• Non ci sono risultati.

Ciò nonostante rimane per noi una figura misteriosa e il poco che sappiamo dell‟uomo si ricava dalla sua opera

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Ciò nonostante rimane per noi una figura misteriosa e il poco che sappiamo dell‟uomo si ricava dalla sua opera"

Copied!
11
0
0

Testo completo

(1)

INTRODUZIONE

Chrétien de Troyes è considerato il primo importante romanziere del Medioevo nonché il poeta più grande prima di Dante, senza dubbio il più letto e il più studiato.

Può essere infatti ritenuto a buon diritto il vero fondatore del romanzo arturiano, colui che ne ha inaugurato temi e motivi, tra i quali due dei più diffusi della letteratura medievale e moderna: l‟amore adultero tra Lancillotto e Ginevra, e la quête del Graal. E se la materia di Bretagna era già stata oggetto di opere letterarie, trattata soprattutto nel Roman de Brut di Wace e nella fonte di questo, l‟Historia regum Britanniae di Goffredo di Monmouth, Chrétien fu il primo scrittore moderno a creare, con i suoi cinque romanzi (Erec et Enide, Cligès, Le Chevalier de la Charrette o Lancelot, Le Chevalier au Lion o Yvain, Le Conte du Graal o Perceval), un proprio universo narrativo, animato dalla medesima sensibilità ed estetica, dove l‟intertestualità non è solo esterna ma anche interna (richiami da un‟opera all‟altra; ritorno di personaggi, ambienti e motivi).

Ciò nonostante rimane per noi una figura misteriosa e il poco che sappiamo dell‟uomo si ricava dalla sua opera. Le ipotesi sulla sua identificazione sono state numerose. Le più accreditate lo vorrebbero un canonico dell‟abbazia agostiniana di Saint-Loup a Troyes o un cappellano della chiesa collegiata di Saint-Maclou a Bar-sur- Aube, che potrebbero o meno essere la stessa persona, sulla base della formazione clericale che emerge dalle sue opere: conosce Virgilio e soprattutto Ovidio, che traduce, così come le arti del trivium e forse anche quelle del quadrivium, come si evincerebbe da un‟allusione a Macrobio nell‟Erec et Enide. Altri invece lo vorrebbero, a spiegazione del suo nome, un ebreo convertito.

Le uniche informazioni certe rimangono tuttavia quelle che ci dice egli stesso. Una sua abitudine consiste infatti nell‟insistere sull‟importanza della sua opera e sul proprio valore di scrittore, tanto da nominarsi all‟interno dei romanzi in maniera sistematica, in genere nel prologo o nell‟epilogo, mostrando una precoce autocoscienza della propria autorialità. Al v. 9 dell‟Erec et Enide si definisce dunque Chrétien de Troyes e in seguito sempre e solo Chrétien. Nel prologo del Lancelot afferma invece di scrivere per ma dame de Chanpaigne, cioè Maria di Champagne, figlia di Eleonora d‟Aquitania e Luigi VII, sposa di Enrico il Liberale, conte di Champagne dal 1152. Infine, nel prologo

(2)

della sua ultima opera, rimasta incompiuta, si dice al servizio di Filippo d‟Alsazia, conte di Fiandra dal 1157, morto in Terrasanta nel 1191.

L‟opera di Chrétien si colloca dunque tra il 1159 e il 1191, all‟interno della cosiddetta renaissance del XII secolo, quando il nuovo genere del romanzo fioriva già da una quindicina di anni. Ci è conservata solo in forma parziale, come si desume dal catalogo delle opere fino ad allora composte che l‟autore stesso fornisce nel prologo del Cligès (vv. 1-7):

Cil qui fist d‟Erec et Enide, Et les comandemenz d‟Ovide Et l‟art d‟amors en romanz mist, Et le mors de l‟espaule fist,

Dou roi Marc et d‟Iseut la Blonde, Et de la hupe et de l‟aronde

Et dou rousignol la muance...

Colui che narrò di Erec ed Enide, e i Comandamenti di Ovidio e l‟Arte di amare mise in volgare, e trattò del Morso della spalla, di Re Marco e Isotta la Bionda, e della Metamorfosi dell‟upupa, della rondine e dell‟usignolo...

