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III Introduzione La tesi si basa sulla traduzione dal francese all’italiano e sull’analisi del romanzo francese Mon Étrange Plaisir

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III

Introduzione

La tesi si basa sulla traduzione dal francese all’italiano e sull’analisi del romanzo francese Mon Étrange Plaisir1 della scrittrice Rachilde, edito per la prima volta nel 1934.

L’opera è incentrata sulla rievocazione, da parte del personaggio protagonista, della propria infanzia e di eventi piuttosto significativi che ne hanno segnato la giovinezza e che l’hanno portato a essere l’uomo che è diventato.

Nel romanzo in questione, la scrittrice, sempre in preda alle proprie ossessioni e fortemente influenzata dal proprio vissuto, dà al lettore l’immagine di un uomo dal corpo efebico che, dopo aver sperimentato l’amore nelle sue varie sfaccettature, troverà nella danza, in particolare quella del ventre, lo splendore di un’arte che sta al di sopra di ogni desiderio volgare,2 e che concentra in sé sensualità e bellezza, ciò che il nostro protagonista ricerca per appagare il proprio piacere.

Quest’opera si discosta dalle altre per la forte tendenza estetica in cui prevale il principio fondamentale de l’arte per l’amore dell’arte, principio secondo il quale è la stessa natura che si modifica a immagine dell’arte.

Inoltre come avviene proprio per il protagonista di questo romanzo, l’estetismo presenta un continuo invito a godere della giovinezza fuggente, è un essere che si sente superiore a ciò che lo circonda, è guidato dalla bellezza intesa come manifestazione del genio.

L’opera non manca comunque di tratti prettamente decadenti, dal rifiuto della morale borghese, motivo per il quale Rachilde tende costantemente a stupire il lettore con « colpi di scena » per così dire stranianti, al motivo della decadenza sociale in cui i valori vengono messi in crisi con forti risvolti esistenziali.

In quest’opera rachildiana è possibile trovare anche peculiarità simboliste secondo le quali dietro la realtà apparente, percepibile con i sensi, è possibile scorgere una realtà più profonda e misteriosa, a cui si può giungere solo attraverso l’arte.

1 RACHILDE, Mon Étrange Plaisir, éd. Losfeld, Paris, 1993.

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IV

Solo l’arte è in grado di penetrare negli oscuri abissi dell’animo umano e di spiegare i desideri dell’inconscio e i sogni. Per farlo è possibile ricorrere a figure retoriche quali metafore, sinestesie, iperboli e così via.

Da sempre care alla nostra scrittrice sono le tematiche quali l’introspezione e la « psicoanalisi » di personaggi che potremmo definire « fuori dal coro », con tratti compulsivi manifesti, con comportamenti sessuali non comuni, reazioni ambigue di fronte a eventi della vita da altri percepibili come sconvolgenti o spaventosi, personaggi che hanno alle loro spalle vissuti che li hanno segnati, come d’altronde è avvenuto anche per la stessa Marguerite.

Rachilde tramite la propria opera e l’arte della danza fa un resoconto dello stato della « scrittura del desiderio » alla fine del XX secolo. È infatti proprio il desiderio l’elemento chiave su cui Rachilde sviluppa le trame dei suoi romanzi, è la tensione sessuale che dà al protagonista la possibilità di percepire il reale.

Rachide è stata sin dagli esordi una scrittrice molto studiata e analizzata, e soprattutto in lingua inglese è possibile trovare riferimenti riguardo la vita e le opere come Monsieur Vénus3 e altre che ne seguono le orme. È questo infatti il genere di romanzo che l’ha da sempre contraddistinta e segnata come una delle scrittrici più controverse dell’epoca.

Per quanto riguarda invece il romanzo che ho scelto Mon Étrange Plaisir , che non è incentrato, come gran parte delle altre opere, sulla sessualità e sulle perversioni da questa derivate, è risultato davvero difficile trovare testi di riferimento, di critica, o di analisi dai quali poter attingere per sviluppare il commento al testo.

Conscia della perenne presenza di elementi autobiografici nei romanzi rachildiani e al fine di poter fornire una analisi più seria e dettagliata del romanzo che ho scelto, si è reso assolutamente necessario l’ausilio di un approfondimento biografico.

Partendo dall’infanzia della scrittrice, esaminando la decisione di trasferirsi a Parigi e soprattutto i rapporti personali con i genitori e con il marito, è stato più semplice comprendere la storia e il perché di questo romanzo e del suo protagonista.

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V

Ho inoltre ritenuto opportuna, ai fini di una migliore conoscenza dell’autrice e delle tematiche che affronta, la lettura di uno dei suoi più celebri romanzi: Monsieur Vénus.

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VI

Analisi e Commento

1. Rachilde – Vita e Ispirazione :

Al fine di comprendere meglio il perché dell’interesse nei confronti di simili tematiche e dimostrare la presenza di elementi biografici all’interno dell’opera dell’autrice, è necessario fornire un breve ritratto di Marguerite Eymery, i. e. Rachilde.

Marguerite Eymery nasce nel 1862 a Périgueux in Francia e rappresenta una delle più complesse e discusse figure letterarie tra il XIX e il XX secolo.

Sin da bambina è costretta a viaggiare molto a causa del lavoro del padre, un militare in carriera, che segna la sua vita profondamente in quanto responsabile di abusi fisici e psicologici nei confronti della madre e della figlia.

Queste continue lotte e opposizioni, non solo simboliche, tra moglie e marito, che non consentono loro di essere rispettivamente né un buon padre né una buona madre per la giovanissima Marguerite, diventano tematiche ricorrenti nei suoi romanzi4.

Il padre, inoltre, si oppone strenuamente alla sua vocazione letteraria, in quanto in questo periodo e contesto storici viene considerato scandaloso che una donna possa essere istruita e addirittura divenire scrittrice. È proprio per sfuggire a quest’oppressione che la scrittrice inizia a vestire l’abito maschile e a scrivere con lo pseudonimo di Rachilde5.

Marguerite prende questo nome da un gentiluomo svedese che inizialmente sfrutta come alibi per far credere di scrivere sotto dettatura le storie che in realtà è lei a creare.6

Lo pseudonimo però funge anche da metafora di quel carattere poco socievole che la caratterizza sin da bambina: «Je ne joue jamais avec les petits garçons […] ni avec les petites filles…»7.

4 HAWTHORNE M., Rachilde and the French Woman’s Authorship – From Decadence to

Modernisme, University of Nebrasca, 2001, p. 23.

5 SHWOB M., Prefazione in Il Demone dell’Assurdo, ed. Studio Tesi, Pordenone, 1993, p. 94. 6 HAWTHORNE M. and CONSTABLE L., introduzione in Monsieur Vénus di Rachilde, ed. M.

Hawthorne and L. Constable, 2004, p. XI.

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VII

Altro fattore che caratterizza e turba fin da bambina la sua fervida immaginazione è la confessione da parte dei genitori che avrebbero preferito avere al posto suo un figlio maschio8.

Proprio alla luce di questo, quella di Marguerite, è un’educazione tutta al maschile, educazione che deve fare i conti non solo con l’austera figura paterna ma soprattutto col fatto che, nonostante il difficile rapporto tra i due, Rachilde ammira e ama il padre incondizionatamente:

« Mon père, qui fut l’idole de mon enfance n’appréciait que le courage et n’accordait d’attention à ce garçon manqué que lui représentait sa fille, que lorsqu’il le sentait capable d’exécuter un ordre ou de respecter une consigne ! »9

Nel 1878, accompagnata dalla madre, lascia la città natale per trasferirsi a Parigi nel cosiddetto periodo de la Belle Epoque.

Nel 1889 sposa Alfred Vallette, fondatore del circolo Mercure de France da cui l’omonima rivista letteraria di ispirazione simbolista per la quale Rachilde collabora con il ruolo di critico e per la quale tiene una rubrica10.

È proprio a Parigi che inizia a frequentare gli ambienti letterari simbolisti in cui si riuniscono giovani scrittori nostalgici dei loro predecessori romantici.11

L’interesse primario rachildiano è rivolto soprattutto agli stati alterati della coscienza e dell’inconscio, ed è per questo motivo che si dedica in particolar modo all’analisi dei caratteri e degli stati d’animo d’eccezione12.

Da sempre incuriosita dall’universo omosessuale, è attraverso le sue indagini che è in grado di anticipare alcuni studi freudiani sulle pulsioni e sulle perversioni sessuali13, che si premura di analizzare scrupolosamente e presentare tramite i propri lavori, inoltre, grazie al capovolgimento di genere riesce a ricreare e a delineare sfondi psicologici e comportamentali piuttosto complessi.

