• Non ci sono risultati.

SAM Salvaguardia dell'ambiente 3

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "SAM Salvaguardia dell'ambiente 3"

Copied!
76
0
0

Testo completo

(1)

3

Salvaguardia dell'ambiente

(2)

Figura 3.1: Quadro generale della classe di esigenze SAM.

Salvaguardia dell'ambiente nelle fasi del processo edilizio

•Utilizzo di materiali, elementi e componenti a ridotto carico ambientale •Gestione ecocompatibile del cantiere

•Riduzione degli impatti negativi in fase di manutenzione •Gestione ecocompatibile dei rifiuti

Salvaguardia della salubrità dell'aria e del clima •Riduzione dell'emissione di inquinanti climalteranti

Salvaguardia del ciclo dell'acqua

•Massimizzazione della percentuale di superficie drenante

Salvaguardia dell'integrità del suolo e del sottosuolo •Contenimento dell'area di sedime degli edifici

•Recupero ambientale del terreno di sbancamento

Salvaguardia dei sistemi naturalistici e paesaggistici

•Protezione delle specie vegetali di particolare valore e inserimento di nuove specie vegetali

•Tutela e valorizzazione della diversità biologica del contesto naturalistico •Adeguato inserimento paesaggistico nel contesto, anche in relazione al

(3)

3.1.

S

ALVAGUARDIA DELL

'

AMBIENTE NELLE FASI DEL PROCESSO EDILIZIO

E

SIGENZA

:

SAM.1.

L'esigenza SAM.1, declinata in quattro requi-siti, pone l'obiettivo della riduzione degli im-patti ambientali relazionabili alle fasi del processo edilizio:

- produzione materiali, componenti, e-lementi tecnici;

- realizzazione dell'opera (cantiere); - gestione dell'organismo edilizio

(manu-tenzione); - demolizione.

Le attività umane, ivi comprese le attività connesse al processo edilizio, producono delle modificazioni allo stato dell'ambiente preesistente, con effetti sia positivi che ne-gativi.

Gli impatti generati dalle attività antropiche sull'ambiente sono riferibili ad azioni di mo-difica delle condizioni dell'ambiente

(altera-zione del sistema) e ad azioni di priva(altera-zione di risorse pertinenti all'ambiente stesso. La riduzione degli impatti sull'ambiente è perseguibile con l'individuazione delle cate-gorie d'impatto correlate alle fasi del pro-cesso edilizio:

- produzione delle risorse (estrazione e produzione dei materiali);

- trasporto delle risorse al sito di costru-zione;

- utilizzo delle risorse durante la fase di costruzione;

- gestione delle risorse durante il ciclo di vita dell'organismo edilizio;

- fase di esaurimento del ciclo di vita dell'organismo edilizio e conseguente smaltimento o sostituzione dei compo-nenti / elementi tecnici.

3.1.1. Utilizzo di materiali, elementi e componenti a ridotto carico ambientale

Requisito: SAM.1.1.

Il requisito, molto complesso e di ampio re-spiro, richiede che "i materiali, gli elementi e i componenti [debbano] possedere un ridot-to carico energetico, durante tutridot-to il ciclo di vita, e ridotte emissioni inquinanti"1.

Inoltre, la scelta dei materiali deve tener conto delle principali categorie di impatti ambientali, legate ai seguenti fenomeni: - eutrofizzazione;

- acidificazione;

- riduzione dello strato di ozono extra-atmosferico;

- smog fotochimico;

- inquinamento del suolo e delle falde acquifere.

L'enunciazione riportata dalla norma UNI 11277:2008 evidenzia la dipendenza di que-sti impatti dalle caratterique-stiche dei processi

produttivi e, in particolare, dalla distanza tra il cantiere di costruzione dell'organismo edi-lizio e la fonte di approvvigionamento del materiale: "in tale ottica è opportuno privi-legiare materiali provenienti da siti di produ-zione limitrofi al luogo di costruprodu-zione, pren-dendo in considerazione anche la tipologia dei mezzi che sono utilizzati in relazione ai processi di trasporto".

Terzo aspetto considerato dal requisito è la provenienza del materiale da costruzione / elemento tecnico / componente: "gli impatti ambientali possono dipendere dalle risorse da cui derivano. Sono da privilegiare quelli derivanti da risorse rinnovabili, pur conside-rando che la scelta di un materiale dipende anche da altri requisiti che possono giustifi-care soluzioni tecnologiche differenti".

(4)

Ben s'inserisce, in questo requisito, un ap-proccio valutativo basato sul ciclo di vita (in inglese LCA, Life Cycle Assessment) dei mate-riali impiegati. Secondo la definizione propo-sta da SETAC, 1993, la LCA è "un procedi-mento oggettivo di valutazione dei carichi energetici e ambientali relativi a un processo o a un'attività, effettuato attraverso l'identi-ficazione dell'energia e dei materiali usati e dei rifiuti rilasciati nell'ambiente. La valuta-zione include l'intero ciclo di vita del proces-so o attività, comprendendo l'estrazione e il trattamento delle materie prime, la fabbri-cazione, il trasporto, la distribuzione, l'uso, il riuso, il riciclo e lo smaltimento finale".

Come si evince dalla definizione di LCA e contenuti del requisito, sono molteplici i t mi comuni:

-Figura 3.2: Struttura generale dell'analisi LCA secondo la normativa d 1404X (fonte Baldo G. L. ed altri, 2005, pag. 52).

La struttura di una LCA prevede quattro fasi operative:

1. definizione degli scopi e degli obiettivi, fase preliminare in cui sono delineati le finalità dell'analisi ed i confini del si-stema (con un'analogia fisico - tecnica, la definizione del volume di controllo al quale sono riferiti flussi energetici e di materia, in entrata ed in uscita); 2. analisi di inventario (LCI, Life Cycle

In-ventory Analysis), inerente lo studio del ciclo di vita del processo o dell'attività secondo i processi di trasformazione e trasporto che interessano i flussi ener-getici e di materia;

3.

4.

È necessario operare alcune considera relativamente a questa proc

tutto

Come si evince dalla definizione di LCA e dai contenuti del requisito, sono molteplici i te-mi comuni:

la valutazione dei carichi energetici e l'adozione di materiali e componenti a ridotto carico ambientale;

il riferimento alla provenienza dei ma-teriali stessi, considerando il luogo di produzione e le spese energetiche e gli impatti dei sistemi di trasporto;

la conclusione relativa ai rifiuti rilasciati nell'ambiente, i quali concorrono ad a-limentare i fenomeni d'impatto am-bientale oggetto d'analisi del presente requisito.

: Struttura generale dell'analisi LCA secondo la normativa di riferimento serie ISO

analisi degli impatti (LCIA, Life Cycle Impact Assessment) relativi all'attività o al processo considerati, fase quindi vol-ta a stimare gli effetti delle sosvol-tanze ri-lasciate nell'ambiente in seguito al con-sumo di energia e risorse valutato nella fase precedente;

interpretazione e miglioramento, fase conclusiva della LCA che consente di individuare le modalità di riduzione dell'impatto ambientale del processo / attività considerati.

È necessario operare alcune considerazioni relativamente a questa procedura. Innanzi-tutto esistono procedure di LCA semplificate

(5)

od ottimizzate (procedure streamlining)2 che propongono delle azioni volte ad accelerare l'analisi operando dei tagli sul sistema com-plessivo della LCA. Evidenziando che l'esclu-sione dal processo di alcune operazioni può portare all'invalidazione della procedura, è interessante notare come il presente requi-sito citi processi e trasformazioni considera-te nella LCA, pur senza far esplicito riferi-mento a questa analisi.

In secondo luogo si evidenzia che l'approccio metodologico è di tipo dinamico e, soprat-tutto, iterativo, per cui la discriminante fon-damentale per intraprendere un'analisi di questo tipo è la disponibilità dei dati neces-sari all'avvio della procedura.

Proprio in considerazione di questo fatto, e riferendosi ai contenuti del presente requisi-to, diversi protocolli di valutazione degli or-ganismi edilizi prevedono criteri dedicati all'analisi dei carichi ambientali ed energetici dei materiali impiegati: tali criteri fanno rife-rimento a parti della procedura LCA

valutan-Figura 3.3: Scala d'impatto di alcuni effetti ambientali (fonte Baldo G. L. che

propongono delle azioni volte ad accelerare

sione dal processo di alcune operazioni può portare all'invalidazione della procedura, è

che l'approccio

damentale per intraprendere un'analisi di

Proprio in considerazione di questo fatto, e

ganismi edilizi prevedono criteri dedicati all'analisi dei carichi ambientali ed energetici

done, secondo diversi indicatori di presta-zione, solo alcuni aspetti.

