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Grappa... Cambiare tutto PER NON CAMBIARE NULLA

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Academic year: 2022

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Numero 49 - Anno IX/4 - Giugno 2008

Fotocopiato in proprio da: Associazione Nazionale Alpini - Sezione di Milano - Gruppo Milano Centro “Giulio Bedeschi” - Redazione: Via Vincen- zo Monti 36 - 20123 Milano - Tel. 02 48519720 - E-mail: anamilanocentro@gmail.com - Responsabile: Alessandro Vincenti - Inviato gratis ai Soci

Cambiare tutto

PERNON CAMBIARENULLA

… così disse ad un certo punto il mio compagno di viaggio, con cui ho avuto l’onore di passare tutta la mattinata di venerdì 9 maggio, verso Cima Grappa.

Eh sì, cari amici: quel venerdì 9 maggio fu la mia vera, unica e solenne Adunata di Bassano del Grappa. Molti di voi, presenti a quella toccante e inenarrabile cerimonia avranno avuto personali im- pressioni, i cui ricordi ancora oggi susci- tano brividi di commozione. Molti saggi cronisti hanno riportato i discorsi toc- canti effettuati ed hanno scritto mirabo- lanti cronache del fatto, evidenziando la solennità del luogo, la miriade dei pre- senti e l’atmosfera di religiosa compo- stezza. Tutto vero!

Io però, come detto, ho avuto l’onore di aver accanto il più Bello e il più Alpino degli alpini belli del nostro Gruppo: An- tonio Rezia, classe 1914!

L u i m i h a r e g a l a t o l ’ e s s e n z a

“spirituale”, che potrà farmi dire, quan- do avrò la sua età: Adunata di Bassano del 2008? Ma certo, con i ricordi di An- tonio Rezia a cima Grappa!

Siccome la persona e gli avvenimenti sono “scottanti”, procedo con ordine alla cronaca (cosicché fra 60 anni quando rileggerò questo scritto, potrò far mente locale pure io! – va bene fidarsi della memoria, ma non fidarsi è meglio).

Alle ore 6.00 del mattino ci siamo

“imbarcati” sul nostro torpedone (uno degli ottanta messi a disposizione dall’- ottima organizzazione) e ci siamo fatti scorazzare sulla Strada Cadorna. Anto- nio incominciò a dirmi: “Ecco, vedi, quella laggiù è la Valle Santa Felicita…

ah!, sapessi quante volte l’ho fatta a pie- di… dalla caserma Monte Grappa…

certo che oggi di vegetazione ne è cre- sciuta… Oh, per Bacco! Quanta fatica farla a piedi, ma si era giovani e tutto si sopportava! Chissà poi se ci sono ancora (Continua a pagina 3)

Grappa ...

La proposta del Presidente Nazionale Pe- rona non può che fare riflettere, anche se, sotto certi aspetti, e senza togliere ad essa alcun merito, appare come un deja vu.

L’Associazione, dalla sua nascita, ha sem- pre dimostrato di sapersi evolvere, adat- tandosi di volta in volta alle esigenze che man mano si manifestavano.

All’inizio della sua costituzione, come è noto, l’iscrizione alla Associazione era riservata solamente a coloro che avevano combattuto in prima linea, con tassativa esclusione degli ufficiali superiori, dei cappellani, dei medici e, ahimè, degli arti- glieri. L’iscrizione era un atto meramente formale e nei primi

anni di vita non è dato riscontrare, per quanto io ne sappia, attività di particolare rilievo.

Ma, evidentemente, anche ai soci di allora, ai nostri nonni fondato- ri, ben presto venne a noia il semplice ritro- varsi per parlare sola-

mente di trincee e di assalti all’arma bian- ca, per cui si risolsero da un lato ad aprirsi ad attività di aiuto e di assistenza, dall’al- tra ad accogliere nelle liste anche tutti coloro che avevano portato la penna, a prescindere dal grado, dalla qualifica, dal- la mansione e, soprattutto, della specialità.

Anche i paletti posti per l’iscrizione alla Associazione, quale, ad esempio, l’appar- tenenza ad un reparto alpino per un tempo minimo determinato, nel corso degli anni dovette essere modificato, man mano che il periodo della leva obbligatoria veniva ridotto.

