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Bypass Milano sei interventi per una nuova concezione urbanistica della cerchia dei navigli

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Academic year: 2021

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POLITECNICO

DI

MILANO

Scuola Di Architettura E Società

Corso Di Laurea Magistrale In Architettura

Bypass Milano

sei interventi per una nuova concezione urbanistica della

cerchia dei navigli

di Martina Biasion e Filippo Giordano 749908 755369

relatore arch. Andreas Otto Kipar

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Sommario

Indice Figure ... 2

Introduzione ... 0

Analisi storica generale: Copertura della Fossa Interna. ... 3

Progetto ... 24

Sant’Ambrogio, Museo della Scienza e della Tecnica ... 28

Università Ca’ Granda ... 49

BRERA ... 72

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Indice Figure

Figura 1-2-3 …….………...………..…....7 Figura 4 ………...………11 Figura 5-6……….12 Figura 7-17 ………...……….13-23 Figura 18 -20 ………..………..26-28 Figura 21……….……….31 Figura 22-35……….…….……….38-42 Figura 36-43………...51-53 Figura 44-52 ………..58-63 Figura 53-58………...70-72 Figura 59-63 ………..75-76 Figura 64-69………...80-82 Figura 70………..…86

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Introduzione

Obiettivi, Metodologia.

Intenti del progetto, e spiegazione del tipo di analisi, teorizzazione dei poli e della loro connessione come tipo di intervento urbano.

La nostra analisi vuole studiare Milano , da due punti di vista; uno è quello della città che guarda se stessa, che quindi distribuisce le funzioni necessarie alla propria vita al suo interno e che crea una rete a macro scala per il loro sfruttamento. L’altra è come queste funzioni dialoghino con le aree nelle quali si inseriscono (la microscala).

Distinguiamo dapprima le funzioni esclusive a macroscala, saranno queste l’università, un particolare parco,un ospedale, ecc. come funzioni che servono tutta Milano e che fungono da attrattore in quel determinato luogo dove la funzione risiede. L’altro tipo di funzioni, non meno importanti di quelle che abbiamo definito a macroscala urbana sono quelle di servizio al quartiere. Infatti ogni luogo in cui si è negli anni affermata una funzione esclusiva per la città, presenta oltre a quest’ultima una serie di funzioni diversificate, e meno importanti a mascoscala ma che sono indispensabili per la vità del polo stesso.

Questo rapporto differente che si instaura tra le funzioni particolari e il polo in cui risiedono è il punto di partenza della nostra ricerca. Il nostro lavoro vuole unire indissolubilmente queste funzioni esclusive che spesso si trova inserite all’interno delle aree senza con esse dialogare, facendo in modo che a macroscala si crei una rete che permetta ai fruitori di quelle particolari funzioni uniche di ritrovarsi immersi in un luogo specifico della città, potendo così sfruttare l’intera microarea urbana, e non più solo la singola funzione di interesse. L’altra linea di lavoro è stata quella di fare in modo che il polo possa dialogare al suo interno con queste funzioni, facendo quindi in modo che la singola area sfrutti al massimo questa esclusività che la rende unica e differente rispetto alle altre.

L’area di progetto sulla quale abbiamo scelto di concentrare la nostra analisi è la Cerchia dei Navigli e le aree che su di essa si attestano. Quest’area è caratterizzata da una particolare conformazione urbana, era infatti una importante via d’acqua che fino al 1929 ha delimitato il centro di Milano dalla sua periferia. Per necessità, essendo questa un canale navigabile, le vie principali e le funzioni principali, storicamente, si sono attestate nei punti in cui vi erano i ponti di porte e pusterle. Caratteristica che ha dominato così a lungo lo scenario milanese che tutt’ora, nonostante la sua cancellazione fisica ha mantenuto il suo carattere morfologico.

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Dopo la copertura della via d’acqua si è andata a perdere la barriera fisica più importante che aveva concentrato e obbligato le funzioni principali nelle aree intorno ai punti di attraversamento, ma nonostante la viabilità ora potesse godere di maggiore libertà, l’area ha mantenuto la sua conformazione, i corsi sono rimasti le vie principali dove si concentrano queste funzioni e quello che era il canale d’acqua si è trasformato in una delle più importanti arterie cittadine. Barriera non più acqua ma automobili.

Con l’introduzione dell’Area C, con la previsione della nuova linea di metropolitana M4, possiamo immaginare e prevedere che il traffico in quest’area diminuirà, possiamo quindi sviluppare il nostro sistema andando a ricucire le due parti di città, interna ed esterna, divise dalla Cerchia dei Navigli e andare a connotare i nostri poli grazie al doppio sistema di collegamento di scala urbana e di bypass locale.

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Analisi storica generale: Copertura della Fossa Interna.

Creazione dell’area di progetto.

<< È quasi una regola che al nome delle città maggiori dell’entroterra si accompagni anche il nome di un fiume noto. Ma Milano non ha un suo fiume: Milano era la città dei Navigli. Erano questi il suo fiume. Un fiume tranquillo e borghese che la città si era costruito a propria misura: a misura dei suoi traffici, delle sue attività, delle sue ambizioni, della sua vita minore e anche della sua difesa.>>

M. Comolli, La cancellazione dei Navigli

Il sistema dei Navigli.

Milano è situata al centro di un territorio delimitato a nord dai laghi Maggiore, di Lugano e di Como nonché da una serie di laghi minori, a sud dal Po, a ovest dal Ticino, a est dall’Adda.

Il territorio intorno a Milano è attraversato da una rete di corsi d’acqua naturali che mai raggiungono la dimensione di un vero fiume. Ma la stessa conformazione del terreno ha favorito poi la costruzione di una rete di canali che hanno permesso di porre ordine a quella naturale ricchezza d’acqua.

I Navigli di Milano si possono quindi definire come un sistema di canali che, nato all’inizio per scopi di difesa e irrigazione, si era via via andato completando in un sistema di canali navigabili. Questo tracciato anche se non è più utilizzato per la navigazione, esiste tutt’ora. Soltanto l’anesso che circondava il centro storico di Milano è stato negli anni 1929-30, cancellato.

Il sistema navigabile era formato da diversi canali:

Fossa Interna: il canale che abbracciava il centro storico e coincideva con il tracciato delle antiche mura medievali, delle quali costituiva in origine il fossato di difesa.

Naviglio Grande: derivato dal Ticino raggiunge Milano con la Darsena di Porta Ticinese. Naviglio di Bereguardo:da Abbiategrasso raggiunge Pavia.

Naviglio Pavese: unisce la Darsena di Porta Ticinese con Pavia e il Ticino.

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Naviglio di Paderno: correndo parallelo all’Adda permetteva di superare un tratto non navigabile di quest’ultimo, rendendo accessibile il collegamento con Como e Lecco.

Fossa Interna

La Fossa interna era divisa in tre tratti: il Naviglio Morto, lungo l’attuale via Pontaccio, chiudeva a ovest la Fossa Interna; la Fossa Interna propriamente detta, si estendeva dal ponte di san Marco al ponte degli Olocati (a Porta Genova) e infine il naviglio di San Gerolamo, che dal Ponte degli Olocati arrivava sino al Foro Bonaparte.

Questa divisione nominale rappresentava solo in parte la divisione funzionale che in qualche modo caratterizzava il suo aspetto con la cerchia stessa.

Il naviglio di San Gerolamo attraversava una zona di giardini e ville ed era quindi il meno attivo dal punto di vista commerciale. Il Naviglio Morto, come indica lo stesso nome, era una sorta di appendice cieca del canale. La Fossa Interna si divideva in due tratti di diverso aspetto. A sud della città aveva carattere popolare, la sua riva era abitata dalle abitazioni più povere, ma soprattutto dai magazzini (le sostre), dagli opifici e dai mulini. Dal ponte di Porta Romanal Ponte di San Marco, perdeva il suo carattere popolare per assumere un aspetto più signorile, seppure qualche sostra, qualche mulino e qualche costruzione popolare permanevano.

Dopo la copertura dei navigli negli anni 1929-1930, l'anello di strade che ne prese il posto fu chiamato Cerchia dei Navigli e divenne la circonvallazione interna di Milano, snodandosi dalla Stazione di Cadorna a piazza Castello, via Pontaccio, San Marco, via Fatebenefrarelli, piazza Cavour, via Senato, via San Damiano, via Visconti di Modrone, via Francesco Sforza, via Santa Sofia, via Molino delle Armi, via de Amicis e via Carducci per ritrovarsi a fianco della stazione Nord in piazza Cadorna.

