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Primo Conti nelle Imbottigliature (1917): immagini dai fronti interni

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propagande dans les villes italiennes de l'arrière (1915-1918)

Primo Conti nelle Imbottigliature (1917): immagini dai fronti interni

Primo Conti in Imbottigliature (1917): images from the Home Fronts

Tania Collani

Edizione digitale

URL: http://journals.openedition.org/cdlm/10000 ISSN: 1773-0201

Editore

Centre de la Méditerranée moderne et contemporaine Edizione cartacea

Data di pubblicazione: 15 dicembre 2018 Paginazione: 91-100

ISSN: 0395-9317

Notizia bibliografica digitale

Tania Collani, « Primo Conti nelle Imbottigliature (1917): immagini dai fronti interni », Cahiers de la Méditerranée [En ligne], L'autre front / Il fronte interno. Art, culture et propagande dans les villes italiennes de l'arrière (1915-1918), Dossier : L'autre front / Il fronte interno. Art, culture et propagande dans les villes italiennes de l'arrière (1915-1918), mis en ligne le 17 juin 2019, consulté le 21 juin 2019.

URL : http://journals.openedition.org/cdlm/10000

Questo documento è stato generato automaticamente il 21 giugno 2019.

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Primo Conti nelle Imbottigliature (1917): immagini dai fronti interni

Primo Conti in Imbottigliature (1917): images from the Home Fronts

Tania Collani

1 Sulla copertina della prima edizione di Imbottigliature (Edizioni de L’Italia futurista, 1917), l’immagine stilizzata di un ventaglio a strisce bianche e blu entra in consonanza con il titolo sovrastante della raccolta e sembra prendere le sembianze di un imbuto. Con questo oggetto di uso quotidiano associato all’azione dell’imbottigliare, Primo Conti ha istillato in quest’opera giovanile una serie di esperienze che avevano interessato gli anni compresi tra il 1913 (data della mostra sul futurismo organizzata da Lacerba a Firenze e in occasione della quale un Conti nemmeno adolescente incontra Marinetti) e il 1917, anno della sua adesione al futurismo che, però, nel frattempo, aveva perso parte della sua retorica belligerante, per adagiarsi, almeno a Firenze, città del fronte interno, in un’atmosfera di sospensione.

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Figura 1. Copertina di Primo Conti, Imbottigliature (1917)

2 Il volumetto di Imbottigliature sollecita almeno tre piste di lettura, che permettono di trarre dalla metafora del “mettere in bottiglia” un’essenza che sintetizza il profumo di quegli anni di guerra. Prima di tutto, proprio l’idea di “fronte interno” e della conseguente atmosfera di attesa che caratterizza le città italiane lontane dal fronte, dalla guerra di trincea. In secondo luogo, la distinzione di massima tra il futurismo milanese e il futurismo fiorentino: infatti, l’influenza esercitata su quest’ultimo dal clima intellettuale della rivista Leonardo sottolineava il divario tra le due tendenze, conferendo alla variante fiorentina una postura rurale schiettamente diffidente nei confronti dei boati e dei ruggiti imperturbabilmente progressisti di Marinetti. Infine il ruolo della rivista fiorentina L’Italia futurista e il senso stesso di un “secondo futurismo” corroborano ulteriormente la definizione di Imbottigliature come raccolta di esperienze precedenti, destinate ad essere archiviate e storicamente superate.

3 Imbottigliature sarebbe dunque il frutto di una congiuntura molto particolare: opera futurista, sicuramente. Ma di quel futurismo fiorentino de L’Italia futurista, retoricamente sempre molto favorevole alla guerra, a una guerra che tuttavia aveva cambiato aspetto:

non si trattava più di una prospettiva utopica proiettata nel futuro, quanto piuttosto di una specie di pantano nel quale l’Europa stava affondando da tre anni (l’Italia da due) e che non offriva nemmeno lontanamente lo spettacolo sperato in termini di azione, visto che si trattava di una guerra di trincea e di attesa. Imbottigliature è quindi l’incarnazione perfetta della stasi di questa città dell’interno: la guerra è presente e, nonostante tutto, lontana, confusa nell’atmosfera che non è più esclusivamente paroliberista o interventista. Il fronte interno coincide, per diversi aspetti, con il fronte interiore, e dunque con una scrittura che ritrova un’ispirazione nell’esplorazione spirituale e personale, conciliando le pulsioni collettivizzanti (provenienti dalla guerra e dal futurismo) con quelle individuali.