3.1.1.1. Effetti ambientali e loro scala

d'incidenza

Gli effetti ambientali considerati nel requisi-to generano impatti ambientali a diversa scala:

- per la riduzione della fascia di ozono e l'effetto serra si considera una scala globale d'impatto;

- i processi di acidificazione, formazione di smog fotochimico ed eutrofizzazione generano impatti a scala regionale, pur in considerazione dell'incidenza contin-gente di peculiarità geografiche e cli-matiche;

- a scala locale sono invece riscontrabili effetti di tossicità, inquinamento del suolo e delle falde acquifere eventual-mente presenti.

(6)

3.1.1.1.1. Impatti a scala globale

Il principale impatto ambientale su scala globale (planetaria) è l'effetto serra, un fe-nomeno, legato alla presenza di alcuni gas atmosferici3, per il quale la radiazione infra-rossa riemessa dalla Terra rimane intrappo-lata nell'atmosfera ed il pianeta può mante-nere la propria temperatura superficiale prossima a 15 °C. Tale effetto si è intensifica-to negli ultimi 250 anni, con l'incremenintensifica-to delle concentrazioni di gas serra di origine antropica ed il conseguente aumento della temperatura del pianeta.

Diverse sono le origini antropiche dell'emis-sione di gas serra; la principale causa del ri-lascio di anidride carbonica nell'atmosfera è l'impiego di combustibili fossili e legno per i trasporti e la produzione energetica. Non è stimabile con certezza l'incidenza dei pro-cessi di immobilizzazione della CO2 da parte di alcuni componenti degli ecosistemi natu-rali, la quale potrebbe variare nell'intervallo [+30% ÷ -10%] in base alle strategie di ge-stione degli ecosistemi stessi e della reazio-ne offerta alle condizioni climatiche4. Tra i principali gas serra, oltre all'anidride carbonica, sono annoverati gli alocarburi (CFC, HFC, HCFC [5]) dotati di un potenziale d'effetto serra circa 20.000 volte superiore all'anidride carbonica. La presenza di questi gas in atmosfera è complessivamente attri-buibile all'azione dell'uomo; nel 1987 il Pro-tocollo di Montréal ne ha sancito la drastica riduzione, e la sostituzione dei CFC con gli HCFC. Il nocumento portato da questi gas all'atmosfera dipende dal fatto che essi pos-sono permanere in essa per periodi superiori al secolo.

L'ozono, posizionato in una fascia atmosferi-ca distante mediamente 35 km ciratmosferi-ca dalla superficie terrestre, è responsabile dell'as-sorbimento della radiazione ultravioletta di origine solare in ingresso nell'atmosfera, ra-diazione capace di provocare seri danni alla biosfera e, per quanto concerne l'uomo, tu-mori alla pelle e distruzione delle molecole di DNA. L'inquinamento prodotto, ad

esem-pio, da aerei transitanti a quote maggiori di 10 km (emissione di CFC, HCFC e cloruri) porta all'assottigliamento dello schermo d'o-zono alle latitudini polari, dove lo spessore della fascia indisturbata è minimo: durante il tempo di stazionamento nell'ozonosfera, un atomo di cloro può scindere fino a 100.000 molecole di ozono prima di essere reso inat-tivo o di spostarsi verso strati atmosferici più bassi.

Successivamente all'emanazione del Proto-collo di Montréal si è assistito ad una ridu-zione di produridu-zione e consumo di sostanze responsabili dell'assottigliamento dello stra-to di ozono e ad un conseguente assesta-mento delle dimensioni del cosiddetto 'buco dell'ozono' 6.

3.1.1.1.2. Impatti a scala regionale

L'acidificazione è un fenomeno associato alla ricaduta dall'atmosfera di precipitazioni aci-de, comprensive di particelle e gas, causate dalla presenza in atmosfera di ossidi di zolfo e d'azoto e dovute:

- a processi esogeni riguardanti il suolo e la crosta terrestre;

- alle attività dell'uomo, quali estrazioni ed attività minerarie, i trasporti aerei, processi di trasformazione dei combu-stibili fossili, combustione (anche ali-mentata da biomassa), le attività agri-cole.

In assenza di una sufficiente interazione con particelle d'acqua derivanti dalla condensa-zione del vapore acqueo in atmosfera, tali gas e gli acidi derivati precipitano al suolo con deposizione secca.

Viceversa questi gas, al contatto con l'acqua atmosferica, portano alla formazione di aci-do solforico ed aciaci-do nitrico, che pervengo-no al suolo con precipitazioni caratterizzate da un pH nettamente inferiore al valore tipi-co di 5,5.

La connotazione geografica a scala regionale del fenomeno è dovuta al fatto che il deposi-to avviene entro 3÷4 giorni dall'emissione, quindi le ricadute, sotto forma di depositi secchi, avvengono nelle regioni limitrofe alle

(7)

sorgenti, poste in aree industriali e intensa-mente civilizzate.

Effetto secondario delle piogge acide è la maggiore velocità di decadimento di mate-riali da costruzione, in particolare delle ver-nici.

Crescita e sviluppo degli individui sono rego-lati e contenuti dalla presenza di sostanze nutritive quali azoto e fosforo; un aumento del rilascio di queste sostanze provoca un incremento delle popolazioni, con una con-seguente riduzione dell'ossigeno disponibile e difficoltà per l'ecosistema. Le principali fonti di eutrofizzazione sono costituite dai reflui sia industriali che civili e dall'impiego di fertilizzanti in agricoltura. Maggiormente evidente è l'effetto prodotto sulle acque su-perficiali, poiché in questi ecosistemi si può osservare la notevole crescita di specie di alghe acquatiche.

Lo smog fotochimico (nella letteratura an-glosassone photosmog) è invece una condi-zione d'inquinamento che si verifica in giorni caratterizzati da una notevole stabilità at-mosferica, da un elevato contributo di radia-zione solare e da una temperatura dell'aria prossima, o superiore, a 18 °C. Si verificano quindi reazioni fotochimiche che interessano gli ossidi di azoto NOX e i composti organici volanti (VOC) presenti in atmosfera e gene-rati da processi diversi, sia naturali che an-tropogenici: comunque questo fenomeno è tipico delle aree industriali e a forte pressio-ne antropica.

3.1.1.2. Indicatori sintetici per un

eco-profilo dei materiali

Una volta individuate le categorie d'impatto ambientale ed i processi che ne sono re-sponsabili, al fine di stabilire i carichi energe-tici e gli impatti ambientali dei materiali da costruzione, è possibile fare riferimento a una gamma di indicatori sintetici, utili per redigere un ecoprofilo del singolo materiale:

- il contenuto di energia primaria (PEI, acronimo che sta per Primary Energy Demand, [MJ/m2]), corrispondente alla totalità di risorse energetiche necessa-rie alla produzione del materiale. Tale indicatore sintetico può essere diffe-renziato nelle due quote PEInr e PEIr corrispondenti, rispettivamente, all'e-nergia impiegata non rinnovabile e rin-novabile;

- il potenziale di riscaldamento globale, (GWP, sta per Global Warming Poten-tial, espresso in [kgCO2,eq/m

2

]), che de-scrive il contributo di un materiale all'effetto serra, rapportandolo ad una quantità equivalente di anidride carbo-nica;

- il potenziale di acidificazione, (AP, a-cronimo di Acidification Potential, e-spresso in [kgSO2,eq/m2]), che descrive la tendenza di un materiale ad assume-re un effetto acido, rapportandolo al potenziale di acidificazione dell'anidri-de solforosa.

Questi indicatori sintetici possono essere infine sintetizzati nell'indicatore complessivo OI3, indice ecologico degli organismi edilizi ricavato dal consumo di risorse energetiche non rinnovabili, dal potenziale di riscalda-mento globale e dal potenziale di acidifica-zione:

AP

GWP

PEI

OI

=

nr

+

+

3

1

3

1

3

1

3 ( 3.1 )

Tali indicatori sintetici possono costituire una base di partenza per valutare l'impatto sull'ambiente dei materiali da costruzione impiegati, tenendo comunque conto dell'in-cidenza dei sistemi di trasporto che non pos-sono essere considerati nella valutazione dell'energia contenuta nel singolo materiale e nella valutazione degli effetti sull'ambiente dovuti:

- alla tipologia di mezzo di trasporto im-piegato;

- alla distanza percorsa per l'approvvi-gionamento del materiale.