In realtà, il percorso navigabile non coincideva in tutto e per tutto con quello stradale, ma aveva un tracciato che da porta Nuova, attraverso la conca delle Gabelle, quella di san Marco, il laghetto e la via omonima, raggiungeva all'inizio di via Fatebenefratelli il canale che circumnavigava la città in senso orario (acque discendenti) fino a Via De Amicis; da qui, il naviglio del Vallone piegava all'esterno (ansa verso sinistra) e discendeva, attraverso la conca di Viarenna, fino alla darsena di porta Ticinese per raggiungere i navigli Grande e Pavese.

L'arco di cerchio mancante a completare l'intero percorso, in quanto non asservito alla navigazione, ebbe una storia diversa legata in qualche modo alle vicende del Castello Sforzesco (di porta Giovia), al suo fossato e alle molte

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trasformazioni che esso subì nei secoli. Fino a quando la fossa interna fu puramente difensiva, il fossato del castello ne era parte integrante. Da nord l'acqua scendeva per via Pontaccio e si incanalava con quella proveniente da rogge, fontanili e fonti che sgorgavano nell'area attorno all'attuale Arena che cingevano il castello arricchendosi con altre provenienti da nord ovest (l'attuale area di Musocco). Uscivano dal castello dal vertice meridionale e, attraverso la spianata dell'attuale piazza Cadorna (stazione Nord) si incanalavano per via Carducci.

La storia racconta che lungo questo percorso si inoltrasse la "Magna", la reggia galleggiante di Filippo Maria, l'ultimo duca della dinastia dei Visconti, figlio cadetto di Gian Galeazzo: paranoico, superstizioso, crudele e terrorizzato dalle possibili congiure a suo danno e si spostava tra i castelli di Milano, Abbiategrasso Cusago e Pavia solo per via d'acqua. Dapprima su percorsi incerti per rogge e canali che discendevano fino al Naviglio Grande, poi dal 1445 attraverso la conca di Sant'Ambrogio, appositamente costruita nell'attuale via Carducci (ramo Vercellino), e la conca di Viarenna.

Il primo documento ufficiale a parlare di copertura dei navigli è stato il Piano Regolatore Generale di Milano (piano Beruto) approvato nel 1884: ci vollero quasi cinque decenni perché si avviassero i lavori che però, una volta partiti, marciarono speditamente. La città ne trasse grande respiro per il suo ammodernamento, ma cambiò anche completamente fisionomia e rinunciò al suo volto di "città d'acqua". Da Luca Beltramia Riccardo Bacchelli a Empio Malara, per limitare al minimo le citazioni, sono stati e sono in molti a sostenere che il cambiamento e l'adeguamento alle esigenze di mobilità e di sviluppo si potevano ottenere senza stravolgere, come è stato fatto, la personalità stessa della città.

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10 VIA SENATO

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11 VIA SENATO

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12 VIA SENATO

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13 CA GRANDA

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15 VIA SENATO

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16 VIA SENATO

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18 SAN MARCO

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Analisi critica.

Obiettivi, Metodologia e Risultati della tesi.

L’anello viario chiamato tutt’ora Cerchia dei Navigli, riprendendo, come abbiamo detto, in buona parte quello che era il tracciato della Fossa interna, non riprende solo il tracciato ma anche gli accessi “difficoltosi” di quella via d’acqua. Gli attraversamenti principali infatti, tutt’ora rimangono quelli che nella storia erano i corsi che si attestavano sugli attraversamenti del naviglio, saranno quindi Corso Magenta, Corso Genova, Corso di Porta ticinese, Corso Italia, Corso di Porta Romana, Corso di Porta Vittoria, Corso Monforte, Corso Venezia, Via Turati, Via San Marco, corso Garibaldi e Corso Sempione le vie che tutt’ora uniscono il centro della città all’anello esterno alla cerchia.

Ci chiediamo quindi quale forza possa avere una via di percorrenza anulare, che permetta di unire la città dal Castello, passando per Cadorna fino ad arrivare a Brera, escludendo al suo interno tutti i vari bypass urbani che attraversa.

E’ in quest’ottica di unione e in quest’ottica di analisi che andiamo a lavorare cercando di spiegare come diversi poli, caratterizzati da usi e caratteristiche differenti possano far far parte di uno stesso sistema, rimanendo a loro volta legate a quella che è la loro vocazione, sia essa più o meno radicata.

L’intento del nostro lavoro è stato dapprima quello di definire i poli, cioè quelle aree che storicamente, e abitudinariamente calamitano la vita dell’area nella quale si trovano. E’ così che non troviamo poli dai confini ben definiti, ma piccole aree di interesse il cui centro è spesso ben compreso, ma la cui area di influenza va evaporando più ci si allontana dal fulcro.

Le aree da noi scelto:

1. Sant’Ambrogio 2. Porta Ticinese 3. Corso Italia 4. Ca’ Granda

5. Corso di Porta Vittoria

6. Quadrilatero della Moda, Giardini Pubblici 7. Brera

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In queste aree abbiamo dapprima analizzato le caratteristiche e le funzioni prevalenti che si svolgono al loro interno, perché se tutte sono caratterizzate da funzioni a microscala, simili quali quelle residenziali e quelle commerciali, rivolte principalmente ai residenti della zona, ognuna di esse è rappresentata da una funzione unica a macroscala, o quasi per la città. È così che andiamo a definire le funzioni che ci permettono di escludere dal nostro discorso alcune aree, che non rappresentano una funzione unica per Milano e che ci permetteranno di dare vita al nostro sistema di bypass urbani.

Le funzioni caratteristico di ogni zona sono:

Sant’Ambrogio Museo della Scienza e della Tecnica

Vetra, Parco delle Basiliche, Anfiteatro romano

Ca’ Granda Policlinico, Università, Guastalla

Quadrilatero della Moda, Giardini

Pubblici Shopping, Case museo, Palazzi Storici Brera Accademia e Pinacoteca, distretto dell’Arte

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Progetto

Una volta definite quelle che dalla nostra analisi sono risultate le funzioni a macroscala, caratteristiche di ogni polo, andiamo a definite il potenziale che, singolarmente ogni polo potrebbe sviluppare. Potenziale che permetterebbe al polo di continuare a funzionare a macroscala urbana, ma che gli permetterebbe anche di svilupparsi a microscala, andando a definire quella rete di bypass urbani che permetterebbero alla città di sfruttare quello che ha al suo interno e continuare a crescere in quello che è il suo centro storico.

Definiamo le tipologie di intervento e per ognuna di esse portiamo dei casi studio, esempi a nostro parere, esplicativi dell’intervento che vorremmo attuare.

Definizione Tipologie di Intervento: casi studio:

a. Sant’Ambrogio, Museo della Scienza e della Tecnica POLO MUSEALE

Ingresso museo Giardino museo Collegamenti musei

Ciudad de las artes y de la ciencias de Valencia. Calatrava

b. Vetra, Parco delle Basiliche, Anfiteatro romano PARCO ESTESO/ PARCO DISTESO

Collegamento parchi

Completamento spazi pubblici Porte parco

Città giardino

Processo di creazione parco delle Basiliche/ Anfiteatro Millenium Park. Chicago

c. Università Ca’ Granda, Policlinico RECINTI

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Barriere

Giardino di Versailles. Versailles

d. Quadrilatero della Moda, Giardini Pubblici MUSEO DIFFUSO Museo diffuso Biennale di Venezia Isola di Naoshima Inhotim Marfa

e. Brera, Accademia e Pinacoteca

ACCADEMIA DIFFUSA

Laboratori

Accademia diffusa Atelier

Progetto della Grande brera

f. Parco Sempione PORTE DEL PARCO Gerarchia accessi Porte parco

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Descrizione Aree di intervento

Analisi storica delle aree di intervento Tipi di intervento/ Casi studio

Ora andiamo a descrivere dettagliatamente ogni area di intervento.

Dapprima analizziamo quella che è la morfologia, andiamo a definire storicamente l’evoluzione di quelle che sono le funzioni caratteristiche a macroscala che possono essere implementate all’interno del polo. Dopo aver chiarito il tipo di intervento che riteniamo necessario, andiamo a descrivere quello che abbiamo definito come caso studio.

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Descrizione Aree di intervento

Analisi storica delle aree di intervento Tipi di intervento/ Casi studio

Sant’Ambrogio, Museo della Scienza e della Tecnica

POLO MUSEALE

La volontà è quella di aprire il museo della Scienza e della tecnica al quartiere di sant’Ambrogio, e alla pusterla dove si trovava un altro museo che sempre di tecnica, seppur di tortura, parlava.

