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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI FILOSOFIA, SOCIOLOGIA, PEDAGOGIA E PSICOLOGIA APPLICATA FISPPA

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

DIPARTIMENTO DI FILOSOFIA, SOCIOLOGIA, PEDAGOGIA E PSICOLOGIA APPLICATA – FISPPA

CORSO DI STUDIO

IN SCIENZE DELL’EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE CURRICOLO SCIENZE DELL’EDUCAZIONE

Elaborato finale

L’ADVP

ATTIVAZIONE DELLO SVILUPPO VOCAZIONALE E PROFESSIONALE Una bussola metodologica per l’orientamento precoce

RELATORE

Prof.ssa Gasperi Emma

LAUREANDA Ragusa Maria Grazia MATRICOLA 1200400

Anno Accademico 2021-2022

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1 INDICE

Introduzione p. 3

1. L’orientamento come modalità educativa continua e permanente p.5

Prologo p.5

1.1 L’orientamento dalle origini ai giorni nostri P.5

1.2 La legislazione italiana sull’orientamento

1.3 Autoregolazione dell’apprendimento e didattica orientativa 1.4 Chi è competente si orienta o chi si orienta è competente?

p.7 p.10 p.11 2. Il modello ADVP per un’educazione inclusiva e lo sviluppo della capacità

decisionale p.15

2.1 Il quadro di riferimento teorico e le principali caratteristiche dell’ADVP 2.2 I quattro compiti evolutivi del metodo ADVP

p.15

p.18 2.3 Le caratteristiche e la costruzione degli esercizi

2.4 Il ruolo e l’atteggiamento dei docenti

p.22 p.26 3. Sull’importanza di non disperdere gli studenti dopo “l’obbligo” p.29

Conclusione p.37

Bibliografia p.40

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3 INTRODUZIONE

Vivendo in modo creativo ci rendiamo conto del fatto che ogni cosa che facciamo aumenta il sentimento di essere vivi, di essere noi stessi.

(D.W. Winnicott, Dal luogo alle origini, Raffaello Cortina, Milano, 1990, p. 36.)

Nel corso del Novecento i profondi cambiamenti che hanno investito le società e i sistemi produttivi hanno reso necessario un cambio di paradigma relativamente al concetto di orientamento.

Nel mio elaborato finale di laurea ho ripercorso quasi un secolo di storia dell’orientamento professionale, ma anche scolastico, dal punto di vista della normativa a livello internazionale e nazionale.

All’interno di questa cornice, ho approfondito la conoscenza dell’ADVP Activation du développement vocationnel et professionnel, una metodologia a sostegno dello sviluppo vocazionale e professionale, nata in Canada negli anni Settanta grazie al lavoro di un’équipe universitaria di Laval, Quebec, e della sua applicazione nei contesti educativi, in un’ottica di potenziamento dell’orientamento permanente a partire dall’età precoce.

Come ricorda Viglietti, l’orientamento,

si presenta come “modalità educativa” in quanto è diretto a formare l’individuo a saper gestire liberamente, con autonomia e responsabilità, le proprie scelte e come modalità

“permanente”, perché l’educazione non dipende tanto dalla durata e dall'epoca in cui si attua, ma dai contenuti che offre.

Di conseguenza è pienamente giustificato l'appellativo di "modalità educativa permanente", dato che, in un mondo sociale in continua evoluzione come il nostro, è naturale che si presentino sempre contenuti nuovi a cui adeguarsi, promovendo in tal modo un "orientamento aperto a tutti e continuato nel tempo per tutta la vita 1.

1 Viglietti M., Orientamento e valutazione: modalità educative permanenti, “Rassegna CNOS”, 2, 2004, p.58.

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L’ADVP, impiegata all’interno di progetti di orientamento, si delinea come una metodologia adeguata a sostenere lo sviluppo personale di alunni e alunne nel loro percorso di progettazione e decisione delle scelte per il loro futuro e, allo stesso tempo, come plasmabile e integrabile all’interno dei curricoli scolastici.

Dopo una prima parte storico-normativa, descrivo il modello ADVP in relazione all’educazione inclusiva e allo sviluppo della capacità decisionale.

Nel prosieguo, espongo i presupposti e la struttura teorica fondante la metodologia ADVP e le indicazioni per renderla operativa nei contesti educativi, sottolineandone la grande flessibilità, in grado di supportare una didattica auto- orientativa, che permetta l’acquisizione delle competenze generali e specifiche necessarie per conoscersi, prendere decisioni e progettare in maniera autonoma il proprio futuro.

Nell’ultima parte, prendo in esame il contributo che il metodo ADVP può offrire per contenere i rischi di povertà educativa e di abbandono scolastico, e per sostenere percorsi di educazione e formazione inclusivi che portino alla costruzione di società più eque.

Ciò che ho inteso evidenziare nel presente elaborato finale è l’attualità e la validità della metodologia ADVP nei contesti educativi odierni e come essa possa essere proficuamente impiegata per sostenere nel loro percorso di formazione gli alunni e le alunne che saranno chiamati in futuro, a svolgere professioni forse ancora oggi sconosciute e per favorire l’acquisizione di abilità, conoscenze e, soprattutto, competenze necessarie per affrontare le sfide legate alle grandi trasformazioni economiche e sociali che caratterizzano l’odierna società.

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1. L’ORIENTAMENTO COME MODALITÀ EDUCATIVA CONTINUA E PERMANENTE

Prologo

Il termine “orientamento” deriva dal verbo latino orior, che significa “alzarsi”,

“sorgere”, “spuntare”2, e ci richiama alla mente la collocazione degli antichi templi greci e romani con le facciate orientate a est, verso il sorgere del sole.

Analogamente l’Enciclopedia Treccani definisce l’orientamento come:

l’azione, il fatto e il modo di orientare, cioè di stabilire la posizione rispetto ai punti cardinali. Nell’uomo, la capacità di riconoscere il luogo in cui ci si trova, la direzione che si sta seguendo, come consapevolezza della reale situazione in cui un soggetto si trova rispetto al tempo, allo spazio e al proprio io 3.

Perché dunque non immaginare la persona con la stessa sacralità di un tempio, orientata rispetto a delle posizioni per rendersi conto di dove si trova in un dato momento della propria esistenza, per capire quali siano i suoi punti cardinali interiori, i suoi personali sistemi di riferimento, strettamente connessi ai suoi valori, desideri e bisogni?

1.1. L’orientamento dalle origini ai giorni nostri

Il tema dell’orientamento fece la sua rudimentale comparsa agli inizi del Novecento, in conseguenza di un periodo di progresso socioeconomico, in particolare negli USA, che in quegli anni divennero la meta di un imponente numero di persone con modesto o inesistente livello di scolarizzazione, provenienti dal sud del Paese e da contesti socioculturali poveri dei Paesi europei, che necessitavano di trovare un’occupazione e un sostentamento4.

Nel 1909 l’ingegnere americano Frank Parsons aprì a Boston il Vocational Bureau of the Civic Service House, l’antesignano degli odierni centri per l’impiego, con il primo servizio di orientamento, provvisto anche di un manuale, il Choosing a vocation5, che

2 Castiglioni L., Mariotti S., IL vocabolario della lingua latina, Loescher, Torino, 1978, p.1012.

3 https://www.treccani.it/enciclopedia/orientamento/(ultima consultazione: 02/01/2022).

