• Non ci sono risultati.

We shall not cease from exploration

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "We shall not cease from exploration"

Copied!
6
0
0

Testo completo

(1)

“We shall not cease from exploration”

Filippo Carlà

Il dipartimento di Storia e Tutela dei Beni cul­

turali dell’Università degli studi di Udine ha or­

ganizzato (Udine, 9-10 novembre 2006) il con­

vegno “Viaggi e viaggiatori. Storie di itinerari e di identità culturali”. Il tema, assai interessante, lo è anche per le evidenti ripercussioni sulla più stretta attualità intorno alle tematiche della mi­

grazione, dello sradicamento e soprattutto del­

l’incontro tra culture, e ha permesso un approc­

cio assai vario e multidisciplinare, in grado di coinvolgere le molte anime del dipartimento stesso, che riunisce studi storici, storico-artisti­

ci, archeologici, archivistico-librari, filologici, storico-cinematografici.

La tematica del viaggio nei suoi diversi aspet­

ti — alla quale allude il titolo tratto da Little Gid- ding di Thomas S. Eliot — impone una prima, immediata, distinzione: se da un lato sta il viag­

gio reale, l’effettivo trasferimento fisico di uo­

mini ma anche di oggetti, dall’altro vi sono gli spostamenti “mentali”, in un altrove che può es­

sere spaziale ma anche temporale, gli sposta­

menti rappresentati, pensati, immaginati, e non ultime le espressioni metaforiche, per cui la vi­

ta terrena stessa è, alla fine, concepibile come una forma di viaggio anche per evidenziarne la provvisorietà. In tutti i sensi, il concetto stesso di viaggio è fortemente connaturato all’uomo e accompagna le sue espressioni creative fin dai primordi: viaggi sono l’Epopea di Gilgamesh e ovviamente V Odissea, alle radici stesse della produzione letteraria umana.

Anche chi volesse rifiutare il trasferimento fisico, perché faticoso o poco desiderato, non può rinunciare a viaggiare con la mente, che è

in fondo il più immediato portato dell’idea del- T Altro; “chi vuole andare a tomo a tomo vada:

vegga Inghilterra, Ungheria, Francia e Spagna;

a me piace abitar la mia contrada”, scriveva Ario­

sto nel 1518 (Satire III, 19), ma aggiungendo poco oltre che il resto del mondo, intellettual­

mente, pur lo incuriosisce, e “il resto de la ter­

ra, senza mai pagar l’oste, andrò cercando con Ptolomeo, sia il mondo in pace o in guerra; e tut­

to il mar, senza far voti quando lampeggi il ciel, sicuro in su le carte verrò, più che sui legni, vol­

teggiando” (ivi, 21-22).

La carta stampata, carta geografica o libro, è dunque lo strumento per eccellenza del viaggio figurato; ogni libro, anzi, è un viaggio, un per­

corso tracciato dai concetti, codificati dalle pa­

role, attraverso il territorio del segno, e la bi­

bliografia, quindi, è la bussola per orientarsi, la promessa infinita di comunicazione, e dunque di viaggio nello spazio mentale, come ha ben messo in evidenza, nella prolusione all’incon­

tro, Attilio Mauro Caproni (Libro e bibliogra­

fia: cioè il viaggio della memoria). Oggi la car­

ta stampata è stata affiancata da altri strumenti, in particolare dalle narrazioni per immagini con­

sentite dalla tecnica cinematografica che, come il libro, sollecita e agevola il viaggio della men­

te, non solo quando parla direttamente di paesi lontani o mostra spostamenti fisici altrui.

