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Una visione strategica per il futuro della Difesa italiana

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Academic year: 2022

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I. La fine del XX secolo ha segnato per la Difesa nazionale una svolta epocale in termini di trasformazioni avviate, risultati ottenuti, riforme impostate e proiezione verso il futuro. Sul versante internazionale l’Italia si è impegnata con un alto profilo per il raggiungimento degli obiettivi fissati dal Vertice dell’Unione Europea a Helsinki nel quadro dello sviluppo di una comune Politica Europea di Sicurezza e Difesa, ed a favore della realizzazione dell’Identità Europea di Sicurezza e Difesa, quale rafforzato pilastro europeo in seno alla NATO.

II. Queste scelte sono il frutto di un nuovo ruolo e di nuove responsabilità in materia di sicurezza che il Paese ha saputo assumere nel corso delle ultime Legislature. In particolare, l’elevato contributo fornito in occasione delle missioni di pace nei Balcani, ancor più signifi- cativo se sommato all’effetto moltiplicatore derivato dall’essere stata nazione ospitante per la logistica1di parte predominante delle Forze Alleate, ha evidenziato l’acquisita consape- volezza che la pace non può essere garantita se non è condivisa anche all’esterno. L’onerosità e la varietà dei compiti assunti dalle Forze Armate nell’ambito delle operazioni di supporto alla pace (PSO) sono alla base dell’esigenza di professionalità trasfusa nel provvedimento di riforma del reclutamento. Un impegno professionale che rafforza la dimensione etica della scelta della condizione militare.

III. In una situazione profondamente mutata ed a distanza di 16 anni dall’ultimo, è parso utile e necessario ristabilire continuità di riflessione con i Libri Bianchi del 1977 e del 1985 per manifestare le grandi linee della politica nazionale nell’ambito della Difesa, in modo puntuale e con una visione strategica per l’avvenire.

IV. Il primo Libro Bianco, redatto durante la gestione del Ministro Lattanzio, confermò l’avvento di un ampio consenso tra maggioranza ed opposizione sui principi fondamentali della politica militare nazionale, a due anni dalla firma del Trattato di Helsinki tra NATO e Patto di Varsavia e dal varo delle leggi di finanziamento straordinario per le FF.AA. (1975).

Il secondo, voluto dal Ministro Spadolini, seminò il germe dell’attuale Politica Comune Europea di Sicurezza e Difesa, lanciando l’iniziativa italiana della rivitalizzazione dell’Unione dell’Europa Occidentale, alla vigilia della fine della Guerra Fredda. Esso pose anche le basi per l’attuale integrazione interforze nello strumento militare italiano.

Una visione strategica per il futuro della Difesa italiana

1) In occasione dell’operazione “Allied Force” l’AMI ha ospitato, come Host Nation Support (HNS), su 20 aerobasi il 60% di tutte le forze aree NATO coinvolte.

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V. “Nuove forze per un nuovo secolo” si propone di fare il punto della situazione all’indomani di profonde trasformazioni e scelte intervenute nel contesto internazionale e nel tessuto delle Forze Armate, con lo sguardo rivolto al futuro, ponendo a confronto queste riflessioni, in un dialogo (auspicabilmente più continuo e frequente) con l’opinione pubblica, secondo prassi consolidate in ambito europeo e NATO.

VI. Nonostante le incognite degli scenari globali, il percorso della politica di sicurezza e difesa italiana per il prossimo decennio/quindicennio è ormai tracciato, con l’avvio di una stagione di rinnovamento ed innovazione sia del pensiero strategico nazionale, sia della policy di sicurezza, sia della qualificazione del capitale umano, sia di ammodernamento di tutte le componenti portanti della Difesa.

VII. Questo processo, che discende dai vincoli e si alimenta delle potenzialità della posizione geostrategica dell’Italia, è frutto dell’azione politico-economica sviluppata nel passato decennio, della tradizione politico-sociale del Paese, della viva eredità dei principi e delle scelte della Costituzione. Un processo innovativo che si è basato sull’azione, in larga parte concorde, di maggioranza ed opposizione in Parlamento, particolarmente visibile nella XIII Legislatura repubblicana.