Delle traduzioni-adattamento di Ovidio rimane solo Philomena (cioè La muance de la hupe et de l‟aronde et dou rousignol), preservata perché inserita all‟interno dell‟Ovide moralisé, monumentale raccolta ovidiana del XIV secolo attestata da una ventina di manoscritti, mentre purtroppo è andata perduta l‟opera sulla leggenda tristaniana, forse un racconto.

In aggiunta si conservano, tra le varie liriche attribuite a Chrétien dalle rubriche di alcune raccolte, due canzoni ascrivibili certamente a lui, che quindi si configura anche come primo troviere conosciuto, Amors tençon et bataille e D‟Amors, qui m‟a tolu a moi. Infine, l‟attribuzione di un altro romanzo di materia non arturiana, Guillaume d‟Angleterre, scritto da un certo Crestiiens, è da sempre dibattuta, ma in genere si tende, anche in virtù della sua scarsa qualità, a non annoverarlo tra le opere dell‟autore champenois.

I romanzi di certa attribuzione sono invece cinque: Erec et Enide, storia di due sposi ed amanti esemplari; Cligès, di sfondo bizantino e in cui si intreccia il tema della “falsa morte; Le Chevalier de la Charrette o Lancelot, incentrato sull‟amore di Lancillotto per la regina Ginevra; Le Chevalier au Lion o Yvain, basato come l‟Erec sul tema della

(3)

conciliazione tra il valore cavalleresco e il perfetto amore; Le Conte du Graal o Perceval, che introduce per la prima volta nella letteratura il mito del Graal.

Questi romanzi sono conservati da quarantatré manoscritti, a cui si devono aggiungere due frammenti oggi perduti. Con la sola eccezione del Perceval di cui ci sono giunti quindici manoscritti più o meno completi e alcuni frammenti, tutti gli altri romanzi di Chrétien sono attestati da circa sette o otto manoscritti completi e qualche frammento, per un totale di circa dodici testimoni per ciascuno.

I valori numerici sono più o meno in media con quelli di opere antico-francese di importanza comparabile, ma va innanzitutto notato come il Cligès, spesso poco considerato dagli studiosi moderni, è conservato dallo stesso numero di testimoni degli altri romanzi e ciò suggerisce che il gusto del pubblico medievale differisse da quello contemporaneo. In maniera invertita, il Lancelot, forse oggi il romanzo più conosciuto e studiato di Chrétien, è attestato da appena otto manoscritti, dei quali solo due completi, anche in conseguenza del fatto che episodi e motivi di questo romanzo furono poi ripresi e inseriti nel grande ciclo del Lancelot in prosa.

L‟opera di maggiore successo di Chrétien nel Medioevo fu comunque il Perceval. Al novero dei testimoni si potrebbero infatti aggiungere i vari frammenti delle Continuazioni provenienti da codici che quasi sicuramente includevano anche il romanzo originale, così che il numero totale di manoscritti conosciuti che dovevano contenerlo supera le venti unità. La tradizione particolare di questo testo viene appunto dal fatto che, variamente continuato, finì per avere diffusione autonoma come grande romanzo sul Graal, in alcuni casi lungo più di trentamila versi.

Non sopravvivono comunque, come spesso accade con autori del XII secolo, tracce della prima circolazione dei romanzi di Chrétien, non essendoci giunti manoscritti databili alla seconda metà del XII secolo, risalenti cioè al tempo della loro redazione.

Soltanto il manoscritto di Tours del Cligès (Bibliothèque Municipale 942), con ogni probabilità contenente in origine solo quest‟opera1, è databile alla fine di quel secolo o all‟inizio di quello seguente, a non più di trent‟anni dalla composizione del romanzo2.

1 Il manoscritto manca dei fogli iniziali e finali. La perdita dei primi avvenne molto presto, come si evince dallo stato molto rovinato di quello che oggi costituisce il primo foglio; la perdita dei secondi è invece probabilmente imputabile allo stesso incendio che ha danneggiato la parte superiore di quelli che allo stato attuale sono gli ultimi fogli.

