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Evoluzione del tipo strutturale

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Academic year: 2021

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CAPITOLO II

Evoluzione del tipo strutturale

Si descrive l’evoluzione, dagli anni ’50 ad oggi, della tipologia strutturale delle antenne strallate, con riferimento anche alle tecniche di costruzione e di montaggio. Ci si avvale di qualche esempio “storico” e di alcune realizzazioni moderne. In chiusura si fa un breve elenco analizzando le cause che hanno portato ai principali insuccessi strutturali.

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2.1 Le antenne strallate cilindriche

Nella seconda metà degli anni ’50 furono costruiti i primi piloni tubolari cilindrici per sostenere le antenne a onde metriche (VHF) e decimetriche (UHF). Questa tipologia ebbe un breve ed intenso sviluppo soprattutto nel nord Europa (Inghilterra, Francia e Paesi Bassi) sostituendo in molti impianti le antenne a traliccio che erano quelle più utilizzate al tempo.

Sebbene il costo di un pilone cilindrico sia superiore a quello di un traliccio reticolare si arrivò ad avere dei prezzi confrontabili fra le due tipologie: fu curato lo studio delle sezioni, la fabbricazione ed il montaggio nonché il trasporto, che doveva avvenire su distanze contenute dall’officina.

Il motivo principale che garantì l’espansione della tipologia era il fatto che il personale incaricato della manutenzione delle antenne non era più esposto alle intemperie durante l’ascesa del pilone; soprattutto per le antenne a onde decimetriche che richiedevano, al tempo, frequenti interventi. Inoltre era il periodo in cui stava aumentando la durata delle trasmissioni televisive perciò si riducevano sempre più gli intervalli di tempo disponibili per la manutenzione delle apparecchiature.

I conduttori che trasportano l’energia elettrica verso le antenne o ai segnalatori luminosi erano anch’essi posti all’interno del pilone e quindi protetti dalle intemperie.

La geometria circolare del supporto facilita molto l’installazione dell’antenna che può avere orientamento indifferente, non condizionato da quello degli stralli. Inoltre la manutenzione della vernice di protezione e delle segnalazioni diurne è più semplice poiché si ha a che fare con larghe superfici senza tutti quei meandri tipici nel caso dei tralicci reticolari.

Le antenne cilindriche avevano il diametro del fusto costante lungo tutta l’altezza; esso variava dai 2 ai 3 metri principalmente in funzione della quota raggiunta e delle opere accessorie che il pilone doveva contenere. Ad una certa altezza veniva collocata una “cabina di reportage” accessibile da un’apertura prevista sulla lamiera del pilone oppure una terrazza, adeguatamente protetta

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La base dell’antenna era costituita, di solito, da una cerniera sferica cosicché il tronco iniziale era sagomato a cono rovescio ma non mancarono realizzazioni a incastro, soprattutto quando il diametro del fusto era grande. La base dell’antenna a Winter Hill (Inghilterra) si innestava su una struttura anulare in cemento armato che permetteva, tra l’altro, un facile accesso all’interno.

Gli stralli venivano disposti a 120° in pianta e gli ancoraggi sul pilone erano fatti su campate di circa 60 m. Si sceglievano le funi spiroidali chiuse poiché erano più durevoli rispetto ai cavi a funi parallele; il loro diametro variava fra 50 mm e 70 mm. I blocchi di ancoraggio degli stralli erano concepiti per lavorare a gravità contro la componente verticale dello sforzo mentre sfruttavano la spinta del terreno in opposizione alla componente orizzontale.

Figura 1 – L’antenna tubolare strallata della stazione radio di Waltham (Regno Unito) ha un’altezza di 315 m.

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Si riportano i dati relativi ad alcune realizzazioni:

l’antenna nel Wieringermeer (Olanda) ha un’altezza di 203,3 m, il diametro di 2 m ed un peso di 0,84 t/m;

l’antenna di Emley Moor (Inghilterra) ha un’altezza di 385,8 m, un diametro di 7,75 m ed un peso di 0,83 t/m.

2.1.1 La costruzione

I piloni venivano suddivisi generalmente in cilindri di altezza massima pari a 5 m per poter essere meglio lavorati e trasportati. Questi venivano assemblati in opera tramite flange bullonate. Lo spessore della lamiera variava dagli 8 mm fino ai 15 mm a seconda dell’altezza complessiva del pilone e della sezione considerata.

Ogni cilindro era diviso in quarti cosicché le lamiere potevano essere lavorate con precisione maggiore; queste venivano curvate secondo il raggio richiesto dal diametro esterno dell’involucro. La macchina usata per questa operazione conferiva l’esatta curvatura alla superficie esterna della lamiera per non influenzare la precisione dei fori da eseguire nelle flange di assemblaggio a causa di piccole variazioni di spessore.

