CAPITOLO 6
Modellazione teorica del comportamento
elastico e della resistenza
6.1 Introduzione alla modellazione teorica del comportamento elastico
La determinazione della soluzione analitica dell’effettivo modulo elastico di un materiale composito costituito da una matrice con inclusione particellari solide è un problema trattato in letteratura in maniera decisamente inferiore al materiale bibliografico relativo al comportamento meccanico dei materiali compositi rinforzati con fibre. Sono tuttavia disponibili vari modelli teorici relativi a questo tipo di solidi bifasici che vanno adattati a casi specifici.
Il problema di una matrice con microsfere cave è stato studiato in maniera molto minore e con risultati che concordano poco con i dati sperimentali.
Una schiuma sintattica si presenta generalmente a livello macroscopico come un materiale omogeneo e isotropo, mentre a livello microscopico presenta almeno tre fasi distinte: la matrice, le microsfere cave e la parte vuota che rimane intrappolata all’interno delle microsfere, senza tener conto dei difetti dovuti alle tecnologie di produzione della schiuma, come le inclusioni d’aria all’interno della matrice, che a secondo del tipo di miscelazione risultano ben visibili anche ad occhio nudo.
Gli approcci che sono stati usati per determinare i moduli elastici sono di diverse tipologie: o I tipi di approccio più semplici sono quelli che cercano di adattare i modelli dei materiali
compositi particellari bifasici alle schiume sintattiche, ma non portano a risultati apprezzabili. Questi modelli vengono spesso utilizzati per fornire un valore del modulo elastico della schiuma sintattica quando questa è impiegata come anima di strutture sandwich. Ma l’errore che si compie in questi casi spesso è grossolano, soprattutto se si impiegano tipologie di particelle avente spessore di parete molto ridotto, come nel caso dell’E-Foam.
o Altri sono modelli empirici o semi-empirici, i quali cercano di ricavare, partendo dall’analisi dei dati sperimentali, le espressioni dei moduli elastici in funzione della
densità del materiale, che rimane il parametro fondamentale per il controllo delle caratteristiche meccaniche. Tra questi trova parecchi riferimenti la trattazione esposta da Bunn-Mottram 1992 [10]. Tuttavia questa tipo di approccio empirico non conduce a risultati che possono essere applicati in maniera generale.
o Il tentativo di costruire un modello micromeccanico analitico è stato affrontato in diversi
studi, ma non si è ancora giunti ad una trattazione teorica definitiva. La maggior parte dei modelli analitici partono dalla stesura di un modello
micromeccanico elementare in grado di descrivere la morfologia della schiuma sintattica a livello microscopico e successivamente cercare di ricavare, tramite una tecnica di
omogeneizzazione, i valori dei moduli a livello macroscopico del materiale omogeneo. Molto spesso sono state ottenute espressioni molto complesse, che se non presentano
soluzioni in forma chiusa, trovano scarsa applicabilità nei casi pratici; oppure che vengono calibrati su particolari valori sperimentali, facendo perdere il loro validità generale. Il limite fondamentale di questi modelli, ben evidenziato in [5], [9] sta nel fatto che nella maggior parte dei casi viene preso in considerazione solo un microelemento contenente una singola microsfera cava, trascurando il contributo delle microsfere vicine. Infatti questo tipo di modellazione funziona bene solo per contenuto di microsfere in volume sino al 8÷10 % [9], ed è quindi poco utilizzabile per le schiume sintattiche effettivamente utilizzate dove la concentrazione in volume di microsfere risulta essere molto maggiore. Solo di recente sono stati proposti nuove trattazioni analitiche che si basano su microelementi più complessi in grado di descrivere schiume sintattiche aventi concentrazioni in volume di microsfere sino a 70%.
o Migliori risultati si sono ottenuti utilizzando modelli ad elementi finiti. I modelli più raffinati, che presentano un miglior concordanza con i risultati sperimentali sono quelli che hanno utilizzato una particolare distribuzione di microsfere disperse nella matrice, e ne hanno isolato la porzione elementare in grado di descrivere il comportamento della schiuma sintattica.
6.2 Modelli teorici presenti in letteratura
Wegner – Gibson (1994) in [8], Bardella – Genna (1999) in [5] e Gupta in [11] presentano un ampio riassunto critico degli studi effettuati sul comportamento elastico delle schiume sintattiche. Di seguito vengono riportati alcuni dei modelli che hanno riscontrato maggiore attenzione nello studio del comportamento elastico delle schiume sintattiche:
o Nielsen – Landel (1994) : è un modello molto semplice, che propone di applicare la tecnica di omogeneizzazione solo all’inclusione microsferica, utilizzando una formulazione semplificata per il valore del modulo di taglio, per poi applicare alcuni dei modelli dei compositi bifasici. Questo modello risulta molto semplice, ma le semplificazioni effettuate lo rendono poco preciso e poco applicabile.
o Lee – Westmann (1970) : è uno studio più preciso, che parte dal tipico elemento di volume trifasico (Fig 6.1), dove le tre fasi distinte sono il vuoto all’interno della cavità microsferica, la microsfera cava e la matrice.