2 T. NIXON, “Romance Collections and the Manuscripts of Chrétien de Troyes”, in Les manuscrits de Chrétien de Troyes/The Manuscripts of Chrétien de Troyes, a cura di K. Busby, T. Nixon, A. Stones e L.

Walters, Rodopi, Amsterdam, 1993, vol. 1, p. 17; A. STONES, “General Introduction”, in Les manuscrits

(4)

Nonostante Chrétien lavorasse prima per Maria di Champagne e poi per Filippo d‟Alsazia, questo che è il più antico testimone sopravvissuto di una sua opera è paradossalmente localizzato nell‟Angiò3.

Al primo quarto del XIII secolo, quindi a non molto distanza cronologica dal manoscritto di Tours, sono invece databili sia il codici di Clermont-Ferrand (Bibliothèque Municipale et Interuniversitaire 248) contenente il Perceval senza Continuazioni sia i cosiddetti frammenti di Annonay. Questi si compongono di trentasei fogli, più o meno completi, di largo formato localizzati in Champagne e contenenti frammenti di Erec et Enide, Cligès, Yvain e Perceval. Vengono datati da Patricia Stirnemann tra il 1205 e il 1220 sulla base delle decorazioni ricollegabili al cosiddetto stile Manerius4. La loro importanza deriva anche dal fatto che, nonostante in genere i romanzi circolassero individualmente nel primo periodo e solo successivamente fossero raggruppati in grandi raccolte, essi sembrerebbero attestare, a patto che il manoscritto originario includesse come probabile anche il Lancelot, una precoce raccolta delle œuvres complètes di Chrétien e di conseguenza «an early awareness of Chrétien as an author»5. La pratica di raccogliere le opere di un singolo autore, con la sola eccezione della poesia lirica, era infatti davvero poco usuale al tempo.

Altri codici che riuniscono tutti i romanzi di Chrétien sono BnF fr. 1450 e fr. 7946. Questi sono manoscritti di grande formato, databili entrambi al secondo quarto del XIII secolo, copiati il primo da un copista piccardo e il secondo dal famoso Guiot di Provins, che rivelano nella selezione delle opere, disposte secondo la linea cronologica che dall‟antica Grecia va al mondo arturiano, un‟attenzione per la storia romanzata.

cit., vol. 1, pp. 3-4; K. BUSBY, “The Manuscripts of Chrétien‟s Romances”, in A Companion to Chrétien de Troyes, a cura di N. J. Lacy e J. T. Grimbert, Brewer, Cambridge, 2005 (20082), p. 65.

3 BUSBY, Codex and Context cit., p. 496.

4 P. STIRNEMANN, “Some Champenois Vernacular Manuscripts and the Manerius Style of Illumination”, in Les manuscrits cit., vol. 1, pp. 205-6.

I frammenti furono scoperti per la prima volta nel dicembre 1933 da Dr. P. Escoffier di Annonay nell‟archivio di Maître Louis Boissonnet, notaio di Serrières (Ardèche), dove nel XVIII secolo erano serviti da incarto per alcuni registri. Diciassette fogli furono editi in facsimile nel 1934 da Albert Pauphilet (A. PAUPHILET, Chrétien de Troyes. Le manuscrit d‟Annonay, Droz, Parigi, 1934) che ne pubblicò ulteriori sei nel 1937 (PAUPHILET, “Nouveaux fragments manuscrits de Chrétien de Troyes”, in

«Romania», LXIII (1937), pp. 310-23). Un gruppo finale di fogli fu edito da Louis-Fernand Flutre nel 1954 (L.-F. FLUTRE, “Nouveaux fragments du manuscrit dit d‟Annonay des œuvres de Chrétien de Troyes”, in «Romania», LXXV (1954), pp. 1-21). La collazione tra queste edizione e i frammenti così come conservati oggigiorno mostrano che i frammenti editi da Pauphilet nel 1937 risultano attualmente mancanti.

5 BUSBY, “The Manuscripts” cit., p. 65.

Rimane comunque impossibile dire se il manoscritto originario fosse composto anche da opere di altri autori e quali queste fossero.