Va nondimeno sottolineato come la tematica del viaggiare sia fortemente presente nelle pro­

duzioni cinematografiche, recenti e meno re­

centi; nel corso dell’incontro, l’attenzione si è appuntata sulla rilevanza del tema in opere ita­

liane degli ultimi anni (Roy Menarmi, Pondus

“Italia contemporanea”, dicembre2006, n. 245

(2)

animi. Il viaggio nel cinema italiano contempo­

raneo), in cui il viaggio è stato usato soprattut­

to per evidenziare il disagio e l’insoddisfazione di fronte a un certo tipo di pressione sociale e per indicare il rinnovamento del paese apporta­

to dai migranti (Vesna va veloce di Carlo Maz­

zacurati), anche attraverso la proiezione sulle esperienze di migrazione, estere o interne, degli italiani stessi (Lamerica e Così ridevano di Gian­

ni Amelio). Anche le opere di Boustani, su cui si è soffermato Marco Rossetti ( “A viagem ” di Christian Boustani: un viaggio nelle immagini, tra storia dell 'arte e nuove tecnologie), che han­

no alla radice a loro volta l’esperienza della mi­

grazione (il regista, libanese, è naturalizzato francese), realizzate con le nuove tecnologie del­

la videoarte e della computer animation, si ap­

puntano sul tema dello spostamento e dell’in­

contro di culture: A viagem racconta del primo viaggio portoghese in Giappone nel 1543 e del­

la comunicazione tra due civiltà radicalmente altre, mentre il dialogo con il proprio passato è oggetto delle tre Cités Antérieures (Siena, Bru­

ges, Toledo), ovvero un racconto per immagini dei tre centri urbani che, agli occhi del regista, hanno mantenuto più evidenti tracce del loro passato medievale, ancora vivo e pulsante.

Diverso è il discorso relativo alle arti figura­

tive: se le rappresentazioni, e non solo quelle del lontano o dell’esotico, possono stimolare la fan­

tasia dello spettatore e suscitare fantasie evoca­

tive, la pittura e la scultura, costituzionalmente statiche, non possono rappresentare il viaggio e lo spostamento. Su questo si appuntò la sfida, contenutistica e tecnica, del futurismo, fin da su­

bito affascinato e ispirato dai mezzi di traspor­

to e dalla velocità: “Come i nostri antenati tras­

sero materia d’arte dall’atmosfera religiosa che incombeva sulle anime loro, così noi dobbiamo ispirarci ai tangibili miracoli della vita contem­

poranea, alla ferrea rete di velocità che avvolge la Terra, ai transatlantici, alle Dreadnoughts, ai voli meravigliosi che solcano i cieli, alle auda­

cie tenebrose dei navigatori subacquei, alla lot­

ta spasmodica per la conquista dell’ignoto”

(Boccioni, Carrà, Russoio, Balla, Severini, Ma­

nifesto dei pittori futuristi. 11 febbraio 1910). Il desiderio di rappresentare il dinamismo, la ce­

lebrazione dell’aeroplano e il contesto storico di grande espansione dell’aviazione, militare ma anche civile, conduce alla nascita dell’aeropit­

tura, il cui manifesto è del 1929 (Alessandro Del Puppo, Immagini dall’aeroplano: la geografia simbolica dell’aeropittura futurista). Nuova­

mente, dunque, il viaggio come tema centrale d’indagine; questa volta, però, conformemente alla più generale dottrina futurista, la possibilità di spostamento appare fine a se stessa e non fi­

nalizzata — né accompagnata — dalla possibi­

lità di conoscenza e d’incontro.

Spostarsi, conoscere, incontrare, si è detto:

siamo così passati a considerare non più il viag­

gio mentale, o metaforico, ma il viaggio fisico, lo spostamento reale. Vi sono naturalmente le condizioni concrete dello spostamento, dei mez­

zi di trasporto, delle difficoltà linguistiche, cul­

turali, economiche (Andrea Saccocci, De cam- biis monetarum: problemi valutari del viaggia­

tore medievale), e dunque l’evoluzione tecnica e tecnologica, che ha cambiato radicalmente lo stile di vita e il modo di procedere dei viaggia­

tori. Sull’aumento della mobilità degli antiqua­

ri, e dunque sul miglioramento delle loro cono­

scenze, metodologie, potenzialità scientifiche in connessione con l’introduzione delle strade fer­

rate, e sulle prospettive che l’evoluzione tecno­

logica può affacciare agli antichisti si è soffer­

mato Ludovico Rebaudo (/ viaggi degli anti­

quari). È necessario però sottolineare come al­

cuni mestieri, tra cui quello dell’antichista e del­

lo studioso d’arte, non possono e non potranno mai in alcun modo prescindere dallo sposta­

mento perché non possono prescindere dalla co­

noscenza autoptica dell’oggetto di studio, qua­

lunque sia la nuova tecnologia di riproduzione grafica a disposizione: rispetto ai taccuini con schizzi di cui hanno parlato Donata Levi (Dal­

l’erudizione alla connoisseurship. I taccuini di viaggio degli storici dell’arte) e Pietro Ruschi (Il viaggio di un antiquario da Roma a Firenze alla metà del ’700, su un percorso di Giovanni Gaetano Batteri), si sono avute le fotografie pri­

