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Quanto, chi, come, dove? Le mille domande sulla Milano che lavora

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Academic year: 2022

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Quanto, chi, come, dove? Le mille domande sulla Milano che lavora

di Marcello Correra* e Livio Lo Verso**

1. Nuove istituzioni per una nuova economia

Con il rapporto 2001 su Le trasformazioni del mercato del lavoro e le politiche per l’occupazione in provincia di Milano continua la serie dei rapporti annuali sul mercato del lavoro che la Provincia di Milano pubblica da quasi 15 anni.

Nata dall’esperienza avviata dalla Regione Lombardia nell’ambito dell’esperienza degli Osservatori Territoriali nel corso degli anni Ottanta, questa iniziativa editoriale è proseguita negli anni Novanta per l’interesse che la Provincia di Milano ha costantemente manifestato nel mantenere monitorati i processi di trasformazione che interessavano il mondo del lavoro provinciale.

Il trasferimento progressivo delle competenze in materia di lavoro alle amministrazioni provinciali avviatosi alla fine del 1999 e proseguito in questi due anni non ha quindi colto impreparata la Provincia di Milano che ha immediatamente ravvisato la necessità di darsi uno strumento che consentisse ad un tempo di leggere le trasformazioni in atto nell’apparato produttivo provinciale, di monitorare l’andamento del mercato del lavoro locale e di valutare l’impatto delle politiche attuate dall’Amministrazione.

In questo modo la Provincia di Milano e per essa l’Osservatorio del Mercato del Lavoro si sono candidati a diventare un autentico punto di riferimento del dibattito politico e culturale sia per gli operatori delle Istituzioni che per le forze sociali e imprenditoriali.

Il rapporto che viene qui presentato prosegue e sviluppa il progetto posto in essere lo scorso anno, con cui si è avviato il superamento della tradizionale impostazione del Rapporto sul mercato del lavoro che

* Direttore Centrale Sviluppo Economico e Sociale.

** Responsabile dell’Osservatorio del Mercato del Lavoro.

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annualmente tracciava un bilancio sugli andamenti occupazionali della provincia di Milano, corredata da una ricca messe statistica. Con la pubblicazione del volume Mercato del lavoro e politiche per l’impiego in provincia di Milano. Rapporto 2000 si è infatti tentato per la prima volta di affiancare ad una analisi di tipo quantitativo dei principali trend economici provinciali, una serie di altre analisi che potessero fornire una serie di approfondimenti tematici tali da consentire un attento esame sia degli attori che delle politiche del lavoro nella realtà milanese.

La nuova impostazione impressa a partire dallo scorso anno al Rapporto traeva la sua motivazione principale nella nuova realtà che vedeva la Provincia assumere la piena titolarità della gestione delle politiche del lavoro e delle istituzioni preposte al suo governo, precedentemente di competenza ministeriale o regionale e da ciò derivava la particolare attenzione prestata agli attori (la riforma dei servizi per l’impiego) e alle politiche (l’applicazione della nuova legge 68/99, gli effetti del recente provvedimento di regolarizzazione dei lavoratori immigrati, ecc.).

Il diverso ruolo assunto dalla Provincia nel nuovo quadro delle competenze istituzionali (che nel corso del 2001 si è andato ulteriormente rafforzando in virtù degli accordi intercorsi con la Regione Lombardia e successivamente come portato della riforma costituzionale ratificata dal referendum di ottobre) ha imposto un affinamento degli strumenti di conoscenza, cercando di sviluppare un miglioramento degli strumenti di analisi e valutazione dei processi e delle politiche che caratterizzano lo scenario economico e produttivo milanese1, in grado di proporsi come un punto di riferimento per l’azione della molteplicità di attori del settore pubblico, del privato o del privato sociale.

L’interazione multiattoriale è uno dei fattori determinanti per la messa a punto e la realizzazione di quei progetti strategici di cui un’area come quella milanese necessita per reggere la competizione economica che si gioca sempre più su una scala globale, in un mondo in cui nessun soggetto può dirsi pienamente autosufficiente e in cui la forza delle singole realtà territoriali deriva in primo luogo dalla maggiore o minore capacità di fare sistema.

Questo è particolarmente vero per quanto riguarda le grandi scelte strategiche connesse alle politiche dell’innovazione, agli interventi per migliorare le dotazioni infrastrutturali dell’area e a tutte le azioni che possano favorire il marketing territoriale di un’area come quella milanese

1 Cfr.: ISFOL (2001), Federalismo e politiche del lavoro. Rapporto 2001, FrancoAngeli, Milano; Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociali (2002), Rapporto di monitoraggio del mercato del lavoro 2/2001, Roma, www.minwelfare.it.