6 NIXON, “Amadas et Ydoine and Erec et Enide: Reuniting Membra Disjecta from Early Old French Manuscripts”, in «Viator», XVIII (1987), p. 243; ID., “Romance Collections” cit.

(5)

Entrambi possono essere presi ad esempio delle grandi raccolte nelle quali compaiono in genere i romanzi di Chrétien. La prima di queste, datata al primo quarto del XIII secolo sulla base di un legame ancora una volta con lo stile Manerius, è costituita dal manoscritto British Library Additional 36614, contenente il Perceval e le sue prime due Continuazioni oltre al prologo del Bliocadran e alla Vie de sainte Marie l‟Egyptienne7.

La mancanza di testimoni di prima generazione è dovuta in parte agli accidenti della Storia, ma anche al fatto che con ogni probabilità pochi dovettero esisterne, secondo quanto emerge anche dall‟indagine di Beate Schmolke-Hasselmann, secondo la quale il primo pubblico di Chrétien nelle corti anglo-angioine doveva essere entusiasta ma probabilmente piuttosto ridotto8.

In seguito, a partire dalla seconda metà del XIII secolo e per tutta la prima metà del XIV, si registra un sempre crescente numero di manoscritti, di pari passo con una loro diffusione geografica molto più estesa rispetto ai parametri iniziali9. La tradizione arriva così a coprire, partendo dal tempo della composizione dei romanzi, circa due secoli, dato che l‟ultimo testimone è databile dalla seconda metà del XIV secolo10.

Il numero di codici illustrati è piuttosto scarso. Alison Stones nella sua indagine, che tiene in considerazione anche le Continuazioni del Perceval e l‟adattamento dell‟Yvain prodotto da Pierre Sala (BnF fr. 1638), conta in tutto undici manoscritti, più o meno un quarto dell‟intero corpus, per un totale di circa 250 illustrazioni complessive, ma solo otto, cinque dei quali contenenti il Perceval e Continuazioni, includono un ciclo narrativo illustrato di una certa estensione11. Insieme al fatto che i primi esemplari siano databili all‟ultimo quarto del XIII secolo, cioè a circa un secolo dalla composizione dell‟ultimo romanzo di Chrétien, questo dato lascia pensare che le illustrazioni non facessero parte della prima tradizione delle sue opere, ma che rappresentino invece una

7 Cfr. cap. 2.

8 B. SCHMOLKE-HASSELMANN, Der arthurische Versroman von Chrestien bis Froissart: zur Geschichte einer Gattung, Niemeyer, Tubinga, 1980; trad. da M. e R. Middleton, The Evolution of Arthurian Romance: The Verse Tradition from Chrétien to Froissart, Cambridge University Press, Cambridge, 1998, pp. 219-94; BUSBY, “The Manuscripts” cit., p. 65.

9 BUSBY, “The Manuscripts” cit., p. 65.

10 Si tratta di un manoscritto conservato a Londra (College of Arms, Arundel XIV) contenente il Perceval senza Continuazioni ma con due interpolazioni, piuttosto significativo in quanto unico testimone del Perceval in anglo-normanno e unico manoscritto a noi noto ad avere una sicura origine inglese.

11 STONES, “The Illustrated Chrétien Manuscripts and their Artistic Context”, in Les manuscrits cit., p.

227; L. WALTERS, “The Use of Multi-Compartment Opening Miniatures in the Illustrated Manuscripts of Chrétien de Troyes”, in Les manuscrits cit., p. 332.

(6)

forma di ricezione secondaria, l‟eco delle prime letture rintracciabili dei suoi romanzi12. I soggetti furono dunque scelti solo quando questi erano ormai diventati sufficientemente famosi e alcune loro scene erano divenute emblematiche13.

