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LA GESTIONE DELLA FORESTA DI VALLOMBROSA DAL 1876 AL 2006: ANALISI DELLE CARTOGRAFIE STORICHE

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– L’Italia Forestale e Montana / Italian Journal of Forest and Mountain Environments 67 (6): 449-458, 2012

© 2012 Accademia Italiana di Scienze Forestali doi: 10.4129/ifm.2012.6.01

La gestione della foresta di Vallombrosa ha origini antiche. Dal 1876 al 1970 si sono susseguiti otto piani di assestamento forestale attraverso i quali sono state applicate e sperimentate diverse tecniche colturali.

Nel 2006 è stato redatto dall’Università degli Studi di Firenze il piano di gestione forestale 2006-2025 della Riserva Naturale Statale Biogenetica di Vallombrosa. In tale ambito sono state informatizzate le carte silografiche allegate ai precedenti piani di assestamento al fine di costituire una banca dati storica della foresta di Vallombrosa.

Questo contributo si propone di esaminare gli effetti della gestione operata dal 1876 a oggi sulla distribuzione dei tipi forestali nella foresta di Vallombrosa. A questo scopo è stata eseguita un’analisi multitemporale delle carte silografiche relative agli anni 1876, 1886, 1896, 1923, 1936, 1949, 1960, 1970 e 2006. I risultati evidenziano, come principale conseguenza delle scelte di gestione forestale, la progressiva espansione dei popolamenti puri di abete bianco trattati a taglio raso con rinnovazione artificiale.

Parole chiave: gestione forestale; analisi multitemporale; Vallombrosa.

Key words: forest management; multitemporal analysis; Vallombrosa.

Citazione - Bottalico F., chirici G., travaGlini D., 2012 – La gestione della foresta di Vallombrosa dal 1876 al 2006: analisi delle cartografie storiche. L’Italia Forestale e Montana, 67 (6): 449-458. http://

dx.doi.org/10.4129/ifm.2012.6.01

FRANCESCA BOTTALICO (*) (°) - GHERARDO CHIRICI (**) - DAVIDE TRAVAGLINI (*)

LA GESTIONE DELLA FORESTA DI VALLOMBROSA DAL 1876 AL 2006:

ANALISI DELLE CARTOGRAFIE STORICHE

(*) Dipartimento di Economia, Ingegneria, Scienze e Tecnologie Agrarie e Forestali, Università degli Studi di Firenze, Via S. Bonaventura 13, 50145 Firenze.

(**) Dipartimento di Bioscienze e Territorio, Università degli Studi del Molise, Contrada Fonte Lappone snc, 86090 Pesche (Isernia).

Autore corrispondente; francesca.bottalico@unifi.it; tel: 055 3288621, fax: 055 319179

introDuzione

La gestione della foresta di Vallombrosa ha origini antiche, essa è iniziata ad opera dei mo- naci Benedettini Vallombrosani che a partire dal 1350 hanno favorito la coltivazione dell’abete bianco a scapito del faggio e di altre latifoglie che popolavano i monti del Pratomagno, conferendo alla foresta l’aspetto attuale, caratterizzato dalla forte presenza delle abetine, che sono divenute il tratto fondamentale e caratteristico di questa foresta. I monaci nel 1600 elevarono a sistema i tagli a raso in luogo dei tagli saltuari, sostituendo la rinnovazione artificiale a quella naturale e le conifere alle latifoglie (ciancio, 2009).

La coltivazione dell’abete divenne preponde- rante nel 1645 con la messa a dimora di 29.470 semenzali (GaBBrielli e SetteSolDi, 1985).

Alla fine del Settecento vi erano 34 abetine, la loro età andava dai 35 ai 112 anni e l’estensione doveva essere di circa 200 ettari (GaBBrielli, 2000).

La gestione della foresta rimase ai monaci fino al 1866, anno in cui venne istituita la legge per l’incameramento dei beni delle comunità religiose al Demanio dello Stato. L’Ammini- strazione statale dal 1866 al 1876 ha continuato l’opera di diffusione dell’abete, riducendo pro- gressivamente verso l’alto l’area della faggeta e verso valle quella del castagneto e del querceto

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associato ad altre latifoglie caratteristiche della zona climatica del castagno (Patrone, 1970a).