Successivamente le lamiere erano collocate in una sagoma di assemblaggio: qui venivano eseguite, ad intervalli regolari, delle saldature di attacco lungo i bordi interni dei pezzi per mantenerli in posizione a formare il cilindro. Le saldature definitive venivano fatte su una macchina che permetteva di tenere il cilindro orizzontale e di ruotarlo sul suo asse a piacimento. Tutte le saldature venivano fatte nel modo più favorevole: verso il basso. Alla testa e al piede del cilindro erano saldate le flange di posizionamento ed ancoraggio. Per terminare il pezzo si procedeva alla molatura delle saldature esterne per ottenere una superficie che si adattasse il più possibile a quella del segmento successivo; le saldature interne vennero trattate con sabbiatura per eliminare le scorie.

Le sezioni dove venivano ancorati gli stralli erano particolarmente curate: le lamiere venivano piegate a semicerchio così si avevano solo due cordoni di

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saldatura; sulle saldature venivano fatti controlli magnetici; l’altezza del pezzo era di circa 1,5 m; venivano disposte delle nervature di rinforzo all’interno. Per evitare problemi di corrosione i pezzi venivano galvanizzati a caldo in un bagno a 600° C. Nonostante le precauzioni prese era impossibile evitare deformazioni locali. Perciò i cilindri tornavano in officina dove si correggeva la curvatura e si ripristinava la squadra su un banco di alesaggio. Le facce lavorate di macchina venivano rivestite subito con composti di zinco.

A questo punto si montavano, all’interno di ogni segmento, tutti gli accessori: scaletta protetta, piani di riposo, guide per montacarichi e cavi, eventuale ascensore (fig. 2a).

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Figura 2 – Tronco di un’antenna cilindrica già assemblato: si nota la scaletta protetta interna, le guide per il montacarichi e la flangia con gli slot per effettuare la giunzione (a). Particolare della giunzione bullonata fra i tronchi (b).

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Per non avere spiacevoli sorprese in cantiere, veniva simulato il montaggio dei tronchi in officina: se ne collegava tre o quattro ponendoli su appositi carrelli: all’aggiunta di un pezzo in testa seguiva lo smontaggio di quello in coda mentre i centrali scorrevano di una posizione sui carrelli.

2.1.2 Il montaggio

L’antenna strallata cilindrica risultava anche molto versatile durante le operazioni di montaggio. In primo luogo le maestranze erano molto più protette contro la caduta nel vuoto poiché lavoravano prevalentemente nella parte interna del cilindro.

I primi due/tre tronconi venivano montati con l’aiuto di una gru; poi si installavano delle guide sulla parete del cilindro. Le guide servivano una piattaforma di sollevamento che trasportava i tronchi successivi fino alla quota voluta (fig. 3).

Figura 3 – Montaggio di una antenna strallata cilindrica con l’uso di una piattaforma di sollevamento esterna.

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Qui la piattaforma si spostava orizzontalmente in modo da porre, in posizione coassiale, il tronco trasportato con quello inferiore; contemporaneamente si eseguiva il collegamento (fig. 2b) e si alzavano le guide esterne di una certa quota.

Durante queste operazioni si limitava l’inflessione del pilone con stralli provvisori che venivano rimossi una volta che si raggiungeva la sezione dove si ancorava la strallatura definitiva.

2.2 Le antenne strallate a traliccio

Era il 1960 quando venne ultimata la costruzione della struttura più alta mai concepita dall’uomo. Con i suoi 510 m, l’antenna della televisione di Capo Girardeau (Missouri, U.S.A.) superava in altezza la Torre Eiffel di 210 m e l’Empire State Building di 62 m (fig. 4). La notizia fece il giro del mondo attraverso le principali riviste di settore.

Figura 4 – L’antenna a traliccio di Cape Girardeau (Missouri, U.S.A.) fu realizzata fra il 1960 e il 1961 e divenne la struttura più alta del mondo: 510 m.

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Grazie alla sua altezza, il campo di azione dell’antenna posta alla sommità era di circa 80.000 kmq (corrispondenti ad un raggio di 320 km) e serviva una popolazione di 2 milioni di abitanti.