VIII. L’alto livello di integrazione nell’economia internazionale, rende l’Italia attenta al mantenimento di condizioni globali di sicurezza nell’acquisizione delle merci e delle risorse strategiche e nel sistema di comunicazioni, alla garanzia di un sistema aperto di relazioni economiche fra gli Stati, alla stabilità dei mercati finanziari. La domanda estera netta ha sostenuto nel 2000 la crescita in Italia del Pil nella misura dello 0,6%.2 Per quanto riguarda le risorse energetiche, l’Italia importa l’82 % dell’offerta totale di energia primaria (1997).3

IX. La fase attuale del quadro della sicurezza euroatlantica è erede delle trasformazioni intervenute in ambito NATO ed UE nell’ultimo decennio del secolo scorso, processo in cui l’Italia ha avuto un ruolo di rilievo, contribuendo al superamento delle vecchie barriere che dividevano l’Europa, all’aggiornamento del legame transatlantico, coniugando in maniera qualificata gli obiettivi strategici dell’integrazione europea con quelli del consolidamento degli spazi euro-atlantici.

X. Gli interessi nazionali (la significativa partecipazione alle missioni di pace lo testimonia) si tutelano soprattutto attraverso il contributo alla definizione del sistema di obiettivi di pace, stabilità, sicurezza, legalità, salvaguardia dei diritti umani e sviluppo della comunità internazionale, dell’Unione Europea e dell’Alleanza.

2) Fonte: Relazione sull’andamento dell’economia nel 2000 e aggiornamento delle previsioni per il 2001. Ministero del Tesoro, aprile 2001.

3) Fonte: ISTAT, Annuario Statistico Italiano 2000.

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XI. L’Italia non si considera avversaria di alcun altro Stato. In una prospettiva quindi- cennale di medio-lungo termine, appare ragionevole ipotizzare che nessuna minaccia militare convenzionale verrà rivolta contro il territorio nazionale, mentre rischi e potenziali minacce non convenzionali andranno contrastate nell’ambito delle iniziative della comunità interna- zionale e delle alleanze di cui l’Italia è parte.

XII. L’Alleanza Atlantica ha preso atto, al Vertice di Washington (1999), dei rischi di natura batteriologica, nucleare e chimica esistenti ed ha ribadito il valore della deterrenza e della necessità di mantenere un’adeguata e credibile capacità di risposta flessibile nei riguardi della potenziale minaccia di attacchi con armi di distruzione di massa rivolti contro un Paese alleato o l’Alleanza nel suo complesso.

XIII. Globalizzazione e sviluppo tecnologico ampliano il novero delle opportunità ma, contemporaneamente, configurano l’emergere di nuove minacce e rendono obsolete talune difese di natura unilaterale. La scelta strategica di fondo di un’ampia collaborazione interna- zionale nel settore della difesa, con particolare sostegno e partecipazione a ricerca e programmi europei, si unisce all’opportunità di utilizzare i risultati e le ricadute della ricerca civile-commerciale (tecnologie duali), assai significativi in campi come le comunicazioni e lo spazio.

XIV. Gli sviluppi tecnologici sono in grado di sollecitare cambiamenti nella stessa dottrina militare, come suggerisce il dibattito sulla RMA (Revolution in Military Affairs).

XV. Il quadro di accresciuta imprevedibilità in cui ci troviamo ad operare accentua la necessità che la sicurezza sia sempre più: multidimensionale, ad alta integrazione interna- zionale, interforze, incardinata sull’informazione e sulla rilevanza tecnologica.

XVI. Multidimensionale perché la dimensione transnazionale dei rischi e la concreta esperienza delle operazioni militari a sostegno della pace richiedono un approccio integrato nella gestione delle crisi. La crisi non è un’emergenza puntuale, ma un continuum che va gestito preventivamente, tempestivamente e, nei limiti del possibile, compiutamente. Essa parte da fattori di rischio preesistenti e termina con il riassestamento politico dell’area colpita e la ricostruzione economico-sociale verso assetti più stabili, sostenibili, rispettosi dei diritti umani e democratici.

XVII. L’alta integrazione internazionale è, al tempo stesso, una scelta politica ed un dato di fatto. La scelta politica dell’Italia, dell’Europa, della comunità euro-atlantica privilegia il dialogo e la cooperazione globali e regionali come strumenti di prevenzione e risoluzione dei problemi, il rispetto delle norme internazionali liberamente accettate, l’integrazione europea ed il legame transatlantico. Nessuna Nazione europea occidentale è oggi in grado di garantire autonomamente aspetti rilevanti della propria sovranità e dei propri interessi particolari, così come per le interdipendenze create dalla globalizzazione, le stesse grandi potenze sono consapevoli che integrazione e cooperazione sono garanzie del mantenimento degli elevati livelli di sviluppo raggiunti.