(8)

CONTENUTO DI ENERGIA PRIMARIA

POTENZIALE DI RISCALDAMENTO GLOBALE

POTENZIALE DI ACIDIFICAZIONE

1. pannello in schiuma mi-nerale con intonaco sili-cato (30 cm)

2. pannello in schiuma mi-nerale con intonaco di resina silicica (30 cm) 3. strato di pannello in

su-ghero con intonaco sili-cato

4. strato di EPS con into-naco silicato (30 cm) 5. doppio strato in lana di

roccia

6. strato di pannello lamel-lare in lana di roccia 7. isolamento in cellulosa (30 cm), pannello legge-ro in lana di legno 8. isolamento in cellulosa (30 cm), pannello legge-ro in fibra di legno 9. isolamento in cellulosa (30 cm), pannello legge-ro in sughelegge-ro

Figura 3.4: Indicatori eco-logici sintetici per alcune soluzioni complesse di iso-lamento 'a cappotto' (fon-te Lisetto P., 2012, e www.ibo.at/it/index.htm).

(9)

CONTENUTO DI ENERGIA PRIMARIA

POTENZIALE DI RISCALDAMENTO GLOBALE

POTENZIALE DI ACIDIFICAZIONE CONTENUTO DI ENERGIA PRIMARIA

1. legno massiccio con iso-lamento termico 2. legno massiccio con

iso-lamento termico e inter-capedine riempita in krypton

3. legno - poliuretano - le-gno con isolamento termico

4. legno - poliuretano - le-gno senza isolamento termico

5. legno - poliuretano - le-gno con isolamento termico e intercapedine riempita in krypton 6. legno - XPS - alluminio

con isolamento termico 7. legno - XPS - alluminio

senza isolamento termi-co

8. legno - XPS - alluminio con isolamento termico e intercapedine riempita in krypton

9. legno - sughero - allu-minio con isolamento termico

10.legno - cellulosa - allu-minio con isolamento termico

11.PVC con isolamento termico addizionale POTENZIALE DI RISCALDAMENTO GLOBALE

POTENZIALE DI ACIDIFICAZIONE

Figura 3.5: Indicatori sin-tetici per alcune soluzioni di serramento ad elevate prestazioni energetiche (fonte Lisetto P., 2012, e www.ibo.at/it/index.htm).

(10)

3.1.1.3. Incidenza delle attività di

tra-sporto

Come introdotto dal requisito, i trasporti rappresentano un componente estrema-mente importante nei processi produttivi, così come risulta assolutamente non trascu-rabile la componente ad essi imputabile nel bilancio energetico di un generico processo. Il contributo relativo ai trasporti è scompo-nibile in tre componenti:

- componente relativa al combustibile impiegato per azionare il mezzo di tra-sporto, comprensiva della quota relati-va alla produzione del combustibile stesso;

- componente relativa alla costruzione ed alla manutenzione del mezzo di tra-sporto;

- componente relativa alla realizzazione e mantenimento delle infrastrutture percorse dal mezzo di trasporto. La prima componente, inoltre, risulta essere quella maggiormente impattante per quanto concerne la valutazione delle emissioni. Nel trasporto su strada, il consumo di com-bustibile dipende sostanzialmente da para-metri quali:

- condizioni generali del mezzo di tra-sporto (ad esempio gli Standard Emis-sion con cui i mezzi sono immatricola-ti);

- ambito di trasporto (condizioni di traf-fico) e qualità dell'infrastruttura; - qualità del combustibile impiegato. È possibile affermare, in genere, che l'effi-cienza del trasporto condotto con mezzi di grande possibilità di carico è decisamente maggiore rispetto ai mezzi più piccoli. È al-tresì assodato che l'efficienza massima si raggiunge per veicoli che viaggiano a pieno carico; poiché sono da considerarsi anche i viaggi di ritorno, si può assumere che il con-sumo energetico relativo a questi ultimi sia pari al 70% della spesa a pieno carico7: que-sto valore rappresenta il valore di tendenza a carico nullo, mentre i valori intermedi si possono desumere, con buona

approssima-zione, per interpolazione lineare. Sulla base di questi dati, l'unità di misura più opportu-na per esprimere il consumo energetico re-lativo al trasporto è il [kWh/(t∙km)], funzione della lunghezza del tragitto e del carico tra-sportato.

L'obiettivo perseguito è dunque duplice: - limitare l'impiego di risorse legate

all'incidenza dei corsi di trasporto; - realizzare la continuità fisica tra la

tec-nologia impiegata ed il luogo di appar-tenenza.

3.1.1.4. Materiali rigenerabili o derivati

da fonti rinnovabili

Il requisito SAM.3.1. considera inoltre la ri-sorsa all'origine del materiale / componente, richiedendo di privilegiare quelli provenienti da risorse rinnovabili. Si considerano quindi i materiali provenienti da una risorsa capace di rigenerarsi nel tempo, ossia di origine na-turale (vegetale o animale): si può allora par-lare di materiali derivati da materie prime rigenerabili.

Oltre al legno, materiale rigenerabile, rici-clabile, biodegradabile, di peso ridotto ri-spetto ad altri materiali impiegati per la rea-lizzazione di strutture portanti e dotato di buone caratteristiche termoisolanti, i mate-riali rigenerabili sono principalmente impie-gati per la realizzazione di componenti per l'isolamento termico.

Il sughero, impiegato sotto forma di granuli o in pannelli di vario spessore, è ricavato dal-la macinazione deldal-la corteccia di querce da sughero, tipica del clima mediterraneo cal-do. Per l’incollaggio di questi pannelli non è sempre necessario impiegare collanti artifi-ciali, ma si può utilizzare la suberina, una so-stanza resinosa prodotta dal sughero in con-dizioni di elevata pressione e temperatura. È anche impiegato con funzione di alleggeri-mento nei massetti.

La fibra di legno è ottenuta macinando resi-dui di segheria di diverse essenze (abete ros-so e pino) e per essiccazione ad alta tempe-ratura (~350 °C); la stabilità del pannello è

(11)

garantita in parte dalla liberazione delle re-sine naturali proprie del legno. Gli sfridi sono poi mescolati a polveri minerali per garan-tirne l’imputrescibilità. La fibra di legno è impiegata sfusa per il riempimento di sotto-fondi, o in pannelli da posare in opera a sec-co. Il processo di mineralizzazione non è versibile, ma è comunque possibile re-impiegare i pannelli per una riciclabilità tota-le. Inoltre tale materiale possiede ottime proprietà di inerzia termica, dovute all'eleva-ta densità.

Le fibre di cocco, ottenute da uno strato in-termedio del guscio di questo frutto, vengo-no successivamente lavate, asciugate e trat-tate con solfato di ammonio per garantirne l’ininfiammabilità. Il materiale, impiegato sotto forma di feltri e materassini, viene im-piegato principalmente in intercapedine; è riciclabile e facilmente smaltibile. Il carico ambientale associato alla produzione è piut-tosto elevato in quanto è necessario l'impie-go di cospicui volumi d'acqua.

La canapa, di antica tecnica colturale, è una pianta ad elevata rigenerazione, in quanto può raggiungere un'altezza di circa quattro metri in soli tre mesi dalla piantumazione; inoltre la pianta è estremamente resistente all'attacco dei parassiti in quanto contiene delle sostanze amare che rendono non ne-cessario l'impiego di pesticidi.

Le fibre di lino consentono la produzione di materassini completamente biodegradabili, impiegabili però esclusivamente in ambienti asciutti. L'aggiunta di additivi a base di bro-mo e fosfato di ambro-monio, entro percentuali del 10%, garantiscono la resistenza all'azione del fuoco e dei parassiti.

Materiale di origine animale e quindi rigene-rabile è la lana di pecora, tosata dall'animale vivo e lavata con una miscela di sapone di Marsiglia e soda al fine di rimuovere il grasso in eccesso; i prodotti per l’edilizia utilizzano lane grossolane non idonee alla produzione di tessuti (scarti di questo ciclo). È un mate-riale riciclabile e riutilizzabile, ma è sensibile all’attacco di parassiti ed infiammabile (per cui è necessario un trattamento al boro).