4 Soresi S., Nota L., L’orientamento e la progettazione professionale, il Mulino, Bologna, 2020, p.11.

5 Parsons F., Choosing a vocation, Houghton Mifflin Company, Boston and New York, 1909.

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fissava principi di riferimento, tecniche e strumenti (interviste, questionari e test standardizzati) da utilizzare nel chiaro intento di abbinare tra loro le persone e i posti di lavoro disponibili. In base alle disposizioni attitudinali dell’individuo si era in grado di effettuare una selezione tale da permettere di collocare “l’uomo giusto al posto giusto”.

Questa modalità di concepire l’orientamento ebbe molto successo negli USA e venne presto esportata nei paesi occidentali maggiormente industrializzati, che ne integrarono la struttura con altri test psicoattitudinali (alcuni dei quali attualmente in uso) volti a cogliere la corrispondenza tra persone e professioni in un’ottica di corrispondenza e profilazione 6.

Grazie all’evolversi degli studi psicologici, pedagogici e delle scienze sociali, negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta del Novecento, considerati gli anni d’oro dell’orientamento, si aprirono nuovi scenari di ricerca su questo tema e sugli interessi delle persone e le loro tendenze vocazionali, non più considerati semplici preferenze ma reali aspetti della personalità, soddisfacendo i quali nei contesti lavorativi si giunge a ottenere una maggiore gratificazione professionale, con conseguenze positive sulla produttività7. I risultati raggiunti in questi studi hanno permesso di iniziare a concepire le teorie che hanno poi portato all’individuazione di quelle che oggi conosciamo come competenze trasversali o life skills. Queste sono riconducibili al costrutto di empowerment, che rinvia al processo di accrescimento delle potenzialità del soggetto, il quale può impiegarle nella relazione con le persone e negli aspetti importanti della sua vita8.

Fu però all’inizio degli anni Novanta che si ebbe un effettivo cambio di direzione, quando l’orientamento cominciò a comparire sempre più nelle norme, nei documenti e negli accordi. Il ruolo della scuola venne sempre più valorizzato, nella crescente convinzione che i docenti, soprattutto quelli che svolgono specifiche funzioni di tutor,

6 Il termine profilazione (profiling) “applicato al contesto delle politiche del lavoro fa riferimento all’insieme delle attività e delle tecniche adottate allo scopo di definire il profilo personale e professionale della persona in cerca di occupazione, ossia per conoscere in modo approfondito i beneficiari dei servizi per il lavoro”. Agneni L., Introduzione, in Agneni L., Micheletta C., Tersigni V., L’orientamento di base e la profilazione qualitativa. Rapporto 2020, Anpal, Roma.2021 p.3.

7 Soresi S., Nota L., L’orientamento e la progettazione professionale, Il Mulino, 2020, p.16.

8 Pellerey M. (a cura di), Soft skills e orientamento professionale, CNOS, 2017, p.9.

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possano impiegare la loro profonda conoscenza degli studenti per promuovere attività di orientamento.

Da allora si sono intensificate le azioni in tutti gli ordini di scuola e centri professionali, per progettare e realizzare con una modalità integrata dei percorsi di orientamento individualizzati, capaci di favorire modi di apprendimento lifelong, allo scopo di colmare la carenza delle competenze di base imprescindibili per poter fruire al meglio delle potenzialità sottese alle azioni specifiche di orientamento.

1.2 La legislazione italiana sull’orientamento

La raccomandazione conclusiva del congresso UNESCO di Bratislava del 1970 recita:

Orientare significa porre l’individuo nella condizione di prendere coscienza di sé, di progredire per l’adeguamento dei suoi studi della sua professione rispetto alle mutevoli esigenze della vita con il duplice obiettivo di contribuire al progresso della società e raggiungere il pieno sviluppo della persona9.

Successivamente iniziarono a essere stilati sia a livello internazionale che nazionale documenti e normative a favore dell’orientamento10.

In Italia si possono ritrovare i primi riferimenti specifici sull’orientamento nella Circolare Ministeriale n. 248 del 6 agosto 1971 in cui viene precisato che:

la sede dell’azione orientativa degli alunni e prima fonte di essa, nella quotidiana opera educativa, è la scuola […] in ogni Istituto dovrebbe operare un Consigliere scolastico: un docente, cioè, scelto fra quelli in servizio, preparato e sufficientemente informato nel settore e nelle scienze psicologiche e sociali e, soprattutto, disposto ad ascoltare e a capire gli alunni, nonché ad avvertire la rilevanza di certi fattori ambientali, familiari ed economici che a volte possono influire negativamente sulle scelte e sui rendimenti scolastici.

9 Raccomandazione conclusiva sul tema dell’orientamento del Comitato di esperti al congresso internazionale UNESCO di Bratislava (1970) da orientamentoirreer.it (ultima consultazione 04/01/2022).

10 Tra le più significative, compaiono la Dichiarazione mondiale sull’educazione per tutti della Conferenza mondiale UNESCO (1990); il progetto dell’OCSE denominato DE.SE.CO sulle Competenze essenziali per riuscire nella vita e per il buon funzionamento della società (2003); il Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente (2000); la Carta europea dei diritti fondamentali, nota in Italia anche come Carta di Nizza (2000).

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Tuttavia, a parte le poche norme e la legge istitutiva della scuola media del 1962 nonché i programmi del 197911 che riportavano tra le finalità anche quella di favorire l’orientamento in vista della scelta dell’attività successiva, altri incisivi provvedimenti sul tema arrivarono solo negli anni Novanta.

A partire dal 1997, anno della legge sull’autonomia scolastica12, sono state emanate norme relative all’orientamento che si riferiscono ai cicli e ai percorsi formativi.

Il Documento della Commissione MURST-MPI del 23 maggio 1997 intitolato L’orientamento nelle scuole e nelle università, che è la base sulla quale sono costruite le norme a esso dedicate, afferma che:

le attività didattiche devono essere progettate in base ai contenuti e alle caratteristiche epistemologiche delle discipline, ma anche in base alla prospettiva dell’orientamento, inteso come attività formativa che mira al potenziamento di capacità (progettuali/comunicative, relazionali, di gestione di situazioni complesse ecc.) che favoriscono l’apprendimento e la partecipazione negli ambienti sociali e di lavoro.

Da questo documento, accompagnato dalla Circolare Ministeriale 488 del 6 agosto 1997 intitolata Orientamento scolastico, universitario e professionale, si è originata, in ambito scolastico, la Direttiva 487/1997 sull’ Orientamento delle studentesse e degli studenti. Essa si rivolge a studenti e studentesse di ogni ordine e grado. Gli articoli hanno un carattere molto operativo e si reggono su alcune idee determinanti: l’orientamento è un’attività che dura tutta la vita e va a integrare i curricoli scolastici al fine di agevolare gli studenti a essere i principali interpreti di un loro progetto di vita.

La Direttiva 487/1997 auspica un potenziamento dell’orientamento nel sistema scolastico affermando in primis che: «l’orientamento - quale attività istituzionale delle scuole di ogni ordine e grado - costituisce parte integrante dei curricoli di studio e, più in generale, del processo educativo e formativo sin dalla scuola dell’infanzia» e

11 D.M. del 9 febbraio 1979 - I nuovi programmi della scuola media.

12 Legge del 15 marzo 1997 n. 59 – Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.

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successivamente, che non concerne solo i cosiddetti “ anni ponte” ma è un processo che affianca tutto il periodo di prima formazione (e poi l’arco intero della vita) allo scopo non solo di poter scegliere il percorso formativo o professionale ma anche di acquisire la capacità di riflettere su sé stessi, sulle proprie aspirazioni, risorse, aspettative, sentimenti, emozioni per imparare ad orientarsi in una società dell’accelerazione, sempre più.

