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Rapporto di lavoro subordinato e onere della prova in capo allo stagista

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Rapporto di lavoro subordinato e onere della prova in capo allo stagista

di C. Grassi –

3 Ottobre 2022

Il caso affrontato

Uno stagista, che frequentava un master universitario, in attuazione della Convenzione per tirocini di Formazione ed Orientamento, conclusa tra il Dipartimento sui rapporti di Lavoro e sulle Relazioni industriali e la società AQP, svolgeva presso questa società un primo periodo di tirocinio di tre mesi, poi prorogato, per acquisire conoscenza reale delle funzioni dell’ufficio del personale, secondo quanto risultava dal progetto formativo e di orientamento.

Terminato lo stage formativo, presentava istanza di assunzione, avendo appreso che altra sta- gista, concluso il tirocinio, era stata assunta a tempo determinato; tale istanza veniva, tuttavia, respinta dalla società. Seguiva una seconda domanda con la quale lo stagista reiterava la ri- chiesta di assunzione evidenziando la illegittimità della procedura di “selezione diretta” di n.

201 unità che, nelle more era stata bandita dalla società, assumendone le necessità occupazio- nali; anche la suddetta istanza veniva respinta.

Presentava, quindi, ricorso nei confronti della società, per l’accertamento del rapporto di la- voro a tempo indeterminato oltre (alla ricostituzione del rapporto e) al risarcimento del danno.

I Giudici di merito motivavano la sentenza di rigetto, evidenziando l’assenza, nel caso in esame, degli indici rivelatori della subordinazione indicati dalla giurisprudenza di legittimità, quali l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro, ovvero, in via sussidiaria, l’inserimento continuativo del lavoratore stesso nell’im- presa; il vincolo di orario, la forma della retribuzione, l’assenza di rischio.

Veniva proposto ricorso per la cassazione della sentenza, deducendo che il rapporto intercorso con la società celerebbe un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, alla luce delle mo- dalità di svolgimento dello stesso e che, pertanto, la lettera con la quale la società aveva re- spinto l’istanza di assunzione, corrisponderebbe ad una vera e propria intimazione di un licen- ziamento illegittimo.

La risposta della Corte di Cassazione

Le doglianze formulate con il motivo di ricorso sono state ritenute infondate dalla Suprema Corte, la quale con Ordinanza n. 25508 del 30.08.22 ha fatto proprio il percorso motivazio- nale seguito dalla Corte di Appello, concludendo che, nel caso in argomento, non fosse ravvi- sabile alcuno degli indici che connotano la subordinazione.

Sul punto, la Corte di legittimità ha, in particolare, ribadito che, ai fini della individuazione della c.d. natura giuridica del rapporto, il primario parametro distintivo della subordinazione deve essere necessariamente accertato o escluso anche mediante il ricorso ad elementi sussi- diari che il giudice deve individuare in concreto, dando prevalenza ai dati fattuali emergenti

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dall’effettivo svolgimento del rapporto, essendo il comportamento delle parti posteriore alla conclusione del contratto, elemento necessario non solo ai fini della sua interpretazione (ai sensi dell’art. 1362 II co. cc) ma anche ai fini dell’accertamento di una nuova e diversa vo- lontà, eventualmente intervenuta nel corso dell’attuazione del rapporto e diretta a modificare singole sue clausole e talora la stessa natura del rapporto lavorativo inizialmente prevista, da autonoma a subordinata; con la conseguenza che, in caso di contrasto fra i dati formali iniziali di individuazione della natura del rapporto e quelli di fatto emergenti dal suo concreto svolgi- mento, a questi ultimi deve darsi necessariamente rilievo prevalente nell’ambito di una richie- sta di tutela formulata tra la parti del contratto (Cass. nn. 4770/2003; 5960/1999).

A tal fine sono stati richiamati gli indici di subordinazione rappresentati da:

– retribuzione fissa mensile in relazione sinallagmatica con la prestazione lavorativa;

– orario di lavoro fisso e continuativo;

– continuità della prestazione in funzione di collegamento tecnico organizzativo e produttivo con le esigenze aziendali;

– il vincolo di soggezione personale del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e disci- plinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia;

– l ’inserimento nell’organizzazione aziendale

Dunque, sul lavoratore che intenda rivendicare in giudizio l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato grava l’onere di fornire gli elementi di fatto corrispondenti alla fattispecie astratta invocata.