In seguito e fino al 1970, i principi dell’As- sestamento forestale − elaborati dalla Scuola Fiorentina − sono stati il cardine della gestione.

Dal 1876 al 1970 si sono susseguiti otto piani di assestamento (Tabella 1) in cui sono state spe- rimentate diverse tecniche colturali che hanno modificato la composizione e la struttura dei boschi di Vallombrosa (ciancio, 2009).

I primi tre piani di assestamento (1876-1886- 1896) prendevano in considerazione una su- perficie limitata compresa tra 200 e 300 ha e interessavano le sole abetine presenti intorno all’Abbazia, per le quali prescrivevano il trat- tamento a taglio raso e rinnovazione artificiale posticipata con turno di 80-90 anni. Dal 1896 al 1923 c’è stato un periodo di stasi gestionale in seguito all’emanazione della legge n. 535 del 29 dicembre del 1901 che dichiarava la fore- sta di Vallombrosa stazione climatica in virtù del suo valore estetico, di difesa del paesaggio e dell’importanza turistica, e impediva l’appli- cazione del Piano di Assestamento, vietando il taglio raso.

Il quarto piano elaborato nel 1923 da Di

tella includeva nella gestione, oltre all’a- betina, anche il ceduo e la fustaia di faggio, il ceduo di castagno e la pineta, con una modifica dei limiti di proprietà che diventarono simili a quelli attuali, comprendendo una superficie di circa 1200 ha. Come tecniche colturali, per l’a- betina ritornava a prescrivere il taglio raso con turno però di 100 anni e per la prima volta per

la faggeta proponeva una graduale conversione in bosco misto di abete e faggio.

I boschi di abete dal 1923 al 1970 sono stati gestiti con la tecnica colturale del taglio raso e rinnovazione posticipata con turno di 100 anni.

Con il piano di Patrone del 1960, viene co- stituita la compresa dell’abetina a rinnovazione naturale e per la prima volta a Vallombrosa si cerca di conseguire la trasformazione delle abetine pure in bosco misto di abete e faggio.

Prescrizione confermata con il piano del 1970 (Patrone, 1970b). Con questi piani si ha dun- que un mutamento sostanziale di prospettiva.

Mentre fino ad allora era stato favorito l’abete a scapito del faggio, adesso veniva prescritto l’op- posto. Tale scelta era basata sulla maggiore resi- stenza e resilienza alle avversità biotiche e abio- tiche del faggio rispetto all’abete. Una svolta questa altamente significativa nell’assestamento della foresta di Vallombrosa (ciancio, 2009).

Nel 2006 è stato redatto a cura dell’Univer- sità degli studi di Firenze il piano di gestione forestale 2006-2025 della Riserva Naturale Sta- tale Biogenetica di Vallombrosa. Con questo piano si raggiunge un sostanziale cambiamento di tutti i dettami previsti nei piani precedenti.

Secondo l’assestamento classico, il bosco do- veva raggiungere lo stato normale, fornire un prodotto annuo massimo e pressoché costante e la ripresa doveva essere predeterminata; con il nuovo piano, il bosco è considerato un sistema biologico complesso che assolve e esplica mol- teplici funzioni (ecosystem services), la gestione si basa sui principi del metodo colturale, e

Tabella 1 – Piani di assestamento della foresta di Vallombrosa (ciancio e nocentini, 2000).

Anno Autore Superficie Superficie Trattamento Turno Metodo d’assestamento

totale abetina (anni)

abetina a taglio raso

(ha) (ha)

1876 Giacomelli 217,40 217,40 Taglio raso 80 planimetrico-particellare

1886 Perona 229,31 229,31 Taglio raso 90 planimetrico-particellare

1896 Perona 292,34 292,34 Taglio raso 90 planimetrico-particellare

1923 Di Tella 482,39 482,39 Taglio raso 100 planimetrico-particellare 1936 Patrone 493,45 493,45 Taglio raso 100 divisione in serie di taglio

1949 Patrone 517,56 517,56 Taglio raso 100 planimetrico-particellare

1960 Patrone 680,01 554,98 Taglio raso 100 planimetrico-particellare

1970 Patrone 664,45 445,02 Taglio raso 100 planimetrico-particellare

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sull’utilizzo del criterio della provvigione mini- male (ciancio, 2009).