8 HAWTHORNE M. and CONSTABLE L., op. cit., p. X.

9 RACHILDE, Quand j’étais jeune, Paris, Mercure de France, 1947, p. 32.

10 MIRBEAU O., Correspondance Générale – tome deuxième, éd. L’Age d’Homme, Lausanne,

2005, p. 368.

11 HAWTHORNE M. and CONSTABLE L., op. cit., p. XII.

12 Enciclopedia Treccani, cfr link

http://www.treccani.it/enciclopedia/rachilde_(Enciclopedia-Italiana)/.

13 REIM R., introduzione in I sette magnifici capolavori della letteratura erotica di Diderot,

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VIII

I suoi personaggi sono soprattutto artisti drogati, ninfomani di buona famiglia, schiavi sessuali, aristocratici pervertiti, transessuali, teppisti, canaglie, e orge ambientate in lussuosi scenari levantini14.

Di fondamentale importanza per Rachilde è l’esplorazione dell’istinto animale che è parte di ogni uomo. Pertanto approfondisce la centralità del mondo della natura e di quello animale che spesso nei suoi romanzi ottiene il ruolo di protagonista - lei stessa afferma di sentirsi più vicina alla specie animale che a quella umana15.

È proprio a causa delle tematiche trattate nei suoi romanzi, aspramente critici nei confronti delle convenzioni sociali dell’amore tra uomo e donna, che viene descritta come « coscientemente perversa »16.

Grazie all’ausilio dell’ironia e del sarcasmo e servendosi dello spirito decadente non si limita a prendersi gioco della mentalità comune borghese del tempo, ma ha come obiettivo quello di scandalizzare la borghesia, affrontando tematiche quali le nevrosi, i sogni, i feticci, la sessualità e la morte.

Al contempo abile nel cogliere novità e gusti con grande lucidità critica, Rachilde anticipa tematiche che ancora oggi risulterebbero innovative e rivoluzionarie.

Inoltre non è mai indifferente alle agitazioni che colpiscono il mondo durante quel periodo: il comunismo, la prostituzione e l’omosessualità sono tematiche che trovano sempre posto nell’opera della scrittrice17.

Anche e soprattutto in età avanzata conduce una vita molto attiva, esce parecchio, frequenta ambienti di vario genere come caffè e bar, e si attornia di personaggi diversi l’uno dall’altro; dal gruppetto di letterati, sempre al suo seguito, ai frequentatori assidui di questi locali notturni dai quali spesso trae ispirazione per i suoi romanzi18.

Pur non potendola inserire a pieno in una determinata corrente letteraria, la nostra scrittrice è in grado di creare un innesto perfetto tra la cultura simbolista, gotica, e decadente del tempo e la nuova avanguardia surrealista.

14 THURMAN J., Una vita di Colette. I segreti della carne, ed. Feltrinelli, Milano, 2001, p.

431-432.

15 RACHILDE, Préface dans Théatre des bêtes, Paris, Les Arts et le livre, 1926, p. II.

16 LUKACHER M., Maternal Fictions: Stendhal, Sand, Rachilde, and Bataille, Duke University

Press, USA, 1994, p. 110.

17 ZOBERMAN P., Queer:Volume 2: Ecritures de la différence ? – Représentations: artistes et

créations, éd. L’Harmattan, 2008, p. 73.

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IX

Tuttavia è assolutamente necessario sottolineare che Rachilde scrive soprattutto in qualità di donna consapevole e cosciente dell’ « oggettivazione » del corpo femminile nella cultura sessuale ed estetica maschile e della difficoltà della donna di diventare Homme de Lettres.

Inizia a scrivere alla giovane età di diciassette anni e da allora produce almeno un romanzo all’anno, così riesce a esplorare tutti i generi, dalla narrazione storica al racconto fantastico, creando un’opera di estrema varietà, a volte poetica, altre satirica.

È con il testo Monsieur Vénus che traccia le linee dei romanzi successivi: rifiuto da parte dell’eroina della dominazione dell’ uomo e rifiuto dell’ amore concepito come avvertimento19.

L’opera romanzesca di Rachilde riflette tutte le mode del suo tempo: l’occultismo, il fascino per l’Oriente, l’esotismo, l’attrazione per tutto ciò che va oltre ogni regola.

Attraverso le descrizioni e le metafore suggerisce un’atmosfera equivoca e opprimente in uno sfondo esotico e/o decadente. Il gusto per l’eccesso, per la dismisura, per la follia, per il genio, e tutte le perversioni che riguardano l’amore fanno parte e caratterizzano la sua opera20 che ha l’obiettivo di

smascherare l’origine patriarcale della divisione sessuale e dell’istituzione familiare.

Altri fattori influenti nella vita di Rachilde e nei suoi scritti sono le agitazioni di quegli anni nate dai movimenti sovversivi femministi.

Sebbene non si è mai definita una femminista21 e non ha mai preso parte al movimento in voga delle suffragette, Rachilde è una figura chiave di quegli anni per la difesa della dignità della donna e l’esaltazione di quest’ultima all’interno di un universo prettamente maschile.

Nonostante una simile visione sovversiva e la rivendicazione del ruolo della donna nei romanzi e nei drammi, non vi è una totale accettazione del proprio Essere, a causa dei limiti che, suo malgrado, le impone.

19 MAKWARD P. et COTTENET HAGE M., Dictionnaire littéraire des femmes de langue

française: De Marie de France à Marie NDiaye, Karthala (ACCT), p. 489.

20 BALDRAN J., Paris, Carrefour des Arts et des Lettres (1880-1918), L’Harmattan, 2002, p. 51. 21 HOLMES D., Rachilde. Decadence, Gender and the Woman Writer,. New York: Berg, 2001, p.

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X

Nel pamphlet Pourquoi je ne suis pas une féministe22 spiega infatti la sua posizione nei confronti del femminismo e più in generale nei confronti delle altre donne:

« Je n’ai jamais eu confiance dans les femmes, l’éternel féminin m’ayant trompé d’abord sous le masque maternel et je n’ai pas plus confiance en moi. J’ai toujours regretté de ne pas être un homme, non point que je prise d’avantage l’autre moitié de l’humanité mais parce qu’obligée, par devoir ou par goût de vivre comme un homme, de porter seule tout le plus lourd fardeau de la vie pendant ma jeunesse, il eût été préférable d’en avoir au moins les privilèges sinon les apparences »23.

Da questi brevi accenni è possibile comprendere come Rachilde sia vittima dell’ambiente familiare e del contesto sociale in cui cresce.

Per tutta la vita ha dovuto fingersi un uomo a causa dei genitori, per essere accettata dalla società del tempo, e soprattutto per l’ardito desiderio di diventare una scrittrice; questo però senza mai poter uscire alla luce del sole per acquisire quelli che erano privilegi esclusivamente maschili.

In Pourquoi je ne suis pas une féministe Rachilde appare quanto mai conservatrice proclamando sfiducia nei confronti delle appartenenti al suo stesso sesso e dissociandosi quanto mai dalla causa femminista. Parte dal riconoscimento dell’inferiorità fisica della donna rispetto all’uomo per poi passare alla sua inferiorità intellettiva.

Il suo disprezzo più grande è riservato alle scrittrici e alle intellettuali che considera sue inferiori, facendo però sempre eccezione per la scrittrice, sua contemporanea, Colette24.

Figura di primaria importanza nella sua vita è proprio un uomo, il marito La Vallette. È grazie alla loro relazione e attraverso il continuo scambio epistolare tra i due, antecedente al matrimonio, che è possibile cogliere in buona parte il pensiero della scrittrice riguardo il rapporto tra uomo e donna.

Quello a seguire è un estratto di una lettera che Rachilde invia in risposta a La Vallette che le offre la sua amicizia: « On n’a jamais d’amie sincère, l’amitié d’un homme pour une femme, ça n’existe pas ! »25

La Vallette sostiene Rachilde e le permette di pubblicare un buon numero di romanzi tra i quali uno dei più stimati e al contempo controversi dell’epoca: Monsieur Vénus (1884).

22 RACHILDE, Pourquoi je ne suis pas une féministe, Les Editions de France, Paris, 1927. 23 CONSTANTIN V. & CIWINSKA M., Femme(s) & Créativité RAL,M., le chasseur abstrait

éditeur, 2007, p. 14.

24THURMAN J., op. cit., p.432. 25LUKACHER M., op. cit., p. 110.