(3)

ma, le riprese digitali poi, ma non si potrà mai rinunciare alla vista diretta del quadro, del pa­

lazzo, dell’epigrafe.

Al di là di questo, però, è l’intenzione, e lo scopo, del viaggio che preme definire, in rap­

porto a quanto fin qui detto sull’intima connes­

sione tra essere umano e mobilità geografica:

un viaggio può dunque essere occasionato da motivazioni concrete, esigenze specifiche che solo spostandosi si possono soddisfare. E non si tratta naturalmente solo di esigenze conosci­

tive, come nei casi sopra accennati, cui devono essere aggiunti i viaggi di esplorazione, prati­

cati con assiduità fin dal mondo antico (Stefa­

no Magnani, Racconti di viaggio lungo la co­

sta africana)-, lo spostamento ha infatti finalità economiche e politiche estremamente rilevan­

ti e spesso interconnesse.

In primo luogo vi è, naturalmente, il com­

mercio: non solo gli uomini, ma anche gli og­

getti viaggiano, il più delle volte per procurare un guadagno all’artefice del loro spostamento.

Il dato archeologico rivela senz’ombra di dub­

bio come già da epoca preistorica e protostori­

ca vi fossero scambi e contatti tra aree e popo­

lazioni diverse, come hanno mostrato Elisabet­

ta Borgna e Paola Guida Cassola (Viaggi per ma­

re e per terra nelle regioni altoadriatiche nel­

l’età del bronzo) sottolineando pure il maggio­

re prestigio, ma anche l’esclusione dal corpo so­

ciale, che toccavano a chi praticasse la mobilità già in queste società antiche. Per le epoche suc­

cessive, i rinvenimenti di oggetti di diverse pro­

venienze ci aiutano a ricostruire le reti dei con­

tatti commerciali (Marina Rubimeli, Oggetti in viaggio: le anfore romane tardoantiche dalle Grandi Terme diAquileia) e anche culturali, spe­

cie nel caso della compravendita di libri, opere d’arte, oggetti da collezione ecc. (Angela Nuo­

vo, Libri in viaggio: distribuzione e commercio dei libri nel Rinascimento-, Andrea De Marchi, Imballaggio, spedizione e messa in opera delle pale d’altare: alcuni esempi quattrocenteschi), ma anche dell’esportazione di pellicole cine­

matografiche (Leonardo Quaresima, Sulla rot­

ta di Hollywood: il cinema tedesco in America

negli anni trenta). È vero che ad accompagnare gli oggetti non deve essere sempre una sola per­

sona in tutti i luoghi e per tutta la loro esisten­

za: il rinvenimento fisico in un determinato luo­

go, dunque, non implica un arrivo diretto dal luogo di produzione e un solo intermediario, ma può sottintendere, prima del deposito, lunghi viaggi, usi diversi, più mani e anche lunghi pe­

riodi di tempo; è però altresì vero che essi non si muovono mai da soli e anche quando, oggi, sono spediti via posta, qualcuno — un autista, un pilota — li accompagna: a spostarsi è co­

munque l’uomo.