Nell’ambito del nuovo piano di gestione tutte le carte silografiche storiche allegate ai piani di assestamento sono state informatizzate e inserite in un Geographic Information System (GIS), al fine di costituire una banca dati sto- rica della foresta di Vallombrosa, corredata da numerose informazioni definite a scala di par- ticella forestale.

L’obiettivo di questo contributo è analizzare gli effetti della gestione forestale dal 1876 ad oggi sulla distribuzione dei tipi colturali pre- senti nella Riserva, analizzandone i principali cambiamenti, la loro entità, e la loro distribu- zione spaziale e temporale.

materialiemetoDi

Per analizzare i cambiamenti nella foresta tra il 1876 e il 2006 è stata eseguita un’analisi mul- titemporale in ambiente GIS. Le carte silogra- fiche relative agli anni 1876, 1886, 1896, 1923, 1936, 1949, 1960, 1970, sono state scansionate e georeferenziate nel sistema di riferimento Gauss Boaga Fuso Ovest, Datum Roma 40.

Le diverse mappe particellari sono state digi- talizzate manualmente a video. Per mantenere la coerenza geometrica tra i diversi particellari storici della foresta, la carta silografica del 1970 in formato vettoriale è stata sovrapposta all’im- magine della carta particellare del 1960, poi, con operazioni di editing manuale sono stati aggiornati i confini delle particelle che avevano subìto modifiche tra il 1960 e il 1970, tenendo conto dei nuovi acquisti e delle cessioni avve- nute in questo decennio desunte dai piani. Con la stessa procedura sono state prodotte le altre carte silografiche in formato vettoriale (trava-

Glini, 2009).

Per ogni carta silografica è stato compilato un database in cui sono state riportate le informa- zioni alfanumeriche presenti nei registri parti- cellari dei piani storici.

Questa operazione di informatizzazione ha un particolare rilievo storico culturale in quanto ha permesso di rendere disponibili in formato digitale le diverse cartografie archiviate, in po-

chissime se non in unica copia, presso l’Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Vallombrosa e quindi di difficile consultazione. Grazie alle informazioni alfanumeriche riportate nel data- base, i dati storici della foresta, relativi, tra gli altri, al numero di particella, tipologia di com- presa, età, classe di fertilità, area basimetrica e volume, sono prontamente consultabili attra- verso un GIS e rappresentano un importante archivio storico della foresta.

Nell’ambito del piano di gestione 2006-2025, con l’ausilio dei dati rilevati in campo durante la compilazione delle descrizioni particellari e delle stesse cartografie storiche, è stata prodotta la nuova carta della vegetazione forestale, in cui ogni particella è stata attribuita a una tipologia colturale (travaGlini, 2009).

Per valutare le dinamiche evolutive del pa- esaggio forestale le cartografie storiche sono state confrontate con la nuova carta della ve- getazione forestale attraverso un’analisi di cross tabulation (clark laBS, 2012). L’analisi si è ba- sata sulla rasterizzazione di tutte le cartografie adottando una risoluzione di 5 m. Tutte le carte silografiche sono state riclassificate secondo 5 tipologie colturali: abetina, pineta, bosco misto di latifoglie, castagneto e faggeta, utilizzando le informazioni alfanumeriche riportate nei data- base di ciascuna carta.

L’analisi di cross-tabulation applicata a coppie di immagini diacroniche fornisce un risultato sia tabellare sia spaziale. Nel formato tabellare, il risultato è una matrice che riporta nelle righe e nelle colonne le tipologie colturali presenti nelle due date esaminate, e nelle celle il numero di pixel e l’estensione di ciascuna tipologia di cambiamento. In relazione a tutte le possibili combinazioni diacroniche vengono separate le situazioni di cambiamento da quelle di persi- stenza. L’elaborato cartografico risultante è una mappa delle variazioni in cui per ogni pixel è individuata la tipologia colturale alle date in esame (chirici et al., 2006).