Questa antenna in traliccio è una costruzione composta da tre montani posti, in sezione trasversale, ai vertici di un triangolo equilatero di 3 m di lato; è divisa in tronchi prefabbricati di 9 m di altezza, uniti fra loro. I montanti sono costituiti da tondi pieni in acciaio eventi un diametro massimo di 185 mm; alle loro estremità sono saldate delle flange da collegarsi con 6 bulloni. Negli anni ’60 si utilizzarono barre piene perché si credeva di non poter combattere efficacemente la corrosione sulle superfici interne dei tubi nonostante il loro impiego fosse risultato più economico. Poco più tardi si sarebbe optato per questi ultimi dal momento che le tecniche di galvanizzazione si stavano perfezionando e aumentavano le esperienze positive in tale settore dell’ingegneria.

Le diagonali furono conformate a croce di S. Andrea ed erano tondi in acciaio con diametro variabile fra 19 mm e 28 mm a seconda del campo considerato; i calastrelli orizzontali, posti ad interasse costante di 3 m, erano invece profilati a T con sezione 64x51x4,8 mm o 76x76x6,3 mm. Si preferì utilizzare maggiormente profili tondi poiché, al tempo, la pressione statica del vento veniva ridotta a 2/3 di quella agente su superfici spigolose.

L’antenna non fu provvista alla base né di una cerniera sferica né di una cilindrica bensì fu solidamente incastrata nel blocco di fondazione. Nonostante questa soluzione risultasse strutturalmente non conveniente, la scelta fu dettata dalla comodità di poter accedere alla installazione dei cavi di trasmissione e alle guide per la marcia del montacarichi.

L’antenna è strallata in sei punti da ognuno dei quali partono tre cavi a 120°; questi sono analoghi a quelli che venivano utilizzati nei ponti sospesi. Sono galvanizzati, hanno una certa pretensione, il diametro va da 33 a 45 mm e la lunghezza da 250 a 630 m. In prossimità del suolo sono dotati di dispositivo ammortizzatore per ridurre al minimo le oscillazioni.

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A vari livelli ci sono poi le piattaforme di lavoro, raggiungibili con montacarichi dalla capacità di 340 kg; di qui è permesso l’accesso alla antenna emittente, ai punti di fissaggio dei cavi e alle luci di segnalazione.

Si è voluto descrivere come esempio emblematico di questa tipologia l’antenna di Cape Girardeau che, nonostante sia un po’ datata, inquadra le caratteristiche generali inerenti la progettazione di queste strutture. Ovviamente negli anni si sono sviluppati acciai ad alta resistenza, la tecnologia dei cavi è molto migliorata, le procedure di calcolo e di verifica si sono affinate e si è potuto ottenere, a parità di materiale utilizzato, antenne più alte e con migliori prestazioni strutturali. Stiamo parlando della situazione internazionale: negli Stati Uniti o nel centro Europa, dove non ci sono catene montuose di particolare rilievo, c’è bisogno di posizionare le antenne trasmittenti a quote elevate per poter irradiare superfici maggiori. Ecco che dagli anni ’70 in poi sono sorte antenne di incredibile altezza: l’antenna della KVLY TV (North Dakota) ha un’altezza di 628,8 m e fu costruita nel 1970; l’antenna della KXJB TV ha un’altezza di 628 m ed è stata costruita nel 1998; l’antenna KXTV/KOVR ha una altezza di 624,5 m ed è stata costruita nel 2000.

In Europa e nei paesi più sviluppati dell’Africa e dell’Asia ci sono molte realizzazioni che hanno avuto luogo dagli anni ’80; le altezze massime raggiunte sono di 450 m ma generalmente l’altezza standard è intorno ai 300 m. In Italia le antenne strallate sorgono nel Centro radiotrasmittente di Budrio (BO) dove è raggiunta la quota di 135 m (l’antenna strallata più alta fu costruita nel 1960 ed è stata abbattuta nel 1998), nel Centro emittente RAI di S. Palomba (RM) (ci sono 3 antenne strallate da 100 e 120 m) e nella pianura fra Pisa e Livorno dove recentemente è stata eretta un’antenna di 120 m.

Si fornisce adesso una breve descrizione delle parti costituenti la struttura, impostata sulle informazioni reperite per le più recenti realizzazioni. Come si noterà, poco è cambiato nel corso degli anni dal punto di vista prettamente strutturale e costruttivo. Una evoluzione più marcata si è avuta nella modellazione e nei procedimenti di calcolo: nel prossimo capitolo si descriveranno i criteri usati prima dell’avvento del calcolo automatico; nei

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successivi faremo riferimento alle moderne tecniche di modellazione agli elementi finiti.