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Il «fronte interno» e L’Italia futurista

4 La prima guerra mondiale non è la guerra di movimento auspicata e prende rapidamente le sembianze di una guerra di posizione. Anche per questo si viene a creare una frattura tra i soldati e i civili che abitavano nelle città e che, generalmente, avevano solo un vago sentore delle vicende del fronte. «I civili, per quanto lavorassero di immaginazione, non erano in grado di farsi un’idea adeguata dei campi di battaglia»1, scrive Antonio Gibelli prima di definire i concetti correlati di “fronte interno”, “nemico interno” e “zona di guerra”, espressioni coniate per far conoscere il gergo del fronte nelle città non toccate direttamente dal conflitto, con l’intento di mantenere anche gli animi distanti in costante mobilitazione. L’espressione “fronte interno” entra prepotentemente nell’immaginario popolare, diffondendosi persino nella pubblicità, nelle canzoni e nelle vignette. Pensiamo alla sequenza di illustrazioni che Antonio Rubino dedica a «La guerra vista dal fronte interno», pubblicata nella rivista di trincea La Tradotta (1918), dove si prende gioco delle comodità del cosiddetto “fronte interno” attraverso la caricatura di un borghese elegante e panciuto, con tanto di panciotto e bombetta che esulta e si commuove, stando a casa, per le notizie lette sul giornale riguardanti il fronte: «Sembra lui, dal portamento, il padron del Tagliamento» e «Poscia piange di letizia di Trieste alla notizia». Per poi finire, non senza una punta di macabra ironia, davanti all’altare di «San Fante», unico protagonista del vero fronte, per ringraziarlo delle imprese compiute: «e commosso ed esultante corre a render grazia al Fante»2.

Figura 2. Antonio Rubino, «La guerra vista dal fronte interno», La Tradotta, I, no 18, 7 novembre 1918, p. 4

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5 Sarebbe proprio l’avvento della prima guerra mondiale a costituire il momento di passaggio tra il primo e il secondo futurismo (del quale farebbe parte la versione fiorentina): questa è la posizione di Giacomo Properzj, che situa l’autentico movimento avanguardista prima del conflitto, distinguendolo dall’appendice postbellica animata soprattutto dalle avventure politiche e umane di Marinetti3. Non dimentichiamo che con la guerra alcuni artisti lasciano il futurismo, alcuni per migrare verso la metafisica (Carlo Carrà) altri verso il nascente dadaismo (Julius Evola, lo stesso Primo Conti); senza contare coloro che perdono la vita nel conflitto (Boccioni e Sant’Elia).

6 L’Italia futurista, organo del futurismo fiorentino tra il 1o giugno 1916 e il 27 gennaio 1918, dedica uno spazio notevole all’esperienza bellica e Imbottigliature è pubblicato proprio per le Edizioni de L’Italia futurista, dirette da Maria Ginanni, che scrive anche la prefazione al libro. Marinetti, che si trova in quegli anni nella zona di guerra, scrive regolarmente per la rivista, contribuendo alla sedimentazione delle contrapposte realtà di fronte interno ed esterno. Il primo numero della rivista si apre significativamente con un articolo impegnato di Emilio Settimelli, che descrive l’atmosfera del fronte interno e prospetta la necessità di azione coordinata per riemergere dallo stallo di una guerra che si stava annunciando più lunga del previsto:

Sul principio della nostra guerra si è creduto che il più sacro, anzi l’unico dovere di tutti fosse quello di sospendere ogni lavoro non direttamente consacrato ad essa. […

] Ma ora le cose sono molto cambiate. La guerra dura da un anno ed ha un carattere diverso dal preveduto. […] L’Italia continua la sua vita multiforme e gagliarda. I treni, i teatri, gli hotels, le vie, i caffè sono rigurgitanti. Il commercio e le industrie trovano il modo di fiorire. La vita si è opportunamente modificata ma non è cessata, batte anzi con fiera e singolare potenza. […] E l’Italia non è tutta quanta al fronte. E non ci deve essere e non ci può essere. La maggioranza degli Italiani è sempre qua dentro nelle nostre città meravigliose e per questa maggioranza la nostra propaganda futurista non sarà mai troppa. […] L’Italia futurista sarà il primo giornale dinamico italiano. Avrà dei redattori combattenti, degli abbonati in trincea, dei critici in cantina (al sicuro dagli aeroplani), dei propagandisti aviatori. Correrà dal fronte all’interno e sarà compilato e discusso al fronte, nella caserma, nell’ospedale, nella trincea4.