Ben presto i soci si accorsero che, più si aprivano all’esterno, anche con opere di aiuto, assistenza e solidarietà, più coinvol- gevano persone che erano attratte non solamente dal fascino delle loro storie, dalla melanconia delle loro canzoni, dal

piacere di trascorrere serate con questi uo- mini che avevano indossato quello strano copricapo con la penna, per il quale prova- vano un profondo attaccamento, ma che, soprattutto, erano desiderose di condividere con loro i medesimi ideali, l’altruismo, il desiderio di aiutare tutti coloro che avevano bisogno, coniugando insieme a loro il motto

“ricordare i morti per aiutare i vivi”.

E fu così che, quando gli Alpini in congedo, i soci della Associazione, iniziarono a darsi da fare in maniera massiccia, intervenendo nelle varie calamità che colpivano il Paese, trovarono queste persone che, senza nulla chiedere, si posero al loro fianco e li aiuta-

rono nelle loro fatiche:

evidentemente la solida- rietà, in determinate cir- costanze, è decisamente contagiosa e l’Alpino è un pericoloso “untore”.

Certamente questa comu- nione di intenti non pote- va rimanere misconosciu- ta per cui, in epoca certa- mente non sospetta, quando non erano ancora iniziate le crimi- nali falcidie dei nostri reparti, che necessa- riamente avrebbero portato (e porteranno) ad una diminuzione dell’afflusso di iscritti alla Associazione, con una geniale intuizio- ne dell’allora Presidente Nazionale Berta- gnolli, e prima ancora della tragedia del terremoto del Friuli, si ritenne di accordare un riconoscimento ufficiale a queste persone che, a buon diritto, vennero definite “Amici degli Alpini”.

Il rigore, però, che aveva determinato le condizioni tassative per l’iscrizione alla Associazione alle sue origini, rimase anche in questa circostanza, per cui la partecipa- zione a questa nuova categoria prevedeva tassative e rigorose preclusioni, come pur- troppo appare anche nella tessera che venne allo scopo ideata: caro Amico, ti ringrazio (Continua a pagina 2) Il CDN, secondo Riosa, nel 1953

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di essermi vicino e ti consento di fare par- te, in qualche modo, della Associazione:

ma non devi portare il cappello, non devi sfilare con noi, non puoi far parte dei no- stri consigli, non devi qui, non devi là, eccetera. Ma agli Amici, in allora, tanto bastava, né chiedevano di più.

Peraltro sempre un maggior numero di persone gravitava attorno alla Associazio- ne, che ancora una volta, per svariati moti- vi, e non ultimo quello economico, accol- se nelle file degli Amici anche solamente coloro che, senza svolgere particolari atti- vità di collaborazione, partecipavano e- sclusivamente alla parte ludica della attivi- tà: cene, canti e poco più. Ancora una volta l’Associazione si adeguava, questa volta in maniera negativa, consentendo che venissero iscritti come Amici degli Alpini anche coloro che non avevano i requisiti originariamente e rigorosamente pretesi.

E così arriviamo ai giorni nostri.

Come ho detto, la fine del servizio milita- re obbligatorio ha evidenziato, fatto emer- gere quel problema che da sempre esiste:

questi amici che ci stanno vicino, che con noi, talvolta più di noi, si adoperano per perseguire i nostri stessi scopi, come de- vono essere trattati? Come devono essere considerati?

A questo punto, vorrei porre una domanda tanto provocatoria quanto assurda: perché non viene inserita anche nell’ambito dei Soci una meritocrazia, introducendo la categoria A, quella dei Soci che si danno da fare, ed una categoria B, quella dei soci che nulla fanno per il Gruppo, la Sezione o l’Associazione? E perché no una catego- ria C, quella dei soci che si limitano a pagare il bollino, anche con notevole ritar- do e magari per posta, quelli che io, tempo fa, ho definito desaparecidos? La risposta è fin troppo semplice: questi sono soci di diritto e lo Statuto associativo non prevede alcuna differenziazione tra i soci. Vero è, però, che così facendo, noi diamo a chi non merita, non diamo a chi merita.

Giusto quindi appare l’idea del Presidente di ovviare in questo modo a questa discra- sia, ma problematiche appaiono, a mio avviso, e nella attesa delle prossime indi- cazioni della Sede Nazionale, le modalità di attuazione, anche perché, come ha re- centemente illustrato il nostro Socio, non- ché casualmente Consigliere Nazionale, Cesare Lavizzari, allo stato non vengono fornite regole di sorta.

