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La spedalità delle prostitute. Capitolo V

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Capitolo V

La spedalità delle prostitute.

In questo capitolo descriverò il funzionamento delle strutture mediche pisane atte alla cura delle prostitute malate sotto molteplici aspetti.

Nel primo paragrafo verranno descritte le figure dei medici che per quasi tre decenni hanno avuto la responsabilità della gestione del sifilicomio.

Nel secondo paragrafo descriverò il funzionamento generale e le questioni salienti di lungo periodo relativi alla gestione della struttura. Nella prima parte verranno analizzate le vicende storiche accorse nel periodo 1861-1865 che portarono alla costruzione della struttura ospedaliera. Nella seconda parte, poiché le questioni finanziarie giocano un ruolo primario, analizzerò vari aspetti inerenti alla gestione economica e contabile della spedalità delle prostitute sifilitiche. Nella terza parte presenterò un quadro statistico generale dedotto dalla documentazione prodotta dai Regi Spedali per la Prefettura. In questo contesto, come del resto per l’Ufficio Sanitario, gioca un ruolo non secondario il rapporto complesso fra le varie istituzioni e uffici coinvolti nella spedalità delle sifilitiche. In particolare il punto maggiormente critico sembra rappresentato dalla convenzione che obbliga la questura livornese ad inviare le malate nel sifilicomio di Pisa per la mancanza di strutture di cura in quella città che, come detto, presentava il tasso di prostitute per 10.000 abitanti più alto d’Italia.1 Nella quarta parte, in quanto fenomeno già noto alla storiografia, ma che indubbiamente si sviluppa in questo contesto sulla base di sue specifiche peculiarità, analizzerò le questioni relative ai continui disordini.

Nel terzo paragrafo verranno discusse le vicende che intorno alla metà degli anni 70 portano ad una variazione nominativa della struttura, non soltanto formale, da “Sifilicomio” a “Sezione Dermo-Sifilopatica”, la quale in realtà pone le basi per un cambio di rotta nell’approccio medico che avrà modo di esplicarsi negli anni 80. La creazione della cattedra in dermosifilografia nel 1883 e la sua assegnazione a Pellizzari,

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porta in breve tempo alla definitiva inclusione del sifilicomio nella neonata Clinica Dermosifilopatica universitaria.

Nel quarto paragrafo verrà descritto il percorso che porta Pellizzari ad impegnarsi in prima persona per la creazione a Pisa di uno dei primissimi consultori gratuiti della storia italiana ben funzionante, che porrà la città in una condizione di discreto vantaggio al momento della chiusura dei sifilicomi nell’estate del 1888.

In conclusione del lavoro, descriverò la politica di controllo delle malattie veneree all’interno del VII Reggimento d’artiglieria stanziato nella città, cercando di mettere in luce le ragioni e le caratteristiche di un realtà decisamente conflittuale.

5.1) Il personale medico del sifilicomio

.

Nel corso dei ventotto anni in cui fu in vigore il Regolamento Cavour, i medici pisani addetti alla cura delle prostitute malate, i quali non erano dipendenti statali ma selezionati all’interno del personale pagato dall’amministrazione ospedaliera, presentano una discreta continuità nel servizio. In taluni casi si tratta di personaggi di un certo rilievo.

La figura che fino almeno alla fine degli anni 70 spicca come il referente assolutamente principale circa la gestione amministrativa del sifilicomio, è il medico Carlo Cuturi. Nominato Commissario dei Regi Spedali del Santa Chiara a ridosso dell’Unità, Cuturi mantenne la carica per oltre un ventennio attraversando le complicate vicende che portarono al graduale ampliamento di molte strutture e servizi ospedalieri, tra cui il sifilicomio, in stretta collaborazione con i prefetti Torelli e Lanza.2

Dallo studio delle fonti, Cuturi appare come un personaggio dalla voce decisamente autorevole, spesso coinvolto direttamente nelle spinose questioni quotidiane derivanti dalla responsabilità di una struttura carceraria particolare come il sifilicomio, tanto più che Pisa si trovò a dover gestire un volume di malate molto sproporzionato rispetto alle dimensioni della città, dovendo curare anche le livornesi.

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Non sono rari i casi in cui traspare irritazione da parte del Commissario nei confronti di accuse rivolte ai medici e alla struttura pisana, mentre dalla sua dimostra un atteggiamento nei confronti delle prostitute paternalista e spesso comprensivo. Se la responsabilità amministrativa spettava al Commissario generale, il lavoro sul campo era svolto sostanzialmente da un soprintendente infermiere, spesso un chirurgo, coadiuvato dalle inservienti e da un secondino.

Il primo soprintendente che compare nelle fonti è il medico Francesco Neri, rimasto in carica fra il 1861-1868.3 Non vi sono a dire il vero informazioni su questo personaggio, ma sicuramente è evidente come egli nel corso della sua attività sia stato continuamente coinvolto nei disordini quotidiani che avvenivano nel sifilicomio, destino peraltro che caratterizza tutti i medici del sifilicomio pisano. Fra il 1868 e il 1877, esercita il ruolo di soprintendente il chirurgo Francesco Torri. Il suo primo impiego nell’ospedale pisano risale al 1823, anno in cui fu nominato “aiuto sostituto gratuito ai Maestri Chirurghi di turno di questi RR Spedali”. Divenuto egli stesso chirurgo, fu nominato direttore dei Bagni di San Giuliano e infine soprintendente. Nel 1877, con oltre cinquanta anni di servizio, viene congedato.4

Con l’annessione del sifilicomio alla Sezione Dermosifilopatica (1877), cambia anche leggermente il modo di assegnazione dei medici curanti nel sifilicomio. Nel sifilicomio cittadino, fino al 1884, saranno operativi sostanzialmente medici chirurghi assegnati al servizio sulla base della turnazione del personale ospedaliero.5 Solo a partire da questa data sarà un dermatologo e sifilografo di professione, Pellizzari, a gestire la spedalità delle prostitute, poiché per quasi un trentennio fu un compito assegnato a chirurghi non specializzati ufficialmente in sifilografia.

Il più importante di questi è Domenico Barduzzi. Nato nel ravennate nel 1847 e laureatosi a pieni voti a Pisa nel 1873, nel 1875 divenne assistente del professor Landi nella clinica chirurgica di Pisa. Il medico in ogni caso non tralasciò lo studio della dermo-sifilopatia, pubblicando anzi numerosi lavori in tale campo e ottenendo la

3

ASP, Prefettura, Inventario 28, Spedali Riuniti, personale, nomine, 1869-1890, b. 1191 , Personale,

nomine e promozioni 1869-1874, Pisa, RR Spedali, rimpiazzo del posto di soprintendente alle infermerie e di aiuto dello stesso, Protocollo Generale n. 335, Fascicolo 5, 10/3/1877.

4 Ivi, Personale: collocamenti a riposo e pensioni, 1870-1884, Protocollo Generale n. 506, Torri dott.

Francesco, Pensione, n. 1334.

5 Barduzzi D., Resoconto statistico sommario della Sezione Dermo-Sifilopatica di RR. Spedali di Pisa, Anno

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docenza nel 1882 all'università di Modena. Nel 1884 fu terzo al concorso per la cattedra di dermosifilopatia nell'università di Pisa. Nel 1885 divenne direttore sanitario delle terme di San Giuliano. Nel 1886 vinse il concorso per la nomina di professore alla facoltà medica di Siena per la cattedra di dermosifilopatia. A Siena fu rettore dell'università dodici volte, assessore per l'igiene e le finanze, prosindaco, direttore della scuola degli infermieri, presidente del Consiglio dei clinici.6

Fra i numerosi scritti del Barduzzi7, spicca senza dubbio il resoconto sullo stato del sifilicomio redatto nel 1878 e dal quale emergono considerazioni interessanti sulla sua figura. Nel lavoro, che riprenderò in seguito, il medico sostiene chiaramente l’importanza della raccolta costante di informazioni sulle prostitute portata avanti in modo ineccepibile nell’Ufficio Sanitario di Bologna diretto dal convinto regolamentazionista Gamberini.8 Questo elemento non è secondario, giacché il suo rivale nel concorso per la cattedra nel 1883, Pellizzari, più volte aveva espresso l’opinione secondo cui non avesse alcuna importanza raccogliere statistiche accurate sulle prostitute malate, in quanto secondo la sua visione esse rappresentavano solo un anello, probabilmente neanche il più importante, nella catena del contagio delle malattie veneree.9

Se Pellizzari passa alla storia come uno dei principali medici abolizionisti, Barduzzi non può però essere certo considerato un regolamentazionista indefesso.

