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ENTI PREVIDENZIALI PRIVATI: TRA MODELLO ORGANIZZATIVO EX D.LGS. 231/2001 E NORMATIVA ANTI-CORRUZIONE E TRASPARENZA

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ORGANIZZATIVO EX D.LGS. 231/2001 E NORMATIVA ANTI-CORRUZIONE E TRASPARENZA

Mario ippolito, Avvocato e Dottore Commercialista in Milano, presso Carnelutti Studio legale Associato

Il presente lavoro si propone come obiettivo quello di delineare possibili soluzioni operative per consentire agli Enti Previdenziali Privati di munirsi di adeguati strumenti di prevenzione, posti a tutela dell’importante patrimonio di liquidità che tali Enti si trovano a gestire, nella salvaguardia degli interessi degli iscritti, cercando di sbrogliare la complessa matassa fatta di intrecci, sovrapposizioni, duplicazioni, creata dalla difficile interconnessione tra d.lgs. 231/2001, Legge Anti-Corruzione e Decreto Trasparenza. In particolare, l’elaborato esamina in dettaglio il tema della qualificazione giuridica degli Enti Previdenziali Privati, dalla quale discendono importanti conseguenze sotto il profilo dell’individuazione delle discipline di natura penal-preventiva applicabili.

Alla luce di tale analisi, in virtù anche della Determinazione n. 8 del 17 giugno 2015 dell’ANAC si propone una possibile soluzione metodologica, incentrata sull’adozione del Modello organizzativo ex d.lgs. 231/2001 da parte degli Enti Previdenziali Privati, con una duplice funzione sia preventiva che di Fraud Prevention, nel quale calare alcuni aspetti procedurali del Piano Nazionale Anticorruzione in materia di rapporti con la PA.

Infine, tenuto conto delle indicazione dell’ADEPP, il ventaglio degli strumenti di prevenzione è completato dall’adozione di un codice per la Trasparenza, che delinei le informazioni sull’Ente da rendere pubbliche.

1. Premessa introduttiva

L’attuale contesto normativo risulta essere caratterizzato da un sistema composito di norme, che si propongono il fine di prevenire la commissione di reati da parte degli Enti. In tale direzione operano (i) per quanto riguarda il settore privato, le norme di cui al d.lgs. 231/2001 in materia di responsabilità amministrativa degli enti e delle persone giuridiche, (ii) per quanto riguarda il settore pubblico, la legge Anti-corruzione 190/2012 recante «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella PA» ed il d.lgs. 33/2013, recante il «Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle PA», Decreto Trasparenza.

Vi sono peraltro Enti, che risultano destinatari di tutte le norme sopra citate, quali ad esempio le società a partecipazione pubblica, per le quali l’Autorità Nazionale Anticorruzione («ANAC»), a più riprese, dapprima con il Piano Nazionale Anticorruzione

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(«P.N.A.»1), previsto dall’art. 1, comma 4, lett. c) della legge Anti-corruzione, e poi successivamente con diverse Linee Guida, tra cui da ultimo le «Linee Guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle PA e degli enti pubblici economici2», ha cercato di fornire indicazioni utili ai fini dell’integrazione dei vari strumenti di natura penal-preventiva previsti dalle differenti normative ricordate, ed in particolare Modello organizzativo ex d.lgs. 231/2001 e Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione («P.T.P.C.»), inclusivo degli obblighi di pubblicità e di trasparenza3.

Ma le società a partecipazione pubblica non esauriscono la tipologia di Enti che presentano una connotazione bi-fronte, pubblico/privato; tale connotazione è presente anche in una particolare categoria di soggetti rappresentata dagli Enti Previdenziali Privati, chiamati a gestire il sistema pensionistico e previdenziale dei liberi professionisti.

Tenuto conto della peculiarità e specialità di tali Enti, il presente contributo si propone come obiettivo quello di delineare possibili soluzioni operative per consentire a tali Enti di munirsi di adeguati strumenti di prevenzione posti a tutela dell’importante patrimonio di liquidità che gli Enti Previdenziali Privati si trovano a gestire, nella salvaguardia degli interessi degli iscritti, cercando di sbrogliare la complessa matassa fatta di intrecci, sovrapposizioni, duplicazioni, creata dalla difficile interconnessione tra d.lgs. 231/2001, Legge Anti-Corruzione e Decreto Trasparenza.

2. La qualificazione giuridica degli Enti Previdenziali Privati

Il primo elemento di criticità, che ha importanti ripercussioni ai fini della definizione e delimitazione del campo di applicazione delle discipline con finalità penal-preventiva sopra richiamate, è rappresentato dalla qualificazione giuridica da riconoscere a tali Enti.

