anche tramite adeguati sistemi di autosicurezza, nel rispetto delle seguenti condizioni:

a) dimostrazioni dell’assenza o dell’eliminazione di pericolo per le persone e i

beni;

b) dimostrazione che l’intervento non determina aumento delle pericolosità a

monte e a valle

Della sussistenza delle condizioni di cui sopra deve essere dato atto nel procedimento amministrativo relativo al titolo abilitativo all’attività edilizia (concessione, autorizzazione,dichiarazione di inizio attività).

6. In merito alla contestuale realizzazione degli interventi di messa in sicurezza connessi alla realizzazione di interventi edificatori o infrastrutturali, è necessario che il titolo abilitativi all’attività edilizia (concessione, autorizzazione, dichiarazione di inizio attività) contenga la stretta relazione con i relativi interventi di messa in sicurezza evidenziando anche le condizioni che possono pregiudicare l’abitabilità o l’agibilità dell’intervento.

7. Il soggetto attuatore, pubblico o privato, degli interventi di messa in sicurezza idraulica, è tenuto a trasmettere al Comune e al Bacino dichiarazione a firma di tecnico abilitato, degli effetti conseguiti con la realizzazione degli interventi, ivi compresa la delimitazione delle aree risultanti in sicurezza per eventi con

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tempo di ritorno di 200 anni. Quanto sopra costituisce implementazione del quadro conoscitivo del presente Piano

8. Nelle aree P.I.E., la realizzazione di edifici e nuovi volumi in singoli lotti nell’ambito di un contesto edificato, nonché il completamento di zone di espansione che risultino già convenzionate, previsti dagli strumenti urbanistici vigenti alla data di entrata in vigore del presente Piano, è consentita, nelle more

della messa in sicurezza complessiva, nel rispetto delle seguenti condizioni:

a) dimostrazione di assenza o di eliminazione di pericolo per le persone e i beni, anche tramite sistemi di autosicurezza compatibilmente con la natura

dell’intervento ed il contesto territoriale;

b) dimostrazione che l’intervento non determina aumento delle pericolosità a monte e a valle

Della sussistenza delle condizioni di cui sopra deve essere dato atto nel procedimento amministrativo relativo al titolo abilitativo all’attività edilizia (concessione, autorizzazione,dichiarazione di inizio attività).

9. Nelle aree P.I.E., le utilizzazioni per finalità ambientali, ricreative e agricole dovranno comunque garantire la sicurezza degli utenti anche attraverso di specifici piani di sicurezza.

10. Nelle aree P.I.E. sono consentiti, oltre agli interventi di cui ai commi 10 e 11 dell’art. 5:

a) gli interventi sul patrimonio edilizio esistente che possono pervenire ad un riassetto complessivo degli organismi edilizi esistenti e degli spazi urbani ad essi appartenenti, alle seguenti condizioni:

1) dimostrazione di assenza o di eliminazione di pericolo per le persone e i beni, anche tramite sistemi di autosicurezza;

2) dimostrazione che l’intervento non determina aumento delle pericolosità a monte e a valle.

b) le opere che non siano qualificabili come volumi edilizi, purché realizzati con criteri di sicurezza idraulica e senza aumento di rischio in altre aree.

11. I Comuni possono promuovere piani finalizzati alla rilocalizzazione delle funzioni non compatibili con le condizioni di pericolosità esistenti.

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1.3.2.2.4 Aree a rischio (i.v.)

Il presente piano, in considerazione degli scenari di pericolosità individuati, fornisce elementi per la predisposizione dei piani di protezione civile al fine di ridurre le condizioni di rischio cui è esposta la popolazione. Pertanto gli insediamenti, le infrastrutture, le opere pubbliche e private, nonché gli edifici sparsi ricadenti all'interno delle aree perimetrate con la sigla P.I.M.E. e P.I.E sono da considerarsi rispettivamente a rischio idraulico molto elevato ed elevato. Gli enti competenti ai sensi della L. 24 febbraio 1992, n. 225, provvedono prioritariamente per tali aree a predisporre piani di emergenza contenenti le misure per la salvaguardia dell'incolumità delle popolazioni interessate.