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XI

Altri scritti di primaria importanza sono Monsieur de la nouveauté (1879),

Madame Adonis (1888), L'animale (1893), Le meneur de louves (1895), La

tour d'amour (1899), La maison vierge (1920).

Scrive anche racconti come Le démon de l'absurde (1893), drammi come

Madame la mort (1891), Le char d'Apollon (1913) e alcuni saggi tra i quali

Alfred Jarry ou le surmâle des lettres (1928) 26.

A partire dagli anni trenta, nello stesso periodo della morte del marito e con l’insorgere di grosse difficoltà economiche alle quali si aggiunge una grave malattia che la condurrà alla cecità, la produzione della scrittrice testimonia sia la necessità di un ripiegamento sul passato, sia la consapevolezza di sopravvivere a un’epoca nella quale non si è mai riconosciuta27.

I suoi libri in Italia, e non solo, sono praticamente introvabili e generalmente inediti, segno di una rimozione dovuta in parte alle tematiche rivoluzionarie, all’erotismo che la contraddistingue, ma certamente più imputabile allo stile raffinatissimo, ancora intriso dell’estetismo di fine Ottocento.

26 Enciclopedia Treccani, cfr link

http://www.treccani.it/enciclopedia/rachilde_(Enciclopedia-Italiana)/.

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XII 2. Il ruolo della scrittura :

Partendo da un’analisi della società e della cultura, portando alla luce le discriminazioni a danno delle donne, è proprio nel XX secolo che diversi scrittori iniziano ad analizzare il ruolo di maschio e femmina all’interno della società. È attraverso studi di genere e studi sociali che emergono le preoccupazioni della società del tempo28.

La più grande preoccupazione di tutto il percorso rachildiano è in particolare la definizione di « femminile ». Infatti è proprio nella scrittura che Rachilde trova risposte alle domande di sempre, è nella scrittura che riversa angosce, paure e turbamenti che la perseguitano sin dall’infanzia.

Rachilde, adottando i codici della scrittura decadente, esplora ciò che non le è permesso fare nella vita reale, ovvero le relazioni con l’altro sesso, la sessualità femminile e maschile29.

È grazie all’arte dello scrivere che rivendica l’essenza naturale della donna e l’importanza di questa all’interno dell’universo e della società.

Attraverso i suoi romanzi tenta di esaminare la propria vita, mette in luce le problematiche che si ritrova ad affrontare, anticipa temi che molto spesso, a quei tempi, erano assolutamente interdetti.

La scrittura è una via di scampo che le consente di vivere un’esistenza altra da quella in cui è stata relegata.

Può assumere il ruolo di un uomo dalle caratteristiche e dai tratti femminei e viceversa vivere la condizione di una donna mascolina, che non reprime il proprio essere, la propria essenza, come spesso lei è stata costretta a fare.

È probabilmente alla luce di ciò che inizia a scrivere romanzi sin da giovanissima, romanzi criticati in quanto risulta difficile comprendere come una giovane donna, diciassette anni quando scrive Monsieur Vénus, possa affrontare tematiche di così alto spessore e così fortemente scabrose.

I temi trattati nei romanzi rachildiani, a quei tempi, venivano rifiutati dalla maggior parte degli altri scrittori, anche uomini, i quali se ne distaccavano, forse anche per paura di essere censurati e messi da parte dalle case editrici.

28 GNISCI A., Letteratura Comparata, ed. Mondadori, Milano, 2002, p. 236. 29 FRANCHI F., op. cit., p. 36.

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XIII

È proprio grazie e tramite la scrittura che Rachilde riesce a rispondere a un interrogativo che gli studiosi si pongono da sempre: esiste davvero una scrittura che si differenzia a seconda del sesso di chi la produce ?

Oggi è possibile affermare che l’opera rachildiana dimostra implicitamente che la scrittura, come anche l’immaginazione, non può essere selezionata né smistata, non si differenzia così nettamente a seconda del sesso di chi scrive.

Se Rachilde, pur essendo donna, sembra scrivere come un uomo, probabilmente non esiste una scrittura che sia né geneticamente maschile né geneticamente femminile30.

30 PIVERT B., Cahier de la RAL.M n° 3 - Femme(s) & Créativité, le chasseur abstrait éditeur,

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XIV 3. Principali tematiche rachildiane

3.1 La condizione della donna nel XIXsecolo :

Rachilde pone sempre al centro della sua visione del mondo il problema della condizione femminile nella società moderna.

La civilizzazione, secondo la nostra scrittrice, è stabilita dagli uomini, ed è una civilizzazione « decadente », ovvero malata e lasciva che rinuncia alla vitalità della natura, che non conosce più né la sensualità né le grandi passioni.

È una civilizzazione prettamente maschile che teme tutto ciò che è enorme e vitale e che si rifugia nelle piccole idolatrie e nelle vanità che conferiscono e garantiscono all’uomo un potere tirannico e mediocre.

In tale sistema sociale le donne subiscono abusi e umiliazioni, sono delle sottoposte, creature violate e obbligate a rinunciare alla propria natura, più antica e autentica.

Rachilde quindi attribuisce alla donna le qualità della natura di libertà, forza, energia vitale, sensualità e coraggio che la civiltà maschile non possiede più, alle quali ha rinunciato anni addietro31.

La soluzione a questo problema, secondo Rachilde, è la creazione, nei suoi romanzi, di eroine che non cedono ad alcun compromesso, che non si sottomettono, che combattono la tirannia degli uomini e le loro violenze.

Un’altra soluzione, come avevo già accennato nell’ introduzione, è invece l’inversione dei generi, tecnica spesso utilizzata da Rachilde nella sua scrittura in cui trasferisce l’opposizione tra maschile e femminile, rovescia quelli che nella realtà sono i ruoli prestabiliti e predeterminati di uomini e donne all’interno della società.

La donna, quindi, rimane un essere senza una vera e propria identità e per questo, se vuole sopravvivere e addirittura dominare, è bene che si adegui a un « cambiamento di sesso »; deve diventare uomo.

Private dei propri mezzi espressivi non resta altro che imitare gli uomini, desiderio di mascolinizzazione che però entra in contrasto con la volontà sempre più imperiosa d’affermare la propria femminilità.

31 QUAGHEBEUR M., Les Villes du Symbolisme, P.I.E Peter Lang S.A, Bruxelles, 2007, p.

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XV

È da questo che nasce la posizione schizofrenica della donna che si ritrova intrappolata fra due aspirazioni in netto contrasto fra loro32.

Probabilmente tale concezione negativa, oltre che alla società dell’epoca, può essere ricondotta all’infanzia, quando Rachilde non era altri che Marguerite, una bambina che ha avuto a che fare con una figura femminile immobile, subordinata, e passiva, ovvero la madre, da Rachilde stessa definita « statua di marmo », una madre che non è stata in grado di sopperire alle mancanze paterne né di ostacolarne gli abusi33.

32 COL N., Ecriture de soi, éd. L’Harmattan, Lorient, 2004, p. 147. 33 LUKACHER M., op. cit., p. 13.

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XVI 3.2 L’essere perfetto :

Altro tema caro alla scrittrice che, sin dall’adolescenza, suscita in lei curiosità e attrazione è il cosiddetto terzo sesso, in quanto convinta che per combattere le problematiche derivate dal genere, la migliore soluzione sia quella di rinunciare a un genere vero e proprio per raggiungere lo status di asessuato34.

Ed è proprio per questo motivo che nei suoi romanzi narra sempre di personaggi caratterizzati da grandi ambiguità sessuali, generi sessuali incerti, ed esseri umani dalle sembianze non ben identificabili come nel caso del protagonista del romanzo Mon Étrange Plaisir, un giovane dalle movenze e dalla fisicità assolutamente femminea, con una forte carica sessuale, che ammalia sia uomini che donne indistintamente, e che privilegia l’uso del corpo a quello della parola per rendersi oggetto e soggetto del desiderio al tempo stesso.

L’idea dell’ermafrodito, visto come simbolo di ambiguità e unità armonica, è molto diffusa nella cultura romantica e decadente, in cui è comune la visione dell’essere androgino come uomo del futuro35.

L’androgino è dunque un essere d’eccezione, che seduce grazie alla sua doppia natura sia uomini che donne, diventa una sorta di simbolo rivoluzionario per l’affermazione della reale identità personale36, ed è per questa ragione motivo di rivisitazione della stessa Rachilde.