Per il futuro, forse, il problema appare di più semplice regolamentazione: vengono – finalmente – posti dei paletti, al di qua dei quali, caro simpatizzante, hai solamen- te il diritto di leggere le nostre pubblica- zioni, mentre al di là sarai considerato amico a tutti gli effetti, potrai essere con noi, lavorare e sudare con noi, forse ti

(Continua da pagina 1) concederemo di dotarti di un copricapo par-

ticolare (non certo il nostro) nonché – per- ché no – di sfilare con noi nelle nostre ma- nifestazioni. Ma, mi chiedo: se uno della prima categoria, dopo aver condiviso con noi le nostre letture, viene preso da sacro fuoco e manifesta la propria intenzione a collaborare fattivamente con noi, ovvero, se al contrario, uno di coloro che operavano fattivamente si stanca e pian piano si limita a leggere le nostre pubblicazioni, che acca- de? Trattiamo di diritti acquisiti immodifi- cabili o in evoluzione, con il trascorrere del tempo? A chi compete la valutazione perio- dica? Istituiamo esami periodici, o distri- buiamo bollini di merito, magari di colore diverso a seconda dell’impegno e della par- tecipazione ad ogni nostra diversa iniziati- va?

Per il passato, il problema appare, a mio avviso, ancora più difficile, anche perché si tratta di demandare ai poveri capigruppo (mi sia consentito sostenere la categoria) una immediata valutazione: tu lavori con noi, e quindi sei amico a tutti gli effetti; tu partecipi solamente alle nostre cene, alle quali vieni esclusivamente per mangiare, magari per cantare, per cui non sei più

“amico degli Alpini” o “socio aggregato”, ma diventi un semplice lettore delle nostre testate. A questa mia valutazione, voluta- mente semplicistica, si aggiunge anche l’im- portante problema che, fatta salva, sempre e comunque, la assoluta buona fede, possono esservi criteri di valutazione diversi tra tutti i capigruppo della Associazione, ovvero che, anche inconsciamente, il capogruppo potrebbe essere portato a fare delle valuta- zioni differenti tra amico ed amico.

Tutto, ovviamente, è possibile, e comunque non escludo, anzi auspico che le future indi- cazioni possano chiarire tutti questi miei – e forse solo miei – dubbi.

In questa attesa, con queste mie considera- zioni necessariamente generiche, ribadisco la mia valutazione positiva sulla proposta del Presidente Nazionale: ritengo, infatti, che sia quanto mai opportuno, anche a pre- scindere da questo momento storico di natu- rale flessione di Soci conseguente alla eli- minazione della leva obbligatoria, che l’As- sociazione finalmente conceda qualche rico- noscimento a coloro che così intensamente ci sono vicini nelle nostre iniziative, che condividono i nostri ideali, anch’essi aiutan- do i vivi nel ricordo dei nostri morti, che sono i morti di tutti: e quale migliore rico- noscimento del fatto di consentire a loro di essere con noi, nei nostri momenti di gioia e di festa, quando orgogliosamente sfiliamo, per ricevere anche loro il plauso e l’appro- vazione di coloro che ci vogliono vedere sfilare? Le norme che l’Associazione dovrà assumere per la regolamentazione degli amici dovrà prendere in considerazione in primo luogo il loro simbolo distintivo: gli alpini si distinguono e vengono immediata-

mente individuati non certo per le loro camicie variopinte o per i vibram, ma per il cappello che orgogliosamente portano, che curano amorevolmente, adattato da ciascuno nel corso degli anni in funzione della propria indole, del proprio carattere, della propria fantasia (taccio, ovviamente, dei cappelli pseudo goliardici), tanto che nessun cappello è uguale ad un altro, cap- pello che ci è stato dato unitamente all’u- niforme e che, pertanto, non può né essere acquistato, né essere indossato da chi non ha fatto il servizio militare nelle truppe alpine. I veri amici non sono quelli che vogliono portare il cappello, ma quelli che vogliono condividere con noi oltre ai mo- menti di sofferenza anche i momenti di gioia e di festa, che vogliono fermamente condividere i nostri ricordi, i nostri ideali.

Per contraddistinguere questi nostri amici, sarebbe forse opportuno partire, da un punto di vista meramente formale, da un copricapo, quale esso sia.

E, in questa ottica, io non ritengo certa- mente una bestemmia organizzativa ipo- tizzare che nei Consigli, quanto meno quelli di Gruppo, possa far parte, regolar- mente eletto, un rappresentante degli ami- ci, senza potere deliberativo, ma con fun- zioni meramente consultive per le questio- ni che riguardano gli amici.

