13 November 2021
POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE
Biblioteche in mostra alla 53. Biennale d'Arte / Morriello R.. - In: BIBLIOTECHE OGGI. - ISSN 0392-8586. - STAMPA. - 27:8(2009), pp. 66-67.
Original
Biblioteche in mostra alla 53. Biennale d'Arte
Publisher:
Published DOI:
Terms of use:
openAccess
Publisher copyright
(Article begins on next page)
This article is made available under terms and conditions as specified in the corresponding bibliographic description in the repository
Availability:
This version is available at: 11583/2576743 since:
Editrice Bibliografica
66
Biblioteche oggi – ottobre 2009Artifici a cura di Rossana Morriello
costruiscono relazioni e con- nessioni e agiscono come ca- talizzatori o laboratori per il pensiero creativo. Il progetto di Chun è ispirato in parte dal celebrato testo di Jorge Luis Borges La biblioteca di Babele che paragona la bi- blioteca all’universo con la grande idea che sia un de- posito per tutta la conoscen- za e la verità individuale.
L’universo è governato da un ordine che noi percepia- mo solo parzialmente ma che evoca l’idea dell’infinito e dell’eterno – come materia né creata né distrutta – ma che solo è. L’“esagono cremi- si” nella biblioteca di Borges è un libro contenente la co- noscenza universale che in- vestirà il lettore di un potere divino. Il solo problema è che questo libro non può es- sere trovato sebbene esista in qualche luogo nella bibliote- ca. La ricerca continua del bibliotecario per la fonte del- la saggezza universale è qualcosa di parallelo alla stessa condizione umana – una richiesta che inevitabil- mente rimarrà incompiuta.2
La biblioteca di Chun viene quindi rappresentata come il luogo in cui si compie que- sta incessante ricerca, il cui oggetto sono le verità per definizione inconoscibili, teo- rie irrisolte, narrazioni inspie- gate, domande incomplete e senza risposta, e i dibattiti fi- losofici di cui non si è venu- ti a capo. La biblioteca, scri- veva Borges, è interminabi- le. Gli scaffali antropomorfi di Chun non contengono li- bri, ma evocano gli strumen- ti, le idee, i testi che hanno permesso all’uomo nel cor- so della storia della cultura di raggiungere le conoscen- ze scientifiche, filosofiche, ar- tistiche che oggi fanno par- te del nostro patrimonio culturale. Gli scaffali sono disposti in una forma borge-
N
egli ultimi anni le varie e- dizioni della Biennale d’Arte di Venezia si sono caratteriz- zate per una presenza sem- pre maggiore di installazioni video e performance artisti- che riprodotte da immagini in movimento, riflesso evi- dente di una tendenza, quel- la alla “vita sullo schermo”, tipica della società attuale, ma allo stesso tempo mani- festazione di quella propen- sione alla “fluidità” che è ca- ratteristica della cultura con- temporanea. Di conseguen- za, in questa importante ma- nifestazione artistica, che rac- coglie le espressioni anche più estreme dell’arte contem- poranea, ma che proprio per questo difficilmente si ha oc- casione di vedere in altri con- testi, aumentano di anno in anno i filmati, i video, oltre all’arte digitale. Molti filmati, ci sembra in misura crescen- te, hanno per oggetto luo- ghi, spesso spazi freddi e vuoti, e persone, di prefe- renza intente a compiere ge- sti ripetitivi e ossessivi. Non fa eccezione l’edizione del 2009, la 53. Esposizione In- ternazionale d’Arte, nella qua- le semmai l’alienazione tra- smessa da tali installazioni è ancora più percettibile, in par- ticolare tra le opere degli ar- tisti dei paesi occidentali. In questo contesto tendenzial- mente di desolazione, spic- cano come residuali barlumi di speranza le poche icone del nostro tempo, sopra tut- te Barack Obama, ritratto da diversi artisti, fin anche co- me novello San Giorgio che avvolto in una bandiera a stelle e strisce trafigge, pro- prio davanti alla Casa Bian- ca, il suo drago (il titolo deldipinto è Yes, We Can) e so- no peraltro due artisti russi, Vladimir Dubossarsky e Ale- xander Vinogradov, gli au- tori dell’opera che fa parte della mostra Danger! Museum esposta a Palazzo Bollani.