1.3.2.2.5 Aree non perimetrali

Al fine della prevenzione del rischio idraulico, gli enti competenti all’adozione degli strumenti di governo del territorio, in sede di predisposizione di nuovi strumenti o di approfondimento del quadro conoscitivo del PAI, ove individuino condizioni di pericolosità idraulica molto elevata ed elevata al di fuori delle aree di cui ai precedenti articoli 5 e 6, adottano disposizioni coerenti con quelle del PAI relative alle stesse aree. Sono da considerare come aree a pericolosità idraulica molto elevata tutte le aree individuate sulla base di studi idrologici idraulici sui corsi d’acqua di riferimento del presente P.A.I., all’interno delle quali defluiscono le portate aventi tempo di ritorno fino a 30 anni.

Sono da considerare come aree a pericolosità idraulica elevata tutte le aree individuate sulla base di studi idrologici idraulici sui corsi d’acqua di riferimento del presente P.A.I., all’interno delle quali defluiscono le portate aventi tempo di ritorno compreso tra 30 e 200 anni .

Nell’ambito delle valutazioni dei livelli di pericolosità idraulica molto elevata ed elevat a si terrà conto dei possibili effetti riconducibili a valutazioni di ridotta efficacia delle opere idrauliche per eventi di piena significativi.

Gli studi idrologici e idraulici finalizzati all’individuazione delle aree pericolosità idraulica molto elevata ed elevata sono sottoposti alla valutazione del Bacino, in relazione alla coerenza degli stessi con i propri atti di pianificazione e, ove positivamente valutati, costituiscono implementazione del presente Piano.

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1.3.2.2.6 Aree di pertinenza fluviale

Con riferimento ai fiumi ricompresi nel reticolo di acque superficiali del presente PAI, sono definite aree di pertinenza fluviale le aree di naturale esondazione dei corsi d’acqua costituite dall’alveo attivo e dalla pianura esondabile attiva individua te con criteri geomorfologici.

Costituisce comunque area di pertinenza fluviale la fascia di mobilità funzionale del fiume corrispondente alle aree non urbanizzate, interessate da divagazione del corso d’acqua nell’ultimo secolo e da probabile rimodellazione per erosione laterale nel medio periodo (100 anni).

Le aree di pertinenza fluviale come sopra definite, funzionali anche al contenimento dei danni a persone, insediamenti, infrastrutture, attività socio-economiche e patrimonio ambientale, anche per eventi di piena con tempo di ritorno tra 200 e 500 anni, sono prioritariamente destinate a garantire il recupero e la rinaturalizzazione degli ecosistemi fluviali.

Tali aree potranno essere oggetto di previsioni edificatorie non diversamente localizzabili da realizzarsi comunque nel rispetto degli obiettivi di cui al precedente punto.

1.3.2.2.7 Aree strategiche per interventi di prevenzione (A.S.I.P.)(i.v.)

All'interno delle aree contraddistinte nelle tavole di piano con la sigla A.S.I.P., individuate come aree strategiche per interventi di prevenzione non sono ammesse nuove destinazioni urbanistiche di carattere insediativo.

Può essere consentita la realizzazione di nuove infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico riferite a servizi essenziali e non diversamente localizzabili, purché compatibili con la realizzazione degli interventi previsti e previo parere favorevole del Bacino. Per i manufatti esistenti all'interno delle aree A.S.I.P. sono consentiti gli interventi che non comportano aumento di superficie coperta, fatti salvi volumi tecnici e tettoie senza tamponature laterali, nonché adeguamenti minimi necessari alla messa a norma delle strutture e degli impianti relativamente a quanto previsto dalle norme in materia igienico-sanitaria, di sicurezza ed igiene sul lavoro, di superamento delle barriere architettoniche.

Il Bacino potrà, a seguito di ulteriori studi e verifiche, ovvero su proposta delle amministrazioni interessate, individuare ulteriori aree strategiche per interventi di prevenzione.

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1.3.2.2.8 Espropri e servitù per gli interventi strutturali

I progetti per la realizzazione degli interventi di riduzione del rischio idraulico individuano:

- le aree da espropriare relativamente agli argini, ai manufatti e quant'altro possa risultare, per occupazione permanente, necessario alla migliore funzionalità delle opere previste e alla loro gestione

- le aree da assoggettare a specifiche servitù conseguenti alla realizzazione di manufatti, alla loro gestione e funzionamento.