Mi sorge, quindi, un ulteriore dubbio, pur di poco pregio, ma che sarà opportuno tenere nella dovuta considerazione, all’at- to della regolamentazione del problema:

come giustificare al semplice lettore dei nostri periodici, l’identità della quota ri- spetto al consacrato amico, al quale, certa- mente, diamo molto di più, dalla

“qualifica”, al copricapo, al potere di sfila- re con noi, alla possibilità di stare in Con- siglio? Sono assolutamente convinto che le indicazioni che la Sede Nazionale ci fornirà in tempi che ipotizzo brevi scio- glieranno questi dubbi operativi che, ripe- to, non escludo siano solamente miei, co- me pure ipotizzo che la Sede Nazionale li abbia già previsti e risolti.

Rimane comunque fermo il principio che ci troviamo di fronte ad una svolta decisa- mente epocale, addirittura vitale per la nostra sopravvivenza, che deve ovviamen- te essere affrontato – come senz’altro av- verrà – con estrema accortezza: allo stato, non senza un brivido, vedo solamente un limite, nel momento in cui il numero degli Amici sarà pari a quello dei Soci. Ed allo- ra, che fare? Ma come si suol dire, il se- guito alla prossima puntata. Come mi in- segnava il mio comandante di Batteria, se si vuole strappare la coda ad un mulo, non si ottiene nulla se si tira la coda tutta inte- ra; se invece si strappa crine per crine, alla fine, evitate le “doppiette”, il mulo rimarrà senza coda.

Sandro Vincenti, Capogruppo

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delle caverne lungo questa strada, dove c’era il capitano Polvere che ci doveva fare l’imboscata … chissà!”.

Il sottoscritto, incuriosito dal suo di- scorso, incalzò: “Caverne? Capitano Polvere? Imboscata?...!?...” Feci la faccia di uno che elemosinava perle di saggezza e il buon Antonio mi ac- contentò:

“ Sì, lo chiamavamo così, capitano Polvere… poiché – corbezzoli! – riusciva a trovar polvere anche nel vuoto assoluto! Un tipo pignolo, ca- parbio e che voleva metterci a dura prova. Voleva, durante una delle mar- ce che facevamo quassù, tenerci u- n’imboscata a delle caverne che erano su uno di questi tornanti (dove sono

‘ste caverne? Le abbiamo già passa- te?...!...); noi però avevamo i nostri informatori, giàggià, e così l’abbiamo preceduto anche se ci è costata una levataccia a notte fonda. All’alba noi eravamo già dentro nelle caverne e lo abbiamo atteso… lui non se lo aspettava e avresti dovuto vedere la sorpresa dipinta sulla sua faccia a vederci già occupare la sua cavernetta!”.

Il buon Antonio – furbetto – continuava a guardarsi intorno, cercando nella sua me- moria i ricordi che quel paesaggio, quei rumori, quegli odori facevano venire alla mente; lo so che molti ricordi te li sei te- nuti per te, ma ti ho lasciato fare… Poi i tuoi discorsi sono passati alla neve che forse avremmo incontrato sulla Cima…

“Ah, una volta abbiamo dovuto rinunciare ad arrivare fin lassù… troppa neve, pa- zienza”…

Poi eccola la neve: pochissima, ma abba- stanza per evidenziare le buche delle gra- nate sparate 90 anni fa sui pascoli (ma allora c’erano le trincee con centinaia di uomini addossati…); già, le bombe.

Mi disse Antonio che sparava con il 75- /13: bel cannone, preciso e che si poteva portare con i muli. Lo so Antonio cos’è il 75/13: tu l’hai usato, ma io … l’ho studia- to! Un cannone, per dirtela in breve, con forte accento austroungarico (visto che era prodotto dalla Skoda) e che durante la Grande Guerra ha vomitato sui nostri ton- nellate di granate. Poi, quando lo abbiamo preso come bottino in seguito alla Vitto- ria, lo abbiamo usato noi durante la Se- conda Guerra Mondiale.

Ultimi tornanti prima della Cima: la matti- nata ancora tersa, vista l’ora, ci fa vedere la maestosità del Sacrario!

Guardiamo fuori dal finestrino ed entram- bi rimaniamo per qualche infinito secondo muti con i nostri pensieri.