2.2.1 La costruzione del traliccio

Come ricordato più volte in precedenza, il fusto di un’antenna strallata è preferibilmente un traliccio reticolare. Dal punto di vista teorico le aste vengono schematizzate come incernierate fra loro di modo che la sollecitazione è solo di sforzo assiale, in trazione o compressione. Il materiale acciaio è dunque sfruttato nel modo più ottimale. Sulla struttura effettiva però, è difficile creare collegamenti a cerniera perfetta: sia le saldature che i collegamenti bullonati forniscono un certo grado di incastro. Le sollecitazioni flettenti e taglianti che nascono nelle aste sono fortunatamente di entità non paragonabile a quelle da sforzo normale quindi è lecito trascurarle. Inoltre, qualora si verificassero plasticizzazioni locali dovute a flessione nei nodi, si avrebbe proprio lo scema teorico, con le azioni assiali nelle aste che equilibrano i carichi esterni.

Le classiche sezioni orizzontali del traliccio sono quella quadrata e quella triangolare equilatera; quest’ultima è più conveniente per altezze superiori ai 200 m. In Italia al momento le antenne strallate hanno tutte sezione quadrata. La sezione si mantiene costante su tutta l’altezza della costruzione; il lato varia fra 1,5 e 4 m.

I montanti corrono nei vertici della sezione trasversale e sono costituiti da tubi di acciaio di vario diametro con spessore da 8 a 16 mm. Per altezze inferiori ai 150 m è risultato conveniente, soprattutto per la realizzazione dei collegamenti, impiegare profili ad L a lati uguali.

Le aste di parete, diagonali e calastrelli, sono profili ad L accoppiati schiena a schiena o anch’essi profili tubolari cavi, quando si è voluto mitigare l’impatto del vento (usati se l’altezza risulta maggiore o uguale a 300 m). La configurazione che va per la maggiore è quella coi diagonali a croce di S. Andrea e calastrelli orizzontali.

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I piani di riposo, previsti per le soste durante l’ascesa, sono fatti con lamiera grecata di vario tipo la quale poggia sui calastrelli e su altre aste predisposte all’interno della sezione trasversale corrispondente.

Il traliccio viene suddiviso in moduli da 10 m circa che vengono assemblati in officina: le aste sono collegate ai montanti mediante saldatura con l’uso di fazzoletti oppure bullonate, per facilitare una eventuale sostituzione. Al piede ed in testa ad ogni montante viene saldata una flangia circolare con i fori per eseguire, in opera, il collegamento bullonato fra due moduli successivi (fig. 5a).

Sui montanti sono predisposti anche gli attacchi per gli stralli: tali sezioni vengono opportunamente irrigidite nel proprio piano e sono posizionate il più lontano possibile dai collegamenti flangiati (fig. 5b).

(a) (b)

Figura 5 – Flangia di collegamento fra due montanti successivi (a). Attacco di uno strallo ad un montante (b).

2.2.2 La protezione contro la corrosione

Le antenne strallate sono direttamente esposte a tutti gli agenti atmosferici; per la loro durabilità, risulta molto importante prendere provvedimenti contro la corrosione della struttura in acciaio.

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La galvanizzazione per immersione a caldo è il processo più utilizzato: consiste nell’applicazione di un rivestimento tenace di zinco all’acciaio mediante l’immersione del pezzo in un bagno di fusione. Il rivestimento di zinco ricopre interamente il profilato metallico, persino le superfici interne dei profilati cavi. Il rivestimento si salda alla superficie dell’acciaio creando una lega di zinco e acciaio su un sottile spessore. Questo rivestimento, resistente e durevole, protegge l’acciaio tramite difesa elettrochimica. Nella galvanizzazione infatti si crea una differenza di potenziale elettrico fra lo zinco e l’acciaio che sono in contatto. Se viene scalfito il rivestimento di zinco, questa differenza di potenziale fa in modo che sia proprio il rivestimento di zinco a corrodersi, risparmiando il pezzo di acciaio. La zincatura è quindi una duplice protezione: all’inizio è una semplice barriera che si trasforma in una cella galvanica qualora venga scalfita.

La superficie dei pezzi d’acciaio deve essere lavorata per eliminare la ruggine e altre scorie presenti affinché lo zinco fuso riesca a creare il rivestimento. Il pezzo da zincare viene immerso in un bagno di zinco fuso ad una temperatura di 440-460° C. A questa temperatura basta che l’acciaio rimanga immerso per qualche minuto affinché la reazione abbia inizio; questa continua all’interno del pezzo finché la sua temperatura scende sotto i 200° C.

La verniciatura della zincatura aumenta la resa della protezione: la vernice funge da protezione dello strato di zinco dagli agenti atmosferici. La superficie zincata non viene erosa e mantiene lo spessore originario fintanto che permane la vernice.