7 Come sottolinea anche Luciano Caruso, L’Italia futurista è percorsa da una vena che sottolinea costantemente il suo carattere di periodico del fronte interno e la porta ad allargare i suoi interessi ben al di là del paroliberismo, per dedicarsi a esperienze e riflessioni sull’orfismo e sull’onirismo – lo stesso Primo Conti si soffermerà, ad esempio, sul concetto di «sub-realtà» e sulle dimensioni che trascendono la realtà tout court 5. Questa guerra, seppure in lontananza, ha dunque delle ripercussioni a livello della creazione, e porta a una specie di sdoppiamento nei testi pubblicati ne L’Italia futurista: da una parte i testi teorici, che rimangono sempre intrisi della retorica pro-bellica e belligerante; dall’altra le scritture poetiche, che derivano sempre di più verso l’atmosfera di sogno:

Circola nella rivista fiorentina una strana atmosfera di sospensione e di attesa, come se qualcosa di formidabile stesse per accadere, e che poi questo coincida con le aspettative connesse alla conclusione vittoriosa della guerra e agli eventi quasi di palingenesi individuale e sociale che devono seguirne, non è un caso, ma appartiene nel bene e nel male anche questo al Futurismo. L’essersi posta come «fronte interno», sia in senso artistico che politico, con il compito di fare opera di propaganda, se chiarisce il senso dell’attesa la mortifica anche, in qualche modo, e si avverte un’angustia di scrittura che non riesce ad essere riscattata neppure dalla presenza delle «tavole parolibere», che nell’economia della rivista rimangono come

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un’appendice estranea, una concessione fatta a Marinetti, malgrado alcuni esiti davvero superbi6.

8 Riprendendo l’idea di Luciano Caruso sulla «tendenza orfica» de L’Italia futurista, Marino Biondi ne sottolinea tuttavia la mancanza di una vera e propria unità di ispirazione, che imputa soprattutto alla necessità politica di continuare ad essere una rivista engagée del fronte interno, attiva nel mantenimento della partecipazione emotiva alla guerra. Si potrebbe senz’altro affermare che L’Italia futurista appare implicata su due fronti contemporaneamente: il fronte bellico e il fronte spirituale, che si impongono come due emergenze che i poeti ed artisti della rivista fiorentina cercano di fronteggiare all’unisono:

Le scelte di Ginna, Corra, Ginanni, Chiti, in parte Settimelli, vanno in direzione di una scrittura orfica con una propensione all’occultismo e al magico, grottesco (ignoto), lenti con le quali gli autori cercano di leggere tutta la realtà, mentre cercano di porsi come gruppo egemonico di tutta l’avanguardia, in opposizione a Lacerba che aveva tradito e abbandonato il campo. Si avverte nella rivista un’atmosfera di sospensione e di attesa, con forzature simboliste in direzione di visionarietà, ma senza la salda concettualizzazione che sarà del Surrealismo. La guerra vi ha un ruolo troppo marcato e non poteva essere altrimenti, nel corso dei lavori e nella qualità delle attese, che anch’esse dalla guerra sono condizionate.

L’Italia futurista si pone come un fronte interno, con un compito massiccio e pletorico di propaganda7.

Imbottigliature, Marinetti e il secondo futurismo

9 Imbottigliature è un romanzo futurista? La domanda ha già trovato un’ampia risposta nello studio che Luca Somigli dedica nel 1999 alla raccolta di Primo Conti8 e che segue la pubblicazione dell’antologia edita da Alessandro Masi nel 1995 (Zig Zag. Il romanzo futurista ), nella quale è riproposto il testo integrale di Imbottigliature. Innanzitutto, è evidente che Imbottigliature non è un vero e proprio romanzo, quanto piuttosto una raccolta di frammenti, in gran parte pubblicati precedentemente in rivista e sprovvisti di un’unità d’insieme o di una narrazione tradizionale – vi si trovano frammenti di prosa poetica, tavole parolibere, frammenti di diario e poesie. Come è consuetudine per i testi dell’avanguardia, le Imbottigliature di Primo Conti presentano una smaccata tendenza all’ibridazione dei generi, un’inclinazione per il collage e una propensione estetica per quello che si potrebbe definire il procedimento del «fotogramma letterario».

