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(1)Interpretazione del requisito del conseguimento della valutazione di professionalità ai fini dei tramutamenti

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Academic year: 2022

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Interpretazione del requisito del conseguimento della valutazione di professionalità ai fini dei tramutamenti.

(Delibera del 19 ottobre 2011)

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 19 ottobre 2011, ha adottato la seguente delibera:

“1. Come è noto, in via di estrema sintesi, la riforma dell'ordinamento giudiziario ha abrogato il sistema di progressione in carriera dei magistrati articolato attraverso le qualifiche - uditore giudiziario, magistrato di tribunale, magistrato d'appello, di cassazione ed idoneo alle funzioni direttive giudiziarie - sostituendolo con un percorso professionale unitario ed omogeneo, scandito da valutazioni in ordine alla permanenza dei requisiti di idoneità alla funzione condotte per tutto il corso della carriera, fino al raggiungimento del ventottesimo anno di anzianità, con una periodicità quadriennale costante.

Lo scopo perseguito dal legislatore è stato quello di realizzare un sistema più stringente e puntuale di verifica della adeguatezza professionale dei magistrati articolando valutazioni maggiormente ripetute e frequenti rispetto a quanto previsto dalla legislazione previgente.

Dal conseguimento delle successive valutazioni di professionalità dipende anche la progressione economica della retribuzione percepita - a sua volta organizzata per classi stipendiali nonché la valutazione di astratta idoneità ad accedere a particolari funzioni.

Sotto tale specifico profilo il D.Lgs. 160/2006, dopo avere classificato le funzioni esercitabili dal magistrato all'art. 10 ed avere disciplinato all'art. 11 il sistema periodico di valutazione della professionalità, stabilisce all'art. 12 (“Requisiti e criteri per il conferimento delle funzioni”) la regola secondo cui “ Il conferimento delle funzioni di cui all'articolo 10 avviene a domanda degli interessati, mediante una procedura concorsuale per soli titoli alla quale possono partecipare, salvo quanto previsto dal comma 11, tutti i magistrati che abbiano conseguito almeno la valutazione di professionalità richiesta”. La regola, nei successivi commi della norma, è declinata attraverso l'analitica indicazione del livello di anzianità positivamente conseguita - e quindi della valutazione di professionalità - necessaria per accedere alle funzioni di merito di primo grado e secondo grado, alle funzioni di legittimità, nonché alle funzioni direttive e semidirettive di merito e di legittimità - anche direttive superiori ed apicali - giudicanti e requirenti.

Il requisito in questione costituisce, dal punto di vista procedimentale, una condizione di legittimazione del singolo aspirante alla partecipazione al concorso bandito dal Consiglio Superiore della magistratura per il tramutamento a funzioni diverse da quelle attualmente svolte o per il conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi di ogni ordine e grado.

Potranno essere quindi prese in considerazione dall'Organo di governo autonomo della magistratura, ai fini della selezione del candidato idoneo all'assegnazione del posto, soltanto le domande formulate dai magistrati che “abbiano conseguito la valutazione di professionalità richiesta”, con esclusione delle domande di coloro che non possano vantarla.

D'altra parte il sistema di verifica della professionalità di nuova introduzione, richiedendo una nuova approfondita valutazione del profilo e del bagaglio culturale di ciascuno dei magistrati in servizio ogni quattro anni, ha notevolmente aggravato il lavoro amministrativo che coinvolge tutti i presidi del circuito di governo autonomo, imponendo che ad ogni scadenza si dia corso ad una articolata procedura che coinvolge il magistrato interessato - che deve fornire il proprio contributo informativo per la valutazione cui è sottoposto -, i dirigenti degli uffici - cui incombe l'obbligo di redigere un articolato rapporto -, i Consigli giudiziari territoriali chiamati a rendere il proprio parere.

E' prevista, inoltre, la raccolta e l'esame di documentazione - statistiche giudiziarie comparate, provvedimenti acquisiti a campione, atti e provvedimenti volontariamente sottoposti dal candidato interessato. L'istruttoria può inoltre essere arricchita dalle segnalazioni di fatti rilevanti ad opera di

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tutti i soggetti coinvolti nel procedimento nonché del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati territorialmente competente.