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XVIII. L’Italia, da parte sua, continuerà a sviluppare la sua azione in stretta connessione con l’iniziativa dei grandi fori internazionali, non escludendo, tuttavia, in linea di principio ed in circostanze particolari di minaccia specifica alla propria sicurezza, in accordo con la Carta dell’ONU, eventuali legittime azioni unilaterali, esaurite tutte le possibilità di gestione multilaterale ed integrata. In questo ambito, per la parte che le è propria, la diplomazia militare svilupperà la sua azione, in coerenza col quadro dei principi e degli orientamenti espressi dai quattro fori internazionali fondamentali (ONU, OSCE, NATO e UE).

XIX. L’impiego dello strumento militare a tutela della sicurezza interna ed internazionale, della legalità internazionale, dei diritti umani, del rispetto delle minoranze e della convivenza pacifica tra i popoli trova riscontro in precisi fondamenti costituzionali ed avviene in conformità alle regole del diritto internazionale, anche con riferimento alle modalità di condotta dei conflitti armati (jus in bello).

XX. La riforma e l’apertura negli ultimi dieci anni della NATO e la crescita dell’Unione Europea hanno contribuito in modo significativo allo sviluppo di condizioni di libertà, democrazia e progresso nel continente europeo, nel rispetto degli interessi legittimi di sicurezza di tutti gli Stati, creando un clima di attiva cooperazione attraverso il Partenariato per la Pace tra gli alleati e gli altri Paesi, a partire dalla Russia, grande potenza strategica, e dall’Ucraina, protagonisti tutti del processo di pace e di riduzione degli armamenti in corso. Il passaggio progressivo e graduale nei prossimi anni dei Paesi candidati a membri a pieno titolo dell’Alleanza Atlantica e dell’Unione Europea favorirà l’espansione di iniziative tese all’affermazione di valori di coesione e solidarietà, aperte alla collaborazione con quanti condividono gli obiettivi della tutela della sicurezza e della stabilità internazionali.

XXI. Ulteriore stabilità e sicurezza verranno dallo sviluppo politico ed operativo della Politica Europea di Sicurezza e Difesa (PESD), importante e trainante fattore d’integrazione dell’Unione Europea ed asse politico più innovativo del prossimo decennio. La UE dovrà saper essere un efficace attore di sicurezza multidimensionale ed elemento di riequilibrio di un rapporto transatlantico di cui si confermano importanza e vitalità.

XXII. Un indirizzo strategico di questa natura richiede che gli europei comprendano la necessità di dotarsi di accresciute e più efficaci capacità militari, sostenute da una politica dei materiali di difesa ed una politica industriale in grado di dar vita ad un mercato di dimensioni continentali, sostenuto da un sistema industriale europeo robusto ed aperto alle nuove possibilità di cooperazione e competizione transatlantica e mondiale.

XXIII. La NATO rappresenta la pietra angolare della sicurezza collettiva euro-atlantica, proiettata in una dimensione di estensione ed apertura (outreach and openness). Tale evoluzione dipende in modo decisivo da un’equa suddivisione tra europei ed alleati nord- americani di ruoli, rischi, responsabilità e benefici nella difesa comune. È per questo che si sta attuando un rapporto coerente, sinergico e trasparente tra Identità Europea di Sicurezza e Difesa (IESD), in seno all’Alleanza, e la Politica Europea di Sicurezza e Difesa (PESD) dell’Unione Europea.

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Questa relazione è dettata dalla disponibilità di un unico insieme di forze e capacità, in cui il nuovo ruolo europeo pone l’esigenza di maturazione di ulteriori capacità di comando e controllo delle forze proiettabili in teatri esterni. L’Italia è fra i Paesi in grado di svilupparle e di esprimerle.

XXIV. Le missioni affidate alle FF.AA. vanno assolte secondo una logica interforze e multina- zionale (Joint and Combined), per poter coprire efficacemente tutti gli ambienti operativi e tutti i rischi di sicurezza in cui sia legittimo ed efficace l’impiego dello strumento militare nelle sue componenti (Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri).