Egli considerava le prostitute “abituate naturalmente a mentire, finendo per credere esse stesse alle proprie menzogne, porgendo false notizie anche quando non lo vorrebbero”10, ma d’altra parte non nascondeva come nel caso si avesse l’intenzione di intervenire socialmente sul fenomeno, si dovesse cercare “nella storia della famiglia, del padre, della madre, del marito, dell’amante, nell’ambiente morale e materiale nel quale questa donna, oggi prostituta, ha dovuto vivere”.11 Non vi sono notizie circa il rapporto fra i due medici, ma considerando il temperamento e il protagonismo di

6

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 6 (1964), Crespi M., Domenico Barduzzi, http://www.treccani.it/enciclopedia/domenico-barduzzi_(Dizionario-Biografico)/.

7

Per una panoramica sui numerosi scritti di Barduzzi, Ibidem.

8

Barduzzi D., Resoconto statistico sommario della Sezione Dermo-Sifilopatica di RR. Spedali di Pisa, p. 205.

9 Pellizzari C., Prostituzione e profilassi pubblica della sifilide, p. 122. 10

Barduzzi D., Resoconto statistico sommario della Sezione Dermo-Sifilopatica di RR. Spedali di Pisa, IN

Giornale italiano delle malattie veneree, 1878, p. 205.

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Pellizzari, del quale per ragioni di struttura logica del testo è meglio parlare in seguito, è possibile che non fossero dei migliori. Entrambi, in ogni caso, approderanno a posizioni simili di riforma nei primi anni 90.12

Per concludere questa prima parte, conviene accennare agli altri due medici che prestarono servizio come infermieri capi nella Sezione Dermosifilopatica successivamente al 1877. Il 9 febbraio 1877, viene nominato Augusto Garzella soprintendente infermiere, addetto in gran parte alla cura delle veneree. Cuturi aveva valutato attentamente la sua candidatura, accettandola sulla base del fatto che egli

prestò servizio nel Lazzeretto durante l’epidemia colerica del 1866 con intelligenza ed abnegazione degne di ogni encomio per parte di questa amministrazione, del Regio Governo e della pubblica opinione; che nell’anno 1874 subì l’aggressione gravissima per avere mantenuto salda la disciplina e la moralità nel servizio di assistenza immediata agli infermi”.13 Come suo principale aiutante nel disbrigo delle pratiche quotidiane, viene nominato il dottor Eugenio Boschetti. Vicentino d’origine, il Boschetti è “di distinta riputazione nella facoltà medica e chirurgica, e si è finora disimpegnato con piena soddisfazione in ogni rapporto”14. Inoltre è conosciuto “per le sue doti morali, per le molte ed estese cognizioni scientifiche che possiede, e per la capacità e attenzione che ha sempre dimostrato nel disimpegno delle sue attribuzioni”.15

I personaggi appena descritti non si distinguono per una particolare durezza nei confronti delle prostitute. D’altra parte, i continui problemi di ordine pubblico che caratterizzarono la quotidianità del sifilicomio pisano, misero in condizione i medici di comportarsi spesso come dei veri e propri carcerieri. Nonostante l’evoluzione del sifilicomio in clinica universitaria e le rivoluzioni interne (come l’abolizione della camicia di forza) introdotte da Pellizzari, lo stesso medico nel 1888 scriveva

12

Barduzzi D., Di alcune necessarie riforme all’attuale regolamento sulla profilassi e cura della malattie

sifilitiche e veneree in rapporto specialmente alla prostituzione, XIV Congresso dell’Associazione Medica

Italiana in Siena, Tipografia Nava, Siena, 1891. Cfr. Pellizzari C., Delle modificazioni da introdursi nel

regolamento sulla prostituzione in Rapporto con la profilassi delle malattie veneree : Discorso pronunziato nella adunanza generale 17 agosto 1891 del XIV Congresso dell'associazione medica italiana, tenuto in Siena, Tipografia Bortolotti, Milano, 1891.

13

ASP, Prefettura, Inventario 28, Spedali Riuniti, personale, nomine, b. 1191, 1869-1890, Personale,

nomine e promozioni 1869-1874, Pisa, RR Spedali, rimpiazzo del posto di soprintendente alle infermerie e di aiuto dello stesso, protocollo generale n. 335, fascicolo 5, Ivi, n. 2318, del 6/2/1877.

14

Ivi, 10/3/1877.

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Nuovo a quel posto, io mi trovavo a lottare con mille cattive abitudini prese; ogni giorno era un ammutinamento, una rivolta, un fracassare piatti, cristalli, mezzine; vi era stata la fuga di tre prostitute, il trasloco in prigione di altre due. In una parola, il sifilicomio pareva un inferno, e mi sembrava di essere in un manicomio.16

5.2) Il Sifilicomio

.

Nel periodo 1860 – 1865, in modo non dissimile dalla questione relativa alla messa a punto del locale di visita per le prostitute, la città di Pisa non sembra minimamente in grado di far fronte alle nuove esigenze e ai nuovi standard imposti dall’applicazione delle norme contenute nel regolamento. La sfida che si pone innanzi alle autorità nazionali e provinciali si presenta ardua. Si tratta, in sostanza, di creare quasi dal nulla un sistema ospedaliero e carcerario che potesse reggere l’impatto di un bacino di potenziali utenti molto vasto e comprendente le città di Pisa, Livorno e il circondario pisano esclusa l’area amministrativa meridionale sottoposta a Volterra, la quale accoglierà i pochi malati venerei negli ospedali di Volterra, Piombino e Campiglia Marittima.

Dallo studio delle fonti, sembra che solo alla fine del 1860 le autorità pisane e governative realizzino la potenziale gravità del problema negli anni a venire e che fino a quel momento persista quel sostanziale vuoto legislativo che caratterizza la gestione dei Lorena. Il 6 ottobre 1860 il prefetto Luigi Tanari, agronomo e senatore che ricoprì la carica fra la fine del 1860 e l’inizio del 1862, compila una relazione da inviarsi al Ministero dell’Interno circa lo stato della spedalità per le prostitute in città, mettendo in luce delle problematiche che nel corso di un paio d’anni porteranno a ritenere come unica soluzione possibile quella di costruire ex novo un sifilicomio.

La relazione dice:

Pervenutami la sua citata partecipazione del 19 settembre riguardante la scelta dei locali ad uso di sifilicomio e per la visita delle prostitute, mi recai a premura di interpellare in proposito non tanto l’infermiere maggiore quanto l’architetto dello stabilimento, provvedendo anche ad una visita generale, non tanto delle stanze assegnate fin qui ad

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infermeria delle veneree quanto alle altre località che nello stabilimento devono essere adattate per l’attuazione del nuovo regolamento in quanto può spettare a questa amministrazione. Resultato di questa ispezione fu la unanime persuasione che inevitabili sarebbero dei miglioramenti da apportare alle due stanze destinate in addietro all’uso preaccennato, tanto per la sua ubicazione quanto per la parte materiale, perché situate nel centro del fabbricato, e perché poste a tetto, senza soffitta e non abbastanza ventilate e proprio anguste. Riconosciuta pertanto la convenienza di trovare altra località adattissima, si è preferito la scelta di alcune stanze adibite per le croniche al quale si può avere separato accesso per la Via del Chiodo poco frequentata ed a contatto colla quale può essere costruito con dispendio ben giustificato un locale per la visita delle prostitute. Questo locale per la sua posizione offrirebbe ( la possibilità di poter scortare le prostitute con le vetture in una strada poco affollata evitando qualunque pubblicità). La spesa presagita per la esecuzione dei previsti lavori ascende a lire 14.588, che non si trova eccedente considerando che con questa si rimedia non solo alla indispensabile costruzione del nuovo locale rispetto a quello sin qui adottato per sifilicomio, ma si ottiene l’aumento del pari necessario delle stanze di osservazione per i sospetti di malattia e delle stanze di forza; mancando però nell’amministrazione i fondi disponibili a tal uopo occorre che vengano fatte le dovute richieste. Il regolamento approvato dal sifilicomio di Firenze non mi richiama a speciali assegnazioni per tutti quegli articoli che possono essere applicabili a quello da attivarsi in questa città.”17

Il Prefetto continua dicendo che nel quinquennio precedente nella struttura preposta c’erano circa “12 degenti in media al giorno “ e che solo in qualche caso “si è verificata la presenza simultanea di 19 individui”. La relazione si conclude dicendo che occorrono più letti perché, dovendo accogliere anche i malati di luoghi vicini come Livorno, occorre lo spazio necessario. 18

L’ingegnere andato col Prefetto ad ispezionare i locali di cura era Pietro Bellini, il quale nello stesso periodo aveva redatto il primo progetto relativo alla costruzione del sifilicomio pisano. L’idea infatti di adattare delle stanze sembrava un palliativo destinato a mostrare presto i suoi limiti, ma la condizione delle finanze del Ministero non permetteva al momento di finanziare questa opera, considerando che a Pisa erano in corso trattative per l’avvio di progetti ben più importanti e costosi come quello della stazione centrale.