E' prevista infine l'ipotesi, ed in alcuni casi la necessità, della partecipazione dell'interessato, attraverso il deposito di memorie difensive ed anche con l'audizione personale.

Si tratta, come si vede, di un procedimento analiticamente dettagliato e garantito, caratterizzato da rilevante approfondimento dei contenuti, di significativo impegno in termini di risorse materiali e di tempi.

La notevole quantità di lavoro amministrativo richiesto per ciascuna valutazione ed il gran numero di procedure necessarie per dare attuazione alla normativa che impone la rivalutazione con periodicità ravvicinate di tutti i magistrati in servizio, rende difficile governare in maniera ordinata e consapevole i tempi del riconoscimento formale del conseguimento della valutazione maturata dal singolo interessato.

Il gran numero di variabili collegate alla molteplicità dei soggetti coinvolti e degli accertamenti necessari non rende, pertanto, possibile prevedere il succedersi cronologico degli adempimenti né garantire che il procedimento di valutazione si concluda in epoca ragionevolmente vicina alla data in cui, con la maturazione dell'anzianità necessaria, il magistrato interessato ha acquisito il diritto ad essere valutato.

Si verifica così, nella pratica, che il magistrato aspirante ad un posto o ad un incarico per il quale sia richiesta una specifica valutazione di professionalità, pur avendo maturato l'anzianità necessaria, al momento in cui la selezione deve essere compiuta non ne abbia ancora ottenuto il riconoscimento per via della complessità ed articolazione procedurale del procedimento amministrativo e si pone, conseguentemente, la questione della possibile contrapposizione tra l'interesse del magistrato a non vedersi precludere l'aspettativa di accedere a posti o incarichi ambiti, a causa di ritardi nella valutazione e quello della Amministrazione a procedere in maniera consapevole ed approfondita alle valutazioni di professionalità ed ad affrontare e definire in tempi ragionevolmente solleciti le procedure di copertura di posti ed incarichi vacanti.

2. Il tema è stato oggetto di plurime decisioni della giurisprudenza amministrativa nell'ambito della materia del conferimento degli incarichi direttivi.

Il T.A.R. del Lazio, con la sentenza 2534/2009, ha in primo luogo richiamato l'“orientamento, invero del tutto consolidato, della giurisprudenza amministrativa” per cui “i requisiti prescritti per la partecipazione alle procedure di tipo concorsuale devono essere posseduti alla scadenza del termine stabilito dal bando per la presentazione della domanda di ammissione (cfr., ex multis, Cons. St., Sez. IV, 10 aprile 2008, n. 1556; id., 12 settembre 2006 n. 5316; Sez. V, 30 ottobre 2003, n. 6743;

Sez. VI, 5 maggio 2003, n. 2334).”

Militano a sostegno di tale interpretazione, secondo il giudice, “non solo l'esigenza di garantire la parità di trattamento tra i candidati, ma anche il pubblico interesse a limitare la partecipazione ai soggetti che vi abbiano titolo, al fine di evitare che l'individuazione degli stessi abbia luogo dopo l'inizio delle procedure, con conseguente incertezza sull'esistenza e sul numero dei partecipanti, ed eventuale inutilità in tutto o in parte dell'attività svolta dall'Amministrazione (cfr., in termini, TAR Emilia Romagna, 17 gennaio 2009, n. 29). Il principio trova altresì supporto normativo nell'art. 2, comma 7, d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487 (che reca il regolamento sui requisiti generali di partecipazione) e, prima ancora, nell'art. 2, ultimo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato. A tale disposizione la risalente giurisprudenza amministrativa ha sempre riconosciuto “valore generale”, ritenendo che il precetto, secondo cui i requisiti prescritti devono essere posseduti alla scadenza del termine fissato dal relativo bando per la presentazione della domanda di ammissione, trovasse il proprio fondamento nel fatto che “il pubblico interesse esige che alle procedure in questione partecipino solo i soggetti che vi hanno titolo al fine di evitare ogni incertezza in ordine all'effettivo possesso dei requisiti di ammissione e, soprattutto, un inutile svolgimento di attività amministrativa

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ove ex post venga accertata l'inesistenza dei titoli stessi” (Cons. Stato, Sez. IV, 24 dicembre 2008, n. 6536)”.