I progetti relativi alle casse di espansione devono contenere indicazioni relative alle destinazioni d'uso ammissibili al loro interno, tenuto conto della funzionalità dell'opera e della necessità di manutenzione.

I soggetti competenti alla realizzazione delle opere provvedono all'attuazione di quanto necessario per procedere al relativo esproprio, alla costituzione di eventuale servitù ed all’erogazione degli indennizzi, conseguenti ad allagamenti delle casse si espansione.

1.3.2.3 Ambiti Territoriali omogenei

1.3.2.3.1 Definizioni

Al di fuori delle aree a pericolosità molto elevata ed elevata, ogni bacino risulta diviso in ambiti definiti di particolare attenzione in funzione delle diverse dominanti presenti: 1) Aree di particolare attenzione per la prevenzione dei dissesti idrogeologici (dette anche "ambito collinare e montano" o "dominio geomorfologico idraulico- forestale"): corrispondono alle aree collinari e alto collinari nelle quali è necessaria una azione di presidio territoriale tesa a prevenire il manifestarsi di dissesti locali e a non indurre squilibri per le aree di valle. Queste aree presentano le seguenti caratterizzazioni: assetti agricoli storici, terrazzati, parzialmente terrazzati, i quali si vanno sempre più riconvertendo in impianti moderni a colture specializzate; diffusione di edilizia ed impianti storici e di qualità; aree marginali incolte o abbandonate in espansione a cui bisogna attribuire assetti futuri; ampie aree boscate intervallate da pascoli, arbusteti e cespuglieti. Di tali caratterizzazioni si ricorda il ruolo di caposaldo, in funzione della regimazione idrogeologica dei versanti, del paesaggio agrario storico e della copertura boschiva.

2) Aree di particolare attenzione per la prevenzione da allagamenti (dette anche "ambiti di fondovalle" o "dominio idraulico"): corrispondono alle aree di fondovalle nelle quali

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assume rilevanza il reticolo idrografico nella sua continuità e dove il territorio deve essere necessariamente riorganizzato in funzione della salvaguardia dell’esistente. 3) Aree di particolare attenzione per l’equilibrio costiero (dette anche "ambiti costieri o "dominio costiero"): corrispondono alle aree la cui evoluzione è fortemente determinata dalla dinamica costiera.

1.3.2.4 Direttive per le aree di particolare attenzione per la prevenzione dei dissesti idrogeologici

Nelle aree di particolare attenzione per la prevenzione dei dissesti idrogeologici, al fine di garantire la conservazione dei suoli, la riduzione dei rischi idrogeologici, la tutela dell’ambiente, l’aumento del tempo di corrivazione, il controllo del trasporto solido, gli strumenti per il governo del territorio individuano discipline finalizzate a tener conto della necessità di secondo le seguenti direttive di non convogliare acque di pioggia nelle aree a pericolosità geomorfologica elevata e molto elevata.

Dovrà essere garantita nei Piani d’Ambito del servizio Idrico Integrato l’eliminazione di perdite delle condotte che possono interessare le aree a pericolosità geomorfologica elevata e molto elevata.

A) Nelle aree caratterizzate da attività agricola: sono da incentivare:

- mantenimento, manutenzione e ripristino delle opere di sistemazione idraulico agraria di presidio tipiche degli assetti agricoli storici quali: muretti, terrazzamenti, gradonamenti, canalizzazione delle acque selvagge, drenaggi ecc.

- aratura lungo le linee di livello (giropoggio); mantenimento di siepi, alberi e zone inerbite ai limiti del coltivo; inerbimento dei vigneti e degli oliveti; inerbimento permanente, evitando il pascolo, nelle zone limitrofe le aree calanchive; giusta densità di bestiame per unità di superficie; realizzazione di adeguata rete di regimazione delle acque quali fosse livellari (fossi di guardia, fossi di valle), e fossi collettori; per le lavorazioni agricole adiacenti alle sedi stradali mantenimento di una fascia di rispetto a terreno saldo dal ciglio superiore della scarpata a monte e dal ciglio inferiore della scarpata a valle della sede stradale; mantenimento di una fascia di rispetto a terreno saldo in adiacenza della rete di regimazione delle acque; manutenzione della viabilità poderale, sentieri, mulattiere e carrarecce con dotazione di cunette, taglia-acque e altre opere

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consimili al fine di evitare la loro trasformazione in collettori di acque superficiali.