L’area di progetto viene quindi a comprendere il “giardino” sopra il parcheggio Carducci, che oggi nonostante la giovane età risulta in forte stato di abbandono, le parti di via Olona e via Giosuè Carducci che collegano il museo alla Pusterla.

Riteniamo sia fondamentale riacquistare quel collegamento che legava S. Ambrogio alla Chiesa di San Vittore e al suo complesso, tramite la pusterla, sfruttando quella che negli anni è stata l’evoluzione dell’area. Andiamo a creare un nuovo spazio urbano che si accosti a S. Ambrogio senza andare a modificare quello specifico ambito, strozzando la Cerchia dei Navigli e andando ad aprire il museo al suo quartiere. Non più un unico accesso nella piazzetta/ sala d’attesa, di S. Vittore, ma un sistema di padiglioni distribuiti in un Parco Museale.

PAROLE CHIAVE:

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DESCRIZIONE AREA DI INTERVENTO/ ANALISI STORICA

Area di Sant’Ambrogio

L’area di Sant’Ambrogio è caratterizzata dalla presenza della Basilica di Sant’Ambrogio, dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dal Museo della scienza e della Tecnica e dalla chiesa di San Vittore, cardine di questi elementi è la Pusterla di Sant’Ambrogio che ha sempre avuto come funzione principale proprio quella di Sant’Ambrogio - San Vittore.

Ritenendo ben sviluppato il potenziale di S. Ambrogio e la sua coesione con l’Università Cattolica, ci vogliamo soffermare su quella che è la storia e la creazione del Museo della scienza e della Tecnica e della Pusterla.

Museo scienza e Tecnica

Il Museo nazionale della scienza e della tecnologia "Leonardo da Vinci" ha sede a Milano, nell'antico monastero di San Vittore al Corpo in via S. Vittore 21, nelle vicinanze del luogo ove Leonardo possedeva alcuni terreni coltivati a vigna, all'epoca appena fuori le mura cittadine.

Il complesso museale viene ristrutturato interamente nella seconda metà del 1500, quando vengono anche ricostruita la chiesa di S. Vittore e i chiostri principali prospettanti sui cortili secondari.

L'8 giugno 1805 con decreto napoleonico viene disposto che il monastero venga convertito in ospedale militare. Sotto la soprintendenza del colonnello del Genio il complesso viene adeguato alle nuove esigenze militari. Trasformato in caserma dall'esercito italiano

Negli anni successivi l'ospedale lascia il posto alla Caserma delle Voloire. L'esercito italiano continuò ad usare del vecchio Monastero secondo i suoi particolarissimi bisogni, aggiungendo tramezze, aprendo e chiudendo aperture, ovunque distendendo più e più mani di scialbo sulle immense pareti. Ma i segni della antica opulenza erano davvero scomparsi: tramezzate le navate della grande biblioteca, ridotto a dormitorio il maestoso refettorio.

Quando nell'agosto del 1943 i bombardamenti su Milano colpirono l'edificio, nonostante fosse già disposto il trasferimento della caserma nella Cittadella delle Milizie di Baggio, l'esercito ne era ancora ospite. Per un paio d'anni, la Caserma Villata non esistette se non come cava di materiale; le intemperie si incaricarono di fare il resto.

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Il Museo è uno dei più conosciuti di Milano, nel 2008 è stato visitato da 379.686 persone nonostante sia rimasto chiuso al pubblico per più di tre mesi.

L'idea di creare a Milano un museo dedicato alla tecnica risale agli anni trenta del Novecento. All'attuazione, tuttavia, si giunse molto più tardi. Nel 1942 fu costituita la “Fondazione Museo Nazionale della Tecnica e dell’Industria”. Nel 1947 la Fondazione si trasformò in ente morale, e le fu assegnato l'edificio che attualmente ospita il museo: un convento di frati Olivetani.

Negli anni successivi le raccolte vennero progressivamente ampliate, con l'apertura di nuove sezioni. Nel 1964 venne realizzato il padiglione aeronavale, espressamente per ospitare gli oggetti tuttora più importanti contenuti: la nave scuola Ebe ed il Conte Biancamano. Nel 1969 fu inaugurato il padiglione ferroviario. Nel 1993 furono aperti i primi laboratori interattivi.

Ad iniziare dai primi anni del XXI secolo, l'ente museale si è riorganizzato in una veste più dinamica e flessibile, recuperando precedenti collezioni, ristrutturando sale e favorendo la presenza di eventi di interesse culturale quali convegni, concerti e mostre temporanee.

Il complesso museale è composto da diverse sezioni, divise in tre edifici principali, un giardino e un padiglione per ora chiuso.

Edifico Monumentale

Il corpo storico del museo è il padiglione di ingresso all’intero complesso, ospita la Galleria Leonardo da Vinci, l’Auditorium con il soffitto originale del Portaluppi, la Biblioteca, la sala delle colonne e la sala del Cenacolo usate come sale polivalenti.

Il padiglione aeronavale

In questo capannone è presentato il tema della navigazione, sia su mare che nei cieli, sia civile che militare. Sono infatti presenti cimeli di antiche navi da guerra e alcuni mezzi di assalto marittimi ed aerei impiegati nei due conflitti mondiali.

Giardino esterno

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31 Civica Siloteca Cormio

Fu ospitata dal 1958 al 1973 nel capannone delle ex Officine Tallero. Oggi trasferita all Museo di Storia Naturale. Padiglione Olona

Ospita il bookshop, una sala esposizioni temporanee e rappresenta l’uscita del museo. Il padiglione ferroviario

Il padiglione è realisticamente allestito come una vera stazione ferroviaria e vi sono conservati numerosi pezzi originali, molti dei quali provenienti dalla collezione del Museo delle Ferrovie dello Stato già nella Stazione Termini di Roma.

L'allestimento comprende locomotive a vapore, elettriche e Diesel nazionali e straniere, oltre a numerosi tipi di segnaletica.

Pusterla di S. Ambrogio

<< Definite dal Cherubini piccole porte di città, le pusterle erano caratterizzate da un’arcata sotto torre difensiva, mentre le porte primarie erano caratterizzate da due arcate affiancate a destra e a sinistra da una torre quadrangolare come le altre torri delle mura e come queste di tipo difensivo.

Secondo lo storico Galvano Fiamma (1283-1344) e secondo le notizie che riporta da Bonvesin de la Riva (1240-1315), le pusterle che si aprivano lungo le mille e più braccia di mura cittadine, erano una decina. Cominciando da ovest e in senso orario, il loro nome era: Sant’Ambrogio, Azze, San Marco, Monforte, Sant’Eufemia, Chiusa e Fabbrica. A queste si dovrebbero aggiungere le Borgo Nuovo, Santo Stefano e Bottonuto (3) evidentemente ancora inesistenti al tempo del Fiamma>>.

In questo elenco delle pusterle, quella di Sant’Ambrogio è quella che conserva meglio documentata la sua storia e mantiene più o meno invariato il suo aspetto. Tuttavia, siccome le sembianze non erano solenni come quelle di una porta né modeste come quelle di una pusterla, il varco di Sant’Ambrogio è sempre stato considerato una curiosa anomalia della cinta muraria milanese e niente di più.

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Probabilmente esistita già prima del del 1162, presenta la caratteristica di avere due fornici: uno indicava la strada per la basilica di Sant’Ambrogio, l’altro quella per la basilica di San Vittore.

Nel Cinquecento, con lo spostamento delle mura dalla Cerchia dei Navigli ai Bastioni, la pusterla, circondata e sommersa da case abitate, perdeva ogni utilità salvo quella di prigione ricavata in una delle due torri.

Così per secoli nessuno più si sarebbe interessato della pusterla lasciandola deperire e trasformarsi in rattera. Senonché nel 1937, in seguito a un rigurgito di nostalgia per il passato remoto, si pensò di ripristinarla destinandola a funzioni culturali. Il progetto fu favorito dal ritrovamento qua e là di pezzi autentici di pusterla. Danneggiata nel 1943 dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, a conflitto terminato, venne infine ripristinata.

La pusterla ha ospitato per molti anni il museo, molto visitato e conosciuto a Milano, che è attualmente chiuso e in cerca di una nuova collocazione. Presentava una vasta collezione di armi e strumenti di tortura, una vasta rappresentazione quindi delle scienze del male.