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che, pur rimanendo la realtà economica più sviluppata del nostro Paese e pur presentando una indubbia serie di vantaggi competitivi, in questi anni ha registrato una minore capacità attrattiva soprattutto per gli operatori economici stranieri, che tradizionalmente hanno avuto in Milano una porta di accesso all’Italia.

Lo stesso discorso può essere fatto ovviamente anche per l’insieme delle politiche del lavoro che in questi anni si sono venute aprendo al concorso di una pluralità di soggetti pubblici e privati. Questa cooperazione tra una molteplicità di attori aumenta però l’importanza delle politiche di monitoraggio e di valutazione, che sappiano fornire indicazioni sia sui fabbisogni che il sistema produttivo locale esprime (domanda di competenze e di formazione), sia sui punti di fragilità sociale che anche un’area forte come quella di Milano presenta.

Il senso del lavoro che qui presentiamo muove da quest’insieme di convinzioni sul ruolo forte di un pubblico che non vuole gestire ma governa i processi in corso nel suo territorio.

2. Un cantiere aperto. L’uso dei dati amministrativi ai fini della ricerca sociale

Il quadro delle nuove competenze di cui si è fatto cenno ha aperto anche una serie di opportunità operative inedite, anche per il lavoro di indagine che compete all’Osservatorio del Mercato del Lavoro. Il passaggio alle Province delle competenze gestionali dei Centri per l’Impiego ha infatti reso possibile un tentativo di migliorare i rapporti cooperativi tra i servizi per l’impiego e le strutture preposte alle attività di monitoraggio del mercato del lavoro.

Chi ha seguito in questi anni l’attività dell’Osservatorio del Mercato del Lavoro avrà sicuramente notato come l’impossibilità di avere un’interazione con le allora SCICA impedisse la creazione di circuiti virtuosi che consentissero di mettere a frutto la grande mole di informazioni che, seppure con altre finalità, venivano raccolti dai servizi per l’impiego.

Paradossalmente, mentre i processi economici sono diventati nel corso degli anni sempre più complessi e più rapidi, la possibilità di disporre di informazioni precise sulle dinamiche economiche a livello locale sono andate rarefacendosi o hanno richiesto investimenti in conoscenza a costi via via crescenti. L’Osservatorio Excelsior sul mercato del lavoro ne é un esempio; i pregi di questo strumento di conoscenza sono universalmente riconosciuti, ma altrettanto evidenti sono i suoi limiti, connessi alla natura previsionale dello strumento e al carattere provinciale delle informazioni

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fornite. I problemi di avviamento e di messa a disposizione dell’archivio ASIA sono altrettanti noti.

La ricerca di nuove modalità cooperative tra i vari soggetti che si muovono nel campo della produzione e raccolta dati, nonché dell’elaborazione delle statistiche economiche a livello locale rappresenta quindi uno degli obiettivi prioritari che le istituzioni pubbliche devono rapidamente avviare a soluzione per poter reggere il passo con una realtà che vede le trasformazioni dei sistemi produttivi mutare con grande rapidità. Conosciamo la complessità e le difficoltà che questi processi decisionali presentano; è per questo che da quest’anno la Provincia di Milano ha cercato, partendo dell’occasione offerta dal Rapporto annuale sul mercato del lavoro, di condurre una sperimentazione utilizzando le informazioni dei Centri per l’Impiego per condurre un esame puntuale di una serie di processi in atto nell’economia e nel mercato del lavoro milanesi.

Dal punto di vista tecnico, il subentro della Provincia nella gestione delle banche dati dei Centri per l’Impiego ha segnato il passaggio dal software ministeriale Netlabor, basato su tecnologie obsolete ancora gestite sotto MSDOS, al moderno Job Pilot ideato per lavorare su un database relazionale disponibile in rete. Lo sviluppo del sistema Job Pilot ha rivestito il duplice scopo, operativo e di miglioramento della qualità del dato raccolto. Le informazioni prima contenute nelle sedici banche dati autonome dei Centri per l’Impiego sono state unificate in un’unica banca dati centrale aggiornata in tempo reale da qualunque Centro e dagli sportelli Internet a disposizione delle aziende per le comunicazioni di legge. L’aspetto qualitativo del dato raccolto è stato migliorato passando alle codifiche standard impiegate dall’Istat e alla introduzione di numerosi filtri e controlli che assicurano l’immissione di dati più accurati.