Questo soggetto è uno dei temi fondamentali della ricerca rachildiana. Già dai titoli dei romanzi è possibile notare come la scrittrice mischi mascolinità e femminilità, i.e. Monsieur Vénus e Madame Adonis, romanzi rivelatori del mondo androgino che trovano conferma non solo nel titolo bensì nelle peculiarità caratteriali e comportamentali degli stessi protagonisti.

L’autrice rivisita inoltre il mito del Dandy, inseribile in questo contesto, proprio perché affascinata dalla sua ambiguità androgina. Secondo Rachilde

34 FRANCHI. F., op. cit., p. 40.

35 DE PISIS F.; BOMBI G.; GALLERIA D’ARTE MODERNA, De Pisis: Opere su carta.

1913-1953, ed. Electa, 1985, p. 18.

36 FRANCI G., Il sistema del dandy: Wilde, Beardsley, Beerbohm: (arte e artificio nell’Inghilterra

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XVII

tale figura appartiene a un determinato periodo, a un’epoca che ormai si è conclusa, ma il cui fascino rimarrà per sempre indiscusso37.

Ulteriore figura dai tratti androgini, personaggio misterioso e affascinante, con una forte carica sessuale, è quella del vampiro. Questa figura mitologica prende il sopravvento proprio nella cultura di fine millennio e assume il ruolo di metafora di ambiguità, di peccato per i piaceri del sesso, è un essere a metà strada tra la vita e la morte che non ha tratti né eterosessuali né omosessuali38.

Quest’ultimo ingloba in sé peculiarità care alla scrittrice incarnando sia caratteristiche femminili che maschili, le sue armi più potenti sono rispettivamente seduzione e potere.

Per Rachilde il vampirismo è l’espressione estrema della violenza della sessualità e della dominazione maschile che per secoli hanno oppresso le donne39.

37 FRANCHI F., op. cit., p. 51.

38 NEIGER A., Il vampiro, Don Giovanni e altri seduttori, ed. Dedalo, Bari, 1998, p. 94. 39 LUKACHER M., op. cit., p. 130.

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XVIII 3.3 Inversione dei generi :

Rachilde è una delle prime donne dell’epoca a tagliarsi i capelli, a indossare pantaloni e bretelle, a sparare, a cavalcare e a tirare di scherma con grande abilità e arriva persino al punto di farsi stampare sui biglietti da visita « Rachilde, Homme de Lettres »40.

Le donne, soprattutto quelle maggiormente istruite, iniziano così a rivendicare diritti, che disorientano e inorridiscono gli uomini e confondono e turbano le stesse donne.

È così che Rachilde, in prima persona e successivamente nei romanzi, inizia a praticare una vera e propria inversione dei generi maschile e femminile.

Nel romanzo Monsieur Vénus impone alla coprotagonista l’adozione di un abbigliamento e di un comportamento maschili che le permettono di presentarsi come un personaggio autoritario incarnando al tempo stesso due ruoli: quello dell’androgino e quello della femme fatale.

Al contrario, il personaggio protagonista incarna socialmente ed esteticamente caratteristiche proprie delle donne, a partire dal lavoro che svolge che è quello del fiorista, lavoro ai tempi prettamente femminile, per passare ai tratti somatici delicati, alla bellezza femminea, ai movimenti morbidi e sinuosi propri delle donne. Inoltre tipico del comportamento femminile dell’epoca è il totale assoggettamento alla volontà maschile.

I due personaggi non sono altro che specchio l’uno dell’altro, e finiscono per ricercare proprio nell’altro l’immagine riflessa di sé, l’essenza della loro origine e natura, proprio quella natura che nella vita reale non è loro concessa sperimentare secondo i codici tradizionali del maschile e del femminile41.

In una società maschile e maschilista, Rachilde, tramite i propri romanzi, dà l’opportunità alle donne di vendicarsi del loro status di assoggettate, di poter vivere una vita differente ponendosi loro al dominio della società e dona agli uomini la possibilità di vedere il mondo attraverso gli occhi delle donne.

40 THURMAN J., op. cit., p. 113. 41 FRANCHI F., op. cit., p.39.

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XIX 4. Romanzi rachildiani a confronto :

Per poter meglio comprendere il pensiero della scrittrice e il romanzo che ho scelto, a mio avviso, può risultare utile accennare ai romanzi speculari

Monsieur Vénus e Madame Adonis42, i più conosciuti e rappresentativi; in cui è possibile notare la percezione del maschile e del femminile da parte della scrittrice.

Nel primo romanzo citato, l’amore viene presentato attraverso le sue diverse sfaccettature; è un amore che non ha sesso, né abiti, né ruoli sociali predefiniti.

In questo romanzo, come in quello che ho tradotto, è la forza della passione a dominare, e mentre in Mon Étrange Plaisir è la passione nei confronti dell’arte, della danza, dello spettacolo che porta al desiderio erotico, la passione nei confronti del proprio io che viene ammirato e che si trasforma in oggetto del desiderio, in questo caso invece l’oggetto del desiderio non è più l’Io del protagonista, bensì è l’Altro, che costituisce passione e dominio, e che esprime tutto ciò che l’antagonista del racconto desidera per sé e con sé.

È la presenza della passione irrazionale che modella queste due figure chiave invertendone i sensi e il genere. È la forza della passione insana, sbagliata che guida i protagonisti e non consente loro di vivere una vita vera, ed è solo con la morte che si potrà mettere fine al circolo vizioso degli abusi, della violenza e della brutalità umana.

Nel secondo romanzo dal titolo Madame Adonis è possibile trovare l’ennesimo riesame del topos letterario della femme fatale e allo stesso tempo della donna secondo i codici tradizionali fissati dall’universo maschile.

Anche in questo caso, come in Monsieur Vénus, rivisita il mito attraverso la tecnica del travestimento incentrato su una donna che è in grado di essere indifferentemente oggetto del desiderio sia maschile che femminile.

Qui come in Mon Étrange Plaisir siamo al cospetto di un essere androgino che sfrutta l’ambiguità a proprio vantaggio al fine di ottenere ciò che più desidera.

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XX

Ambientando la vicenda nel mondo borghese, l’obiettivo primario della scrittrice è quello di dimostrare come ogni individuo sia potenzialmente portatore di un’ambiguità dal punto di vista sessuale.

Il personaggio rachildiano è sempre caratterizzato da una forte consapevolezza e senso di superiorità rispetto agli altri.

Questo essere crea un mondo che ruota tutto intorno a sé e in cui tutto il resto è superfluo e di scarso interesse, questo non gli consente di provare sentimenti di tenerezza o compassione nei confronti di chi lo circonda e che finisce per divenire vittima consapevole e inerme.

Alcune di queste tematiche, come per esempio l’amore morboso, la passione sfrenata, il desiderio sensuale inappagato, sono spesso presenti nell’opera di Rachilde.

Tuttavia, mentre nei romanzi sulla scorta di Monsieur Vénus e Madame

Adonis il fine ultimo è quello di stupire, impressionare e addirittura sconvolgere e colpire il lettore con il macabro e il grottesco, tanto da essere stata censurata svariate volte, nel romanzo che parla del ballerino turco-romeno la componente gotica aleggia solo a tratti e in poche occasioni, e anzi ci si affaccia delicatamente a una dimensione maggiormente elevata e poetica: la dimensione dell’arte.

Lo scrittore-narratore si pone nel ruolo di spettatore, di un qualsiasi lettore che si trova a leggere il testo per la prima volta. Si tratta in effetti di un « romanzo della coscienza » che mostra l’estrema soggettività dei personaggi protagonisti43.

Anche gli ambienti perdono la loro importanza, infatti, solitamente, le narrazioni vengono ambientate in luoghi circoscritti, come nel caso del faro ne La Tour d’Amour, o la camera da letto nella quale, il protagonista del romanzo Monsieur Vénus, Jacques viene rinchiuso e trattenuto dall’amante Raoule.

43

GOLDMAN L., Nouveau roman et réalité , Pour une sociologie du roman, Gallimard 1964 ; PU, Bruxelles, 1971, p. 582.

(19)

XXI

5. L’Arte e la Danza in Mon étrange plaisir :

È negli anni 30 che Rachilde incontra il protagonista-eroe dell’avventura da lei definita nella prefazione « sensuellement poétique »44.

La scrittrice aveva oltre sessantacinque anni quando decise di scrivere questo romanzo.

La sua passione e il grande attaccamento nei confronti di questo ballerino romeno, parecchio più giovane di lei, di nome Joan Nicolaï Nicolescu, nascono subito dopo averlo visto danzare una sera in un locale notturno.