E' possibile la deroga “ma per potervisi discostare occorre che l'amministrazione ravvisi la sussistenza di una particolare esigenza pubblica, ragionevolmente prevalente su quella sottesa alla regola generale, da individuare caso per caso” tenendo ferma la ratio di “vietare in modo assoluto che il possesso dei requisiti generali di ammissione possa essere fissato dall'amministrazione in epoca posteriore alla data di scadenza del termine stabilito nel bando di concorso per la presentazione della domanda di ammissione. E' questo “il vero significato della norma in esame che effettivamente vuole garantire, alla stregua dei principi di logicità, ragionevolezza ed imparzialità, quella parità di trattamento tra i concorrenti che la certezza del termine finale mira a tutelare [...]”

(così ancora la decisione 6536/2008 cit.)”.

Pertanto, le modifiche di stato giuridico intervenute successivamente, ovvero i titoli conseguiti posteriormente alla data di scadenza del termine di presentazione delle domande di partecipazione, anche se aventi efficacia retroattiva, non possono legittimare l'ammissione alla procedura concorsuale (cfr. la decisione n. 1556/2008 citata come pure la giurisprudenza ivi richiamata).

Quando, infatti, “detti requisiti vengano comunque acquisiti in un momento non utile rispetto alla procedura in cui si pretende di farli valere, la retroattività non prevale sulla perentorietà del termine” (C.d.S., sez. IV, 12 settembre 2006, n. 5316).

Il giudice amministrativo ha, inoltre, disatteso in maniera argomentata la tesi secondo la quale il riconoscimento della valutazione di professionalità maturata avrebbe funzione meramente dichiarativa con effetto retroattivo, asserendo che il complesso procedimento congegnato dal legislatore ai fini della valutazione di professionalità dei magistrati, di cui alla disciplina introdotta dalla legge 30 luglio 2007, n. 111, “consiste in un giudizio espresso, ai sensi dell'articolo 10 della legge 24 marzo 1958, n. 195, dal Consiglio superiore della magistratura con provvedimento motivato e trasmesso al Ministro della giustizia che adotta il relativo decreto” che viene valutato “ai fini dei tramutamenti, del conferimento di funzioni, comprese quelle di legittimità, del conferimento di incarichi direttivi e ai fini di qualunque altro atto, provvedimento o autorizzazione per incarico extragiudiziario.” (art. 11, comma 15, D.Lgs. n. 160/2006, nel testo sostituito dalla cit. L. n.

111/2007).

Il procedimento di valutazione tende, in tale prospettiva, a “ricostruire con completezza le qualità del magistrato, in modo da evidenziare in modo dettagliato le caratteristiche professionali, le tipologie di lavoro svolto e le reali attitudini, inquadrando le stesse nei parametri che sono previsti ai sensi delle vigenti disposizioni di legge” secondo i parametri e le modalità analiticamente disciplinati dall'art. 11, cit. (così la circolare del C.S.M. n. 20691 dell'8 ottobre 2007 - deliberazione del 4 ottobre 2007, recante Nuovi criteri per la valutazione di professionalità dei magistrati a seguito della legge 30 luglio 2007, n. 111; parte I, Capo II).

Non può, quindi, secondo il giudice amministrativo, attribuirsi a tale procedimento natura meramente dichiarativa ovvero ricognitiva “se non nella misura in cui, con siffatta espressione, si voglia fare riferimento alla differenza esistente tra attività amministrativa discrezionale pura e discrezionalità tecnica.”

Né la soluzione può mutare, ad avviso della citata giurisprudenza, in considerazione dell'affidamento riposto dall'interessato nella tempestività della procedura di valutazione, della cui durata egli non è in linea di massima responsabile.