Al contrario, nel caso di specie, come correttamente rilevato dai giudici del gravame, secondo la Corte, lo stagista non aveva fornito alcuna prova relativa neppure agli indici sussidiari di subordinazione; ha esaminato gli elementi qualificanti la subordinazione, quali enunciati dalla Corte di legittimità (vd., ex plurimis, Cass. n. 14296/2017), pervenendo (come innanzi già sottolineato) – attraverso la delibazione dei punti di emersione probatoria ed alla luce dei ri- chiamati, costanti insegnamenti giurisprudenziali – con un iter motivazionale del tutto coe- rente, ad escluderne la sussistenza con riferimento alla fattispecie.

Da tanto conseguiva il rigetto del ricorso.

La decisione pare corretta e in linea con la giurisprudenza della Corte.

Si segnala anche la sentenza n. 18192 del 16 settembre 2016, con la quale la Cassazione è intervenuta in materia di legittimità del rapporto di tirocinio preceduto da un rapporto di lavoro subordinato.

In particolare, in quel caso, la Corte ha invece ritenuto (la Corte non dichiara nel merito, valuta la sentenza, dà indicazioni di massima, e nel caso cassa e rinvia al giudice di merito per l’ap- plicazione del principio di diritto e l’eventuale accertamento della natura del rapporto) la sus- sistenza di un rapporto di lavoro subordinato nel caso in cui il lavoratore abbia già acquisito una precedente professionalità, a seguito di un rapporto di lavoro intercorso con il medesimo datore di lavoro in epoca antecedente alla stipula del contratto di tirocinio formativo e di

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orientamento. La Corte ha così considerato il lavoratore un vero e proprio dipendente dell’Azienda, anche alla luce degli specifici compiti svolti e dal ruolo assunto in azienda, nulla valendo il fatto che il tirocinante aveva svolto la propria prestazione sotto la guida di un tutor aziendale che lo avviava alla conoscenza del “mestiere” secondo quanto indicato all’interno del progetto formativo.

Si segnala altresì la sentenza n. 20231 del 25 settembre 2014 della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione che ha, ravvisato il carattere della subordinazione nelle modalità di ese- cuzione del tirocinio professionale di un giovane aspirante geometra nei confronti dello studio di architettura presso il quale lavorava, in particolare nella carenza del necessario insegna- mento del dominus.

Nelle motivazioni la Suprema Corte ha osservato come correttamente il Giudice di merito, in entrambi i gradi di giudizio, abbia valorizzato il principio dell’effettività cui, nel diritto del lavoro, occorre aver riguardo nell’individuazione della natura del rapporto, che importa la prevalenza sul nomen juris utilizzato dalle parti, ovvero sulla dichiarazione contrattuale con le quali le stesse hanno formalizzato il rapporto, dell’assetto di interessi emergente dal com- portamento concreto da esse tenuto nello svolgimento del rapporto stesso.

Contratto di stage e subordinazione

Sulla scorta di quanto disposto dall’art. 2094 cc si nota come la subordinazione, nel nostro ordinamento, sia costruita come un particolare modo d’essere della prestazione lavorativa.

Infatti, è subordinata la prestazione che si svolge nell’organizzazione del datore di lavoro, alle dipendenze e sotto la direzione dello stesso. Individuare, caso per caso, la sussistenza di tali elementi risulta, dunque, essenziale ai fini di una corretta qualificazione giuridica di un rap- porto di lavoro.

Problemi particolari si pongono dinanzi ad alcune fattispecie che hanno come finalità specifica e preminente la formazione professionale e l’immediata e diretta strumentalità dell’inseri- mento ai soli fini dell’apprendimento, come il contratto di stage formativo.

Il contratto di stage formativo, la cui disciplina si rinviene nell’art. 60 del Decreto Legislativo n.276/2003 e trova riscontri precedenti nell’art. 18 della Legge 196/1997 (Pacchetto Treu) e nel Decreto Ministeriale n. 142/1998, non configura un rapporto di lavoro subordinato ma ha finalità prevalentemente formative. Tuttavia, nella pratica, tale tipologia contrattuale può “ma- scherare” in alcuni casi un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, con notevole van- taggio per la parte datoriale, la quale, grazie ad essa, può usufruire di lavoratori spesso “a costo zero”.

Infatti, se è vero che non possono essere estranee all’attività pratica professionale, nell’ambito di stage formativi, anche quelle attività che, pur presentandosi come “di contorno”, occupano comunque una determinata quantità di tempo è altrettanto vero che, qualora l’impiego dei tirocinanti avvenga soltanto in funzione dello svolgimento di attività secondarie di tale natura, gli stages finiscono per assumere un contenuto del tutto estraneo alle finalità formative di cui si tratta.