- utilizzo dei disciplinari di produzione integrata definiti dall’Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione nel Settore Agricoloforestale (A.R.S.I.A.)

B) Nelle aree boscate sono da incentivare:

- le azioni relative alla conservazione, manutenzione ed adeguamento dei boschi in funzione della regimazione delle acque superficiali e al potenziamento delle superfici boscate; la salvaguardia degli impianti boschivi e arbustivi di pregio; l’avviamento ad alto fusto; la rinaturalizzazione delle aree incolte e abbandonate dalle pratiche agricole.

- mantenimento, manutenzione e ripristino delle opere di sistemazione idraulico forestale quali: muretti, terrazzamenti, gradonamenti, canalizzazione delle acque, drenaggi ecc.

- utilizzo dei disciplinari di produzione integrata definiti dall’Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione nel Settore Agricoloforestale (A.R.S.I.A.)

Elaborazioni ed approfondimenti conoscitivi basati sulle caratteristiche pedologiche, geolitologiche e morfometriche ai fini dell’elaborazione della carta di capacità d’uso agricolo-pastorale- forestale potranno consentire di procedere alla valutazione dell’attitudine delle varie colture ai fini della dinamica dei versanti, anche in relazione al controllo dell’erosione, e la conseguente individuazione, anche prescrittiva, di alternative tecniche di utilizzo del suolo.

1.3.2.5 Direttive per le aree di particolare attenzione per la prevenzione da allagamenti

Al fine di garantire il mantenimento/restituzione ai corsi d'acqua gli ambiti di respiro naturale, nonché di mantenere e recuperare la funzionalità e l'efficienza delle opere idrauliche e di bonifica e di non rendere inefficaci gli interventi strutturali realizzati o da realizzare in funzione dei livelli di sicurezza definiti dal Piano, gli strumenti per il governo del territorio individuano discipline secondo le seguenti direttive:

- nel territorio rurale la rete di drenaggio delle acque di pioggia dovrà comunque garantire una volumetria di accumulo non inferiore a 200 mc. per Ha;

- sono vietati la copertura ed il tombamento dei corsi d’acqua ricompresi nel reticolo di riferimento del presente PAI e comunque anche in caso di attraversamento non potrà

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essere ridotta la sezione idraulica di sicurezza relativa alla portata con tempo di ritorno duecentennale;

- le reti fognarie dovranno prevedere per le nuove urbanizzazioni adeguati volumi di invaso al fine di garantire opportune condizioni di sicurezza, in relazione alla natura

della previsione urbanistica ed al contesto territoriale, tenuto conto della necessità di mitigare gli effetti prodotti da eventi pluviometrici critici con tempo di ritorno di 200 anni;

tali verifiche dovranno progressivamente essere ampliate anche alle reti fognarie esistenti;

- il recapito finale, nei corsi d’acqua ricompresi nel reticolo di riferimento del presente PAI, dovrà essere verificato in termini di sicurezza idraulica;

- la conservazione del reticolo idrografico e mantenimento o recupero delle caratteristiche di funzionalità ed efficienza delle opere idrauliche e di bonifica;

- la realizzazione delle opere spondali e di regimazione idraulica con interventi che dovranno eseguirsi in conformità a quanto previsto dalla D.C.R.T. 155/97 recante "Direttive per la progettazione e l’attuazione degli interventi in materia di difesa idrogeologica";

- la manutenzione e, ove necessario, ripristino della vegetazione spondale;

- la conservazione degli insiemi vegetazionali di tipo particolare (zone umide, ecosistemi dunali, ecc.);

- il convogliamento delle acque piovane in fognatura o in corsi d’acqua deve essere evitato quando è possibile dirigere le acque in aree adiacenti con superficie permeabile senza che si determinino danni dovuti al ristagno.

.