L’effetto di questo lavoro sarà comunque pienamente apprezzabile dal prossimo anno. Il presente Rapporto ha, in ogni modo, tratto giovamento dall’impegno tecnico-statistico profuso. Quest’anno, infatti, per la prima volta negli approfondimenti tematici proposti, si è potuto andare oltre la mera lettura delle tabelle standard ministeriali di Netlabor (i cosiddetti OML), ideate più per rispondere ad esigenze amministrative–gestionali, che consentivano di trattare un numero limitato di variabili molto standardizzate (variabili anagrafiche per iscrizioni e avviamenti; settore di appartenenza, modalità contrattuali, grado di avviamento, e poche altre indicazioni per i soli avviamenti), che presentavano una notevole rigidità nell’uso statistico del dato.

La scommessa compiuta nell’impostazione del rapporto che qui presentiamo è stata quella di puntare ad utilizzare in modo innovativo i dati

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amministrativi dei Centri per l’Impiego per poter condurre non solo una lettura più dettagliata delle principali dinamiche del mercato del lavoro, ma anche di procedere ad una serie di approfondimenti qualitativi sulle forme del lavoro e di alcuni fenomeni rilevanti che riguardano in particolar modo le fasce deboli. La ricchezza delle informazioni disponibili nelle banche dati dei Centri per l’Impiego è stata valorizzata attraverso la lettura incrociata delle informazioni contenute in tabelle diverse al livello del singolo lavoratore od azienda.

L’individuazione del percorso da seguire per conseguire tale obiettivo è risultato tutt’altro che facile e immediato ed è stato condizionato anche da una serie di fattori, il più rilevante dei quali è stato sicuramente il processo di sostituzione del programma ministeriale Netlabor con il nuovo programma Job Pilot, precedentemente utilizzato dal solo Centro per l’Impiego di Milano, in tutti i Centri per l’Impiego della provincia di Milano.

La sperimentazione nell’utilizzo dei dati amministrativi dei Centri per l’Impiego ha preso in esame due modalità distinte, la prima finalizzata alla parte istituzionale del rapporto, la seconda alle parti relative agli approfondimenti tematici.

La prima delle modalità prese in esame si è mossa ancora nell’alveo delle opportunità offerte da Netlabor, e in particolare puntando all’utilizzo del cosiddetto STA-VE (Statistiche Venete), ovvero dal sistema di estrazione dati messo a punto anni fa dall’Agenzia per il Lavoro del Veneto. Questo sistema procede alle estrazioni delle statistiche partendo dalla data effettiva degli avviamenti e non della loro registrazione come avviene nel caso dell’OML2, e consente di disporre di una serie più dettagliata di informazioni (essenzialmente sugli avviamenti, dopo l’abbandono dell’obbligatorietà delle cancellazioni nelle liste degli iscritti) che avrebbero consentito di sviluppare un’analisi più dettagliata disponendo di informazioni anche su variabili quali le qualifiche professionali, il titolo di studio ecc..

Parallelamente si è avviata una seconda e più complessa sperimentazione, che partendo da un trattamento dei dati dei Centri per l’Impiego comune allo STA-VE (anche in questo caso si è preso in esame, ad esempio, la data effettiva di avviamento e non quella di registrazione), puntasse, attraverso l’utilizzo di programmi di statistica per la ricerca sociale a mettere a punto una serie di data base che consentissero di sviluppare approfondimenti tematici di carattere qualitativo.

Visti i risultati che si venivano ottenendo, si è quindi puntato a sviluppare l’intero rapporto utilizzando i dati così trattati che riuscivano a

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garantire una mole di dati quali-quantitativi superiori agli STA-VE che sono stati conseguentemente accantonati.

E’ noto lo scetticismo che molti nutrono sui dati amministrativi, sulla loro attendibilità, sul loro grado di aggiornamento, sulle lacune derivanti dalla incompleta imputazione dei dati delle singole registrazioni, ecc.. Nel restituire i risultati del lavoro che abbiamo condotto utilizzandoli, si darà più volte conto di ciò, consapevoli dei limiti della base dati su cui abbiamo lavorato. Tuttavia, pur ribadendo il carattere sperimentale del nostro lavoro, possiamo anche affermare con soddisfazione che i risultati così conseguiti manifestano una buona attendibilità dal punto di vista scientifico, che deriva in primo luogo dal lavoro che è stato compiuto in questi ultimi due anni per migliorare la qualità delle informazioni delle banche dati, anche se molto cammino resta ancora da fare in questa direzione. L’entrata in funzione del nuovo programma Job Pilot, come si è cercato di spiegare in precedenza, dovrebbe sotto questo aspetto consentire un deciso salto di qualità di cui si dovrebbe poter beneficiare fin dalla prossima edizione del Rapporto.