In generale la zincatura dei componenti di un’antenna strallata avviene nelle seguenti fasi:

- tutti gli elementi vengono trattati con sabbiatura per eliminare le scorie; - viene eseguita in officina la zincatura a caldo per uno spessore

maggiore o uguale a 50 µm;

- si applica in officina una mano di cromato di zinco a spruzzo sui pezzi così trattati;

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- a montaggio ultimato in opera si applica una terza mano di vernice. Bulloni, dadi e controdadi zincati per eseguire i collegamenti si trovano in commercio; qualora venissero zincati in officina devono essere centrifugati per eliminare lo zinco in eccesso che ostruirebbe la filettatura impedendo il serraggio.

2.2.3 Gli stralli

Un cavo rappresenta, per costituzione, l’elemento teso per antonomasia. E’ inerte a flessione, privo di resistenza e compressione ma è perfetto a trazione. E’ composto da un insieme di fili elementari che ne assicurano omogeneità di caratteristiche elastiche e una buona distribuzione delle tensioni nella sezione. Lo strallo offre la minima resistenza al vento, si dispone secondo la funicolare del proprio peso e non risente apprezzabilmente di fenomeni di rottura fragile se sottoposto a carico variabile.

Il cavo è costituito da un grande numero di fili elementari variamente disposti; ogni filo è ottenuto mediante trafilatura a freddo che gli conferisce un elevato carico di rottura malgrado una bassa resistenza a fatica.

I cavi utilizzati per la strallatura sono di due tipi: le funi spiroidali chiuse e i cavi a fili paralleli. Mettiamo a confronto le due tipologie.

a) Cavi costituiti da funi spiroidali chiuse.

I fili elementari cilindrici a formare il nucleo centrale sono generalmente pochi e si preferisce ingrossare la sezione con molti strati di fili trapezi e con due o più strati superficiali di fili sagomati a Z (fig. 6).

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I vantaggi che ne derivano sono:

o buona protezione dalla corrosione, potendo zincare i fili degli strati esterni;

o buona flessibilità, grazie all’avvolgimento a spirale, che permette un agevole trasporto e stoccaggio;

o buon comportamento alle pressioni trasversali, infatti i fili sagomati trovano mutuo appoggio sulle superfici di contatto, evitando plasticizzazioni locali (caratteristica importante per i piloni dei ponti strallati);

o sezione molto compatta, con pochi vuoti, e quindi minima resistenza al vento.

I lati negativi della fune spiroidale chiusa sono:

- i singoli fili devono potersi adattare plasticamente per non generare forti tensioni parassite di flessione e torsione durante l’operazione di cordatura quindi non possono avere elevato carico di rottura;

- la resistenza a fatica della fune è inferiore a quella dei singoli fili, soprattutto in corrispondenza dello sfiocco dei fili nella testa fusa degli ancoraggi;

- l’andamento ad elica influenza anche il modulo elastico della fune riducendolo a valori fra 1.200.000 daN/cmq e 1.700.000 daN/cmq; questo comporta modesta rigidezza estensionale.

b) Cavi a fili paralleli

Sono costituiti da fili cilindrici del diametro di 7 mm o più, accostati fra loro a formare una sezione poligonale. La protezione contro la corrosione è assicurata tramite zincatura, inoltre il cavo è rivestito da una guaina in materiale plastico all’interno della quale vengono iniettate resine epossidiche (fig. 7).

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Figura 7 - Sezioni tipiche di cavi a fili paralleli.

A questo tipo di cavi fanno riscontro i seguenti vantaggi:

o assenza di stati tensionali parassiti dovuti all’avvolgimento, quindi tutti i fili sono ugualmente sollecitati all’interno della sezione;

o il cavo ha lo stesso asse dei singoli fili quindi la sua resistenza è data dalla somma delle resistenze dei fili;

o resistenza a fatica superiore grazie alla uniformità delle tensioni nei fili e alla costanza della sezione trasversale;

o il modulo elastico del cavo è uguale a quello del singolo filo cioè 2.050.000/2.100.000 daN/cmq.

Per contro gli svantaggi sono:

- flessibilità molto modesta con complicazione delle operazioni di montaggio;

- maggiore difficoltà di realizzazione delle teste fuse dove ogni filo è schiacciato a bottone su una piastra di ormeggio;

- si generano forti pressioni mutue lungo le generatrici di contatto dei fili (problema rilevante in corrispondenza delle selle sui piloni dei ponti strallati e sospesi);

- la rottura di un filo comporta la sua totale esclusione dalla capacità resistente dell’intero cavo.