La dimensione preminentemente ed intrinsecamente interforze e multinazionale degli scenari e delle missioni operative, in cui le nostre Forze Armate saranno chiamate ad operare, richiede quindi una impostazione concettuale, di pianificazione, direzione e gestione dello strumento militare nazionale e delle sue componenti, fortemente unitaria, integrata e sinergica.

XXV. L’insieme delle nuove missioni comporta l’acquisizione ed il mantenimento delle capacità definite e concordate in sede NATO ed Unione Europea (alla base delle azioni di ristrutturazione avviate). Fra esse risultano particolarmente importanti e critiche quelle del C4ISR (Comando Controllo Comunicazioni Computing, Intelligence, Sorveglianza, Ricognizione), della proiettabilità e mobilità; dell’ingaggio efficace; del sostegno logistico e della protezione delle forze. La gestione di queste forze e delle loro capacità sarà tesa a concentrare gli effetti sull’obiettivo da perseguire.

La corrispondenza tra le capacità individuate come prioritarie e critiche in sede europea (HGC) e quelle indicate in sede atlantica (DCI) contribuisce al rafforzamento delle capacità operative europee della NATO e della UE, consolidando il rapporto sinergico fra le due organizzazioni.

XXVI. È evidente che la gestione dell’informazione in tutti i suoi aspetti è un elemento cardine delle moderne operazioni. Le lezioni apprese dimostrano che il flusso d’informazioni durante la gestione di una crisi deve essere: fluido e protetto all’interno, consolidato, mirato e tempestivo nella ricerca e nell’analisi d’intelligence, pronto e capillare nella distribuzione delle informazioni da valorizzare.

XXVII. Sul fronte del rapporto con l’opinione pubblica il flusso informativo deve essere aperto, veloce e trasparente, rappresentando un banco di prova della affidabilità democratica e dell’esercizio responsabile delle politiche della Difesa. Il ruolo dei mezzi di comunicazione di massa nel fissare l’agenda delle priorità del Paese sta crescendo ed occorre contribuire a creare le condizioni di un assolvimento corretto di questa funzione. Il giudizio e l’appoggio della pubblica opinione nella gestione di una crisi è vitale, così come, a maggior ragione, lo è per la condotta di interventi militari.

XXVIII. Sotto il profilo del bilancio della Difesa, risanati i conti pubblici del Paese, anche grazie ad un sostanzioso contributo derivante dai tagli operati alla spesa militare, bisogna prendere atto della nuova realtà. L’Italia è presente in un complesso scenario strategico, svolge un ruolo di primo piano nella proiezione di stabilità e nella gestione delle crisi, ma

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ha utilizzato a fondo le risorse di cui oggi dispone per produrre sicurezza, con un logoramento di uomini e mezzi ben superiore a quello della precedente stagione del contrasto statico alla minaccia, proprio allo scenario della Guerra Fredda. Il modello che va responsabilmente perseguito, in coerenza con i nostri principali partner europei ed atlantici, è quello di uno strumento militare professionale i cui costi devono essere attentamente calibrati in funzione del pieno soddisfacimento delle esigenze del Paese e del livello di risorse pubbliche destinabili.

XXIX. Per mantenere la libertà e la capacità d’azione attuali, continuando a fornire un contributo qualificato alla sicurezza europea ed atlantica, coerente col ruolo ed il rilievo del nostro Paese in Europa, nella NATO e nella comunità internazionale, l’Italia deve proporsi di raggiungere a medio termine un livello di spesa per la Difesa ancorato a parametri europei (circa il 2% del Pil), partendo dall’attuale 1,5%. Solo così il nuovo strumento profes- sionale potrà essere dotato appieno di quelle capacità critiche necessarie per compiere le missioni con successo, in un quadro di sicurezza. In assenza di risorse adeguate occorrerà scegliere quale inferiore livello di ambizione e di presenza il Paese intende consapevolmente perseguire nella gestione della sicurezza continentale, adattandosi ad avere un peso ed una influenza minore in decisioni politiche, economiche e strategiche che richiedono sforzi comparabili per ruoli di identica rilevanza

XXX. “Nuove forze per un nuovo secolo” intende esprimere in un’ottica rivolta al futuro:

la percezione del quadro strategico in cui l’Italia si trova ad agire; le politiche della Difesa nella gestione delle crisi e nella preparazione dello strumento militare; le nuove missioni delle Forze Armate; il ruolo dell’intelligence in tale contesto; le grandi linee delle esigenze e della gestione delle risorse umane e finanziarie; le prospettive future.

