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Introduzione Capitolo1

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Academic year: 2021

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Introduzione

1.1

La variabilit`

a e la scala in ecologia

L’ecologia studia le interazioni tra gli organismi e tra questi e l’ambiente fisico [1]: a questo scopo, la conoscenza dei processi ecologici e del modo in cui essi influiscono sulle modalit`a di distribuzione degli organismi nello spazio e nel tempo `e di centrale importanza.

Per la comprensione delle modalit`a di distribuzione che caratterizzano i popolamen-ti e dei processi che le determinano `e necessario tenere in giusta considerazione il concetto di scala, con cui gli ecologi indicano sia l’estensione totale di uno studio, sia la risoluzione a cui le misurazioni ecologiche sono condotte: estensione e risoluzione definiscono i limiti superiore ed inferiore del dettaglio di uno studio [2]. I processi ecologici sono scala-dipendenti: processi diversi agiscono a scale diverse e un pro-cesso che mostri effetti marcati ad una determinata scala pu`o essere ininfluente ad altre scale [3].

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E stato notato, ad esempio, che a piccole scale tendono a prevalere i processi biotici (e.g. predazione, erbivoria), mentre gli effetti dei processi fisici sui popolamenti sono preponderanti alle scale maggiori [3][2][4].

La struttura dei popolamenti `e direttamente associata ai processi che agiscono a ciascuna scala [5]: bench`e in passato gli ecologi abbiano spesso studiato i processi senza porre particolare attenzione alla scala considerata, negli ultimi due decenni l’interesse per la scala `e cresciuto ed essa `e ormai un cardine della ricerca ecologica [2].

Lo studio della variabilit`a dei popolamenti `e efficace per identificare le scale a cui si concentrano gli effetti dei diversi processi ecologici: essi infatti generano variabilit`a nei popolamenti su cui agiscono in funzione della scala spaziale alla quale i loro effetti prevalgono [5]; la correlazione tra le scale a cui si osserva maggiore variabi-lit`a nei popolamenti e quelle a cui operano i processi ambientali pu`o suggerire un rapporto di causalit`a tra di esse [2].

La variabilit`a, un tempo considerata dagli ecologi un attributo privo di significato delle modalit`a di distribuzione degli organismi o persino un ostacolo alla corretta determinazione del loro valor medio, `e oggi riconosciuta come una propriet`a genuina dei sistemi ecologici: essa si `e rivelata una importante fonte di informazioni, indi-pendente dalla media e talvolta in grado di indicare effetti ecologici altrimenti non rilevabili [6] [4].

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Sebbene la varianza dei popolamenti sia ampiamente riconosciuta come un sensi-bile indice degli effetti che i processi ecologici hanno su di essi, scarsa attenzione `e stata tributata agli effetti della varianza dei processi stessi sulla variabilit`a e sulla struttura spaziale dei popolamenti [6].

Benedetti-Cecchi ha indicato l’utilit`a di determinare sperimentalmente l’effetto della variabilit`a dei processi sulla distribuzione degli organismi [6]. Un possibile approc-cio prevede di manipolare la frequenza con cui un processo si verifica (e.g.[7]): la frequenza agisce per`o anche sull’intensit`a complessiva del processo manipolato, im-pedendo di valutare separatamente l’effetto relativo della variabilit`a e dell’intensit`a dei processi sulla struttura dei popolamenti naturali.

Il contributo relativo della variabilit`a (spaziale o temporale) e dell’intensit`a di un processo pu`o essere efficacemente stimato manipolando queste due propriet`a come fattori indipendenti ortogonali tra loro [6]: un disegno sperimentale di questo genere permette anche di individuare e quantificare eventuali interazioni tra i due fattori. L’approccio proposto da Benedetti-Cecchi `e stato adottato in un ridotto numero di studi che hanno evidenziato effetti interattivi dell’intensit`a e della variabilit`a spa-ziale e temporale dei processi (disturbo, pascolo) sulla struttura di popolamenti ad alghe ed invertebrati di coste rocciose, confermando cos`ı l’efficacia e l’interesse eco-logico di questo tipo di approccio [8][9].

1.1.1 L’analisi spettrale

I disegni di campionamento gerarchizzati, analizzati mediante calcolo delle compo-nenti di varianza, si sono rivelati uno strumento molto potente per valutare ipotesi specifiche circa la variabilit`a dei popolamenti naturali, nonch`e per analizzare la ri-partizione della varianza alle diverse scale. L’analisi della varianza non `e tuttavia priva di lacune: essa impone infatti allo sperimentatore la scelta a priori di scale appropriate introducendo inevitabilmente un elemento di soggettivit`a; assume inol-tre che le repliche sperimentali siano indipendenti e non permette di stimarne la correlazione.

