Spediz. abb. post. 45% - art. 2, comma 20/b
Legge 23-12-1996, n. 662 - Filiale di Roma Anno 143o Numero 40
PARTE PRIMA Roma - Mercoled|©, 9 ottobre 2002
SI PUBBLICA IL MERCOLEDIé DIREZIONE E REDAZIONE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA - UFFICIO PUBBLICAZIONE LEGGI E DECRETI - VIA ARENULA 70 - 00100 ROMA AMMINISTRAZIONE PRESSO L'ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO - LIBRERIA DELLO STATO - PIAZZA G. VERDI 10 - 00100 ROMA - CENTRALINO 06 85081CORTE COSTITUZIONALE
S O M M A R I O
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ATTI DI PROMOVIMENTO DEL GIUDIZIO DELLA CORTE
n. 47. Ricorso per questione di legittimita© costituzionale depositato in cancelleria il 7 agosto 2002 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
Sanita© pubblica - Norme della Regione Piemonte - Disposizioni limitative della terapia elet- troconvulsivante, della lobotomia prefrontale e transorbitale e di altri simili interventi di psicochirurgia - Denunciata esorbitanza dalle competenze regionali in materia di professioni e tutela della salute - Violazione dei fondamentali diritti di personalita© dei cittadini e dei diritti fondamentali della persona ûpazienteý - Violazione della compe- tenza statale in materia di responsabilita© (anche civilistica) degli esercenti le profes- sioni sanitarie nonche¨ in materia di definizione delle linee di ricerca degli studiosi della scienza medica - Contrasto con i principi recati dalle norme statali in materia sanita- ria - Richiamo alla sent. n. 282/2002 della Corte costituzionale.
^ Legge della Regione Piemonte 3 giugno 2002, n. 14 (in particolare artt. 4, 5 e 6).
^ Costituzione, artt. 2, 32, 33, primo comma, e 117, comma terzo; legge 13 maggio 1978, n. 180, artt. 1, 2, 3 e 5; legge 23 dicembre 1978, n. 833, artt. 33, 34 e 35;
d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, artt. 1 e 14 . . . Pag. 9
n. 48. Ricorso per questione di legittimita© costituzionale depositato in cancelleria il 12 agosto 2002 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
Lavori pubblici - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia - Affidamento dei lavori mediante procedura ristretta - Fissazione, nel bando di gara, del numero massimo delle imprese da invitare (da dieci a trenta) - Criteri di scelta in caso di superamento del numero fissato - Valutazione della ûcollocazione operativaý delle imprese concorrenti - Denunciata violazione della previsione costituzionale che fa divieto alle regioni di limi- tare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale - Viola- zione del principio di eguaglianza e, conseguentemente, del divieto comunitario di discri- minazioni in ragione della cittadinanza - Violazione della competenza esclusiva statale in materia di disciplina della concorrenza.
^ Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 31 maggio 2002, n. 14, art. 20.
^ Costituzione, artt. 3, 117, primo comma, e comma secondo, lettera e), e 120; Trattato CE, artt. 12 e 49.
Lavori pubblici - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia - Ulteriori criteri di affida- mento dei lavori, nel caso di aggiudicazione in favore dell'offerta economicamente piu©
vantaggiosa - Prevista priorita© per le imprese con sede legale nella Regione da almeno tre anni alla data del bando e che abbiano eseguito in Regione lavori similari a quelli in gara negli ultimi tre anni - Denunciata violazione della normativa della Comunita©
europea per omesso riferimento alla soglia comunitaria - Irragionevole trattamento deteriore per le imprese che non operano nella Regione - Violazione della competenza esclusiva statale in materia di disciplina della concorrenza.
^ Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 31 maggio 2002, n. 14, art. 24.
^ Costituzione, artt. 3, 117, primo comma, e comma secondo, lettera e); Direttiva
14 giugno 1993, n. 93, n. 93/37/CEE . . . ý 10
n. 49. Ricorso per questione di legittimita© costituzionale depositato il 12 agosto 2002.
Ambiente (tutela dell') - Norme della Regione Lombardia in materia di protezione ambien- tale dall'esposizione a campi elettromagnetici - Previsto differimento al 1 gennaio 2003 dell'applicazione della precedente legge regionale n. 4 del 2002 (impugnata, dinanzi alla Corte costituzionale, con ricorso n. 34/02) - Sostanziale conferma dei limiti alla installazione di impianti contemplati dalla suddetta legge - Denunciata inva- sione della competenza esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente - Contrasto con la legge ûquadroý statale vincolante il legislatore regionale per le materie, di com- petenza concorrente, attinenti alla tutela della salute e all'ordinamento delle comuni- cazioni - Invasione delle competenze attribuite allo Stato per l'adeguamento dell'ordi- namento ûinternoý alle norme europee - Invito alla Regione a non procedere alla attuazione della legge in pendenza del giudizio.
^ Legge della Regione Lombardia 10 giugno 2002, n. 12.
^ Costituzione, art. 117, 117, comma secondo, lett. s), e comma terzo; legge 22 febbraio
2001, n. 36; Direttiva 96/2/CE . . . Pag. 13
n. 433. Ordinanza della Commissione tributaria provinciale di Milano, del 7 giugno 2001.
Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) - Imposte sui trattamenti di fine rapporto - Obbligo per gli imprenditori sostituti d'imposta di versare, a titolo di acconto delle impo- ste dovute dai dipendenti, una percentuale dell'ammontare dei trattamenti maturati alla fine del 1996 e del 1997 - Ingiustificata diversita© rispetto al regime normale della sostitu- zione nel debito d'imposta - Imposizione ad alcune categorie di imprenditori dell'onere di parziale copertura di un costo pubblico - Contrasto con il principio di capacita© contri- butiva.
^ Legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 211, come modificato dall'art. 2 del d.l. 28 marzo 1997, n. 79, convertito nella legge 28 maggio 1997, n. 140.
^ Costituzione, artt. 3 e 53 . . . ý 14
n. 434. Ordinanza della Corte di cassazione del 25 luglio 2002.
Processo penale - Regressione del procedimento - Custodia cautelare - Periodi di custodia sofferti in una fase, o grado, diversi - Computo ai fini della determinazione del doppio del termine finale di fase - Esclusione - Incidenza sui principi di uguaglianza e di invio- labilita© della liberta© personale - Richiamo alla sentenza n. 292/1998 e all'ordinanza n. 529/2000.
^ Codice di procedura penale, art. 303, comma 2.
^ Costituzione, artt. 3 e 13 . . . ý 16
n. 435. Ordinanza del G.U.P. del Tribunale per i minorenni di Catanzaro del 23 aprile 2002.
Processo penale - Processo minorile - Udienza preliminare - Contumacia o irreperibilita©
dell'imputato minorenne - Impossibilita© di pronunciare, in mancanza del consenso del- l'imputato, sentenza di non luogo a procedere in ipotesi di proscioglimento c.d. pieno - Disparita© di trattamento rispetto agli imputati maggiorenni - Irragionevolezza - Viola- zione dei princip|ª sul ûgiusto processoý.
^ D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 32, comma 1, come modificato dall'art. 22 della legge 1 marzo 2001, n. 63.
^ Costituzione, artt. 3 e 111, commi secondo, quarto e quinto . . . ý 20
n. 436. Ordinanza del Tribunale militare di La Spezia del 23 marzo 2000.
Processo penale - Cause di incompatibilita© del giudice - Giudice che, a seguito di sentenza di applicazione della pena nei riguardi di altro imputato nel medesimo processo per fatti commessi in condizioni di reciprocita©, abbia preso cognizione degli atti proces- suali contenuti nel fascicolo del p.m. - Mancata previsione - Violazione dei princip|ª sul ûgiusto processoý.
^ Codice di procedura penale, art. 34, comma 2.
^ Costituzione, art. 111 . . . Pag. 23
n. 437. Ordinanza del tribunale di Lecce sez. distaccata di Nardo© del 26 giugno 2002.
Processo penale - Disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del Tribunale - Inosservanza dichiarata erroneamente dal giudice nell'udienza preliminare - Rimes- sione in termini dell'imputato per la richiesta di applicazione di pena o di giudizio abbreviato - Mancata previsione - Ingiustificato deteriore trattamento, a parita© di reato, dell'imputato giudicato con errore di procedura - Incidenza sul diritto di difesa e sui principi del ûgiusto processoý.
^ Codice di procedura penale, art. 33-sexies.
^ Costituzione, artt. 3, 24 e 111 . . . ý 26
n. 438. Ordinanza del tribunale di Modena del 18 luglio 2002.
Edilizia popolare, economica e sovvenzionata - Alloggi di edilizia pubblica assegnati in locazione - Rilascio per morosita© del conduttore - Possibilita© per l'ente assegnante di avvalersi di uno speciale procedimento di ingiunzione e sfratto - Ingiustificata dispa- rita© di trattamento normativo e processuale in danno dei conduttori di alloggi popolari, rispetto ai conduttori di abitazioni private - Violazione del diritto di agire e resistere in giudizio.
^ Regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165, art. 32.
^ Costituzione, artt. 3 e 24 . . . ý 28
n. 439. Ordinanza del giudice di pace di Pisticci del 26 settembre 2001.
Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Ricorso al prefetto contro il ver- bale di accertamento - Previsto raddoppio della sanzione minima edittale in caso di rigetto - Violazione del principio di eguaglianza sostanziale - Contrasto con il diritto di difesa e con il principio di buon andamento della p.a.
^ Codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), art. 204.
^ Costituzione, artt. 3, comma secondo, 24, comma secondo e 97, primo comma . . . ý 31
n. 440. Odinanza del Collegio arbitrale del 27 maggio 2002.
Arbitrato - Controversie relative all'esecuzione di opere pubbliche comprese in programmi di ricostruzione di territori colpiti da calamita© naturali - Divieto di devoluzione a col- legi arbitrali - Possibilita© di transazione limitata ai giudizi arbitrali in corso e alle istanze di accessi arbitrali notificate prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 180/1998 - Incidenza sul principio del giudice naturale.
^ Decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto 1998, n. 267, art. 3, comma 2.
^ Costituzione, art. 25 . . . ý 32
n. 441. Ordinanza del Collegio arbitrale del 31 maggio 2002.
Arbitrato - Controversie relative all'esecuzione di opere pubbliche comprese in programmi di ricostruzione di territori colpiti da calamita© naturali - Divieto di devoluzione a col- legi arbitrali - Possibilita© di transazione limitata ai giudizi arbitrali in corso e alle istanze di accessi arbitrali notificate prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 180/1998 - Incidenza sul principio del giudice naturale.
^ Decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto 1998, n. 267, art. 3, comma 2.
^ Costituzione, art. 25 . . . Pag. 34
n. 442. Ordinanza della Commissione tributaria provinciale di Milano del 14 febbraio 2002.
Imposte e tasse - Accertamenti in rettifica dei redditi di impresa delle persone fisiche - Determinazione presuntiva di ricavi, compensi e volume d'affari attribuibili al contri- buente sulla base delle condizioni di esercizio dell'attivita© svolta - Utilizzazione da parte degli uffici finanziari di parametri fissati dal Presidente del Consiglio dei mini- stri e non superabili mediante prova testimoniale - Violazione della riserva di legge in materia di prestazioni patrimoniali - Lesione del diritto di difesa - Disparita© di tratta- mento fra le parti processuali - Violazione del principio di capacita© contributiva - Esorbitanza dalle funzioni spettanti al Presidente del Consiglio dei ministri.
^ Legge 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3.
^ Costituzione, artt. 23, 24, 53 e 95 . . . ý 36
n. 443. Ordinanza della Commissione tributaria provinciale di Milano del 14 febbraio 2002.
Imposte e tasse - Accertamenti in rettifica dei redditi di impresa delle persone fisiche - Determinazione presuntiva di ricavi, compensi e volume d'affari attribuibili al contri- buente sulla base delle condizioni di esercizio dell'attivita© svolta - Utilizzazione da parte degli uffici finanziari di parametri fissati dal Presidente del Consiglio dei mini- stri e non superabili mediante prova testimoniale - Violazione della riserva di legge in materia di prestazioni patrimoniali - Lesione del diritto di difesa - Disparita© di tratta- mento fra le parti processuali - Violazione del principio di capacita© contributiva - Esorbitanza dalle funzioni spettanti al Presidente del Consiglio dei ministri.
^ Legge 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3.
^ Costituzione, artt. 23, 24, 53 e 95 . . . ý 38
n. 444. Ordinanza del Tribunale di La Spezia del 18 giugno 2002.
Sanita© pubblica - Regione Liguria - Sostituzione delle ASL nei rapporti giuridici pregressi facenti capo alle USL - Legittimazione delle ASL nei giudizi pendenti relativi a detti rapporti - Contrasto con i princip|ª fondamentali posti dalla legislazione statale in materia (d.lgs. n. 502/1992) e in particolare con l'art. 6 della legge n. 724/1994 che vieta alle Regioni di fare gravare sulle ASL i debiti e i crediti facenti capo alle sop- presse USL - Indebita disciplina con efficacia retroattiva di situazioni gia© regolate in maniera diversa dalla legislazione statale - Incidenza sul diritto di azione - Violazione dei princip|ª del giusto processo - Eccedenza dai limiti della competenza regionale.
^ Legge della Regione Liguria 24 marzo 2000, n. 26, art. 1, in combinato disposto con l'art. 2, commi 1 e 2, stessa legge.
^ Costituzione, artt. 3, 24 e 117, comma 2 . . . ý 39
n. 445. Ordinanza del Tribunale di Pisa del 27 marzo 2002.
Processo penale - Patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti - Nomina del difensore - Limitazione della scelta ad un difensore iscritto ad uno degli albi del distretto di Corte d'appello in cui ha sede il giudice davanti al quale pende il procedimento - Possibilita©
di nomina di un difensore iscritto extra districtum, con esclusione del rimborso delle spese di trasferta o comunque effettuate al di fuori del distretto - Mancata previsione - Disparita© di trattamento tra soggetti abbienti e non abbienti - Lesione del diritto di difesa.
^ Legge 30 luglio 1990, n. 217, art. 9.
^ Costituzione, artt. 3 e 24, commi secondo e terzo . . . Pag. 44
n. 446. Ordinanza del Tribunale di Genova del 17 luglio 2002.
Impiego pubblico - Controversie relative al rapporto di lavoro dei dipendenti di pubbliche amministrazioni - Accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validita© ed interpreta- zione dei contratti o accordi collettivi nazionali sottoscritti dall'ARAN - Obbligo del giudice di sospensione del giudizio con ordinanza motivata, contenente i termini della questione da risolvere e la fissazione di una nuova udienza non prima di centoventi giorni - Obbligo dell'ARAN di convocazione delle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo per un accordo sull'interpretazione autentica ovvero sulla modifica della clausola controversa - Disciplina della conseguente procedura e dello svolgimento delle controversie di lavoro - Ingiustificata deroga alla disciplina proces- suale delle controversie di lavoro - Incidenza sul diritto di azione - Eccesso di delega - Vio- lazione del principio della subordinazione dell'efficacia erga omnes dei contratti collettivi di lavoro al rispetto del principio di maggioranza e rappresentativita© - Indebita interfe- renza del potere legislativo sulla funzione giurisdizionale - Violazione dei princip|ª sul giu- sto processo.
^ Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, art. 64, commi 1, 2 e 3.
^ Costituzione, artt. 3, 24, 39, 76, 101, 102 e 111 . . . ý 45
ATTI DI PROMOVIMENTO DEL GIUDIZIO DELLA CORTE
n. 47
Ricorso per questione di legittimita© costituzionale depositato in cancelleria il 7 agosto 2002 (del Presidente del Consiglio dei ministri)
Sanita© pubblica - Norme della Regione Piemonte - Disposizioni limitative della terapia elettroconvulsivante, della lobotomia prefrontale e transorbitale e di altri simili interventi di psicochirurgia - Denunciata esorbitanza dalle competenze regionali in materia di professioni e tutela della salute - Violazione dei fondamentali diritti di personalita© dei cittadini e dei diritti fondamentali della persona ûpazienteý - Violazione della competenza statale in materia di responsabilita© (anche civilistica) degli esercenti le professioni sanitarie nonche¨ in materia di definizione delle linee di ricerca degli studiosi della scienza medica - Contrasto con i principi recati dalle norme statali in materia sanitaria - Richiamo alla sent. n. 282/2002 della Corte costituzionale.
^ Legge della Regione Piemonte 3 giugno 2002, n. 14 (in particolare artt. 4, 5 e 6).
^ Costituzione, artt. 2, 32, 33, primo comma, e 117, comma terzo; legge 13 maggio 1978, n. 180, artt. 1, 2, 3 e 5;
legge 23 dicembre 1978, n. 833, artt. 33, 34 e 35; d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, artt. 1 e 14.
Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato nei confronti della regione Piemonte, in persona del presidente della giunta regionale, avverso la legge regionale Pie- monte 3 giugno 2002 n. 14, pubblicata nel bollettino ufficiale n. 23 del 6 giugno 2002, intitolata ûRegolamento sull'applicazione della terapia elettroconvulsivante, della lobotomia prefontale e transorbitale ed altri simili inter- venti di psicochirurgiaý.
La proposizione del presente ricorso e© stata decisa dal Consiglio dei ministri nella riunione dell'11 luglio 2002 (che si depositera©).
La legge regionale in esame segue delibera legislativa riapprovata il 29 febbraio 2000, sottoposta al giudizio di codesta Corte (reg. ric. n. 11 del 2000), e promulgata dopo la delibera 11 gennaio 2002 del Consiglio dei mini- stri di rinuncia ö in considerazione della sopravvenuta legge della Costituzione 18 ottobre 2001 n. 3 ö a quel precedente ricorso e dopo la declaratoria di estinzione del relativo processo costituzionale.