10 Certo è che la partecipazione attiva di Primo Conti a L’Italia futurista e il suo forte legame d’amicizia con Marinetti inquadrano il testo in una cornice anagraficamente futurista. Il rapporto tra Conti e Marinetti si instaura proprio a partire dal giugno 1917, quando si incontrano a Napoli (Marinetti era a Posillipo per curare le sue ferite della battaglia di Kuk), e si prolunga in altre e diverse occasioni. Primo Conti ha 17 anni e Marinetti lo descriverà qualche tempo dopo, nel 1920 più precisamente, come un giovane «gonfio di speranze, inquieto», nonché «debole, quasi nevrastenico […] ammuffito nell’ovatta famigliare tra i ventagli di troppe gonne, mamma, sorelle, pieno di terrori, delusioni, fobie, allucinazioni ad occhi aperti…»9. La permanenza di Conti tra le fila del futurismo non è stata di sicuro tra le più durature: non mancherà di soccombere al fascino esercitato via via dalle nuove tendenze artistiche e letterarie (cubismo, fauvismo e dadaismo). Ma, come scrive giustamente Gabriel Cacho Millet, Conti non ha mai rotto col gruppo futurista e, pur ponendosi caratterialmente «agli antipodi della sventatezza

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geniale di Marinetti»10, ha sempre saputo riconoscere l’originalità delle varie posizioni, cercando di far tesoro, volta per volta, delle scelte più geniali.

11 Nel 1917, Marinetti capisce che è politicamente fondamentale rinsaldare le “truppe”

futuriste rimaste nel fronte interno, soprattutto per non perdere terreno presso il pubblico, e vede nel giovanissimo Primo Conti, risparmiato dalla mobilitazione militare fino al 1918 per ragioni d’età, un’occasione per ringiovanire le fila dei suoi sostenitori. Il 19 novembre 1917, Marinetti scrive a Conti una lettera molto entusiasta a proposito di un testo che, a ben vedere, non trabocca in realtà dei principi futuristi dei primi anni 10:

Carissimo Conti, / Ho letto la tua originalissima Giostra delle donne. Bravo! Sono felice di saperti nella nostra “Italia futurista”. […] Per il futurismo della nostra cara unica Italia! / Ti abbraccio tuo / F.T. Marinetti11.

12 Ed è in questo senso che Marinetti sarà coerente con la sua prerogativa di capitano del futurismo nel voler ricondurre al futurismo iniziative anche poeticamente distanti dalle prime sperimentazioni, arrivando a spingere l’esperienza del movimento addirittura nelle contrade dell’orfismo di matrice romantica considerato, fino a qualche anno prima, come l’apice della decadenza passatista. «Imbottigliature rivela così una meravigliosa sensibilità parolibera, la forte veloce profonda simultanea sensibilità divinatrice dei geni futuristi che rinnovano l’Arte italiana»12, scrive Marinetti nel 1920, ingigantendo senz’altro l’importanza delle tavole parolibere della raccolta di Primo Conti. Marinetti evita di soffermarsi sul sottotitolo della pubblicazione – Sono misure e straripamenti spirituali –, perché ciò lo porterebbe fuori dal tracciato futurista, verso un fronte interiore che non interessa, preso com’è nella sua battaglia per difendere il territorio conquistato dal futurismo dopo il 1909.

13 Luca Somigli vede nel sottotitolo un’influenza delle Avventure spirituali (1916) di Settimelli

13; e di sicuro vi si potrebbe ritrovare anche il fulcro del lavoro successivo e inedito di Primo Conti, ovvero Arruolamenti spirituali, un diario di guerra che terrà a partire dall’arruolamento, nell’aprile 1918, nel 3o Reggimento Genio telegrafisti, 6o Gruppo, Mantova. Anche nei confronti di questa seconda opera, Marinetti dimostrerà un grande interesse, andando a confondere persino il senso del dovere di un soldato dell’esercito e di un soldato del futurismo, come è testimoniato da un’altra lettera inviata dalla «Zona di guerra», il 1o maggio 1918:

Carissimo Conti / Mandami le tue pagine di soldato. Ricordati che l’ora è decisiva per l’Italia e per noi, nuovi italiani! Tutti devono fare il loro dovere. […] Tutto tutto perché sia salva[.] L’Italia nostra di domani che sarà futurista14.