Un approccio alternativo per individuare le scale di variabilit`a su campionamenti continui nello spazio `e rappresentato dall’analisi spettrale: questo tipo di analisi scompone l’andamento della serie di valori assunti da una variabile in tante armo-niche quante sono le scale identificabili all’interno della serie. Ciascuna armonica `e contraddistinta da una diversa frequenza, indice della scala a cui essa fa riferimento, e da un’ampiezza variabile in misura del suo contributo alla varianza complessiva [10]. Tra i vantaggi offerti dall’analisi spettrale vi `e quello di esaminare un’ampia gamma di scale senza imporre scelte a priori [5]; essa inoltre analizza dati ordinati in serie continue, fornendo informazioni sul grado di autocorrelazione della serie.

L’autocorrelazione ryy(k) di una serie y `e definita matematicamente come il

rapporto tra la sua autocovarianza syy(k) e la sua varianza s2y:

ryy(k) =

syy(k)

s2 y

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dove l’autocovarianza syy(k) `e la covarianza della serie con s´e stessa, misurata

ri-spetto a uno scostamento k [11].

L’autocorrelazione pu`o essere descritta come la propriet`a di una variabile i cui valori, confrontati a coppie separate da una certa distanza, risultino pi`u simili (autocorre-lazione positiva) o meno simili tra loro (autocorre(autocorre-lazione negativa) di quanto atteso per puro effetto del caso [12]; l’assenza di autocorrelazione in una variabile indica che i suoi valori variano casualmente e in modo indipendente gli uni dagli altri. In termini ecologici, la misura dell’autocorrelazione di un popolamento o di un pro-cesso fornisce informazioni sulla sua distribuzione nello spazio o nel tempo: essa indica se, a una determinata scala, degli organismi sono distribuiti in modo uni-forme oppure in chiazze; essa fornisce indizi di un rapporto di causalit`a qualora l’autocorrelazione di un popolamento e quella di un processo che vi agisce varino in modo correlato.

1.1.2 I modelli 1/f -noise

Esiste in letteratura un corpus di studi che esaminano il colore spettrale dei processi ecologici e delle variabili biotiche nel tempo, indagandone le relazioni.

La famiglia dei modelli 1/f -noise sembra adeguata a descrivere sinteticamente lo spettro di variabilit`a di molti processi ecologici e dei popolamenti naturali attraverso scale differenti nello spazio e nel tempo [10][13][14][15][16].

Questi modelli sono caratterizzati da leggi di potenza nella forma:

S(f ) = a · 1/fβ (1.2) Che prendono il nome di funzioni di densit`a spettrale.

La densit`a spettrale S(f ) rappresenta la varianza del segnale alle diverse scale. La frequenza f delle componenti armoniche, ovvero l’inverso della loro lunghezza d’onda, `e una misura della scala.

Il coefficiente spettrale β informa sul tipo di correlazione esistente tra la densit`a spettrale e la scala: il ”colore” spettrale di una variabile ne descrive la struttura di variabilit`a attraverso differenti scale spaziali o temporali.

Valori di β vicini a zero sono propri degli organismi e dei processi distribuiti in modo non autocorrelato, la cui varianza `e equamente ripartita a tutte le scale: per affinit`a con il corrispondente spettro luminoso, l’andamento spettrale di questo tipo `

e detto ”bianco”. I valori positivi di β contraddistinguono invece gli spettri di di tipo “rosso”: sono propri dei processi caratterizzati da autocorrelazione positiva alle piccole scale e da una crescente quota di variabilit`a associata alle scale maggiori. Esistono anche variabili di tipo blu, sebbene assai poco diffuse in ambito ecologico: sono caratterizzate da autocorrelazione negativa e da una quota di variabilit`a de-crescente all’aumentare delle scale considerate.

L’attenzione sulle caratteristiche spettrali dei processi di interesse ecologico `e stata sollevata da Steele [14], attraverso l’esame delle serie temporali di dati sulla tem-peratura dell’aria sulla superficie terrestre o marina: Steele not`o che lo spettro di variabilit`a temporale della temperatura nell’ambiente terrestre `e meno autocorre-lato rispetto a quello misurato in ambiente marino, in cui la variabilit`a `e ripartita soprattutto a grandi scale temporali. Altri studi hanno confermato l’osservazione di Steele, esaminando un gran numero di processi fisici in ambiente sia terrestre, sia

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marino, sia costiero [16].