L’analisi di cross tabulation non è stata appli- cata alle carte silografiche relative ai primi tre piani di assestamento (1876, 1886, 1896), poi- ché queste ultime erano riferite solo alla por- zione di abetina presente nell’intorno dell’Ab- bazia e per ciò difficilmente confrontabili con

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le successive a causa della diversa estensione geografica. Per queste cartografie è stata co- munque stimata la superficie dell’abete bianco e confrontata con quella dei successivi piani per mostrarne l’evoluzione.

riSultati

In Tabella 1 è riportata l’estensione della compresa “abete bianco” nei diversi piani di assestamento che si sono susseguiti dal 1876 al 1970. Dall’analisi di questi dati emerge chiara- mente come questa specie sia stata progressi- vamente diffusa a Vallombrosa. Già nei primi tre piani di assestamento si assiste ad un’espan- sione delle abetine da 217 ha nel 1876, a 229 ha nel 1886 fino a 292 ha nel 1896. Questo ampliamento è proseguito senza interruzione fino al 1960 anno in cui l’abete bianco arriva ad occupare 680 ha. L’espansione dell’abetina a Vallombrosa è un fenomeno piuttosto noto, ma attraverso le analisi di cross tabulation è stato possibile identificare le tipologie colturali a scapito delle quali è stato diffuso l’abete e quantificare le entità delle variazioni in termini di superficie.

Analizzando il periodo complessivo tra il 1923 e il 2006, i cambiamenti principali, ripor- tati nella matrice di cambiamento in Tabella 2, evidenziano l’espansione dell’abetina (da 504,6 ha a 684,4 ha) e della pineta (da 9,4 ha a 142,6 ha) e la riduzione dei boschi di castagno (da 245,3 ha a 37,9 ha) e della faggeta (da 400,7 ha

a 201,3 ha). La distribuzione spaziale di que- ste trasformazioni emerge chiaramente dalle mappe riportate in Figura 1 che rappresentano, sulla base della legenda semplificata in 5 tipo- logie colturali, le carte silografiche dei piani di assestamento dal 1876 al 1970.

Esaminando più in dettaglio le trasforma- zioni nella composizione della foresta emer- gono alcuni dati interessanti.

Tra il 1923 e il 2006, 156,8 ha di faggete, pari al 40% della superficie complessiva coperta da boschi di faggio, sono state trasformate in abe- tine. Questo trend di cambiamento è iniziato nel 1923 e si è protratto fino al 1970. Le varia- zioni più significative sono avvenute tra il 1949 e il 1960: in questo periodo, 123,3 ha di faggeta sono stati sostituiti con abetine (Figura 2).

Le altre due tipologie che hanno subito una forte riduzione della loro superficie a scapito della diffusione dell’abete bianco sono rappre- sentate dal ceduo di castagno e dal bosco misto di latifoglie. L’abetina ha sostituito i cedui di castagno su una superficie di 59,5 ha; si deve però segnalare che solo in alcuni casi questo fenomeno è riconducibile all’intervento an- tropico, vista la tendenza dell’abete a diffon- dersi spontaneamente all’interno dei boschi di castagno. I cambiamenti più significativi sono avvenuti nel periodo 1949-1960 (Figura 2): in questo periodo, infatti, il 35% dei cedui di ca- stagno sono transitati nella classe abetina.

Nel 2006, il 13% dei boschi misti di latifoglie presenti nel 1923 sono stati identificati come abetine. Queste trasformazioni, avviatesi a

1923

Tipi colturali Abetina Castagneto Faggeta Bosco misto

di latifoglie Pineta Altro* Totale (2006)

2006

Abetina 451,23 59,50 156,78 8,78 0,00 8,15 684,44

Castagneto 0,00 34,09 0,00 3,17 0,00 0,67 37,93

Faggeta 3,02 0,00 194,50 0,00 0,00 3,78 201,29

Bosco misto di latifoglie 5,57 52,42 4,73 44,18 0,00 3,06 109,97

Pineta 23,68 74,21 26,53 8,07 5,53 4,60 142,61

Altro* 20,94 24,78 18,12 2,08 3,89 34,36 104,17

Totale (1923) 504,44 245,00 400,65 66,28 9,42 54,62 1280,40

Tabella 2 – Matrice del cambiamento 1923-2006 (superfici riportate in ettari).

* La categoria “Altro” comprende le particelle di specie esotiche, le parcelle sperimentali, gli inclusi privati, gli arboreti, vivai e orti.

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partire dal 1936, si sono protratte fino al 1960;

l’entità massima è stata registrata nel periodo 1936-1949, con 5,7 ha di superficie trasformati (Figura 2). Dopo il 1949 non si segnalano varia- zioni significative.