Il viaggio è strettamente connesso, oltre che all’economia, anche alla politica. Non solo esi­

stono ambasciatori e diplomatici che si sposta­

no al servizio dello Stato, come il veneziano Navagero (Claudio Griggio, L’itinerario diNa- vagero in Francia e Spagna), che ci ha lascia­

to descrizioni economiche, etnografiche, de­

mografiche sulle terre che attraversò alla metà del Cinquecento; non solo determinate strade o rotte, per il loro interesse strategico, devono es­

sere strenuamente difese e ben dotate di infra­

strutture (particolarmente interessante il caso delle vie terrestri e fluviali che legano Roma al mare, oggetto di attenzione assidua da parte del potere politico dall’età antica fino alla seconda metà dell’ottocento e all’affermazione delle motonavi, come ha mostrato Patrizia Augusta Verduchi, Dal mare a Roma lungo il Tevere). È la mobilità stessa che, come già accennato, è connessa, fin dai tempi più antichi, al prestigio e al potere. Il discorso è di non poca rilevanza, perché rientra nel vivissimo dibattito sulle for­

me di egemonia e imperialismo legate non alla conquista territoriale ma a un potere economi- co-commerciale, e dunque allo spostamento (con il frequente uso di una prospettiva com­

paratistica, che coinvolge per lo più Venezia, l’impero britannico, gli Stati Uniti: cfr. già dal titolo Stefano Latini, Supervenezia o la risco­

perta della colleganza, “Limes”, 2004, n. 2). A monte, e spesso la si richiama in questo dibat­

tito, vi è anche la talassocrazia ateniese del V secolo a.C., rievocata da Maddalena Zunino

(4)

(Remare, navigare, viaggiar per mare. Mobi­

lità democratica e mobilità aristocratica nell’“Athenaion Politeia” pseudosenojbntea), che ha rivelato come già nel corso di quell’e­

sperienza vi fosse un alto livello di elaborazio­

ne teorica e si fosse identificato come strumen­

to essenziale del dominio ateniese sugli “allea­

ti” una privazione e/o distorsione della loro mo­

bilità, impedita se commerciale e mirata al pro­

fitto, vincolata alla destinazione ateniese e al­

l’omaggio verso il centro del potere, nei casi giudiziari e politici. Viaggio e spostamento era­

no determinanti, naturalmente, anche negli Im­

peri territoriali, ove era necessario rendere pos­

sibili spostamenti rapidi su lunghe distanze, per garantire l’esercizio della sovranità; non a ca­

so Roma, così come l’impero inca, è famosa an­

che a livello divulgativo per i suoi sistemi stra­

dali. Mobilità ed esercizio del potere sono sem­

pre strettamente interconnessi.

Ma non necessariamente interessi specifici muovono il viaggio, e questo può rispondere a stimoli più generali e meno definiti. In primo luogo, lo spostamento è certamente fuga, per al­

lontanarsi, spesso senza ritorno, da condizioni sociali, economiche, politiche che rendano fati­

cosa la sopravvivenza, o dalla guerra, anche ap­

pena finita o imminente (Paul Fussell, Abroad.

British Literary Travelling between thè Wars, Oxford, Oxford UP, 1980). Anche spostamenti non definitivi possono rispondere all’esigenza di una fuga, da se stessi, dalla propria società, da situazioni e condizioni che appaiono soffo­

canti. Questo tipo di esperienza si conclude però spesso con una delusione, con l’impossibilità di allontanarsi da un disagio che è, in realtà, inte­

riore. Una motivazione del genere sembra an­

che oggi spesso alla base del turismo, fenome­

no che ora sappiamo essere tipico non solo del- 1 ’ età contemporanea, se una sorta di industria tu­

ristica ben oliata appare già operante in epoca romana (Tony Perrottet, Route 66 A.D. On thè Trail ofAncient Roman Tourists, New York, Ran- dom House, 2002), sempre meno ristretto a una cerchia di privilegiati e condizionato con ogni evidenza dalla voglia di una sospensione, alme­

no provvisoria, della quotidianità e dei normali rapporti sociali.

Nel turismo, come in tutte le forme di viag­

gio più in generale, il desiderio di fuga è come finalità alternativo o parallelo a una ricerca di co­

noscenza, di esperienza diretta che rende lo spo­

stamento uno dei processi formativi per eccel­

lenza, pur non potendo negare che le due cose vadano frequentemente di pari passo: quando Philip Warren, protagonista del romanzo 11 giu­

dizio di Paride (trad. it. Roma, Fazi, 2006), si al­

lontana dagli Stati Uniti per un anno dopo gli stu­

di, per apprendere, incontrare e scegliere il pro­

prio destino, il suo creatore, Gore Vidal, ce lo mostra sinceramente convinto che il “periodo per riflettere” sia anche “un preludio alla celebre fu­

ga che sarebbe certamente stata la sua vita» quan­

do l’avesse finalmente iniziata” (e fuga doppia dunque, perché fuga dall’inizio di una fuga!).