L’indagine degli spettri di variabilit`a temporale ha interessato anche la struttura dei popolamenti: alcuni studi indicano che i popolamenti marini mostrano un grado di autocorrelazione pi`u elevato rispetto a quelli terrestri [17], sebbene la variabilit`a dei popolamenti tenda in tutti i casi ad aumentare proporzionalmente all’estensione temporale considerata [15].

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E stato suggerito che le caratteristiche spettrali dei popolamenti riflettano quelle dei processi che agiscono su di essi: le potenziali implicazioni al fine della conserva-zione sono di ampia portata (e.g. [18]), tuttavia non c’`e accordo tra gli Autori circa l’effettiva sussistenza di questa ”mimesi” spettrale [17][19][20].

Al contrario degli studi sulle serie temporali, il numero di quelli incentrati sulle caratteristiche spettrali delle variabili ecologiche nello spazio appare estremamente ridotto, forse a causa delle difficolt`a logistiche connesse con l’ottenimento di serie di dati continue ed estese nello spazio.

Sebbene non abbia applicato specificamente i modelli 1/f , Bell ha suggerito che la variabilit`a delle variabili ambientali di tipo fisico aumenti in modo continuo con l’e-stensione della scala spaziale considerata, con un comportamento simile a quello gi`a evidenziato in relazione alle scale temporali. Egli ha esaminato variabili edafiche, caratteristiche chimiche delle acque interne e variabili climatiche a scala regionale, fornendo la base per studi delle strutture di variabilit`a ecologica attraverso i modelli 1/f anche nello spazio [21].

Denny et al. [13] hanno esaminato alcuni processi ecologici ed alcune caratteristiche (densit`a degli organismi, reclutamento dei mitili, produttivit`a primaria microalgale) dei popolamenti presenti nella zona di marea di una costa rocciosa della California: la loro variabilit`a spaziale `e stata misurata mettendo a confronto i risultati ottenuti con diversi metodi statistici. Gli Autori confermano l’efficacia dell’analisi spettrale e l’adeguatezza dei modelli 1/f per descrivere le modalit`a di distribuzione degli or-ganismi anche nello spazio. Gli oror-ganismi studiati sono distribuiti nello spazio con spettro di tipo “rosso”: la somiglianza tra gli spettri di variabilit`a degli organismi e quelli dei processi ecologici suggerisce la sussistenza di relazioni causali tra di essi. Recentemente, Tamburello ha condotto alcuni studi per esaminare la risposta di popolamenti di alghe e invertebrati marini a cambiamenti nelle caratteristiche spet-trali di processi biotici ed abiotici nello spazio [22].

Sono stati simulati gli effetti di processi di disturbo che causano rimozione delle spe-cie dominanti e dell’intero popolamento con diversa distribuzione spaziale (spettro), con l’obiettivo di verificare ipotesi specifiche sulle risposte biologiche a cambiamenti nell’autocorrelazione spaziale dei processi ecologici.

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E stata avanzata l’ipotesi che le variabili ecologiche varino sotto l’effetto di processi agenti a piccola scala e caratterizzati da spettro “bianco”, gerarchizzati entro pro-cessi con spettro “rosso” maggiori che variano gradualmente nello spazio. I risultati degli esperimenti supportano l’ipotesi che le modalit`a di distribuzione spaziale e temporale degli organismi marini siano fortemente influenzate dalle caratteristiche spettrali dei processi ambientali e che questi operino in maniera interattiva [22].

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1.2

L’ambiente dunale

Le dune costiere marine sono rappresentate da rilievi perlopi`u modesti (4-6m. s.l.m.), formati dall’accumulo di sedimenti incoerenti (sabbia) per azione eolica; esse si trovano in posizione litoranea o sublitoranea ed occupano una fascia solita-mente stretta e allungata, parallelasolita-mente alla linea di costa [23].

La genesi delle dune costiere `e attribuita al cosiddetto “trinomio dinamico”, costi-tuito da vento, sabbia e vegetazione [23]: la brezza marina asporta dalla spiaggia le particelle pi`u fini del sedimento; il suo accumulo contro un ostacolo, spesso rap-presentato dalle fronde delle piante, pu`o determinare la formazione di una duna embrionale.