14 E nei suoi appunti del 12-13 luglio 1918, Marinetti trascrive un frammento di un incontro a tre, Marinetti, Conti e Palazzeschi, svoltosi dopo il trasferimento di Conti dalla Caserma di Mantova a quella del Carmine a Firenze:

Poi [Palazzeschi] soggiunse:

– Cosa aspetta lei per imboscarsi?

– Io no! Mi trovo male qui [a Firenze dove Conti era stato trasferito per malattia].

Spero presto di andare al fronte.

– Ci fa un calduccio lassù! Dice Palazzeschi!!!

Parlo con Conti di Futurismo […]. In cantina con Conti mangiammo uova al tegame.

Stupore di vedere un tenente mangiare con un soldato in cantina15!

15 Per contaminazione quasi naturale in questi anni, i gradi militari hanno ripercussioni anche nelle gerarchie della vita: il tenente e il soldato, il capo del futurismo e la nuova recluta che deve ancora farsi le ossa interagiscono, pur seguendo traiettorie e finalità diverse. Marinetti ha sicuramente delle reticenze nei confronti della recluta Conti, ma la

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nuova linfa era essenziale alla causa futurista per conquistare ed assicurarsi un capitolo della Storia.

Imbottigliature: echi dal fronte interno

16 Imbottigliature è dunque, e per più aspetti, un’opera appartenente all’immaginario e alla sensibilità del fronte interno, così come Arruolamenti spirituali avrebbe dovuto essere l’opera di Conti che si affacciava sul vero fronte, quello delle zone di guerra, un «organico superamento di Imbottigliature»16, avrebbe scritto lo stesso Conti a Giuseppe Raimondi, il 29 maggio 1918. In entrambi i casi si evince però l’importanza della dimensione spirituale e individuale di questo enfant prodige, per il quale l’entrata nel mondo dell’arte e della letteratura coincide con la prima guerra mondiale17. Riprendendo la lettura della raccolta fatta da Gabriele-Aldo Bertozzi, si può senz’altro dire che Imbottigliature risente della cultura già protesa verso la Francia di Primo Conti, fattore che gli permette da una parte di prendere «le distanze da una stretta osservanza del movimento»18 futurista e, dall’altra, di continuare a beneficiarne del sostegno, visto che i futuristi hanno bisogno di nuove forze. E non è un caso che negli annunci di pubblicazione di Imbottigliature, sia sempre la foto del giovanissimo Conti a essere utilizzata come illustrazione19. È questa stessa giovinezza ad essere associata alla naturalezza e freschezza che emanano dalle pagine di Imbottigliature, nel commento che Soffici fa del libro in una lettera inviata a Conti il 28 dicembre 1917:

Caro Conti,

Lessi il suo libro Imbottigliature le dirò le mie impressioni secondo [quanto] le promisi.

Il libro è buono più di quanto mi fossi immaginato. C’è una maturità di pensiero e di senso dell’arte che davvero stupisce pensando alla grande giovinezza dell’autore.

Qualità principale è la naturalezza, la diretta espressione della realtà, il contatto sincero ch’ella dimostra di avere con la natura.

Credo che lavorando nello stesso senso, arricchendo le sue sensazioni ed approfondendo la sua arte, farà qualcosa di importante20.