La fibra di legno è

Inoltre tale materiale possiede ottime

tate con solfato di ammonio per garantirne l’ininfiammabilità. Il materiale, impiegato piegato principalmente in intercapedine; è arico

La canapa, di antica tecnica colturale, è una pianta ad elevata rigenerazione, in quanto metri in soli tre mesi dalla piantumazione; inoltre la pianta è estremamente resistente all'attacco dei parassiti in quanto contiene

consentono la produzione di bili, esclusivamente in ambienti , entro percentuali garantiscono la resistenza all'azione

, tosata dall'animale vivo e lavata con una miscela di sapone di Marsiglia e soda al fine di rimuovere il grasso ; i prodotti per l’edilizia utilizzano uzione riale riciclabile e riutilizzabile, ma è sensibile all’attacco di parassiti ed infiammabile (per

3.1.1.5. Certificazione dei materiali da

costruzione

Il tema della certificazione dei prodotti è di rilevante attualità, non soltanto nel settore dell’edilizia, sia perché direttamente correla-to a questioni quancorrela-to mai attuali come il concetto di sostenibilità, di sviluppo sosteni-bile e di risparmio energetico, ma anche a causa del rapporto con altri aspetti quali la garanzia di qualità e conformità dei compo-nenti alla normativa vigente.

Si possono riconoscere due categorie di cer-tificazione di prodotto: le certificazioni ob-bligatorie e le certificazioni di carattere vo-lontario.

Le certificazioni obbligatorie nascono dalla necessità di ottemperare a specifiche nor-mative in merito alla salute ed alla sicurezza. L’esempio più immediato, oltre che inerente la quasi totalità di tipologie di prodotto, è rappresentato dal Marchio CE il quale, dun-que, non rappresenta né un marchio di qua-lità né una certificazione di origine.

Figura 3.6: Marchio Conformité Européenne. Il Marchio CE, introdotto obbligatoriamente dalla direttiva 89/106/CEE [8], certifica che il prodotto da costruzione considerato risulta idoneo all’impiego previsto e può, quindi, essere immesso nel mercato europeo. Affin-ché sia rilasciato questo marchio, il prodotto deve garantire la rispondenza ad uno o più dei seguenti requisiti essenziali:

- resistenza meccanica e stabilità; - sicurezza in caso di incendio; - igiene, salute e ambiente; - sicurezza nell'impiego;

- risparmio energetico e ritenzione di ca-lore;

(12)

L’esito positivo della verifica è reso tangibile dalla presenza del Marchio CE posto sul pro-dotto stesso, in modo tale da rendere epro-dotto il consumatore della avvenuta certificazione. Il recepimento italiano della direttiva9 pre-vede che l’obbligo entri in vigore progressi-vamente per le varie categorie di prodotti edilizi, rimandando a documenti tecnici di attuazione rappresentati dalle norme armo-nizzate.

La seconda categoria è costituita dalle certi-ficazioni volontarie, il cui obiettivo è quello di evidenziare che il prodotto da costruzione possiede livelli di qualità ambientale supe-riori a quelli minimi imposti per legge; tra gli effetti benefici di questo meccanismo, vi è senz’altro la promozione della concorrenzia-lità sul mercato.

L’Unione Europea, e di conseguenza l’Italia, promuove la diffusione di attestazioni richie-ste spontaneamente dimostrando così una netta preferenza per le strategie di incenti-vazione, piuttosto che per quelle basate sull’individuazione di nuovi obblighi da ri-spettare.

Diversi studi hanno infatti dimostrato che si rivelano più efficaci i sistemi che incentivano il continuo miglioramento delle prestazioni ambientali dei prodotti; le certificazioni vo-lontarie risultano più appropriate per sensi-bilizzare e guidare il mercato verso una maggior tutela dell’ambiente e una riduzio-ne dell’inquinamento e della richiesta di e-nergia.

Le etichette ambientali, esempio di certifica-zioni a carattere volontario, sono suddivise in tre tipologie10:

- certificazioni di tipo I, o marchi di eccel-lenza. Sono etichette che premiano l’eccellenza ambientale e sono rilascia-te in base a cririlascia-teri sviluppati e verificati da una parte terza, un organismo indi-pendente che può coincidere con un ente pubblico o un’organizzazione pri-vata estranea al processo di produzione e commercializzazione del prodotto. La certificazione, rilasciata in seguito all’accertamento di rispondenza ai

re-quisiti minimi, è rappresentata da un marchio apposto sul prodotto.

Un esempio è l’Ecolabel Europeo, uno dei primi strumenti di etichettatura e-cologica diffusasi spontaneamente nel territorio dell’Unione Europea. La certi-ficazione Ecolabel, suddivisa per gruppi di prodotto, si basa su una valutazione multicriterio legata ad un approccio LCA. È assegnato a prodotti e servizi che corrispondono positivamente a cri-teri prestazionali ambientali stabiliti a livello europeo.

Elaborati con riferimento ad aspetti ambientali quali la qualità dell'aria e dell'acqua, la protezione del suolo, la riduzione dei rifiuti, la prevenzione del riscaldamento globale, la tutela della biodiversità, i criteri possono essere periodicamente aggiornati (di norma ogni 3÷5 anni) così da far loro corri-spondere i nuovi livelli di eccellenza per prestazioni ambientali.

Con la creazione di tale marchio, avve-nuta nel 1993, l’UE ha inteso unificare e armonizzare diversi sistemi di etichet-tatura ambientale, tuttora attivi, nati spontaneamente in alcuni Paesi euro-pei a ridosso degli anni ’80.

Figura 3.7: Il marchio dell'Ecolabel Eu-ropeo.

(13)

Blaue Engel (Germania)

Nordic Swan (Danimarca, Islanda, Finlandia, Svezia, Norvegia) Figura 3.8: Sistemi di etichettatura ambientale

- certificazioni di tipo II. Esse si prefiggo-no di garantire un'adeguata trasparen-za dell’informazione attraverso asser-zioni ambientali basate su autodichia-razioni del produttore, espresse secon-do vincoli imposti dalla norma: non è previsto il controllo da parte di un or-ganismo indipendente, comunque tali certificazioni esternano un aspetto am-bientale che il produttore ritiene op-portuno evidenziare.

Figura 3.9: Il simbolo del “Ciclo di Möbius” che attesta la riciclabilità di un prodotto e, in particolare, la quantità di materiale rici-clato in esso presente.

- certificazioni di tipo III. Tale tipologia di dichiarazione che consiste in una quan-tificazione dei potenziali impatti am-bientali associati al ciclo di vita del pro-dotto e valutati secondo la standardiz-zazione di alcuni parametri. Il metodo utilizzato per l’analisi e i dati forniti vengono verificati e garantiti da un or-ganismo accreditato ed indipendente. Peculiarità di questo tipo di etichetta ecologica è la possibilità di confrontare, all’interno di una categoria omogenea, gli impatti ambientali di diversi prodot-ti, valutati secondo l’approccio LCA de-finito in precedenza.

Nordic Swan (Danimarca, Islanda, Finlandia, Svezia, Norvegia)

NF Environnement (Francia) : Sistemi di etichettatura ambientale tutt'ora attivi in diversi Paesi europei.

do vincoli imposti dalla norma: non è ndente, comunque tali

bius” riciclabilità di un prodotto e,

certificazioni di tipo III. Tale tipologia di

ione di alcuni parametri. Il metodo utilizzato per l’analisi e i dati forniti ganismo accreditato ed indipendente. Peculiarità di questo tipo di etichetta ecologica è la possibilità di confrontare, categoria omogenea,

Le EPD (Environmental Product Decla-ration) o DAP (Dichiarazione Ambienta-le di Prodotto), essendo potenzialmen-te accessibili a tutti i prodotti, incenti-vano la concorrenzialità del mercato: non essendo fissate delle soglie mini-me, l’utilizzatore può comparare i pro-dotti stimolando così il continuo miglio-ramento delle prestazioni dal punto di vista dell’impatto ambientale.

Figura 3.10: Il marchio EPD.

Esistono inoltre dei sistemi settoriali di certificazione di prodotto: un esempio è il marchio FSC rilasciato da Forestry Stewardship Council e inerente i pro-dotti a base di legno, il cui scopo è ga-rantire una corretta programmazione del consumo delle risorse forestali, ed il conseguente rimboschimento.