XXXI. Il quadro strategico tiene conto degli effetti positivi e negativi della globalizzazione e delle proiezioni a lungo termine di importanti fattori che influenzano il contesto generale.

Le questioni su cui si deve misurare la politica di sicurezza nazionale sono: la stabilizzazione dell’Europa del Sud-Est per scongiurare l’insorgere di nuovi conflitti locali e neutralizzare i fattori di fragilità delle nuove democrazie (tra i quali il crimine organizzato transnazionale);

l’evoluzione dei Paesi nelle aree del Maghreb e del Medio Oriente/Mar Rosso, nel contesto dei rischi globali di proliferazione; il sostegno costruttivo al più vasto processo di positiva evoluzione del difficile rapporto greco-turco e di inserimento della Turchia in Europa;

l’attenzione alle crisi caucasiche ed alle loro connessioni di lungo periodo con i Paesi dell’Asia Centrale; il nuovo ruolo internazionale del Paese come attore di primo piano della sicurezza regionale nell’ambito dell’UE, della NATO, dell’OSCE e dell’ONU.

XXXII. Le politiche della Difesa si inquadrano in una concezione che parte dalla “grande strategia” del Paese, si esplica in una politica di sicurezza multidimensionale e si realizza nelle politiche in cui la Difesa ha un ruolo particolarmente rilevante (politica militare, diplomazia militare, politica dei materiali di difesa).

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XXXIII. La politica militare (defence policy) è l’insieme dei piani, programmi ed azioni che la Difesa attua per la preparazione e l’impiego dello strumento militare nel continuum delle possibili crisi in modo da garantire la difesa degli interessi fondamentali e da concorrere alla sicurezza multidimensionale del Paese. Mentre la zona dell’Europa Occidentale è inserita nell’area coperta dalla partecipazione alla NATO ed alla UE, le aree geografiche della Regione Mediterranea considerate di preminente e più diretto interesse nazionale per questa politica sono: Europa Sud-Orientale; Europa Orientale; Nord Africa; Vicino e Medio Oriente;

Mar Rosso e Corno d’Africa; Mar Nero, Caucaso e Transcaucaso.

XXXIV. La diplomazia militare ha lo scopo di ampliare e consolidare l’area della stabilità e della sicurezza condivisa e di prevenire e risolvere le possibili crisi con strumenti fondamen- talmente negoziali e di cooperazione, in sinergia con la politica estera.

XXXV. La politica dei materiali di difesa si occupa di raggiungere gli obiettivi di ricerca e sviluppo, tecnologici e d’approvvigionamento dei materiali necessari allo svolgimento della politica e della diplomazia militari. I punti qualificanti della politica dei materiali di difesa sono: creare un mercato comune europeo dei materiali di difesa; consolidare un’identità europea industriale nel settore, aperta alla collaborazione transatlantica e a futuri sviluppi globali; giungere alla creazione di un’agenzia europea degli armamenti; elaborare regole comuni europee in materia di politiche d’esportazione.

XXXVI. Il contributo alla sicurezza collettiva nell’ultimo decennio è facilmente riassu- mibile ricordando i teatri operativi in cui hanno agito o agiscono le Forze Armate italiane:

Namibia, Salvador, Cambogia, Angola, Afghanistan, Golfo Persico, Kuwait, Iraq del Nord, Somalia, Mozambico, Albania, Adriatico, FYROM (Macedonia), Bosnia-Erzegovina, Kossovo, Uganda, Guinea, Congo, Libano, Turchia, Sinai, Israele, Timor-Est, Eritrea, Etiopia. Si tratta di un lungo e significativo complesso di impegni che conferma la scelta di fondo di una politica di intervento e concorso attivo a favore della pace, della stabilità, della sicurezza e della legalità internazionale e di solidale aiuto e protezione alle popolazioni oppresse dalla violenza anche al di fuori delle aree di più diretto interesse strategico nazionale.