Invero, ove effettivamente siano riscontrabili ritardi colpevoli da parte del circuito dell'autogoverno in relazione alla definizione sollecita della pratica, potrebbe, al più, porsi la distinta questione del risarcimento del danno per perdita di chance.

Il Consiglio di Stato (sent. 995/2010) ha ribadito il principio, generale nella materia dei concorsi amministrativi, secondo cui i requisiti prescritti per la partecipazione alle procedure di tipo concorsuale devono in ogni caso essere posseduti dal candidato nel momento della scadenza del termine per la presentazione della domanda di ammissione, in ragione dell'esigenza di garantire la parità di trattamento tra i candidati, della necessità di individuare correttamente i soggetti

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partecipanti prima dell'inizio della procedura, di eliminare le incertezze sul numero dei partecipanti, di fissare regole idonee a ridurre l'eventuale contenzioso successivo.

Con riferimento specifico alla materia del conferimento degli incarichi a magistrati, il supremo collegio amministrativo, dopo avere richiamato la più volte citata disposizione di cui all'art. 12 comma 1 del D.Lgs. 160/2006, ha osservato che “traspare dalla mera lettura della norma, anche in un caso particolare come il conferimento di uffici direttivi ai magistrati, che il legislatore si è comunque prefisso l'obiettivo di assicurare certezza alle situazioni giuridiche, imponendo che i candidati al conferimento delle funzioni “abbiano conseguito” (ossia siano già in possesso del) la valutazione di professionalità richiesta, al fine di “partecipare” alla stessa procedura concorsuale.

Né è possibile ritenere la natura meramente dichiarativa della valutazione di professionalità, che potrebbe indurre a dare alla stessa un contenuto solo ricognitivo e quindi effettivamente retroattivo.

Se si pone mente al procedimento costruito dalla normativa primaria ai fini della valutazione di professionalità dei magistrati, con la disciplina della legge 30 luglio 2007, n. 111, è facile cogliere che si è in presenza di una valutazione di carattere costitutivo, atteso che, come recita l'art. 11, comma 15, del citato D.Lgs. 160 del 2006, questa “consiste in un giudizio espresso, ai sensi dell'articolo 10 della legge 24 marzo 1958, n. 195, dal Consiglio superiore della magistratura con provvedimento motivato e trasmesso al Ministro della giustizia che adotta il relativo decreto”, da utilizzarsi “ai fini dei tramutamenti, del conferimento di funzioni, comprese quelle di legittimità, del conferimento di incarichi direttivi e ai fini di qualunque altro atto, provvedimento o autorizzazione per incarico extragiudiziario”.

La conclusione, coerente ed inevitabile, della giurisprudenza amministrativa è che la natura vincolante della norma primaria in tema di previo possesso della valutazione di professionalità ed il rilievo costitutivo del giudizio che fonda la detta valutazione impongono che i requisiti per prendere parte alla procedura concorsuale siano posseduti al momento della scadenza del termine per la partecipazione alla procedura medesima, mentre l'affidamento del candidato nella tempestività della valutazione e non imputabilità allo stesso del ritardo può venire in eventuale rilievo sotto il profilo del danno di cui potrebbe dolersi l'appellante in termini di perdita di chance, azionabile contro la pubblica amministrazione ma non in grado di incidere sulla posizione del controinteressato che, nello stesso senso ma con ragioni opposte, si duole anch'egli dell'illegittimo operato della parte pubblica.

L'esame della giurisprudenza corrobora la tesi per cui la legittimazione a partecipare ai concorsi di cui all'art. 12 D.Lgs. 160/2006 dipende non dalla semplice maturazione dell'anzianità corrispondente alla valutazione professionale richiesta, ma dall'effettivo e formale riconoscimento della stessa all'esito del procedimento amministrativo relativo condotto dal C.S.M..

La soluzione è, peraltro, del tutto conforme alla lettera della norma che prescrive che la valutazione sia stata “conseguita”, e cioè sia entrata formalmente nel patrimonio giuridico dell'interessato attraverso la procedura legislativamente prevista.