Lo stato dimesso e non illustrato della maggior parte dei manoscritti potrebbe suggerire proprietari di modesta condizione e, secondo Keith Busby, anche la possibilità che i romanzi fossero letti ad alta voce in modo da rendere superflue le illustrazioni14. Per lo studioso americano, infatti, molti di questi codici «may have served as performance copies for jongleurs or reference copies for professional organizations», senza che la performance orale precludesse la lettura individuale, con anzi la possibilità che alcuni manoscritti adempissero una doppia funzione15. Ovviamente i codici illustrati più tardi erano invece intesi per una lettura individuale e privata16, lasciando pensare, dallo stile delle miniature, a proprietari molto più distribuiti socialmente rispetto a quanto si era creduto17.

In ogni caso l‟interesse nei confronti dei romanzi di Chrétien durò intatto fino alla fine del XIII secolo. Poi questi, o meglio alcuni loro episodi, furono assorbiti all‟interno delle grandi compilazioni in prosa, molto popolari, che finirono per mettere in ombra la fama dell‟autore champenois, mentre i personaggi e i motivi che egli aveva generato continuarono una loro vita autonoma, soprattutto all‟interno del ciclo del Lancelot- Graal, che fuse insieme aspetti dello Chevalier de la Charrete e del Conte du Graal.

Così, dopo la metà del XIV secolo, i suoi romanzi non furono più copiati.

Anche quando, nel corso del XV e del XVI secolo, questi furono ripresi per farne adattamenti in prosa che soddisfacessero i gusti dei nuovi lettori e comparvero le prime edizioni a stampa dei romanzi in prosa più popolari, il nome di Chrétien continuò ad essere totalmente ignorato. Dopodiché egli dovette subire, questa volta insieme alla sua opera, le conseguenze della disaffezione generale nei confronti della letteratura arturiana.

Dalla tradizione dei romanzi di Chrétien sopra delineata emerge l‟importante questione riguardante la loro origine geografica. Sebbene infatti l‟autore avesse

12 H. R. RUNTE, “Initial Readers of Chrétien de Troyes”, in Continuations: Essays on Medieval French Literature and Language in Honor of John L. Grigsby, a cura di N. J. Lacy e G. Torrini-Roblin, Summa Publications, Birmingham, 1989, p. 124.

13 BUSBY, “The Manuscripts” cit., pp. 70-1.

14 BUSBY, “The Manuscripts” cit., p. 71.

15 Ivi, p. 74.

16 Ibidem.

17 STONES, “The Illustrated” cit., p. 231; cfr. cap. 3 del presente lavoro.

(7)

probabili origini champenois e uno dei suoi patroni fosse Maria di Champagne, la distribuzione territoriale dei manoscritti è molto ampia e riguarda non solo le regioni centrali della Francia, ma anche la Piccardia, la Borgogna e, sebbene in maniera minore, i dominî anglo-normanni.

Una delle componenti numericamente più importanti di questa tradizione è certamente quella piccarda se si considera che è costituita da ben quindici manoscritti, datati tutti al XIII secolo. Le regioni nord-orientali della Francia, sulle quali aveva governato un altro dei protettori conosciuti di Chrétien, Filippo d‟Alsazia, fornirono dunque un pubblico numeroso e attento ai romanzi dell‟autore champenois.

La grande abbondanza di codici piccardi non è di per sé sorprendente, soprattutto se si considera che Busby stima, senza tuttavia fornire un‟analisi statistica, che circa il cinquanta percento di tutti manoscritti antico-francesi sopravvissuti sia stato copiato in quella regione, cosicché «the Northeast looks to have been in the late thirteenth and early fourteenth centuries in particular a veritable hive of codicological activity»18.

Tuttavia, per quanto riguarda il caso specifico dei romanzi di Chrétien, il numero elevato di testimoni piccardi ha anche altre ragioni, certamente ricollegabili ai rapporti che l‟autore intrattenne con la contea di Fiandra, dove con ogni probabilità trascorse l‟ultima parte della sua vita al servizio di Filippo d‟Alsazia, e all‟interesse che i successori di quest‟ultimo dimostrarono sempre nei confronti suoi e della sua opera, tanto da ritenersi i depositari legittimi dell‟ultimo romanzo incompiuto, Perceval, incominciato appunto per incarico di Filippo e continuato, dopo la morte dell‟autore, proprio in Fiandra.