1.3.2.6 Attuazione del Piano

1.3.2.6.1 Indirizzi per le funzioni di polizia idraulica

Ai fini dello svolgimento delle funzioni di polizia idraulica fanno parte degli alvei dei corsi d'acqua pubblici non arginati le aree delimitate dalla prima scarpata significativa che incide i depositi alluvionali stabilizzati e le aree interessate da processi erosivi e deposizionali stagionali che impediscono lo sviluppo della vegetazione naturale arbustivo - arborea stabile.

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Nel rilascio delle autorizzazione idrauliche dovrà essere fatto riferimento alle portate con tempo di ritorno di 200 anni.

1.3.2.6.2 Riordino del vincolo idrogeologico

Ai sensi del R.D.L. n. 3267/1923 sono da sottoporre a vincolo per scopi idrogeologici tutti i terreni che per loro natura o per effetto di forme di utilizzazione necessitano di limitazioni alla proprietà, al fine di prevenire danni pubblici per perdita di stabilità, turbativa del regime delle acque, denudazioni.

In sede di adeguamento delle zone sottoposte a vincolo per scopi idrogeologici, come previsto dall'art. 38 della L.R. 21 marzo 2000 n. 39, gli enti competenti devono inoltre fare riferimento alle individuazioni delle classi di pericolosità geomorfologica contenute negli atti di pianificazione territoriale e di bacino, nonché alle situazioni di dissesto a seguito di calamità naturali, al fine di sottoporre efficacemente alla disciplina del vincolo quelle aree soggette o potenzialmente interessate da fenomeni di dissesto idrogeologico.

I regolamenti di attuazione del vincolo per scopi idrogeologici di cui all'art. 39 della L.R. 21 marzo 2000 n. 39, devono necessariamente individuare le modalità del governo e della utilizzazione dei terreni vincolati, con particolare riferimento ai boschi, alle aree a pascolo, ai lavori di dissodamento dei terreni saldi, nonché alle modalità di lavorazione del suolo nei terreni a coltura agraria, al fine di prevenire danni pubblici per perdita di stabilità, turbativa al regime delle acque, denudazioni.

Non sono da sottoporre alle procedure relative al vincolo per scopi idrogeologici, in riferimento all'art. 2 del R.D. n 523/1904, le attività autorizzate dall'Autorità idraulica nell'area demaniale idrica.

Qualsiasi opera ed intervento, anche al di fuori dell'area demaniale idrica, qualora sia in grado di influire sul regime dei corsi d'acqua, è sottoposta da parte del soggetto gestore del "Vincolo idrogeologico" all’esame dell'autorità idraulica che può imporre limitazioni e divieti.

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1.3.2.6.3 Programmazione degli interventi

Il Piano è attuato in fasi successive attraverso programmi pluriennali di intervento ai sensi dell'art. 21 della L. 183/89 e dell'art. 10 della L.R. 91/98, suscettibili di aggiornamento e integrazioni anche a fronte di nuove situazioni di necessità ed emergenza ed in coerenza con i criteri dei piani di intervento.

1.3.2.6.4 Adeguamento degli strumenti di governo del territorio

1. Le amministrazioni e gli enti pubblici territorialmente interessati sono tenuti, ai sensi della normativa vigente, ad adeguare i propri strumenti di governo del territorio alle disposizioni contenute nel presente Piano.

2. A seguito dell’approvazione del PAI le amministrazioni competenti procedono ad una verifica di coerenza dei propri strumenti di governo del territorio rispetto al PAI. Le risultanze di tale verifica sono comunicate al Bacino.

3. Ove sia necessario procedere all’adeguamento, le amministrazioni competenti potranno operare sia tramite il recepimento automatico delle disposizioni del PAI aventi effetti territoriali, sia tramite approfondimento del quadro conoscitivo del PAI.