17

ASP, Spedali Riuniti, Inventario 16, Affari Spediti, b. 377, 1865, Progetto sifilicomio, pianta, perizie,

gare d’appalto, 1865, Sifilicomio, n. 2607.

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E’ Bettino Ricasoli in persona a scrivere al Prefetto il 1 novembre 1860, dicendo che “il progetto dei lavori che si è presentato nelle unite carte, non è da prendersi attualmente in esame. D’altronde il bisogno di un regolamento sulla pubblica prostituzione in cotesta città, non ammette che ne sia troppo ritardata l’attivazione.”19 Ricasoli in sostanza invita Tanari ad affrontare la situazione con i mezzi presenti e contando sulle sue capacità, spronandolo a cercare di individuare almeno una singola stanza da dedicare specificatamente a sifilicomio per prostitute, non accettando la visione del Prefetto e di Bellini secondo cui sia utile posizionare la stanza per le visite bisettimanali all’interno del sifilicomio, perché “potrà facilmente trovarsi nel locale da scegliersi e destinarsi ad uso dell’Ufficio Sanitario. In questo senso sua Eccellenza si procurerà di superare gli ostacoli che si presentano nell’attuazione del regolamento suddetto”.20

Il Prefetto, nel novembre del 1860, comunica al Commissario degli Spedali Domenico Pettinucci e al segretario generale degli Spedali Carlo Tempesti che occorre individuare una stanza separata per le prostitute, mentre si valutano varie ipotesi sul luogo da destinarsi a stanza di visita.21 La situazione rimane sostanzialmente immutata fino al novembre del 1861, quando iniziano a rendersi evidenti le carenze del sistema di cura. Il 2 novembre Tanari ricorda come nonostante l’anno precedente fosse già stato detto chiaramente come il luogo adibito a sifilicomio non fosse sufficiente, le istruzioni di Ricasoli erano state eseguite e le prostitute si trovavano separate dalle altre malate.

Questa prescrizione venne immediatamente portata ad effetto, e per qualche tempo non si presentò difficoltà insuperabili, ma è per la maggior vigilanza che si deve esercitare in questa parte tanto delicata della Pubblica Igiene (… e per il fatto che) l’affluenza si è fatta assai maggiore e le stanze destinate al momento sono assolutamente insufficienti.22

Il Prefetto sottolinea come il Ministero pretenda la completa guarigione delle prostitute ma come essa richieda talvolta molto tempo. Il continuo ricambio di malate nelle stanze dovuto alla grande affluenza, non permette di bloccare i letti per molte settimane. Il risultato, essendo la guarigione un obiettivo considerato imprescindibile, è che i medici sono costretti a collocarle spesso insieme alle veneree normali.

19 Ivi, n. 2610. 20

Ibidem.

21 Ivi, n. 2609. Il locale, come detto in precedenza, fu alla fine collocato all’interno del sifilicomio. 22 Ivi, 2611.

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Alla ristrettezza dell’attuale sifilicomio si aggiunge la sua insalubrità, sulla quale muovono continue lagnanze le detenute, particolarmente dacché si fa sentire il freddo e sono sopraggiunte le piogge. L’infermiera maggiore, che ho interpellata in proposito, concorda essere le stanze malamente abitabili nell’estate pel caldo soverchio, ed insalubri nell’inverno perché freddissime e umide, non adattate all’uso perché mancanti di spazio.23

In sostanza “io non saprei scorgere progetto più adatto e meno dispendioso di quello avanzato con la primitiva corrispondenza; mi credo perciò in debito di rammentarlo nuovamente all’Autorità Superiore.”24 Inizia in questo periodo un pressing congiunto delle autorità pisane sul Ministero al fine di riuscire a sbloccare dei fondi.

Il 19 novembre l’infermiere maggiore degli Spedali Giuseppe Bini scrive a Firenze che in seguito ai ripetuti reclami delle prostitute veneree contro questo sifilicomio riguardo al loro collocamento, sono in dovere di far noto che realmente le due stanze ove sono degenti sono nella stagione estiva caldissime, tali da non potervi respirare in qualche ora del giorno; nella stagione poi invernale oltre ad essere freddissime sono altresì non poco umide.25

Bini dice che manca qualsiasi spazio aperto per l’ora d’aria. “Finalmente queste due stanze sono capaci di contenere solo 18 letti e l’esperienza purtroppo ci fa vendere che sono insufficienti per collocare tutte le veneree”.26

Il 1 dicembre 1861 Prefettura e Regi Spedali, opera pia, stipulano il primo contratto ufficiale per la cura delle prostitute sifilitiche. La fisionomia generale del sistema di cura pisano viene stabilita sulla base di questo contratto. Il sifilicomio di Pisa si presenta simile ad una moderna struttura sanitaria convenzionata con lo stato. Sostanzialmente, l’amministrazione ospedaliera si incarica di curare le prostitute veneree presentando trimestralmente resoconti dettagliati alla Prefettura, la quale intercederà con il Ministero per il rimborso alla stessa amministrazione della cifra di 1,12 lire giornaliere di diaria di spedalità per ogni malata.27

L’accordo, che al momento ratifica anche l’esistenza delle famigerate due stanze malsane ma che in questo verrà superato nel 1865, si presenta come una manovra messa a punto dalle autorità pisane per spingere il Ministero a finanziare la

23 Ibidem. 24 Ibidem. 25 Ivi, n. 2612. 26 Ibidem.

27 ASP, Spedali Riuniti, Affari Spediti, Inventario 16-1, b. 382, 1866, Spese per l’impianto del Sifilicomio,

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costruzione di un vero sifilicomio, ma che ancora si scontra con più importanti questioni di bilancio.

Una corrispondenza del 6 dicembre 1861 proveniente da Firenze, e firmata dal Commissario Straordinario delle Province Toscane Lazzerini, raffredda ancora le aspettative pisane limitandosi ad accettare le norme contenute del contratto, senza aperture in merito ad ulteriori esborsi da parte del governo centrale . Egli dice che

Riferendosi al progetto (…) per l’ampliazione dei locali di cotesti RR Spedali Riuniti onde servire a un migliore assetto del sifilicomio che vi è già attivo in cotesta città, il Ministero dell’Interno, Direzione Nazionale delle Carceri, (…) ha fatto sentire a questo R. Commissario Straordinario che le pratiche tenutesi per l’attivamento dei sifilicomi in Toscana sono basate sul principio che mediante una retribuzione giornaliera da corrispondere dall’erario dello Stato alle Amministrazioni dei Civici Spedali, rimanesse a carico di questi il ricovero, mantenimento e cura delle sifilitiche senza verun altro onere per parte del Governo, pratica già concordata con il Commissario dei RR Spedali di cotesta città.28

Il Commissario dice che siccome l’ospedale stava già progettando l’ampliamento dei locali per i malati di mente, “il governo deve e rimarrà estraneo, e dal momento che esso corrisponde alla Pia Amministrazione la diaria stabilita per il ricovero e cura delle sifilitiche, deve essere esonerato da qualsiasi altra spesa.”29

Nel 1862 l’entrata in scena di due nuovi personaggi sembra sbloccare la situazione. Quest’anno infatti le cariche di Prefetto e di Commissario degli Spedali vengono assunte da Luigi Torelli e da Carlo Cuturi. Questi personaggi, aiutati sul piano tecnico da Pietro Bellini, agirono combinando pragmatismo e senso morale.

Nel luglio 1862 Torelli, seguito da Cuturi, Tempesti e Bellini, dispone personalmente una nuova ispezione ai locali, sentenziando come non apprezzasse “per niente la sala delle sifilitiche perché mancante di ventilazione” e richiedendo una copia del primo progetto Bellini redatto nel 1860.30

Dal Ministero iniziano a giungere i primi segnali positivi, poiché viene richiesto agli Spedali di redigere uno schema inerente alle presenze avutesi nel sifilicomio pisano nell’ultimo decennio. Il rapporto evidenzia effettivamente come fra il 1850 e il 1862,

28 ASP, Spedali Riuniti, Inventario 16-1, Affari Spediti, b. 377, 1865, Progetto sifilicomio, pianta, perizie,

gare d’appalto, 1865, Sifilicomio, n. 2614.