I due iniziano a intrattenere un rapporto particolare, di dipendenza economica da parte di lui e infatuazione da parte di lei, rapporto durante il quale Rachilde, totalmente assoggettata al giovane, lo riceve persino in casa per donargli del danaro in presenza del marito Vallette.

Marito e moglie si ritrovano costretti a staccare degli assegni per allontanare e frenare l’ira del ballerino45.

Rachilde è talmente infatuata di quest’uomo che decide di trasportarlo persino nella finzione, attribuendogli il nome di Nel Hauron, al quale chiede una collaborazione per la stesura del romanzo in quanto ha già in progetto di scrivere sulla sua vita46.

Il protagonista turco-romeno viene presentato attraverso la descrizione dettagliata non solo del suo aspetto fisico, dell’abbigliamento, dei modi, delle relazioni con gli altri, soprattutto con l’altro sesso, ma anche del modo appassionato di danzare e della gioia irrazionale che ne scaturisce.

Persino André de Fouquières, che si è occupato della prefazione del romanzo nelle edizioni Baudinière, ne dipinge un appassionato quanto curioso ritratto :

« Il dansait, le visage fatal, le teint mat, la chevelure d’ébène, étreignant à la façon d’un léopard sa partenaire. Cet enlacement chorégraphique et quasi satanique dénotait une âme ardente et convulsive. »47

Viene descritto il piacere che lo porta alla danza e che la danza gli porta, e la capacità di trasmettere i misteri e i segreti più profondi dell’ animo umano

44 RACHILDE, Mon Étrange Plaisir, éd. Losfeld, Paris, 1993, p.15.

45 PHILIPPE P., Saisie par la débauche, cfr link

http://pepitotheque.blogspot.it/2011/06/rachilde-saisie-par-la-debauche-pierre.html.

46 CONSTANTIN V., Cahier de la RAL.M n° 3 - Femme(s) & Créativité, le chasseur abstrait

éditeur, 2007, p. 14.

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XXII

che l’ uomo è in grado di esprimere unicamente attraverso l’arte, in questo caso, per l’appunto, la danza.

Joan Nicolescu ha il grande potere di ammaliare la nostra scrittrice ed è fortemente consapevole del fascino che esercita sugli altri. Inoltre è sicuro che la storia della sua vita, dall’infanzia trascorsa in Romania all’arrivo in Francia, possa essere degna d’interesse, e decide così di raccontarla per dare vita a una sorta di romanzo autobiografico48.

Nicolescu racconta sogni e ricordi della propria giovinezza, che Rachilde annota scrupolosamente in un taccuino49: la pastorella che danza coi pesci che il ballerino rinviene appesa ad un albero, la storia del pozzo e del povero gatto, creatura indifesa, che si lascia strangolare dal protagonista ancora bambino, il compagno di scuola che egli stesso fa torturare durante le pause della ricreazione, le danze selvagge e tribali sotto gli occhi appassionati delle stelle, il viaggio dalla Romania alla Turchia, attraverso la descrizione di paesaggi tanto diversi fra loro, di cui forte presenza incontrastata è il mare…in poche parole un racconto di sangue, passioni sensuali, natura, morte e soprattutto danza.

L’attrazione di Rachilde nei confronti di questa figura enigmatica e della sua ambiguità dipende dalla convinzione di avervi trovato il cosiddetto terzo sesso, l’essere perfetto che tanto ricerca durante i propri studi, l’essere che racchiude in sé l’equilibrio dei due universi di genere al quale lei ambisce.

Porta con sé questo personaggio anche in altri romanzi come Face à La

Peur50, romanzo dal tratto autobiografico in cui Joan Nicolescu alloggia persino presso la casa di campagna della scrittrice51.

Ad ogni modo Mon Étrange Plaisir non è l’unico romanzo in cui Rachilde s’avvicina all’arte della danza, interpretabile altresì come arte della seduzione.

Per Rachilde l’amore richiama a sé due esigenze apparentemente in contraddizione l’una con l’altra: da una parte la tensione verso l’immobilismo, che solo la morte può assicurare, dall’altra, la potenza del

48 LUKACHER M., op. cit., p. 110. 49 Ibid., p. 112.

50 RACHILDE, Face à la Peur, Mercure de France, Paris, 1942. 51 SILVE E., op. cit., p. 13.

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XXIII

desiderio. Queste due pulsioni si esprimono armoniosamente proprio nella danza52.

Il nostro protagonista, attraverso accadimenti che lo sconvolgono o lo coinvolgono psicologicamente ed emotivamente, raggiunge lo stato di beatitudine ed estasi che si manifesta proprio attraverso la sua danza, gioia suprema che lo estranea momentaneamente dalla realtà.

Non conta dove né perché, ovunque egli si trovi quell’étrange plaisir s’impadronisce di anima e corpo, la gioia del danzare risiede nel sentirsi finalmente vivo, in pace con il mondo e con se stesso.

Il fine ultimo al quale ambisce è il raggiungimento di quello stato d’animo di estrema gioia datogli dal movimento del corpo in simbiosi con la natura, e poco importa se per arrivarvi dovrà commettere azioni barbariche.

L’uccisione di un gatto che incontra per strada si profila come un sacrificio da compiere per poter sentire nuovamente qualcosa.

È il battito cardiaco che aumenta, accelera, è il sangue che ribolle nelle vene, è la rabbia di un incompreso che esplode e si manifesta: « Je sens en moi gémir quelqu’ un qui demeure incompris et de moi-même et des autres »53.

Il nostro ballerino si sente solo al mondo a causa del senso di superiorità che si attribuisce, egli trova sfogo e al contempo rifugio proprio nell’arte della danza.

52 BENOÎT C. & REAL E., El Arte de la Seducción en los Siglos XIX y XX, ed. a cargo de

BENOÎT C. & REAL E., Università. di Valenzia, 1998, p. 183.

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XXIV 6. Perdita dell’innocenza :

Il protagonista, come spaccato in due, ha l’animo sensibile di colui che solo può comprendere l’arte e la gioia di crearla e al contempo l’animo oscuro dell’assassino, di colui che, guidato dalle voci nella propria testa e dalle pulsioni aggressive del proprio animo, vive momenti di poca lucidità dai quali difficilmente e con fatica riesce a sottrarsi.

Questi momenti particolari, questi episodi, possono essere riscontrati soprattutto quando il ballerino Nel Hauron si trova a contatto con esseri che egli reputa evidentemente inferiori, sicuramente più deboli, esseri che disprezza per la loro semplicità e per la loro delicatezza, esseri che forse hanno qualcosa che egli brama e nonostante la giovane età non possiede: l’innocenza.

È forse per questo che lo sguardo innocuo del gatto molle fra le sue braccia, o lo sguardo pietoso del povero compagno di classe, da lui soprannominato Maria Stuarda per la fine che gli augura e per le torture che gli fa infliggere, creano in lui un disaggio tale, un malessere che finisce per dare vita a sentimenti di odio profondo, di disprezzo nei confronti di quelle entità, un sentimento che poi scaturirà nella rabbia, in atti violenti nei confronti dei più deboli e dei sottomessi.

Infatti è lo stesso Nel Hauron che spesso afferma di essere un adolescente « troppo esperto »54, di aver acquisito esperienza troppo velocemente che a volte non gli permette di discernere ciò che è giusto da ciò che non lo è, il bene dal male, e la realtà dalla fantasia.

I personaggi rachildiani sono spesso caratterizzati da tratti psicologici perversi e contorti: uomini e donne a sangue freddo che vengono sopraffatti solo dal loro istinto omicida nei confronti dei più fragili.

Questi esseri, come vinti dalla noia, sperimentano qualsiasi emozione o sentimento col solo fine di poter sconfiggere quella stessa noia che li attanaglia.

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XXV 7. Desiderio, Seduzione e Potere :

L’opera rachildiana può anche essere analizzata attraverso temi quali il desiderio e la seduzione.

All’interno dei romanzi è nella seduzione che si svela un desiderio che rimane inappagato55 ed è proprio la sensazione d’insoddisfazione, di negazione e privazione che porta i personaggi, maschili o femminili che siano, a compiere atti più o meno forti, tragici, distruttivi per se stessi e per gli altri.

Importantissimo elemento di seduzione è il linguaggio; i personaggi parlano molto, tuttavia più con se stessi che con gli altri, si confessano, scrivono, mettono a nudo i propri desideri e le proprie pulsioni come fa il ballerino Nel Hauron in diverse occasioni:

Cette fatale idée me faisait tellement horreur que je me surprenais à tourner la tête pour me persuader que quelqu’un me la soufflait à l’oreille :

Si je l’assassinais ?