I sistemi dunali sono strutturati secondo un gradiente perpendicolare alla linea di costa in cui si succedono la duna embrionale, la duna mobile e, ancor pi`u distanti dalla linea di costa, una o pi`u dune consolidate. Ciascun elemento della sequenza descritta differisce dagli altri per stabilit`a e per caratteristiche edafiche: ci`o influisce sulla distribuzione della vegetazione.

La vegetazione dunale `e caratterizzata da popolamenti vegetali peculiari e spe-cializzati in senso psammobio e psammoalobio [23] ed `e tipicamente strutturata secondo un gradiente che si sviluppa ortogonalmente alla linea di battigia.

La fascia dell’arenile presenta condizioni proibitive per la vita vegetale a causa del costante rimescolamento del substrato e dello stress osmotico dovuto all’esposizione all’acqua salata. Al disopra del livello massimo di alta marea, dove le mareggiate giungono solo eccezionalmente, compaiono i primi rappresentanti della vegetazione terrestre. In questa fascia prevale una copertura vegetale rada ed effimera di specie alonitrofile dette “specie pioniere”: piante dal ciclo vitale breve, che germinano in autunno e in pochi mesi fioriscono, fruttificano, quindi seccano. La fascia successiva ospita specie a portamento pi`u elevato che avviano il processo di formazione della duna; altre specie caratterizzano il retroduna.

Queste cenosi sono caratterizzate da specie xeriche; nell’interduna, invece, prevalgo-no specie di tipo meso-igrofilo adatte al maggiore tasso di umidit`a. La distribuzione spaziale della vegetazione dunale `e spesso condizionata da naturali fenomeni di erosione costiera, nonch`e da interventi antropici quali il prelievo di sedimenti o la costruzione di edifici in aree caratterizzate da dune di sabbia [23][24].

1.2.1 I processi fisici dunali

Diversi studi hanno esaminato i processi ecologici che agiscono sulle dune ed il loro effetto sulla distribuzione spaziale della vegetazione dunale.

Gli organismi vegetali che popolano i sistemi dunali costieri sono soggetti ad ele-vato grado di stress fisico: ci`o `e dovuto alla carenza di acqua e nutrienti, che sono rapidamente dilavati attraverso il substrato incoerente, e all’elevata esposizione ai sali provenienti dal mare (cfr. sezione 1.2.2). In ambiente dunale agiscono inol-tre processi di disturbo quali la deposizione di sabbia e l’abrasione causata dalla sabbia sospinta dal vento (“sandblasting”) [25]. La morfologia e la stabilit`a delle dune ricoprono un ruolo importante nel definire la distribuzione spaziale della

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ve-getazione, variandone l’esposizione ai fattori di disturbo e di stress1. In un sistema dunale della costa laziale, Acosta et al. hanno censito la vegetazione lungo transetti perpendicolari alla costa: le specie sono state suddivise in gruppi funzionali sulla base dei loro tratti biologici e la distribuzione spaziale delle associazioni vegetali cos`ı definite `e risultata significativamente correlata con l’inclinazione e il grado di esposizione al mare del substrato [27].

Garc`ıa-Mora et al. hanno studiato la vegetazione delle dune costiere del golfo di Cadice lungo transetti paralleli alla linea di costa: le specie rilevate sono state sud-divise in tre diversi gruppi funzionali, la cui distribuzione spaziale sembra essere primariamente correlata al grado di mobilit`a del substrato [28].

Con uno studio condotto sulle dune dell’Aquitania, Forey et al. hanno indagato gli effetti relativi di molteplici fattori di stress e di disturbo sulla distribuzione della vegetazione dunale a due scale differenti: quella locale (perpendicolarmente alla li-nea di costa) e quella regionale (lungo l’asse Nord-Sud dell’Aquitania). Ne `e emerso che la composizione specifica dei popolamenti vegetali delle dune costiere esaminate risulta influenzata primariamente da fattori di stress a livello regionale, mentre a livello locale prevalgono i processi di disturbo. In particolare, a livello regionale la struttura dei popolamenti risulta influenzata soprattutto dalla disponibilit`a di acqua e nutrienti (ma non sono esclusi gli effetti di processi bio-geografici antichi); a livello locale, la composizione specifica dei popolamenti `e prevalentemente legata al disturbo connesso con la deposizione di sabbia [29].