Nonostante la superiorità in rigidezza estensionale e resistenza a fatica dei cavi a fili paralleli rispetto alle funi spiroidali chiuse, queste ultime sono le più utilizzate anche nel campo delle antenne strallate: arrivano in cantiere già pronte, sono facili da montare, sono meglio protette dalla corrosione.

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Gli stralli di un’antenna devono inoltre essere presollecitati: ciò si ottiene con dei tenditori posti in corrispondenza dell’attacco dei blocchi di ancoraggio (fig. 8).

Figura 8 - Tenditori degli stralli.

Per prevenire fenomeni oscillatori dovuti al vento (o al sisma), negli ultimi anni si sono disposti lungo gli stralli dei dispositivi che hanno duplice funzione: in quiete sono dei normali tenditori ma in moto, grazie a pistoni oleodinamici o semplici molle al loro interno, si comportano come smorzatori/dissipatori (fig. 9).

Solitamente l’antenna viene suddivisa in un certo numero di campate di luce simile, lasciando la vetta a sbalzo. In ogni sezione di appoggio vengono ancorati gli stralli tramite pezzi particolari preparati in officina e saldati ai montanti (fig. 5a).

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Figura 9 – Dispositivo smorzatore inserito lungo uno strallo.

La configurazione in pianta è secondo le diagonali della sezione dell’antenna, se questa è quadrata, oppure a 120° se la sezione è a triangolo equilatero. Tutti gli stralli di un certo ordine sono ancorati al suolo alla medesima distanza dalla base dell’antenna cioè gli ancoraggi stanno su una circonferenza di centro l’asse verticale del traliccio.

2.2.4 Isolatore di base, fondazione e ancoraggi

Per ciò che riguarda la base dell’antenna, nel corso degli anni c’è stata la tendenza a sostituire l’incastro (tipico delle antenne cilindriche) con delle cerniere di tipo sferico (fig. 10). Questo ha comportato la rastremazione del profilo dell’antenna nel suo modulo di base con i montanti inclinati a formare una piramide rovesciata. Ne è conseguito però l’enorme vantaggio in termini di sollecitazioni sulla fondazione che risulta così solo soggetta a sforzo di compressione e taglio. Inoltre incastrare i montanti nel blocco di calcestruzzo implicava far assorbire i momenti di incastro ad essi stessi, con conseguenti

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problemi di stabilità per le aste compresse e quindi un aumento delle sezioni resistenti alla base.

I requisiti principali che l’appoggio a cerniera sferica deve garantire sono: - che il materiale di cui è costituito abbia un elevato carico di rottura,

dell’ordine di 1.000 t;

- la sagoma deve garantire il trasferimento del taglio alla base (lo scalzamento determinerebbe il crollo dell’antenna);

- il materiale di cui è costituito deve isolare elettricamente l’antenna dal terreno.

Un materiale che presenta tali caratteristiche è la steatite vetrificata. La steatite deriva dalla “pietra saponaria”, una roccia metamorfica contenente talco e magnesio, dalla consistenza relativamente soffice. Se sottoposta a fusione ad alte temperature, questa pasta subisce il processo di vetrificazione diventando un materiale ceramico con elevata resistenza meccanica e altrettanta capacità di isolamento. Potendo essere modellata secondo la forma voluta e fornendo una durabilità pressoché illimitata la steatite vetrificata è stata largamente usata per realizzare gli isolatori di base delle antenne strallate.

Per la forma propria della struttura e per il materiale con cui è costruita, l’antenna è spesso soggetta all’accumulo di carica elettrica dall’ambiente circostante e dalle perdite del sistema di trasmissione. Inoltre durante i temporali può attirare a se i fulmini. Per questo motivo deve essere dotata di collegamento di massa a terra con cavi conduttori opportunamente dimensionati e dispersore infisso nel terreno. Talvolta l’appoggio di base è protetto con un parapioggia in lamiera bombata di forma circolare; in prossimità del bordo di questo è posizionato uno spinterometro a sfera infisso nel terreno. Se la differenza di potenziale fra struttura e terreno supera una certa soglia lo spinterometro si attiva.

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Figura 10 - Particolare dell'appoggio alla base di un'antenna strallata: si nota la cerniera in steatite vetrificata, lo spinterometro per il collegamento a terra, la scaletta alla marinara per la salita.