XXXVII. L’ultimo contributo di grande rilievo è, in ordine di tempo, quello reso disponibile, nel quadro dell’emergente Politica Europea di Sicurezza e di Difesa, per il conseguimento degli obiettivi fissati a Helsinki in tema di future capacità europee integrate per la gestione delle crisi internazionali: 20.000 soldati, pari a 4 brigate sperimentate e d’élite con relativi supporti; un gruppo navale con portaerei leggera e componente anfibia, forte di 21 navi e 22 tra aerei ed elicotteri imbarcati; 47 aerei da combattimento e trasporto, un sistema di comando e controllo e due batterie di missili contraerei; un reggimento di Carabinieri per assumere la guida di unità multinazionali specializzate. Si tratta di uno sforzo di dimensioni analoghe a quello degli altri principali Paesi della UE.

XXXVIII. La natura e le caratteristiche del nostro impegno nelle missioni di pace negli ultimi anni sono anche il frutto dell’elaborazione delle lezioni apprese in decenni di esperienza operativa e di un approccio nazionale alle operazioni militari di sostegno alla pace.

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Questo approccio fonde: la prevenzione del confronto, combinando i contributi di forze militari, intelligence e diplomazia ufficiale e parallela; la robustezza militare a scopo deterrente e di protezione dei contingenti unita ad un uso calibrato e proporzionato della forza solo in casi di stretta necessità; il generoso impegno nella collaborazione a favore della popolazione civile.

XXXIX. Nel contesto degli orientamenti prima delineati della nostra politica militare si inquadrano le quattro missioni dello strumento militare:

 la difesa degli interessi vitali del Paese;

 la protezione degli interessi strategici;

 la prevenzione e la gestione delle crisi internazionali;

 il concorso alla salvaguardia delle libere istituzioni ed assistenza nelle pubbliche emergenze.

Esse richiedono una profonda integrazione interforze che tenga conto anche dei nuovi rischi multidimensionali (quali ad esempio le instabilità ed i conflitti regionali e il crimine organizzato transnazionale) e del significativo e complesso ruolo assolto, in questa nuova dimensione dei rischi, dalla componente dell’Arma dei Carabinieri.

XL. L’intelligence, in un’epoca permeata dalla rivoluzione dell’informazione, ha un ruolo centrale nel proteggere e promuovere l’interesse nazionale, salvaguardando la sicurezza del Paese. Rispetto alla prevenzione e risoluzione delle crisi è un elemento focale ed un vero moltiplicatore di forze.

XLI. Per far fronte alle nuove sfide, ai nuovi rischi ed alle nuove esigenze l’ambito della Difesa ha compiuto profonde trasformazioni riorganizzative e di valorizzazione delle risorse umane con l’adozione, nell’ultimo quinquennio, di scelte legislative di straordinaria portata:

la riforma dei Vertici militari, l’avvio della transizione al reclutamento professionale, l’ingresso delle donne, l’elevazione dei Carabinieri al rango di Forza Armata, la ristrutturazione dell’area operativa, amministrativa e tecnico-industriale del Ministero a livello centrale e periferico.

XLII. La riforma dei Vertici ha semplificato la catena gerarchica. Sotto la responsabilità del Ministro della Difesa viene affidata al Capo di Stato Maggiore della Difesa la guida dello strumento militare nel suo complesso ed al Segretario Generale/Direttore Nazionale degli Armamenti quella dello strumento amministrativo e della politica di ricerca, sviluppo e acquisizione dei materiali di difesa.

XLIII. La riforma del reclutamento ha sospeso un obbligo, non più indispensabile nell’attuale condizione internazionale per migliaia di giovani, gettando le basi per la creazione di forze militari professionali di qualità per le nuove sfide della sicurezza multidimensionale.

XLIV. L’ingresso delle donne è una rivoluzione culturale di libera scelta nelle pari opportunità tra cittadine e cittadini. Partecipando al rischioso lavoro di prevenzione dei conflitti, mantenimento e ristabilimento della pace, le donne potranno contribuire con la loro cultura all’impiego di forze al servizio della libertà dalla paura, dall’oppressione e dal bisogno.

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XLV. L’attribuzione all’Arma dei Carabinieri del rango di Forza Armata corrisponde ad un’esigenza di razionalità nella catena di comando e di ammodernamento della struttura organizzativa dell’Arma. I Carabinieri sono la forza che agisce nelle zone grigie, dove è cessata la guerra, ma non è arrivata la pace. In zona d’operazioni gestiscono una gamma di emergenze che vanno da quella criminale a quella di ordine pubblico, al confronto paramilitare.