Figura 3.11: Il marchio FSC.

La certificazione, sia obbligatoria che volon-taria, si prefigge lo scopo primario di veicola-re l’informazione dal produttoveicola-re al consu-matore o dal produttore al professionista o

(14)

ancora da un produttore all’altro: il tipo di etichettatura è quindi funzione del destina-tario finale. Ad esempio per i prodotti ven-duti direttamente ai privati si rivelano utili i marchi raffigurati direttamente sulla confe-zione, che siano chiari e riconoscibili da tutti i consumatori: le caratteristiche del prodotto sono rappresentate dal marchio stesso, sen-za necessità di ulteriori specifiche e appro-fondimenti. Nell’edilizia invece, settore nel quale la comunicazione avviene principal-mente da produttore a progettista o tra produttori diversi, l’informazione dovrebbe essere di tipo tecnico, veicolata da dichiara-zioni ambientali piuttosto che da un marchio ambientale apposto sui prodotti11.

“Lo strumento più efficace nel settore edili-zio è la Dichiaraedili-zione Ambientale di Prodot-to (EPD), [poiché] veicola un’informazione tecnica sulla prestazione ambientale utile in fase progettuale”12 ed è basata sulla meto-dologia LCA.

In edilizia, per valutare l’eco-compatibilità di un intervento è necessario considerare due livelli di analisi: il componente o il singolo materiale e l’edificio nel suo complesso, co-stituito da unità tecnologiche ed elementi tecnici. La certificazione di prodotto riguarda la scala del componente e si prefigge di rap-presentare l’impatto sull’ambiente relativo alla produzione del singolo elemento tecni-co, dall’estrazione delle materie prime, alla lavorazione, al trasporto.

Alla scala dell’edificio devono essere esami-nati gli impatti complessivi, considerando l’insieme di elementi che lo compongono e le relazioni con l’ambiente nelle varie fasi, dalla costruzione, alla gestione, fino alla de-molizione. L’analisi della certificazione dei

prodotti risulta quindi di supporto alla valu-tazione ambientale eseguita globalmente sull’intero organismo edilizio.

La valutazione di qualità può essere condot-ta anche sull’azienda che immette sul mer-cato il prodotto, componente o pacchetto, verificandone la conformità alle Norme ISO serie 14000 oppure al Regolamento EMAS. La certificazione ISO 14000 si traduce in un marchio che viene assegnato alle aziende che decidono di dotarsi di un Sistema di Ge-stione Ambientale13 (SGA); dotandosi di un SGA, un’azienda ricerca innanzitutto delle modalità sostenibili per lo svolgimento delle proprie attività, in modo da poterne indivi-duare gli effetti sull’ambiente. La serie ISO 14000 è costituita essenzialmente da linee guida per la creazione (o il miglioramento) di un SGA, e per effettuarne la verifica (audit). La certificazione EMAS [14] è invece basata su criteri più restrittivi. Infatti mentre la par-te riguardanpar-te un SGA viene ripresa inpar-te- inte-gralmente, la differenza tra i due sistemi di certificazione consiste nella dichiarazione pubblica degli impatti sull’ambiente derivati dalle attività dell’azienda. La procedura di certificazione EMAS prende le mosse da un’analisi ambientale dello stato di fatto, da cui è possibile esplicitare gli obiettivi della politica ambientale e le misure necessarie a raggiungerli; è così possibile redigere, attua-re e verificaattua-re periodicamente un SGA. Il procedimento culmina con la dichiarazione ambientale, ossia un descrizione del SGA e degli obiettivi prefissati, che deve essere convalidata da un verificatore ambientale indipendente ed accreditato, tipicamente un organismo nazionale pubblico individuato a livello europeo.

3.1.2. Gestione ecocompatibile del cantiere

Requisito: SAM.1.2.

Il requisito, pertinente alla fase realizzativa dell'organismo edilizio (fase produttiva in opera), richiede che siano "ridotti i consumi

energetici e i livelli di inquinamento di aria, acqua, suolo e sottosuolo, in relazione alle diverse operazioni previste nel cantiere,

(15)

dall'utilizzo delle risorse e delle diverse so-stanze alla gestione rifiuti"15. In particolare, è necessario contenere l'inquinamento do-vuto alle attività di costruzione mediante il controllo dei fenomeni di erosione del suolo, di contaminazione dei corpi idrici ricettori e produzione di polveri.

La rimozione, anche accidentale, dello strato vegetale comporta alcuni effetti negativi: - l'inibizione della capacità del suolo di

dare sostentamento alla vegetazione; - la riduzione conseguente della

biodi-versità animale;

- la riduzione della capacità del terreno stesso di regolare il deflusso delle ac-que meteoriche.

Il deflusso idrico superficiale modificato dall'area di cantiere comporta la rimozione di sostanze inquinanti estranee alla compo-sizione idrica antecedente all'intervento ed il conseguente disturbo degli habitat presenti nei corpi idrici ricettori: in particolare, il tra-sporto di azoto e fosforo può portare all'in-sorgenza di fenomeni di eutrofizzazione ed un conseguente squilibrio negli habitat ac-quatici, causato dalla proliferazione di alcu-ne specie (ad esempio, alghe verdi).

La sedimentazione di materiale generico a-sportato dal sito di cantiere comporta due ordini di effetti:

- una maggiore torbidità dell'acqua, con conseguente riduzione della capacità di penetrazione della luce solare nel cor-po idrico e riduzione della capacità di fotosintesi della vegetazione acquatica; - un maggiore rischio di straripamento

del corpo idrico, a causa di una riduzio-ne della portata.

3.1.2.1. Azioni per la riduzione

dell'in-quinamento da attività di

can-tiere

Le principali cause alla base dell'inquina-mento del cantiere sono individuate dall'im-poverimento dello strato vegetale e dal traf-fico, sia veicolare che pedonale, su aree non pavimentate. È quindi necessario, al fine di

corrispondere positivamente a questo requi-sito, adottare alcune misure di stabilizzazio-ne del suolo e di controllo dell'erosiostabilizzazio-ne del suo strato superficiale al fine di impedirne il movimento.

Le misure di stabilizzazione prevedono pian-tumazioni di erba a rapido accrescimento per le piantumazioni temporanee, o di erba e specie arbustive per piantumazioni per-manenti: in quest'ultimo caso le essenze im-piegate devono essere scelte sulla base di una gamma più ampia di criteri, in quanto la loro presenza sarà protratta oltre la fase di realizzazione dell'organismo edilizio. I prin-cipali effetti del nuovo strato vegetale sono la riduzione della portata d'acqua meteorica effluente e la riduzione della concentrazione di polveri e particolati nell'aria.

I sistemi di controllo degli eventuali agenti inquinanti movimentati dalle attività di can-tiere possono considerare:

- lo stoccaggio delle acque meteoriche dilavate entro opportuni bacini di se-dimentazione;

- l'implementazioni nelle recinzioni di tessuti filtranti, capaci di rimuovere i sedimenti di diametro maggiore dalle acque che, necessariamente, attraver-sano la recinzione stessa;

- la predisposizione di un'area d'ingresso veicolare e pedonale in ghiaia di medio diametro posta sopra uno strato dre-nante, così da impedire il sollevamento di polvere al passaggio degli automezzi. La redazione di un opportuno piano per il controllo degli agenti fisici sviluppati durante le operazioni di cantiere permette di descri-vere le misure atte a perseguire i seguenti obiettivi:

- ridurre la dispersione di terreno dovuta all'azione del vento e al deflusso delle acque meteoriche;

- proteggere il terreno rimosso e deposi-tato per un futuro riutilizzo;

- impedire l'inquinamento dell'aria a causa dell'immissione di polveri o par-ticolati;

- prevenire la sedimentazione delle ac-que meteoriche nel sistema fognario.

(16)

Tale piano può rientrare in un più ampio do-cumento, il Piano di Gestione Ambientale del Cantiere, che può essere adottato dalle imprese esecutrici su base volontaria o per imposizione contrattuale e basarsi:

- sul regolamento europeo EMAS (Eco Management and Audit Scheme); - sulla norma UNI EN ISO 14001 che

e-samina i Sistemi di Gestione Ambienta-le (SGA).

3.1.3. Riduzione degli impatti negativi in fase di manutenzione

Requisito: SAM.1.3.