Non ci nascondiamo però che il lavoro che qui presentiamo si configura ancora come una sorta di cantiere aperto, in cui si è proceduto ancora per tentativi e approssimazioni successive. Come si vedrà nelle pagine seguenti, ad esempio, nella stesura del capitolo sul mercato del lavoro della prima parte alla fine si è optato di utilizzare per l’ultima volta ancora i dati estratti con l’OML, che garantivano una comparabilità del dato storico che non sarà garantita da altri metodi di trattamento dei dati se non quando si riuscirà ad ottenere un significativo accorciamento del lasso di tempo che intercorre tra l’effettuazione degli avviamenti e la loro registrazione. Il Rapporto potrà quindi presentare ancora possibili discrepanze od apparenti incongruenze nei dati presentati che sono il frutto di questa duplice modalità di lettura, amministrativa da una parte e di “carotaggio” ed approfondimento statistico dall’altro. Per le analisi più raffinate si è dovuto, infatti, procedere a tratti a filtraggi e a speciali forme di pulizia dei dati.

Questa situazione verrà presumibilmente superata già a partire dal prossimo anno, sia per l’introduzione dei nuovi software (un processo analogo a quello posto in essere nei Centri per l’Impiego è in atto nei servizi che si occupato del collocamento dei disabili), sia grazie all’impegno che la Provincia di Milano sta compiendo per migliorare l’efficienza dei servizi per l’impiego, anche attraverso un più attivo coinvolgimento delle parti sociali e degli operatori privati che già oggi intervengono nelle attività di incontro tra domanda e offerta di lavoro e che nel prossimo futuro, presumibilmente, saranno chiamate ad incrementare questo loro ruolo.

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3. Il Rapporto 2001

Illustrati i termini della scelta compiuta dall’Osservatorio del Mercato del Lavoro di cercare di sfruttare in modo più intensivo le informazioni desumibili dai dati amministrativi dei Centri per l’Impiego, passeremo ora ad illustrare i contenuti del rapporto che qui presentiamo.

La progettazione del nuovo rapporto, avviata alla fine dell’ottobre scorso, ha risentito del clima determinatosi all’indomani degli eventi terroristici dell’11 settembre. Quasi ogni giorno le agenzie stampa davano notizie delle previsioni economiche formulate sia dalle principali organizzazioni internazionali, sia da prestigiosi istituti di studi della congiuntura, tutte improntate ad un netto pessimismo; ogni aggiornamento delle previsioni statistiche rivedeva al basso quelle precedenti e si aveva oramai l’impressione che si stesse andando incontro non tanto ad un rallentamento del ciclo internazionale ma a una vera e propria fase recessiva.

Per contro i dati sull’andamento dell’economia lombarda sembravano contrastare con questi scenari e persino i dati sull’andamento del mercato del lavoro provinciale forniti dai Centri per l’Impiego sembravano non registrare ripercussioni significative sull’economia provinciale. E’ pur vero che i dati amministrativi dei Centri per l’Impiego, per i motivi che abbiamo poc’anzi richiamato, non si prestano ad essere utilizzati come indicatori congiunturali; ciò non di meno i dati sugli avviamenti, per quanto viziati dall’esplosione dei contratti di lavoro interinale, stavano indicando che la lunga corsa del mercato del lavoro milanese avviatasi alla fine del 1999 stava continuando. Ma sarebbe continuata?

Da quell’interrogativo nacque l’idea di operare, compatibilmente con l’esiguità delle risorse disponibili, un grosso sforzo conoscitivo, che consentisse di approfondire la conoscenza di Milano, della sua economia e delle caratteristiche del suo mercato del lavoro nel quadro della nuova situazione internazionale. Le linee guida del rapporto furono quindi individuate in quattro punti rappresentati da un’attenzione:

• alla dimensione mondiale dei processi che influenzano le performance dell’economia milanese e agli impatti che questi producono sulle realtà locali;

• alle caratteristiche prevalenti del mercato del lavoro, fortemente connotato da processi di flessibilizzazione, e agli impatti che questi producono sul mondo del lavoro attraverso la diffusione dei lavori atipici;

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• alle eccellenze di Milano, attraverso l’esame dei processi in atto in alcuni settori strategici e alle ricadute occupazionali che questi inducono;

• ad alcuni aspetti problematici o di autentica fragilità sociale che pure si riscontrano nel mercato del lavoro milanese.