3. Il tema in esame è, stato peraltro, esaminato in più occasioni anche da questo Consiglio.

In occasione della revisione della circolare relativa al conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, proprio sul presupposto che chi non abbia già ottenuto l'esplicito riconoscimento del titolo, nonostante abbia già maturato il diritto ad essere valutato, non è legittimato a concorrere al posto per il quale sia richiesta la valutazione di professionalità, il C.S.M. ha cercato di minimizzare gli effetti di possibile nocumento derivanti all'interessato dal ritardo nella definizione della procedura, apprestandogli una garanzia procedimentale.

Al paragrafo 5.2 della circolare n. P. 19244 del 3 agosto 2010, “Testo Unico sulla Dirigenza Giudiziaria” è così previsto che “Alla data della vacanza del posto, il magistrato che intende partecipare al concorso deve aver già maturato il diritto ad essere valutato secondo le scansioni quadriennali di cui all'art. 11 D.Lgs. 160/2006, laddove esse incidano sulla legittimazione rispetto al posto da conferire. La valutazione di professionalità deve, comunque, intervenire prima che la competente Commissione Referente formuli la proposta per il conferimento dell'ufficio direttivo.

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Nel caso in cui tra gli aspiranti vi siano magistrati che attendono lo scrutinio di professionalità, quale condizione di legittimazione, la Commissione Referente procede all'istruttoria della procedura solo quando abbia acquisito gli esiti delle relative valutazioni di professionalità riguardanti i candidati interessati”.

Si è, quindi, previsto l'arresto della procedura concorsuale di tramutamento o di conferimento del posto o dell'incarico per consentire l'esame delle valutazioni di professionalità dei candidati che abbiano maturato l'anzianità necessaria prima del termine della vacanza del posto, al fine di costituire agli aspiranti dotati dell'anzianità di carriera necessaria il titolo di legittimazione ed evitare esclusioni motivate soltanto dalla durata della procedura di progressione in carriera.

La soluzione regolamentare è stata fondata sulla possibilità di deroga al principio della necessità del possesso dei requisiti di legittimazione alla data di scadenza del termine per la presentazione delle domande ammessa dalla giurisprudenza in precedenza indicata per la sola evenienza nella quale

“l'amministrazione ravvisi la sussistenza di una particolare esigenza pubblica, ragionevolmente prevalente su quella sottesa alla regola generale da individuare caso per caso”.

La recente deliberazione assunta il 5 maggio 2011 risulta, parimenti, in linea con la interpretazione della giurisprudenza amministrativa. Nell'interpretare il disposto dell'art. 201 R.D. n. 12 del 1941, primo comma (secondo il quale “L'anzianità dei magistrati si computa dalla data del decreto di nomina in ciascun grado. In caso di nomina contemporanea, l'anzianità si determina dall'ordine nel quale le promozioni sono conferite secondo le disposizioni contenute nel presente titolo”) il Consiglio ha ritenuto che la norma, pur facendo riferimento ad un sistema di progressione in carriera ormai desueto (le c.d. “promozioni”), “enuncia un principio oggi adattabile al vigente sistema delle valutazioni periodiche di professionalità”, tenuto conto che anche in occasione della radicale riforma dell'ordinamento giudiziario del 2006 detta disposizione non è stata abrogata, essendo stata evidentemente ritenuta attuale e compatibile con il sistema normativo introdotto dalla legge n. 111/2007.

In tale quadro è stato ritenuto che la condizione di chi abbia maturato una certa anzianità ma non abbia ancora conseguito la positiva valutazione di professionalità corrispondente è diversa rispetto a quella di colui il quale, vantando la medesima anzianità, ed anche una posizione in ruolo successiva, si sia già visto riconoscere il titolo professionale prevalendo il secondo dei candidati, in ragione della intervenuta definizione positiva del procedimento di avanzamento in carriera.

In sostanza, anche in detta fattispecie, il riconoscimento formale della valutazione professionale è stato ritenuto condizione indispensabile dell'apprezzamento dell'anzianità di servizio vantata dal magistrato, rispetto alla quale la deliberazione del C.S.M. ha funzione evidentemente costitutiva.