Mais pourquoi la tuer ? Te tuer, toi, charmante ? Tu ne m’avais fait aucun mal. Je songeais ainsi. Mauvais rêve! Comédie d’un cerveaux surexcité puis fatigué. Des pensées de ce genre, est-on responsable ?

Avoir un poignard, oui. L’enfoncer très doucement, tendrement, dans ta gorge qui me plaisait56.

Come possiamo notare anche da questo passaggio del romanzo, il protagonista viene continuamente bersagliato da idee e fantasie di morte, di sangue, di uccisione, che egli cerca di attribuire a fattori esterni ma che in realtà scaturiscono solo dalla sua mente contorta e febbricitante.

È proprio attraverso il linguaggio da lui utilizzato, tramite formule ricorrenti in tutto il romanzo, che il protagonista informa il lettore, lo spettatore, su ciò che sta per accadere.

Egli si riferisce immancabilmente ad atti di violenza che preparano così il pubblico alla comprensione di ciò che avviene nella sua interiorità.

Ogni qual volta proferisce parole come « fatal, irrésistible désir, exaspéré désir » lascia che un’idea insana gli attanagli la mente.

Ha costantemente bisogno di esprimere ciò che sente, i dialoghi sono pochi, mentre il romanzo è pervaso da monologhi interiori, da flussi di coscienza, da introspezioni e confessioni.

55 BENOÎT C. & REAL E., op. cit., p. 180.

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XXVI

Il passaggio sopracitato avviene durante un momento d’intimità dell’uomo con una donna del romanzo, un’amica, un’amante che, per uno strano quanto inconscio motivo, provoca in lui pensieri talmente spaventosi che per non metterli in pratica è costretto a fuggire via.

Lungo l’arco della sua esistenza è sempre il desiderio a guidarlo: il desiderio sensuale, di spingersi oltre, il desiderio volgare, implacato, misterioso, incosciente, di scrivere, di cantare, di urlare, il desiderio irresistibile di uccidere.

Lo stesso Hauron è consapevole del male che lo imprigiona, ma non se ne preoccupa, anzi lo giustifica, sa che è parte di sé, e lo accoglie senza opporvi resistenza:

De quoi me plaindrais-je ? N’est-il pas naturel d’étouffer d’un mal qu’on apporte en naissance ? Ni remords, ni désir. Je ne suis qu’un enfant très vieux qui devine les choses comme s’il les avait toujours sues. Ma pensée va très en avant de moi. C’est un cheval fou, mais directeur, qui entraine les autres tout en ignorant la route. Et il va, presque libre, en secouant très fort tous les grelots de l’attelage57.

La metafora del cavallo folle che trascina gli altri senza preoccuparsene rende perfettamente l’idea: non riesce a gestire la sua immaginazione, la sua mente crea immagini di morte, è libera e lo comanda, e lui non è in grado di far nulla per fermarle né delimitarle.

È un essere guidato dalle proprie passioni e dai propri istinti, vola alto, quasi assente dalla realtà che lo circonda, si sente superiore alla massa, superiore ai propri compagni di scuola tanto da arrogarsi il compito di comandarli, ai propri genitori ai quali, a suo dire, non avrebbe dovuto permettere di farsi picchiare perché più forte di loro, superiore a tutte le donne che incontra che non è capace di amare fino in fondo, e agli uomini della piccola e squallida bettola che tiene in pugno, attraverso l’uso del corpo, con la propria danza.

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XXVII 8. Struttura del romanzo :

Il romanzo è prettamente descrittivo, vengono analizzati non solo ambienti e personaggi ma anche e in particolar modo le inquietudini che affliggono il protagonista, i suoi desideri, le sue passioni, e quell’étrange

plaisir che pervade l’animo del ballerino ogni qualvolta si ritrova a danzare. È per questa ragione potremmo persino parlare di « romanzo psicologico ».

.Presenta una struttura circolare in quanto si apre con un’ambientazione nelle campagne romene, permette al lettore di affrontare un viaggio attraverso la Turchia, in particolar modo a Istanbul, per poi concludersi col ritorno del protagonista nel paese natale.

Il romanzo si apre con un’avant-propos de l’auteur che riassume in poche righe la storia che verrà narrata, presentandoci il personaggio protagonista, le tematiche principali affrontate, per poi lasciare la parola allo stesso Nel Hauron ed è per questo che ci troviamo in presenza di un narratore omodiegetico.

C’est la légende d’une vocation, l’explication plus o moins rythmée du geste éternel, mystérieux, nostalgique, de la ronde des astres.

Et la psychologie d’une vocation de danseur n’est pas négligeable […]58

Troviamo una suddivisione in tre parti, composte più o meno dallo stesso numero di pagine, e ciascuna è scandita da accadimenti forti che pervadono la vita dello stesso ballerino.

Ogni capitolo è presentato da epigrafi in corsivo, frasi poetiche che anticipano il significato dell’intero capitolo.

Nel primo il protagonista si presenta in maniera inusuale in quanto il lettore non viene a conoscenza del contesto familiare o sociale del personaggio, gli vengono solamente proposti i ricordi di questo artista: le pulsioni, i sentimenti di rabbia, gelosia, invidia, i desideri sfrenati e soprattutto la gioia provocata dalla sua più grande passione che è la danza.

Je dansais ivre de je ne sais quel bonheur inouï. Je volais au-dessus de ce monde mort du terrible trépas de l’hiver, au-dessus de tous les anéantissements et de toutes les malédictions59.

58 RACHILDE, Mon Etrange Plaisir, op. cit., p. 15. 59 Ibid., p. 23.

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XXVIII

Vengono offerte immagini suggestive, descritti i paesaggi dell’infanzia del protagonista, ricordi che emergono e che sono assemblati non sempre però in perfetto ordine cronologico.

Attraverso il suo incontro con personaggi di vario genere, umani e non, che il protagonista descrive nei minimi dettagli, è possibile intuire e a volte comprendere la sua vera essenza.

Ogni accadimento, ogni incontro è segnato da immagini di morte, di sangue, di pulsioni sessuali e violente, dalle quali riesce a evadere grazie all’ausilio della sua passione e della sua fervida immaginazione.

Ogni qualvolta il protagonista assiste o è in prima persona partecipe della miseria umana il sentimento che nasce in lui è quello che egli stesso, più volte, definisce étrange plaisir, quello strano piacere che scaturisce dalla sofferenza e dal dolore altrui non servono ad altro che ad alimentare la voglia di danzare.

Figure centrali del romanzo sono le figure femminili alle quali dedicherò il prossimo paragrafo e altri due personaggi di notevole rilievo: due gatti.

Nel primo, Nel Hauron, s’imbatte nel giardino di casa, si tratta di un gatto col quale entra subito in contrasto a causa della tensione, dell’ossessione e poi dell’odio che lo sguardo invadente e la presenza stessa dell’animale gli provocano.

Il secondo gatto invece lo incontra lungo la strada. Ha poco in comune con il primo, è di dimensioni più piccole, lo sguardo è dolce e gli occhi sono meno verdi dell’altro.

Questo gatto è meno selvatico, si lascia avvicinare e addirittura accarezzare. Ma proprio in un momento di vicinanza e intimità qualcosa accade nella mente del protagonista; il sentimento di frustrazione provato nell’incontro con il primo gatto lo porta a scagliarsi contro il secondo, come se volesse rivalutare se stesso: il giovane protagonista infatti strangola il gatto con tutte le sue forze, preso da rabbia, gioia improvvisa, per poi gettarlo in un pozzo, ancora in vita, fino ad udire i miagolii dell’animale affievolirsi lentamente.

Celui-ci se laissait caresser, demeurait inerte, très mou, avec des prunelles d’un vert de feuille.

Et tout d’un coup, parce que je le serrais contre moi, qu’il se laissait faire, j’eus envie, une envie irrésistible, de le tuer.

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XXIX

Ce n’était pas l’autre, pourtant. Non, il ne lui ressemblait en rien. Mon cœur battait follement. Une joie frénétique parcourait tout mon être60.

Rimorso e pentimento lo portano a confessare quanto ha commesso al padre che come reazione lo picchia con violenza, lasciandolo inerme sul pavimento.

Anche in questo caso la figura paterna è presente, è una mascolinità violenta, che usa la forza fisica per prevaricare e per impartire delle lezioni, mentre la figura materna è totalmente assente, non è in grado di reagire e non prende parte alla tragedia familiare. Caratteristiche che ritroviamo quasi sempre nei romanzi rachildiani;tratto autobiografico certamente legato alla difficile relazione che Rachilde da bambina ebbe con il padre.