“Quanto siamo alti? 1100 metri al massi- mo?” mi chiedi giusto per rompere quel

(Continua da pagina 1) “logorroico” silenzio…

“Mah… veramente Cima Grappa è a 1800 metri, metro più, metro meno!” …

“…!!!... accidenti: i miei parenti mi hanno

detto che non si superava i 1100 … mi han- no fregato!”

“Uh! Problemi di pressione?” chiesi io un po’ preoccupato …

Senza nessuna risposta ti sei alzato e sei sceso dal pullman incamminandoti “alla

bersagliera” verso la scalinata del Sacra- rio… e io a correrti dietro con gagliardetto, macchina fotografica e zainetto …

Fermandoti di punto in bianco, voltandoti verso di me che arrancavo (mi era scivolato lo zainetto fra le gambe!), con un sorriso malizioso mi hai detto:

“Ecco, Andrea: quando salivo quassù a mi-

… TUTTO CIÒ, AI MIEI TEMPI, NON C’ERA …

litare, tutto ciò NON C’ERA!”

Mentre lo zainetto ricadeva dalle mie spal- le, il mio volto assunse la forma di punto esclamativo e fra me e me facevo un rapi-

do calcolo: sacrario del 1935 … Rezia, classe 1914, sul Grappa… il Sacrario assente giustificato … Ac- cidenti!

Da quel momento ti ho osservato in rispettoso silenzio: ti ho visto girare fra i loculi, soffermarti sugli Ignoti, girare lo sguardo a destra e a manca;

ti ho seguito lungo un solco di una vecchia trincea, portandoti al monu- mentino eretto in onore dei Caduti Boemi… e non ho voluto più inter- rompere i tuoi ricordi con la mia voce …

Nell’attesa che arrivassero poi gli altri nostri Amici, sei incappato nel famoso 75/13, messo là come reper- to. Mi hai guardato e ti ho visto un po’ perplesso …

“Ecco Antonio, questo è il tuo 75- /13!” gli dissi nella speranza di tran- quillizzarlo …

“Ma no!, è piccolino e poi la bocca non era così grande …”

Non risposi, ma gli feci leggere le scritte incise sulla culatta: SKODA 7,5 CM e sullo scudo la targhetta d’ottone applicata più recentemente: OBICE DA 75/13.

“Cavolino … mi hanno ristretto l’obice … me lo ricordavo più grande …”

Rassegnato e forse un po’ deluso, ti abbia- mo fatto la foto ugualmente con l’obice … ristretto!

Ti ho seguito ancora per la cima Grappa vedendoti sempre curioso come un bambi- no, aggirandoti con delicatezza e circospe- zione fra i cimeli del museo della

“Caserma Milano”, pensando ai tempi dei tuoi “veci”; poi ti ho lasciato con gli Ami- ci che ci hanno raggiunto mentre il sotto- scritto adempieva al dovere di “portatore del gagliardetto” …

Ti ho ritrovato ad attendermi, fresco come una rosa, sul torpedone alla fine della mat- tinata, pronto per rientrare in albergo.

Durante il rientro ci siamo scambiati le impressioni della cerimonia, per entrambi ampiamente positive.

Ad un certo punto quasi saltando dalla sedia, hai urlato: “Eccole le caverne … si, son quelle … quelle del capitano Polvere

…”. E siamo arrivati a Romano d’Ezzeli- no. Fine del viaggio, fine della cronaca, fine della mia Adunata “spirituale”. Quel- lo che è seguito è stato il corollario una grande festa .

Grazie Antonio per avermi fatto condivi- dere i ricordi della tua giovinezza al Grap- pa. Adesso sono memoria di tutti noi

“bocia”.

Il bocia Andrea

“Cavolino … mi hanno ristretto l’obice … me lo ricordavo più grande …”

Il Vecio a suo agio tra le nevi di Cima Grappa

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Sembrava se ne fossero dimenticati tutti, ma Fulvio e alcuni amici della sua valle, il grande past-President Parazzini e i sindaci dei comuni della Valsassina, non potevano lasciar passare in silenzio un anniversario – anzi due – legati al nome di Angelo Ca- sari detto “Polo”: precisamente i suoi cen- to anni dalla nascita e l’80° della Spedi- zione al Polo Nord alla ricerca dei naufra- ghi del dirigibile Italia, della Tenda Rossa e del Gen. Nobile.