1.2.2 L’aerosol marino

L’importanza dell’aerosol marino in ambiente costiero `e dibattuta: alcuni Au-tori affermano che esso non abbia un effetto sensibile sulla vegetazione dunale (e.g.[23][29]), altri ne hanno indagato gli effetti sulla fisiologia, la morfologia e la distribuzione spaziale delle specie vegetali riscontrando effetti rilevanti.

I sali contenuti nell’aerosol possono agire sulla vegetazione in due modi: possono permeare nel suolo, raggiungendo gli apparati radicali, oppure possono depositarsi sugli apparati fogliari.

Il sale marino non sembra avere effetti rilevabili sugli apparati radicali della vegeta-zione dunale: le radici delle piante dunali sono troppo superficiali per raggiungere la falda acquifera salmastra e il sale deposto sul substrato dalle onde o dall’aerosol ma-rino `e dilavato rapidamente [23]; le radici sono raggiunte da quantit`a di sale troppo esigue per influenzare chimicamente od osmoticamente la crescita e la distribuzione delle piante delle dune [30][31][32], anche se non `e da escludere che il verificarsi di sporadici effetti catastrofici (mareggiate di particolare violenza) possa determinare conseguenze sugli apparati radicali della vegetazione [33].

Gli effetti dell’aerosol marino sugli apparati fogliari della vegetazione sono stati oggetto di alcuni studi specifici. Il lavoro pionieristico di Boyce (1954) esamina

1La distinzione tra fattori di disturbo e di stress `e operata secondo la definizione di Sousa (1984):

si definiscono processi di disturbo quelli che rimuovono biomassa; i processi di stress riducono il potenziale di crescita di un organismo[26].

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la modalit`a di formazione dell’aerosol marino ed i suoi effetti sulla vegetazione a livello morfologico e fisiologico. Boyce nota che la quantit`a di aerosol marino che raggiunge la vegetazione dunale aumenta quando l’intensit`a del vento eguaglia o supera il grado 4 della Scala Beaufort: questo perch´e la transizione del flusso eolico da laminare a turbolento induce la formazione di creste di schiuma sulle onde. Le osservazioni di Boyce indicano che l’aerosol marino induce necrosi nelle foglie delle specie vegetali prive di specifici adattamenti all’ambiente costiero. Il danno mag-giore `e indotto quando i venti provenienti dal mare hanno velocit`a superiore a 7 m/s e non sono associati n`e seguiti da precipitazioni per almeno 36-48 ore [31]. Alcuni studi indicano che la colonizzazione delle dune da parte di piante prive dispe-cifici adattamenti all’ambiente dunale `e impedita principalmente dall’azione dell’ae-rosol marino sull’apparato fogliare [32][34]; altri d’altronde notano che la mortalit`a di piante tipiche di altri ambienti trapiantate in ambiente dunale costiero aumen-ta considerevolmente solo quando l’azione dell’aerosol `e accompagnata da intensa attivit`a abrasiva della sabbia sospinta dal vento (il cosiddetto “sandblasting”), sug-gerendo un ruolo preponderante di quest’ultimo fattore [35].

Sebbene diversi Autori abbiano evidenziato sperimentalmente il ruolo dell’aero-sol nel limitare la diffusione delle specie dell’interno nell’ambiente dunale, pochissimi studi hanno esaminato quanto esso contribuisca a definire la distribuzione spaziale delle specie vegetali dunali.

Oostings e Billings (1942) hanno esaminato la distribuzione della vegetazione sulle dune della North Carolina lungo transetti perpendicolari alla costa; contestualmente sono stati misurati i valori di alcuni parametri edafici ed atmosferici lungo i mede-simi transetti: le variazioni nella copertura percentuale delle due specie pi`u diffuse Uniola paniculata L. e Andropogon littoralis Nash appaiono correlate con il diverso grado di esposizione all’aerosol marino; questo risultato `e supportato da analisi spe-rimentali condotte in serra, che mostrano che le due specie differiscono per il grado di resistenza alla salinit`a [30].

Pi`u recentemente `e stato esaminato il diverso contributo della salinit`a e della de-posizione di sabbia nell’influenzare la distribuzione spaziale della vegetazione in un sistema di dune della Nuova Zelanda [33]: `e stata sperimentalmente misurata la resistenza di 30 specie al seppellimento, alla salinit`a del substrato e all’aerosol di acqua di mare, quindi i valori ottenuti sono stati correlati con la distribuzione di ciascuna specie in senso perpendicolare alla costa. L’importanza relativa dei fattori varia notevolmente tra i siti esaminati, ma i valori di salinit`a mostrano mediamente una correlazione doppia con la distribuzione delle specie rispetto ai valori di sedi-mentazione. Va notato che, nel sistema esaminato, l’effetto della salinit`a si esprime con netta prevalenza a livello delle radici anzich`e in forma di aerosol, in contrasto con quanto affermato da altri studi presenti in letteratura [30][31][32].