17 In Imbottigliature, pubblicato a Firenze nell’«anno di guerra 1917»21, come è precisato nella chiusura della raccolta, la guerra appare nelle vesti di un’onnipresente «emozione- realtà», come il poeta stesso suggerisce nella prosa intitolata «Metto i limiti», la cui intenzione resta quella del sottotitolo, ovvero misurare e provare a rendere comunicabili gli «straripamenti spirituali»: «Non è così che nel pulviscolo della sera i cocomeri spaccati nell’ombra esplodono in canzoni patriottiche lungo la via?»22. Dalle canzoni patriottiche alle dediche agli scrittori-soldati e ai compagni morti durante il conflitto – «A Boccioni, al fratello vivo nella nostra vita»23; «A Corrado Pavolini, scrittore toscano e soldato d’Italia»

24; «Alla grandezza futurista di Ardengo Soffici, tenente di fanteria»25; «Al fratello Marinetti, formidabile avanguardia italiana»26 –, per arrivare a figure sbiadite di un’Italia interventista e di ufficiali che hanno abbandonato l’uniforme per l’accappatoio: i «Fiori tricolori» e il «Cuore italiano» della «Mattinata italiana e canto per una pittura burlona»27

; «Bandierina sperduta sogno di una giovinezza più rossa»28; il frammento del diario del 14 ottobre delle «Pagine sentimentali», dove scrive esplicitamente: «Dopo tanti giorni ho rivisto Gemma sulla passeggiata. Era con sua madre e l’ufficiale che ebbe la potenza di ingelosirmi quando fumava in accappatoio azzurro sui parapetti dello stabilimento»29. Nonché la caricatura del tedesco nella prosa eponima «Imbottigliature», dove si può leggere: «Tedescheria. Per capire un tedesco: fare la caricatura della sua circonferenza e

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calcolarne il peso»30. E un passaggio forse vagamente più incalzante dal punto di vista della retorica, nella prosa finale dedicata a Marinetti:

È una rete che tappezza lo spazio attorno al vuoto lasciato dal nostro passo soldato […]. Sono mattini che si schiantano come cristalli di un fatalismo impreveduto – parole azzurre che si struggono sul nostro eroismo sanguinante, come il nevischio a contatto della carne, / ci risolleveremo al luccicare delle trombe ammaccate, / e ci piacerà la grandezza di aver sofferto di più31.

18 Alla luce di tutti questi frammenti sparsi di una guerra lontana, Imbottigliature è davvero un testo del fronte interno: la guerra è resa come se fosse vista attraverso una bottiglia e, al contempo, i paratesti (nella fattispecie le dediche) rimandano ai futuristi fiorentini, morti o mobilitati nelle zone di guerra. Sono forse proprio queste bottiglie vagamente antropomorfe, unità di misura ma anche messaggere, che avevano stimolato il Primo Conti delle Imbottigliature. Prendiamo l’ultimo frammento della prosa eponima, intitolato per l’appunto «Bottiglie»:

Bottiglie

Senza ragione è questo alitare frangiato, questo salire circolare di sensazioni:

Oh!, le idee disordinate, imbrancate da zingari frettolosi;

le idee bianche che passano gli orli con indifferenza goffa che non sa celare lo smarrimento dell’ora!

Non penso a me; è un’ala di luce che si spunta contro un cristallo deciso.

Umiliata la nostra crespa ineleganza per l’evidenza di troppe bottiglie in fila32.

19 Tra il 1914 e il 1917, Primo Conti porta a termine una serie di quadri che hanno come soggetto proprio delle bottiglie – Natura morta con frutta, giornale e bottiglia (1914), Fiaschetto, bricco bianco e fagioli (1916), Fiasco e carte da gioco (1917), Fiaschetto, uova e formaggio (1917), Bottiglie nere e vasetto di terracotta (1917)33 –, quasi volesse conferire alla bottiglia il valore di paradigma, come già Rabelais aveva fatto a proposito della «dive bouteille» che «tient toute vérité enclose». E forse varrebbe la pena riprendere la metafora iniziale dell’immagine stilizzata del ventaglio/imbuto della copertina della prima edizione di Imbottigliature, per chiederci cosa ha voluto imbottigliare il giovane poeta Primo Conti, pubblicando questo testo nel 1917. La risposta viene proprio da Primo Conti che, nelle sue memorie tardive e dialogate con Gabriel Cacho Millet, ripercorre proprio gli anni della guerra e del fronte interno, e, per rievocare i profumi e le sensazioni di quel periodo, ricorre proprio all’immagine delle bottiglie:

Esperienze ormai vicine al Futurismo si alternavano nel silenzio delle cose con una maturazione dal di dentro e, al tempo stesso, con un ritegno poetico che assottigliava la materia pittorica ai limiti della rarefazione. Così i «rosa-giovane- sposa» e i «bianchi vetrini» del Fiaschetto uova e formaggio, così il «carnevale sotto vetro» del Fiasco e carte da gioco che sono ancora nella collezione Contini. […]

− Vorresti dire, quindi, che il clima della guerra, la solitudine alla quale ti trovavi condannato dalla partenza per il fronte di quasi tutti i tuoi amici, non entrassero nelle opere che facevi? Che non ci fosse sofferenza in quella «pace» del tuo studio?