Avvalendosi del prezioso apporto del C.D.R.L., un istituto di ricerca esterno che in questi due anni ha concorso al processo di rinnovamento e alla riprogettazione del rapporto sul mercato del lavoro, l’Osservatorio ha dato il via ad un originale processo di progettazione collettiva che ha coinvolto una quindicina di ricercatori esterni, che ha consentito di focalizzare l’attenzione su una serie di tempi che sono poi in gran parte confluiti nel volume che qui presentiamo.

Il primo filone d’indagine ha cercato di contestualizzare l’andamento dell’economia milanese nel quadro complesso e contraddittorio che si era venuto determinando in quei mesi. Consapevoli della forte integrazione e interdipendenza dell’economia milanese e lombarda con l’insieme dell’economia mondiale, e, nello stesso tempo, dell’importanza del ruolo che le singole realtà locali potevano assumere nel nuovo contesto economico, il primo input di lavoro dato fu quello di sviluppare una riflessione che prestasse una grande attenzione agli andamenti dell’economia mondiale ma nello stesso individuasse alcuni indicatori che consentissiro di “leggere” l’andamento dei sistemi economici periferici attraverso gli unici “dati freschi” di cui si poteva disporre, ovvero quelli desumibili dai dati amministrativi dei Centri per l’Impiego.

E’ per rispondere a questa duplice esigenza che è nata la parte prima del rapporto, che in primo luogo dà conto delle politiche economiche e monetarie attuate nelle tre grande aree economiche mondiali (Usa, Giappone, Paesi dell’area Euro) e del complesso gioco che l’interazione tra le scelte degli uni aveva sulle performance degli altri, cercando di ricavare anche alcune indicazioni di carattere previsionale.

In secondo luogo si è tracciata una descrizione sull’andamento del mercato del lavoro milanese, inquadrandolo nell’andamento più generale del mercato del lavoro italiano e lombardo e sottolineando come nel 2001 Milano abbia condiviso con il resto del Paese un processo di ulteriore crescita dell’occupazione (seppure con tassi di variazione più contenuti di quanto non è avvenuto a livello nazionale e regionale) e una significativa contrazione della disoccupazione (più elevata del calo registrato nell’Italia nel suo insieme, più contenuto di quello registrato nel resto della Lombardia). Dati buoni, ma non eccelsi, che contrastano però con quelli sugli avviamenti che, seppur drogati dall’esplosione del lavoro interinale, presentano tassi di incremento superiori al 25%, un dato che si manterrebbe

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su livelli simili anche depurandoli dall’interinale. La combinazione di questi dati ha quindi evidenziato che Milano possiede una forte capacità attrattiva anche rispetto al resto del mercato del lavoro nazionale, un dato che è stato confermato anche dai risultati contenuti dal rapporto sulla mobilità del lavoro, che evidenzia come quasi il 20% degli avviamenti sia rappresentato da lavoratori provenienti da fuori regione. L’indagine qui presentata conferma inoltre come il mercato del lavoro milanese si confermi una delle realtà in cui i processi di flessibilità hanno trovato maggiore diffusione. Anche quest’anno, gli avviamenti si attestano su valori molte elevati, prossimi al 65%, ma significativamente più bassi rispetti a quelli del 2000, nonostante la crescita sostenuta del lavoro interinale. Ciò testimonia che a Milano, come e più che nel resto d’Italia, il 2001 è stato caratterizzato da una ripresa del lavoro standard, full-time e a tempo indeterminato, a riprova che il perdurante andamento positivo del mercato del lavoro e l’eccesso di flessibilità degli scorsi anni sta forse inducendo anche nelle imprese una fase di ripensamento che tende a portare a guardare in modo diverso alla politica delle risorse umane.