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L’avvenuto adeguamento delle normative regionali, in tema di tirocini formativi e di orienta- mento, alle linee guida introdotte dalla Conferenza Stato-Regioni con Accordo 25 maggio 2017, in applicazione del rinvio presente nell’art. 1, comma 34, legge n. 92 del 28 giugno 2012, ha reso oramai operativa una nuova regolamentazione complessiva dei rapporti tra sog- getti promotori, soggetti ospitanti e tirocinanti. In particolare, le formulazioni introdotte dall’Accordo, declinate nelle normative regionali, perseguono anche il fine di “qualificare l’istituto e di limitarne gli abusi” ovvero di garantire la genuinità del rapporto di tirocinio.

La legge di Bilancio 2022 prevede un riassetto della disciplina sul tirocinio extra-curriculare, oltre ad evidenziare le differenze tra le due tipologie di tirocinio curriculare ed extra- curricu- lare, vengono identificati i nuovi princìpi che dovranno essere previsti dalle normative regio- nali per l’applicazione corretta da parte dei soggetti ospitanti.

Le singole Regioni, poi, hanno competenza esclusiva in materia di formazione professionale ed è compito della Conferenza Stato Regioni tracciare linee guida condivise in materia di ti- rocini formativi e di orientamento.

L’allegato all’Accordo, che concretizza le linee guida, prevede poi un quadro regolatorio ge- nerale delle convenzioni di tirocinio, finalizzato anche a prevenire comportamenti contrastanti con l’obiettivo dichiarato della “tutela e garanzia del tirocinante”, rispetto al potenziale rischio di sfruttamento della prestazione lavorativa resa in attuazione del piano formativo assegnato.

Peraltro, la compatibilità tra la prestazione di lavoro subordinato – ammessa in costanza di tirocinio già dall’art. 18, comma 1, legge n. 196 del 24 giugno 1997, ancorché con formula- zione generica – e le finalità formative del rapporto svolto presso il soggetto ospitante, rap- presenta da sempre un tema complesso, in quanto non affrontato esaustivamente né dalle di- sposizioni di legge succedutesi nel tempo né dalla prassi amministrativa nel frattempo inter- venuta.

La tecnica regolatoria adottata nella produzione normativa afferente all’istituto, riscontrabile anche nell’Accordo 25 maggio 2017, sembra infatti privilegiare la definizione dei contenuti formativi del rapporto. Più specificamente, sebbene l’art. 1, comma 34, legge n. 92/2012 de- ferisca ad una intesa Stato-Regioni, poi concretizzatasi nell’Accordo del 25 maggio 2017, il compito di “prevenire e contrastare un uso distorto dell’istituto anche attraverso la puntuale individuazione delle modalità con cui il tirocinante presta la propria attività” nonché di indi- viduare gli “elementi qualificanti del tirocinio”, le linee guida non dettagliano le modalità di gestione del rapporto, ma indicano semplicemente – oltre ai criteri di impostazione dei piani formativi – una serie di divieti di utilizzo del tirocinante. Inoltre, solo alcuni di questi divieti sembrano avere una oggettiva specificità, quali l’identificazione dell’ambito di applicazione dell’istituto (elencazione dei soggetti coinvolgibili come tirocinanti, ospitanti e promotori), il regime di durata, i limiti numerici, l’indennità di partecipazione. Quelli concernenti le moda- lità di esecuzione della prestazione risultano meno precisi e possono frequentemente indurre incertezza.

Accorgimenti operativi

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Al fine di prevenire contestazioni in merito alla genuinità del rapporto di tirocinio, potrebbero allora risultare opportuni, nelle situazioni di maggiore incertezza, due accorgimenti operativi prudenziali.

Il primo consiste nel valorizzare l’assenza di una eterodirezione nell’impostazione generale del rapporto di tirocinio, attraverso la redazione di un documento aggiuntivo alla convenzione di tirocinio e al progetto formativo individuale, solitamente compilati in base a schemi stan- dardizzati definiti dalle normative regionali che evidenzi ad es. la volontà di escludere la na- tura subordinata del rapporto in riferimento alle prestazioni svolte in esecuzione del piano formativo.

Il secondo consiste nell’impostazione di un sistema di rendicontazione periodica che permetta di dimostrare – in caso di accertamento ispettivo o di contenzioso – l’avvenuto mantenimento, nei periodi di esecuzione della formazione on the job, di modalità di gestione non contrastanti con la natura non subordinata del rapporto.

La questione meriterebbe ulteriori approfondimenti anche alla luce delle novità normative e giurisprudenziali che, presumibilmente, interverranno in materia anche, e soprattutto, al fine di evitare l’uso distorto del contratto di stage formativo.

Claudia Grassi, avvocato in Roma

Visualizza il documento: Cass., ordinanza 30 agosto 2022, n. 25508

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