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CASO STUDIO

Ciudad de las artes y de la ciencias de Valencia. Calatrava

La città delle Arti e della Scienza è un progetto di Santiago Calatrava, decide di costruire uno dei suoi più grandi e complessi architettonici proprio nella città natale.

Le strutture si sviluppano lungo le rive del fiume Turia, e si estendono su una striscia di terra lunga 8 chilometri e larga 200 metri. Il complesso è composta da cinque grandi edifici: il Palazzo dell’Arte, il Museo della Scienza, l’Humbracule, il parco oceanografico e l’Hemisferic, che sono stati realizzati per ospitare mostre ed eventi legati all”arte, alla scienza e alla natura.

Hemisferic.

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34 Museo delle Scienze.

Il museo delle scienze 40000 mq di superficie, ospita percorsi didattici e interattivi che mostrano il progresso scientifico. Biologia, fisica, tecnologie applicate alla comunicazione, alla costruzione, allo sport, ecc.

Humbracule.

L’Humbracule è stato costruito al sud del complesso ed è la zona dedicata ai veicoli. L’area è in grado di ospitare fino a 900 posti auto e 20 parcheggi autobus. La parte nord invece è stata concepita come una zona di passaggio su un grande giardino/ passerell che permette una visione d’insieme di tutto il complesso.

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35 Parco Oceanografico universale.

Il parco Oceanografico universale è un acquario di 80000. Mostra ai visitatori differenti habitat marin. All’interno si trovano acquari, isolotti, lagune e un ristorante.

Palazzo delle Arti:

Il palazzo delle arti è l’edificio destinato ad ospitare iniziative di vario tipo ed eventi culturali. Composto da tre grandi auditori, di cui uno all’aperto, ospitano i numerosi visitatori.

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Descrizione Aree di intervento

Analisi storica delle aree di intervento Tipi di intervento/ Casi studio

Vetra, Parco delle Basiliche, Anfiteatro romano

PARCO ESTESO/ PARCO DISTESO

L’intento del progetto è quella di valorizzare i parchi dell’Anfiteatro e il viale di via Conca, creando un

sistema verde che si inserisca nella logica di formazione di Parco Vetra, e si vada ad innestare nel tessuto

urbano esistente, collegandosi al corso di porta ticinese, tramite le strade esistenti. Nell’ottica di creare un

grande quartiere giardino c’è anche l’idea di riunire il parco, ora diviso dall’arteria principale che attraversa il

polo da via Molino delle Armi, trasformando la strada stessa in parte integrante del giardino.

PAROLE CHIAVE

Collegamento parchi Completamento spazi pubblici Porte parco Città giardino Processo di creazione parco delle Basiliche/ Anfiteatro

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STORIA

Quartiere di Porta ticinese, Chiesa di San Lorenzo, Basilica di Sant’Eustorgio

Il corso di Porta Ticinese ( o Porta Cicca) era un tempo limitato al tratto compreso tra il Carrobbio e il portale medievale, mentre il tratto al di là del naviglio era detto borgo di Cittadella in memoria del recinto fortificato con cui Azzone Visconti aveva ampliato le mura in questa zona della città: in prossimità della pusterla dei Fabbri la nuova cortina seguiva il tracciato dell’odierna via Conca del Naviglio e proseguiva nella via S. Croce, per ricongiungersi alle vecchie mura nei pressi della Chiusa, nel punto in cui oggi sbocca la via omonima.

Il colonnato di S. Lorenzo è l’ultimo resto della città romana. Le sedici colonne marmoree resistono da sedici secoli. Si presume che in epoca imperiale appartenessero al tempio pagano che doveva trovarsi non lontano, forse sull’area dell’odierna piazzetta S. Maria Beltrade. Scampate all’incendio che distrusse il tempio, vennero poste sul sagrato della basilica paleocristiana sorta a metà del IV secolo fuori dalla Porta Ticinese. Scampate alla furia dei barbari, rischiarono di venire abbattute dagli urbanisti che volevano ampliare il corso di Porta Ticinese per agevolare l’ingresso solenne di Filippo II. A difenderle si schierarono Ferrante Gonzaga, che le fece anche restaurare, e Pietro Verri. La chiesa di S. Lorenzo, con i suoi 16 secoli di vita, è la chiesa più antica della città. Sopravvisse a vari incendi e crolli, l’ultimo dei quali si verificò nel 1573 e coinvolse la cupola, la cui ricostruzione fu affidata a Martino Bassi. La basilica, venne costruita fra il 355 e il 372 sulla via Marzia.

All’incrocio con le vie De Amicis e Molino delle Armi sorge Porta Ticinese per la quale un tempo si entrava in città. Dalla campagna vi si giungeva attraversando un ponte sul naviglio scomparso, quando il naviglio venne coperto. La Porta Ticinese è, assieme a Porta Nuova, l’unica delle sei porte della cinta medievale a essere giunta fino a noi. Altri elementi caratteristici del quartiere sono, oltre alla Basilica di Sant’Eustorgio, collegata a quella di San Lorenzo dal corso di Porta Ticinese, i resti dell’Anfiteatro Romano, costruito tra il I e il II secolo con il neonato parco archeologico e l’antiquarium.

Dal dopoguerra il quartiere di Porta Ticinese è caratterizzato da un nuovo elemento, diventato uno dei punti di ritrovo più in auge tra i giovani Milanesi e non solo: il Parco delle Basiliche.

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Parco Archeologico dell’Anfiteatro romano

Ha una superficie di 12.000 m², è stato realizzato nel 2002 su progetto della Soprintendenza Archeologica della Lombardia, con Gaianè Casnati e Studio Land.

Il parco è collocato nel luogo dove sorgeva un grande anfiteatro romano a pianta ellittica, lungo 155 metri e largo 125, in grado di ospitare fino a 35.000 spettatori e che fu distrutto dalle invasioni barbariche nel V secolo. Le fondamenta furono scoperte durante scavi archeologici iniziati nel 1931 completati negli anni ‘70. Oggi il parco presenta come unico accesso quello da Santa Maria della Vittoria, un percorso pavimentato in stabilizzato conduce all’area degli scavi delle antiche fondamenta, mentre sul lato di via Arena è stato costruito un terrapieno che riprende e rievoca il vecchio tracciato ellittico dell’anfiteatro.

Conca di Viarenna

<< Una chiusa sotto l’epitaffio della Vergine Salvatrice costruita in pendio a causa di dislivello affinché le navi

potessero andare da una parte all’altra della città con comodità, soggetta al fisco ed al tributo, Ludovico Duca di Milano diede in dono alla Fabbrica del Duomo nell’anno in cui sua moglie Betarice d’Este morì, 1497 >>.

(dall’epigrafe posta in Conca da Ludovico il Moro)

La Conca di Viarenna, in Via Conca del Naviglio, è stata costruita, a cura della Veneranda Fabbrica del Duomo, tra il 1551e il 1558, durante la costruzione dei bastioni (1548-1566).

Inventata dagli ingegneri della Fabbrica del Duomo, la Conca era stata rilevata alla fine del quattrocento da Leonardo da Vinci nel disegno del Codice Atlantico.

Dopo la copertura della Cerchia e del Naviglio di Via Vallone (1933) la Conca di Viarenna, costruita per consentire il passaggio delle imbarcazioni dal Naviglio Grande alla Cerchia dei Navigli, è rimasta dapprima collegata alla darsena e poi isolata e inutilizzata. Ora, alimentata dall’acquedotto cittadino è recintata e priva dei suoi portoni, nella via che dalla Conca ha preso il nome, via Conca del Naviglio.

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Parco delle Basiliche

Il parco prende il nome dall'affacciarsi su esso delle due antiche basiliche che ne chiudono le estremità rispettivamente a nord e sud, lungo l'asse del parallelo corso di porta Ticinese.

E' situato a sud-sudovest rispetto al centro storico cittadino, non distante dalla Darsena e dai due Navigli ancora scoperti, e costituisce la punta di verde pubblico più avanzata in direzione dello stesso centro; l'unica consistente area destinata a verde pubblico che penetri sin dentro la cosiddetta cerchia dei Navigli. Ha forma oblunga, affusolata ma non stretta; ha una superficie grande quasi quanto quella di piazza del Duomo ed è tagliato a circa a 1/3 della sua lunghezza, guardando da nord, dalla via Molino delle Armi, tratto piuttosto trafficato della circonvallazione più interna di Milano.