Come noto, a giudizio di codesta Corte e© stata sottoposta (reg. ric. n. 3 del 2002) la legge della regione Mar- che 13 novembre 2001 n. 26, recante disposizioni simili a quelle contenute nella legge piemontese ora sub judice;
e codesta Corte ha dichiarato l'illegittimita© costituzionale della legge marchigiana con sentenza 26 giugno 2002 n. 282. In tale sentenza e© stato affermato che:
ûla disciplina in esame concerne l'ambito materiale della tutela della salute, (ambito) che ai sensi del- l'art. 117 terzo comma della Costituzione costituisce oggetto della potesta© legislativa concorrente delle regioniý;
i principi fondamentali della materia devono essere desunti, in assenza di ûleggi statali nuove espressa- mente rivolte a tale scopoý, dalla legislazione statale in vigore;
ûla regola di fondo in questa materia e© costituita dalla autonomia e dalla responsabilita© del medico che, sempre con il consenso del paziente, opera le scelte professionali basandosi sullo stato della conoscenzaý;
un intervento del legislatore in argomento, ancorche¨ non precluso a priori, non puo© ûnascere da valuta- zioni di pura discrezionalita© politicaý, e deve fondarsi sullo stato ûdelle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite tramite istituzioni e organismi ö di norma nazionali o sopranazionali ö a cio© deputatiý;
contrasta dunque con i principi fondamentali un intervento legislativo regionale in tema di terapie prati- cabili che, anziche¨ fondarsi su acquisizioni tecnico-scientifiche verificate dagli organismi competenti (di norma nazionali o sopranazionali), ûsi presenta come una scelta legislativa autonomaý.
Questo autorevole e recente precedente ûin terminiý conferma che la legge regionale in esame, e segnata- mente gli artt. 4, 5 e 6 di essa, eccede la competenza della regione e contrasta con gli artt. 2, 32, 33 comma primo, 117 comma terzo (professioni, tutela della salute) Cost., e con i principi recati dalle norme interposte quali quelle menzionate nel par. 5 della sentenza citata e quelle contenute negli artt. 1, 2, 3 e 5 della legge 13 maggio 1978 n. 180, negli artt. 33, 34 e 35 della legge 23 dicembre 1978 n. 833, negli artt. 1 e 14 (nei testi attualmente vigenti) del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502.
Il governo della Repubblica nega che ciascun legislatore regionale possa ö senza l'apporto di adeguate Isti- tuzioni tecnico-specialistiche ö dare sue indicazioni su singole terapie, e cos|© incidere su fondamentali diritti di personalita© dei cittadini, persino costituzionalmente garantiti. La ammissione iuxta modum, o il divieto di singole terapie per considerazioni di tipo sanitario non puo© dipendere dalla volonta© di questo o quel legislatore regionale, e© decisione che si colloca in un momento logicamente preliminare persino rispetto alla determinazione ö di com- petenza statale ö dei ûlivelli essenzialiý (art. 117 comma secondo lettera m) ed uniformi di assistenza sanitaria (art. l comma 2 del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502).
Per completezza, si aggiunge che ö in particolare ö l'art. 5 della legge piemontese palesemente invade l'area concettuale dei diritti fondamentali della persona ûpazienteý (artt. 2 e 32 Cost.) e nella contigua area delle respon- sabilita© (anche civilistiche) degli esercenti le professioni sanitarie ed in qualche misura delle linee di ricerca degli studiosi dediti alla scienza medica (art. 33 comma primo Cost.); aree queste che spetta allo Stato sia configurare sia disciplinare.
P. Q. M.
Si chiede che sia dichiarata la illegittimita© costituzionale della legge sottoposta a giudizio, con ogni consequen- ziale pronuncia.
Roma, add|© 23 luglio 2002
Il vice avvocato generale: Franco Favara 02C0842
n. 48
Ricorso per questione di legittimita© costituzionale depositato in cancelleria il 12 agosto 2002 (del Presidente del Consiglio dei ministri)
Lavori pubblici - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia - Affidamento dei lavori mediante procedura ristretta - Fissazione, nel bando di gara, del numero massimo delle imprese da invitare (da dieci a trenta) - Criteri di scelta in caso di superamento del numero fissato - Valutazione della ûcollocazione operativaý delle imprese concorrenti - Denunciata violazione della previsione costituzionale che fa divieto alle regioni di limitare l'eserci- zio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale - Violazione del principio di eguaglianza e, conseguentemente, del divieto comunitario di discriminazioni in ragione della cittadinanza - Violazione della competenza esclusiva statale in materia di disciplina della concorrenza.
^ Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 31 maggio 2002, n. 14, art. 20.
^ Costituzione, artt. 3, 117, primo comma, e comma secondo, lettera e), e 120; Trattato CE, artt. 12 e 49.
Lavori pubblici - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia - Ulteriori criteri di affidamento dei lavori, nel caso di aggiudicazione in favore dell'offerta economicamente piu© vantaggiosa - Prevista priorita© per le imprese con sede legale nella Regione da almeno tre anni alla data del bando e che abbiano eseguito in Regione lavori similari a quelli in gara negli ultimi tre anni - Denunciata violazione della normativa della Comunita© europea per omesso riferimento alla soglia comunitaria - Irragionevole trattamento deteriore per le imprese che non operano nella Regione - Violazione della competenza esclusiva statale in materia di disciplina della concorrenza.
^ Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 31 maggio 2002, n. 14, art. 24.
^ Costituzione, artt. 3, 117, primo comma, e comma secondo, lettera e); Direttiva 14 giugno 1993, n. 93, n. 93/37/CEE.
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso la quale ha il proprio domicilio in via dei Portoghesi n. 12, Roma;
Nei confronti della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in persona del presidente della giunta regionale, per la dichiarazione della illegittimita© costituzionale della legge regionale 31 maggio, n. 14, Disci- plina organica dei lavori pubblici, negli articoli 20 e 24 (B.U.R. - supplemento straordinario - n. 22 del 4 giugno 2002).
Art. 20.
L'art. 20.2 della legge regionale, in caso di affidamento dei lavori mediante procedura ristretta, tra i cri- teri per riportare i candidati nel numero massimo di trenta, eventualmente fissato nel bando di gara ai sensi del primo comma, indica anche la collocazione operativa dei concorrenti. Questo significa che, una volta che sia stato fissato il numero massimo di imprese ammesse che non puo© essere superiore a trenta, ma che puo© essere ben inferiore, purche¨ superiore a dieci, le imprese con collocazione operativa piu© lontana verreb- bero sempre escluse.
Collocazione operativa e© formula non tra le piu© felici, secondo la quale si dovrebbe tenere conto o della sede effettiva delle imprese o della collocazione dei cantieri aperti al momento della presentazione della domanda.
In ogni caso sarebbero pregiudicate le imprese con sedi lontane, in pratica quelle che operano in regioni diverse.
Ai sensi dell'art. 127, primo comma, della Costituzione il Governo puo© promuovere la questione di legitti- mita© costituzionale di una legge regionale quando ritenga che ecceda la competenza della regione.
L'art. 120 fa divieto alle regioni di limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
Eé proprio questo l'effetto dell'art. 20.2 in esame.
Le imprese con sede o con cantieri fuori dalla regione Friuli-Venezia Giulia verrebbero tagliate fuori dagli appalti soggetti alla disciplina regionale, in pratica riservati alle imprese operanti nella regione o in territori vicini.
Eé palese la violazione anche dell'art. 3 della Costituzione che da sola giustifica l'impugnativa ai sensi del- l'art. 127, primo comma, Cost.
La regione eccede la propria competenza quando con una sua legge viola principi costituzionali, con la con- seguente legittimazione del Governo ad impugnarla.
Sostenendo il contrario, si dovrebbe poi concludere che nella competenza della regione rientra anche la pos- sibilita© di violare la Costituzione e che sulla legge non sarebbe possibile una verifica immediata di legittimita©
costituzionale, ma solo un giudizio incidentale.
Attraverso la violazione dell'art. 3 della Costituzione si e© realizzata anche una violazione comunitaria, piu©
precisamente degli artt. 12 e, indirettamente, 49 del Trattato CE.
L'art. 12, come noto, vieta ogni forma di discriminazione in ragione della cittadinanza e la Corte di giu- stizia, da tempo, ha chiarito che il divieto e© espressione del principio generale di uguaglianza, che e© principio fondamentale dell'ordinamento comunitario ribadito nella Carta dei diritti. Introducendo una disciplina di favore delle imprese che operano nella regione o nelle zone finitime, si e© realizzata, dunque, una discrimina- zione in danno anche delle imprese dei Paesi membri, in ragione della loro nazionalita©. Si e© violato, per- tanto, l'art. 17, primo comma, della Costituzione che imporre anche alle regioni il rispetto dell'ordinamento comunitario.
Non vale ad escludere la illegittimita© comunitaria che la norma, come dispone il suo primo comma, sia appli- cabile ai lavori di importo al di sotto della soglia comunitaria.
Quella che si intende far valere e© la violazione delle norme comunitarie in materia di appalti di lavori pub- blici non in via diretta, ma attraverso la violazione dell'art. 3 della Costituzione e, di conseguenza, la violazione dell'artt. 117, primo comma, Cost.
Eé evidente, infatti, il contrasto della norma in esame con l'art. 12 del Trattato che vieta qualsiasi discri- minazione fondata sulla nazionalita©, discriminazione cos|© incisiva da rendere impossibile ad una impresa di un Paese membro di risultare aggiudicataria. Ma e© violato anche, per le stesse ragioni ed in modo palese, l'art. 49.
Art. 24.