Angelo Casari, occhietti furbi di quelli che ti squadravano e ti catalogavano per quel- lo che valevi, senza compassione. Avere la sua amicizia era per pochi, anche per- ché il discorso con lui era veramente esi-

Parola di jena  

di PW

FESTA DELL’ESERCITO IN PIAZZA DUOMO, 4 MAGGIO 2008

Anche quest’anno l’Adunata è stata preceduta dalla festa dell’- Esercito. Agli Alpini era stato richiesto di NON partecipare in massa per … non turbare gli equilibri tra le Forze e le Armi…

Tutti i nostri Soci hanno preso l’invito sul serio e sono rimasti a casa a preparare le valigie per il week-end successivo …

ANNIVERSARIO DEL SACRARIO DI MILANO Ma proprio il sabato dell’Adunata?

Ebbene si – ed è toccato presenziare alla bella e toccante ceri- monia a chi col cuore avrebbe voluto essere al-

trove, ma che – comandato di servizio – ha rispo- sto Signorsì al Presidente Generale…

Dopo un omaggio ai Caduti di fronte al Sacrario, al fianco della Fiamma Perenne, i rappresentanti della Città col Gonfalone di S. Ambrogio e le varie Armi nonché le Associazioni (Caduti, Inva- lidi, etc.), hanno assistito alla S. Messa della Do- menica di Pentecoste. Il Celebrante non si è fatto distrarre dai partecipanti e ha fatto solo un bre- vissimo accenno ai Caduti. Lo ringraziamo.

Meno male che Giuseppino Rossi non si è fatto interrompere nella sua prolusione e ha rievocato il giorno glorioso dell’inaugurazione del Sacra- rio, quando, per l’occasione, la città fu imbandie- rata fino all’ultima finestra.

ziale. Amore per la montagna, sportivo ec- cezionale, Alpino della squadra Nobile al Polo nel 1928, vincitore del I trofeo Parravi- cini nel 1936, grande uomo di fede e di principi morali assoluti. Ha vissuto la sua vita dopo la spedizione al Polo, tra le sue montagne, nella sua Valsassina, dirigendo vari rifugi alpini di cui si era preso in carico la gestione, allevando i suoi figli e lasciando in eredità ai nipoti e a quanti lo hanno cono- sciuto una impronta fortissima del suo carat- tere, della sua durezza di uomo della monta- gna e la sua disponibilità per chi gli si affi- dava in montagna.

Finalmente nella sua Concenedo, dove tutti lo adoravano e dove riposa vegliato sulla sua tomba anche dai suoi cani del Polo, gli è stata dedicata una piazza ed eretta una stele a futura memoria, come è nello spirito alpi- no… “sulle orme dei nostri Padri…”.

Presenti alla cerimonia, oltre alle Autorità militari, civili e religiose, (citiamo fra tutti don Alessandro parroco di Barzio per le sue bellissime parole), vi erano il Vessillo della sezione di Lecco con il suo Vice Presidente, gli alpini e i gagliardetti dei gruppi della valle e gli alpini di Foresto Sparso (paese di Gennaro Sora che lo scelse per la spedizione al Polo) e il gruppo di Giussano. Da sottoli- neare la presenza di Antonio Rezia, 93 pri-

mavere, grande amico di Angelo e che con lui e il figlio Fulvio, in età già matura, ripetè il tracciato della spedizione al Polo Nord dove Casari si prodigò nel riattare un vecchio rudere minerario, intitolandolo

“Rifugio Sora al Polo Nord”.

Nella bellissima giornata di primavera, tra il verde dei campi e il bianco delle nevi ancora copiose in Grigna, feste e rinfresco nella piazzetta dove Fulvio e la sua onni- presente moglie hanno approntato un pic- colo parco giochi per i bimbi e le famiglie che volessero trascorrere qualche momen- to nei mesi estivi. Così ora anche i più piccoli conosceranno Angelo Casari, nella speranza che ci possa essere sempre qual- cuno che ne sappia raccontare le gesta e ne serbi la memoria.

S.A.

L’ È MAI TARDI … !!!

Dedicata finalmente una piazza ad Angelo Casari, Alpino del Polo Nord

GLI AMICI DEGLI ALPINI (con fagioli)

È un tema che fa borbottare molti, come instancabile pentola di fagioli.

Tra i molti, anche qualche delegato e presidente se- zionale; chi è favorevole, chi è contrario alla proposta del Presidente Nazionale, chi fa dei distinguo, chi si perde in questioni superficiali, chi invece fa oculati ragionamenti.