Sino agli anni 20 del XIX secolo quello che è l'attuale parco era attraversato longitudinalmente dalla Vetra, un canale a cielo aperto collegato con la cerchia dei Navigli. Sul lato nord, la piazza Vetra conserva ancora oggi la curvatura dovuta all'ansa dell'antico canale. Numerose abitazioni di poco pregio sorgevano addossate all'abside della basilica di san Lorenzo e restringevano l'ampiezza dello slargo, nel quale, una volta coperto il canale, sorsero a metà dell'800 due piccoli mercati coperti. Nel corso dei primi trent'anni del Novecento si procedette a liberare la basilica dalle costruzioni che vi si erano addossate e ad abbattere le case presenti sul sito dell'attuale esattoria, famigerate per essere un luogo di concentrazione della malavita del quartiere. Sul lato sud, verso sant'Eustorgio, esisteva sino alla seconda guerra mondiale un tessuto edilizio in piena continuità con quello circostante. Il sito ha assunto la configurazione attuale all'incirca cinquanta anni fa, a causa dell'ampio squarcio aperto dai bombardamenti alleati dell'agosto 1943 nel tessuto edilizio del quartiere ticinese e le cui tracce sono visibili ancora oggi. Nel dopoguerra fu dunque decisa la trasformazione dell'intera area in un parco unitario il cui progetto originario, non interamente realizzato, è dovuto all'architetto Pier Fausto Bagatti Valsecchi.

Parco oppure piazza?

Il parco delle basiliche ha, per motivi che illustrerò subito, la fisionomia ambigua. Lo si può forse caratterizzare meglio come una sorta di vasta piazza monumentale pedonalizzata, in cui però il manto erboso sostituisca il più tradizionale lastricato: esso è pienamente integrato con il tessuto urbano circostante, dentro il quale non rappresenta una cesura e una discontinuità, ma bensì un diradamento, anche per le modalità storiche di formazione che abbiamo visto. Sono numerose le vie che sfociano al parco e vi danno accesso, e il sistema dei sentieri che lo percorrono ha come principale caratteristica quella di connettere, ad uso dei pedoni, la maglia viaria che si interrompe a est e ad ovest del parco. Questo fatto sembra rafforzare quella fisionomia di piazza a verde di cui si diceva, in quanto il parco dispone

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di un sistema di percorsi diretti, adatti per il semplice attraversamento, oltre che per la circolazione interna. Mi sembra un elemento da non sottovalutare la connessione simultanea che qui si determina tra due modalità tipicamente distinte di uso della città: la mobilità per scopi di trasferimento e la mobilità per scopi di svago. Vedremo come tra le critiche mosse al progetto dell'amministrazione comunale questo tema riemergerà.

Il parco è impreziosito dagli affacci monumentali di cui si diceva, sia per il loro rilievo storico/architettonico, sia per la elevata qualità del landscape urbano che contribuiscono a disegnare, sia infine per il carattere concluso che gli conferiscono situandosi agli estremi della sua estensione.

Allo stato attuale ha scarso rilievo la presenza di attrezzature per la fruizione del verde caratteristiche dei parchi urbani (giochi per bimbi, piste ciclabili, ecc.).

Si affacciano direttamente sul parco, quasi senza intermediazione, gli accessi di edifici che ospitano funzioni pubbliche rilevanti (l'esattoria, la cui morfologia riprende morbidamente il corpo convesso della basilica di san Lorenzo; l'istituto tecnico Cattaneo, il costituendo museo diocesano, ecc.), attività commerciali (libreria Sapere) e attività ricreative (Coquetel, ecc.) di vario genere.

APPROFONDIMENTO

Il progetto di recinzione e sistemazione del parco.

Gli usi del parco che disturbano e danneggiano

Il parco delle basiliche è frequentato da spacciatori di droghe, i quali sia durante le ore diurne che di notte stazionano in attesa di clienti avvantaggiandosi della presenza di aree appartate e delle numerose vie di fuga. La loro presenza non è in generale fonte di episodi di violenza, furti e scippi; inoltre il loro mercato si limita alle droghe leggere (come conferma lo scarso numero di siringhe usate raccolte durante le periodiche iniziative di pulizia del parco). Tuttavia la presenza degli spacciatori induce un ulteriore afflusso di persone che particolarmente durante le ore notturne può tradursi in disturbo della quiete pubblica. A ciò si può aggiungere che la forte prevalenza di spacciatori di origine nordafricana può accentuare la preoccupazione in alcune fasce di popolazione meno favorevoli alla immigrazione extracomunitaria. In particolare durante le serate estive alcune centinaia di ragazzi si ritrovano in piazza Vetra. Questi frequentatori manifestano sovente scarso rispetto verso il verde e l'arredo urbano: il manto erboso è eroso dal continuo calpestio specie in prossimità delle rivendite di cibi e bevande ed il suolo è imbrattato da cartacce, tappi a corona, mozziconi di sigaretta; alcuni ragazzi amano suonare strumenti a percussione oppure ascoltano musica ad alto volume impedendo il sonno dei residenti.

Data la limitatezza di spazi verdi nel centro di Milano il parco è inoltre usato dai residenti per condurre a passeggio i cani, senza generalmente preoccuparsi della rimozione degli escrementi.

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43 Descrizione fisica dell'intervento

Il progetto dell'ufficio tecnico comunale prevede l'innalzamento lungo il perimetro del parco di una cancellata in metallo dotata di varchi in corrispondenza delle principali vie di accesso. Interamente nuovo è il disegno dei percorsi interni, organizzato principalmente intorno a un asse ciclabile a due corsie della larghezza di nove metri complessivi, che percorre il parco da nord a sud ed è pavimentato in porfido. E' prevista la realizzazione di aree attrezzate per il gioco dei bambini, delle quali una posta allo sbocco di via Vetere. Si procede allo sbancamento del suolo nella zona sud del parco, che attualmente è rilevato naturalmente di 2 metri, per destinare l'area a giardino cosiddetto all'italiana che richiami nella forma e nelle essenze i due adiacenti chiostri di sant'Eustorgio. Altro intervento radicale è l'abbattimento di circa 60 piante, per lo più malate secondo il parere dei progettisti, per consentire l'erezione della cancellata: il progetto ne prevede la sostituzione con altre di pari pregio e in numero maggiore, distribuite lungo i viali di nuova realizzazione.

Le principali critiche mosse al progetto

Una fascia perimetrale pari alla larghezza di un marciapiedi viene erosa al parco per consentire l'accesso agli edifici e alle attività affacciate sullo stesso. Il nuovo asse a doppia corsia e il viale alberato sul lato est di piazza Vetra cancellano l'antico tracciato dei percorsi pedonali. Risulta frazionato lo spazio attualmente unitario (anche visivamente) in aree delimitate da piante a basso ed alto fusto. L'area di gioco per bambini centrale viene cintata con alberi ad alto fusto che interromperebbero il cannocchiale prospettico avente per fuochi il campanile di sant'Eustorgio a sud e il sistema delle cappelle absidali della basilica di san Lorenzo a nord. Lo sbancamento della zona sud comporta il rischio di abbattimento per le numerose piante che vi crescono. Molte delle piante da abbattere lungo il tragitto della cancellata non sarebbero affatto malate, ma sofferenti per la scarsa manutenzione; quasi tutte quelle realmente parte malate sarebbero poi recuperabili con cure opportune; inoltre le nuove piante messe a dimora, seppure fossero essenze dello stesso pregio delle precedenti, non raggiungeranno la dimensione ottimale prima che siano trascorsi molti anni. Il progetto non si pone il problema di come risolvere l'attraversamento della via Molino delle Armi: il progetto originario di Bagatti Valsecchi prevedeva l'interramento in galleria di quel tratto di strada saldando in tal modo in superficie le due fette di parco.

Le critiche rivolte alla recinzione come soluzione

Per eliminare il rumore occorre agire sui frequentatori della piazza (che certamente non sono tutti criminali), sul numero dei locali pubblici e sull'osservanza degli orari di chiusura.

La recinzione crea intorno al parco dei percorsi obbligati che costringerebbero i residenti a rischiare incontri con persone malintenzionate che potrebbero essere evitati avendo la possibilità di scegliere percorsi alternativi. Quanto all'interno del parco, si sostiene che la recinzione riduce di molto le possibili vie di fuga in caso di eventuale aggressione. Da parte di alcuni esponenti delle forze di sicurezza si fa notare che pochi ingressi facilitano il compito di avvistamento delle vedette che gli spacciatori appostano

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per prevenirsi dalle retate. Inoltre l'esperienza del parco Sempione e dei giardini di Porta Venezia sembra dimostrare che le recinzioni non sono affatto impermeabili, e che varchi abusivi consentono l'accesso anche nelle ore considerate di chiusura.