Come ulteriori criteri di affidamento, nel caso di aggiudicazione in favore dell'offerta economicamente piu©
vantaggiosa, sono previsti: avere l'impresa la sede legale nella regione da almeno tre anni alla data di bando di gara; avere eseguito in regione lavori similari a quelli in gara negli ultimi tre anni.
Una volta che sia superata la fase dell'ammissione, dunque, si ripete la posizione di favore per le imprese che operano nella regione ai fini dell'aggiudicazione.
Va rilevato che questi sono definiti come criteri di priorita©.
Stando alla formulazione della norma, dovrebbero avere valore prevalente sugli altri.
Non c'e© alcun riferimento alla soglia comunitaria, come nell'art. 20. La violazione della Direttiva 14 giugno 1993, n. 93/37/CEE e©, dunque, palese ne¨ sembra il caso di richiamare la giurisprudenza della Corte di giustizia.
La norma non dovrebbe trovare applicazione secondo principi ben noti dell'ordinamento comunitario.
Ma gia© la sua esistenza determina una infrazione comunitaria, perseguibile nelle forme di cui all'art. 226 del Trattato, e la illegittimita© costituzionale ai sensi dell'art. 117, primo comma, Cost.
Ed e© sotto questo profilo che la norma viene impugnata cosicche¨, una volta dichiarata costituzionalmente illegittima, venga meno anche la infrazione comunitaria prima del parere motivato ai sensi dell'art. 226 richia- mato, che esporrebbe lo Stato ad una responsabilita© diretta.
Ma viene violato anche l'art. 3 Cost.
Non sembra necessario illustrare come una posizione cos|© sfavorevole per le imprese che non operano nella regione e nelle zone vicine non abbia nessuna base di ragionevolezza, fondata come e© sulla volonta© di favorire le imprese locali.
Entrambe le norme violano, peraltro, anche l'art. 117, secondo comma, lett. e) Cost.
I criteri fissati creano per le imprese con sede o operanti nella regione o in territori vicini una situazione di favore, del tutto svincolata dalla loro efficienza e dalle loro capacita© operative, in violazione dei principi che reg- gono il mercato concorrenziale.
Attraverso l'applicazione di quei criteri puo© essere neutralizzato il vantaggio concorrenziale della impresa capace di offrire il prezzo minore per il fatto che ha la sua sede o ha svolto la sua attivita© fuori della regione.
Il contrasto con i principi del mercato concorrenziale e© tanto evidente da non richiedere dimostrazione.
Senonche¨ la disciplina della concorrenza, e quindi anche le deroghe ai suoi principi, rientra nella legislazione esclusiva dello Stato.
Da qui un ulteriore motivo di illegittimita© costituzionale di entrambe le norme.
P. Q. M.
Si conclude perche¨ la legge impugnata sia dichiarata costituzionalmente illegittima negli articoli 20 e 24;
Si produce estratto della deliberazione del Consiglio dei ministri del 25 luglio 2002.
Roma, add|© 27 luglio 2002.
L'Avvocato dello Stato: Glauco Nori 02C20851
n. 49
Ricorso per questione di legittimita© costituzionale depositato il 12 agosto 2002 (del Presidente del Consiglio dei ministri)
Ambiente (tutela dell') - Norme della Regione Lombardia in materia di protezione ambientale dall'esposizione a campi elettromagnetici - Previsto differimento al 1 gennaio 2003 dell'applicazione della precedente legge regionale n. 4 del 2002 (impugnata, dinanzi alla Corte costituzionale, con ricorso n. 34/02) - Sostanziale conferma dei limiti alla installazione di impianti contemplati dalla suddetta legge - Denunciata invasione della competenza esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente - Contrasto con la legge ûquadroý statale vincolante il legislatore regionale per le materie, di competenza concorrente, attinenti alla tutela della salute e all'ordinamento delle comunicazioni - Invasione delle competenze attribuite allo Stato per l'adeguamento dell'ordinamento ûinternoý alle norme europee - Invito alla Regione a non procedere alla attuazione della legge in pendenza del giudizio.
^ Legge della Regione Lombardia 10 giugno 2002, n. 12.
^ Costituzione, art. 117, 117, comma secondo, lett. s), e comma terzo; legge 22 febbraio 2001, n. 36; Direttiva 96/2/CE.
Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, nei confronti della regione Lombardia, in persona del suo presidente della giunta, avverso la legge regionale 10 giu- gno 2002 n. 12, intitolata ûDifferimento dell'applicazione di disposizioni in materia di istallazione di impianti di telecomunicazioni e radiotelevisione...ý, pubblicata nel Boll. Uff. suppl. ord. n. 24 del 13 giugno 2002.
La determinazione di proposizione del presente ricorso e© stata approvata dal Consiglio dei ministri nella riu- nione del 19 luglio 2002 (si depositera© estratto del relativo verbale).
Con ricorso a codesta Corte notificato il 7 maggio 2002 (reg. ric. n. 34 del 2002) il Presidente del Consiglio ha impugnato, tra l'altro, l'art. 3 comma 12 della legge regionale Lombardia 6 marzo 2002 n. 4, comma recante modifiche alla legge regionale Lombardia 11 maggio 2001 n. 11 (punto C di quel ricorso).
Nella pendenza della richiamata controversia, la Regione ha ritenuto di produrre la legge ora in esame, che all'art. 1, comma 1 introduce una sorta di (piu© apparente che effettiva) sospensione della disposizione contenuta nella lettera a) del citato art. 12, al tempo stesso pero© confermandone l'efficacia a decorrere dal non lontano gen- naio 2003, e all'art. 1, comma 2, ha sostanzialmente rinnovato fino al 1 gennaio 2003 ö e quindi anche dopo tale data ö il divieto disposto nella predetta lettera a) del citato art. 12, apportando ad essa solo due ritocchi (ûin cor- rispondenza diý, anziche¨ ûentro il limite inderogabile di 75 metri di distanza dal perimetro di proprieta© diý, ed inoltre per l'aggiunta di ûche ospitano soggetti minorenniý).
Palesemente le menzionate nuove disposizioni sono affette dai vizi di illegittimita© costituzionale gia© rilevati nell'anzidetto ricorso reg. ric. n. 34 del 2002: esse invadono la competenza esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente prevista dall'art. 117, comma secondo, lettera s) Cost., e contrastano con la legge quadro 22 feb- braio 2001 n. 36 la quale vincola i legislatori regionali anche per quanto attiene alle materie ö di competenza concorrente ai sensi dell'art. 117, comma terzo, Cost. ö tutela della salute e ordinamento delle comunicazioni.
In particolare, le disposizioni regionali in esame non considerano le caratteristiche rilevanti delle stazioni trasmit- tenti (altezza dal suolo, potenza irradiata, direttivita© delle irradiazioni) ed il livello massimo di campo ammissibile presso le aree abitate.
Inoltre, la direttiva europea 96/2/CE attribuisce agli Stati membri la competenza a stabilire le condizioni per l'installazione e la gestione di reti di comunicazioni e per la prestazione dei servizi di telecomunicazione. Le dispo- sizioni ora in esame risultano percio© invasive anche delle competenze attribuite dall'art. 117, Cost., allo Stato per l'adeguamento dell'ordinamento ûinternoý alle norme europee.
Ovviamente si chiede la riunione della presente controversia a quella anteriore menzionata.
P. Q. M.
Si chiede, che sia dichiarata la illegittimita© costituzionale della legge sottoposta a giudizio, con ogni conseguen- ziale pronuncia e con invito alla regione a non procedere alla attuazione della legge stessa in pendenza del giudizio.
Roma, add|© 27 luglio 2002
Il vice Avvocato generale dello Stato: Franco Favara 02C0852
n. 433
Ordinanza del 7 giugno 2001 (pervenuta alla Corte costituzionale il 9 settembre 2002) emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Milano sul ricorso proposto da Grafiche Parole Nuove S.r.l. contro D.R.E. Lombardia
Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) - Imposte sui trattamenti di fine rapporto - Obbligo per gli imprenditori sostituti d'imposta di versare, a titolo di acconto delle imposte dovute dai dipendenti, una percentuale dell'ammontare dei trattamenti maturati alla fine del 1996 e del 1997 - Ingiustificata diversita©
rispetto al regime normale della sostituzione nel debito d'imposta - Imposizione ad alcune categorie di imprenditori dell'onere di parziale copertura di un costo pubblico - Contrasto con il principio di capacita©
contributiva.
^ Legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 211, come modificato dall'art. 2 del d.l. 28 marzo 1997, n. 79, convertito nella legge 28 maggio 1997, n. 140.
^ Costituzione, artt. 3 e 53.
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 7823/99 depositato il 5 giugno 1999 avverso S/RIF sui rimb.
n. del 26 gennaio 1999 - I.R.P.E.F. contro D.R.E. Lombardia (sez. Milano) proposto da: Grafiche Parole Nuove S.r.l., rapp. Quadrio Giancarlo residente a Brugherio (MI) in via Garibaldi n. 3, difesa da: Angiolini dott. Pasquale residente a Vimodrone (MI) in viale Rimembranze n. 8.
La societa© Grafiche Parole Nuove S.r.l. ricorre avverso il silenzio-rifiuto, formatosi sull'istanza di rimborso di L. 27.554.000, versate, a titolo di ritenute su accantonamenti per trattamento di fine rapporto, ai sensi del- l'art. 3, comma 211, legge n. 66/1996, come modificato dall'art. 2 decreto legislativo n. 79/1997, convertito nella legge n. 140/1997.