Durante “l’età d’oro” dell’orientamento (dal 1995 al 2001) si sono prodotti importanti documenti e norme rivolte in modo organico e verticale a tutto il sistema scolastico.

È in questo periodo che nella scuola si inizia a parlare di didattica orientativa13, che non considera più alcune materie superiori ad altre ma riconosce a tutte la facoltà di fornire opportunità e strumenti atti a esplorare le proprie attitudini e accrescere le proprie abilità intrecciandole con gli insegnamenti formali, per conquistare un apprendimento significativo e permanente.

La didattica orientativa caratterizzerà le attività formative, reinterpretando i diversi curricoli scolastici alla luce di un’ottica orientativa propedeutica ad azioni autentiche di orientamento che permettano agli studenti di iniziare ad auto-orientarsi, conquistando la capacità di pianificare personali progetti di vita e di lavoro e di compiere scelte autonome, riguardo inizialmente ai propri interessi e alle proprie inclinazioni nei confronti dei vari ambiti disciplinari per poi giungere a un progetto in linea con le proprie attitudini.

È nel successivo Regolamento sull’autonomia del 199914 che verrà raccomandata nelle scuole la stesura del Piano dell’Offerta Formativa (POF) in cui è attribuita ai docenti la responsabilità della progettazione e della messa in pratica del processo di insegna- mento e di apprendimento. Nella definizione del curricolo si dovrà tener conto delle eventuali diverse esigenze formative presenti tra gli alunni e dell’esigenza di assicurare

13 L’orientamento nella scuola e nelle università, Documento del Gruppo consultivo informale MURST-MPI sull’orientamento, 29 aprile 1997.

14 DPR dell’8 marzo 1999, n. 275 - Regolamento recante norme in materia di Autonomia delle istituzioni scolastiche ai sensi dell'art.21 della legge 15 marzo 1999, n.59.

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adeguate azioni di continuità e orientamento. Viene così introdotto concretamente l’ob- bligo per tutte le scuole di avviare attività di orientamento15.

1.3 Autoregolazione dell’apprendimento e didattica orientativa

Oggi più che mai, la complessità della vita e dei nostri contesti sociali ci dà con- ferma del fatto che i giovani devono esser messi nella possibilità di orientare le proprie scelte. A questo proposito all’interno delle istituzioni scolastiche e di formazione profes- sionale si costruiscono specifici percorsi formativi che in maniera diretta o indiretta pos- sano puntare allo sviluppo di una progettualità personale che parta da una realistica conoscenza di sé, dei significati e dei valori che si attribuiscono alla propria esistenza e dalla consapevolezza di quali opportunità lavorative offra il proprio contesto di vita.

Il documento L’orientamento nella scuola e nelle università del 1997 può appro- priatamente essere considerato all’origine dell’orientamento formativo e della didattica orientativa/orientante, per le sue raccomandazioni alla scuola per la messa in essere di opportune attività formative. Essa è il luogo preposto maggiormente appropriato per fungere da “palestra di allenamento” per la costruzione del sé, del proprio modo con cui relazionarsi col mondo, delle proprie aspettative di efficacia, della costruzione di strate- gie per affrontare le transizioni della realtà. È opportuno che si ripensi nel suo ruolo e nei suoi compiti assieme agli insegnanti chiamati a adeguare nuove funzioni e nuove competenze per rispondere alle emergenti richieste che provengono da situazioni sem- pre più complesse e instabili rispetto al passato. Ciascuna disciplina, mettendo a dispo- sizione conoscenze formali sia dichiarative sia procedurali, può offrire modi per indivi- duare le attitudini degli allievi e incrementare conoscenze, abilità e competenze per un apprendimento significativo e contribuire alla maturazione di competenze orientative di base che concorrono allo sviluppo di competenze di auto-orientamento16.

15 Ibidem.

16 Marostica F., L’orientamento formativo o didattica orientativa/orientante in F. Marostica (a cura di), Ripensare l’orientamento oggi, Atti del Seminario regionale Progetto dell’ANSAS Orientamento. Il futuro è oggi: orientare per non disperdere, Bologna 15 aprile 2010, Labanti e Nanni, Bologna, 2011, pp. 91-107.

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La didattica orientativa è centrata sull’alunno per favorire un suo comporta- mento attivo e consapevole e permettergli di conoscere e collaudare i suoi processi vo- litivi, affettivo-motivazionali e cognitivi. Essa gli consente di affrontare la crisi del cam- biamento non solo come rottura di un equilibrio, ma anche come opportunità di svi- luppo ed emancipazione personale, sostenendolo nella ricerca di strategie efficaci per farvi fronte.

1.4 Chi è competente si orienta o chi si orienta è competente?

Quando si parla di competenze17, ci si riferisce a una “struttura complessa” del soggetto che, nell’affrontare un compito o un problema, mobilita, integrandole tra loro, conoscenze dichiarative, conoscenze procedurali e attitudini personali. L’ultima compo- nente strategicamente determinante per l’attivazione delle conoscenze possedute ap- partiene a una dimensione interiore del soggetto connessa a quei processi motivazio- nali, volitivi e socio-emotivi che Maniero, rifacendosi a Castoldi, Garavan & McGuire, precisa essere la parte non visibile e sommersa dell’iceberg della competenza18.

Le tre componenti appena elencate, si apprendono e/o accrescono con l’espe- rienza. Il soggetto competente è quindi colui che ha appreso le conoscenze e le abilità di una data disciplina o ambito conoscitivo e sa impiegarle correttamente di fronte a situazioni inedite.

L’orientamento, visto come la capacità di auto dirigere sé stessi in ambito scola- stico e lavorativo nel corso della propria vita, necessita quindi dello sviluppo di questo insieme composito di competenze strategiche che risultano essere insostituibili per af- frontare con successo il difficile quadro delle trasformazioni che investono il mondo del

17 L’Allegato 1 alla Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, approvata il 23 aprile 2008, relativa al “Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente” (European Qualification Framework-EQF), fissa la definizione standard di “competenza” e ne individua le componenti basilari in

“conoscenze”, “abilità “e “atteggiamenti”.

18 Grion V., Aquario D., Restiglian E., Valutare. Sviluppi teorici, percorsi e strumenti per la scuola e i contesti formativi, Cleup, 2017, p.84.

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lavoro e della formazione. Esso si compone di tutte quelle attività utili all'apprendimento di capacità e competenze chiave,

in particolare, la competenza "imparare a imparare", che andrebbe arricchita lungo tutto l'arco della vita, le competenze sociali e civiche - incluse le competenze interculturali - nonché lo spirito di iniziativa e l'imprenditorialità.

La capacità di orientamento comprende i seguenti aspetti, specie nelle fasi di transizione:

- familiarizzarsi con il contesto economico, le imprese e il mondo professionale,

- essere in grado di autovalutarsi, conoscere sé stessi ed essere capaci di descrivere le competenze acquisite nell'ambito dell'istruzione formale, informale e non formale, - conoscere i sistemi di istruzione, formazione e certificazione19.

La grande innovazione relativa all’orientamento è la sua definizione in termini di permanenza, collegata a un cambio di paradigma dal punto di vista sia teorico sia meto- dologico che passa da una focalizzazione sulla scelta da compiere in determinati mo- menti di passaggio cruciali (anni ponte) all’apprendimento di specifiche competenze orientative (che si rifanno ad abilità cognitive, metacognitive, comunicative, metaemo- zionali, personali/sociali) da interiorizzare e mettere in atto in un mondo in continuo cambiamento, «dato che, in un mondo sociale in continua evoluzione come il nostro, è naturale che si presentino sempre contenuti nuovi a cui adeguarsi, promuovendo in tal modo un orientamento aperto a tutti e continuato nel tempo per tutta la vita»20.