Al riguardo è opportuno effettuare in via preliminare una breve ricostruzione del sistema di tutela obbligatoria previsto nell’ordinamento previdenziale italiano; in dettaglio, quest’ultimo è strutturato in due settori di riferimento, l’uno destinato ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, autonomi e collaboratori, gestito dall’INPS (che attualmente include anche le ex gestioni INPDAP ed ENPALS), l’altro indirizzato ai giornalisti e alle categorie di liberi professionisti, gestito dagli enti previdenziali di

1 Il P.N.A. è stato redatto ed approvato con delibera n. 72, 11 settembre 2013.

2 L’ANAC ha definitivamente approvato, con la Determinazione n. 8, 17 giugno 2015, le citate Linee Guida, poste in consultazione pubblica dal 25 marzo al 15 aprile 2015. Le Linee guida sono volte a orientare tutte le società e gli enti di diritto privato in controllo pubblico o a partecipazione pubblica non di controllo, nonché gli enti pubblici economici nell’applicazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione, di cui alla l. 190/2012, e trasparenza, di cui al d.lgs. 33/2013, con l’obiettivo primario che essa non dia luogo ad un mero adempimento burocratico, quanto invece venga adattata alla realtà organizzativa delle singole società e enti per mettere a punto strumenti di prevenzione mirati e incisivi.

Le Linee guida si rivolgono anche alle amministrazioni controllanti, partecipanti e vigilanti cui spetta attivarsi per assicurare o promuovere, in relazione al tipo di controllo o partecipazione, l’adozione delle misure di prevenzione e trasparenza. I contenuti delle Linee guida costituiscono il risultato dei lavori svolti dal Tavolo congiunto istituito dall’Autorità nazionale anticorruzione e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF). Esse non riguardano le società con azioni quotate e quelle emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati per le quali l’Autorità adotterà, entro il mese di luglio 2015, specifiche Linee guida.

3 Si veda al riguardo ippolito, Società a partecipazione pubblica tra Piano per la prevenzione della corruzione ex l.

190/2012 e Modello organizzativo ex d.lgs. 231/2001: possibili soluzioni operative, in questa Rivista, 3/2014, 53.

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diritto privato, istituiti con d.lgs. 509/1994 (enti trasformati da pubblici in privati) e con d.lgs. 103/1993 (costituzione enti privati). Gli enti di previdenza dei liberi professionisti si distinguono, pertanto, in i) «privatizzati4», ossia quelli che ai sensi del d.lgs. 509/1994 si sono trasformati da pubblici a privati, mediante acquisizione dello status di persona giuridica privata, associazione, fondazione, di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza, ii) «privati», cioè quelli che sono nati direttamente acquisendo la forma giuridica di fondazioni ai sensi del d.lgs. 103/19965 6.

Al riguardo, occorre evidenziare che l’art. 1, comma 2, d.lgs. 509/1994 precisa che

«gli enti trasformati continuano a sussistere come enti senza scopo di lucro e assumono la personalità giuridica di diritto privato, ai sensi degli artt. 12 ss. c.c. (...) rimanendo titolari di tutti i rapporti attivi e passivi dei corrispondenti enti previdenziali e dei rispettivi patrimoni».

D’altra parte gli artt. 2 e 3, d.lgs. 509/1994 evidenziano numerosi momenti di ingerenza ed intervento dello Stato nell’attività gestionale, amministrativa e contabile degli enti previdenziali in esame: la possibilità di commissariamento da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali in caso di disavanzo economico-finanziario o di gravi violazioni da parte degli organismi di amministrazione (art. 2, commi 4 e 6), la vigilanza del Ministero del lavoro, unitamente al Ministero dell’economia e delle finanze, in forma di approvazione dello statuto, dei regolamenti e di ogni eventuale modifica degli stessi (art. 3, commi 1, 2 e 3), il controllo generale sulla gestione delle assicurazioni obbligatorie esercitato dalla Corte dei Conti.

Inoltre la Direzione Generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali esercita anche una vigilanza tecnico-finanziaria sui medesimi Enti di previdenza privati; in particolare la Direzione esamina i bilanci preventivi, le note di variazione e i bilanci consuntivi, formulando eventuali osservazioni e rilievi; effettua l’analisi dei bilanci tecnico-attuariali, finalizzata alla verifica della sostenibilità finanziaria e dell’adeguatezza delle prestazioni previdenziali; approva i regolamenti di contabilità e amministrazione e verifica la legittimità e congruità dei piani triennali di investimento degli enti previdenziali finalizzata al rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica.

Tale breve esame normativo evidenzia la connotazione bi-fronte pubblico/privata degli Enti previdenziali in esame: Enti con forma giuridica di natura prettamente privatistica, soggetti alle norme del c.c. ed al controllo pubblico. Nel corso degli anni vi sono stati numerosi interventi regolatori e giurisprudenziali, che hanno cercato di affrontare tale tema, facendo di fatto prevalere l’anima pubblica su quella privata di tali Enti.