La prima parte di questo lavoro mira per l‟appunto al delineamento dell‟ambiente storico-culturale piccardo dove Chrétien operò e dove la sua opera fu letta, copiata ed apprezzata, e dove soprattutto si compì l‟appropriazione culturale di un autore champenois da parte della classe dominante19. Si vuole dimostrare che la forte tradizione piccarda di Chrétien non è solo frutto del caso o della maggiore attività degli atelier di una regione rispetto a quelli delle altre, ma è una conseguenza degli importanti rapporti che l‟autore e la sua opera ebbero con la Fiandra, non solo durante la sua vita ma anche dopo.

A tale questione si affianca anche l‟indagine dell‟aspetto linguistico, che è un altro dei problemi posti dall‟alto numero di manoscritti nord-orientali. In effetti, il dialetto di

18 BUSBY, Codex and Context cit., vol. 2, p. 535.

19 E. DOUDET, Chrétien de Troyes, Tallandier, Parigi, 2008, p. 275.

(8)

Chrétien non era certamente il dialetto piccardo, ma nonostante ciò questo costituisce la principale lingua di trasmissione dei suoi romanzi. La tradizione champenois, scritta in un dialetto se non uguale almeno prossima a quello dell‟autore è invece minoritaria. Ciò significa che nella maggior parte dei casi la veste linguistica originaria dei suoi romanzi potrebbe essere stata pesantemente rimaneggiata.

Ogni possibile indagine di questo aspetto è tuttavia complicata dal fatto che la lingua di Chrétien, quella effettivamente usata nella composizione delle sue opere, è da sempre, fin dall‟inizio del Novecento, questione molto controversa20 che rimane legata a quella sulla sua provenienza, dal momento che, di logica, l‟appellativo “de Troyes”

poteva essere effettivamente utile solo al di fuori della regione di Troyes21. Pare inoltre che il nome Chrétien non fosse troppo comune nella Champagne del XII secolo22.

Se per Wendelin Foerster, che aveva consacrato alla faccenda un importante studio23, non c‟erano dubbi che Chrétien fosse champenois e che in quel dialetto scrivesse, nel corso del tempo c‟è stato chi, come John F. Benton, ha intravisto nella sua lingua presunte influenze piccarde, giungendo addirittura alla conclusione che per scrivere il suo ultimo romanzo, l‟autore avesse utilizzato la lingua del patrono Filippo d‟Alsazia24,

«a northern rather than a Champenois dialect»25. La deduzione veniva dal fatto che il testo del Perceval così come tramandato da Guiot, cioè il copista champenois la cui lezione è stata tradizionalmente considerata la più autorevole, è inferiore alla «Picard- north francien version» assunta come base dagli editori Hilka26 e Roach27.

Secondo altri, invece, Chrétien probabilmente impiegava non un dialetto specifico ma una lingua letteraria, a carattere artificiale, al fine di raggiungere un pubblico quanto più vasto possibile28. William Roach a questo proposito parlava di koinè letteraria e

20 C. BRUNEAU, “La Champagne: dialecte ancien et patois moderne (bibliographie critique)”, in

«Revue de Linguistique Romane», V (1929), p. 116.

21 Ivi, p. 113.

22 J. J. DUGGAN, The Romances of Chrétien de Troyes, Yale University Press, New Haven, 2001, p. 4.

23 BRUNEAU, “La Champagne” cit., p. 116

24 M. van MULKEN, The Manuscript Tradition of the Perceval of Chrétien de Troyes. A Stemmatological and Dialectological Approach, Tesi di dottorato, Università di Amsterdam, 1993, p.

122.

25 BENTON, “Collaborative Approches to Fantasy and Reality in the Literature of Champagne”, in Court and Poet, a cura di G. S. Burgess, Cairns, Liverpool, 1981, p. 54 n.8

26 CHRISTIAN VON TROYES, Sämtliche Werke nach allen bekannten Handschriften, a cura di W.

Foerster, Niemeyer, Halle, vol. V, Der Percevalroman (Li Contes del graal), a cura di A. Hilka, 1932.