La ricorrente adduce profili d'illegittimita© costituzionale della normativa sopra indicata in relazione agli arti- coli 3 e 53 della carta costituzionale.
Il Collegio dubita della legittimita© di tali norme per i motivi esposti nel ricorso, che appaiono ö prima facie ö condivisibili ai fini della valutazione della non manifesta infondatezza della questione di legittimita© costituzionale.
La fattispecie sottoposta al vaglio della Commissione, concernente un'ipotesi d'anticipato versamento di rite- nute, si discosta nettamente, sia nella forma che nella sostanza, da quello che e© il normale sistema che disciplina l'istituto della sostituzione nel debito d'imposta, determinando, a carico degli imprenditori, pesanti oneri finan- ziari, non comparabili con nessun'altra forma di sostituzione, sia in relazione ai tempi dell'anticipazione, di gran lunga maggiori rispetto all'ipotesi normale del versamento delle ritenute, sia per l'impossibilita© di anticipare o accelerare, in alcun modo, il momento di effettuazione delle ritenute. Tali versamenti, per la loro stessa entita©, finiscono, pertanto, per tradursi in una vera e propria forma, sia pure mascherata, di ûprelievo fiscaleý, tanto piu© grave e ingiustificata, in quanto destinata a fare ricadere su di una particolare categoria di soggetti (gli imprenditori, e neppure tutti gli imprenditori, visti i casi di esclusione di cui all'art. 3 legge n. 662/1996, come
sostituito dall'art. 2 decrerto-legge n. 79/1997, convertito nella legge n. 140/1997), in via esclusiva, con una palese discriminazione all'interno della stessa categoria, al di fuori delle condizioni e delle garanzie dettate dall'art. 53 della Costituzione, la parziale copertura di un ûcosto pubblicoý che, viceversa, avrebbe dovuto invece gravare sul- l'intera collettivita©.
Quanto sin qui esposto fa paventare al collegio la possibilita© di una violazione non solo del generale principio di uguaglianza, di cui all'art. 3 della Costituzione, in quanto tale versamento non grava neppure su tutti gli imprenditori e discrimina coloro che ne sono colpiti a favore di coloro che vengono dalla legge espressamente esclusi (v. art. 3 legge n. 662/1996, come sostituito dall'art. 2 decreto legge n. 79/1997, convertito nella legge n. 140/1997).
La norma de quo sembra altres|© in contrasto con il principio, fondamentale in materia tributaria, del con- corso alle spese pubbliche in ragione della propria capacita© contributiva, sancito dall'art. 53 della Costituzione, trattandosi di un prelievo coattivo di ricchezza, non correlato ad alcuna concreta manifestazione di capacita© con- tributiva, in quanto il numero, il livello retributivo e l'anzianita© dei dipendenti, cui e© ragguagliato l'accantona- mento per trattamento di fine rapporto, non possono in alcun modo considerarsi quali manifestazioni, neppure indirette, di reddito o patrimonio e, quindi, di capacita© contributiva.
P. Q. M.
Visto il ricorso che precede;
Vista l'eccezione di legittimita© costituzionale;
Visto l'art. 23 legge n. 87/53;
Ritenuta la rilevanza della questione;
Dichiara non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 3 e 53 della Costituzione, la questione di legitti- mita© costituzionale dell'art. 3, comma 211, legge n. 662/1996, come modificato dall'art. 2 d.l. n. 79/1997, convertito nella legge n. 140/1997, nella parte in cui:
1) si discosta da quello che e© il normale sistema che disciplina l'istituto della sostituzione nel debito d'impo- sta, determinando, a carico degli imprenditori, pesanti oneri finanziari, non comparabili con nessun'altra forma di sostituzione nel debito d'imposta;
2) fa ricadere su di una particolare categoria di soggetti (gli imprenditori, e neppure tutti gli imprenditori, visti i casi di esclusione di cui all'art. 3 legge n. 662/1996, come sostituito dall'art. 2 d.l. n. 79/1997, convertito nella legge n. 140/1997), la parziale copertura di un costo pubblico, che dovrebbe gravare sull'intera collettivita©;
3) trattandosi di un prelievo coattivo di ricchezza, non e© correlato ad alcuna concreta manifestazione di capa- cita© contributiva;
Sospende il giudizio in corso e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
Ordina che a cura della segreteria, l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata alle parti in causa, nonche¨ al Presidente del Consiglio dei ministri, e comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento (Camera dei deputati e Senato della Repubblica).
Milano, add|© 7 giugno 2001
Il Presidente relatore: Barbetta
02C0912
n. 434
Ordinanza del 25 luglio 2002 emessa dalla Corte di cassazione nel procedimento penale a carico di D'Agostino Luciano
Processo penale - Regressione del procedimento - Custodia cautelare - Periodi di custodia sofferti in una fase, o grado, diversi - Computo ai fini della determinazione del doppio del termine finale di fase - Esclusione - Incidenza sui principi di uguaglianza e di inviolabilita© della liberta© personale - Richiamo alla sentenza n. 292/1998 e all'ordinanza n. 529/2000.
^ Codice di procedura penale, art. 303, comma 2.
^ Costituzione, artt. 3 e 13.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso promosso da Luciano D'Agostino contro l'ordinanza 8 giugno 2001 del Tribunale di Torino.
Udita la relazione del consigliere Antonio Stefano Agro©.
Udito il p.g. Gianfranco Ladecola che ha concluso per la rimessione degli atti alla Corte costituzionale.
Udito, per il ricorrente, l'avvocato Antonio Manago© che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
Considerato in fatto e in diritto
1. ö Luciano D'Agostino, catturato l'11 marzo 1999 nel corso del processo d'appello per reati di associa- zione per delinquere ed estorsione, il 17 aprile del 2001, durante il giudizio di rinvio che si era aperto a seguito di parziale annullamento della Cassazione, presentava istanza di rimessione in liberta©, perche¨, trascorsi due anni dall'esecuzione della custodia senza che fosse stata pronunziata sentenza di condanna in appello, la misura caute- lare, a suo dire, aveva perso efficacia.
2. ö La Corte d'appello di Torino respingeva l'istanza e il Tribunale del riesame, l'8 giugno del 2001, confer- mava tale decisione, ritenendo che, nel calcolare i termini finali della custodia di fase (commisurati in anni 1+1) non si dovevano sommare, ai fini dell'art. 304, comma 6 c.p.p., i periodi sofferti durante il giudizio di cassazione, conclusosi, come s'e© accennato, con il parziale annullamento dell'originaria sentenza d'appello e il conseguente rinvio del procedimento in questo grado.
3.ö Il D'Agostino proponeva ricorso e la prima sezione di questa Corte la rimetteva alle Sezioni Unite in quanto, intervenuta l'ordinanza n. 529 del 2000 della Corte costituzionale, s'erano nuovamente verificati nella giu- risprudenza della Cassazione quei contrasti in ordine al computo dei termini finali di fase, che la sentenza delle stesse sezioni unite n. 4 del 29 febbraio del 2000 (ric. Musitano) s'era proposta di risolvere.
4. ö Tanto premesso, occorre ricordare che la Corte costituzionale, con sentenza n. 292 del 1998, disatten- dendo la costante lettura della giurisprudenza, riteneva che un'interpretazione adeguata del sistema normativo consentiva di concludere che l'art. 304, comma 6 c.p.p., costituiva limite estremo e meccanismo di chiusura della disciplina della custodia cautelare, talche¨ il superamento del doppio dei termini di fase era causa di scarcerazione anche nell'ipotesi di regressione del procedimento (art. 303, comma 2 c.p.p).
5. ö Pubblicata questa pronunzia, sorgeva tuttavia un contrasto in sede di legittimita©, non gia© sulla possibi- lita© di aderire alla decisione della Consulta, bens|© sul metodo con cui calcolare il termine finale in caso di regres- sione: parte della giurisprudenza riteneva che si dovesse considerare tutta la detenzione comunque sofferta dal- l'inizio di una determinata fase o grado fino al provvedimento che dispone il regresso, sommandola con quella successiva; in altre decisioni, invece, si affermava che si dovessero congiungere alla detenzione in atto nella fase o grado in cui il procedimento era regredito solo i periodi di privazione della liberta© gia© subiti nella fase o nel grado medesimi.
6. ö Le Sezioni Unite, con la ricordata sentenza Musitano, indicavano quest'ultima soluzione, solo sulla base di argomenti letterali, logici e sistematici.
Infatti la decisione respinge l'idea che l'annullamento o la diversa causa determinante la regressione del pro- cedimento rendano apparente ö oggi per allora ö l'esistenza del passaggio di fase o di grado ed i suoi effetti (come chi, per esempio, dicesse che avendo la Cassazione annullato la sentenza di appello, mai si e© validamente usciti dall'appello, con la conseguenza che anche il periodo storicamente trascorso in Cassazione va giuridica- mente imputato all'appello). E la rifiuta ö richiamando il contenuto di precedenti sentenze ö per la dizione del comma 2, dell'art. 303 c.p.p., che, prevedendo che i termini ûdecorrono di nuovoý, evidentemente esclude che siano continuati a decorrere.