Il ruolo che la topografia pu`o avere nel variare la quantit`a di aerosol salino che raggiunge l’ambiente dunale `e stato suggerito da diversi Autori, ma mai studiato; nessuno studio inoltre ha mai esaminato le modalit`a con cui varia la distribuzione dell’aerosol marino nelle dune parallelamente alla costa, n`e quale sia la sua correla-zione con la variabilit`a spaziale della vegetazione lungo la stessa direzione.

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1.3

Obiettivi

Questa tesi si propone di analizzare esplicite ipotesi circa l’effetto della variabilit`a e dell’intensit`a di un processo ecologico sulla distribuzione spaziale dei popolamenti, misurando gli effetti del processo sul loro spettro di variabilit`a.

L’analisi sperimentale degli spettri di variabilit`a dei popolamenti nello spazio `e un metodo di analisi innovativo e ancora poco diffuso: questo studio contribuisce a comprendere le potenzialit`a e i limiti di questo tipo di analisi; inoltre aumenta la nostra conoscenza della struttura di autocorrelazione dei popolamenti naturali e di come essa sia influenzata dai processi ecologici.

Questo `e il primo studio ad usare l’analisi spettrale per indagare gli effetti di un processo di stress sulla distribuzione spaziale degli organismi: a differenza dei pro-cessi di disturbo, i propro-cessi di stress non prevedono rimozione di biomassa ed il loro effetto sullo spettro di variabilit`a spaziale degli organismi non `e noto.

Il nostro studio valuta gli effetti di diverse modalit`a di deposizione dell’aerosol marino sulla distribuzione spaziale dei popolamenti vegetali delle dune costiere. L’e-sperimento ha proceduto all’esposizione delle piante ad aerosol marino con 2 livelli di intensit`a e 2 livelli di distribuzione spaziale manipolati in modo ortogonale. I livelli utilizzati riflettono condizioni realistiche: esse sono state definite in base a misure effettuate sul campo in uno studio pilota, da cui `e emerso che l’aerosol marino si distribuisce sulle dune costiere in quantit`a diverse e con vari gradi di ete-rogeneit`a spaziale in occasione di eventi di mareggiata che differiscono per intensit`a e direzione del vento e del moto ondoso.

Sono stati misurati gli effetti dei trattamenti sull’abbondanza della vegetazione, sulla distribuzione spaziale delle specie pi`u abbondanti e frequenti e sulla struttura della diversit`a delle specie nello spazio.

Riteniamo che l’esposizione a maggiori livelli di stress rispetto alla condizione naturale possa modificare la distribuzione e lo spettro di variabilit`a spaziale della vegetazione, similmente a quanto avverrebbe con dei processi di disturbo [22][36]. Proponiamo che la deposizione dell’aerosol sulla vegetazione delle dune induca ef-fetti differenti al variare della sua intensit`a e della sua distribuzione spaziale: in particolare ci aspettiamo che la deposizione omogenea di aerosol induca una mag-giore omogeneit`a nei popolamenti, aumentando l’autocorrelazione alle piccole scale e determinando una ripartizione della variabilit`a soprattutto alle scale maggiori; al contrario, ci aspettiamo che la distribuzione spaziale eterogenea dell’aerosol aumen-ti l’eterogeneit`a spaziale dei popolamenti, riducendone l’autocorrelazione.

Queste previsioni si basano sugli studi presenti in letteratura, che indicano che la variabilit`a spaziale dei popolamenti tende a riflettere quella dei processi che vi ope-rano: questa tendenza non `e stata descritta per popolamenti vegetali, ma `e stata notata in popolamenti animali sia di ambiente marino [13][22], sia di ambiente ter-restre [37].

Ci aspettiamo che l’aumento di intensit`a dell’aerosol acuisca gli effetti dovuti alla sua distribuzione spaziale: se questa ipotesi `e verificata, gli effetti della distribuzione spaziale dell’aerosol sulla struttura di autocorrelazione dei popolamenti risulteranno

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pi`u evidenti nei transetti esposti ad alte intensit`a di aerosol rispetto a quelli esposti ad aerosol con basse intensit`a.

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