27 CHRÉTIEN DE TROYES, Le Roman de Perceval ou le Conte du Graal, publié après le MS fr. 12576 de la Bibliothèque nationale, a cura di W. Roach, Droz, Ginevra, 1956 (19592 ed. rivista e ampliata).

28 MULKEN, The Manuscript Tradition cit., p. 136.

A questo proposito si vedano anche BRUNEAU, “La Champagne” cit., p. 75; e POPE, From Latin cit., p. 24.

(9)

aggiungeva che non sussiste alcuna prova dimostrante che Chrétien abbia effettivamente preferito per il suo ultimo romanzo il dialetto champenois, forse impiegato in gioventù, «plutôt que la langue littéraire commune (ou “koiné”) en usage général en France dans la seconde moitié du douzième siècle», che, per il carattere franco-piccardo, era prossima alla parlata di Filippo d‟Alsazia29.

Anche per Charles Bruneau, il dialetto champenois, «très voisin du francien», stava divenendo, «de très bonne heure, un dialecte littéraire» cosicché «il est fort difficile, dans les œuvres des écrivains, de dégager ce qui est local de ce qui est traditionnel»30. Oltre al caso specifico di Chrétien, infatti, anche la geografia linguistica della Champagne ha sempre costituito un dibattuto problema, in quanto non sono mai stato distinti tratti linguistici tipici. La Champagne, cioè, non possedeva un dialetto definito, ma era piuttosto un crocevia di peculiarità di altre regioni, del centro, del nord (Piccardia) e dell‟est (Lorena, Borgogna)31.

Tuttavia, Margot van Mulken ha negato l‟esistenza di tale lingua letteraria, considerata «very doubtful», ritenendo che i linguisti abbiano accettato questa concetto solo per evitare ricerche più approfondite e delicate32. La studiosa olandese si è allora chiesta se Chrétien fosse davvero di Troyes e ha quindi utilizzatto l‟analisi rimica al fine di localizzarne la lingua, comparando le rime rispettate da tutti i manoscritti del Perceval con la lingua registrata dalle carte francesi del XIII secolo. Le rime dimostrano infatti una maggiore resistenza nei confronti dell‟intervento dei copisti e andavano incontro a cambiamenti relativamente scarsi, sebbene non impossibili, perché richiedevano una certa competenza creativa che non tutti possedevano33. Un loro studio può quindi rendere possibile la ricostruzione della «sound and syllabic structure of the poet‟s language»34.

L‟analisi ha infine condotto la Van Mulken a localizzare anche la lingua dell‟ultimo romanzo di Chrétien, il più discusso da questo punto di vista, nella regione dell‟Aube,

29 CHRÉTIEN DE TROYES, Le Roman de Perceval ou le Conte du Graal cit., p. x; cfr. MULKEN, The Manuscript Tradition cit., p. 122; MICHA, La tradition cit., p. 257 n. 2.

Roach infatti sceglie come base della sua edizione il testimone T (BnF fr. 12576) dal colorito piccardo, invece che A, la copia Guiot in dialetto champenois, già pubblicato da Baist e Hilka.

30 BRUNEAU, “La Champagne” cit., p. 75

31 Ivi, p. 72; MULKEN, The Manuscript Tradition cit., p. 136; POPE, From Latin cit., p. 497; CHRÉTIEN DE TROYES, Yvain (le Chevalier au lion), a cura di T. B. W. Reid, Manchester University Press, Manchester, 1942 p. xvii; DUGGAN, The Romances cit., p. 26.

32 MULKEN, The Manuscript Tradition cit., p. 138.

33 Ivi, pp. 121-124.

34 Ivi, p. 124.

(10)

dove tutti i fenomeni rintracciati si riscontrano35. Questo non vuol dire che tutti i tratti emersi come tipici della lingua di Chrétien fossero predominanti in Champagne, ma che tutti erano comunque contemplati dal dialetto di quella regione36.