La foresta di Vallombrosa è stata un luogo

in cui spesso sono state introdotte specie non autoctone per esigenze diverse, da quelle scien- tifico-didattiche a quelle produttive; per questi motivi a partire dal 1923 i piani di assestamento hanno previsto la diffusione di pinete di pino nero var. austriaca, pino laricio e pino silvestre.

Figura 1 – Evoluzione delle tipologie colturali nella Foresta di Vallombrosa sulla base delle carte silografiche allegate ai piani di assestamento dal 1876 al 1970.

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Da faggio a abete Da castagno a abete

Da bosco misto a abete

Figura 2 – Ambiti di diffusione dell’abete in sostituzione dei boschi di faggio (a sinistra), dei boschi di castagno (a destra) e dei boschi misti di latifoglie (sotto) fra il 1923 e il 2006. In grigio chiaro sono riportate le aree in cui è stato introdotto l’a- bete bianco, in grigio scuro il cambiamento di superficie più significativo avvenuto per le faggete e i castagneti tra il 1949 e il 1960, per il bosco misto di latifoglie tra il 1936 e il 1949.

Le pinete, che nel 1923 erano presenti su su- perfici limitate (9,4 ha), nel 2006 coprono una superficie di 155 ha. In alcuni casi le pinete sono state introdotte in sostituzione del bosco di abete (circa 23,7 ha). La maggiore trasforma-

zione è avvenuta tra il 1936 e il 1949 quando le pinete hanno sostituito 17,7 ha di abetine (Figura 3).

Nel periodo 1923-2006 una superficie di 26,5 ha di faggeta è stata soppiantata da pineta. Con l’applicazione del piano di Patrone del 1949 si sono avute le maggiori variazioni di superficie, 16,2 ha di faggeta sono stati sostituiti da pineta (Figura 3) e nel 1960 si prescriveva per le fag- gete con provvigione molto bassa la parziale sostituzione con l’introduzione di pino laricio;

queste sostituzioni tra faggio e pini erano ini- ziate già con il piano del 1936 e sono proseguite fino al 1960, dopo questa data la superficie di pineta derivata da faggeta è rimasta stabile fino al 2006.

Le pinete di pino laricio e silvestre rappre- sentano la tipologia colturale con cui sono stati maggiormente sostituiti i castagneti. In partico- lare, le pinete sono state introdotte a partire dal

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Da abete a pino Da castagno a pino

Da faggio a pino Da bosco misto di latifoglie a pino

Figura 3 – Specie su cui ha influito l’espansione della pineta fra il 1923 e il 2006. In grigio chiaro sono riportate le aree in cui è stato introdotto il pino, in grigio scuro il cambiamento di superficie più significativo avvenuto per le abetine e i boschi misti di latifoglie nel periodo 1936-1949, per i castagneti tra il 1923 e il 1936, per le faggete tra il 1949 e il 1960.

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1923 arrivando ad occupare nel 2006 74,2 ha di ex castagneti. L’entità maggiore di queste va- riazioni si è avuta tra il 1923 e il 1936 con 49,8 ha, il 20,32% della superficie totale (Figura 3).

L’altro cambiamento da evidenziare è quello che ha portato alla trasformazione di 8,1 ha di latifoglie in pineta. Questa trasformazione è iniziata nel 1936 e si è protratta fino al 1970, con un’intensità abbastanza costante di circa 2,1 ha nei tre periodi presi in esame (1936- 1949; 1949-1960; 1960-1970). La massima va- riazione si è avuta tra il 1936 e il 1949 con 6,6 ha trasformati in pineta (Figura 3).

La porzione di cedui misti di latifoglie pre- senti nel 1923 e conservatisi fino al 2006 come

soprassuoli transitori, essendo ormai cedui che hanno oltrepassato da molti anni il turno consuetudinario di utilizzazione, ammonta a 44,2 ha.

Analizzando la persistenza di ciascun tipo colturale esaminato, si nota che con il susse- guirsi dei diversi piani di assestamento tra il 1923 e il 2006, su circa 600 ha si sono verificati cambiamenti, mentre su circa 700 ha il tipo colturale è rimasto invariato (Figura 4). È inte- ressante osservare come il nucleo delle abetine storiche intorno all’Abbazia di Vallombrosa su una superficie pari a 430 ha si sia preservato pressoché invariato fino al 2006. I maggiori cambiamenti si sono verificati a carico delle

Figura 4 – Mappa della persistenza (1923-2006), maggiori informazioni nel testo.