Un argomento che non tocca il tasto della sicurezza è quello che assimila il parco delle basiliche a una piazza e di conseguenza sostiene che la recinzione di una piazza è una privazione nei confronti dei cittadini che la adoperano come luogo di sosta e di passaggio.

Il parco cintato, si dice, non sarebbe più un fattore di continuità nel contesto urbano come accade attualmente, ma diventerebbe un fattore di frazionamento e di divisione: un'isola separata dalle pratiche quotidiane di vita dei cittadini.

Non ultimo è l'argomento per cui la cancellata causerebbe un danno estetico alla godibilità del complesso monumentale delle basiliche, il quale dovrebbe essere osservato attraverso le sbarre.

E' stata affacciata come opportunità, da parte dei critici, l'indizione di un concorso internazionale di architettura che faccia emergere, attraverso il confronto, idee valide per la miglior valorizzazione di un patrimonio ambientale e monumentale che non può essere messo a repentaglio da scelte poco ponderate.

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CASO STUDIO

Millenium Park. Chicago

Abbiamo voluto aggiungere oltre all’analisi e la descrizione del parco delle Basiliche quello di un altro parco, sorto in una zona urbana già esistente e seppur in diversa scala con affinità rispetto al nostro progetto.

Il Millennium Park è un parco pubblico situato nei pressi del Loop - l'importante centro cittadino che prende il nome dal tracciato della ferrovia sopraelevata che si sviluppa in senso circolare attorno alle sue vie - che ospita una varietà di arte pubblica in una zona delimitata da Michigan Avenue, Randolph Street, Columbus Drive e Monroe Drive a est. È stata del sindaco di Chicago, Richard M. Daley, l'ambiziosa idea di realizzare quello che è stato inizialmente concepito da Daniel Burnham - con il piano di Chicago del 1909 - un piano per il futuro di Chicago. La pianificazione è iniziata nel mese di ottobre 1997, la costruzione ha avuto inizio nel mese di ottobre 1998 ed è stata completata nel luglio 2004, con quattro anni di ritardo. Originariamente, il parco doveva essere progettato da Skidmore, Owings & Merrill, ma gradualmente ulteriori architetti e artisti sono stati incaricati della pianificazione del parco, come Frank Gehry e Thomas Beeby.

Il Millennium Park è caratterizzato dal McCormick Tribune Ice Skating Rink, dal Peristilio in Wrigley Square, dal teatro Joan W. and Irving B. Harris for Music and Dance e dalla AT&T Plaza, ma si distingue anche e soprattutto come luogo d'arte pubblica grazie alla grande scala di ciascun pezzo e agli ampi spazi aperti per la visualizzazione.

Ci sono quattro grandi opere artistiche molto famose che contribuiscono a creare una nuova immagine della città e che sono apprezzate sia dagli abitanti di Chicago che dai visitatori: Cloud Gate, Crown Fountain, Lurie Garden e il Jay Pritzker Pavilion. Tra le attività, oltre a concerti all'aperto ovviamente, trovano spazio una pista di pattinaggio sul ghiaccio e il McDonald's Cycle Center, dove è possibile noleggiare biciclette.

La costruzione del parco è stata un'occasione irripetibile di riqualificazione urbana perché ha permesso di ''ricucire'' il rapporto tra il Loop ed il lago Michigan, precedentemente separati dalla ferrovia, oggi interrata. Fin da subito inoltre è stata sentita l'esigenza di creare una pedonalizzazione totale fino al lungolago e tale esigenza è stata risolta attraverso l'inserimento di un ponte che copre le otto corsie di Columbus Drive, il BP Bridge progettato da Frank Gehry.

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Descrizione Aree di intervento

Analisi storica delle aree di intervento Tipi di intervento/ Casi studio

Università Ca’ Granda

Barriere

Questa parte di città è caratterizzata da un insieme di grandi oggetti poco interconnessi tra loro, tutti però caratterizzati da un complesso rapporto con lo spazio pubblico e da una forte identità architettonica.

Ognuno dei grandi edifici che, nel tempo, ha caratterizzato questa parte di città, ha sempre accompagnato all’idea della “grande dimensione” (Ca’ Granda, Rotonda Besana, Umanitaria, San Barnaba, Caserma Lamarmora, Guastalla), la costruzione di uno spazio aperto che, con il variare delle funzioni ospitate, ha assunto, di volta in volta, il carattere di uno spazio privato, semipubblico, pubblico, collettivo.

Questo spazio privato ma aperto al pubblico è caratterizzato da un principale elemento: il recinto.

Questi manufatti sono tutti, seppur con caratteristiche differenti, recintati. Recinti tutti che rendono lo spazio aperto in alcuni momenti del giorno, ma che ne caratterizzano l’eterogeneità delle funzioni. È infatti il recinto, in questi casi, non una barriera fisica che tende a escludere: si pensi all’ospedale, all’università, alla Guastalla… ma un recinto che una volta entrati, fa percepire lo spazio in maniera differente, fa percepire lo spazio come interno.

Gli intenti del progetto sono quelli di mettere in relazione i due principali caratteri morfologici presenti nell’area: lo spazio aperto collettivo e permeabile della città e la natura introversa e autonoma della città dei “grandi oggetti” racchiusi dentro i loro recinti.

In questo quadro, possiamo differenziare i recinti presenti in base al grado di introversione, se quindi troviamo il recinto dell’università, possiamo facilmente capire come quest’ultimo abbia un grado di introversione diverso rispetto al giardino dell’ospedale o a sua volta rispetto a quello puramente formale del giardino della Guastalla.

Se la costruzione del nuovo complesso ospedaliero, valorizza la valenza pubblica del recinto dell’Ospedale Maggiore come spazio collettivo attraversabile, aumentando la permeabilità dello spazio pubblico esterno e ponendo una particolare attenzione alla continuità degli spazi verdi, alla loro prossimità ai luoghi di cura interni alle strutture

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sanitarie e ai luoghi di sosta e di attesa nello spazio aperto all’interno del perimetro, questo crediamo debba avvenire diversamente per il giardino della Guastalla, che deve essere si aperto, ma deve permettere al giardino di vivere in quello stato di grazia e quasi alienazione dal presente che ne caratterizzano la storia e che sono così ben esplicitati nelle sue forme. Discorso di apertura, seppur meno esplicita di quella dell’ospedale va fatto col recinto dell’Università che, seppur spazio pubblico e visitabile da tutti, sceglie al suo interno un’unica utenza: gli studenti.

È così che crediamo che la potenzialità urbanistica di questo polo risieda proprio nei suoi recinti, nella capacità che essi hanno di relazionarsi tra di loro. È quindi nella creazione di assi di percorrenza principali, che attraversino in modi diversi l’isolato, che crediamo di esplicitare la valenza pubblica di questi luoghi, ora ancora eccessivamente introversi.

PAROLE CHIAVE

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STORIA

Ca’ Granda

La Ca' Granda, già sede dell'Ospedale Maggiore di Milano, è situata tra via Francesco Sforza, via Laghetto e via Festa del Perdono, a ridosso della basilica di San Nazaro in Brolo.

L'edificio che nacque come Ospedale Maggiore, fu una delle opere più significative del Filarete a Milano, esempio paradigmatico del gusto rinascimentale lombardo. Lo stile è ibrido, improntato a linee nitide, ma addolcite da una certa ricchezza decorativa, senza un'applicazione di estremo rigore della "grammatica degli ordini brunelleschiana”. L'Ospedale maggiore, commissionato secondo la volontà del nuovo principe Francesco Sforza di promuovere la propria immagine, mostra con chiarezza le diseguaglianze tra il rigore del progetto di base, impostato a una funzionale divisione degli spazi e una pianta regolare, e la mancata integrazione con il minuto tessuto edilizio circostante, per via del sovradimensionamento dell'edificio. La pianta dell'Ospedale è quadrangolare, con due bracci ortogonali interni che disegnano quattro vasti cortili. Alla purezza ritmica della successione di archi a tutto sesto dei cortili, derivata dalla lezione di Brunelleschi, fa da contraltare un'esuberanza delle decorazioni in cotto.

Nel 1943, a causa della seconda guerra mondiale, la struttura subì gravi danni, riparati alla fine della guerra recuperando quanto più possibile il materiale originario.