In questo modo, tutte le indagini compiute sulle rime dei romanzi di Chrétien, da Foerster alla Van Mulken, conducono a pensare, come sottolineato da Duggan, che Chrétien fosse davvero della Champagne, probabilmente ma non necessariamente di Troyes. Lo studioso americano ricorda infatti che Chrétien vi associa il suo nome soltanto una volta, «and he may well have located there to be in the same town as one of the sites of the court of Henry the Liberal and Marie»37. Per di più, una delle interpretazioni possibili del nome Crestiiens li Gois che compare al v. 374 di Philomena, inserito dall‟autore stesso o dal compilatore dell‟Ovide moralisé, vuole che l‟epiteto Gois vada inteso come “abitante di Gouaix”, vicino Provins38.

Sulla base di questi presupposti, si considera quindi accertato che Chrétien scrivesse in una lingua dai tratti champenois e nella seconda parte di questo lavoro si è conseguentemente tentato di investigare il problema della ricezione linguistica posto dalla tradizione piccarda dell‟Yvain, prendendone in considerazione tutti i testimoni ma con attenzione particolare ad uno di essi, il BnF fr. 12603, conosciuto per questo romanzo con la sigla S, di cui si fornità una descrizione dettagliata.

La scelta dell‟Yvain non è casuale ma nasce da una particolare conformazione della sua tradizione. Ben sei degli otto manoscritti che ci attestano questo romanzo in forma più o meno completa provengono infatti da una delle regioni nord-orientali del dominio d‟oïl e cinque di questi presentano una veste linguistica piccarda ben definita; i due manoscritti rimanenti sono invece di origine champenois. La tradizione si presenta dunque bipartita tra codici champenois e codici piccardi, che ne costituiscono la

35 Ivi, p. 135.

36 Ivi, p. 136

37 DUGGAN, The Romances cit., p. 26.

38 Ivi, pp. 9 e 26.

Altre interpretazioni sono state proposte da Harry Williams (H. F. WILLIAMS, “Crestiiens li Gois”, in

«Bibliographical Bulletin of the International Arthurian Society», X (1958), pp. 67-71) che intende gois come variante di gais e da Olivier Collet che traduce “le Juif” (Philomena cit., p. 1248 n. 1) forse influenzato dal fatto che a Troyes nel XII secolo fioriva la comunità ebraica e che Chrétien era nome tipico degli ebrei convertiti (DUGGAN, The Romances cit., p. 9, DOUDET, Chrétien de Troyes cit., pp. 39- 40). Quest‟ultima interpretazione è considerata «extremely unlikely» da Duggan dal momento che «the putative Hebrew etymon of goy designates not a Jew but rather a Gentile, perhaps one converted from Judaism to Christianity» e che «Gois meaning either “Jew” or “convert from Judaism” is otherwise unknown in Old French» (ibidem).

Sull‟ipotesi giudaica riguardo all‟identità di Chrétien si veda DOUDET, Chrétien de Troyes cit., pp. 29- 42.

(11)

maggioranza. Nel corso del lavoro si fornirà anche qualche spunto per spiegare il grande successo di questo romanzo in ambiente piccardo.

Riferimenti

Documenti correlati

The results were also compared with the Py-GC/MS results obtained for other samples from the Oseberg collection (named “185 series”) and presented in a

The ongoing Evaluation of Transcatheter Aortic Valve Replacement Compared to SurveilLance for Patients With AsYmptomatic Severe Aortic Stenosis (EARLY TAVR) study (NCT03042104)

Our findings suggest that a practical risk scoring system based on four readily and reliably ascertainable predictors may be used to accurately assess the risk of 1-year mortality

The W-Alps-Rhône, Auvergne, Saar and Luxemburg collections have similar (E/E+J) range, that is prevalence of eclogites over jades, as in Northern Italy, and Lorraine an E/E+J

Theorem 2.2 Let (Ω, A, µ) be a non-atomic finitely additive measure on the infinite set Ω, and let B ⊆ A be a subalgebra that does not contain nonempty null sets. In several

Per formalizzare i tre protocolli sono state organizzate numerose riunioni preliminari, sono stati aperti tavoli di lavoro su temi diversi come per esempio l’ultimo sulla

Nell’agosto del 2015 è stato stipulato un protocollo di collaborazione tra l’ARES 118 (Azienda Regionale Emergenza Sanitaria del Lazio) e l’Associazio- ne Psicologi per i Popoli