Non sappiamo quanto ci sia del vero Joan Nicolaï Nicolesco in questo romanzo e quanto sia frutto dell’immaginazione rachildiana ma quello che non si può fare a meno di notare sono le somiglianze e le relazioni che legano la nostra scrittrice al protagonista.

Il pessimo rapporto con la figura genitoriale maschile segna l’intera esistenza della scrittrice e come è evidente dal romanzo Mon Etrange Plaisir, la stessa figura emerge a tratti con le stesse connotazioni di autorità, severità, ma soprattutto violenza.

È un personaggio che provoca grande timore sia nella giovane Rachilde che nel ballerino, le sue mani vengono descritte come « pesanti » e le sue carezze generano il pianto.

E quanta disistima nel non vedere agire la madre, “la figura femminile” sempre sottomessa e costretta a subire in famiglia e nella società come imposto dalla cultura del tempo.

Frustrazione e rabbia sono i sentimenti che ritroviamo nel ragazzino Hauron, che spesso lo portano a reagire in modo violento contro gli esseri più deboli.

La rabbia ha bisogno di essere elaborata e canalizzata in qualcosa di superiore, come vediamo nel protagonista adulto, per es. nell'arte, nella danza del ventre ,che è l'unica cosa che genera piacere in lui e gli permette un progetto di vita

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XXX

La stessa Rachilde trova nell'arte dello scrivere la sublimazione di esperienze negative e frustranti, di sentimenti spiacevoli; ma anche lei è costretta a pagare la cultura di quel tempo che non permetteva ad una donna di essere scrittrice.

Nel secondo capitolo, l’ambientazione è ancora quella romena durante il periodo della prima guerra mondiale, in cui ci vengono descritti paesaggi desolati avvolti da ceneri e fumo. L’atmosfera presentata è angosciante, di terrore e di sfiducia persino nei confronti delle istituzioni religiose:

« Il faut s’attendre à tout, maintenant. Quand on a tant besoin de rechercher la présence de Dieu, voici que les prêtre ferment la porte ! » 61

Questo capitolo è incentrato sul racconto della separazione di due innamorati per via della guerra, due innamorati che si scambiano promesse d’amore tramite gesti, simboli e feticci.

La storia d’amore per i primi mesi prosegue a distanza attraverso un continuo scambio epistolare che viene poi interrotto improvvisamente dall’uomo.

La spiegazione di questo silenzio si ha con l’arrivo di un messaggero che annuncia alla giovane donna che il suo amato non ritornerà più.

La descrizione della vicenda viene ininterrottamente narrata per bocca del protagonista che vede e vive la tragedia in quanto amico della donna. Stati d’animo, sentimenti di angoscia, turbamento e incertezza provocano in lui rabbia e frustrazione.

Anche questa volta il protagonista, nonostante sia solo un adolescente, è ormai disincantato sulle questioni del mondo, sui sentimenti, e sui rapporti umani, anzi l’adolescente, « molto esperto » che risiede in lui si fa avanti per dare un aspro giudizio sull’amore e soprattutto sulla bassa valenza che la benedizione da parte della Chiesa possa avere come garanzia di un amore eterno:

Si c’était cela, l’amour permis, l’amour béni par le prêtre, le représentant de certains droits sur la terre concernant des âmes éprises d’éternité, de fidélité,

il existait en lui un vice de conformation, sinon de forme ou de formule, qui ne laissait aucun espoir aux patients de le subir sans dommage62.

Passando al terzo e ultimo capitolo, il panorama cambia in quanto ci troviamo nella suggestiva ed esotica Istanbul.

61 RACHILDE, Mon Etrange Plaisir, op. cit., p. 50. 62 Ibid., p. 54.

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XXXI

Il protagonista lascia il paese d’origine, le rive del Mar Nero, attraversando le meravigliose acque del Bosforo di cui ci dà una, quanto mai particolareggiata, descrizione passando attraverso le diverse gradazioni del colore blu:

Un tapis de velours bleu traînait un peu sur l’eau, timbré au coin d’un écusson brodé en filigrane d’argent: le croissant entourant une étoile de turquoise.

L’eau du canal se moirait tantôt du reflet plus clair, tantôt plus sombre, de ce bleu franc allant de l’azur à l’indigo foncé63.

Al suo arrivo a Istanbul viene ospitato dalla facoltosa famiglia composta da tre persone: un uomo e due donne.

Le descrizioni minuziose degli ambienti esterni ed interni, degli oggetti, delle vivande, sono spiegati per filo e per segno e l’autrice, per bocca del ballerino, riesce a creare immagini di grande bellezza e suggestività.

Interessante è il rapporto tra il giovane e il suo ospite, una figura silenziosa, dalla mano e dal passo pesanti, che al ragazzo richiama quella paterna:

Quand il marche, son pas est pesant, sa main, lourde, qui caresse, en passant, mes cheveux. Il me rappelle mon père, à la même main lourde, effleurant mon front, dans mon lit, le soir, quand j’étais tout petit avant de m’endormir.

Je ne sais pas pourquoi cela me faisait peur et pleurer64.

È a Istanbul che viene a contatto con una realtà differente, non soltanto dal punto di vista sociale e delle tradizioni, ma soprattutto dal punto di vista artistico, è qui che vedrà e gusterà una nuova forma di danza che egli deciderà di studiare per se stesso e per gli altri: la danza del ventre.

Questa danza provocherà in lui sensazioni mai provate prima, la gioia immensa di sentirsi al centro dell’universo, oggetto indiscriminato e desiderato da uomini e donne che si ritrovano in una vecchia bettola col solo scopo di vederlo danzare.

63 RACHILDE, Mon Etrange Plaisir, op. cit., p. 90. 64 Ibid., p. 105.

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XXXII 9. Figure Femminili :

È assolutamente necessario, adesso, volgere lo sguardo verso la più importante figura all’interno del romanzo, centrale nella vita del protagonista, ovvero sia la donna, il sesso opposto, che provoca nel ballerino sentimenti e sensazioni altalenanti che lo portano comunque a circondarsene costantemente.

Il ricordo della propria infanzia, fino all’adolescenza e all’età adulta, gli permette di ripercorrere eventi e incontri che hanno segnato la sua vita, che l’hanno formato e soprattutto hanno svegliato in lui i primi desideri sensuali.

Nel Hauron, lungo tutto il corso del romanzo, attraverso i continui monologhi, il flusso dei pensieri e le riflessioni, parla della donna, l’essere al quale, a suo dire, deve l’acquisizione della consapevolezza di piacere e incantare ma al tempo stesso l’essere al quale rimprovera l’angoscia della scoperta « de me savoir différent de mes voisins »65 e l’essere verso il quale prova un senso di superiorità conferitagli dalla sua stessa natura.

Il nostro protagonista soffre della diversità che avverte dentro di sé, e forse sono proprio questi sentimenti di solitudine e d’incomprensione che spesso lo porteranno, durante l’arco della sua vita, a compiere atti di violenza che scaturiscono da momenti di follia, attimi di confusione, che egli descrive con queste parole: « Mon cœur battait follement, une joie frénétique parcourait tout mon être »66.

A partire già dalle prime pagine del romanzo il ballerino narra del suo primo significativo incontro con una donna, si tratta di un’anziana che vive da sola in una casetta, di cui viene fornita una dettagliata descrizione: mobilia, soprammobili, foto, e icone sacre vengono dipinte dal protagonista con estrema cura e attenzione.

Chi fosse l’anziana donna non ci è dato saperlo, ma ciò che conta realmente, ed è fondamentale ai fini della comprensione del carattere del protagonista, è il legame che si viene a instaurare tra i due e le emozioni provate dal giovane Hauron in presenza della donna e dei suoi stravaganti racconti.

65 RACHILDE, Mon Etrange Plaisir, op. cit. p. 68. 66 Ibid., p. 32.

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XXXIII

Il ballerino, ai tempi solo un bambino molto curioso delle cose del mondo, trascorre intere giornate in compagnia dell’anziana che potrebbe essere vista come figura parentale mancante nella vita del protagonista, una nonna.

Hauron è perfettamente a suo agio in quella casa, tutto lo affascina, si sente persino più accettato, più libero, che nella casa paterna, come egli stesso afferma.

Nonostante questo apparente rapporto nonna-nipote è in realtà evidente che l’unica cosa che conti per il bambino sia l’acquisizione di informazioni, di esperienze altrui, perché è tramite i racconti della donna che scopre se stesso, si trova curioso, ed entra così in contatto col proprio Essere. Tutto ciò lo affascina e lo gratifica da un lato mentre dall’altro alimenta il suo senso di superiorità rispetto a chi lo circonda.