A livello giurisprudenziale si sono alternate decisioni del TAR e del Consiglio di Stato, in merito alla qualificazione giuridica degli Enti previdenziali privati a seguito

4 Tra cui Cassa nazionale di previdenza e assistenza avvocati e procuratori legali; Cassa di previdenza tra dottori commercialisti; Cassa nazionale previdenza e assistenza geometri; Cassa nazionale previdenza e assistenza ingegneri e architetti liberi professionisti; Cassa nazionale del notariato; Cassa nazionale previdenza e assistenza ragionieri e periti commerciali; Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio (ENASARCO); Ente nazionale di previdenza e assistenza consulenti del lavoro (ENPACL); Ente nazionale di previdenza e assistenza medici (ENPAM); Ente nazionale di previdenza e assistenza farmacisti (ENPAF); Ente nazionale di previdenza e assistenza veterinari (ENPAV);

Ente nazionale di previdenza e assistenza per gli impiegati dell’agricoltura (ENPAIA); Fondo di previdenza per gli impiegati delle imprese di spedizione e agenzie marittime; Istituto nazionale di previdenza dirigenti aziende industriali (INPDAI);

Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI); Opera nazionale assistenza orfani sanitari italiani (ONAOSI).

5 Come ad esempio l’Ente di previdenza ed assistenza pluri-categoriale (EPAP).

6 Ai fini del proseguo dell’analisi in ogni caso si farà riferimento congiuntamente ad Enti Previdenziali Privati, essendo la distinzione appena menzionata rilevante solo a fini meramente sistematici.

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del loro inserimento nell’elenco ISTAT. In dettaglio nel 2006 l’ISTAT aveva inserito gli Enti previdenziali privati tra gli Enti Pubblici del proprio elenco; le Casse private avevano impugnato l’Elenco ISTAT 2006 ed avevano avuto ragione nel sostenere la loro natura privatistica (Tar Lazio-Roma n. 1938/2008), anche se poi la sentenza fu sospesa dal Consiglio di Stato (n. 3695/2008). Poco dopo il fenomeno si è ripetuto con l’Elenco ISTAT 2011 ed anche in questo caso il Tar Lazio ha dato ragione alle Casse (Tar Lazio-Roma n. 224/2012). Senonché il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6614/2012, ha affermato che gli Enti previdenziali privati conservano una funzione strettamente correlata all’interesse pubblico, costituendo la privatizzazione una innovazione di carattere essenzialmente organizzativo.

Un’ulteriore indicazione sul riconoscimento della prevalenza del carattere pubblico rispetto a quello privatistico delle Casse proviene dalla segnalazione effettuata, ai sensi dell’art. 6, comma 7, lett. e) ed f), d.lgs. 163/2006, e depositata presso la segreteria del Consiglio dei Ministri in data 3 febbraio 2011, dall’allora Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (A.V.C.P.), le cui funzioni con il decreto l. 90/2014 convertito in l. 114/2014 sono state trasferite all’ANAC.

Mediante tale segnalazione, l’Autorità attribuisce alle Casse previdenziali private la qualifica di organismi di diritto pubblico e come tali riconosce il loro assoggettamento alla disciplina di cui al d.lgs. 163/2006, Codice degli Appalti; al riguardo l’Autorità fonda la propria tesi, partendo dalla definizione di organismo di diritto pubblico prevista dall’art. 1, paragrafo 9, della direttiva 2004/18/CE e dall’art. 3, comma 26, Codice degli Appalti, che ne costituisce attuazione: si definisce organismo di diritto pubblico qualsiasi organismo, anche in forma societaria: (i) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, avente carattere non industriale o commerciale; (ii) dotato di personalità giuridica; (iii) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico. L’Autorità ritiene sussistente tutti e tre i parametri sopra citati in un Ente previdenziale privato e conseguentemente quest’ultimo deve annoverarsi nella categoria di organismo di diritto pubblico. In particolare, per ciò che concerne il terzo parametro, «l’influenza pubblica dominante deve ritenersi sussistente dal momento che la contribuzione obbligatoria di tipo solidaristico, posta a carico degli iscritti, realizza una forma indiretta di concorso finanziario dello Stato. Ed infatti, pur essendo previsto (art. 1, comma 3, d.lgs.

509/1994) che, agli enti previdenziali privatizzati, «non sono consentiti finanziamenti pubblici diretti o indiretti, con esclusione di quelli connessi con gli sgravi e la fiscalizzazione degli oneri sociali», tuttavia, la contribuzione obbligatoria sancita dalla stessa norma rappresenta comunque una erogazione di denaro riconosciuta all’ente ex lege: essa, sebbene non integri una obbligazione formalmente tributaria, è idonea ad integrare lo schema del finanziamento pubblico».

Da ultimo è intervenuta l’ANAC che al paragrafo 3.2 delle «Linee Guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle PA e degli enti pubblici economici» definisce le Casse di previdenza dei liberi professionisti

«Enti di diritto privato solo partecipati da PA», facendone discendere una serie di

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conseguenze utili ai fini dell’individuazione del prefigurato bandolo della matassa, come di seguito dettagliato.