4. Ai fini dell’adeguamento tramite approfondimento del quadro conoscitivo del

PAI, si applicano i seguenti criteri generali:

a) sono da considerare aree a pericolosità idraulica molto elevata tutte le aree individuate sulla base di studi idrologici idraulici sui corsi d’acqua di riferimento del presente P.A.I., all’interno delle quali defluiscono le portate aventi tempo di ritorno fino a 30 anni;

b) sono da considerare come aree a pericolosità idraulica elevata tutte le aree individuate sulla base di studi idrologici idraulici sui corsi d’acqua di riferimento del presente P.A.I., all’interno delle quali defluiscono le portate aventi tempo di ritorno compreso tra 30 e 200 anni; nell’ambito delle valutazioni dei livelli di pericolosità idraulica molto elevata ed elevata si terrà conto dei possibili effetti riconducibili a valutazioni di ridotta efficacia delle opere idrauliche per eventi di piena significativi; c) sono da considerare come aree a pericolosità geomorfologica molto elevata tutte le aree interessate da fenomeni franosi attivi e relative aree di influenza, nonché le aree che possono essere coinvolte dai suddetti fenomeni; rientrano comunque nelle aree a pericolosità geomorfologica

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molto elevata le aree che possono essere coinvolte da processi a cinematica rapida e veloce quali quelle soggette a colate rapide incanalate di detrito e terra, nonché quelle che possono essere interessate da accertate voragini per fenomeni carsici.

d) sono da considerare come aree a pericolosità geomorfologica elevata tutte le aree interessate da fenomeni franosi quiescenti e relative aree di influenza, le aree con indizi di instabilità connessi alla giacitura, all’acclività, alla litologia, alla presenza di acque superficiali e sotterranee, nonché a processi di degrado di carattere antropico, le aree interessate da intensi fenomeni erosivi e da subsidenza.

1.4

Il Piano degli interventi

1.4.1 Macro obiettivi

La progressiva attuazione del “ Piano degli Interventi Strutturali ” dovrà tener conto di condizioni di sostenibilità collegate da un lato alla presenza di “invarianti“ antropiche, per le quali risulta prioritario l’obiettivo della messa in sicurezza (limitazioni tal volta obbligate in presenza di alcune infrastrutture e/o centri abitati), dall’altro e conseguentemente alla necessità di garantire gli spazi utili e necessari alla dinamica fluviale. Ciò attraverso azioni strutturali sui corsi d’ acqua ed interventi di carattere territoriale diffuso finalizzati, tra l’altro, ad aumentare i tempi di corrivazione e a normalizzare il possibile trasporto solido. Si dovrà altresì tener conto della necessità di mantenimento di spazi “fisiologici” per la dinamica dei corsi d’ acqua e per il recupero e la preservazione degli ecosistemi fluviali.

Gli interventi per il recupero di condizioni di sicurezza, dovranno tener conto della necessità di garantire, oltre all’effetto locale, il raggiungimento progressivo di condizioni di equilibrio idrogeologico secondo strategie definite rispetto al complesso del bacino e quindi in tal senso efficaci anche in termini di prevenzione.

Gli stessi interventi dovranno essere definiti in relazione alla necessità di garantire in ciascuno dei bacini considerati:

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- nella parte montana la regimazione idraulico forestale per la riduzione dell’ energia potenziale delle acque, l’aumento dei tempi di corrivazione, la “controllabilità” dell’erosione;

- nella parte pedecollinare la normalizzazione del trasporto solido, di laminazione delle portatee regolazione del sovralluvionamento;

- nelle parti montana e collinare l’acquisizione di condizioni di stabilità dei versanti e/o di mitigazione del rischio da frana, attraverso idonei interventi di stabilizzazione e/o protezione a difesa di centri abitati e di infrastrutture a rete; - nella parte di pianura la difesa dei centri abitati e delle infrastrutture a rete,

attraverso l’adeguamento delle sezioni fluviali, degli attraversamenti e dei tombamenti.

Si richiamano di seguito i macro-obiettivi assunti per la definizione del presente “Piano degli Interventi Strutturali “, che dovranno trovare coerente sviluppo negli studi complessivi per bacino idrografico e nella progettazione dei singoli interventi strutturali: A. Sistemazione idraulico forestali e di versante dei sottobacini collinari /montani. B. Aumento ricarica naturale falde sotterranee.