Il requisito richiede che "il piano di manu-tenzione, coordinato con il fascicolo tecnico, dove previsto, deve contenere prescrizioni relative alla riduzione degli impatti negativi nella gestione rifiuti, alla riduzione dell'utiliz-zo delle risorse e sostanze tossiche / noci-ve"16.

Questo requisito considera quindi l'incidenza delle operazioni di manutenzione sulla sicu-rezza e sulla qualità ambientale dell'organi-smo edilizio: l'obiettivo è quindi valutare se vi sono i presupposti per una corretta ge-stione e conduzione dell'organismo edilizio.

3.1.3.1. Piano di manutenzione e

Pro-gramma delle manutenzioni

Questi documenti, distinti secondo la Norma UNI 10874:2000 e indirizzati ai tecnici della manutenzione, fanno riferimento ad un in-sieme di attività, previste e definite dal Pia-no di manutenzione e croPia-nologicamente scansite nel Programma delle manutenzioni, di cui si prevedono la frequenza, i costi o-rientativi e le strategie attuative nel medio e lungo periodo. Il Piano di manutenzione de-finisce le strategie di intervento e le succes-sive azioni gestionali, di manutenzione e di controllo; l’aggiornamento di queste previ-sioni deve essere correlato alle modalità d’uso del bene immobile da parte degli u-tenti e al decadimento prestazionale e natu-rale dei materiali costituenti. Le risorse, le modalità tecniche ed organizzative, infine la logistica degli interventi rientrano invece nell’ambito del Programma della

manuten-zioni. La pianificazione delle manutenzioni può avvenire:

- al momento conclusivo della realizza-zione di una nuova costrurealizza-zione o di una ristrutturazione importante, a cura del progettista;

- in un momento del ciclo di vita utile dell’organismo edilizio, a cura dei re-sponsabili della gestione immobiliare. I manuali ad uso degli utenti e dei tecnici delle manutenzioni hanno lo scopo di tra-durre le informazioni presenti nel sistema informativo di manutenzione17 in azioni con-sigliate per la corretta conduzione tecnica18 dell’edificio. I dati informativi contenuti nei manuali devono riguardare:

- l’identificazione del bene immobile, la conoscenza del sistema tecnologico e del sistema ambientale;

- le prescrizioni relative alla frequenza ed alla modalità di esecuzione di interventi e controlli;

- le strategie di manutenzione (procedu-re per la programmazione e controllo); - l’organizzazione delle attività di

manu-tenzione.

Tali dati vengono organizzati in schede ed elaborati grafici degli interventi manutentivi, documenti informativi sulla sequenza di a-zioni da intraprendere per ciascun interven-to prevedibile, scansione temporale degli interventi e procedure di controllo collaudo ad intervento completato.

La norma UNI 10874:2000 individua tre ca-tegorie di manuali:

1. il manuale di conduzione tecnica, de-stinato ai fornitori di servizio, che

(17)

espli-ca le modalità di esercizio ordinario delle singole parti del sistema tecnolo-gico, oltre alle istruzioni per interventi di ispezione e regolazione.

2. il manuale di manutenzione, sempre destinato ai fornitori di servizio, che in-dividua e raccoglie i dati utili agli inter-venti di manutenzione e comunque di contenimento delle condizioni di de-grado dell’organismo edilizio; inoltre

Tabella 3.1: Piano di Manutenzione e documenti affini negli edifici privati. Si procede ora all’individuazione dei

conte-nuti dei diversi manuali. La scheda identifica-tiva del bene immobile raccoglie le informa-zioni salienti dell’organismo edilizio, quindi: - localizzazione dell’insediamento nel

territorio;

- dati dimensionali, quali il volume fuori terra, la superficie lorda coperta e net-ta di piano, il numero dei posti macchi-na, etc.;

- destinazione d’uso dell’immobile e del-le sue parti;

- eventuali vincoli urbanistici o edilizi, oppure eventuali servitù.

La lista anagrafica degli elementi consente l’identificazione delle unità funzionali, ele-menti tecnici e componenti oggetto delle attività di conduzione tecnica e di manuten-zione. È opportuno che ciascuna parte del sistema tecnologico sia individuata da un codice da ripetersi nei documenti, presenti all'interno dei manuali, che si riferiscono a quella parte o componente.

Gli elaborati grafici comprendono la docu-mentazione relativa alle condizioni di

costru-•il Piano progetto

edifici pubblici

•Piano •Dichiarazione impianti •Libretto •Fascicolo

edifici privati

odalità di esercizio ordinario gico, oltre alle istruzioni per interventi l manuale di manutenzione, sempre

venti di manutenzione e comunque di grado dell’organismo edilizio; inoltre

specifica le modalità di trattamento delle informazioni di ritorno19.

3. il manuale d’uso, destinato agli utenti e quindi redatto in un linguaggio non tecnico, il cui scopo è limitare i com-portamenti impropri, aiutare ad indivi-duare eventuali segnali di anomalia o di malfunzionamento, descrivere gli in-terventi di conduzione tecnica esegui-bili dagli utenti.

Piano di Manutenzione e documenti affini negli edifici privati.

ell’insediamento nel dati dimensionali, quali il volume fuori

eventuali vincoli urbanistici o edilizi, La lista anagrafica degli elementi consente menti tecnici e componenti oggetto delle zione. È opportuno che ciascuna parte del sistema tecnologico sia individuata da un codice da ripetersi nei documenti, presenti all'interno dei manuali, che si riferiscono a

zione ed allo stato di fatto dell’immobile, quindi:

- le piante, le sezioni ed i prospetti (pro-getto architettonico);

- i disegni di assemblaggio degli elementi e dei componenti, e le loro relazioni; - gli schemi tecnologici e funzionali delle

unità impiantistiche;

- gli schemi di cablaggio e i diagrammi funzionali dei circuiti degli impianti e-lettrici ed elettronici;

- i diagrammi di flusso delle sequenze operative degli interventi di manuten-zione.

Questi elaborati devono essere aggiornati ad ogni intervento di manutenzione o di modi-fica sostanziale.

Le schede tecniche, previste per ciascuna unità funzionale, contengono informazioni inerenti a:

- identificazione commerciale, ivi com-presa quelle delle aziende produttrici ed installatrici;

- materiali costituenti l’unità e le sue parti;

Piano di Manutenzione è parte integrante del progetto esecutivo

Piano di Manutenzione delle opere strutturali Dichiarazione di Conformità (di Rispondenza) degli impianti tecnici

Libretto d'impianto

(18)

- modalità di assemblaggio e di smon-taggio delle singole parti;

- descrizione della modalità di funziona-mento;

- prescrizioni relative a controlli e verifi-che richiesti dalla normativa in vigore,

con l'indicazione della periodicità di tali azioni;

- prescrizioni relative ai controlli dei ri-schi per la sicurezza, collegati al funzio-namento dell’unità e alle attività relati-ve alla sua manutenzione.

Contenuto

Manuale

conduzione tecnica manutenzione d’uso

Scheda identificativa bene immobile √ √ √ Lista anagrafica degli elementi √ √ √ Elaborati grafici √ √ √ Schede tecniche √ √ √(1) Schede diagnostiche - √ - Schede cliniche - √ - Schede normative √ √ -

Istruzioni per l’uso √ - √

Istruzioni per la manutenzione - √ - Istruzioni per la dismissione e lo smaltimento - √ - Piano di manutenzione - √ √(2)

Piano dei controlli

periodici - √ -

Procedure di

conduzione tecnica √ - -

Procedure di controllo √ - -

Indirizzi dei tecnici da

contattare - - √

(1) Descrizione delle singole parti suscettibili di manutenzione da parte dell’utente.

(2) Individuazione delle frequenze dei soli interventi di ispezione e manutenzione eseguibili in sicurezza dall’utente.

Tabella 3.2: Descrizione sintetica dei contenuti dei manuali per la conduzione, la manutenzione e l'uso degli organismi edilizi (fonte UNI 10874:2000, par. 5.3).

(19)

Questi elaborati devono essere aggiornati ad ogni intervento di manutenzione o di modi-fica sostanziale.