Nello specifico l’ANAC stabilisce che sono da ricomprendere tra gli «altri enti di diritto privato partecipati» quegli enti di natura privatistica, diversi dalle società, non sottoposti a controllo pubblico, e cioè quelli le cui decisioni e la cui attività non risultano soggette al controllo dell’amministrazione7. Infatti, detti Enti, pur avendo natura di diritto privato, si possono configurare quali strutture organizzative che hanno un rilievo pubblico in quanto deputate a svolgere attività amministrative ovvero attività di interesse generale. Nonostante l’autonomia statutaria e gestionale loro riconosciuta, all’amministrazione sono attribuiti poteri di vigilanza in ragione della natura pubblica dell’attività svolta. Detti poteri possono sostanziarsi, ad esempio, nell’approvazione da parte dell’amministrazione degli atti fondamentali, nella formulazione di rilievi sui bilanci, nei compiti di verifica dell’effettiva tutela dei beneficiari secondo le forme individuate negli statuti.

Tale excursus dimostra la notevole complessità legata alla qualificazione giuridica di tali Enti bi-fronte con una netta prevalenza della matrice pubblica su quella privata, seppure in parte attenuata dalle ultime indicazioni dell’ANAC.

3. L’applicabilità delle normative penal-preventive alla luce della qualificazione giuridica degli Enti previdenziali Privati

La qualificazione giuridica degli Enti in esame risulta essere di rilevante importanza, al fine di stabilire, innanzitutto, se la normativa sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, ovvero la legge Anti-corruzione o il Decreto Trasparenza, si rendono applicabili.

Al riguardo l’art. 1, comma 2, d.lgs. 231/2001 prevede che il regime di responsabilità amministrativa si applica «agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica»; il comma 3 stabilisce che le disposizioni del decreto «non si applicano allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale».

7 Il paragrafo 3.1 delle citate Linee Guida individua i seguenti indici la cui ricorrenza può considerarsi sintomatica della sussistenza di un controllo pubblico:

1. L’istituzione dell’ente in base alla legge o atto dell’amministrazione interessata oppure la predeterminazione, ad opera della legge, delle finalità istituzionali o di una disciplina speciale.

2. La nomina dei componenti degli organi di indirizzo e/o direttivi e/o di controllo da parte dell’amministrazione.

3. Il prevalente o parziale finanziamento dell’attività istituzionale con fondi pubblici o il riconoscimento agli enti del diritto di percepire contributi pubblici. Ciò comporta che la gestione finanziaria degli stessi sia soggetta al controllo della Corte dei conti con le modalità previste dall’art. 2, l. 259/1958 per la gestione finanziaria degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria.

4. Il riconoscimento in capo all’amministrazione di poteri di vigilanza, tra i quali, ad esempio:

- l’approvazione, da parte dell’amministrazione, dello statuto, delle eventuali delibere di trasformazione e di scioglimento;

- l’approvazione, da parte dell’amministrazione, delle altre delibere più significative, come quelle di programmazione e rendicontazione economico – finanziaria;

- l’attribuzione all’amministrazione di poteri di scioglimento degli organi e di commissariamento e/o estinzione in caso di impossibilità al raggiungimento dei fini statutari o in caso di irregolarità o gravi violazioni di disposizioni legislative nonché in altri casi stabiliti dallo statuto.

5. La limitazione, da parte della legge, dell’apporto di capitale privato o della partecipazione dei privati.

6. Per le associazioni, la titolarità pubblica della maggioranza delle quote.

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Alla luce delle norme appena citate, gli Enti previdenziali privati, avendo la forma giuridica di associazioni, fondazioni rientrerebbero nell’alveolo dei soggetti destinatari delle norme di cui al d.lgs. 231/2001; d’altra parte si potrebbe sostenere che tali enti svolgono funzioni di rilievo costituzionale e, conseguentemente, rientranti nella causa di esclusione del sopra richiamato comma 3.

L’art. 1, comma 59, l. 190/2012 prevede che la disciplina sull’anti-corruzione si applica esclusivamente alle amministrazione pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, d.lgs. 165/20018. Il P.N.A contiene le linee guida per addivenire ad una corretta elaborazione ed implementazione dei P.T.P.C. e fornisce importanti precisazioni inerenti l’obbligo di adozione di tali piani; in particolare individua in dettaglio i destinatari del P.N.A., tra cui, nonostante quanto previsto dall’art.1 citato della legge Anti-corruzione, richiama anche «gli enti pubblici economici, gli enti di diritto privato in controllo pubblico, gli enti pubblici economici (ivi comprese l’Agenzia del demanio e le autorità portuali), le società partecipate e quelle da esse controllate ai sensi dell’art. 2359 c.c. per le parti in cui tali soggetti sono espressamente indicati come destinatari. Per enti di diritto privato in controllo pubblico si intendono le società e gli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle PA, sottoposti a controllo ai sensi dell’art.