29 Ibidem.

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nel contesto strutturale descritto, si passi rispettivamente da 56 a 178 ricoverate.31 Come commenta Tempesti

è notevole l’aumento delle ammesse fra il 1860-1861, notevolissimo in quest’anno fino al 29 di questo mese (settembre). Oltre al fatto della moltiplicazione della sifilide in città dobbiamo deplorare gravemente la propagazione di tal malattia nelle campagne, le quali contribuiscono non poco all’aumento del numero delle infette nel nostro sifilicomio.32

Egli deplora come l’ ignoranza e la superstizione spingano i contadini a non farsi curare, presentandosi talvolta avendo sviluppato forme sifilitiche costituzionali gravi dopo anni e anni di malattia. Insomma, per i funzionari pisani pare che “l’importanza del sifilicomio, corrispondente al bisogno dei tempi (… è fondamentale per assecondare) le leggi igieniche e della morale vigenti”.33

La situazione inizia a sbloccarsi nell’ottobre del 1862, quando Torelli scrive a Cuturi sostenendo di aver finalmente parlato con il governo in merito alla questione e che la soluzione sembra a portata di mano. Fermo restando la necessità di ampliare le strutture per venire incontro a questioni pratiche e morali, Torelli sostiene come la strategia adottata dallo stato fino a quel momento non avesse portato grandi vantaggi né sul piano sanitario né su quello finanziario. La proposta presentata dal Prefetto al Ministero, in realtà, prevede che lo stato anticipi la somma di 27.000 lire per la edificazione di nuove strutture, somma che l’Amministrazione restituirà a rate in maniera da concordare. Nessun altro onere di spesa dovrà gravare sul governo, se non un rimborso per le cure di spedalità spettante a tutti i sifilicomi, di stato e non. Come dice Torelli, “il governo stende la sua mano protettrice” verso un comune che non aveva i mezzi per fare da sé, considerando le spese folli in altri settori.34

31 Nello specifico di passa da 56 ricoveri nel 1850, 156 nel 1851, 143 nel 1852, 72 nel 1853, 89 nel 1854,

81 nel 1855, 150 nel 1856, 149 nel 1857, 90 nel 1858, 74 nel 1859, 76 nel 1860, 107 nel 1861, 178 nel 1862. Possiamo vedere come la curva sia piuttosto oscillante e priva di regole, sebbene sia evidente come nel 1862 si registri il picco. Ivi, n. 2617, 2618.

32

Ivi, n. 2617.

33

Ibidem.

34

Ivi, n. 2619. Fra tutti gli esempi che evidenziano quanto appena detto, quello delle vicende relative alla costruzione della nuova stazione centrale chiarisce lo stato delle finanze del comune di Pisa. Già nell’ultimo trentennio di governo granducale, le due stazioni costruite fra gli anni 40-50 testimoniano come Pisa fosse considerata il principale snodo commerciale fra la capitale e il porto di Livorno. Nel 1861 le autorità toscane, insistendo su questo punto, ottengono dei finanziamenti straordinari concessi dal neonato stato per la costruzione di opere strategiche di interesse nazionale. L’operazione si rivelò una vera e propria spada di Damocle sulle finanze del comune, poiché la forte lievitazione dei costi dovuta a operazioni speculative sui terreni portarono le casse comunali sull’orlo della bancarotta negli anni 70.

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Il 13 ottobre Cuturi, con qualche riserva, accetta il piano di Torelli. Egli deplora come “improvvidamente l’amministrazione di questi ospedali accettava nel 1861 (…) di accogliere le prostitute inferme” con tutti i problemi che ne scaturirono in seguito, trasformando la degenza nelle due stanze adibite a sifilicomio

in un soggiorno il quale non sarebbe tollerabile nel più rigido penitenziario. Si aggiunga a questo inconveniente materiale la promiscuità delle prostitute colle infette per legittimo o non venale connubio, delle femmine le più demoralizzate colle povere nutrici, con fanciulle impuberi contaminate da brutale lenocinio.35

Cuturi rivendica come gli spedali siano da anni impegnati a porre il problema all’autorità politica e come si siano tentati degli inutili palliativi, come far costruire delle finestre aggiuntive quando

ormai, non rimane altro rimedio a quest’incuria che provvedere onde un sifilicomio si faccia coerentemente con le esigenze della nostra civiltà, per ridurre la moltiplicazione del morbo sifilitico nei più angusti confini.36

La proposta di Torelli viene accettata da Cuturi e il prezzo della diaria per la cura delle sifilitiche viene confermato nella cifra di 1,12 lire al giorno a persona. Il Commissario sottolinea poi come“ giova avvertire che nella spesa delle 27.000 lire si comprendono quella del locale di visita delle prostitute sottoposto all’Ufficio Sanitario”.37

Su questo punto sembrano concentrarsi le ultime opposizioni governative. Il 22 ottobre 1862, dal Ministero dell’Interno arriva una circolare diretta a Torelli dove si accetta l’accordo sopra menzionato, con la specificazione che il rimborso della somma stanziata per la costruzione del sifilicomio dovrà essere eseguito attraverso la trattenuta di 12 centesimi sulle 1,12 lire di rimborso di spedalità giornaliera, mentre riguardo alle opere in progetto, sifilicomio e stanza di visita, trattandosi di due amministrazioni diverse, dovranno essere portate avanti due perizie separate.

Nel caso della stanza di visita siamo di fronte ad un pubblico ufficio, per cui la competenza e il finanziamento sono della Direzione Nazionale di Pubblica Sicurezza. Per questo motivo gli stanziamenti necessari, ammontanti a 3.700 lire, sono

Nuti L.,Pisa. Progetto e città 1814-1865, Pacini, Pisa, 1986, pp. 135 sgg. Cfr. Tolaini E., Pisa. La città e la

storia, ETS, Pisa, 2007, pp. 231-3.

35

Ivi, n. 2620.

36 Ibidem. 37 Ivi, 2621.

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competenza e onere diretta dello stato, diversamente dal sifilicomio per la cui edificazione lo stato presta i soldi a interessi zero all’amministrazione ospedaliera.38 Il 12 marzo 1863 Pietro Bellini presenta un secondo progetto, finalmente approvato da tutti gli uffici coinvolti. Il 1 maggio 1863 il Ministero scrive che “nulla trovando da osservare in contrario, è stato d’avviso che la convenzione in parola possa avere il suo pieno effetto”, 39 comunicando al Prefetto di stipulare un contratto con gli Spedali circa i modi e i termini del versamento delle 25.000 lire occorrenti per i lavori, le quali saranno versate in due rate uguali. Alla fine di maggio viene posto il bando pubblico per la costruzione dell’edificio sulla base del nuovo progetto.

Come si legge nella perizia ufficiale

questo fabbricato è da farsi in prolungamento delle stanze destinate alle maniache in osservazione, sarà a due piani da terra a tetto, sarà lungo metri 28,40; largo metri 10,60 e il pianterreno sarà sopraelevato di 1,20 metri; sarà alto metri 4,50, mentre il piano superiore, attesa la grandezza delle sale, risulterà alto metri 6 e perché le stanze a pianterreno risultino sane e asciutte saranno poste delle volte in modo che l’aria potrà circolare.40

La gran parte dei costi sono dovuti ai lavori di muratura, giacché si promette una struttura di altissimo livello qualitativo sotto tutti gli aspetti. Non si bada a spese. Stucchi alla veneziana, 35 finestre di abete, marmi e pietrami di qualità sono messi in conto spese. Negli anni successivi Barduzzi e Pellizzari definirono più volte il sifilicomio come una delle strutture migliori dell’ospedale, per il fatto di essere stata costruita recentemente e secondo i migliori criteri strutturali e con i migliori materiali disponibili.41 Importanti sono anche i lavori spettanti al fabbro, il quale dovrà occuparsi di rendere il sifilicomio una struttura carceraria, in quanto “al pianterreno occorrerà munire di ferrate le finestre che illuminano le diverse stanze.”42

In totale si prevede la spesa di 25.504 lire per un’opera che si propone di rendere Pisa una realtà all’avanguardia nel settore. In effetti il progetto è importante: 42 posti letto

38 Ivi, n. 2623. 39 Ivi, n. 2628. 40

Ivi, Sifilicomio. Incarto dei lavori di falegname, fabbro, vetrajo e docciajo, verniciatore, riquadrature,

Perizia estimativa del 12/3/1863, n. 2.

41

Barduzzi D., Resoconto statistico sommario della Sezione Dermo-Sifilopatica di RR. Spedali di Pisa, p. 204. Cfr. Pellizzari C., Prostituzione e profilassi pubblica della sifilide, p. 120.

42

ASP, Spedali Riuniti, Inventario 16-1, Affari Spediti, b. 377, 1865, Progetto sifilicomio, pianta, perizie,

gare d’appalto, 1865, Sifilicomio. Incarto dei lavori di falegname, fabbro, vetrajo e docciajo, verniciatore, riquadrature, Perizia estimativa del 12/3/1863, n. 2.