Le schede tecniche, previste per ciascuna unità funzionale, contengono informazioni inerenti a:

- identificazione commerciale, ivi com-presa quelle delle aziende produttrici ed installatrici;

- materiali costituenti l’unità e le sue parti;

- modalità di assemblaggio e di smon-taggio delle singole parti;

- descrizione della modalità di funziona-mento;

- prescrizioni relative a controlli e verifi-che periodiverifi-che richieste dalla normati-va in vigore;

- prescrizioni relative ai controlli dei ri-schi per la sicurezza, collegati al funzio-namento dell’unità e alle attività relati-ve alla sua manutenzione.

Figura 3.12: Il ruolo mediano dei manuali tra il sistema informativo e la conduzione tecnica dell’edificio (fonte UNI 10874:2000, par. 6).

(20)

Le schede diagnostiche riportano, per cia-scuna unità funzionale o elemento tecnico, le informazioni di ritorno relative alle dia-gnosi effettuate successivamente ad eventi quali guasti, alterazioni, manifestazione di difetti. Se le procedure di diagnosi si effet-tuano periodicamente, vanno individuati: - le parti suscettibili di guasti o patologie; - gli strumenti per la diagnosi;

- la sintomatologia degli stati di altera-zione o di degradaaltera-zione.

Le schede cliniche registrano puntualmente le informazioni di ritorno relative agli inter-venti ispettivi e manutentivi eseguiti, con riferimento ai componenti e materiali utiliz-zati, ai tempi e ai costi d’intervento, agli e-ventuali rischi per la salute e la sicurezza so-pravvenenti successivamente all’intervento. Le schede normative indicano le attività ne-cessarie agli adempimenti alle norme di leg-ge sulla conduzione tecnica dell’immobile; le informazioni contenute riguardano:

- certificazioni, concessioni e collaudi re-lativi all’edificio ed alle sue pertinenze; - certificazioni di legge da rinnovare

pe-riodicamente;

- attestazioni di conformità o autorizza-zioni periodiche relative a specifiche unità funzionali.

Le istruzioni per l’uso sono destinate al con-duttore tecnico o all'utente per istruirlo sulla razionale gestione e sul corretto funziona-mento del bene immobile.

Per l’utente sono indicate, tra le altre, quelle modalità di controllo degli elementi tecnici e meccanici, e di riscontro dei segnali di ano-malia e difetto, che non richiedano cono-scenze di tipo specialistico.

Per il conduttore sono invece presentate le procedure per le forniture di servizi, acqua, energia elettrica e gas, telecomunicazioni, etc., oltre alle procedure gestionali di tipo prettamente legale.

Le istruzioni per la manutenzione devono indicare quali interventi possono essere ef-fettuati in sicurezza dall’utente del bene immobile. Per quegli interventi affidati a personale specializzato, vanno indicate le prescrizioni tecniche inerenti il singolo

inter-vento, le avvertenze sui disturbi che possono interessare l'utenza durante l’intervento, le informazioni sulla rimessa in esercizio e sulle prove da effettuare ad intervento ultimato. Nell’ambito dei servizi di manutenzione de-vono essere definiti contrattualmente gli operatori preposti alle attività previste dai manuali, nonché i diversi soggetti responsa-bili dell’acquisizione e dell’aggiornamento dei documenti costituenti i materiali. In caso di servizio integrato di gestione - manutenzione basato sui risultati, il redatto-re o estensoredatto-re può coincideredatto-re con il titolaredatto-re del servizio.

3.1.3.2. Il Fascicolo dell’Opera

Il Fascicolo con le caratteristiche dell’opera (di seguito Fascicolo), introdotto dal D. Lgs. 81/2008, ha l’obiettivo di ridurre i rischi di quei lavoratori che intervengono sull’opera in una fase successiva al suo completamen-to. I lavori interessati possono essere: - manutenzione di impianti e strutture; - interventi di ampliamento;

- pulizie generali;

- operazioni di riparazione, verifica o ri-pristino di elementi tecnici.

Il Fascicolo è predisposto per la prima volta dal Coordinatore per la Sicurezza in fase di Progettazione, inoltre può essere modificato in fase esecutiva in base all’evoluzione dei lavori (a cura del Coordinatore in fase di Ese-cuzione); se intervengono varianti o modifi-che all’opera le quali non richiedano la no-mina di progettista alcuno, il Fascicolo è ag-giornato per parte del Committente in segui-to a ciascuna modifica.

I contenuti del Fascicolo sono indicati nell’Allegato XVI al D. Lgs. 81/2008, che ne individua tre capitoli:

- il primo capitolo contiene i dati identi-ficativi del cantiere (indirizzo, colloca-zione urbanistica, inizio e fine lavori) ed una descrizione sintetica dell’opera e degli interventi effettuati, indicando i soggetti coinvolti nella sua realizzazio-ne (Committente, Responsabile dei

(21)

la-vori, Coordinatore per la progettazione e per l’esecuzione dell’opera, Impresa appaltatrice ed eventuali Imprese su-bappaltatrici, Direttore dei lavori, Pro-gettisti a vario titolo);

- nel secondo capitolo, per ciascun inter-vento successivo prevedibile o pro-grammato sull’opera, sono individuati i rischi e descritte le misure preventive e protettive, in dotazione all’opera ed ausiliarie, che devono essere adottate dai datori di lavoro e lavoratori auto-nomi che intervengono successivamen-te sull’opera; si analizzano così gli ele-menti ritenuti significativi ai fini della sicurezza (accesso del personale, igie-ne, approvvigionamenti e movimenta-zione dei materiali, uso dell’energia e-lettrica per il funzionamento delle ap-parecchiature, punti notevoli degli im-pianti, interferenze);

- il terzo capitolo funge da richiamo alla documentazione esistente sull’opera per il reperimento dei documenti tec-nici particolarmente utili ai fini della si-curezza per ogni successivo intervento manutentivo.

Allo stesso Allegato XVI al D. Lgs. 81/2008 sono proposte alcune schede di riferimento che portano all’adempimento degli obblighi stabiliti se opportunamente redatte.

La maggiore attenzione va posta nella reda-zione dei capitoli II e III, poiché il capitolo I si compone semplicemente dell’elenco dei soggetti coinvolti e di una sintetica descri-zione dell’opera stessa.

Il Fascicolo con le caratteristiche dell’opera assume un ruolo di importanza primaria nel-la gestione dell’edificio, in quanto riporta i riferimenti (progettista, data e collocazione) di tutti i documenti inerenti la manutenzione e l’uso dell’edificio20.

3.1.4. Gestione ecocompatibile dei rifiuti

Requisito: SAM.1.4.

Il requisito evidenzia la necessità di predi-sporre "un piano di gestione del fine vita (PGFV) con indicazione dei materiali, ele-menti e componenti soggetti a raccolta dif-ferenziata, con successivo recupero e trat-tamento, rispetto alla massa totale dei rifiuti da costruzione e demolizione"21.

Il duplice scopo di tale documento è:

- la pianificazione delle operazioni di demolizione, previa elaborazione di un inventario dei materiali ed elementi tecnici presenti nell'edificio e di se-quenze opportunamente pianificate delle operazioni di demolizione vera e propria;

- la valutazione dell'opportunità econo-mica di effettuare una demolizione se-lettiva, tenendo conto dei vantaggi ambientali associati e bilanciando i co-sti aggiuntivi con i guadagni derivanti dal recupero di una parte dei materiali.

3.1.4.1. Cenni di normativa sui rifiuti

3.1.4.1.1. Normativa europea

A partire dalla metà degli anni ’70, a partire dall'emanazione della direttiva 75/442/CEE [22] e delle successive:

- direttiva 78/319/CEE [23], - direttiva 84/631/CEE [24], - direttiva 91/156/CEE [25], - direttiva 91/689/CEE [26],

la Comunità Europea ha avviato un pro-gramma finalizzato alla gestione dei rifiuti. All’interno di tale politica generale, che ha tra i suoi principali obiettivi l’incremento del-la prevenzione e deldel-la riduzione dei rifiuti attraverso lo sviluppo di tecnologie pulite, nonché l’introduzione sul mercato di prodot-ti riuprodot-tilizzaprodot-ti o riciclaprodot-ti, il problema dei rifiuprodot-ti da costruzione e demolizione assume, dal

(22)

1992, una certa rilevanza. Gli scarti del pro-cesso edilizio vengono, infatti, inclusi, in quell’anno, tra i flussi di rifiuti considerati prioritari a causa di:

- quantitativi prodotti; - loro rilevanza ambientale;

- caratteristiche che ne rendono peculia-re la gestione.