Come scrive Pombeni, il soggetto diviene protagonista del proprio processo di orientamento mediante l’acquisizione di competenze orientative di tipo generale o di base, indispensabili per attivare un comportamento proattivo che consenta di fronteg- giare in maniera efficace e consapevole le criticità legate ai momenti di snodo nel pro- prio percorso di orientamento scolastico e professionale e di superarle positivamente21.

19 Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 21 novembre 2008 — «Integrare maggiormente l'orientamento permanente nelle strategie di apprendimento permanente».

20 Viglietti M., Orientamento e valutazione: modalità educative permanenti, “Rassegna CNOS”, 2, 2004, p.58.

21 Pombeni M.L., Contesti e azioni di orientamento. Differenziare le azioni e specificare le professionalità

in Grimaldi A. (a cura di), Profili professionali per l’orientamento: la proposta ISFOL, Tre seminari di studio:

L’orientamento oggi nel sistema scolastico. Franco Angeli, Milano, 2003, p.2.

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Queste competenze orientative generali sono quelle «finalizzate principalmente a padroneggiare una cultura e un metodo orientativo»22, si acquisiscono durante l’età evolutiva a scuola, in famiglia, tramite le agenzie formative ecc. e sono preparatorie per lo sviluppo di altre competenze orientative più specifiche. La loro acquisizione avviene sia attraverso esperienze spontanee sia attraverso azioni intenzionali e comunque sem- pre per mezzo di esperienze specifiche e indirizzate perché tali competenze non sono innate.

Alla scuola è riconosciuto un ruolo centrale nei processi di orientamento (da 3 a 19 anni) e ad essa spetta il compito di realizzare, autonomamente e/o in rete con gli altri Soggetti pubblici e privati, attività di orientamento, finalizzate alla costruzione e al potenziamento di specifiche competenze orientative, che si sviluppano attraverso:

– orientamento formativo o didattica orientativa/orientante per lo sviluppo delle competenze orientative di base;

– attività di accompagnamento e di consulenza orientativa, di sostegno alla proget- tualità individuale, esercitate attraverso competenze di monitoraggio/gestione del percorso individuale23.

Le linee guida del Ministero prevedono che già dalla scuola primaria, ogni istituto scolastico debba dotarsi di una figura professionale preposta, specificamente qualificata e capace di svolgere compiti di coordinamento orientativo e attività di tutor. Questi è un docente con funzioni ampliate e specializzate di organizzazione e coordinamento di tutte le risorse utili e delle azioni di orientamento sia interne sia provenienti da esperti esterni con il compito di ricondurle e integrarle, anche in base alle diverse necessità degli alunni, al piano di orientamento dell’istituto; inoltre, gli è richiesto di relazionarsi con tutti gli attori della rete di orientamento presente sul territorio. Laddove questa figura operi con efficacia, si manifesterà l’intenzionalità orientativa sia dei singoli insegnanti, che effettueranno una programmazione per obiettivi prevedendo l’alternanza di mo- menti di lavoro di gruppo ad altri di insegnamento individualizzato e dedicando il pro- prio tempo per accompagnare ogni alunno nell’acquisizione di un personale metodo di

22Marostica F., L’orientamento formativo o didattica orientativa/orientante in F. Marostica (a cura di), Ripensare l’orientamento oggi, Atti del Seminario regionale Progetto dell’ANSAS Orientamento. Il futuro è oggi: orientare per non disperdere, Bologna 15 aprile 2010, Labanti e Nanni, Bologna, 2011, p. 96.

23MIUR, nota 19 febbraio 2014, n.4232, Linee guida nazionali per l’orientamento permanente, p.5.

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studio-lavoro, sia di tutto il gruppo docenti tramite una continua progettazione e valu- tazione educativa cercando frequenti momenti di confronto interdisciplinare24.

24 Zanniello G., La funzione orientativa della scuola media, in Carlino F.E. (a cura di), Dimensione orientamento, raccolta antologica sull’orientamento, Grafosud, Rossano (CS), 2000, p.140.

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2. IL MODELLO ADVP PER UN’EDUCAZIONE INCLUSIVA E LO SVILUPPO DELLA CAPACITÀ DECISIONALE

2.1 Il quadro di riferimento teorico e le principali caratteristiche dell’ADVP

La 48° Conferenza internazionale sull’educazione del 2008 dell’UNESCO, Inclusive Education: the way of the future, sottolinea l’importanza dell’azione degli insegnanti di tutti i livelli, per ideare e realizzare processi di inclusione scolastica. Il loro compito, anche partendo da una pluralità di prospettive pedagogiche, rimane sempre meno ancorato ad aspetti puramente tecnici o didattico disciplinari. Agli insegnanti di oggi è richiesto di impegnarsi fortemente nella costruzione di una società più equa, che operi in giustizia e pacificamente e perché si adottino politiche volte a eliminare fattori che possano produrre forme di esclusione sia dentro il sistema educativo sia nel sistema stesso. Rifacendosi a Canevaro, Cappuccio sottolinea che un’educazione inclusiva

consente alla scuola di accogliere ogni studente, aiutandolo ad imparare secondo i propri tempi: una scuola che pratica l’inclusione permette la piena partecipazione di tutti e motiva gli studenti a cogliere le diversità come fonte di arricchimento e di crescita e non come fattore di minaccia25.

La normativa italiana esprime in modo convinto la necessità e l’importanza per ciascun alunno, della piena partecipazione per un’inclusione autentica, riconoscendo come fondamentale il fatto che il ruolo dei docenti si inscriva in un sistema di strutture di sostegno e di risorse che possano garantire il diritto allo studio per tutti gli alunni di tutti i gradi e gli ordini scolastici.

L’istruzione, la formazione e l’apprendimento permanente sono a ragione considerati i componenti essenziali di uno sviluppo sostenibile. Il successo formativo diffuso può solo portare benefici in termini di lotta contro la povertà, l’esclusione, il mancato accesso al mercato del lavoro e anche in termini di «valorizzazione delle

25 Cappuccio G., La Metodologia dell’Activation du développement vocationnel et professionnel per un’educazione inclusiva nella scuola secondaria di primo grado, Giornale italiano della ricerca educativa, 2016, p.129.

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diversità e della promozione di una coesione sociale non conformista, di società solidali, innovative e sicure»26.

Collocandosi dentro questa prospettiva, la metodologia canadese dell’Activation du développement vocationnel et professionnel (ADVP) 27 riconosce gli insegnanti come mediatori strategici per la realizzazione dell’inclusione scolastica e sociale, e propone specifici esercizi che hanno come finalità educativa l’attivazione, come dice il nome stesso, delle abilità mentali sottostanti all’assolvimento di compiti utili per lo sviluppo e la maturazione professionale della persona28.

Come segnala Zanniello, l’ADVP (in italiano, Attivazione dello sviluppo personale e professionale) affonda le sue radici teoriche negli enunciati della teoria decisionale di Tiedeman e O’Hara, nel modello di sviluppo professionale di Super e nel modello dell’intelligenza di Guilford e Hoepfner29, basati su un costrutto di sviluppo professionale che avviene per stadi.