2359 c.c. da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei quali siano riconosciuti alle PA, anche in assenza di partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi».

Pertanto, il P.N.A. ha esteso il campo di applicazione della disciplina sull’Anti- corruzione. Tuttavia, non contiene alcuna indicazione per stabilire se gli Enti previdenziali privati ne siano soggetti o meno.

Inoltre, a seguito dell’approvazione del P.N.A., la normativa anti-corruzione prevista dalla l. 190/2012 e dai decreti delegati ha subito significative modifiche da parte del d.l. 90/2014 convertito con modificazioni dalla l. 114/2014. In particolare, è stato ridisegnato l’assetto istituzionale incentrando nell’ANAC e nel suo Presidente il sistema della regolazione e della vigilanza in materia di prevenzione della corruzione ed è stato attribuito alla sola ANAC il compito di predisporre il P.N.A.

In materia di trasparenza, la disciplina contenuta nel d.lgs. 33/2013 che faceva riferimento alle sole PA quali destinatarie degli obblighi di trasparenza, è stata integrata dall’art. 24 bis, d.l. 90/2014, che ha esteso l’ambito di applicazione della disciplina della trasparenza agli «enti di diritto privato in controllo pubblico, ossia alle società e agli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c. da parte di PA, oppure agli enti nei quali siano riconosciuti alle PA, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi».

Nel contempo, il medesimo articolo ha previsto che alle società partecipate dalle PA

«in caso di partecipazione non maggioritaria, si applicano, limitatamente all’attività di

8 Ai sensi dell’art. 1, comma 2, d.lgs. 165/2001 «per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale».

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pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea, le disposizioni dell’art. 1, commi da 15 a 33, l. 190/2012».

Ma anche in tal caso alcuna indicazione utile risulta essere stata fornita per gli Enti previdenziali privati, sicché fino all’emanazione delle Linee Guida dell’ANAC più volte citate, le Casse di previdenza dei liberi professionisti si sono trovate in una situazione di limbo completa, nella quale l’adozione di un Modello organizzativo, la predisposizione di un P.T.P.C, l’applicazione della trasparenza, risultavano scelte discrezionali, più che adempimenti di obblighi normativi.

Come evidenziato al paragrafo precedente, l’ANAC ha definito le casse di previdenza dei liberi professionisti Enti di diritto privato solo partecipati da PA, facendone discendere una serie di conseguenze utili ai fini dell’individuazione degli strumenti di controllo con funzione penal-preventiva da adottarsi.

In particolare il paragrafo 3.2.1. delle citate Linee Guida precisa che tali Enti, non essendo considerati in controllo pubblico, non sono tenuti ad adottare un Piano di prevenzione della corruzione né a nominare un responsabile della prevenzione della corruzione.

Si richiede esclusivamente, su iniziativa e promozione delle PA partecipanti, l’adozione di protocolli di legalità, che:

• disciplinino specifici obblighi di prevenzione della corruzione e di trasparenza in capo a tali Enti, diversamente calibrati e specificati in base alla tipologia di poteri, di vigilanza, di finanziamento o di nomina, che l’amministrazione pubblica esercita; i protocolli di legalità devono disciplinare, ad esempio, gli obblighi di trasparenza e di informazione sull’uso delle risorse pubbliche da parte dei beneficiari, in presenza di finanziamenti pubblici riconosciuti a vario titolo all’Ente;

• consentano l’esercizio dei poteri di vigilanza delle PA.

Inoltre, le Linee Guida richiedono che le PA promuovano l’adozione, da parte di questi soggetti di Modelli come quello previsto nel d.lgs. 231/ 2001, laddove ciò sia compatibile con la dimensione organizzativa degli stessi.

Per quanto riguarda la trasparenza, le Linee Guida richiamano l’applicazione di semplificati obblighi di trasparenza individuati per le società a partecipazione pubblica non di controllo. Al riguardo il paragrafo 2.2.2, dedicato a tali società, prevede che, limitatamente alle attività di pubblico interesse eventualmente svolte, le società partecipate assicurano la pubblicazione nei propri siti web delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi (art. 1, comma 15, l.

190/2012), ivi inclusi quelli posti in essere in deroga alle procedure ordinarie (art.

1, comma 26); al monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali (art. 1, comma 28); ai bilanci e conti consuntivi (art. 1, comma 15); ai costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini (art. 1, comma 15); alle autorizzazioni o concessioni (art. 1, comma 16);

alla scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al d.lgs. 163/2006 (art. 1, commi 16 e 32); alle concessioni ed erogazioni di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché all’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati (art. 1, comma 16); ai concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale (art. 1, comma 16). I dati devono essere pubblicati in una apposita sezione del proprio sito, mentre non è richiesta la nomina del responsabile per la trasparenza.

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Alla luce di tali chiarimenti importanti dell’ANAC, ne consegue che un Ente previdenziale privato è di fatto chiamato:

- ad adottare un Modello organizzativo conforme a quanto previsto dal d.lgs.