Prima di soffermarsi sull’aspetto “conosciti­

vo”, però, sembra opportuno mettere in rilievo ancora il carattere particolare in questo senso dei

“viaggi di religione”, i pellegrinaggi, condizio­

nati — in modo del tutto esplicito — sia da una voglia di allontanamento dalla materialità, dal mondo terreno, quanto dal desiderio forte di un’e­

sperienza conoscitiva trascendentale, che si ri­

tiene debba verificarsi con maggiore facilità in luoghi pervasi di significato perché vi si trovano particolari oggetti e reliquie, o sono stati abitati, attraversati, frequentati, da personaggi venerati.

La grande affermazione di questo tipo di viag­

gio si colloca alla fine del mondo antico (Ar­

naldo Marcone, Viaggio e viaggiatori tra Tarda Antichità e Alto Medioevo), quando il modello offerto dalle donne della famiglia imperiale ro­

mana (Elena, madre di Costantino, per prima) e l’intercessione di alcuni padri della Chiesa diffondono la prassi del pellegrinaggio in Terra Santa, per vedere direttamente i luoghi della vi­

ta e della passione di Cristo. Vi furono alcune forme di incertezza, di non piena convinzione dell’utilità di questo tipo di esperienze, per cui all’idea di un Girolamo, secondo cui la visita di quei luoghi aiutava a meglio comprendere e vi­

vere la religione, si affiancò un Gregorio di Nis-

(5)

Note a convegni

sa, per cui i luoghi santi devono essere sempre nel cuore, anche di chi non li abbia mai visitati.

Ciò nonostante, l’abitudine — e anche la mo­

da, presso gli strati sociali che potevano per­

mettersi l’impegno economico di una simile esperienza — si diffuse; e così in età medieva­

le e moderna i pellegrinaggi continuano, in di­

rezione di Roma, ma anche di Santiago de Com­

postela, o di Bari, o di molte altre località, per uomini e donne, giovani e anziani (il ricordo non può non correre al petrarchiano “vecchierei ca­

nuto e bianco”), come ha mostrato l’analisi con­

dotta da Flavia De Vitt (Friulani e pellegrinag­

gi nel Quattrocento) sui testamenti redatti da co­

loro che si misero sulla via del pellegrinaggio non certi, date le difficoltà e la lunghezza del percorso, di tornare vivi. Un caso particolare in questo contesto è quello messo in evidenza da Bruno Figliuolo (Ilpellegrinaggio dell’umani­

sta: Bernardo Michelozzi 1497-1498), ovvero il viaggio in Terra Santa di Bernardo Michelozzi e Bonsignore Bonsignori che, sottraendosi al­

l’organizzazione spesso pianificata fin nei mi­

nimi dettagli della maggior parte dei pellegri­

naggi, decisero di viaggiare per terra e non per mare e unirono alle motivazioni religiose anche quelle scientifiche dell’umanesimo, la visita ai luoghi della classicità e la ricerca di codici di autori antichi.

Non solo il Cristianesimo, naturalmente, at­

tribuisce rilevanza al pellegrinaggio: è ben no­

to come Tlslarn sia saldamente imperniato sul viaggio religioso, vero strumento per la crea­

zione di una comunità, non solo per l’obbligo, imposto a tutti i musulmani, di recarsi una vol­

ta nella vita alla Mecca se i loro mezzi lo con­

sentono, ma per la stessa biografia di Maomet­

to, mercante, il cui spostamento a Medina — l’Egira — segna l’inizio stesso dell’era islami­

ca, come ha mostrato Giovanni Curatola (Viag­

gi islamici, alla Mecca e oltre...), ma anche co­

me il pellegrinaggio al Gange per purificarsi sia praticato ogni anno da milioni di induisti. An­

che altri tipi di “fedi”, non religiose, infine, pos­

sono dare motivo di veri e propri pellegrinaggi:

è il caso, per esempio, dei viaggi a Gorizia dei

realisti francesi, che vi venivano a visitare la tomba di Carlo X e a incontrare Enrico V, rite­

nuto dai sostenitori dei Borboni, esiliati dopo la Rivoluzione di luglio, il legittimo sovrano (in­

tervento di Roberto De Feo, Pélerinage à Go- ritz. Le impressioni di Sosthène de la Ro- chefoucauld e altri realisti francesi sull’esilio dei Borboni di Francia).

Ma, come già si è accennato, la motivazione per eccellenza del viaggio, quella che più spesso si confessa e rende esplicita, è l’occasione di co­

noscenza, di incontro, di studio; il Bildungsreise dunque, che tanta importanza ha avuto nei seco­

li dell’era moderna (e contemporanea) in parte prendendo il posto dei pellegrinaggi, con cui con­

divide una funzione “iniziatica”, e ha avuto spes­

so l’Italia come meta privilegiata, specie nella forma del Grand Tour (cfr. la bibliografia di At­

tilio Brilli, da ultimo Viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione culturale, Bologna, Il Mu­

lino, 2006). Oggetto di grande interesse sono sta­

ti e sono dunque i viaggi in Italia di personaggi illustri (come Montaigne o Goethe), tematica toc­

cata nell’incontro da Lorenzo Finocchi Ghersi (Virginia Woolfe Vanessa Bell in Italia).

Il tema può essere interessante nel valutare le esperienze formative di una singola personalità, e l’influsso che i viaggi possono aver avuto sul­

la sua produzione (per esempio Simeone Vol­

pato, Scipio Slataper da Trieste ad Atene: re­

portagefotografico e letterario, si è intrattenu­

to sul viaggio scolastico in Grecia cui partecipò lo scrittore, ancora diciottenne, redigendone poi una relazione), ma lo è soprattutto nell’ottica di considerare come la mobilità di personaggi im­

pegnati nel campo delle lettere e delle arti sia sintomo e causa, poi, della propagazione di nuo­

ve idee, modelli, stili: in'quest’ottica, per esem­

pio, Flavio Fergonzi (Artisti italiani negli Stati Uniti 1950-1960) ha messo in evidenza la ne­

cessità della generazione di pittori dell’imme­

diato dopoguerra di capire, a fronte della crisi della cultura europea, cosa stesse producendo l’arte americana, e quindi la capacità di riporta­

re in Italia le tecniche e gli stili ivi visti e ap­

presi. Attraverso il viaggio, dunque, avveniva­

(6)

no prima dell’avvento delle nuove tecnologie, ma in realtà avvengono tuttora, lo scambio in­

temazionale, continentale o planetario, e la dif­

fusione delle “novità”: è questo il caso descrit­

to anche da Laura Casella (L’erudizione italia­

na in Francia, l’erudizione francese in Italia. I viaggi di Niccolò Madrisio patrizio udinese nel primo Settecento): Madrisio, grazie al suo sog­

giorno parigino, portò infatti in Friuli un’atten­

zione alle tematiche e ai nomi del dibattito cul­

turale, storico e politico francese, in quel mo­

mento certo il più vivo d’Europa.

Non si viaggia, per conoscere, solo in Italia, naturalmente (e certo anche gli italiani si muo­

vono): nascono così i “Grand Tour alternativi”

che scoprono ed esplorano altre aree del mon­

do, come il Sud America, ritenuto esotico e pit­

toresco (Mario Sartor, Artisti viaggiatori euro­

pei in America latina nel XIX secolo: un inedi­

to “Grand Tour”), o l’estremo Nord, il Circo­

lo polare artico, la Lapponia (Roberto Navarri- ni, Il viaggio di Giuseppe Acerbi a Capo Nord nel 1799). La “meta alternativa” all’Italia più nota e più frequentata è però certamente il Vi­

cino Oriente, non più affrontato con l’occhio del pellegrino che visita la Terra Santa, ma con l’occhio dell’etnografo e con quello dell’ar­