Ritiene quindi che, per i termini di fase della custodia, il codice abbia accolto una concezione ûmonofasicaý o ûendofasicaý e che tale impianto autonomistico debba rilevarsi dal tenore dell'art. 303 c.p.p. nel suo complesso e specificamente dalla distinzione tra termine di fase e termine complessivo che la disposizione unicamente conosce, mentre in nessun luogo viene in considerazione il periodo ûinterfasicoý. Derivandone cos|© che quando l'art. 303, comma 2 c.p.p., fa riferimento ai termini che decorrono di nuovo, a questi si possono sommare (nel rispetto del- l'art. 304, comma 6) solo entita© omogenee e cioe© i periodi trascorsi nella stessa fase.
Osserva ancora (e in questa prospettiva conclusivamente) che nel codice manca una norma alla quale pos- sano ricondursi le basi della fictio iuris giustificativa di un indifferenziato conglobamento delle fasi intermedie.
7.ö A ben vedere tuttavia, la sentenza Musitano, sebbene dichiari esplicitamente di non aver reperito nel deciso dal giudice costituzionale alcun suggerimento circa il sistema di computo dei termini, offre in vari passaggi anche argomenti idonei a collegare l'interpretazione prescelta a quei principi che la Corte costituzionale aveva espresso nella sentenza n. 292.
In primo luogo la Consulta s'era rifatta al canone di proporzionalita© dei termini di custodia cautelare.
Orbene questa proporzionalita©, nel pensiero della sentenza delle Sezioni Unite, non puo© che commisurarsi a para- metri diversi, a seconda della funzione del termine di custodia che si considera. In particolare la proporzionalita©
va riferita alla sola gravita© del reato entita© del fatto e sanzione irrogabile) per la durata complessiva della custo- dia, in cui si tratta di valutare l'incidenza globale delle esigenze cautelari sulla liberta© personale. Essa tuttavia non puo© razionalmente prescindere dalle attivita© previste nella singola fase se riferita all'arco di tempo della custodia determinato per questa. Insomma, la durata del termine di fase e© stata discrezionalmente fissata in con- templazione dell'addebito ma anche per consentire, permanendo la custodia, il compimento di specifici atti pro- cessuali. Ne discende che imputare alla fase in cui il procedimento regredisce l'intervallo in cui non era dato svol- gere le attivita© proprie di quella fase significa allora scardinare l'assetto delle esigenze che erano state contempe- rate. Si sarebbe creato un termine parziale di durata complessiva, avulso da ogni concreta funzionalita©.
E a questo riguardo non puo© poi opporsi che, essendo il detenuto incolpevole dell'invalidita© del passaggio di fase, e© ragionevole addossare all'autorita© il relativo rischio. L'art. 304, comma 6 c.p.p., nella lettura della Corte costituzionale, accomuna indifferentemente l'ipotesi di regressione (art. 303, comma 2 c.p.p.) a quella di evasione (art. 303, comma 3 c.p.p.) e percio©, essendo eguale il criterio del limite del doppio dei termini di fase per colpevoli e incolpevoli, unico e oggettivo deve essere il computo da operarsi.
8.ö Del resto (e qui si viene anche all'altro principio espresso nella sentenza n. 292, quello cioe© della ridu- zione al minimo necessario del sacrificio della liberta© personale), il periodo trascorso nella fase intermedia (allo stato sterilizzato non va perduto, ma, per cos|© dire, accreditato alla fase di competenza, con la conseguenza che
vi sara© sommato quando il procedimento l'avra© raggiunta. In questo modo il sacrificio per il soggetto privato e©
comunque di carattere transitorio e certo non puo© paragonarsi ö in un equilibrato bilanciamento degli inte- ressi ö agli effetti di rottura del sistema che il criterio del cumulo indifferenziato irragionevolmente e© in grado di provocare.
Ne¨ il principio del sacrificio minore possibile puo© significare che il termine, in caso di regressione, deve ulte- riormente ridursi rispetto al tempo che la Corte costituzionale individua come punto di contemperamento tra liberta© e autorita© fissato dal legislatore. Eé questo pero© quella che inconsapevolmente pretendono quanti assumono che sia dimostrata la matematica inutilita© della soluzione prescelta dalle sezioni unite, lamentando che, con la somma dei segmenti omogenei di detenzione, il termine ordinario di fase riprende a decorrere in genere (e cioe©
salvo pregresse proroghe o sospensioni o molteplici regressioni) per tutta la durata prevista dall'art. 303 c.p.p.
Dimenticano pero© che, se si deve computare nel regresso solo quello che e© sommabile perche¨ omogeneo e cioe© il presofferto nella stessa fase, il metodo della addizione dei segmenti omogenei e© comunque operativo nell'arco del doppio della durata dei termini e cioe© in quel periodo che, segnando il limite di tolleranza del sistema, costitui- sce la garanzia per il soggetto. Ne risulta che il problema non e© di carattere matematico, ma e© quello di stabilire e per altra via) il giusto criterio e questo ö per quanto osservato ö non puo© essere che il cumulo dei periodi della stessa fase.
9. ö Eé altres|© opportuno notare che la successiva esperienza mostrato che il cumulo di tutta la custodia sof- ferta nella fase cui il procedimento regredisce non rappresenta in realta©, sempre e comunque, un beneficio per l'imputato.
Infatti, la valutazione di maggiore o minore utilita© per il detenuto dei due metodi si e© rilevata avere un senso solo sotto il profilo statistico, tant'e© vero che nei casi considerati dalla sentenza della sesta sezione n. 5874 del 23 maggio 2001, Martinelli, e dalla sentenza della prima sezione n. 42794 del 28 novembre 2001, Schiavone, i ricorrenti non sono stati scarcerati proprio perche¨ l'intera detenzione antecedente al regresso e© stata imputata alla fase in cui il procedimento e© regredito, mentre sarebbero stati rimessi in liberta© se si fosse seguito il sistema Musitano.
10.ö Per le ragioni fin qui riassunte le sezioni unite opinavano dunque che l'interpretazione adottata del computo del termine a seguito di regresso, non solo fosse l'unica esegeticamente corretta, ma rappresentasse anche una soluzione quantomeno accettabile in relazione agli artt. 3 e 13 della Costituzione da cui erano stati tratti i principi di proporzionalita© e quello del minor sacrificio possibile.
11.ö L'idea di aver fornito un'interpretazione costituzionalmente plausibile e© oggi da ritenersi azzardata alla luce dell'ordinanza n. 529 del 2000 della Corte costituzionale e sorge invece il dubbio che il criterio della cumula- bilita© dei soli segmenti omogenei contrasti con le norme costituzionali appena richiamate.
Tale pronunzia innanzitutto fa carico alle sezioni unite di non aver inteso come la sentenza n. 292 del 1998 avesse gia© indicato il criterio del cumulo di tutto il periodo di detenzione. Doveva infatti capirsi, dall'esposizione delle premesse in fatto che dettero origine a quella decisione, che il riesame della rilevanza, al momento dell'elabo- razione di questa sentenza, non si era fermato ad accertare se ci si trovasse dinanzi ad un procedimento regredito (caso in cui secondo la giurisprudenza allora corrente non era applicabile l'art. 304, comma 6 c.p.p.), ma si era spinto a valutare l'esito favorevole per la parte dall'applicazione di questo comma dell'art. 304 nell'auspicata diversa interpretazione. Siccome quel soggetto non sarebbe stato scarcerato se, una volta stabilita l'applicabilita©, non si fosse cumulata tutta la custodia sofferta, ecco che l'adozione di un simile metodo di computo doveva chia- ramente risultare dalla pronunzia (altrimenti, e© sottinteso, la Consulta avrebbe dichiarato inammissibile per irrile- vanza la dedotta questione).
In ogni modo, aggiunge l'ordinanza, solo se si include nel calcolo del termine finale dell'art. 304, comma 6 c.p.p. la custodia cautelare subita dall'imputato in fasi diverse, la disposizione mantiene integra la sua naturale sfera di applicazione e non resta limitata ai casi eccezionali di molteplici regressioni del procedimento. Il cumulo di tutti i periodi, conclude, e© il solo coerente con l'art. 13 della Costituzione che impone di privilegiare la solu- zione che riduca al minimo il sacrificio della liberta© personale.
12. ö Giunti a questo punto, le sezioni unite riaffermano tuttavia che l'art. 303, comma 2 c.p.p. esprime una norma che, sia pure considerando i principi piu© volte ricordati e quindi ö forse ö in contrasto con essi, impedi- sce di addizionare, nel calcolo del doppio del termine finale di fase, periodi di detenzione sofferti in fasi o in gradi diversi da quelli in cui il procedimento e© regredito. Non potendo percio© il ricorso essere deciso indipendentemente dalla soluzione della questione di legittimita© costituzionale, chiedono alla Corte costituzionale, nel rispetto delle reciproche attribuzioni, di intervenire sulla disposizione indicata con una pronunzia caducatoria, se il dubbio dovesse rivelarsi fondato.