Anche gli stralli possono generare, con la loro sezione, accumulo di elettricità statica oppure sono soggetti alla captazione di scariche elettriche; in effetti somigliano a vere e proprie funi di guardia. In prossimità dell’ancoraggio va predisposto il sistema di collegamento a terra mediante conduttore a spirale in rame e dispersore. In passato si preferiva isolare elettricamente lo strallo sia dal blocco di ancoraggio che dall’antenna ma, a causa dell’usura del materiale degli isolatori, non era garantita la protezione nel tempo (va ricordato che se un fulmine colpisce un’antenna strallata molto probabilmente avverrà il collasso). Tornando al blocco di fondazione dell’antenna, si è detto che esso è soggetto a sforzo di compressione e a taglio. Usualmente, e quando le caratteristiche del suolo lo permettono, la fondazione è a platea con estensione tanto maggiore per portare anche il casottino in muratura che contiene gli apparati di trasmissione/ricezione alla base dell’antenna. Grazie all’evoluzione delle tecniche costruttive dei pali, oggigiorno si assicura maggiore stabilità alla

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fondazione, nei riguardi dei cedimenti differenziali, poggiando la platea su una palificata. La verifica dei pali è fatta a carico limite.

I blocchi di ancoraggio degli stralli hanno forma prismatica e sezione trapezia. Il loro funzionamento è considerato a gravità: il peso proprio si oppone alla componente verticale dello sforzo nello strallo; la spinta passiva del terreno sulla faccia anteriore del blocco si oppone alla componente orizzontale.

E’ comunque sempre consigliata la disposizione di una gabbia di armatura all’interno del blocco per evitare fenomeni fessurativi vistosi.

L’ancoraggio del tenditore è eseguito con perno passante fra ferri piegati a occhiello o tronchi di profilato opportunamente preparati e solidarizzati nel getto di calcestruzzo (fig. 11).

Figura 11 - Ancoraggio del tenditore dello strallo al blocco di calcestruzzo.

Poiché i blocchi di ancoraggio sono molto distanti fra loro, può darsi che si abbiano cedimenti anche molto diversi se cambiano le caratteristiche dei terreni interessati. Anch’essi nelle realizzazioni recenti sono stati provvisti di palificata che, oltre a limitare i cedimenti, fornisce superficie per incassare il tiro orizzontale.

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In ultimo, conviene sempre proteggere con recinzioni e segnalazioni sia i blocchi che la base dell’antenna per scongiurare atti di vandalismo o pericolose sviste di veicoli che possono transitare nella zona.

2.2.5 Il montaggio

Una volta eseguite le opere di fondazione e posizionata la cerniera di base, si procede al montaggio del traliccio. I primi due o tre moduli vengono giuntati in cantiere, sollevati e posizionati con l’uso di gru. Intanto si dispongono nell’area circostante dei blocchi di ancoraggio rimovibili che servono per fissare gli stralli provvisori la cui posizione deve essere preventivamente determinata per garantire l’equilibrio della parte già montata.

In passato il montaggio del traliccio avveniva con alberi in legno assicurati all’interno di questo, lungo le membrature. I vari elementi venivano montati membratura per membratura: si issavano i montanti e vi si fissavano i diagonali e i calastrelli con chiodi o bulloni. In seguito la tecnica si perfezionò con l’installazione, sempre all’interno del traliccio, di un albero metallico telescopico che permetteva di sollevare i moduli di traliccio già assemblati (di piccole dimensioni, poiché la portata dell’albero era limitata).

Attualmente viene fissata su una faccia del traliccio la guida per una gru che permette il montaggio di interi elementi completamente attrezzati, che possono raggiungere i 10 m di lunghezza ed il peso di 12 t. La gru presenta in sommità un braccio girevole che permette l’aggancio e il posizionamento del pezzo. Lo spostamento della gru verso l’alto è assicurato da un sistema di sollevamento che fa parte della gru stessa il quale viene fissato alla struttura già montata. Le guide della gru servono anche da vie di scorrimento di una piattaforma per il trasporto di personale nonché da appoggio per il trasporto degli elementi da terra fino all’altezza voluta.

La sicurezza di questa nuova tecnica di montaggio ha permesso di ridurre di molto gli incidenti sul lavoro a grandi altezze (spesso durante la costruzione

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avvenivano incidenti mortali per le maestranze) ma anche di limitare gli arresti di attività dovuti alle avverse condizioni atmosferiche.

2.3 Gli insuccessi strutturali

Nella storia sono avvenuti moltissimi crolli di antenne strallate, sia durante le fasi di montaggio che durante l’esercizio della costruzione. Se ne riportano brevemente alcuni in riferimento alle cause che li hanno prodotti.