231/2001;

- ad adottare semplificati protocolli anti-corruzione;

- ad applicare in misura limitata la disciplina sulla trasparenza.

Per quanto riguarda, poi, l’esatta individuazione degli obblighi di trasparenza è intervenuta l’ADEPP, l’Associazione degli Enti di Previdenza Privati che ha approvato nel mese di aprile 2015 specifiche linee guida per l’adozione di un Codice per la trasparenza.

In dettaglio tali linee guida dell’ADEPP individuano un set di informazioni da pubblicare sul sito degli enti in apposita sezione denominata «Cassa Trasparente»:

• informazioni concernenti l’organizzazione, i costi di funzionamento e di gestione:

- incarichi negli organi di vertice, con pubblicazione dei CV e dei compensi relativi alle cariche;

- descrizione degli uffici, le competenze e le risorse umane a disposizione di ciascun ufficio, i nomi dei responsabili dei singoli uffici;

- illustrazione in forma semplificata, ai fini della piena accessibilità e comprensibilità dei dati dell’organizzazione, dell’amministrazione, mediante l’organigramma o analoghe rappresentazioni grafiche;

- elenco dei numeri di telefono nonché delle caselle di posta elettronica istituzionali e delle caselle di posta elettronica certificata dedicate, cui il singolo iscritto possa rivolgersi per qualsiasi richiesta;

- dati relativi al conto annuale delle spese sostenute per il personale;

- informazioni relative ai titolari di incarichi di consulenza o collaborazione siano esse persone fisiche o persone giuridiche;

- servizi erogati agli utenti;

- andamento della spesa relativa ai consumi intermedi così come definita si sensi dell’art. 1, comma 417, l. 147/2013.

• informazioni concernenti i dati relativi ai patrimoni e agli investimenti:

- documento concernente la politica di investimento;

- prospetto recante l’esposizione delle attività detenute e le indicazioni sul valore delle passività connesse alle prestazioni istituzionali dell’Ente;

- documenti relativi all’asset allocation strategica;

- piani triennali di investimento e piani di impiego.

• dati in materia di previdenza:

- bilancio tecnico;

- dati relativi all’ammontare dei contributi versati, delle prestazioni erogate, nonché informazioni relative alla tempistica;

- disciplina e modulistica utile ai fini dell’erogazione della prestazione previdenziale ed assistenziale.

Le linee guida dell’ADEPP prevedono, inoltre, la nomina di un responsabile per la trasparenza con funzione di supervisore dell’adempimento dell’Ente degli obblighi di pubblicazione, i risultati della cui attività vanno riportati in apposita relazione da presentare annualmente al Consiglio di Amministrazione.

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4. Possibili soluzioni operative per un modello organizzativo di un Ente previdenziale privato

Alla luce di quanto evidenziato nel paragrafo precedente, gli strumenti di controllo con finalità penal-preventiva di cui un Ente previdenziale privato può, rectius, deve munirsi sono un Modello di organizzazione, gestione e controllo conforme ai principi di cui al d.lgs. 231/2001 ed un codice per la trasparenza, che si aggiunge al codice etico dell’Ente.

Con riferimento specifico, al Modello organizzativo, tenuto conto delle peculiarità di un Ente previdenziale privato, si ritiene opportuno che il modello deve avere non solo una funzione preventiva con riferimento ai reati posti in essere a vantaggio o interesse dell’Ente, ma anche una funzione più generale di Fraud Prevention, a tutela dell’immagine e del patrimonio dell’Ente.

Conseguentemente, le analisi e le valutazioni dei rischi ai fini della mappatura dei processi sensibili devono necessariamente tener conto di aree nelle quali possono essere commessi atti a danno dell’Ente.

In tale prospettiva si inserisce poi il tema dell’anti-corruzione; seppur un Ente previdenziale privato non è soggetto, come ampiamente evidenziato sopra alla disciplina di cui alla l. 190/2012, si ritiene che ai fini della corretta adozione ed implementazione di un Modello organizzativo di una Cassa di previdenza per liberi professionisti non si possa prescindere dall’analisi e valutazione dei rischi connessi agli atti di corruzione passiva. Ne consegue che l’individuazione di specifici processi sensibili e di appositi protocolli in chiave anti-corruzione possano essere integrati nel Modello organizzativo ex d.lgs. 231/2001 nella parte speciale dedicata ai reati nei rapporti con la PA.

Pertanto, ciascun Ente previdenziale privato, nella prospettiva della salvaguardia del patrimonio e della funzione previdenziale ai fini dell’erogazione delle prestazioni a beneficio dei propri iscritti, non può non dotarsi di un Modello organizzativo integrato anche ai fini anti-corruttivi, di un codice etico e di un codice per la trasparenza.