Si tratta di una metodologia che è stata teorizzata tra il 1970 e il 1974 da Pelletier, Noiseaux e Bujold, ricercatori del dipartimento “Counseling - Orientamento”

dell’Università Laval di Québec in Canada, in anni in cui negli USA, si iniziava ad avere maggior consapevolezza del divario tra un apparato economico e produttivo sempre più dinamico e la staticità del sistema30.

Studi e ricerche successivi hanno contribuito ad approfondire e validare il metodo ADVP, sia in Canada, da parte dei suoi ideatori sia in altre nazioni come Svizzera, Belgio e Francia. In quest’ultima negli anni Novanta, l’associazione Trouver/Creér di

26 Dominici G., Successo formativo, inclusione e coesione sociale: strategie innovative in Dominici G. (a cura di), Successo formativo, inclusione e coesione sociale: strategie innovative, Vol.1, Armando, Roma, 2017, p.12.

27 Ivi, p.130.

28 Per un primo approfondimento delle principali caratteristiche del modello dell’Activation du Developpement Vocationnel et Professionnel cfr. La Marca A., Processi di autoregolazione dell’apprendimento e didattica orientativa, “Pedagogia Oggi”, 1, 2015.

29Zanniello G., Un ponte per l’università, Attività didattiche per lo sviluppo professionale nella scuola secondaria, 2008, Palumbo, Palermo, p.26.

30 Gargiulo Labriola A., Il bilancio di competenze educative: un programma personale di formazione continua, I.S.U., Milano, 2007, p.86.

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Lione, ha ulteriormente sviluppato la metodologia caratterizzando attraverso questa l’approccio esperienziale, educativo e sociale dell’orientamento31.

In Italia la metodologia dell’ADVP è stata fatta conoscere inizialmente da Mario Viglietti a metà degli anni Ottanta32 per poi essere ampiamente validata e adattata alle caratteristiche della scuola italiana da, Cappuccio, La Marca e Zanniello dell’Università di Palermo all’inizio degli anni Duemila, che ne hanno tratto importanti sollecitazioni per la messa a punto di una didattica orientativa che contribuisca al processo di maturazione professionale della persona33.

L’ADVP ha la finalità di fare da guida allo sviluppo della maturazione personale e professionale dell’alunno, attivandone le risorse intellettive, volitive e affettive indispensabili per affrontare con successo i diversi compiti evolutivi.

Questo metodo aspira ad aiutare gli alunni e le alunne a giungere a una reale coscienza della propria identità per pianificare e concretizzare un progetto di vita che sia il più possibile in linea con i propri interessi, bisogni, potenzialità, valori e attitudini e che permetta loro di realizzare la propria unicità in maniera soddisfacente, aperta al cambiamento e fattiva per la società. Allo stesso tempo rende possibile realizzare il fine orientativo dell’insegnamento attraverso il consueto svolgimento dell’attività disciplinare.

Il contesto culturale e l’ambito di ricerca nei quali è stato sviluppato l’ADVP hanno permesso anche di iniziare a formulare il concetto di “Bilancio di Competenze”, come procedimento finalizzato a mettere la persona in grado di «autovalutare le proprie competenze, motivazioni, attitudini e risorse, allo scopo di definire un progetto di sviluppo professionale e, se necessario, formativo»34. Il metodo ADVP rappresenta lo schema procedurale attraverso il quale la persona arriva a effettuare scelte equilibrate e responsabili.

31Cavallini M., L’orientamento al femminile, in Mancinelli M.R. (a cura di), L’orientamento come promozione all’inserimento occupazionale, Vita e Pensiero, Milano, 2003, p.212.

32 Viglietti M., Orientamento. Una modalità educativa permanente. Guida teorico-pratica per insegnanti della scuola dell’obbligo, SEI, Torino, 1988.

33Cfr. Cappuccio G., La metodologia ADVP per lo sviluppo della maturità professionale, in Zanniello G. (a cura di), Dal liceo al lavoro attraverso i saperi disciplinari, Palumbo, Palermo, 2004, p.223.

34 Isfol, Accreditamento delle sedi orientative, Glossario, Isfol, Roma, 2004, p.9.

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Tale metodo si basa sull’assunto che le scelte professionali vengono elaborate nel corso di un lungo processo evolutivo, che si sviluppa attraverso stadi (nell’ordine:

scoperta, classificazione, valutazione, sperimentazione), contrassegnati da compiti da assolvere per compiere scelte soddisfacenti per sé e per la società, compiendo azioni volte all’orientamento verso la professione e decisioni che compongono la propria storia di vita35.

L’ADVP, favorisce lo sviluppo di ciascuna fase del processo di maturazione attraverso specifiche azioni di orientamento basate su esperienze di tipo collettivo che vengono progressivamente adattate alle varie fasi e permettono agli allievi e alle allieve di lavorare sul sé (la propria personalità, la propria storia personale ecc.), sulle relazioni con la famiglia e sul contesto circostante (il mondo delle attività umane).

Il coinvolgimento, la responsabilizzazione e la collaborazione da parte di tutto il corpo docente sono le condizioni indispensabili per l’applicazione del metodo; gli insegnanti devono inoltre condividere una concezione pedagogica dell’orientamento come processo di sviluppo continuo, ove il primo obiettivo sia la promozione della persona e della sua libertà e autonomia nelle scelte di vita e in quelle professionali.

L’attività va inoltre inserita nella programmazione curricolare in modo da assicurare obiettivi raggiungibili, adeguare tempistiche e risorse per attuarli, verificare il lavoro svolto e programmare interventi finalizzati al coinvolgimento delle famiglie nell’azione orientativa.

2.2 I quattro compiti evolutivi del metodo ADVP

Le ricerche dei teorici canadesi dell’ADVP portarono all’individuazione di quattro compiti evolutivi fondamentali che la persona dovrebbe completare per giungere a una scelta professionale matura e consapevole: esplorazione, cristallizzazione, specificazione e realizzazione36.

35 La Marca A., Processi di autoregolazione dell’apprendimento e didattica orientativa. Learning Self- Regulation Processes and Guidance Didactics. “Pedagogia Oggi”, 1, 2015, p.128.

36Cappuccio G., La metodologia ADVP per lo sviluppo della maturità professionale, in Zanniello G. (a cura di), Dal liceo al lavoro attraverso i saperi disciplinari, Palumbo, Palermo, 2004, p.227.

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La singolarità di questo metodo sta nell’aver individuato, attraverso le analisi di Guilford e Hoepfner, le abilità mentali che si attivano per la loro realizzazione e con quali modalità pratiche ciò possa essere attuato37. Attivando le abilità mentali insite nel pensiero creativo, concettuale-categoriale, valutativo e implicativo mediante i quattro compiti evolutivi fondamentali, si promuove lo sviluppo del processo evolutivo della scoperta, classificazione, valutazione e sperimentazione che porta alla maturazione della scelta.

Figura 1: La maturazione della scelta

Maturazione della scelta

TAPPE COMPITI DI SVILUPPO ABILITÀ MENTALI

SCOPERTA ESPLORAZIONE PENSIERO CREATIVO

  

CLASSIFICAZIONE CRISTALLIZZAZIONE PENSIERO CATEGORIALE

  

VALUTAZIONE SPECIFICAZIONE PENSIERO VALUTATIVO

  

SPERIMENTAZIONE REALIZZAZIONE PENSIERO IMPLICATIVO

Fonte: Cappuccio G., La metodologia ADVP per lo sviluppo della maturità professionale, in Zanniello G. (a cura di), Dal liceo al lavoro attraverso i saperi disciplinari, Palumbo, Palermo, 2004, p.226.