Già da questo primo incontro è possibile percepire come la donna per Nel Hauron sia soprattutto un mezzo per soddisfare i suoi desideri, i suoi piaceri, e la sete di conoscenza che lo distinguerà e accompagnerà durante tutto l’arco della sua vita.

In questo passaggio è la stessa donna che si presenta e che narra l’evento di qualcosa che è passato, racconta la sua giovinezza, incentrandosi essenzialmente su qualcosa che ha segnato e cambiato per sempre la sua intera esistenza: l’ incontro con l’uomo della sua vita, la perdita di quest’amore, l’umiliazione e l’abbandono da parte dei genitori che l’hanno condannata a un’esistenza di solitudine e sofferenza.

Durante l’arco della narrazione gli elementi erotici non mancano, soprattutto se si pensa al periodo in cui è stato scritto il romanzo; infatti l’anziana senza indugio racconta al proprio interlocutore il primo incontro sessuale con l’uomo della fontana della Vergine, in cui sacro e profano vengono mischiati e a volte sovrapposti. Anche in quest’occasione il nostro protagonista viene considerato « dell’età giusta » per potere comprendere tali argomenti.

La donna gli narra storie passate, di tempi antichi, dalle quali il bambino si sente conquistato, la sua fervida immaginazione gli consente di ricostruire quegli eventi come se li stesse vivendo in quel preciso istante e il suo cuore si riempie di una gioia immensa.

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XXXIV

L’elemento della morte è spesso presente e correlato ai personaggi femminili che incontra, e il suo atteggiamento in queste situazioni è innaturale o comunque atipico, in modo particolare se si tiene in considerazione che sin da bambino si ritrova da solo di fronte alla morte o ne è egli stesso causa, si ritrova in circostanze tragiche che riesce a destreggiare con estrema naturalezza come nel caso dell’anziana, mentre altre volte, le affronta con estremo distacco.

[…] je l’ai enfin découverte, inanimée, devant la fontaine, la tète appuyée sur la margelle de pierre. Alors je lui ai croisé les mains sur la poitrine et j’ai prié pour elle parce que je n’étais pas assez fort pour l’emporter. Je l’ai appelée de noms tendres, absolument comme si j’étais le beau jeune homme revenu pendant qu’elle vieillissait e vieillirait éternellement dans la nuit67.

Anche la tematica amorosa, in riferimento alle donne che Nel Hauron incontra, è sempre presente anche se in maniera piuttosto differente a seconda della tipologia di donna.

Ciascuna delle figure femminili che l’hanno accompagnato durante questo suo viaggio ha avuto a che fare con l’amore, amore inteso in tutte le sue sfaccettature: l’amore passionale, quello impossibile, quello carnale, e l’amore non corrisposto.

Ogni storia d’amore all’interno del romanzo viene vissuta indirettamente dal protagonista che dà dei giudizi traendo delle conclusioni che finiscono solitamente con lo sminuire i comportamenti femminili.

La seconda donna, in ordine cronologico, che s’incontra nel corso del romanzo è la sorella maggiore del protagonista. La ragazza ci viene presentata come una giovane che suona il pianoforte e canta e che ammalia lo straniero che si ritrova a passare davanti la sua finestra.

Anche in questo caso la reazione del giovane Hauron è piuttosto violenta e irrazionale, l’idea che uno sconosciuto, un estraneo, possa portare con sé la sorella, possa sposarla e quindi allontanarla dalla famiglia, scatena in lui sentimenti di gelosia, rabbia e ira fino al desiderio spasmodico di uccidere lo sconosciuto e di « impedire da allora in poi, a tutte le sorelle, di suonare il piano ».

Etrange mouvement de colère impulsive, tuer ce passant que nous ne connaissons ni l’un ni l’autre: première esquisse du geste mâle qui se dessine sur l’éternel fond de la cruauté noire de la jalousie…

…et empêcher toutes les jeunes filles de jouer du piano68.

67 RACHILDE, Mon Etrange Plaisir, op. cit., p. 27. 68 Ibid., p. 28.

(33)

XXXV

Da questo racconto è possibile percepire che il suo desiderio di possesso non coinvolge unicamente gli oggetti, come l’icona raffigurante un prete regalatagli dall’anziana, ma si manifesta anche e soprattutto nei confronti delle donne che lo circondano. Queste vengono sentite da lui come oggetti da possedere, come giocattoli d’appartenenza, di cui nessun altro si può appropriare.

La sorella, a suo parere, non è in grado di poter scegliere consapevolmente per la sua vita, la giudica una bambina ingenua, bambina che invece si lascia sedurre dal primo uomo che le fa la corte.

A mio avviso una delle figure femminili di maggiore rilievo risiede in quella della pastorella che Nel Hauron incontra quando è ancora solo un bambino che si affaccia alla pubertà.

Questo sarà il primo incontro con l’altro sesso che provocherà in lui passioni e fantasie, nonostante all’inizio l’unico sentimento che riesce a sentire è di repulsione alla sola vista della pastorella a causa della sua sporcizia e dell’aria sofferente.

Brusquement, sans raison, une terreur instinctive s’empara de mon cerveau, fit tressaillir tout mon corps ; je me levai en la repoussant avec une répulsion nerveuse jaillie de cette idée, d’ailleurs fort naturelle, qu’elle m’avait peut-être communiqué des poux69.

Non è la descrizione di un amore candido tra due adolescenti; il ballerino descrive l’oggetto delle proprie attenzioni come una ragazzina magra, fragile, triste, dagli abiti completamente stracciati, da allontanare e respingere a tutti i costi, un essere strano, di cui non si conosce bene la provenienza, creatura che balla coi pesci e comunica per lo più tramite gesti e suoni incomprensibili.

Anche di fronte a questa il suo senso di superiorità prende il sopravvento; paragona la bambina a una bestiola che non è in grado di comprendere il linguaggio umano.

Il protagonista, attraverso la descrizione fisica della fanciulla, ci dà l’immagine di una bambola di pezza che è stata gettata via, è una bambola rotta, senza più nessuno che si prende cura di lei, non le rimane altro che l’autodistruzione.

Nonostante l’apparente sentimento che lo lega alla bambina il ragazzo si limita semplicemente a descrivere il momento della tragica morte di questa

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XXXVI

tramite una metafora di danza, dandoci una delle immagini più suggestive e appassionate di tutto il romanzo: il protagonista scorge in lontananza la pastorella che « danza ». Gli occhi del ragazzino sono ancora influenzati dalla fervida immaginazione che non gli consente di comprendere subito quanto stia accadendo.

Egli, solo in un secondo momento, si accorgerà che quella danza, in realtà, non è altro che l’esatto momento della morte della pastorella che ha deciso di togliersi la vita impiccandosi a un albero in presenza del proprio gregge di pecore.

Anche in questo caso gli animali ci vengono presentati attraverso una sensibilità che oramai non appartiene più all’uomo.

La tête un peu penchée sur l’épaule, les yeux clos ou tellement baissés qu’ils en paraissaient fermés, ses cils coulaient sur sa joue en larmes noires. Sa bouche, creusée des coins, avait l’expression d’une grande douleur, ses bras demeuraient chastement plaqué le long du corps, l’amincissant, le faisant, plus svelte que d’habitude. Elle se balançait en cadence, imperceptiblement, d’avant en arrière70.

Nella seconda parte del romanzo vengono introdotte altre due donne, mai chiamate per nome ma solo con soprannomi che lui stesso sceglie per alcuni tratti del loro aspetto che le caratterizzano.

Queste giovani donne sono l’« amica dal vestito color violetta » e l’« amica dai capelli ramati », due donne dalle quali è sessualmente attratto per motivazioni differenti.

Le due donne, infatti, suscitano in lui sensazioni diverse; la prima è avvolta da un velo di tristezza che le serve da pudore, mentre la seconda viene descritta tramite un gioiello che indossa che ha la forma di un serpente, simbolo di tradimento e peccato.

Anche queste due donne sono dipinte dall’ormai giovane uomo Nel Hauron come due bambole, innocenti da un lato e maliziose dall’altro, esseri leggeri, superficiali, attaccati alle cose semplici e alle voluttà del mondo.

Gli stati d’animo e i comportamenti di queste ragazze vengono sempre giudicati dal protagonista che spesso ammette di trovarsi di fronte a esseri che non è in grado di comprendere fino in fondo.

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