C. Aumento del trasporto solido anche in riferimento al riequilibrio delle linee di riva. D. Salvaguardia di centri abitati e delle infrastrutture a rete con:

D1. Interventi estensivi sul reticolo idraulico D2. Interventi puntuali sul reticolo idraulico D3. Aree di esondazione controllata

D4. Aree di dispersione e deposito per la normalizzazione del trasporto solido, tenendo conto degli obiettivi di riequilibrio della linea di riva

D5. Interventi di stabilizzazione aree in frana

E. Riequilibrio della linea di riva, da svilupparsi per unità fisiografica.

1.4.2 Criteri per lo sviluppo degli studi e la valutazione di efficacia

Per lo sviluppo delle attività occorrenti alla valutazione delle condizioni di sicurezza dei diversi bacini nonché della progettazione degli interventi necessari al raggiungimento progressivo di condizioni di equilibrio idrogeologico, per ogni bacino idrografico o sottobacino significativo (superiore ai 10 kmq) dovrà essere preliminarmente redatto un progetto generale che, nel rispetto dei seguenti criteri:

- coerenza con gli obiettivi del Piano;

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- raccordo con il sistema complessivo degli interventi programmati; - efficacia dell’intervento proposto in relazione agli obiettivi del Piano; sviluppi i seguenti aspetti:

1.4.3 Caratterizzazione Morfologica ed Idrologica

- Esame del reticolo idraulico di qualunque ordine, compreso la regimazione delle acque di pioggia significativa per la valutazione del rischio di allagamento ( esondazione e/o ristagno).

- Determinazione sulla base della CTR 10.000 o CTR 2.000 dei bacini imbriferi caratteristici relativi alle sezioni di chiusura considerate strategiche per la valutazione dei valori di portata da considerare nelle successive verifiche; in generale i bacini imbriferi dovranno essere restituita su planimetria in scala opportuna in funzione della superficie espressa in kmq. In particolare le scale minime da adottare dovranno essere le seguenti:

0 < S < 5 kmq planimetria scala 1 : 2000 (ove disponibile) 5 < S < 20 kmq planimetria scala 1 : 10000

S > 20 kmq planimetria scala 1 : 25000. - Analisi geologica e geomorfologia del bacino.

- Valutazione sull’uso del suolo e sulla presenza di elementi di alterazione significativi ( ad es. aree percorse da incendi, stato di manutenzione delle coperture vegetali ), finalizzate alla verifica della possibile e/o eventuale movimentazione di materiale detritico e flottante oltre che alla calibrazione del modello afflussi/deflussi.

- Individuazione e descrizione dei punti critici (attraversamenti, tombamenti, restringimento d’alveo) e valutazione della loro influenza sulle portate solido liquide.

- Delimitazione dei tratti di corso d’acqua che inducono variazioni al deflusso delle portate solido – liquide (restringimenti,diminuzioni delle pendenze).

- Individuazione delle zone che possono modificare, catturare o deviare il deflusso (ad es. aree naturali di espansione e deposito).

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- Determinazione della curva di possibilità climatica caratteristica del bacino imbrifero relativo alla sezione di calcolo considerata per un tempo di ritorno pari a 200 anni.

La determinazione della curva di possibilità climatica potrà avvenire secondo diversi i metodi statistici di distribuzione di probabilità dei valori estremi noti in letteratura (Gumbel, Fouller- Coutagne, TCEV, ecc.).

In linea generale si potrà far ricorso anche a curve di possibilità climatica predeterminate reperibili in letteratura.

Per bacini particolarmente estesi può essere presa in esame la curva di possibilità climatica ragguagliata che tiene conto della variazione dell’intensità di pioggia con l’estensione della superficie. Il coefficiente di ragguaglio potrà essere individuato sulla base delle formule note in letteratura.

- Determinazione del tempo di pioggia critico per le sezioni di deflusso considerate attraverso i metodi più usati in letteratura e più specifici per il caso in esame (metodo della corrivazione, dell’idrogramma istantaneo unitario, dell’invaso, ecc.) in relazione alla tipologia di corso d’acqua (collinare, di pianura, di bonifica).

Nel caso in cui siano da temere fenomeni di sovralluvionamento e comunque in presenza di forte trasporto solido la relazione geologica , deve:

a) fornire una stima delle granulometrie di alveo ( diametro efficace o meglio curva granulometrica del sottofondo e dello strato di armatura del letto)

b) identificare le possibili fonti di alimentazione di detriti fornendo altresì una valutazione di prima approssimazione della quantità e della qualità degli inerti movimentabili nel bacino in particolare, nella valutazione del franco dovrà essere tenuto conto della propensione al sovralluvionamento del corso d’acqua rispetto all’evento atteso e della stima quantitativa dello stesso.