Lo svolgimento dei compiti di sviluppo avviene in uno spazio simbolico di sequenze che portano gli alunni e le alunne dal pensare all’agire, attraverso esperienze vissute in prima persona nell’arco del tempo e che coinvolgono la loro intelligenza, la loro volontà e il loro comportamento.

È molto importante che, durante l’ideazione degli esercizi, siano chiari i termini concettuali del processo, ovvero i compiti (relativi agli stadi - o tappe - del processo evolutivo) che gli allievi e le allieve dovranno svolgere e le abilità mentali che verranno coinvolte per la loro realizzazione (Fig.1).

37 Zanniello G., Un ponte per l’università, Attività didattiche per lo sviluppo professionale nella scuola secondaria, 2008, Palumbo, Palermo, p.26.

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In questa fase progettuale gli insegnanti, nella messa a punto degli esercizi, possono scegliere di costruirne di brevi o di durata più estesa a seconda del coinvolgimento di uno o più stili di pensiero.

La scuola, nell’assolvere il compito fondamentale di “insegnare a imparare”, deve mettere gli allievi e le allieve nelle condizioni di poter effettuare consapevoli scelte personali, formative e professionali, promuovendo in loro processi di autoregolazione del proprio apprendimento durante tutto il percorso di formazione.

La didattica orientativa insita nella metodologia ADVP consente agli allievi e alle allieve di prendere coscienza di sé e del proprio contesto relazionale, culturale e sociale, e del proprio specifico modo con cui vi si confrontano per porsi obiettivi di vita e apprendere i modi a loro più consoni per realizzarli e per sostenere le scelte fatte.

Concetti come la progettualità, l’attivazione, l’autonomia e la soggettività confluendo nell’orientamento, intesseranno quell’insieme di competenze che andranno acquisite il più precocemente possibile, per salvaguardare il benessere personale ed evitare minacce di dispersione scolastica o di uscita dal sistema formativo, col rischio di collocarsi casualmente nel mondo del lavoro38.

Anche a cinquant’anni dalla nascita dell’ADVP, grazie alla loro struttura multidimensionale e alla loro flessibilità nell’adattarsi ai vari contenuti disciplinari e ai contesti educativi, i principi di questo metodo continuano a “orientare” l’azione di molti insegnanti. Questo perché i ricercatori canadesi teorizzarono e fornirono una serie di indicazioni per la costruzione degli esercizi relativi ai quattro compiti enunciati nella loro metodologia, che permettesse di utilizzarla operativamente come prassi formativa, favorendo quella «formazione integrata della persona che costituisce il principio ispiratore della più moderna didattica orientativa»39.

In tal modo le direttive raccomandate dalle normative e dalle linee guida non danno la sensazione di rimanere mere descrizioni tautologiche ma possono effettivamente offrire molteplici modi di fare didattica personalizzata e personalizzante.

38 Cfr. La Marca A., Processi di autoregolazione dell’apprendimento e didattica orientativa, “Pedagogia oggi”, 1, 2015, p.116.

39 Cappuccio G., La metodologia ADVP per lo sviluppo della maturità professionale, in Zanniello G. (a cura di), Dal liceo al lavoro attraverso i saperi disciplinari, Palumbo, Palermo, 2004, p.224.

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A partire dalla conoscenza delle caratteristiche degli studenti e delle studentesse maggiormente rilevanti per il loro orientamento, il primo passo consiste nella formulazione degli obiettivi educativi generali (che vengono poi collegati agli obiettivi specifici di ogni esercizio) per i quattro compiti di esplorazione, cristallizzazione, specificazione e realizzazione.

Gli obiettivi educativi generali del processo di orientamento a cui il metodo ADVP vuole mirare rientrano in un concetto di educazione personalizzata che sfocia nell’acquisizione delle basi indispensabili per sentirsi artefici del proprio progetto di vita e sono commisurati al livello di sviluppo della capacità di scelta e di progettazione del sé professionale degli studenti.

È indispensabile che gli allievi e le allieve siano sostenuti a sentirsi responsabili delle proprie scelte e ad acquisire la necessaria abilità progettuale che permetta loro di fare confronti tra le rappresentazioni di sé e le rappresentazioni della realtà che reputano possibili o desiderabili40.

La metodologia canadese, nella sua applicazione, coinvolge gli alunni e le alunne in reali situazioni di problem solving volte alla valorizzazione di tutti i talenti e le intelligenze multiple che muovano verso l’individuazione di strategie risolutive, movimentando le conoscenze e le abilità di pensiero in proprio possesso ed esercitando effettivamente “ciò che si sa fare con ciò che si sa”41.

La progettazione di contesti di esplorazione e manipolazione di artefatti materiali, cognitivi, dialogici e concettuali, di quelli che Jonassen definisce cognitive tools o mind tools, “strumenti” in grado di facilitare e arricchire i processi formativi, assume un’importanza fondamentale per promuovere il transfer dell’apprendimento dal contesto scolastico alla vita reale e viceversa, e migliorare le abilità cognitive e metacognitive42.

L’ADVP orienta, senza mai dirigere, verso un’azione riflessiva che incoraggi a ragionare in maniera critica sulla realtà da varie prospettive come, ad esempio, considerare le varie alternative che si presentano, raccogliere informazioni su di esse e

40 Ivi, p.223.

41Cfr. La Marca A., Processi di autoregolazione dell’apprendimento e didattica orientativa, “Pedagogia oggi”, 1, 2015, p.125.

42 Ibidem.

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provare a prevedere le conseguenze, anche sul piano assiologico, delle eventuali decisioni prese.

L’insegnante è il prezioso e indispensabile facilitatore di tutti questi processi.

2.3 Le caratteristiche e la costruzione degli esercizi

Gli esercizi relativi ai compiti di sviluppo vengono costruiti, con il coinvolgimento degli insegnanti e tenendo conto delle specificità intellettuali e culturali degli alunni e delle alunne e delle caratteristiche dei loro contesti di vita43. Per la costruzione degli esercizi specifici, come schematizzato nella fig.1, vengono considerate le abilità mentali collegate ai compiti di sviluppo, secondo quanto evidenziato dal modello pluridimensionale dell’intelligenza di Guilford cui spetta il merito di aver messo in risalto per la prima volta la distinzione tra pensiero convergente e pensiero divergente44.

Il pensiero divergente, tipico di quegli individui che sanno figurarsi soluzioni originali rispetto a una maggioranza che converge invece su una stessa risposta spesso nota o comunque già sperimentata, viene definito da Guilford: “generazione di informazioni da informazioni date dove l’accento è posto sulla varietà e quantità dell’output proveniente dalla stessa fonte”45.

La fluidità e la varietà del flusso d’idee e possibilità evocate da un qualsiasi stimolo, caratterizzano la facilità con cui il pensiero passa da un concetto all’altro generando soluzioni originali che si distaccano da quelle più comuni e sono caratterizzate dal pensiero creativo46.

Esercizi di esplorazione

La fase di esplorazione è un momento di conoscenza a tuttotondo sul sé e sulle opportunità che il contesto fornisce. Esplorando si sviluppano le abilità del pensiero

43Cfr. Zanniello G., Un ponte per l’università, Attività didattiche per lo sviluppo professionale nella scuola secondaria, 2008, Palumbo, Palermo, pp. 60-62.

44 Melchiori F.M., Peluso Cassese F., Pensare e agire con creatività: è possibile valutare le due manifestazioni? Formazione & insegnamento, 3, Pensa Multimedia, Lecce, 2014, p. 92.