− Nelle nature-morte che ti ho descritto pocanzi, la presenza di Soffici – specie nel Fiasco e carte da gioco – si stava riassorbendo in una solitudine che faceva affiorare dal profondo, sempre più asciutta e perentoria, la mia personalità.

C’era, in quelle mie cose, la presenza di un Soffici allusivo, caricato di tutto il peso di quel mio marciare all’aperto in una Firenze vuota, dove la guerra aveva spazzato tutto. Nei miei sogni di allora avvertivo un dolore e una incertezza mai vissute da quel Soffici che mi ero abituato ad amare34.

20 Raccolta dell’entrata in letteratura e al tempo stesso della transizione, primo tuffo nell’orfismo solo in parte consapevolmente adottato, Imbottigliature è il tentativo di un

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giovane poeta voyant, di fare lo stato dell’arte e costruire le basi di una poetica e di un’estetica personali. L’atmosfera del fronte interno è il referente immediato di questa raccolta, causa ed effetto della sospensione e della ricerca di un rifugio nel sogno e nella riflessione, benché il poeta voglia impegnarsi ancora nella dimensione collettiva bellica e futurista.

NOTE

1. Antonio Gibelli, La Grande Guerra degli italiani (1915-1918), Milano, Sansoni, 1998, p. 172.

2. Antonio Rubino, «La guerra vista dal fronte interno», La Tradotta, no 18, 7 novembre 1918, p. 4.

3. Cf. Giacomo Properzj, Breve storia del futurismo, Milano, Mursia, 2009.

4. Emilio Settimelli, «L’Italia futurista», L’Italia futurista, no 1, giugno 1916, p. 1.

5. Si veda Primo Conti, «Ali italiane e piedi tedeschi. Agli aeroplani d’Italia», L’Italia futurista, no 37, 15 gennaio 1918, p. 2: Primo Conti, che si firma «futurista» in questo articolo, parla di una « concezione di sub-realtà», riferendosi alle azioni di creazione, critica e percezione della realtà da parte degli artisti (soprattutto futuristi); nello stesso contesto, Conti fa un’apologia del genio, che deve trascendere le inutili velleità particolaristiche: «Anzitutto crediamo che bisogna esser geniali».

6. Luciano Caruso, «Il “fronte interno” de L’Italia futurista (Firenze 1916-1918)», in L’Italia futurista , a cura di Luciano Caruso, Firenze, SPES, 1992, p. 8-9.

7. Marino Biondi, «Verso l’ignoto. Direzioni di marcia del futurismo fiorentino da Lacerba a L’Italia futurista», in Firenze futurista. 1909-1920, a cura di Gloria Manghetti, Firenze, Edizioni Polistampa, 2010, p. 66.

8. Luca Somigli, «Imbottigliature di Primo Conti: un romanzo futurista?», Forum Italicum: A Journal of Italian Studies, no 33, settembre 1999, p. 337-351.

9. Filippo Tommaso Marinetti, Taccuini. 1915-1921, a cura di Alberto Bertoni, Bologna, Il Mulino, 1987, p. 499.

10. Primo Conti, La gola del merlo, memorie provocate da Gabriel Cacho Millet, Firenze, Sansoni, 1983, p. 424.

11. Primo Conti, Filippo Tommaso Marinetti, Nei proiettori del futurismo. Carteggio inedito 1917-1940, a cura di Gabriel Cacho Millet, Palermo, Novecento, 2001, p. 43. Le righe di Marinetti si riferiscono a: Primo Conti, «La giostra delle donne», L’Italia futurista, no 33, 18 novembre 1917, p. 2.

12. Filippo Tommaso Marinetti, «Il poeta Primo Conti e il suo libro Imbottigliature», Testa di Ferro, Milano, 19 settembre 1920, p. 3.