cheologo che cerca le tracce delle più antiche civiltà urbane. Se il più celebre di questi viag­

giatori è probabilmente Pietro Della Valle, che si recò in Mesopotamia agli inizi del Seicento lasciandoci consistenti diari di viaggio (Pietro Della Valle, In viaggio per l’Oriente. Le mum­

mie, Babilonia, Persepoli, a cura di Antonio In- vemizzi, Alessandria, Dell’Orso, 2001), i se­

coli successivi videro nell’area numerosi suoi emuli, tra cui un numero cospicuo di donne. A questo gruppo di visitatrici, e cultrici di ar­

cheologia, come Agatha Christie, ha rivolto 1 ’ at­

tenzione Frederick Mario Fales (Donne viag­

giatrici in Oriente tra Settecento e Novecento), che ha ben messo in luce come, se il viaggio in Oriente, a differenza di quello in Italia, è viag­

gio di formazione soprattutto perché scoperta ed esplorazione di un’alterità, di un diverso mondo, quello femminile lo è doppiamente, so­

prattutto nell’ottocento vittoriano e borghese, perché è anche un prendere le distanze dalla pro­

pria società d’origine (una fuga, come sopra l’abbiamo chiamata), è una ricerca identitaria e volta anche a definire il proprio genere come soggetto di cultura.

Il viaggio, la mobilità, lo spostamento, dun­

que, sono conoscenza, fuga, affermazione di po­

tere; riconoscimento di se stessi e coltivazione dei propri interessi, ma anche spaesamento e per­

dita di prospettive; il muoversi e l’entrare in con­

tatto che ne deriva appaiono in fin dei conti, da sempre — e lo mostra bene un incontro come quello organizzato a Udine, con la sua multidi- sciplinarità e il suo richiamo a una ricerca di ter­

reni comuni tra settori di studio sempre più spes­

so stagni — , una delle prerogative essenziali del- l’uomo e uno dei motori del divenire storico. So­

lo la rinuncia a questa mobilità, o il tentativo, disperato, di impedirla, la rinuncia alla cono­

scenza dell’Altro e al confronto con esso, la vi­

sita distaccata di chi guarda dall’alto in basso il resto del mondo, sicuro di sé, della propria cul­

tura di origine, sono antistorici e sterili. “Chi è che viaggia? L’Io del viaggiatore è poco più di uno sguardo, una forma cava in cui si imprime lo stampo della realtà, un recipiente che si lascia colmare dalle cose, dando loro tuttalpiù — con le sue idiosincrasie, le sue nostalgie e le sue in­

quietudini — una forma, così come un recipiente dà forma all ’ acqua che lo riempie” (Claudio Ma- gris, L’infinito viaggiare, Milano, Mondadori, 2005, pp. 130-131).

Filippo Carlà

Riferimenti

Documenti correlati

For example, thickness evaluation was achieved by mea- suring the minimum accelerating voltage required to probe the whole film thickness [ 5 ] or the accelerating voltage, for which

To evaluate and discern the contribution of the constitutive and immunoproteasome complexes to the cleavage activity alterations induced by repeated exposure to

2) Then, we compute the rational and counterterm vertices analytically using the newly de- veloped tool REPT1L [15]. The main ingredient for this kind of computations is the abil-

Anticipando il tema centrale della Tavola Rotonda, l’Industry 4.0, Storchi ha dichiarato: “La crisi ha cancellato il mondo che conoscevamo e si è ormai avviata una

The main results of this paper is to show how Theorem 1.1 can be improved by further constraining the direction of the polars on “lower dimensional parts” of the measure μ and

AFF The train(trèin) will be late(lèit) Il treno sarà in ritardo NEG The train will not be late (the train won’t be late) Il treno non sarà in ritardo.. INT Will the train

phase, b) host foundresses during the post-emergence phase, and c) by host female offspring. 2 Mean percentage + SE of the observation time spent foraging and resting before

See discussions, stats, and author profiles for this publication at: https://www.researchgate.net/publication/305656438 Human Babesiosis, Bolivia, 2013 Article in