La terza linea di indagine che sostanzia la prima parte del lavoro è rappresentata da un tentativo di verificare, utilizzando i dati sugli avviamenti dei Centri per l’Impiego, lo stato di salute delle diverse aree della provincia conducendo un’analisi che si rifà al metodo della SWOT analisys, e cerca di verificare i punti di forza e di debolezza dei sistemi economici locali. Si tratta di un esercizio di cui sono chiari i limiti, e che tuttavia cerca di ovviare all’assenza di statistiche economiche a livello locale. Lo studio sembra confermare che, contrariamente a quanto avvenuto nel 2000, quando un andamento sostenuto del ciclo economico aveva trascinato tutte le aree in una fase di crescita generalizzata, l’andamento più blando del ciclo registratosi lo scorso anno sembra aver impattato in maniera differenziata sulle diverse aree, privilegiando le aree storicamente più forti della provincia e facendo emergere alcuni punti di sofferenza nelle aree più marginali della provincia.

Come si è detto poc’anzi, le esigenze conoscitive del rapporto sul mercato del lavoro non si esaurivano nell’analisi delle dimensioni quantitative del fenomeno, ma per la prima volta puntavano a condurre una serie di approfondimenti sulle caratteristiche del lavoro e dei lavoratori nella Milano che cambia. Nell’ultimo decennio il Rapporto sul mercato del lavoro ha rappresentato lo strumento che ha scandito l’avanzata delle forme di lavoro atipico, pur lasciando ad altri il compito di pubblicizzare maggiormente questo dato. Quest’anno, grazie ad un enorme lavoro di elaborazione delle banche dati dei Centri per l’Impiego, si è cercato per la prima volta di andare ad analizzare nel dettaglio una serie di figure di

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lavoratori atipici milanesi, prendendo in esame quattro modalità contrattuali, le due forme di flessibilità in entrata (l’apprendistato e i contratti di formazione lavoro), una forma ormai consolidata come quella del part-time e un ulteriore approfondimento sui lavoratori interinali che sviluppa ulteriormente il pionieristico lavoro condotto nel Rapporto dello scorso anno.

Questi approfondimenti confermano con chiarezza che a Milano, fatta eccezione per il lavoro interinale, tutte le modalità di lavoro flessibile hanno segnato il passo nel 2001, alcuni in termini relativi rispetto al numero complessivo degli avviamenti, altri anche in termini assoluti. Il dato dei Cfl risente sicuramente del quadro di incertezza che circonda tale istituto dopo il pronunciamento dell’Unione Europea sull’ammissibilità di questo istituto. Tuttavia non si può escludere che stiano emergendo anche altri problemi. I profili dell’apprendista e dell’avviato con contratto di formazione lavoro sembrano indicare che i due strumenti sono utilizzati in maniera preferenziale da tipologie diverse di imprese (manifatturiere e per coprire prevalentemente mansioni operaie l’apprendistato, imprese terziarie e per formare figure impiegatizie i Cfl); nonostante ciò emerge che, nonostante i due istituti si presentino per certi aspetti complementari tra loro (si pensi alla diversità anagrafica delle utenze potenziali) essi presentano anche caratteri abbastanza marcati di concorrenzialità, che giustifica l’interrogativo se non si debba pensare a forme di semplificazione delle forme di incentivazione all’assunzione di forza lavoro giovanile, anche per ovviare agli effetti di spiazzamento che si avvertono nei lavoratori più avanti negli anni e dotati di un bagaglio di competenze più obsoleto. E’ un tema, questo, a cui allude, seppure in modo sfumato l’approfondimento sui disoccupati over 40 presentato nella quarta parte del Rapporto.

L’approfondimento sul part-time conferma un’immagine del lavoratore a tempo parziale abbastanza consolidata dalla letteratura sociologica sul mercato del lavoro che tuttavia giustifica una serie di interrogativi come, ad esempio, se questo tipo di contratto incontri effettivamente scelte di vita dei lavoratori (e soprattutto delle lavoratrici) o non rappresenti uno strumento di conciliazione tra ruoli lavorativi e vita domestica, in presenza di un sistema di welfare debole soprattutto per le donne con significativi carichi famigliari. E’ un problema che si affaccia, ad esempio, anche nel contributo sugli inoccupati neoassunti condotto nella parte quarta del Rapporto. E ancora, emerge una domanda sull’effettivo gradimento da parte delle imprese per questo istituto che, se sembra particolarmente idoneo a garantire forme di flessibilità adeguate per le imprese operanti ad esempio nel commercio o che hanno cicli produttivi organizzati su più turni, non

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sembra essere ugualmente bene accetto in altri settori dove la preferenza sembra andare a forme di occupazione standard. E’ presumibile che una espansione significativa del lavoro part-time potrà registrarsi solo se si riuscirà ad introdurre meccanismi incentivanti per le imprese, che abbinino al fattore della flessibilità, anche quello della convenienza sul versante dei costi.