45 Settimini S., L’approccio creativo nella scuola, Educare.it - scuola, 4, 2019, p. 54.

46 Sica L.S., Nasti M., Aleni Sestito L., Rappresentazione di sé e creatività nella prima adolescenza: uno studio sulle differenze di genere. Giornale di psicologia dello sviluppo, 101, Giunti, Firenze, 2012, p. 85.

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creativo che, privato dell’attività di formulare giudizi, estende al massimo le occasioni di spaziare verso informazioni ed esperienze in rapporto a sé stessi e al proprio domani.

Si è portati a investigare, sperimentare, formulare ipotesi relative all’oggetto e alle modalità di ricerca.

La progettazione da parte dei docenti di situazioni caratterizzate da novità, incongruenza e complessità permette di stimolare maggiormente l’esplorazione, che rappresenta il primo livello relativo al processo di scelta, e sollecitare di conseguenza la dimensione creativa del pensiero, che La Marca, rifacendosi a Guilford, afferma essere costituita da precise abilità:

il potere di penetrazione (o capacità di vedere molti aspetti di una situazione), la sensibilità ai problemi (reattività costruttiva alle varie stimolazioni), fluidità (facilità nel raccogliere abbondanti e diversificate informazioni su di sé e l’ambiente) e flessibilità (prontezza nella produzione di spiegazioni e interpretazioni)47.

Gli esercizi relativi a questa fase hanno lo scopo di far acquisire alle alunne e agli alunni consapevolezza dei propri limiti riflettendo su di sé e sui propri interessi professionali. Rafforzano la fiducia in sé stessi e la capacità di comprendere i punti di vista altrui nella piena libertà di produrre molte idee, dare risposte originali, immaginare ruoli professionali inediti e diverse modalità di risoluzione dei problemi e di gestione degli imprevisti.

Esercizi di cristallizzazione

In questa fase le informazioni raccolte nella fase precedente vengono ordinate in macrocategorie e gruppi di concetti, così da delimitare l’area di ricerca e provare a individuare possibili soluzioni ai problemi. Le molte sollecitazioni ricevute durante l’esplorazione necessitano di una prima categorizzazione (pensiero categoriale), per meglio comprendere e valorizzare ciò che si è scoperto nel proprio lavoro esplorativo utilizzando sia categorie note che categorie nuove, per effettuare delle scelte e ridurre

47 La Marca A., Processi di autoregolazione dell’apprendimento e didattica orientativa, “Pedagogia Oggi”, 1, 2015, p.130.

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il campo delle numerose alternative offerte dal momento esplorativo pur lasciando aperte altre opzioni eventuali.

Esercizi di specificazione

Nella fase di specificazione si portano a una sorta di compimento ragionato le due fasi precedenti. È il momento di sollecitare lo studente a comparare tutti i dati in suo possesso e a metterli in relazione con ciò che vuole, ciò che reputa meglio per sé, ciò che ritiene desiderabile e ciò che è probabile, per giungere a una scelta (non ancora definitiva), che possa rispondere alle sue attese e alle esigenze della società in cui vive.

La realizzazione di questo compito attiva il pensiero valutativo e implica atteggiamenti quali la disponibilità alla riflessione, la tolleranza all’ambiguità e alla “sconfitta “e la propensione al rischio e all’autonomia.

Gli esercizi in questa fase possono indirizzare gli alunni e le alunne a scegliere la direzione verso la quale impegnarsi per il loro progetto, aiutandoli a risolvere le incertezze rivedendo le tappe della decisione, proteggendola se necessario. Aiutano a verificare la stabilità e la certezza delle proprie scelte ipotizzando le eventuali difficoltà di attuazione e le cause che stanno alla base di certe situazioni, consolidando nel contempo i fattori favorevoli.

Il pensiero valutativo permette agli studenti di individuare e mettere in ordine di importanza i propri valori e bisogni per specificare la scelta effettuata che sarà comunque influenzata anche da fattori personali e sociali.

Esercizi di realizzazione

È questo il momento in cui gli alunni e le alunne si fanno carico del proprio progetto, passando da una fase intenzionale ad una fase di realizzazione concreta dei propri intenti. Si deve essere sicuri della propria scelta accettandone i rischi e avendo chiari gli ostacoli e le strategie da mettere in atto per oltrepassarli, anticipando anche l’idea dei passaggi successivi.

In questo ultimo compito evolutivo il pensiero coinvolto è quello implicativo:

l’alunno o l’alunna, dopo aver classificato le proprie esperienze, aver individuato

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un’alternativa di scelta possibile in base a sé e alle proprie inclinazioni, passa ad una fase di realizzazione della propria scelta, assicurandone il successo mobilitando le abilità di fare previsioni, attuare strategie e/o individuare soluzioni alternative davanti agli ostacoli.

Le operazioni mentali attivate in questa fase relativa al pensiero implicativo permettono di organizzare un ordine di sequenze da mettere in atto per la concretizzazione di un progetto. Le abilità mentali relative sono quelle di previsione, strategia e pianificazione al fine di scegliere autonomamente e responsabilmente, potenziare la capacità di gestire la fluidità tipica del mondo del lavoro odierno, fronteggiare le difficoltà e gli imprevisti e giungere all’attuazione delle proprie decisioni.

I Principi di Attivazione del processo orientativo

Un’altra importante componente che guida e supporta la costruzione degli esercizi che stimolano le attività di pensiero, in virtù dello sviluppo del processo orientativo, è rappresentata dai tre Principi di Attivazione che in origine vennero definiti principio esperienziale, principio euristico e principio integratore.

Questi si possono ricondurre a tre momenti utili nel processo di apprendimento che coinvolge gli alunni e le alunne e che, nella sintesi di Viglietti, sono:

1- fargli vivere direttamente “l’esperienza” delle conoscenze e informazioni che gli vengono impartite (Principio esperienziale);

2- coinvolgerlo in una situazione pratica di ricerca sul come affrontare e risolvere i problemi che incontra (Principio euristico);

3- motivarne l’impegno ad apprendere con la presentazione dei valori potenziali di utilità, presente e futura, che gliene derivano o possono derivargliene di fatto (Principio motivazionale) 48.

Il principio esperienziale, relativo all’esperienza vissuta in prima persona, sviluppa le abilità del “saper fare” e le attitudini del “saper essere”.

48 Viglietti M., Imparare a studiare, “Rassegna CNOS”, 3, 1992, p.77.

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Il principio euristico permette di rielaborare l’esperienza per attribuirle un senso:

non è sufficiente viverla senza questa elaborazione che consenta di trasformarla in una esperienza di crescita.

Il principio integratore, come dice il nome, consente di integrare l’esperienza nel proprio bagaglio logico e psicologico delle esperienze, destrutturando la propria visione del mondo per ricostruirla in maniera più conforme al reale integrandola nella propria storia personale. I propri progetti futuri acquistano così maggior nitidezza e certezza divenendo più rappresentativi di sé49.

2.4 Il ruolo e l’atteggiamento dei docenti

Gli interventi per l’attivazione dello sviluppo personale e professionale permettono agli alunni di procedere nel loro cammino evolutivo e in un apprendimento consapevole. È possibile riscontrare sensibilmente gli esiti ottenuti ma non va comunque dimenticato che, se delle azioni educative valide possono portare a dei cambiamenti negli alunni, senza la riproposizione periodica di attività di rinforzo la competenza acquisita difficilmente si trasformerà in un apprendimento permanente50.