E la pentola fa BLOBLOBLO

Domenica 25 maggio 2008 il Presidente Perona fa la sua relazione: approvata all’unanimità!

… e i fagioli?...

Evidentemente digeriti di botto… ma una volta non si diceva: “Digestivo Antonetto”?

Oggi si dovrà dire: “Digestivo Peronetto!”.

Il presidente Perona nel corso della sua Relazione

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Il Convegno si terrà a Cortina d’Am-

pezzo (BL) mercoledì 2 luglio (dalle

14,30) e giovedì 3 luglio (dalle 9,00) 2008 presso la Sala Cultura del Palaz-

zo delle Poste (Largo Poste 14).

Il Convegno, a cui parteciperanno rappresentanti delle istituzioni, delle Soprintendenze, esperti giuridici, archeologi e, ovviamente, enti e asso- ciazioni che hanno operato sul terre- no (fra le quali la nostra Associazione – Centro Studi), intende fare il punto sulle esperienze di lavoro condotte fino ad oggi nel campo del restauro dei manufatti della Grande Guerra e aprire un tavolo di discussione sui temi della competenza giuridica e della metodologia d'intervento con l'obiettivo di arrivare alla stesura di una bozza di protocollo metodologico da sottoporre alle autorità competen- ti e a tutti quanti operano nel setto- re. Il pomeriggio della seconda gior- nata sarà dedicato ad una tavola ro- tonda di discussione il cui obiettivo sarà la stesura di una bozza di indi- rizzo metodologico. È prevista la pubblicazione a breve degli atti.

Inutile poi rammentare che nelle giornate di sabato 5 e domenica 6 luglio ad Arabba e sul Lagazuoi vi sarà la cerimonia legata al Premio Fedeltà alla Montagna.

L’approvazione nel 2001 della legge sulla tutela del Patrimonio storico della Prima guerra mondiale, una maggior disponibilità di fondi e la sempre più forte richiesta di itinerari e mete da parte del turismo cultura- le, hanno portato in questi ultimi anni ad un aumento esponenziale degli interventi di restauro e

“valorizzazione” dei siti e dei manu- fatti della Grande Guerra.

Interventi effettuati da soggetti mol- to differenti fra loro per esperienza, bagaglio tecnico e approccio che han- no determinato una molteplicità di modalità di lavoro con risultati mol- to diversi.

Da tempo si sentiva da parte degli operatori, l’esigenza di un momento di riflessione per definire linee di in- tervento comuni e criteri scientifici accettabili da tutti.

Per questo il Comune di Cortina d’- Ampezzo, la Società Storica per la Guerra Bianca – Progetto Archeolo- gia della Grande Guerra e il Comitato Cengia Martini hanno organizzato il convegno:

DALLE ROVINE AL PARCO DI- VERTIMENTI? Conservazione e re-

stauro del paesaggio della Grande Guerra: metodologie, finalità, compe- tenze.

Andrea Parla!

Andrea Bianchi è stato chiamato per tenere una relazione sui manufatti della Grande Guerra all’interno di un convegno internazionale

Battute fulminanti all’Adunata

“Ho fotografato gli stranieri, adesso fotografo gli italiani e poi penso che sia finita” disse la fotografa al suo primo servizio in una Adunata alpi- na … “Vero che poi è finita?” disse rivolgendosi alle nostre facce attoni- te, “Si, in effetti dopo gli italiani è finita, e se rispettano i tempi dovre- mo cavarcela per le otto.” “Di STA- SERA?!?!” “Beh, ovvio, ma solo se rispettano i tempi”. La povera foto- grafa non fu più in grado di spicci- care verbo, raccolse la sua borsa e pensò che il suo capo le aveva rifilato una bella e sonora fregatura.

***

Nel corso della sfilata, in un momen- to di “fermo”, abbiamo udito una ragazza alle transenne esclamare all’amica accanto: “Guarda, quelli hanno dormito con me!”

Così dicendo indicò i coristi della Tridentina (TUTTI!!!)…

A tale affermazione, si sollevò un’o- vazione di compiacimento accompa- gnata da un fragoroso applauso che ebbe come risultato un vivace rossore sul viso dell’incauta ragazza …

***

Andrea perché porti un cappello sto- rico? “E’ un cappello della Grande Guerra … Cappello vincente non si cambia …”

***

È una Zeitzünder, non una Carbo- ne!!! Riferendosi a una bomba a ma- no esposta dal Genio Artificieri alla Cittadella Militare.