Da ultimo, il lavoro interinale, che ha risentito degli attuali limiti organizzativi dei Centri per l’Impiego, ha fornito due spaccati sui profili del lavoratore temporaneo in provincia di Milano (sull’universo dei soggetti interessati) e a Milano (sulla quota minoritaria registrata dal Centro per l’Impiego). Ne emerge uno spaccato dicotomico, dove all’immagine di un lavoratore maschio, operaio, occupato nell’industria, con un basso livello di scolarità e con una modesta qualifica di avviamento della provincia, si contrappone quella della lavoratrice donna, impiegata, utilizzata dalle imprese del terziario, con un titolo di studio medio - alto e con qualifiche più elevate di Milano città. Milano e la sua provincia sembrano quindi riassumere in sé entrambe le tipologie del lavoratore interinale così come ci venivano consegnate dalla legge che introduceva tale istituto nel nostro ordinamento. Il profilo dei lavoratori interinali conferma inoltre in misura particolarmente evidente un dualismo presente nell’economia della provincia di Milano, che l’eccezionalismo e le eccellenze del capoluogo sembrano mettere costantemente in ombra. Milano, o meglio la sua provincia, è e resta una realtà con un consistente tessuto manifatturiero, di cui una domanda di lavoro così vivace manifesta la forza ma allo stesso tempo una debolezza derivante dalla carenza di figure professionali qualificate. Approfondimenti ulteriori dovranno eventualmente incaricarsi di verificare se, e in che misura, il lavoro interinale è effettivamente, come da molti parti si sostiene (ma i nostri dati non consentono di validare), l’anticamera per un’assunzione a tempo indeterminato. Parimenti, un monitoraggio di questa modalità contrattuale, consentirà di cogliere come, anche se in una realtà che presenta un mercato del lavoro in cui si manifestano palesi tensioni da carenza di offerta, si stiano effettivamente affermando tra le società di lavoro temporaneo e quella fascia di lavoratori qualificati che pure transitano nel circuito del lavoro interinale, nuove modalità di rapporto finalizzate a fidelizzare questi lavoratori.

Complessivamente, il profilo dei lavoratori flessibili che viene colto nei diversi contributi restituisce un’immagine del lavoratore flessibile in cui la componente femminile è in genere più elevata della media del mercato del lavoro e con una forte componente giovanile, mentre le altre variabili, a cominciare dal titolo di studio si presentano più problematiche. Questo fa pensare quindi che complessivamente queste modalità lavorative siano

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spesso viste come forme di ingresso (o, nel caso delle donne più mature, di reingresso) sul mercato del lavoro, sulla cui efficacia non ci si può però pronunciare sulla scorta dei dati di un solo anno. Anche questo dato rinvia alla necessità di sviluppare un’attività di monitoraggio permanente di questi fenomeni, che consentano di verificare l’effettiva capacità di questi contratti atipici di generare “buona occupazione”.

L’andamento del mercato del lavoro che a Milano sembra manifestare andamenti positivi la cui portata va oltre i dati forniti annualmente dall’Istat, ci ha poi spinto a puntare l’attenzione su alcuni settori trainanti dell’economia metropolitana, per cercare di cogliere i fattori di tenuta e di crescita del sistema produttivo locale, al di là dell’andamento congiunturale. Questa parte del rapporto ha scontato una serie di difficoltà che ne hanno limitato l’ampiezza e anche il grado di approfondimento per le due realtà, il settore bancario e la moda, che comunque siamo riusciti ad indagare.

Benché avessimo volutamente puntato l’attenzione su due settori “forti”, alla fine abbiamo riscontrato che anche questi comparti presentano problemi, molto diversi tra loro e che nel caso del settore del credito impattano duramente sul mercato del lavoro. Nonostante ciò, entrambi i settori non hanno palesato particolari necessità in termini di politiche pubbliche, se non per aspetti che prescindono in massima parte dall’ambito delle politiche del lavoro.

La moda, in particolare, sembra essere un settore che soddisfa in massima parte le proprie esigenze attraverso canali informali, in cui un ruolo fondamentale è giocato dal capitale culturale e da quello sociale che i singoli riescono a giocare. Per contro le politiche pubbliche sembrano poter avere un ruolo solo nell’ambito della formazione, già ampiamente presidiato del resto dall’iniziativa di numerosi attori privati. Le necessità del settore sembrano invece manifestarsi più per quanto riguarda le necessità infrastrutturali legate alla promozione e alla costruzione degli eventi, anche se sotto questo aspetto Milano possiede una serie di vantaggi competitivi derivanti dalla possibilità di creare sinergie con altri settori come quello della comunicazione e dello spettacolo.