I risultati di efficacia dell’ADVP sono fortemente connessi con l’intesa coi docenti:

è importante che questi si sentano interamente coinvolti e corresponsabili nella proposta degli interventi orientativi, che rappresentano per loro aspetti indisgiungibili della loro professionalità. Devono accogliere il cambiamento e l’aggiornamento e accettare di collaborare in attività interdisciplinari e con esperti e professionisti provenienti anche da campi disciplinari diversi, al fine di acquisire nuove competenze e migliorarsi nella loro azione orientativa.

Gli insegnanti interpretano la concezione psicopedagogica dell’orientamento come processo in continuo sviluppo verso la formazione del sé, la maturazione e la realizzazione di scelte per il progetto di vita di ciascun allievo e allieva, consapevoli che

49 Cfr. Cappuccio G., La metodologia ADVP per lo sviluppo della maturità professionale, in Zanniello G. (a cura di), Dal liceo al lavoro attraverso i saperi disciplinari, Palumbo, Palermo, 2004, p.228.

50Cfr. Cappuccio G., La Metodologia dell’Activation du développement vocationnel et professionnel per un’educazione inclusiva nella scuola secondaria di primo grado, Giornale italiano della ricerca educativa, 17, 2016, p.135.

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il suo obiettivo primario è lo sviluppo promozionale e professionale che permetta a ciascuno di compiere scelte libere e autonome51.

Il coinvolgimento degli insegnanti nelle attività di progettazione e di realizzazione degli esercizi risulta pertanto uno stimolo e una guida fondamentale. Adeguando di volta in volta le proposte e i contenuti, i principi della metodologia vengono ripresentati alla classe, allo scopo di mantenere attivo il processo di sviluppo personale e professionale.

Gli schemi proposti dall’università Laval non impongono un adeguamento pedissequo, ma come sostiene Polàček, citato da La Marca, «vanno semplicemente visti come degli esempi ben strutturati per incentivare nello studente lo svolgersi del processo di maturazione personale e professionale»52.

La professionalità degli insegnanti viene stimolata facendoli attingere dalla creatività propria di ciascuno che, riconosciuta come una delle competenze più importanti del XXI secolo, li guiderà, in linea con una “mentalità orientativa”, nella progettazione di interventi rivolti agli studenti e alle studentesse che possano:

rendere esperienziali e direttamente tangibili a diversi livelli (immaginativo, emotivo e comportamentale) i concetti e i principi che si intendono far acquisire [loro], trovando di volta in volta le modalità più opportune di farne vedere e percepire meglio il significato, di farne sentire interiormente il valore, al fine di tradurre in comportamenti coerenti le idee in essi proposte53.

51 Ivi, p. 230.

52 La Marca A., Processi di autoregolazione dell’apprendimento e didattica orientativa, “Pedagogia Oggi”, 1, 2015, p.129.

53 Ibidem.

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3.SULL’IMPORTANZA DI NON DISPERDERE GLI STUDENTI DOPO L’OBBLIGO

Nelle Conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000, vengono elencati esplicitamente una serie di obiettivi che puntano all’attuazione di strategie formative per affrontare le sfide sociali derivanti dal fenomeno della globalizzazione e della transizione verso un’economia fondata sulla conoscenza. Tali strategie formative dovrebbero contemporaneamente promuovere la sostenibilità e l’inclusione sociale54.

Gli indicatori relativi al problema dell’abbandono scolastico segnalavano, in quegli anni, una consistente e diffusa presenza del fenomeno.

Oggi in Italia, in misura maggiore che nel resto degli altri Paesi europei, si rileva ancora il persistere di questo problema. Durante il XXI Convegno Nazionale SIO, dal titolo L’orientamento che sta dalla parte giusta: dell’inclusione, della sostenibilità e della giustizia sociale e ambientale organizzato dall’Università di Padova a gennaio 2022, sono emersi, da parte di ricercatori e ministri intervenuti, dati ancora in linea con il problema irrisolto55.

In tempi di globalizzazione, incertezza e flessibilizzazione del mercato del lavoro, in cui la piaga della disoccupazione flagella le nostre società, Calaprice, interpretando Baumann, evidenzia come

i soggetti si siano suddivisi in due mondi diversi. Il primo costituito da coloro che sono in possesso di competenze e specializzazioni che li fa star all’interno di un processo formativo legato al life long learning così che sono in grado di reggere il passo con i continui cambiamenti, il secondo, invece, caratterizzato da coloro che, privi di tali competenze, sempre più precocemente fuoriescono dai circuiti formativi e anche dal mercato del lavoro56.

L’insuccesso scolastico che si presenta prima dell’abbandono definitivo, con stadi problematici diversi quali frequenze irregolari, ripetenze, interruzioni, ci dà la misura del

54 Consiglio Europeo di Lisbona, Conclusioni della Presidenza, 23 e 24 marzo 2000, www.archivio.pubblica.istruzione.it (ultima consultazione 01/05/2022).

55XXI Congresso Nazionale SIO www.sio-online.it (ultima consultazione 28/04/2022).

56Calaprice S., Dal programma Education and Training 2020 (ET 2020) un benchmark da riconsiderare. La dispersione scolastica. Riflessioni teoriche e risultati di un’indagine, Formazione & Insegnamento, 2, 2012, p. 114.

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fallimento del sistema formativo di un Paese che, non riuscendo a offrire adeguati strumenti e competenze per affrontare cambiamenti sociali in repentina evoluzione, disperde - parliamo infatti di “dispersione” scolastica - le proprie potenziali energie e intelligenze57.

Indagini condotte nel primo decennio del secolo58 hanno affrontato il fenomeno anche relativamente alla valutazione dei processi e dei risultati educativi delle strutture di istruzione e formazione formale nell’ottica della sempre più vasta multiculturalità che ormai caratterizza la nostra società e la popolazione studentesca in essa presente. La molteplicità di provenienze evidenzia la necessità di soddisfare bisogni specifici individuali che, se disattesi, possono innescare (fin dalla prima infanzia) meccanismi che portano, nel tempo, all’abbandono scolastico precoce, spesso a carico di alunni e alunne che «pur essendo in possesso delle sufficienti potenzialità cognitive non riescono a adattarsi ai normali schemi delle proposte formative curricolari, ed entrano in conflitto con l’istituzione scolastica e con gli insegnanti»59.

Una società equa ha il compito di progettare e mettere in essere interventi formativi, per mezzo delle istituzioni scolastiche che, come mediatori dei bisogni collettivi e individuali, devono promuovere l’inclusione sociale. Ciò non può avvenire in tempi brevi e deve riguardare dunque i processi di long life learning e l’impiego di professionalità capaci anche in tema di orientamento. «Ancor di più che in passato, oggi l’orientamento assume una funzione centrale e strategica nella lotta alla dispersione scolastica e all’insuccesso formativo degli studenti»60.

Occorre dunque pensare a una “strategia integrata” che coinvolga a vari livelli le istituzioni e i soggetti in azioni finalizzate alla realizzazione di un sistema orientativo centrato sulle persone e i loro bisogni, che contrasti il disagio giovanile e favorisca il dialogo interculturale.

Se in passato, sulle cause della dispersione:

57 Ibidem.

58 IEA PIRLS, 2007; IEA TIMSS, 2009; OCSE-PISA, 2010; INVALSI,2011.

59 Dominici G. Successo formativo, inclusione e coesione sociale: strategie innovative in Dominici G. (a cura di), Successo formativo, inclusione e coesione sociale: strategie innovative, Vol.1, Armando, Roma, 2017, p.21.

60 MIUR, nota 19 febbraio 2014, n. 4232, Linee guida nazionali per l’orientamento permanente.

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