In tale contesto diviene importante evidenziare brevemente le peculiarità che possono incontrarsi nella redazione del modello organizzativo di una Cassa di previdenza di liberi professionisti, con riferimento specifico alle classi di reato potenzialmente integrabili e alle aree sensibili, tenuto conto della duplice funzione, penal-preventiva con riferimento ai reati posti in essere a vantaggio o interesse dell’Ente, e di Fraud Prevention. In primis, trattasi di identificare le fattispecie incriminatrici potenzialmente commettibili nella gestione di un Ente previdenziale privato.

Per quanto riguarda i reati contro la PA, è sufficiente evidenziare che gli esponenti di una Cassa sono investiti dello svolgimento di un pubblico servizio e dovrebbero pertanto rientrare nella fattispecie di «pubblico ufficiale» o/e di «incaricato di pubblico servizio» ex artt. 357 e 358 c.p. Inoltre le Casse sono soggette, come sopra evidenziato, al controllo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociale ed hanno rapporti con l’INPS.

Relativamente ai reati societari, si ricorda che le Casse hanno la forma giuridica di associazioni, fondazioni, conseguentemente gli stessi non dovrebbero trovare applicazione e non essere, pertanto, oggetto di mappatura all’interno di un modello organizzativo. Qualche riserva potrebbe sorgere con riferimento alla fattispecie della

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corruzione tra privati di cui all’art. 26359 c.c. Al riguardo si evidenzia che, mentre con riferimento alla società corrotta, il reato de quo richiede la commissione da parte di soggetti ben individuati dall’art. 2635 c.c., tanto da ascriversi alla categoria dei reati propri, relativamente al soggetto corruttore, la norma fa riferimento genericamente a

«colui» che dà o promette denaro o altra utilità a coloro che operano all’interno delle società. Per tale motivo si ritiene che tale reato, sotto il profilo del soggetto corruttore, possa essere commesso anche dalle persone operanti nelle Casse, quando non rivestono la funzione di pubblico ufficiale» o/e di «incaricato di pubblico servizio».

D’altra parte, tenuto conto delle attività di investimento della liquidità delle Casse in gestioni patrimoniali mobiliari, non si possono escludere i reati di market abuse, così come non possono escludersi i reati di ricettazione, riciclaggio, impiego di utilità illecite, alla luce degli importanti flussi monetari legati ai versamenti dei contributi e al loro consequenziale investimento in patrimoni mobiliari ed immobiliari.

Assumono altresì rilievo, seppur in maniera minore, i reati in materia anti-infortunistica e sicurezza sul lavoro, che sono quelli tipici di una società di servizi con rischio ufficio.

Inoltre, l’utilizzo rilevante di sistemi informativi, le integrazioni e connessioni con l’INPS, comportano la necessità di tener conto anche dei reati informatici.

Ne consegue che, nell’ambito di un Ente previdenziale privato, potrebbero essere integrati i seguenti reati:

• reati contro la PA;

• corruzione tra privati;

• reati di market abuse;

• reati di ricettazione, riciclaggio, impiego di utilità illecite, auto-riciclaggio;

• reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime commessi con violazione delle norme anti-infortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro;

• reati informatici.

In particolare, per quanto riguarda i reati contro la PA, i processi sensibili specifici per un Ente previdenziale privato, in un’ottica sia penal-preventiva che di Fraud Prevention, potrebbero essere così mappati:

• gestione dei rapporti previdenziali con gli iscritti (lavoratori attivi e pensionati10);

9 L’art. 2635 c.c., «Corruzione tra privati», punisce gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per altri, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società; per espressa previsione dei commi 2 e 3, la responsabilità penale è estesa anche a coloro che commettono il fatto, sottoposti alla direzione o vigilanza dei soggetti sopra menzionati, nonché a colui il quale dà o promette denaro o altra utilità. Il reato è procedibile a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nell’acquisizione di beni e servizi. Tale nuovo impianto normativo non limita la propria efficacia esclusivamente alle persone fisiche; infatti l’art. 1, comma 77, lett. b) della legge Anti-corruzione ha aggiunto all’art. 25 ter, d.lgs. 231/2001, tra i reati societari, la lett. s-bis), che rimanda al reato di corruzione tra privati, previsto dall’art. 2635 c.c., la cui commissione può dare luogo all’applicazione del regime di responsabilità amministrativa delle società e degli enti. In particolare l’art. 25 ter, comma 1, lett. s-bis), d.lgs. 231/2001 precisa che il reato di corruzione tra privati è fonte di responsabilità amministrativa, con riferimento esclusivo al soggetto corruttore, ovvero all’ente, il cui soggetto apicale o sottoposto dà o promette denaro o altra utilità agli gli amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci, liquidatori, persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di questi, della società corrotta. Tale precisione si è resa necessaria, in quanto solo l’ente corruttore persegue un interesse o un vantaggio mediante la commissione dell’atto corruttivo, mentre la società corrotta subisce generalmente un danno.