Ospedale Maggiore Policlinico

All'inizio del XX secolo si decise lo spostamento dell'ospedale dalla sede storica, la Ca’ Granda, al di là del naviglio (dove aveva già cominciato ad espandersi); questo avvenne con la concomitante fondazione dell'Università statale. Il Maggiore, come Policlinico Universitario si spostò in una vasta area compresa fra le vie Francesco Sforza, il corso di Porta Romana, le vie Lamarmora e Commenda. Il primo istituto ad essere inaugurato fu quello Ostetrico ginecologico, l’attuale Mangiagalli.

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Giardino della Guastalla

Fu commissionato dalla contessa Paola Ludovica Torelli della Guastalla e terminato nel 1555. Su una superficie di 12.000 mq, fu realizzato secondo lo stile del giardino all’italiana. Ospitava la fondazione benefica “Collegio della Guastalla”. Nel 1938 il Comune di Milano acquisì l’intero complesso e affidò il progetto di restauro all’architetto Renzo Gerla per la parte architettonica e all’ingegnere Gaetano Fassi per quella botanica. L’intervento comportò la sostituzione del muro di cinta con una recinzione per offrire alla vista lo spazio prima nascosto e la decorazione dell’area intorno alla peschiera con cespugli di rose e bossi topiati a palla. A causa della speculazione edilizia fu successivamente cancellata la fascia continua di verde che univa il Giardino della Guastalla al Parco Sormani.

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CASO STUDIO

NUOVO OSPEDALE MAGGIORE MILANO Progetto in realizzazione

committenza/promotore: Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico area di intervento: 80.000 mq

superficie costruita: 70.000 mq

2007 concorso internazionale - 1° classificato: Boeri Studio (S.Boeri, G. Barreca, G. La Varra) in ATI con Techint S.p.A., ABDarchitetti, B.T.C. srl, C+S associati, Labics, Land s.r.l., TRT Trasporti e Territorio s.r.l.)

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Descrizione Aree di intervento

Analisi storica delle aree di intervento Tipi di intervento/ Casi studio

Quadrilatero della Moda, Giardini Pubblici

Museo Diffuso

Il cosiddetto quadrilatero della moda, occupa un pugno di strade del centro di Milano. Questo polo, definito commercialmente dalle vie dello shopping si inserisce all’interno di un’area più vasta, storicamente caratterizzata dalle residenze delle più antiche famiglie milanesi.

Quest’area, oggi così fortemente caratterizzata dal commercio di lusso e conosciuta in tutto il mondo per questa sua funzione, rischia di essere fagocitata da questa funzione, esclusiva e riservata ad un pubblico relativamente ristretto, perdendo quella che per secoli è stata la sua connotazione principale.

Si trovano ancora oggi in questa area bellissimi palazzi e bellissimi giardini, alcuni dei quali inseriti in piccoli circuiti museali, altri trasformati in singoli musei, altri ancora come i giardini di Villa Invernizzi, diventati meta da voyeuristi, sbirciare tra la siepe per vedere quel bellissimo giardino è oramai una meta obbligata di ogni turista accorto, ma impedita a tutti gli altri.

La nostra intenzione è proporre un itinerario alternativo che si sovrapponga ai percorsi dello shopping e che silenziosamente, faccia scoprire quasi per caso quelle dimore, valorizzando un grande patrimonio che Milano ha sempre ritenuto scontato.

PAROLE CHIAVE

Collegamento parchi Completamento spazi pubblici Porte parco Città giardino Processo di creazione parco delle Basiliche/ Anfiteatro

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STORIA

Quadrilatero della Moda

Il Quadrilatero della moda è un quadrato immaginario composto da quattro vie del centro di Milano. In questa zona si concentrano numerosissimi negozi e atelier delle griffe più importanti della moda. Il quadrilatero è racchiuso tra: via Montenapoleone, via Manzoni, via della Spiga, corso Venezia., inoltre è composto dalle vie interne: via Borgospesso, via Santo Spirito, via Gesù, via Sant'Andrea, via Bagutta.

CASE MUSEO

Il circuito delle Case museo milanesi comprende 4 edifici, i tre più importanti si trovano in questa zona.

Museo Bagatti- Valsecchi

Il piano nobile di Palazzo Bagatti Valsecchi, ristrutturato negli anni ottanta del XIX secolo in stile neorinascimentale, accoglie la fastosa dimora dei fratelli Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi; qui i due nobili milanesi allestirono le opere d’arte appositamente raccolte, disponendole in sontuosi ambienti domestici ispirati al gusto del Rinascimento lombardo. Si saldavano così in un insieme di grande suggestione la ricca collezione di dipinti e manufatti quattro-cinquecenteschi e le sale destinate a contenerli. Tavole di antichi maestri quali Giovanni Bellini o il Giampietrino, maioliche, vetri rinascimentali, arredi quattrocenteschi, avori, oreficerie, armi e armature compongono il ricchissimo patrimonio della casa museo e ne arredano i suggestivi ambienti creati, verso la fine del XIX secolo, sotto l’attenta supervisione dei due fratelli Bagatti Valsecchi.

Villa Necchi Campiglio

Costruita tra il 1932 e il 1935 dall’architetto Piero Portaluppi, Villa Necchi Campiglio è giunta a noi perfettamente intatta, sia nell’ampio giardino esterno - corredato da tennis e piscina -, sia nella ricca infilata di sale interne. Architettura, arti decorative, arredi e collezioni restituiscono, l’elevato standard di vita dei proprietari, esponenti dell’alta borghesia industriale lombarda.

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Museo Poldi Pezzoli

La casa museo apre nel 1881, due anni dopo la morte del suo fondatore, il nobile Gian Giacomo Poldi Pezzoli (1822-1879), uno dei più illuminati collezionisti dell’Ottocento. La sua casa museo è uno dei primi e più riusciti esempi di istorismo in Europa: ogni ambiente si ispira ad uno specifico stile del passato e ospita un’eccezionale scelta di manufatti artistici antichi. Preziose raccolte di dipinti dal Trecento all’Ottocento, sculture, armi, vetri, orologi, porcellane, tappeti e arazzi, mobili ed oreficerie, si fondono in uno straordinario insieme, donato ad “uso e beneficio pubblico”. I bombardamenti del 1943 hanno distrutto la maggior parte dei decori fissi. Oggi accanto alle sale storiche, restaurate a evocazione della casa del collezionista, si affiancano molti nuovi ambienti, opere ed allestimenti, come la Sala d’Armi progettata da Arnaldo Pomodoro.

MUSEI

Palazzo Morando- Attendolo

Via Sant’Andrea 6 - museo della moda

Il Palazzo Morando Attendolo Bolognini, è la sede delle raccolte museologiche del Comune e del Museo della Moda. Il museo è ospitato in una tipica dimora settecentesca lombarda, con gli arredi originali. Inoltre, si dice che sia abitato dal fantasma della contessa Lydia Caprara di Montalba, che è stata l'ultima proprietaria e che ha donato il palazzo al Comune. Peccato che non sia possibile visitarlo durante la notte: c'è chi giura che si odano voci, passi e mobili che si spostano.

Casa Manzoni Via Moroni 1

La casa, di proprietà della famiglia Manzoni, nel 1785 fu il luogo di nascita del celebre scrittore italiano: l'aspetto attuale d palazzo e soprattutto della facciata si deve all'architetto campionese Andrea Boni, che nel 1864 su richiesta del Manzoni rifece il palazzo in stile neorinascimentale, in omaggio al clima post-unitario di quegli anni. La facciata, ispirata all'architettura rinascimentale lombarda, è composta da elaborate decorazioni in cotto: su tutti spiccano il portale e il balconcino[2].

L'interno del palazzo è sede al piano terra della Società Storica Lombarda, di cui raccoglie 40000 volumi, e ovviamente il Centro Nazionale di Studi Manzoniani. Grazie al secondo gli interni dell'epoca sono conservati, in particolare lo studio e la camera del Manzoni. Il palazzo ospitò le riunioni del circolo de Il Conciliatore, mentre negli ultimi anni di vita dello scrittore, la casa ospitò Cavour, Garibaldi e Giuseppe Verdi, venuti ad omaggiare lo scrittore.

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GIARDINI E PALAZZI STORICI

Abbiamo dapprima scelto quei giardini che si distinguono per particolare bellezza; poi per disponibilità dei proprietari alle visite e all’apertura dei propri giardini. Infatti tutti questi palazzi sono già stati aperti in occasione della giornata di primavera e nelle giornate del patrimonio del FAI.