XLVI. L’intera struttura del Ministero è stata ampiamente riorganizzata. Caso inconsueto nella Pubblica Amministrazione: le sue Direzioni Generali sono state dimezzate, gli organi periferici ridotti del 40%, i Comitati consultivi ridotti ad uno, l’area industriale della Difesa drasticamente razionalizzata e concentrata in un’Agenzia, modello per trasformazioni ancora più profonde. Inoltre è stata avviata una più compiuta valorizzazione della componente civile che, unitamente all’utilizzo dell’outsourcing, permetterà di restituire a funzioni operative e combattenti la componente militare, oggetto anch’essa di un sostanziale ridimensio- namento numerico (dai 260.000 di oggi ai 190.000, a regime, del modello professionale).

Un simile cambiamento implica una nuova politica del personale, incentrata sul dinamismo e sulla valorizzazione del capitale umano.

XLVII. Per quello che riguarda la componente civile, un quinto degli effettivi (oltre 8.000 persone) è impegnato in un intenso processo di riqualificazione professionale per poter rispondere al meglio alle nuove esigenze. Altre professionalità verranno integrate con il ricorso a nuove assunzioni ed attraverso un riutilizzo di parte degli esuberi tra il personale militare.

XLVIII. Per quanto riguarda la componente militare, la sfida del reclutamento professionale si vince sapendo attrarre e mantenere in servizio persone di doti di elevato livello. I punti cardine del nuovo approccio nella politica del personale comprenderanno:

 la valorizzazione di tradizioni e di valori consolidati all’interno delle Forze Armate, specie per quello che riguarda i valori morali e lo spirito di corpo necessari per l’operatività e la coesione collettiva;

 l’offerta d’impieghi professionalmente impegnativi e gratificanti;

 nuovi modelli e livelli di formazione e di aggiornamento professionale lungo l’arco dell’intera carriera;

 la presenza di condizioni economiche, di lavoro e pensionistiche attente alla specificità militare, ma anche paragonabili in generale a quelle del mercato civile;

 la possibilità di una carriera che valorizzi integralmente le possibilità del singolo individuo, nel rispetto delle pari opportunità, e che aiuti nella formazione verso impieghi successivi;

 la cura nel contemperare, nei limiti del possibile, gli inevitabili trasferimenti con l’aspirazione alla stabilità della famiglia e delle relazioni umane;

 una nuova attenzione ai bisogni dei coniugi, parte integrante del sostegno essenziale, ma spesso invisibile, di chi è impegnato nell’Amministrazione Difesa;

 la definizione organica di un insieme di garanzie per la salute del soldato che copra anche il periodo successivo al servizio;

 l’impostazione di un rapporto più dinamico con i veterani;

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XLIX. In conclusione, le Forze Armate svolgono un ruolo essenziale nell’ambito della politica estera e di sicurezza e difesa dell’Italia al servizio della pace e dei valori espressi dalla comunità nazionale. Esse rappresentano una componente importante dell’accresciuto prestigio internazionale del Paese e si sono guadagnate la stima sul campo ed in condizioni difficili. I cittadini con le stellette e il personale civile della Difesa, nel segno della Costituzione e dei suoi valori democratici, continueranno a dare il meglio di sé, avvertendo un intenso legame con la società nel riconoscimento dei sacrifici loro e di quelli delle loro famiglie. Lo strumento militare, lungi dall’essere un corpo separato rispetto alla società, trae la sua ragion d’essere e la sua coesione dal concreto e ampio consenso del Paese, anche nel confronto del libero dibattito.

L. In questi anni la Difesa ha assunto crescenti comportamenti di trasparenza nell’agire, di prudenza nelle decisioni, di attenzione al suo personale militare e civile. Ha dimostrato determinazione e competenza nell’assolvimento dei compiti affidatigli dal Paese, operando in modo leale ed efficace con gli alleati. “Nuove forze per un nuovo secolo” è un momento di riflessione, con lo sguardo rivolto al futuro, nel percorso di trasformazione intrapreso per la realizzazione di Forze Armate adatte alle nuove missioni nel nuovo secolo, al servizio del Paese, dell’Europa e della comunità internazionale.

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