Dunque ci si potrebbe aspet- tare di non trovare tracce di quelle forme di cultura, ap- parentemente fissa e immo- dificabile, che il libro invece rappresenta. Ma ovviamente non è così. Come già si po- teva notare nelle precedenti edizioni,1 il libro è quanto mai presente alla Biennale, come soggetto di installazio- ni, soprattutto tra gli artisti che operano al di fuori dei paesi occidentali. Un’intera
location, quella della Fonda- zione Gervasuti, che ospita la presenza nazionale della Corea, è occupata da un’in- stallazione dal titolo “Libra- ry”, creata dall’artista di ori- gine coreana, ma londinese di adozione, Woojung Chun e curata da James Putnam.
Partendo dall’ispirazione del- le parole di Borges nell’inci- pit del racconto La bibliote- ca di Babele, l’artista corea- na costruisce una biblioteca immaginaria con scaffali, ta- voli, stipi e altri oggetti facil- mente “riconoscibili come simboli della conoscenza cer- ta e organizzata”.
Scrive il curatore della mo- stra, James Putnam, nel co- municato stampa ufficiale:
La biblioteca è una potente metafora della conoscenza che evoca immagini di or- ganizzazione, studio, ricer- ca e scoperta. Le biblioteche
Biblioteche in mostra alla 53. Biennale d’Arte
Due immagini di “Library”, installazione di Woojung Chun alla 53. Biennale d’Arte di Venezia
66-67 artifici.qxd 21-10-2009 9:33 Pagina 66
67
Biblioteche oggi – ottobre 2009
sianamente esagonale attor- no a due globi, quasi a vo- ler simbolizzare il tentativo della cultura, della bibliote- ca, di racchiudere e quindi controllare tramite la cono- scenza “certa e organizzata”
il mondo. L’ambiente è ca- ratterizzato da una luce sof- fusa che lascia gli scaffali e gli oggetti in una semioscu- rità simbolo dell’impossibili- tà di raggiungere tutte le ri- sposte e quindi di poter ave- re la piena luce, ma che e- voca anche la descrizione borgesiana della biblioteca di Babele dove la luce che emettono le lampade “è in- sufficiente, incessante”. L’ef- fetto complessivo dell’instal- lazione è particolarmente sug- gestivo.
Il tema della Biennale, Ma- king worlds, “Fare mondi”, sembra tutto racchiuso in questa installazione in cui i mondi vengono “fatti” con la cultura. Come scrive il cu- ratore della 53. Biennale, Da- niel Birnbaum, “un’opera d’arte è una visione del mon- do e, se presa seriamente, può essere vista come un modo di fare mondi”.3Dun- que la visione del mondo di Woojung Chun è forte- mente influenzata dal pote- re della biblioteca e del bi- bliotecario di costruire un ordine all’interno del mon- do, perlomeno di quello cul- turale.