Il settore del credito, invece, soffre di una fase di crescita legata ai processi connessi alla globalizzazione dei mercati e alla internazionalizzazione delle imprese, che ha imposto una fase di concentrazioni che hanno comportato pesanti effetti in termini di esuberi di personale. La riorganizzazione del settore ha altresì comportato una significativa trasformazione delle figure professionali richieste, che ha creato anche momenti di mismatch tra esigenze delle imprese e forza lavoro alle dipendenze. Complessivamente il settore perde (e presumibilmente

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continuerà a perdere) addetti, anche se in buona parte le perdite del settore dell’intermediazione monetaria potranno essere compensati dalla crescita complessiva delle attività finanziarie. La specializzazione crescente dei grandi gruppi, ha inoltre fatto emergere alcune nicchie produttive, capaci a loro volta di generare nuova occupazione, anche se in genere la creazione di questi nuovi posti di lavoro avrà effetto nullo sul mercato del lavoro locale, visto che spesso il reclutamento di queste figure professionali avviene sottraendo operatori già attivi nelle altre piazze finanziarie internazionali.

L’ultima parte del rapporto prevedeva una serie di approfondimenti tematici, di alcuni dei quali (gli inoccupati neoassunti, i disoccupati over-40 e la mobilità) si è fatto cenno nelle pagine precedenti. In tutti questi casi si ribadisce come le monografie siano state condotte attraverso l’elaborazione delle informazioni desunte dai dati amministrativi dei Centri per l’Impiego.

Va ancora fatto cenno di due ulteriori contributi, che hanno toccato due temi spinosi per quanto riguarda la gestione delle politiche pubbliche del mercato del lavoro, ovvero l’inserimento lavorativo dei disabili e la questione dei lavoratori stranieri.

Il primo contributo si configura come uno sviluppo di un altro saggio apparso nel rapporto dello scorso anno. In particolare, attraverso l’analisi delle informazioni contenute nella banca dati del progetto Match, realizzato in questi due anni dalla provincia di Milano, si è sviluppata un’analisi dettagliata delle caratteristiche personali dei disabili che hanno aderito al progetto e che sono quindi alla ricerca di un posto di lavoro, e della domanda di mansioni espressa dalle imprese che hanno siglato convenzioni con la Provincia per arrivare ad un adeguamento dei propri organici come previsto dalla legge 68/99. Il saggio ha messo in luce l’esistenza di una scarsa coerenza tra l’offerta di lavoro e la richiesta di mansioni delle imprese, delineando un ampio campo d’azione per interventi di carattere formativo (e non solo) per ovviare a questo mismatch.

Il contributo sulla presenza straniera ha preso in esame le caratteristiche dello domande di lavoratori stranieri presentate quest’anno dalle imprese milanesi, in base alla normativa vigente sulla quote ammissibili di lavoratori stranieri che per la provincia di Milano, si sono rivelate risibili.

Infatti, come si è evidenziato anche nella prima parte del rapporto, la presenza straniera sul mercato del lavoro è massiccia, com’è testimoniato dal 13% di avviamenti rappresentato da lavoratori stranieri, a riprova di una domanda latente molto forte soprattutto per quanto riguarda le attività connesse ai servizi di cura, ma anche nell’industria e nei servizi alla persona, come ad esempio, la sanità. Il contributo evidenzia però come il meccanismo abbia mortificato le esigenze del sistema produttivo milanese,

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anche quando esprime bisogni di professionalità fortemente carenti nella nostra realtà.

Complessivamente il Rapporto 2001 fornisce quindi uno spaccato molto ricco, dettagliato, ricco di indicazioni operative e di spunti di riflessione per i policy makers. Un risultato che, probabilmente, va oltre le aspettative che ci eravamo prefissi al momento dell’impostazione di questo lavoro e che conferma quindi la validità non solo del lavoro svolto, ma anche delle scelte metodologiche che ne stanno alla base, anche quando queste apparivano più azzardate. I risultati a cui siamo approdati rappresentano quindi un incoraggiamento nella prosecuzione del lavoro intrapreso al momento del passaggio delle competenze alle Province dei servizi per l’impiego per integrare le attività istituzionali di questi ultimi con quella delle strutture preposte alla elaborazione delle politiche per l’impiego.

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