Alla medesima conclusione questo Consiglio è giunto nella materia dei concorsi per il conferimento delle funzioni di legittimità presso la Corte di cassazione. Come è noto, l'art. 12 del D.Lgs.

160/2006, dopo avere in via generale stabilito che per accedere alle funzioni in questione è necessaria la quarta valutazione di professionalità, al comma 14 prevede che una aliquota del dieci per cento di detti posti siano assegnati, con concorso riservato, a magistrati che abbiano conseguito la seconda o la terza valutazione.

Nel determinare la posizione concorsuale dei magistrati che, pur avendo maturato l'anzianità per ottenere la quarta valutazione di professionalità, non l'avevano in fatto formalmente conseguita alla data del bando ( il tutto al fine di stabilire se ammetterli al concorso ordinario - per il quale la valutazione in questione è richiesta - oppure al concorso riservato - sulla base della terza valutazione di cui erano già in possesso) la Terza commissione referente, nella seduta del 12 maggio 2011, ha ritenuto che in sede di concorso ordinario siano valutabili i soli candidati che abbiano conseguito formalmente la IV valutazione di professionalità alla scadenza dei termini di presentazione della domanda nella procedura concorsuale, dovendo gli altri essere considerati nella procedura riservata ai magistrati che hanno “conseguito la seconda o la terza valutazione di professionalità” (art. 12 comma 14 D.Lgs. 160/2006).

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4. Gli univoci precedenti giurisprudenziali sopra citati e il prevalente orientamento consiliare conducono a ribadire la preferenza per l'interpretazione secondo cui il requisito del conseguimento della valutazione di professionalità prevista nell'ambito di procedure di tramutamento di magistrati, ricorra solo nelle ipotesi in cui ne sia intervenuto il formale riconoscimento da parte del Consiglio superiore della magistratura all'esito della specifica procedura di valutazione professionale, non essendo all'uopo sufficiente la maturazione dell'anzianità di servizio necessaria.

Tale conclusione appare, anzitutto, maggiormente conforme al tenore letterale della norma - non potendosi fare coincidere il “conseguimento” di cui all'art. 12 D.Lgs. 160/2006 che con la formale acquisizione del titolo. In secondo luogo non può non osservarsi che la soluzione opposta rischierebbe di frustrare lo scopo della disposizione primaria, che attribuisce al conseguimento della valutazione di professionalità il valore di garanzia dell'esistenza in capo agli aspiranti di doti, competenze ed esperienze professionali adeguate al posto da ricoprire. Ove la legittimazione a partecipare alla selezione attitudinale fosse ravvisata anche in assenza di una espressa positiva valutazione professionale si aprirebbe, ingiustificatamente, la strada alla nomina di candidati non assistiti da tale garanzia.

E' su tale premessa logica che si fonda il valore costitutivo, e non meramente dichiarativo- ricognitivo, della valutazione di professionalità operata dal C.S.M..

E, d'altra parte, non mancano nella prassi consiliare casi di esito sfavorevole della procedura di valutazione professionale ai fini della progressione in carriera, con conseguente diniego di riconoscimento del conseguimento della valutazione di professionalità fisiologicamente collegata all'anzianità maturata. In tali ipotesi, accedendo alla opposta tesi, si porrebbe, invero, il problema degli effetti che sulla nomina intervenuta sulla scorta del dato puro della anzianità produrrebbe l'eventuale, successivo esito negativo della verifica professionale.

5. Le considerazioni sopra formulate mentre, da un lato, impongono la affermazione della natura costitutiva della valutazione di professionalità, dall'altro impongono al Consiglio di farsi carico delle obbiettive criticità operative riscontrate nella procedura di valutazione dei magistrati, tenuto conto del concreto pregiudizio subito dal magistrato il quale, pur possedendo i requisiti per conseguire il titolo di avanzamento professionale, risulti non legittimato a concorrere per un posto od un incarico in ragione della intempestività dei presidi del governo autonomo nel definire la procedura di riconoscimento della valutazione di professionalità necessaria.

Tale criticità è aggravata, nella pratica, sotto il profilo soggettivo, dalla circostanza che i tempi delle singole procedure di valutazione sono, in linea di massima, non prevedibili e del tutto eterogenei.