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faggete, nella parte est della Foresta, dove la superficie rimasta invariata risulta di soli 185 ha, e a carico dei castagneti e dei boschi misti di latifoglie, nella parte ovest dell’attuale ri- serva, che si sono conservati rispettivamente su 23 e 42 ha.

DiScuSSioneeconcluSioni

Dall’analisi dei piani storici e dai risultati otte- nuti mediante l’analisi cartografica emerge che la gestione operata nella foresta di Vallombrosa negli ultimi 130 anni ha comportato sostanziali modifiche nel paesaggio forestale.

Il dato più significativo è sicuramente l’e- spansione dei popolamenti puri di abete bianco a rinnovazione artificiale, che ormai sono dive- nuti il simbolo stesso della foresta. Le abetine coltivate in purezza, trovandosi al limite dell’a- reale, sono state spesso colpite da marciume ra- dicale. A partire dal 1960 e poi nel 1970, sono state eseguite piantagioni e sottopiantagioni di conifere e latifoglie per favorire la rinnovazione naturale dell’abete bianco, cercando così di co- stituire popolamenti misti, più stabili, e capaci di autoperpetuarsi. Oggi, nei soprassuoli di abete di età più avanzata, si assiste spesso all’in- gresso spontaneo di altre specie come il faggio e l’acero di monte.

L’altro cambiamento importante operato dalle scelte passate ha riguardato l’introdu- zione alle quote più basse delle pinete di pino nero (var. austriaca) e pino laricio. In alcuni di questi popolamenti si osserva oggi l’ingresso spontaneo delle latifoglie che contribuiscono ad accrescere il livello di biodiversità di questi soprassuoli di origine artificiale.

In questa ottica il nuovo piano di gestione 2006-2025 prevede 3 indirizzi principali: la conservazione delle abetine storiche, l’evolu- zione naturale in una parte della Riserva e la rinaturalizzazione di gran parte della foresta di Vallombrosa.

È interessante osservare come vi sia un le- game tra gli indirizzi gestionali proposti dal nuovo piano di gestione e l’evoluzione che i tipi colturali hanno subìto nel tempo. In particolare la porzione di abetine per cui il piano prevede

la conservazione attraverso l’istituzione del Sil- vomuseo racchiude proprio il nucleo di boschi di abete preservatesi invariate dal 1876 fino al 2006. Le zone per cui invece è prevista la pre- servazione attraverso l’evoluzione naturale dei popolamenti comprendono, nella zona com- presa tra il Paradisino e il Monte Secchieta, faggete conservatesi dal 1923 ad oggi su super- fici pressoché invariate e nello stesso tempo so- prassuoli che hanno subito diversi cambiamenti e che oggi presentano interessanti dinamiche evolutive al loro interno.

rinGraziamenti

Si ringraziano Alberto Bronzi e Luigi Barto- lozzi per avere messo a disposizione le copie originali delle carte silografiche storiche della foresta di Vallombrosa. Inoltre, si ringraziano Roberto Scotti e Giuseppe Garfì per l’acqui- sizione digitale della carta silografica del 1970, Alessandro De Falco per avere collaborato all’informatizzazione delle carte silografiche del 1936 e del 1950, Sergio Farini per avere re- visionato la toponomastica della carta del 2006.

Grazie a Paola Brundu e Nicola Puletti per avere collaborato alla informatizzazione delle carte silografiche del 1876, 1886, 1896, 1923 e 1960. Infine, un ringraziamento particolare ad Orazio Ciancio e Susanna Nocentini per il con- tinuo supporto scientifico.

SUMMARY

The forest management of Vallombrosa from 1876 to 2006: analysis of forest maps The Vallombrosa forest (Florence, Italy) has a long management history. From 1876 to 1970 eight forest management plans were draw-up which prescribed various silvicultural systems. In 2006 a new forest management plan was prepared by the University of Florence and the forest type maps of past management plans were digitally acquired to create a historical geodatabase of the forest. This paper examines the influence of past forest management choices on forest type distribution in the Vallombrosa forest. To do this a multitemporal analysis was performed using a GIS to compare the forest type maps.

Results show that pure silver fir forests expanded as a consequence of forest management choices while broadleaved forests (e.g., beech) were largely replaced by fir.

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