Inutile dire che la causa principale di crollo è dovuta ad avverse condizioni atmosferiche: il forte vento, concomitante o meno con giaccio e neve. Le antenne strallate, proprio perché sono strutture molto snelle che raggiungono grandi altezze, sono sottoposte ad azioni di carattere aleatorio che inducono in esse un certo comportamento dinamico. Ciò può aggravare, in determinate condizioni, lo stato tensionale nelle membrature. Nondimeno gli stralli che, con le proprie caratteristiche dinamiche, si trovano ad interagire sia col vento che con il fusto dell’antenna. Si sono verificati un sacco di esempi negli Stati Uniti, patria di uragani e tornado. C’è da dire che, soprattutto per le vecchie costruzioni, le tecniche di calcolo erano inadeguate per eseguire indagini dinamiche: le azioni del vento venivano maggiorate con opportuni coefficienti ma applicate staticamente alla struttura. Il reale comportamento dell’interazione vento-struttura non poteva essere indagato.

Un’altra causa che ha determinato moltissimi crolli è, strano ma vero, l’impatto di aeromobili ed elicotteri sulla struttura o parti di questa. Per lo più questi incidenti sono avvenuti con velivoli privati, ma ciò ha portato gli enti per l’aviazione civile di ogni paese ad adottare specifiche norme di segnalazione per le antenne strallate. In Italia l’ENAC non prescrive limiti di altezza per queste costruzioni ma definisce zone di rispetto nelle vicinanze degli aeroporti ove non è possibile la costruzione. E’ obbligatorio l’uso di una segnalazione diurna a strisce bianche e rosse (o bianche e arancione) per il traliccio e l’uso di segnali sferici del diametro minimo di 60 cm per i cavi, del medesimo colore. La segnaletica notturna è da realizzarsi con fari intermittenti ad alta intensità

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posti in sommità e lungo lo sviluppo del traliccio, se questo ha altezza superiore a 150 m.

La difficoltà delle prime tecniche di montaggio nonché lo studio approssimativo delle configurazioni in quella fase, ha portato a molti crolli sia durante le fasi di sollevamento dei pezzi sia nei periodi di inattività per le condizioni atmosferiche. Nondimeno si sono verificati crolli anche durante le fasi di manutenzione e sostituzione di parti strutturali o delle antenne vere e proprie. Purtroppo ciò ha portato inevitabilmente alla perdita di molte vite umane.

Altre modalità di crollo sono elencate di seguito.

Nel 1964 in Groenlandia, nel centro trasmittente Loran-C, l’antenna strallata di 412 m di altezza crollò a causa della rottura per fatica del materiale intorno al perno di ancoraggio dello strallo al traliccio. Da notare che, negli anni a seguire, lo stesso tipo di rottura avvenne su altre antenne in Canada e U.S.A. sempre costruite dalla Loran-C.

L’antenna strallata cilindrica di Emley Moor, citata nel paragrafo 2.1, crollò il 19 Marzo del 1969. Nella stagione invernale spesso si formava ghiaccio sia sugli stralli che sul cilindro; quella mattina il vento debole ma costante fece staccare un blocco di ghiaccio da uno strallo; l’oscillazione prodotta fece staccare a sua volta altri pezzi, portando in risonanza l’intera struttura. L’antenna fu rimpiazzata con una torre cilindrica in calcestruzzo alta 330 m. A Bithlo, in Florida, durante la manutenzione di un’antenna strallata di 457 m, si verificò il crollo durante l’installazione di una nuova antenna. Per favorire il montaggio di questa, fu erroneamente smontato un diagonale. Questo era stato appesantito per bilanciale il peso di un’altra antenna a paraboloide montata sulla faccia opposta del traliccio. La sezione interessata cedette.

A Missouri City, nel Texas, la Senior Road Tower, un’antenna strallata di 600 m di altezza, crollò nel 1982 proprio nell’ultima fase della sua costruzione. Durante il sollevamento dell’antenna trasmittente dal peso di 6 t, a pochi metri dalla vetta si ruppe un bullone della gru; nella caduta, l’antenna urtò e schiantò

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uno strallo. La struttura cominciò ad oscillare ed in circa 17 secondi rovinò al suolo.

Fra le altre cause di collasso si ricordano i terremoti, i lampi durante i temporali, i sabotaggi anche a sfondo terroristico.

Figura

Figura 1 – L’antenna tubolare strallata della stazione radio di Waltham (Regno Unito) ha  un’altezza di 315 m
Figura 2 –  Tronco di un’antenna cilindrica già assemblato: si nota la scaletta protetta  interna, le guide per il montacarichi e la flangia con gli slot per effettuare la giunzione (a)
Figura 3 – Montaggio di una antenna strallata cilindrica con l’uso di una piattaforma di  sollevamento esterna
Figura 4 – L’antenna a traliccio di Cape Girardeau (Missouri, U.S.A.) fu realizzata fra il 1960  e il 1961 e divenne la struttura più alta del mondo: 510 m
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Riferimenti

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