(14)

215

totali; 30 riservati espressamente alla prostitute in cura; 3 per le prostitute in stato d’arresto ma ricoverate al sifilicomio; 6 letti per le maniache in aggiunta al locale limitrofo ma utilizzati anche per prostitute; 3 letti per le prostitute gravide occulte. La struttura è concepita con un forte razionalismo che bilancia aspetti medici e carcerari. A queste stanze si aggiungono infatti i servizi, una stanza per il personale carcerario, una stanza di disciplina e, al primo piano, la famigerata stanza per le visite sanitarie.43 Il 6 giugno 1863 si comunica che il bando è andato a buon fine e i lavori edilizi sono stati assegnati a due impresari pisani. La preoccupazione, palpabile nei carteggi, è quella assegnare i lavori ad imprese affidabili ma anche che fossero capaci fare offerte al ribasso.44 Alla fine di agosto partono i lavori e, come si evince dalla numerosa corrispondenza avviata dal Ministero per monitorarne lo stato, sembrano inizialmente procedere in modo abbastanza spedito.45

Fra il gennaio e il marzo 1864 vengono bandite le aste per l’accollo dei restanti lavori, i quali vengono avviati alla fine del mese insieme al locale dell’Ufficio Sanitario.46

I lavori, che stando alle carte dovevano essere conclusi nell’autunno del 1864, in realtà vedono un ritardo di circa sei mesi che le fonti non chiariscono. Nell’estate si verifica ad esempio una contesta con un tale Papeschi, proprietario di un pozzo nero che deve essere espropriato, che crea diversi disguidi a Bellini, ma risolvendosi tutto sommato in poco tempo non sembra un motivo valido per spiegare il ritardo. Un’altra causa pare desumibile da alcune lettere quasi illeggibili che Bellini scrisse a Cuturi nel 1865, dalle quali si capisce come molti degli accollatari aspettassero da tempo acconti per i lavori in corso.

Inoltre, dalle parole dell’ingegnere, traspare una certa preoccupazione per la partenza di Torelli da Pisa per diventare ministro, poiché effettivamente il Prefetto si spese molto e in prima persona affinché Pisa avesse un sifilicomio. Forse la sua partenza e

43

Ibidem. Si vedano le planimetrie.

44

Gli accollatari sono Giovanni Bellandi per i lavori di muratura; Enrico Bellini per i i pietrami lavorati. Essi devono svolgere tutta la parte strutturale e a luglio sono stipulati i contratti che devono essere conclusi entro 10 mesi. Ibidem.

45

Ivi, n. 2635, 2644, 2645, 4253.

46 Vengono scelti: Serani Anacleto falegname; Sbrana Angiolo fabbro; Pardi Ranieri vetrajo e docciajo;

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216

l’arrivo di Lanza possono aver creato un momento di confusione responsabile di un ritardo tutto sommato modesto.47

Il sifilicomio di Pisa viene inaugurato, non del tutto ultimato, nel maggio del 1865.48 Negli stessi giorni viene dunque chiesto al Ministero di versare la seconda rata di rimborso spese. Lanza comunica a Cuturi come dalla Corte dei Conti si pretendano ulteriori delucidazioni circa il bilancio dell’operazione, la quale in realtà al momento non aveva ancora visto lievitare i costi. Il Commissario comunica come il costo totale dell’operazione ammonti a 26.211 lire, poiché si è reso necessario costruire un muro di cinta e la messa a punto di alcune opere idrauliche impreviste.49 La somma viene versata in un clima di generale soddisfazione, ma nei mesi successivi iniziano ad emergere alcuni problemi di bilancio.

Il 12 febbraio 1866 Cuturi scrive al Prefetto Lanza sostenendo come le spese “al dirimpetto della somma di 25.504 lire anticipata dal Regio Governo, hanno necessariamente ecceduto di lire 6751, 95”.50 Il commissario chiede di intercedere col Ministero e farsi anticipare la somma rimborsandola nello stesso modo, evitando così di gravare direttamente sulle casse dell’ospedale diminuendone il capitale. La risposta da Firenze, il 6 marzo, è negativa. Il Ministero non può allocare la somma perché per stanziamenti superiori alle 30.000 lire occorrono delle leggi ad hoc, ed inoltre occorrerebbe stipulare un nuovo contratto andando incontro ad un sicuro parere negativo della Corte dei Conti. Inoltre si specifica come l’aumento non sia dovuto a spese straordinarie impreviste ma a migliorie che si sono volute introdurre nella struttura che non comparivano nel piano originario.51

Il 14 aprile Cuturi propone, in alternativa, di sospendere la trattenuta di 12 centesimi sulla diaria per la cura delle prostitute fino al raggiungimento della somma in eccesso.52 La proposta del Commissario piace al Ministero “il quale non riscontra difficoltà a aderire alla richiesta”, la quale sarà esecutiva dal 1 luglio 1866 fino al raggiungimento della somma di 6751,95 lire.53

47 Ivi, 2701, 2702, 2703, 2704. 48 Ivi, n. 2693. 49 Ivi, n. 2695.

50 ASP, Spedali Riuniti, Affari Spediti, Inventario 16-1, b. 382, 1866, n. 836. 51

Ivi, n. 839.

52 Ivi, n. 840. 53 Ivi, n. 842

(16)

217

Tale obiettivo sarà raggiunto nel marzo del 1871, momento in cui l’amministrazione ospedaliera riprende a rimborsare il debito al Ministero avendo al momento versato complessivamente solo 1331 lire.54

Il percorso che porta dunque la città di Pisa a possedere un vero sifilicomio, non fu semplice. Una volta entrato in funzione, i medici sul campo e Cuturi dovevano compilare una serie di moduli statistici da inviare al Ministero in modo simile all’Ufficio Sanitario. Il meccanismo burocratico, com’è facile immaginare, è molto macchinoso e imponente. Innanzitutto, come nel caso dell’Ufficio Sanitario, sono le questioni finanziarie legate al rimborso della diaria a caratterizzare la natura di questa documentazione. Semestralmente, l’amministrazione del sifilicomio doveva rendicontare tutte le presenze e le giornate di spedalità che, come illustrerò, sono in numero consistente. In secondo luogo doveva compilare dei moduli statistici generali sul movimento delle inferme nella struttura. Il fatto che nel sifilicomio fossero curate le livornesi, dava vita ad una situazione di vita ordinaria in cui l’amministrazione ospedaliera doveva confrontarsi e fronteggiarsi continuamente con Livorno.55

Diversamente dagli Uffici Sanitari, i sifilicomi erano per lo stato una fonte di uscita netta. Nel corso del tempo, in virtù di un aumento sia dei pazienti che della retta giornaliera, la diaria rimborsata dal Ministero all’amministrazione ospedaliera aumentò in modo notevole. Fra il 1865 e il 1881, il rimborso semestrale aumenta nel seguente modo: 2500 lire nel 1865, 4500 nel 1866, oltre 6000 lire nel 1867-68, circa 10000 nel 1869-70, attestandosi intorno alle 12000 lire a semestre nel decennio successivo.56 Negli ospedali del circondario di Volterra che accolgono i malati venerei, i rimborsi vanno dalle massimo cento lire a semestre di Campiglia e Piombino alle massimo 200 lire per Volterra.57

54

ASP, Prefettura, Inventario 28, b. 1200, Affari diversi relativi al sifilicomio e alla spedalità delle

prostitute, Risposta al foglio n. 17184 del 22/3/1871.

55

ASP, Spedali Riuniti, Affari Spediti, b. 505, 1876, Richiesta di notizie sull’andamento economico degli

spedali per sifilitici, n. 266.

56

Ivi, Protocollo n. 998; n. 1198-1808; 57555-18821; 1220-2616; Cfr. Ivi, n. 447, divisione 7, sezione 1; n. 447-187. Cfr. Ivi, Ospitalità delle prostitute nel triennio 1873-1874-1875, tabella all’interno del n. 24149-132285; Cfr. Ivi, Risposta al foglio n. 24149-132255.

57 ASP, Prefettura, Inventario 28, b. 1200, Affari diversi relativi al sifilicomio e alla spedalità delle

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La retta giornaliera passa da 1,12 nel 1861-63 a 1,50 lire per tutti gli anni dal 1863-1870, fino a raggiungere 1,70 lire al giorno dal 1 gennaio 1871 a causa “del rincaramento dei viveri e le deficienze del bilancio del Pio Luogo”.58

Nello stesso anno il Ministero sollecita Prefettura e Spedali a stipulare una convenzione scritta riguardante tutta la questione della spedalità delle veneree, in modo che siano fissati tutti i parametri economici e contabili. Le autorità convengono sul fatto che questa convenzione dovrà avere una durata di tre anni e che il Ministero si impegna a rimborsare 1,70 lire a sifilitica.