Palazzo Isimbardi – c.so Monforte 35

Palazzo Isimbardi, la cui parte più antica risale al XV secolo, è la sede principale della Provincia di Milano e al suo interno si svolge la quotidiana attività amministrativa. Ma l'edificio ospita anche un rilevante patrimonio artistico ed è aperto al pubblico. La mostra l’Ottocento a Palazzo Isimbardi nelle collezioni della Provincia di Milano, tenutasi nel capoluogo lombardo nel 1987 e curata da Raffaele De Grada, rappresentò il punto di partenza di un importante lavoro di catalogazione e studio della collezione di opere ottocentesche della Provincia.

Definita dallo stesso De Grada «un'esposizione con approfondimento filologico dell’esistente» (R.De Grada, L’Ottocento alla Provincia di Milano, in L’Ottocento a Palazzo Isimbardi, Milano, 1987, p.10) la mostra intendeva fare il punto della situazione e proporsi come nucleo di partenza di una collezione suscettibile di aggiornamenti e ampliamenti mirati. Alla catalogazione si affiancò un lavoro di ricerca, che ha cercato di restituirci la personalità degli artisti nel rapporto con la storia della Lombardia ottocentesca. A una puntuale consultazione degli inventari (confrontando le edizioni del 1932, del 1944 e del 1978) si affiancò un lavoro di analisi stilistico-attributiva delle opere, di cui si ricostruì anche la fortuna espositiva. Lo spoglio dei cataloghi delle Esposizioni di Belle Arti di Brera e della Permanente confermarono che gran parte delle opere vennero acquistate tra la seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. I registri degli acquisti delle opere scampati alla distruzione bellica sono purtroppo posteriori al 1927. Tra gli artisti in collezione meritano di essere menzionati alcuni dei protagonisti dell’arte lombarda dell’Ottocento, come Leonardo Bazzaro, Luigi Conconi, Eugenio Gignous, Eugenio Spreafico e Angelo Trezzini, che costituiscono il nucleo maggiore. Sono presenti anche esponenti non lombardi, come i piemontesi Lorenzo Delleani e Giovanni Migliara, l’emiliano Gaetano Chierici, il napoletano Edoardo Dalbono e il veneziano Giacomo Favretto.

Il catalogo (L’Ottocento a Palazzo Isimbardi, Milano, 1987) evidenzia una prevalenza di opere di carattere storico, vedutistico-architettonico, di genere e di paesaggio. A titolo esemplificativo ricordiamo il dipinto olio su tela Dallo scoglio di Quarto di Luigi Conconi, il quale vi compone con sensibilità valori luministici e ritmico geometrici. Per quanto riguarda la sezione di pittura storica menzioniamo Episodio dei Visconti, acquistato negli anni Quaranta e attribuito per anni a Francesco Hayez. L’interno del Duomo di Milano viene reso da Giovanni Migliara con una

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minuziosità e precisione memore dei vedutisti veneti del Settecento, ma anche delle suggestioni degli interni di chiese dell’olandese Pieter Saenredam.

Anche la scultura trova una sua dignitosa presenza con la Frine di Francesco Barzaghi, col Guerriero di Legnano di Enrico Butti e con due teste di Vincenzo Gemito.

Villa Invernizzi – c.so Venezia 32

Palazzo Invernizzi è un edificio di stile neoclassico, non ha caratteri distintivi nella sua architettura se non nel giardino all’inglese che si affaccia su via Cappuccini, dove sono ospitati fenicotteri rosa, pavoni e anatre giapponesi.

Palazzo Bocconi Corso Venezia Casa Fontana Silvesri Corso venezia, 10 Palazzo Serbelloni Corso Venezia, 16 Palazzo Castiglioni Corso venezia, 47/49 Palazzo Bovara Corso Venezia, 51 Palazzo del Senato Via Senato, 10

Palazzo Gallarati Scotti Via Manzoni 30

Casa del Bono Via Borgospesso 21 Casa Rossi

Via Spiga 1

Palazzo Belgiojoso Piazza Belgiojoso 2

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CASI STUDIO

Isola di Naoshima –– Marfa - Inhotim

Musei ideali

An art report by Massimiliano Gioni …

Fino alla fine del mondo

La strategia del recupero, spesso sospesa tra filologia e finzione da romanzo storico, è stata seguita da molti altri esperimenti museali ed espositivi negli ultimi anni. In Giappone, per esempio, a partire dai primi anni Novanta, la Benesse Art Site ha trasformato una serie di vecchie abitazioni e intere porzioni di villaggi abbandonati sull'isola di Naoshima in luoghi assai suggestivi in cui mettere in scena installazioni immersive e opere d'arte site-specific. Quello di Naoshima, a dispetto di qualche eccesso di grandeur anni Ottanta che intacca il progetto, è un modello di museo diffuso e pulviscolare (un museo-arcipelago, come lo chiama il curatore svizzero Hans Ulrich Obrist) che rappresenta un approccio assolutamente originale e che, in questi ultimi anni, ha trovato molti sostenitori in luoghi assai distanti. In Brasile, per esempio, a un'ora di auto da Belo Horizonte e persa tra le colline dello stato di Minas, si nasconde l'esperienza museale forse più straordinaria e surreale degli ultimi vent'anni. Inhotim è un parco botanico in cui si conserva la più vasta collezione di palme al mondo: adagiati tra la rigogliosissima vegetazione, un incrocio tra foresta tropicale e scenografia da Jurassic Park, spuntano una serie di padiglioni (alcuni dalle architetture più audaci, altri più anonimi) in cui sono conservate opere di Matthew Barney e Doug Aitken, Helio Oiticica e Rirkrit Tiravanija e molti altri artisti contemporanei. Le esperienze museali di Naoshima e Inhotim si fondano sull'archetipo del pellegrinaggio, del viaggio di formazione e scoperta. Sono luoghi estremi, destinazioni che richiedono uno sforzo notevole per essere raggiunte e che come tali si impongono anche come tappe obbligate per un nuovo tipo di turismo intellettuale e global chic. D'altra parte, sia Inhotim sia Benesse Art Site condividono atmosfere da fine del mondo o da giardino edenico: più che ad architetti radicali o urbanisti visionari, questi miraggi museali sembrano guardare, rispettivamente, alle gesta eroiche e folli di Fitzcarraldo (l'avventuriero della foresta amazzonica immortalato nell'indimenticabile film di Werner Herzog) e all'estetica da eterno scapolo di James Bond. O ancora, l'antenato di questo tipo di museo va ricercato nell'architettura delle esposizioni universali, con i tipici padiglioni e i giardini a far da

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cornice. In fondo il museo temporaneo della Biennale di Venezia è anch'esso un'architettura diffusa e per questo ancora assai attuale. Sia Benesse sia Inhotim possono anche essere ricondotte al modello di museo (o di mausoleo, si sarebbe tentati di dire) che Donald Judd ha costruito nella sperduta città di Marfa, in Nuovo Messico. Le vecchie baracche della base militare di Marfa, i capannoni e gli hangar recuperati e ridisegnati da Donald Judd compongono una sorta di città immaginaria, una geografia mentale che sembra essersi fatta realtà quasi per pura proiezione. Rigorose e maniacali, le installazioni a Marfa, sia di opere di Judd sia di quelle dei pochi colleghi che l'artista minimalista aveva invitato a esporre nel suo buon ritiro, hanno la precisione stralunata di un dipinto di Paolo Uccello. Ma Judd non è solo un poetico agrimensore del mondo: è anche un raffinato colorista e a Marfa ha giocato con la luce naturale per immergere le sue sculture e i suoi spazi in una sostanza luminosa che sembra combinare l'azzurro del cielo con il rosso del deserto.

Inhotim

L’esperienza proposta da Inhotim, in un paesaggio lussureggiante a poca distanza dalla metropoli di Belo Horizonte nello Stato Brasiliano di Minas Gerais, programma l’incontro fra arte, natura ed architettura. Inhotim è un parco botanico che accoglie migliaia di specie vegetali; nello stesso tempo, si identifica col mondo dell’arte contemporanea: nello scenario ondulato del paesaggio si contano decine di opere d’arte all’aperto, specificamente ideate per questo luogo, nel segno delle recenti ricerche performative e materiche dell’arte internazionale. L’architettura diviene materia espressiva, nell’intervento che associa artisti, opere ed edifici espositivi, gallerie che riuniscono una pluralità di interventi coordinati, e gallerie dedicate alle opere d’un singolo artista. Un percorso sensibile, nella continua variabilità sensoriale e culturale: nell’idea del parco si amplifica l’incontro fra ambiente naturale, “collezionismo” di specie botaniche, visioni intrecciate d’arte ed architettura.

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