13. Luca Somigli, loc. cit., p. 340.

14. P. Conti, F.T. Marinetti, Nei proiettori del futurismo, op. cit., p. 63.

15. F.T. Marinetti, Taccuini. 1915-1921, op. cit., p. 282.

16. Primo Conti e Giuseppe Raimondi, Carteggio: 1918-1980, a cura di Patrizia Mania (Fiesole, Fondazione Primo Conti), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2001, p. 49.

17. Si consideri a questo proposito il quadro Dimostrazione Interventista (24 maggio 1915), del 1915 per l’appunto, contenuto nel volume dal titolo significativo Primo Conti. Un enfant prodige all’alba del Novecento, a cura di Nadia Marchioni, Pisa, Pacini Editore, 2016, p. 44. Il tram rosso e giallo passa attraverso una folla sparsa di figurine nere e delle bandiere italiane di consistenza fluida, come quella degli azzurri delle ombre, togliendo alla pittura ogni retorica violentemente e

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appassionatamente interventista. L’intera composizione è sospesa in un pomeriggio normale, nemmeno troppo chiassoso, dove la vita della città continua il suo corso, proprio come il tram.

18. Gabriele-Aldo Bertozzi, «Un’avventura futurista. Primo Conti e le Imbottigliature», in Saggio sull’avanguardia, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1989, p. 62.

19. L’Italia futurista, no 33, 18 novembre 1917, p. 4 e L’Italia futurista, no 34, 2 dicembre 1917, p. 2.

20. In Primo Conti. Un enfant prodige all’alba del Novecento, op. cit., p. 18.

21. Primo Conti, Imbottigliature, in Zig zag. Il Romanzo futurista, a cura di Alessandro Masi, Milano, Il Saggiatore, 2009 [1995], p. 170.

22. Ibid., p. 134.

23. Ibid., p. 141.

24. Ibid., p. 142.

25. Ibid., p. 167.

26. Ibid., p. 170.

27. Ibid., p. 142-143.

28. Ibid., p. 158.

29. Ibid., p. 147.

30. Ibid., p. 162.

31. Ibid., p. 170.

32. Ibid., p. 163.

33. La riproduzione di tutti questi olii su tela è disponibile nel catalogo Primo Conti. Un enfant prodige all’alba del Novecento, op. cit..

34. Primo Conti, La gola del merlo, op. cit., p. 105-107.

RIASSUNTI

Imbottigliature (1917) di Primo Conti è il frutto di una singolare congiuntura. Raccolta futurista, nasce nell’ambito del futurismo fiorentino della seconda metà degli anni Dieci, la cui retorica bellicosa si è ormai placata poiché la guerra non è più una prospettiva utopica proiettata nel futuro, ma una sorta di pantano nel quale l’Europa affonda da ormai tre anni. Le Imbottigliature sono una metafora dell’atmosfera statica di Firenze, città del fronte interno: lontana, la guerra è presente e non si esprime più soltanto attraverso il paroliberismo e la retorica interventista. La scrittura si orienta verso il fronte interno dell’esplorazione della mente, e coniuga pulsioni collettive e individuali.

Primo Conti’s Imbottigliature (1917) is the result of multiple contemporary influences. A futuristic collection, Imbottigliature was born within Florentine Futurism of the late 1910s –a movement whose bellicose rhetoric had taken a new turn with the onset of the war: the conflict was no longer a utopistic perspective projected into the future, but a swamp in which Europe had been stuck for three years. Imbottigliature are a metaphor of the static atmosphere of Florence, a city of the Home Front: although distant, the war is present, not only in the form of “paroliberismo” or pro-war rhetorics. The writing shifts towards an inner front, made of the exploration of the mind, combining collective impulses with individual ones.

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INDICE

Keywords : Primo Conti, Futurism, World War I, Florence, Italia futurista Mots-clés : Primo Conti, futurismo, Grande Guerra, Firenze, Italia futurista

AUTORE

TANIA COLLANI

Tania Collani est maître de conférences HDR à l’Université de Haute-Alsace. Spécialiste des avant- gardes littéraires européennes, elle est notamment l’auteure de Le Merveilleux dans la prose surréaliste européenne (Hermann, 2010) et Sogno e letteratura. Poetiche dell’onirismo moderno nei testi e nei manifesti del primo Novecento (FrancoAngeli, 2016).

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