La prima convenzione quindi ha durata 1871 – 1873 e “rimane colla presenta abrogata la convenzione conchiusa sull’argomento tra il Prefetto e il Commissario dei RR Spedali in data 23 dicembre 1861”59. Essa viene di fatto firmata nell’agosto del 1871 e approvata nel novembre dal Ministero.60 I punti salienti del contratto , che rimarranno invariati negli anni, sono i seguenti. L’ospedale di Pisa riceverà e farà curare, in apposito locale destinato a sifilicomio, tutte le prostitute che gli Uffici di PS di Livorno e Pisa vi invieranno. Alla fine di ogni semestre verrà rimessa al Ministero la contabilità, il quale pagherà in lire 1,70 la giornata di spedalità di ogni sifilitica.61

I contratti vengono rinnovati alla fine del 1873 e alla fine del 1876, anno in cui Cuturi chiede di poter portare la retta giornaliera a 2 lire, ma dove il ministero nega e acconsente solo di portarla a 1,75 lire.62 Il contratto del 31 dicembre del 1876 avrà una durata quinquennale fino a tutto il 1881.63 Nella primavera del 1882 viene approvato l’ultimo contratto quinquennale, nel quale peraltro la retta rimane di 1,75 lire al giorno.64

Nel febbraio del 1888, in un momento di fermento per l’imminente approvazione del Regolamento Crispi, la prefettura chiede un resoconto sullo stato della spedalità dei sifilitici nella provincia al fine di raccogliere informazioni utili per fronteggiare la nuova situazione.

58

Ivi, n. 43606; risposta al foglio n. 43606.

59

Ivi, n. 1191.

60

Ivi, n. 52.350; risposta al foglio n. 52.350.

61 Ivi, Copia originale del contratto, all’interno del n. 68.736. 62

Ivi, protocollo generale n. 337, fascicolo n. 10, n. 701.

63 Ivi, risposta al foglio 24149-132255.

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219

In quest’epoca, già da alcuni anni il sifilicomio era entrato a far parte pienamente della Clinica Dermosifilopatica, ove i “ poveri vengono ammessi gratuitamente salvo rimborso dei comuni cui appartengono, gli agiati verso deposito di un mese della retta ospitaliera fissata per quest’anno in lire 1,60 al giorno. V’hanno altresì pé paganti classi distinte da 5,50 lire, 6,50, 8 e 10 per ogni giorno”.65 Negli ospedali del Circondario di Volterra la retta ammontava a 2 lire giornaliere.66

Diversamente rispetto all’Ufficio Sanitario, sembra che i rapporti fra il Ministero e l’amministrazione ospedaliera fossero più o meno distesi. Non mancano certo alcuni casi in cui la ben nota precisione di Cuturi nell’inviare i resoconti potesse non bastare nell’evitare incomprensioni fra gli uffici. Ad esempio nel secondo semestre 1870 dal Ministero si rifiutano di rimborsare la diaria poiché negli allegati statistici non compaiono i fogli e entrata e uscita delle malate, e soprattutto una tale Maria Bernini di Livorno è ripetutamente segnata in alcuni giorni. Il Ministero chiede in modo seccato di prestare attenzione e precisione nella compilazione dei moduli. Cuturi in persona si occupa della questione e la somma viene elargita nel maggio.67

Ben più conflittuali si rivelano, sul lungo periodo, i rapporti fra i medici del sifilicomio e l’Ufficio Sanitario di Livorno.

Come già detto, nella città di Livorno non erano presenti strutture di cura per le prostitute sifilitiche, per cui l’Ispettore sanitario Onighi era costretto a inviarle a Pisa. I volumi non sono di poco conto, e sembra proprio che il loro numero sul totale delle ammesse cresca in modo notevole.

Se nel 1869 furono inviate 40 prostitute livornesi in cura nel corso dell’anno, a fronte di un numero di ingressi mensili di circa 25 unità, nel 1878, su 336 prostitute entrate nel sifilicomio, 150 provenivano da Livorno.68 Un tale movimento non poteva non creare numerosi alterchi fra gli uffici interessati, come quello che avvenne nel 1870. Verso la fine del 1869, dallo studio delle fonti, emerge come in un gran numero di fascicoli personali di prostitute livornesi vi sia annotato a margine un reinvio pressoché

65

Ivi, n. 901-1308; 101-1942.

66

Ivi, Protocollo Generale n. 540, Fasc. 19, n. 535-449; 535-1320; 535-10; 73.

67

Ivi, n. 19277

68 ASP, PS, Prostituzione, b. 48, 1867, Fascicolo 7, Movimenti mensili delle prostitute. Cfr. Barduzzi D.,

Resoconto statistico sommario della Sezione Dermo-Sifilopatica di RR. Spedali di Pisa, p. 210. Cfr. ASP,

PS, Prostituzione, b. 125, 1870, Fascicolo1, Prostitute sifilitiche di Livorno inviate al sifilicomio di Pisa e

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immediato al sifilicomio dopo la dimissione per guarigione. In queste note i medici dell’Ufficio Sanitario livornese espongono continue lamentele circa la professionalità dei medici del sifilicomio pisano, poiché una volta rivisitate a Livorno, le prostitute risultavano puntualmente affette da male venereo.

Nel dicembre del 1869 dalla questura di Livorno viene ufficialmente proposto di poter tenere le prostitute con malattie croniche nello spedale civile della città. Il soprintendente del sifilicomio scrive a Cuturi dicendo che “a questo proposito mi permetterei di fare notare che mi sembrerebbe cosa tutt’altro che morale il mettere a contatto le prostitute con le altre malate delle infermerie.”69 Per costui non c’è nessuna ragione valida per cui queste donne non debbano essere curate nel sifilicomio, avanzando inoltre dubbi circa il concetto di malattia cronica.

Da Livorno intanto continuano ad arrivare reclami di prostitute trovate nuovamente infette. Ad esempio il 24 settembre 1869

essendosi sottoposta a visita straordinaria la meretrice Giovanna Simoni, veniva riscontrata affetta da male venereo (..) Tale giudizio fu pronunziato dai medici Arrighi e Dei, i quali visitarono collegialmente la donna. Pertanto si invita la PS a volerla inviare al sifilicomio dove già era ieri.70

Pochi giorni dopo Cuturi risponde sostenendo che da nuova visita risulta come la donna stia bene, per cui la rimanda stizzito a Livorno. Sono almeno una decina i casi presenti del genere. Ad esempio Carolina Trentini fu rispedita con irritazione a Pisa. Cuturi risponde senza mezzi termini dicendo che “da accurate investigazioni praticate in proposito resulta che l’Ispezione Sanitaria di Livorno aveva fatta la visita dopo che la prostituta aveva avuto reiterati commerci”.71 Cuturi definisce le asserzioni livornesi di poco valore e

allo scrivente verrebbe fatto credere che i continui rinvii a questo sifilicomio avvengano per insinuazione dei sanitari che visitano le prostitute al loro ritorno a Livorno dopo essere state dimesse dal sifilicomio medesimo, i quali credono in tal modo di convincere alla erezione più pronta di uno stabilimento in detta città. Perciò si verificasse che quei sanitari continuassero

69

Ibidem.

70 Ibidem. 71 Ibidem.

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221

a fare reclami privi di fondamento, lo scrivente si troverebbe nella necessità di redigere un formale rapporto al Superiore Ministero.72

Cuturi difende apertamente la professionalità dei suoi medici. In merito al rilascio di una certa Buggiani lamentato a Livorno, il Commissario argomenta come

Il chirurgo che ora visita le sifilitiche è così pratico di queste malattie da non potersi neppure dubitare che non abbia conosciuto la guarigione della donna, tanto più che tratta vasi di ulcera esterna riconoscibile pure da una servente. Perciò se detta prostituta fu ritrovata malata il giorno appresso, ciò deve attruirsi all’essersi data troppo presto e soverchiamente alla prostituzione. La disposizione che la Buggiani trovò nei militari coi quali ebbe contatto di cui le fece molto male, spiegano le cose senza accusare di negligenza i nostri curanti.73

Altre vicende, meno gravi ma altrettanto indicative dei tesi rapporti che intercorrevano fra le due istituzioni, erano provocati da una comunicazione inefficiente.

Il 24 febbraio del 1870 Cuturi scrive alla PS di Pisa denunciando che:

Nella sera di ieri l’altro furono condotte al nostro sifilicomio provenienti da Livorno le prostitute Di Prete Amabilia, Benigni Cesira, Orselli Caterina e Mengucci Rosa, tutte in stato di ubriachezza, per cui occorse onde non arrecassero disturbo alle altre prostitute, segregarle in stanze a parte, e per alcune di loro ricorrere alla camicia di forza. Sarebbe desiderabile che un tal fatto non si ripetesse e che la persona incaricata di condurle dalla stazione allo spedale non permettesse loro di fermarsi ora in quella bottega ora in quell’altra come si farebbe apparire essere successo nella sera d’ieri l’altro.74

Il 17 novembre 1874 Cuturi scrive al Prefetto dicendo che

ieri sera ad ora tardissima fu inviata a questo sifilicomio una prostituta, e siccome questo fatto si è ripetuto altra volta, mi rivolgo a sua signoria affiché venga provveduto che l’invio di dette malate sia fatto di giorno e non di notte, ciò perché la visita che vien fatta al loro ingresso possa essere fatta più convenientemente.75

Quanto detto mostra le difficoltà che Pisa dovette affrontare e superare per gestire un movimento di prostitute assolutamente non proporzionato alle sue dimensioni cittadine. 72 Ibidem, n. 2384. 73 Ibidem. 74

ASP, PS, Prostituzione, b. 125, 1870, Fascicolo 3, Affari relativi alle prostitute sifilitiche di Livorno, n. 105.