10 Ci si riferisce sia al ciclo dell’incasso dei contributi che al ciclo dell’erogazione delle prestazioni. Trattasi aree nelle quali si annidano i rischi tipici di attività di corruzione passiva, quali ad esempio:

• Gestione dei contributi

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• gestione degli investimenti e disinvestimenti del patrimonio immobiliare,

• gestione degli investimenti e disinvestimenti del patrimonio mobiliare.

Poi in chiave anti-corruzione, vi sono due aree che vanno mappate, anche ai fini di un raccordo con la disciplina dell’anti-corruzione come sopra auspicato. Trattasi, come previsto, peraltro, dall’allegato 2 del P.N.A. delle seguenti aree sensibili:

• acquisizione e progressione del personale;

• affidamento di lavori, servizi e forniture.

Con riferimento a tale ultima area si ricorda che gli Enti previdenziali privati sono soggetti al Codice degli Appalti.

Infine, ulteriori processi sensibili rilevanti e specifici riguardano il rapporto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, quali ad esempio:

• gestione delle ispezioni, controlli da parte degli Enti Vigilanti;

• trasmissione di documentazione agli Enti Vigilanti.

Per quanto riguarda il tema della corruzione tra privati, non vi sono peculiarità rispetto ad altri sistemi aziendali, con la conseguente necessità di monitorare adeguatamente il ciclo passivo di acquisti.

Relativamente ai reati di market abuse, i processi sensibili rilevanti sono rappresentati dalle attività di gestione del patrimonio mobiliare. In tale ottica, il Modello organizzativo dovrebbe prevedere l’utilizzo di gestori e advisor terzi indipendenti, che aderiscono ai principi ed ai protocolli di controllo previsti nel Modello organizzativo dell’Ente ed al relativo codice etico.

Per quanto riguarda i reati di riciclaggio, anche in tal caso i processi sensibili sono costituiti dalla gestione degli investimenti/disinvestimenti del patrimonio mobiliare ed immobiliare; un’adeguata proceduralizzazione del processo di investimento, accompagnata da una segregazione delle attività ed un’attenta valutazione degli interlocutori possono minimizzare tale rischio.

Non vi sono peculiarità specifiche con riferimento ai reati in materia di anti-infortunistica; i processi sensibili ed i presidi di controllo sono quelli tipici, come sopra evidenziato, di una società di servizi.

In merito ai reati informatici, i processi sensibili rilevanti potrebbero essere i seguenti:

• Gestione dei sistemi informativi e della sicurezza informatica;

• Gestione dei rapporti con sistemi informativi terzi (ad esempio INPS).

La mappatura dei processi sensibili deve poi essere necessariamente accompagnata dalla adozione ed implementazione di un adeguato sistema di controlli. In tal caso il

- Registrazione nel sistema di dati reddituali inferiori a quelli reali per consentire all’iscritto il versamento di contributi in misura minore;

- Registrazione nel sistema di dati contributivi superiori a quelli reali per consentire all’iscritto una prestazione maggiorata;

- Alterazioni del calcolo delle sanzioni e degli interessi dovuti dall’iscritto per ritardato pagamento dei contributi.

• Gestione delle prestazioni

- Pagamento di prestazioni maggiorate o non dovute;

- Erogazione di somme indebite per utilizzo irregolare della procedura ratei maturati e non riscossi, al fine di favorire un determinato soggetto;

- Concessione di pensioni di inabilità / invalidità non dovute;

- Liquidazione di prestazione (invalidità e inabilità) indebita per omessa/ irregolare acquisizione in procedura delle variazioni concernenti i requisiti del titolare, o per omessa registrazione del decesso dello stesso o della revoca della prestazione, al fine di favorire un determinato soggetto;

- Erogazione di pensione indebita per mancata verifica dell’esistenza in vita del beneficiario, in particolare se residente all’estero, volta a favorire un erede o un delegato alla riscossione.

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Modello organizzativo deve poggiarsi su un articolato sistema di procedure, che deve regolamentare i processi di gestione della previdenza, del patrimonio, della direzione generale, amministrazione ed organizzazione.

Ne deriva che solo in presenza di un sistema integrato, ove il Modello organizzativo assuma il ruolo di strumento principale di prevenzione dalla commissione di reati e protezione del patrimonio e dell’immagine di una Cassa, un Ente previdenziale privato può salvaguardare in maniera esauriente e completa la propria funzione previdenziale ed implementare, quindi, correttamente quanto indicato dalle Linee Guida dell’ANAC. Tale strumento, pertanto, si propone quale sintesi delle istanze operative e procedurali provenienti sia dal d.lgs. 231/2001 che dalla legge Anti-corruzione, il cui completamento è rappresentato dall’adozione di un Codice per la trasparenza; il Modello organizzativo costituisce, quindi per un Ente previdenziale privato il bandolo dell’intricata matassa di norme e regole sopra descritte. Per cui l’adozione del Modello organizzativo deve essere vissuta da un Ente non come un’imposizione sterile ma come un’opportunità tale da innescare un circolo virtuoso nell’interesse di tutti gli iscritti.

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