È stato quindi istituito, per il loro studio, uno specifico gruppo di lavoro (Construction and Demolition Waste Project Group), composto da rappresentanti degli stati membri, asso-ciazioni operanti nel settore (imprenditori, ordini professionali, smaltitori, movimenti ambientalisti, enti locali, ecc.) e da esperti. Lo scopo di tale gruppo di lavoro è stato quello di elaborare una strategia che potesse approdare alla formulazione di uno strumen-to normativo da proporre per l’approvazione al Consiglio dell’Unione Europea.

La strategia comunitaria conseguente ai ri-sultati delle ricerche condotte ha sensibiliz-zato i Paesi Membri, i quali hanno recepito a livello nazionale le proposte comunitarie. Ogni Stato membro pertanto, al fine di per-seguire gli obiettivi dettati dalla Comunità Europea, ha adottato diversi strumenti poli-tico-economici per il trattamento dei rifiuti da costruzione e demolizione.

Le principali norme europee in materia di gestione dei rifiuti attualmente sono: - direttiva 99/31/CE – Direttiva del

Con-siglio del 26 aprile 1999 relativa alle di-scariche dei rifiuti;

- decisione 2000/532/CE (nuovo Catalo-go Europeo dei rifiuti) e ss. mm. ii. – Decisione della Commissione del 3 maggio 2000 in sostituzione della Deci-sione 94/3/CE che istituisce un elenco di rifiuti conformemente all’articolo 1, lettera a), della Direttiva 75/442/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti e la Deci-sione 94/904/CE del Consiglio che isti-tuisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della Direttiva 91/689/CEE del Consiglio rela-tiva ai rifiuti pericolosi;

- decisione 2003/33/CE – Decisione del Consiglio del 19 dicembre 2002 che

stabilisce criteri e procedure per l'am-missione dei rifiuti nelle discariche ai sensi dell'art. 16 dell'allegato II della Di-rettiva 1999/31/CE;

- direttiva 2006/12/CE – Direttiva del Consiglio e del Parlamento Europeo del 5 aprile 2006 relativa ai rifiuti;

- direttiva 2008/98/CE – Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti.

3.1.4.1.2. Normativa nazionale

L’evoluzione della legislazione europea porta in Italia all'emanazione della Legge Quadro 22/1997 [27] che recepisce le direttive euro-pee sui rifiuti in genere, sui rifiuti pericolosi e sugli imballaggi e pertanto, introducendo nella gestione dei rifiuti i concetti di preven-zione, recupero e smaltimento.

Il D.Lgs. 22/1997 prevede che, ai fini di una corretta gestione dei rifiuti, oltre ad adotta-re iniziative diadotta-rette a favorirne la padotta-revenzio- prevenzio-ne e la riduzioprevenzio-ne della pericolosità, sia favo-rita anche la riduzione dello smaltimento dei rifiuti stessi attraverso il reimpiego e il rici-claggio e altre forme di recupero per otte-nerne materia prima. Al capo IV del decreto è definito l’iter da seguire per l'ottenimento dell’autorizzazione a realizzazione ed eserci-zio di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti.

Il D.M. 5 febbraio 1998 [28], in merito alle procedure semplificate per l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti, stabilisce che le attività e i procedimenti tesi al rici-claggio e al recupero devono garantire ma-terie prime, o mama-terie prime secondarie, con caratteristiche merceologiche conformi alla normativa di settore. Inoltre, i rifiuti prove-nienti dal recupero e dal riciclaggio non de-vono presentare caratteristiche di pericolo superiori a quelle dei prodotti e delle mate-rie derivanti dall’utilizzo di matemate-rie prime vergini.

Con il D. M. 203/2003 [29] sono individuate regole e definizioni attraverso le quali le Re-gioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano adottano le disposizioni necessarie

(23)

a garantire che il 30% del fabbisogno annua-le dei manufatti e beni siano realizzati con materiale riciclato, prescrizioni destinate agli enti pubblici ed alle società a prevalente ca-pitale pubblico e di gestione dei servizi. Il D. Lgs. 13/03/2003, n. 36 "Criteri di am-missibilità dei rifiuti in discarica" rappresen-ta l’attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti. Una delle novità più importanti del D.Lgs. 36/2003 ri-guarda la classificazione delle discariche nel-le seguenti categorie:

- discarica per rifiuti inerti;

- discarica per rifiuti non pericolosi; - discarica per rifiuti pericolosi.

Il rifiuto viene considerato inerte se non su-bisce alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa. Questo tipo di rifiuto non deve dissolversi, né bruciare ed in caso di contatto con altre materie non deve dar luogo alla formazione di composti nocivi in grado di provocare inquinamento ambienta-le o danno alla salute umana.

Il 3 aprile del 2006 viene emanata la vigente normativa di riferimento, il D.Lgs. n. 152 "Norme in materia ambientale", il quale: - abroga il D.Lgs. n. 22/1997;

- riformula l’intera disciplina in materia di rifiuti e bonifiche di siti inquinati e contaminati;

- modifica la distribuzione delle compe-tenze tra i diversi enti e soggetti coin-volti.

Il Decreto costituisce quindi la normativa di riferimento principale relativa ai rifiuti da attività di costruzione e demolizione. Tra le novità rilevanti in materia di rifiuti, in-trodotte dal nuovo provvedimento, inerenti agli adempimenti a carico dei produttori di rifiuti da costruzione e demolizione, vanno segnalati:

- la ridefinizione delle condizioni del de-posito temporaneo dei rifiuti nel luogo di produzione degli stessi, in attesa del conferimento presso impianti autoriz-zati;

- lo snellimento degli adempimenti rela-tivi alla tenuta delle scritture contabili ambientali (registri, MUD [30]), nonché

del quadro sanzionatorio, ridisegnato dal nuovo decreto.

Per quanto concerne il deposito temporaneo dei rifiuti sopra menzionato, la norma tecni-ca di riferimento è la Delibera del Comitato Interministeriale del 27 luglio 1984. Tale norma è applicabile, tra l’altro, ai soli rifiuti pericolosi. Per quanto riguarda invece le fasi gestionali dei rifiuti, cioè le movimentazioni dei rifiuti successive alla loro produzione ed al deposito temporaneo, il Testo Unico ri-conferma [31] l’onere del produttore / deten-tore del rifiuto di affidare gli stessi ad un tra-sportatore regolarmente iscritto all’Albo Na-zionale Gestori ambientali e di garantirne il conferimento a soggetti autorizzati al suo recupero o smaltimento.

I rifiuti da costruzione e demolizione devono essere trasportati dal luogo di produzione ad un impianto di smaltimento autorizzato. I produttori/detentori dei rifiuti da costruzio-ne e demoliziocostruzio-ne, in quanto responsabili an-che delle fasi di gestione degli stessi, hanno l’obbligo32 di assicurarsi che gli impianti presso i quali avviene il conferimento dei rifiuti siano regolarmente autorizzati ad una o più operazioni di smaltimento e/o recupe-ro degli stessi. Il trasportatore deve compila-re il formulario33 in tutte le sue parti identifi-cando il luogo di origine del rifiuto, il nome del produttore e soprattutto la tipologia di rifiuto identificata con il codice CER34. L'allegato I è noto comunemente come Cata-logo Europeo dei Rifiuti e si applica a tutti i rifiuti, siano essi destinati allo smaltimento o al recupero. Il catalogo europeo dei rifiuti è articolato in 20 classi ed è oggetto di perio-dica revisione.

Il numero CER è un numero in tre gruppi di due cifre (AA BB CC) che identificano la tipo-logia del rifiuto in base all'origine e che sono così organizzate:

- AA: 1° livello, costituito da 20 categorie corrispondenti a classi di attività gene-ratrici dei rifiuti;

- BB: 2° livello, costituito da codici relati-vi al singolo processo produttivo; - CC: 3° livello, costituito dai codici che

Figura

Figura 3.1: Quadro generale della classe di esigenze SAM.
Figura  3.5:  Indicatori  sin- sin-tetici  per  alcune  soluzioni  di  serramento  ad  elevate  prestazioni  energetiche  (fonte  Lisetto  P.,  2012,  e  www.ibo.at/it/index.htm).
Figura  3.9:  Il  simbolo  del  “Ciclo di  Möbius”
Tabella 3.1: Piano di Manutenzione e documenti affini negli edifici privati.
+7

Riferimenti

Documenti correlati