La durata di ciascuno scrutinio dipende, infatti, dalla sollecitudine con cui lo specifico magistrato, il dirigente dell'Ufficio cui è addetto, il Consiglio giudiziario territorialmente competente e, infine, il Consiglio superiore della magistratura assolvono alle incombenze procedimentali loro assegnate, dalla maggiore o minore facilità di acquisizione del materiale istruttorio, dal carico di lavoro, dalla responsabilizzazione individuale di ciascuno degli enti coinvolti, dalla utilizzazione più o meno intensa degli strumenti di garanzia procedimentale posti a beneficio dell' interessato (ad esempio, osservazioni, memorie, audizione personale).

Ne consegue che le singole posizioni di progressione in carriera possono avere - ed in effetti hanno in concreto - tempi di definizione significativamente diversi con la conseguenza che magistrati che vantano la medesima anzianità di servizio conseguono il titolo professionale in esame in tempi diversi con le, conseguenti, ingiustificabili, negative ricadute in termini di legittimazione alla formulazione delle istanze di tramutamento o di conferimento di incarichi.

In tale quadro, appare opportuno che il Consiglio superiore della magistratura utilizzi gli strumenti di regolamentazione secondaria di cui dispone, al fine di predisporre idonei strumenti di governo del fenomeno, per attenuare le criticità e gli effetti distorsivi più evidenti del sistema.

Appare, in particolare, opportuno adottare una soluzione organizzativa che preveda una gestione dei tempi delle procedure di valutazione di professionalità tendenzialmente unitaria per i magistrati aventi anzianità analoga, in quanto nominati con il medesimo decreto, assicurando il simultaneo

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inizio di tutte le procedure e scansioni obbligatorie ed unitarie degli adempimenti nei quali si articola il procedimento di valutazione. Per tal via, nella generalità dei casi e con riferimento ad un modello ordinario fisiologico statisticamente prevalente che si snoda secondo i canoni previsti e prevedibili, potrà ottenersi una tendenziale uniformità dei tempi di definizione delle procedure medesime.

Potrebbero, in tale prospettiva, prevedersi termini generali, validi per tutte le procedure connesse al medesimo decreto di nomina, a seguito dall'iniziativa ufficiosa del C.S.M. - da assumersi tempestivamente in osservanza della circolare vigente - per la presentazione dell'autorelazione e dei documenti da parte del magistrato interessato, per la raccolta dei documenti e la redazione del rapporto del Capo dell'Ufficio e per il parere del Consiglio giudiziario, con la incentivazione dell'utilizzo di schemi succinti di motivazione e modalità espressive standardizzate ed uniformi. Il Consiglio da parte sua dovrebbe garantire la trattazione altrettanto tempestiva e concentrata di tutte le pratiche conducendole a definizione in tempi circoscritti.

Da tale schema procedimentale potrebbero essere escluse le procedure nel corso delle quali, a qualsiasi livello, emergano elementi di criticità tali da consigliare una maggiore ponderazione ovvero approfondimenti istruttori, come nel caso in cui sia richiesta o condotta un'istruttoria orale, con eventuale audizione dell'interessato ovvero siano in corso procedimenti disciplinari o penali nei confronti del magistrato interessato.

Al fine di procedere alla individuazione ed adozione delle soluzioni organizzative idonee ad assolvere agli scopi sopra indicati il Consiglio ritiene opportuno investire la competente commissione in sede referente.

Sulla scorta delle suesposte considerazioni, il Consiglio delibera

- di stabilire che il requisito del conseguimento della valutazione di professionalità richiesta nell'ambito di procedure di tramutamento di magistrati possa ravvisarsi esclusivamente a seguito della positiva definizione della procedura di riconoscimento formale della valutazione di professionalità;

- di demandare alla Quarta commissione la individuazione di soluzioni organizzative finalizzate a determinare una contemporanea o almeno ravvicinata definizione delle procedure di valutazione della professionalità per tutti i magistrati nominati con il medesimo decreto ministeriale.”

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