- Costruzione del modello idrologico relativo alla sezione di chiusura mediante la costruzione degli ietogrammi di progetto, del modello di pioggia netta con implementazione del modello di trasformazione afflussi – deflussi con i metodi più appropriati disponibili in letteratura in riferimento alle caratteristiche idrologiche e geomorfologiche del bacino interessato.

- Il calcolo della portata, da confrontarsi (in termini di contributi unitari mc/s x kmq) con i valori desumibili dallo studio PIN – Regione Toscana “Regionalizzazione delle portate di piena in Toscana” da riportare nello studio,

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potrà essere effettuato sia con il metodo della corrivazione che con il metodo dell’idrogramma unitario. Il metodo dell’invaso per il calcolo delle portate di piena potrà invece essere applicato esclusivamente per i corsi d’acqua idraulicamente di bonifica e per le reti di fognatura.

- Nel caso in cui, nel calcolo delle portate caratteristiche, venga adottato un coefficiente di deflusso inferiore all’unità ovvero si faccia riferimento allo ietogramma netto, questo dovrà essere sufficientemente giustificato attraverso la valutazione delle carte regionali della permeabilità e di uso del suolo e l’adozione di metodi sufficientemente collaudati riportati in letteratura.

1.4.4 Studio Idraulico

- Le verifiche idrauliche andranno di norma condotte a moto permanente per tenere conto delle variazioni geometriche delle sezioni di deflusso (in particolare in corrispondenza degli attraversamenti) e quindi delle grandezze ad essa collegate quali il raggio idraulico nonché le variazioni geometriche longitudinali (pendenza di fondo) o di condizioni intrinseche legate alla scabrezza del corso d’acqua. Dovranno essere specificate e motivate le condizioni al contorno assunte ed i coefficienti di scabrezza utilizzati, nonché tutte le informazioni necessarie all’interpretazione dei profili di rigurgito. Particolare attenzione va posta ai tratti in corrispondenza di opere per i quali devono essere previste opportune valutazioni di riduzione di sezione utile per gli effetti della piena (es.: ostruzioni per il materiale trasportato). Solo eccezionalmente, potranno essere considerate valide verifiche a moto uniforme (grandezze in gioco costanti nello spazio e nel tempo) riferendosi comunque a valori della scabrezza estremamente prudenziali che tengano conto dello stato di conservazione del corso d’acqua nel suo aspetto generale.

In termini generali tenuto conto della propensione al sovralluvionamento del corso d’acqua rispetto all’evento stesso il franco di sicurezza è da assumersi almeno uguale ad 1/2 dell’altezza d’acqua per piene con Tr= 200 anni. Ove tale rapporto risulti superiore a 50 cm. nei tratti non arginati o superiori ad 1 metro nei tratti arginati od in presenza di attraversamenti, i suddetti valori possono essere comunque valutati quali franchi di sicurezza accettabili.

La Pubblica Amministrazione che svolge il ruolo di Autorità Idraulica qualora assuma nei propri atti franchi di sicurezza inferiori ai limiti orientativi sopra

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delineati, è tenuta a darne adeguata motivazione ed a trasmettere per conoscenza l’atto assunto, al Comitato Tecnico di Bacino.

- Nel caso di necessità di valutare i volumi di esondazione si dovrà fare riferimento all’idrogramma caratteristico per la portata del tempo di ritorno considerato.Si potrà senz’altro fare riferimento ad idrogrammi triangolari utilizzando i coefficienti conservativi in letteratura (vedi ad esempio i coefficienti utilizzati nella formula di Giandotti) ovvero determinati con il metodo dell’idrogramma unitario od ancora potrà essere fatto riferimento, ove possibile, agli idrogrammi contenuti nello studio di “Regionalizzazione delle portate di

piena in Toscana”. 1.4.5 Valutazione di efficacia

I progetti generali a scala di bacino idrografico o sottobacino significativo redatti nel rispetto dei criteri di cui sopra e valutati positivamente dal Comitato Tecnico di Bacino, costituiranno integrazione al quadro conoscitivo di Bacino.

Riferimenti

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