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222

Ma quante erano, in sostanza, le prostitute che entravano nel sifilicomio? Cosa è possibile dedurre dalle statistiche compilate dall’amministrazione? Dalle seguenti tabelle è possibile comprendere la parabola del sifilicomio pisano.

Tab. 17 Movimento delle prostitute nel sifilicomio da gennaio ad agosto del 1865. Sifilicomio

del Regio spedale

Numero medio mensile

Numero medio mensile delle Totale medio presenze mensili Presenti al primo del mese Entrate medie

Guarite morte restate

9 22 21 0 10 31

Fonte: ASP, PS, Prostituzione, busta 3 bis, 1865, Fascicolo IV, Rapporti mensili sul movimento delle

prostitute sifilitiche.

Tab. 18 Movimento delle prostitute nel sifilicomio nel 1867.

Sifilicomio Numero medio entrate Numero medio uscite Totale

medio presenze mensili Prima del mese Durante il mese

guarite morte Rimaste

5 23 20 0 8 28

Fonte: ASP, PS, Prostituzione, busta 48, 1867, Fascicolo7, Rapporti mensili sul movimento delle prostitute

sifilitiche.

Dall’osservazione delle tabelle è possibile dedurre come il numero di presenze annuali si aggirasse intorno alle 350 unità, percentuale che sembra confermata per almeno tutti gli anni 70.76 A partire dal 1884, epoca in cui il sifilicomio entra a tutti gli effetti a far parte della Clinica, le presenze nella sezione dedicata alle prostitute crescono sensibilmente raggiungendo quota 422 nel 1886.77

A questa data, come illustrerò a breve, le cose a Pisa erano indubbiamente cambiate. La nomina del giovane e pressoché sconosciuto Pellizzari aveva favorito l’avvio di alcune piccole rivoluzioni interne.

Quello che non era affatto cambiato nel corso degli oltre venti anni analizzati, era il clima infernale che doveva respirarsi quotidianamente nel sifilicomio. Nonostante la struttura si ponesse come esempio d’avanguardia sul piano almeno strutturale, senza

76 Barduzzi D., Resoconto statistico sommario della Sezione Dermo-Sifilopatica di RR. Spedali di Pisa, p.

210.

77 Del Chiappa G.B., Il primo triennio della clinica dermo-sifilopatica di Pisa 1885 – 1885-6 – 1886-87, in

(22)

223

neanche subire grossi fenomeni di sovraffollamento, gli atti di insubordinazione al regolamento interno, dei più svariati, erano all’ordine del giorno.

Tutti i medici del sifilicomio e i delegati di PS che si sono avvicendati nei decenni, dai più repressivi ai più innovatori, non hanno ripudiato l’uso della forza nei confronti delle prostitute ribelli. Sarebbe inutile elencare i numerosi episodi di cui resta traccia nelle fonti, ma in alcuni casi le infrazioni assunsero l’aspetto di vere e proprie rivolte organizzate che causarono frequenti danni a cose e persone.

Il 29 agosto 1870 vengono arrestate e portate in carcere 5 prostitute detenute nel sifilicomio per aver commesso dei gravi disordini. Brigida Matteotti, Emilia Domenici, Cesira Meniconi, Gismonda Casati, Elena Verga

la mattina del 29 agosto commisero un gravissimo disordine nel sifilicomio perché ritenevano che il medico Curante (Neri) le trattenesse quasi per capriccio oltre la guarizione, mentre giorni dopo da un consulto medico risultarono ancora ammalate.78

Il soprintendente Neri la definì una tentata rivoluzione, e le prostitute furono arrestate e obbligate a proseguire la cura fino alla fine. Cuturi appare molto irritato per l’avvenuto, e fa stimare il danno in 73, 50 lire che però le prostitute non sono in grado di pagare. La vicenda non trova soluzione e solo nel marzo del 1871, Cuturi chiede ed ottiene che la PS faccia rivalsa sulle tenutarie obbligandole a requisire i guadagni fino al raggiungimento della cifra.79

Numerosi sono anche i litigi fra prostitute, come quello che avvenne nell’ottobre del 1870, quando tre prostitute vennero pesantemente alle mani nonostante l’intervento del personale. Il soprintendente spiega come

onde sedare le litiganti come ha dovuto anche per misura provvisoria di punizione segregarle fra loro e vincolarle colla camicia di forza. Sarebbe però desiderio di questa sovrintendenza che onde simili fatti non si ripetessero così di frequente, venisse inflitta alle nominate una qualunque punizione senza dilazione nel modo creduto più opportuno. 80

Le donne autrici di simili azioni erano sempre punite con il carcere e molto spesso con la camicia di forza, comprese quelle colpevoli di atti lesbici, come avvenne nell’ottobre

78

ASP, PS, Prostituzione, b. 125, 1870, Fascicolo 1, n. 300.

79 Ibidem. 80 Ivi, n. 2186.

(23)

224

del 1874 sotto gli occhi dell’inserviente per opera delle prostitute Stefanini e Marrani.81

Un ultimo caso tipico riguardava le rivolte per il vitto, come quella avvenuta nell’aprile del 1886 ad opera di cinque prostitute guidate da tale Elisa Franco, la quale iniziò a rovesciare i carrelli carichi di marmitte e a distruggere tutto quello che aveva a portata di mano, offendendo medici e inservienti. Rinchiusa nella stanza delle “dementi”, le altre quattro donne si autodenunciano costringendo Garzella a occupare cinque stanze singole fino all’arrivo delle guardie di PS. Le donne vennero condannate ad otto giorni di carcere.82

Addirittura nel gennaio del 1885 tre prostitute, durante la notte, riuscirono ad evadere dal sifilicomio “perché disgustate, a quanto pare, dal trattamento del sig. prof. Curante.” Le donne furono arrestate, carcerate e rispedite in cura.83

Questo tipo di rivolte potrebbe lasciar intendere come nel sifilicomio venissero utilizzati metodi particolarmente repressivi. In realtà le ragioni vanno cercate nella fisionomia stessa dei sifilicomi.

Quello attivo a Pisa, almeno fino al 1884, non si distingueva se non per la valida struttura. I medicinali e le tecniche curative utilizzate sono del tutto simili a quelle che ho descritto nel terzo capitolo.84 Anche sotto il profilo del vitto, oggetto di tanti disordini, le prostitute erano trattate come gli altri pazienti, salvo il fatto che buona parte delle punizioni per infrazioni al regolamento influivano proprio sulla quantità di cibo somministrato.

In base ad un’inchiesta promossa dal Ministero relativamente al vitto nei sifilicomi, attuata allo scopo di “introdurre miglioramenti e uniformità di trattamento nel vitto delle prostitute sifilitiche, e di ottenere così il miglior esito delle cure e la maggiore

81

ASP, PS, Prostituzione, b. 210, 1874, Fascicolo 1, n. 542.

82

ASP, Spedali Riuniti, Inventario 16 II, Servizio Sanitario, 1885,b. 998, Rubrica 8, Fascicolo 28, n. 316.

83

Ivi, Fascicolo 15.

84

Nel sifilicomio e nella Clinica venivano usati in totale circa 50 preparati medici. In buona parte si tratta di parte pastiglie ( estratti mercuriali, arseniosi, di canfora e oppio, di bicarbonato, calcio, zolfo, clorato di potassio, acido borico, allume), in parte di sciroppi e soluzioni a base delle stesse sostanze, con l’aggiunta di miscele naturali, olio di fegato di merluzzo. Sono poi utilizzate un gran numero di pomate a base di mercurio, arsenico, zinco, tannino, catrame. Molto utilizzato è il nitrato d’argento, seguito dall’ acido fenico dalla soda. Infine vengono somministrate iniezioni di solfato di zinco, di caucciù, bismuto.

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possibile economia,”85 risulta come nel sifilicomio di Pisa esistessero quattro tipi di dieta somministrate alle prostitute, secondo Cuturi perfettamente corrispondenti agli standard minimi richiesti.86

Le ragioni del continuo stato di tensione che pervadeva la gestione quotidiana del sifilicomio, sono imputabili al fatto che entro di esso venissero costrette a degenze di natura carceraria di circa un mese, talvolta anche sei o sette volte in un anno, donne giovani spesso affette da semplici infezioni veneree che non richiedono assolutamente la necessità di una ospedalizzazione. Questo, come dice Pellizzari, faceva percepire il medico come un vero e proprio carceriere.87

In conclusione, nel complesso è possibile affermare come la parabola del sifilicomio di Pisa sia caratterizzata da una prima fase di grande confusione e inadeguatezza delle strutture, per passare poi ad un periodo ventennale di gestione caratterizzata da luci e ombre. Se la qualità della gestione, della struttura e dei medici sembrano almeno nella media, se non superiori, d’altra parte i medici pisani partecipano attivamente ad un sistema che impedisce di medicalizzare la questione venerea, agendo in modo del tutto complementare all’Ufficio Sanitario.