13. ö I motivi per cui il comma 2, dell'art. 303 c.p.p., non e© suscettibile di diversa lettura, sono stati prima esposti e va quindi solo richiamato quanto gia© detto nei numeri precedenti in ordine alla natura monofasica dei termini che, secondo la vigente ed applicabile norma denunziata, devono decorrere di nuovo e che quindi bisogna sommare, ai fini del calcolo del loro doppio, con addendi di natura omogenea e cioe© con periodi di detenzione tra- scorsi nella stessa fase o grado.
Le sezioni unite d'altronde non ritengono che l'interpretazione assunta sia influenzata da modifiche norma- tive sopravvenute. La voluntas legis di mantenere intatto il dettato previsto dalla disposizione in esame anche a seguito dell'interpretazione offerta dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 292 del 1998, puo© ricavarsi dal fatto che le numerose manipolazioni di cui l'art. 303 c.p.p. e© stato oggetto non hanno toccato il comma discusso (cfr. da ultime legge 5 giugno 2000, n. 144 e 19 gennaio 2001, n. 4 di conversione del d.l. n. 341 del 2000).
Quest'ultima legge, nel consentire in casi eccezionali una interconnessione tra le fasi, conferma semmai come il canone generale dell'autonomia dei termini di fase possa essere derogato solo da specifiche previsioni norma- tive. Essa quindi verifica la necessita© di un intervento del legislatore (o di una sentenza costituzionale di accogli- mento) per consentire la cumulabilita© di periodi relativi a fasi o a gradi diversi, secondo quanto aveva gia© con- cluso la sentenza n. 4 del 29 febbraio 2000.
14.ö Il procedimento va quindi sospeso ferma restando la misura cautelare in atto. La cancelleria provve- dera© agli adempimenti previsti dalla legge n. 87 del 1953.
P. Q. M.
Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87;
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, ai sensi degli articoli 3 e 13 della Costituzione, la questione di legittimita© costituzionale dell'art. 303, comma 2, del codice di procedura penale nella parte in cui impedisce di compu- tare, ai fini dei termini massimi di fase determinati dal successivo art. 304, comma 6, i periodi di detenzione sofferti in una fase o in un grado diversi da quelli in cui il procedimento e© regredito.
Sospende il presente procedimento.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti previsti dall'art. 23 ultimo comma della legge 11 marzo 1953, n. 87, nonche¨ per quelli di cui all'art. 94 comma 1-ter disp. att. c.p.p.
Cos|© deciso in Roma, il 10 luglio 2002
Il Presidente: Marvulli
Il componente relatore: Agro©
02C0913
n. 435
Ordinanza del 23 aprile 2002 emessa dal G.U.P. del Tribunale per i minorenni di Catanzaro nel procedimento penale a carico di E.M.R.
Processo penale - Processo minorile - Udienza preliminare - Contumacia o irreperibilita© dell'imputato minorenne - Impossibilita© di pronunciare, in mancanza del consenso dell'imputato, sentenza di non luogo a procedere in ipotesi di proscioglimento c.d. pieno - Disparita© di trattamento rispetto agli imputati maggiorenni - Irragionevolezza - Violazione dei princip|ª sul ûgiusto processoý.
^ D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 32, comma 1, come modificato dall'art. 22 della legge 1 marzo 2001, n. 63.
^ Costituzione, artt. 3 e 111, commi secondo, quarto e quinto.
IL TRIBUNALE PER I MINORENNI
Esaminati gli atti contenuti nel fascicolo processuale n. 2/02 R. G.U.P. a carico del minore E. M. R, in atti generalizzato, irreperibile, libero, contumace, imputato:
A) del reato di cui all'art. 688 c.p. per essere stato colto in luogo pubblico in stato di manifesta ubria- chezza.
B) del delitto di minaccia aggravata ex art. 612 cpv. c.p. per aver minacciato gravemente Femia Cosimo e l'assistente della Polizia di Stato Corigliano Antonio;
In Soverato il 19 settembre 2000
O s s e r v a
A seguito di richiesta avanzata dal p.m.m. sede, di rinvio a giudizio del minore sopra generalizzato per i reati di cui in rubrica, e© stata fissata l'odierna udienza preliminare, ove preliminarmente il giudicante evidenziava l'in- costituzionalita© dell'art. 32 d.P.R. n. 448/1988, cosi come modificato dall'art. 22 della legge n. 63/2001 per le seguenti ragioni.
L' art. 22 legge n. 63/2001 ha sostituito il primo comma dell'art. 32 d.P.R. n. 448/1988, introducendo un vero e proprio elemento negoziale quale presupposto per la definizione del processo minorile in sede di udienza preli- minare, in specie, subordina al consenso dell'imputato, da esprimere in limine litis, l'emissione della sentenza di non luogo a procedere.
Tale nuovo testo normativo intende palesemente costituire una trasposizione del principio costituzionale san- cito dall' art. 111 comma 5 della Carta Costituzionale; tuttavia, appare subito alquanto singolare che una regola siffatta sia stata prevista in relazione ai soli epiloghi favorevoli all'imputato.
Eé evidente, infatti, che il disposto costituzionale postula una sorta di disponibilita© dei diritto al dibattimento in vista esclusivamente di una probabile pronuncia di colpevolezza, attraverso il consenso manifestabile dall'imputato ad utilizzare gli atti formati fuori dal contraddittorio e solo in tale ottica il consenso del giudicabile, o meglio la sua rinuncia al contraddittorio, costituisce una condizione essenziale per una eventuale condanna anticipata.
Il silenzio della norma costituzionale in relazione alle ipotesi di proscioglimento sembra, invece, autorizzare l' asserzione che il potere negoziale conferito all'imputato rappresenti unitamente uno strumento utile a garantire una piena attuazione del principio del favor rei permettendo all'imputato minorenne di rinunciare ad una defini- zione anticipata del processo nella prospettiva di una pronuncia dibattimentale appunto piu© favorevole.
Se tali premesse sono esatte, si deve convenire che l'interpretazione (quantameno quella letterale) della dispo- sizione in esame denota un' evidente irrazionalita©.
Ed invero, in primo luogo non si comprende la ratio della previsione di un consenso del giudicabile, peraltro minorenne, finalizzato alla declaratoria di una sentenza di non luogo a procedere a carattere pienamente assolu- torio ovvero avente tenore meramente ûdichiarativoý rispetto, ad esempio, ad ipotesi di difetto di condizione di procedibilita©; in secondo luogo, incomprensibile ed ancor piu© irragionevole appare la situazione, piuttosto fre- quente, rappresentata dalla definibilita© del giudizio in malam partem a prescindere dalla volonta© dell' imputato o, addirittura, nonostante il dissenso di quest' ultimo, come accade nelle ipotesi di condanna a pena pecuniaria ai sensi dell' art. 32 comma 2 cit.
In simili evenienze, infatti, il g.u.p. che non condivida la richiesta di condanna del p.m.m., deve inevitabil- mente rinviare a giudizio il minore ancorche¨ appaiano configurabili ipotesi di proscioglimento nel merito o di improcedibilita©.
In altri termini, la nuova veste dell' art. 32 comma 1 conferisce al minore il diritto ûpotestativoý al dibatti- mento nella prospettiva di un proscioglimento ûpiu© garantitoý rispetto a quello prospettabile in udienza prelimi- nare ma, nel contempo, lo espone al rischio di una condanna in ordine alla quale non puo© vantare alcuna pretesa.
Entrambe le situazioni sopra richiamate evidenziano poi un ulteriore profilo di irrazionalita© della nuova disciplina dell' udienza preliminare minorile nell' ipotesi in cui il minore manifesti il proprio dissenso alla defini- zione anticipata del giudizio: in un caso, infatti, l' udienza si appalesa inutile nella misura in cui abdica alla duplice funzione di filtro delle imputazioni azzardate e di verifica della praticabilita© di soluzioni paraprocessuali a carattere educativo, in favore di un epilogo automatico rappresentato da un dibattimento il piu© delle volte altret- tanto inutile; nell' altro, la richiesta di condanna del p.m.m. sfocia in un' inaccettabile limitazione delle alternative decisorie, precludendo agli epiloghi proscioglitivi previsti dall' art. 129 c.p.p. e differenziando, sotto tale aspetto, il giudizio speciale in questione dal procedimento per decreto, cui il legislatore minorile si e© espressamente ispi- rato, rispetto al quale le cause di non punibilita© costituiscono vere e proprie condizioni impeditive.
Sembra a questo giudice indispensabile un intervento della Suprema Corte per ûavallareý quantomeno la seguente interpretazione: il diritto dell' imputato al contraddittorio dibattimentale dovrebbe incontrare il limite invalicabile rappresentato dal rispetto del principio del favor innocentiae, alla luce del quale sembra opportuno imporre o meglio consentire, al giudicante di emettere una sentenza di non luogo a procedere nelle ipotesi di pro- scioglimento c.d. ûpienoý, poiche¨ il dovere di declaratoria immediata costituisce un principio generale immanente al sistema processuale penale.
Ci si permette di evidenziare che,in tali casi, l'assenza di pregiudizi sul piano processuale e la correlativa carenza di un interesse, meritevole di tutela, a proseguire il processo, implica una fisiologica irrilevanza dell' even- tuale dissenso dell' imputato alla definizione anticipata del giudizio.
Peraltro, la disponibilita© ûtout courtý del diritto al dibattimento in capo all' imputato, sia esso minorenne o maggiorenne, sembra giustificare piu© di una riserva sulla costituzionalita© della disposizione in questione alla luce dell' art. 101 comma 2 Cost.