L’Artificiere: “Ma no! Se il mare- sciallo ha detto che è una Carbone, DEVE essere una Carbone! Ma che differenza c’è fra le due?”

“Una è italiana, l’altra è austriaca e poi sulla bomba Carbone c’è proprio inciso: Granata Carbone. Più sem- plice di così …”, “Ah, non so … il maresciallo ha detto comunque che è una Carbone”.

***

Alpini in “trincea” sul Lagazuoi

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Nel Paradiso di Cantore, girone “alpini redu- ci”, sottonuvola “alpini scrittori famosi” lunedì 16 giugno 2008, sera …

Nel circolo a loro riservato, Monelli, Jahier, e Bedeschi, giocano scherzosamente e con

“correttezza” alpina a tresette col morto … don Gnocchi e don Brevi alle spalle, ospiti della serata arbitrano – sempre con la tipica “correttezza” alpina – la partita. Sir Rudyard Kipling, anch’egli ospite della serata, è stato messo di corvè a servire i so- prannominati con copiose tazze di tè corrette dal bonario Gian Maria Bonaldi con acqua…vite.

Ad un certo punto, qualcuno bussa alla porta:

“Uff … non aspettiamo altre visite stasera, chi sarà mai?” sbotta Bedeschi mentre si alza e incautamen- te lascia il mazzo di carte sul tavolo che subito ven- gono radiografate dal monocolo di Monelli con la complicità di don Brevi …

Giulio apre la porta e dice: “Ah, sei tu Mario! Ben- venuto, prego entra! Ragazziiiii, guardate chi è arri- vato?”

Tutti lo guardano e si fanno attorno al nuovo arrivato: Monelli subito gli affibbia la tessera del Club “Alpino dalla penna con pennino” goliardica- mente illustrata da Novello …

Mario guarda un po’ fra il compiaciuto e lo sbigotti- to.

Don Gnocchi si avvicina e generosamente offre al neosocio la sua tazza di tè!

Jahier e Monelli subito lo tempestano di do- mande “ … e come va laggiù, cosa fanno i terrestri, esistono ancora i libri e – soprattutto – li leggono?”

Bonaldi s’intromette e dice: “Macché libri! Esiste ora un … coso, come si chiama?... ah ecco: compu- ter, e li scaricano” Don Gnocchi: “li scaricano? Ma non son più di carta?”

Insomma: si accende una discussione così animata che il povero Mario, discretamente si mette in un angolo; si siede e sul viso rimane uno sguardo triste …

Don Brevi si accorge che il neosocio non ha un grande “Spirito spiritoso” e, anzi, è proprio poco socievole. Pensa che sia ancora un po’ frastornato dalla novità e che l’idea di passare l’eternità fra quei mattacchioni e buontemponi non gli sia proprio allettante …

“Giulio – dice don Brevi – vedi un po’ se è ammala- to … e facci una diagnosi”

A Giulio basta uno sguardo negli occhi di Ma- rio. Capisce e si volta verso don Gnocchi il quale dice: “lo faccio venir qui subito!”.

Dopo pochi minuti arriva un alpino con una coperta di lana avvolta intorno e degli stracci che avvolgono degli enormi piedi. Entra. Vede Mario e lui vede … Giuanin …

I due si abbracciano e Giuanin accompagnan- do Mario fuori dalla porta gli sussurra:

“Sergentmagiù …” mettendosi a disposizione come attendente.

Escono dal club … Monelli, avvicinandosi a Bedeschi gli chiede: “Ma dove vanno?” E Bedeschi:

“Vedi, Mario è sempre stato così, taciturno, mite, con quello sguardo un po’ malinconico … con Giuanin stanno ritornando indietro, nella steppa russa … Vanno a rivedere quei gomitoli di lana gri- gioverde ghiacciata … uomini che morivano per sfi- nimento … Stasera rivivranno la ritirata, ma come Spiriti, senza soffrire … Mario guarderà negli occhi coloro che stanno morendo, nel momento esatto del trapasso … Stai tranquillo … Sul volto di Mario, finalmente, si spianerà un bel sorriso accarezzando quei volti … Solo allora Mario ritornerà qui, a Baita da noi e ci aiuterà a concludere quel benedetto Li- bro che faccia capire ai terrestri quanto siano assur- di l’odio e le guerre nelle loro infinite forme …”

Andrea

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