Solo a partire dal 1878 vengono introdotte alcune modifiche nell’ordinamento interno ospedaliero che pongono le basi per la edificazione di un sistema sanitario che, nel giro di cinque o sei anni, porta l’università di Pisa a gestire una delle più importanti cliniche dermosifilopatiche d’Italia.

5.3) La Clinica Dermosifilopatica.

85 ASP, PS, Prostituzione, b. 125, 1870, Fascicolo 3, Quadro dimostrativo della nittitazione delle prostitute

sifilitiche nello spedale di Pisa.

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Nell’ordine esse comprendono: a) 4 minestre al giorno; 140 cl di latte; b) 2 minestre; 70 grammi di pane; 110 gr. di carne o proteine, 150 cc di vino e 150 cc di latte; c) 2 minestre; 140 gr. Pane; 170 gr. Carne; 150 cc di vino e 150 cc di latte; d) 2 minestre; 210 gr. Pane; 230 carne; 150 cc di vino e 150 cc di latte. Il costo medio giornaliero a pasto era di 0,68 lire. In margine si dice che “le minestre che si somministrano sono zuppa di pane o semolini o paste o riso; i cibi che si sostituiscono talvolta alla carne sono legumi o patate o uova o pesce: il tutto però dietro specifica prescrizione del curante ed approvazione dell’autorità direttiva”. Ibidem.

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Nel prossimo paragrafo verranno illustrate le vicende che caratterizzano gli anni successivi al 1878, nei quali si sviluppa un nuovo orientamento da parte della direzione ospedaliera che porta ad un’evoluzione, non soltanto nominale, da Sifilicomio a Sezione Dermosifilopatica a Clinica Dermosifilopatica.

La figura che in questi anni riesce ad emergere senza ombra dubbio, sgomitando in un contesto di scettici e di concorrenti come Barduzzi, è quella di Celso Pellizzari. Il suo protagonismo e la sua intraprendenza personali furono determinanti nel portarlo in pochi anni - quando nel 1884 era ancora pressoché sconosciuto - ad un climax di successo e di popolarità che renderà il professore probabilmente l’icona principale dell’abolizionismo italiano nella cruciale fase di passaggio degli anni 80.

In pochi anni egli si guadagna, grazie alle sue innovative teorie non tanto nel campo clinico quanto in quello profilattico, la stima e la riverenza di gran parte dei medici dell’ospedale. La Clinica, che sarà eretta un anno dopo l’assegnazione della prima cattedra in dermosifilopatia, sarà percepita da tutti gli attori quasi come una proprietà personale del medico.

Inoltre, come illustra il resoconto redatto dal principale collaboratore sul campo Del Chiappa, l’apertura della clinica coincise con un’ondata di popolarità dell’ateneo, in quanto veniva dimostrata la validità delle teorie profilattiche di Pellizzari.

Come scrive Domenico Barduzzi nel 1878,

Il Sifilicomio femminile di Pisa non è istituto governativo come in altre città, ma fa parte integrale dei Regi Spedali Riuniti, e fin quasi a tutto il 1877 era aggregato ad un turno di Chirurgia Generale. Verso la fine dell’anno ricordato, onde mettere l’Ospedale a livello di altri di ben minore importanza, veniva istituito un turno speciale per le malattie veneree e sifilitiche di ambedue i sessi, il quale unito al Dermatologico, che fino dai primi dell’anno stesso era stato con eguale intendimento, prendeva il nome di Sezione Dermo-Sifilopatica, della quale veniva affidata a noi la direzione medico-chirurgica. Al nostro turno appartiene dunque anche la prostituzione. (…) Noteremo inoltre come ad essa, oltre alle malattie della pelle, veneree e sifilitiche propriamente dette, altre ne siano state in seguito aggiunte che con le ricordate hanno più o meno stretto legame, quale ad esempio le malattie

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dell’apparato genito-urinario sia dell’uomo che della donna, le malattie del naso e dell’orecchio …”88

Il medico continua dicendo che

La sezione Dermo-Sifilopatica in tal guisa costituita, veniva ad essere comparativamente una fra le più importanti dello Spedale, sia pel numero complessivo dei malati (di gran lunga superiore agli altri turni), il quale giornalmente oscilla fra i 50 e i 70, sia anche per la varietà di malattie e per la speciale importanza di alcune di esse, tanto dal lato clinico che terapeutico. Sembraci qui opportuno l’accennare al locale destinato per le nostre infermerie, in quanto che nel progressivo rinnovamento dello Spedale una delle parti più recentemente costrutte, secondo le migliori norme igieniche, è appunto quella che serve per i nostri ammalati.89

Dalle parole del Barduzzi, direttore della Sezione nei cinque anni successivi, è possibile comprendere la portata delle innovazioni che l’amministrazione ospedaliera, la quale sembra virare in direzione di una maggiore indipendenza rispetto alle autorità di PS e legate al Ministero dell’Interno, avvia nel 1878. Come ho accennato in apertura del quarto capitolo, al tempo l’ateneo pisano non poteva offrire un ciclo completo di studi proprio per l’assenza di una cattedra in dermosifilopatia.

Questa mossa sembra aprire la strada per un salto di qualità generale dell’insegnamento e della pratica medica pisana nel settore, poiché l’apertura della Sezione ai maschi e alle non prostitute, unita all’ampliamento delle patologie curate e alla sua individuazione come turno speciale di grande rilievo generale, pongono le basi per una evoluzione della ratio che ispira la cura e la profilassi delle malattie veneree in città. Ovviamente le prostitute venivano tenute separate dalle altre malate e rimanevano sottoposte agli stessi identici obblighi, imposizioni e situazioni discusse, le quali sembrano postulare una realtà quotidiana della struttura caratterizzata da una duplice realtà parallela.

Da una parte la spedalità repressiva attuata nei confronti delle prostitute, basata su teorie profilattiche che sono ormai sul punto di tramontare; dall’altra si percepisce come nel ventennio postunitario l’idea abolizionista della necessità di una profilassi generale per ambo i sessi, della sua medicalizzazione e della non criminalizzazione dei

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Barduzzi D., Resoconto statistico sommario della Sezione Dermo-Sifilopatica di RR. Spedali di Pisa, p. 203.

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malati, avesse influenzato l’amministrazione ospedaliera pisana, la quale di fatto compie un primo passo verso il superamento del sifilicomio.

Probabilmente, visti i numeri e il bacino d’utenza del sifilicomio e con il Regolamento ancora in vigore, un cambio di rotta immediato non sarebbe stato attuabile se non con gravi conseguenze immediate. Per questo motivo il percorso si presenta graduale. Purtroppo il resoconto compilato da Barduzzi parla solamente di prostitute, concentrandosi per la stragrande maggioranza su questioni prettamente cliniche. Non è dato sapere, nel 1878, circa la proporzione fra prostitute e altri malati nella Sezione, né il Barduzzi indugia sulla “statistica morale” sulla prostituzione. Il professore si limita, per ragioni comunque tecnico-logistiche, a specificare come al 1 gennaio del 1878 siano presenti nel sifilicomio femminile 31 pazienti, 19 provenienti da Livorno e 12 da Pisa, per un totale di 336 pazienti in un anno, provenienti anche da Pontedera (6), Buti, Cascina, Marti, Rotta, Gabbro, piccoli borghi nei quali “non v’è prostituzione tollerata, ma sono donne arrestate per prostituzione clandestina in Pisa o Livorno, ove solevano in certi giorni recarsi”.90

Sebbene non sia possibile stabilire nulla circa le presenze complessive nella Sezione Dermosifilopatica, le fonti disponibili per gli anni successivi sembrano confermare come l’evoluzione della filosofia sanitaria insita nella ragion d’essere della nuova struttura, avesse prodotto un effetto da anni paventato dagli abolizionisti.

Da sempre costoro, nel momento in cui svilivano la pericolosità della sifilide, sostenevano che una profilassi svuotata dagli elementi polizieschi avrebbe comportato un notevole aumento delle malattie veneree risultante nelle statistiche, semplicemente in virtù del fatto che persone prima intimorite dall’istituzione sifilicomio avrebbero ora scelto senza paura di farsi ricoverare nelle stesse identiche condizioni di un qualsiasi malato. Di fronte ad un consesso medico che in buona parte sbandierava i brillanti risultati ottenuti dopo oltre venti anni di regolamentazione, successi misurati sul piano statistico e che certificavano la diminuzione delle malattie veneree, Pellizzari scriveva provocatorio: “Credete voi, Ministro, in massima alle statistiche? Io, in tesi generale, ci credo poco; in specie poi, trattandosi di statistica medica, punto.”91

90 Ivi, pp. 209-10.

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