A fortiori sembra assolutamente ingiustificata la mancata previsione di un potere dispositivo dell' imputato con riguardi alla fattispecie di condanna prevista dall' art. 32 comma 2.
Rafforza il convincimento del collegio in ordine alla indefettibilita© di un celere intervento della Corte la palese constatazione che la innovazione legislativa e© difficilmente conciliabile con i fondamentali principi di minima offensivita© e di destigmatizzazione del minore.
In un sistema in cui si considera ûfisiologicaý la rinuncia alla pretesa punitiva nell' ottica dell'educazione del minore, appare illogica una tutela estrema del diritto al contraddittorio, un' incomprensibile ipertutela apprestata dal Legislatore, al punto che un semplice dissenso immotivato puo© pregiudicare un risultato positivo sotto il profilo educativo.
Ulteriori e forti perplessita© derivano poi dalla differenza di disciplina intercorrente tra la nuova udienza pre- liminare minorile e l' omologa fase del rito per gli adulti, in cui la disponibilita© degli epiloghi non ha cittadinanza.
Di qui un' alternativa ermeneutica che sfocia in ogni caso in un dubbio sulla legittimita© costituzionale della norma in esame: o la assoluta disponibilita© del diritto al dibattimento nel rito minorile rappresenta, come appena detto, un eccesso di tutela delle prerogative dell' imputato, assai poco razionale in un ordinamento imperniato sulla funzione educativa e sul principio di minima offensivita© del processo, o la disciplina dell' udienza prelimi- nare per gli adulti configura una evidente disparita© di trattamento tra imputati maggiorenni e imputati minorenni.
Alla luce delle considerazioni che precedono, appare quanto mai opportuno il consenso della Corte ad una interpretazione che, pur forzando indubbiamente il dato letterale della norma, consenta di razionalizzare la disci- plina dell' udienza preliminare minorile, sostenendo che evadono dalla disciplina ûnegozialeý tutte le ipotesi di irrilevanza del dissenso ovvero della mancanza del consenso per ûoggettivaý carenza di interesse dell'imputato al dibattimento.
Diversamente opinando, si dovrebbe ammettere che il nuovo dettato costituzionale pone irrimediabilmente in crisi l' intero sistema delle decisioni proscioglitive a carattere anticipatorio.
Le considerazioni che precedono sembrano al Collegio pienamente utilizzabili nella fattispecie concreta dell' odierno procedimento il cui imputato si e© reso irreperibile ed e© stato dichiarato contumace.
Invero, si ribadisce, il tenore letterale dell' art. 32 prevede una espressa e specifica richiesta rivolta diretta- mente all' imputato e sembra ripudiare forme di consenso presunto o tacito.
Ne deriva che in caso di contumacia o di assenza dell' imputato, il g.u.p. puo© si valersi, dello strumento pre- visto dall' art. 31, comma l, d.P.R. n. 448/1988, disponendo l'accompagnamento coattivo del minore al fine di effettuare la richiesta di consenso, ma, l'eventuale ineseguibilita© della misura accompagnatoria per irreperibilita©
dell'imputato o per altre ragioni preclude ineluttabilmente la definizione anticipata del giudizio.
Ne©, d'altro canto, puo© replicarsi che l' irreperibilita© e© una scelta addebitabile all' imputato poiche¨, trattandosi di persona minorenne, il cambio di residenza o di domicilio senza informare l'autorita© giudiziaria procedente, potrebbe essere il frutto di una esclusiva scelta degli esercenti la potesta© genitoriale.
Ecco allora la necessita© di ûlegittimareý le ipotesi auspicate da questo Collegio di irrilevanza del dissenso o del mancato consenso, imperniate sulla carenza di interesse dell'imputato a proseguire il processo.
Se tale linea interpretativa proposta non dovesse trovare l'indefettibile copertura Costituzionale, si dovrebbe concludere che l'impossibilita© di assicurare la presenza dell'interessato finirebbe per ûsterilizzareý l'udienza preli- minare minorile, essendo ogni epilogo interdetto in difetto di consenso.
Pertanto appare necessario rimettere gli atti del presente procedimento penale alla Corte Costituzionale affinche¨ esamini la legittimita© dell'art. 32, comma l, d.P.R. n. 448/1988 in relazione all'art. 3, 111 comma 2, 4 e 5 Cost.
P. Q. M.
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita© costituzionale dell'art. 32 d.P.R.
n. 448/1988.
Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e la sospensione del presente processo.
Manda alla cancelleria per la notifica della presente ordinanza all' imputato ed ai suoi genitori, al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Catanzaro, add|© 23 aprile 2002
Il presidente: Spadaro 02C0914
n. 436
Ordinanza del 23 marzo 2000 (pervenuta alla Corte costituzionale l'11 settembre 2002)emessa dal Tribunale militare di La Spezia nel procedimento penale a carico di Severini Luca
Processo penale - Cause di incompatibilita© del giudice - Giudice che, a seguito di sentenza di applicazione della pena nei riguardi di altro imputato nel medesimo processo per fatti commessi in condizioni di reciprocita©, abbia preso cognizione degli atti processuali contenuti nel fascicolo del p.m. - Mancata previsione - Violazione dei princip|ª sul ûgiusto processoý.
^ Codice di procedura penale, art. 34, comma 2.
^ Costituzione, art. 111.
IL TRIBUNALE MILITARE
Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa contro Severini Luca, nato il 25 febbraio 1976 a Roma, ivi residente in via Piccagli n. 26, soldato in congedo, imputato di: reato pluriaggravato di percosse (artt. 61 n. l cp.;
47 n. 2 - 3, 222 c.p.m.p.) perche¨ caporale E.I. gia© in servizio presso il 183 rgt. Par. ûNemboý in Pistoia, la sera del 20 marzo 1998, al rientro in caserma da una libera uscita, dopo essere venuto a diverbio per futili motivi con il caporale Spena Vincenzo, gli si avventava contro colpendolo ripeturamente con dei pugni e degli schiaffi al volto, senza che dal fatto sia derivata una lesione nel corpo o nella mente.
Con le aggravanti del grado rivestito, dell'aver commesso il fatto alla presenza di almeno tre militari e dei futili motivi all'origine del diverbio.
Premesso che questo collegio, in sede di giudizio a seguito di richiesta di patteggiamento proposta dall'impu- tato Spena Vincenzo, ha avuto modo di leggere gli atti del fascicolo del p.m. propri del procedimento originaria- mente instaurato a carico dell'attuale prevenuto Severini e dello Spena, ai quali erano contestati fatti commessi l'uno a danno dell'altro;
che con apposita sentenza il tribunale ha poi accolto la richiesta dello Spena, cui ha prestato il consenso il p.m., disponendo, quindi, la separazione delle posizioni processuali dei due imputati;
che il difensore dell'imputato Severini ha, di seguito, eccepito l'incompatibilita© dei componenti del colle- gio per essere essi gia© venuti a conoscenza del fatto attribuito all'imputato;
Sentito il p.m. che ha contestato l'assunto della difesa, sostenendo che non vi sono motivi d'incompatibilita©, essendo distinti le posizioni dei due imputati ed i fatti a ciascuno attribuiti;
Considerato che l'art. 34 c.p.p. non prevede ipotesi come quella rappresentata per cui, in astratto, non sussi- sterebbero motivi d'incompatibilita© o di astensione;
che, tuttavia, sulla base delle indicazioni fornite all'ordinamento giuridico dalla legge 16 dicembre 1999 n. 479 e dall'art. 111 della Costituzione, in concreto possono ravvisarsi elementi di contrasto con la disciplina costituzionale in merito al canone di parita© sostanziale delle parti processuali di fronte al giudice imparziale;
O s s e r v a
Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione (C.Cass., Sez. IV, 2 dicembre 1994, De Masi, 200561) l'incompatibilita© derivante da atti compiuti nel procedimento deve essere circoscritta ai casi di duplicita©
del giudizio di merito sullo stesso oggetto, da intendersi non secondo un criterio formale; bens|© come una valuta- zione concreta della medesima regiudicanda. In adesione a tale principio, non determina incompatibilita© la pro- nuncia nei confronti dei concorrenti nel medesimo reato ascritto al giudicabile; cio© in quanto, pur in presenza di una comune imputazione, sono ravvisabili una pluralita© di condotte, distintamente imputabili a ciascun concor- rente nel reato e oggetto di autonome valutazioni sia sotto il profilo materiale che psicologico, ( cos|© anche C. Cass. Sez. III 26 settembre 1997, Taddei, 208865; Sez. VI, 14 maggio 1998, Cerciello).
La Corte Costituzionale, nelle sentenze n. 186 del 22 aprile 1992 e n. 439 del 16 dicembre 1993, ha a sua volta affermato che l'accoglimento o il rigetto di un patteggiamento nei confronti di un imputato non impedisce, per incompatibilita©, il giudizio nei confronti di eventuali coimputati; la comunanza dell'imputazione, infatti, non si risolve in un identico oggetto del giudizio, in quanto ad essa fa necessariamente riscontro una pluralita© di con- dotte, distintamente ascrivibili a ciascuno dei concorrenti ed implicanti autonome valutazioni del giudice.