Ma l’artista coreana non è l’unica ad essere stata ispira- ta dalla biblioteca per “fare mondi”. È ancora da Orien- te, da Hong Kong, che arri- va un’altra suggestione bi- bliotecaria. L’artista in mo- stra, il trentaduenne Pak Sheung Chuen, ha cercato di costruire il suo mondo
“perfetto” a partire dalla bi- blioteca, nello specifico la New York Public Library. Nel padiglione “Making (perfect) world”, in Campo della Ta- na all’Arsenale, vi è infatti
un’istallazione intitolata Mea- suring the Size of the Sea Storing in a Library, che è la rappresentazione di una por- zione di mare racchiusa da libri disposti lungo la circon- ferenza. Nel catalogo dell’e- sposizione, l’autore spiega:
Ho trascorso un paio di gior- ni in una biblioteca e ho let- to tutti i suoi volumi, al fine di misurare la grandezza del mare immagazzinato nella biblioteca. Vediamo come ho fatto! È stato quan- do ho trovato per caso un li- bro con un’immagine del mare che riempie la coperti- na o la pagina interna sen- za rispettare i margini, vole- vo prenderlo in prestito quel libro. Poi ho collegato ogni livello dei libri del mare fin- ché non hanno creato la forma del mare. Il concetto di questa opera d’arte deri- va dal nostro immaginario sulla nozione di “un unico”
mare. Quando guardiamo il mare, non possiamo mai scorgere la fine. Non impor- ta da dove lo si osserva, ge- neralmente tutti vedono la stessa cosa. Questa opera
d’arte è stata eseguita presso la Filiale della Biblioteca Pub- blica di Ottendorfer, New York, che conta circa 6.000 libri nella sua collezione, 68 dei quali hanno un’im- magine del mare che non rispetta i margini, e di que- sti 56 sono sulla copertina.4 Questo mare “immagazzina- to nella biblioteca” non può che far pensare alla cono- scenza, anch’essa senza mar- gini e senza fine, tanto che si parla spesso del mare del- la conoscenza. Il tentativo di quest’opera non è dissi- mile da quello di Woojung Chun: racchiudere qualcosa di infinito come il mare, co- me la conoscenza, in uno schema ordinato e organiz- zato rappresentato dalla bi- blioteca. Nell’installazione di Chuen il mare diventa uno spazio delimitato dai libri, dalla forma regolare, la for- ma più simbolicamente per- fetta, il cerchio. L’installazio- ne oltretutto è collocata nel- la New York Public Library dove l’artista ha una sua e- sposizione personale perma- nente intitolata Page 22.
Sono queste le opere più emblematiche di interesse bi- bliotecario in mostra alla Bien- nale, ma non sono le uni- che che hanno a che fare con libri e biblioteche. I libri sono oggetto di diverse in- stallazioni, appesi al soffitto come una sorta di costella- zione oppure disposti alle pareti e sui tavoli o dentro teche. In apparente concor- renza con altre forme di frui- zione dell’informazione e del- la cultura, a cominciare da Google che è oggetto del- l’installazione dell’irlandese Kennedy Browne nella Chie- sa e Istituto di Santa Maria della Pietà, dal titolo Milton Friedman on the Wonder of the Free Market Pencil, co- stituita da 42 pagine stam- pate con le traduzioni di Google “in 41 lingue in or- dine alfabetico in loop con- tinuo, che iniziano e finisco- no in inglese”.
L’arte in movimento e digi- tale si alterna alle forme cul- turali più tradizionali, e non solo per quanto riguarda il libro, ma questa sembra es- sere la caratteristica della cultura odierna e del futuro.
Per “fare mondi” oggi servo- no entrambe, tradizione e modernità, o forse, come re- cita un’iscrizione nell’espo- sizione dell’Arsenale, sem- plicemente la questione è che “più le cose cambiano, più rimangono le stesse, so- lo il passo è differente”.
1Si veda ROSSANAMORRIELLO, Lo spazio sociale della biblioteca.
Appunti sulla 10. Mostra Inter- nazionale di Architettura di Venezia, “Biblioteche oggi”, 25 (2007), 6, p. 13-17.
2 La traduzione dall’inglese è mia.
3<http://www.labiennale.org/
it/arte/esposizione/53_eia.html>.
4 Artist from Hong Kong. Ma- king (Perfect) World, a cura di Tobias Berger, catalogo della mo- stra alla 53. Biennale d’Arte di Venezia, p. 31.
Artifici
66-67 artifici.qxd 21-10-2009 9:33 Pagina 67