A questo elemento vengono applicate le equazioni di Hashin (1961), dal suo studio riguardante comportamento elastico nel caso dell’inclusione sferica. Il modulo elastico a compressione idrostatica o modulo di bulk K viene ricavato in forma chiusa, invece il modulo elastico di taglio rimane compreso tra un valore minimo ed un valore massimo che discendono rispettivamente dalla teoria della minima energia complementare e della massima energia potenziale.
La complessità della formulazione ha indotto a utilizzare solo l’espressione del modulo di compressione idrostatica, e nella maggior parte delle applicazioni risulta essere un’approssimazione più che accettabile.
Okuno-Woodhams (1970) hanno proposto di utilizzare per la modellazione dei moduli elastici di un composito particellare con inclusioni microsferiche cava il valore del modulo K proposto da Lee – Westmann, ed utilizzare come coefficiente di Poisson, il coefficiente di Poisson della matrice. I risultati prodotti concordano abbastanza bene con i dati sperimentali anche per volumi di microsfere abbastanza elevati [9].
L’utilizzo di questo modello è proposto anche in [4],[5] come procedura semplificata da adottare, considerando perfettamente omogenea la distribuzione delle dimensioni delle microsfere. L’espressione del modulo del modulo di compressione idrostatica K del composito riportata in [5] è mostrata in figura 6.2:
Figura 6.2 – Formulazione del modulo di compressione idrostatica K proposta da Lee -Westmann, riportata in [5]
o Huang-Gibson (1991) –[9] : Il modello micromeccanico proposto fa riferimento sempre al modello base a tre fasi ( figura 6.1), decomposto come visualizzato in figura (6.2). Il modello micromeccanico è visto come la somma della matrice senza microsfera (viene definito come problema pseudo-esterno al quale viene applicata la soluzione esterna) e la
microsfera stessa, alla quale viene applicata sia la soluzione interna che la soluzione esterna.
Figura 6.3 – Modello micromeccanico a tre fasi decomposto in due sottoproblemi
A questo modellazione vengono imposti uno stato di tensione idrostatico e uno stato di tensione di taglio puro, e il valore del modulo di compressione idrostatica e il modulo di taglio vengono ricavati, valutando la variazione del potenziale elastico del solido per effetto dell’introduzione della sfera cava. La soluzione delle equazioni ricavate è svolta con metodologie di calcolo numerico.
Le soluzioni del modello sono state confrontati con i dati sperimentali effettuati su dei provini di schiuma sintattica costruita da una matrice di resina poliestere riempita con diverse percentuali di microsfere di vetro, sino ad un massimo di 35% in volume.
Il valore del modulo elastico normale specifico (E/ρ) della schiuma sintattica aumenta all’aumentare del volume di microsfere presenti nella schiuma.
Tuttavia i valori teorici calcolati seguono bene i dati sperimentali fino ad una valore della concentrazione delle microsfere pari al 8% in volume, che è molto basso rispetto ai valori delle schiume sintattiche reali.
Per valori maggiori al 8% l’analisi sovrastima il valore dei moduli elastici, questa discrepanza tra valori teorici e sperimentali è dovuta al fatto che il modello utilizzato trascura gli spostamenti causati dall’interazione delle microsfere che circondano la microsfera presa come riferimento.
o Bardella – Genna (1999) – [5]: la trattazione svolta in questo articolo riprende tutti gli studi effettuati da Hashin in poi sulla modellazione del problema del materiale composito con inclusione microsferica. Il modello sviluppato deriva dal perfezionamento di un modello proposto da Hervè-Pellegrini – “The elastic costants of a material containing spherical coated holes” – (1995). Questo discende prima di tutto da un articolo di Christensen R.M. – Lo K.H. “Solutions for effective shear properties in three phases and cylinders models” (1979) dove viene proposto una diversa metodologia per avere una stima del modulo di taglio del classico modello a tre fasi. Gli studi effettuati sulla meccanica dei compositi particellari presentano molti riferimenti alla trattazione svolta da Christensen . Questo metodo viene applicato ad un modello costituito da n sfere concentriche costituite da materiale isotropo elastico lineare (M.R.P. Morphologically
Rappresentative Patterns), che è molto simile alla sfera composita utilizzata da Hashin. Il modello presentato da Bardella-Genna, in definitiva è un modello a 4 fasi, dove
l’inclusione sferica è circondato da una sfera di materiale costituente la matrice e tutto intorno da un materiale mediamente omogeneo avente costanti di elasticità inizialmente considerati arbitrari.
La rappresentazione grafica del modello è riportata dall’articolo stesso [5]:
Il limite del modello di Hervè-Pellegrini, che lo rendeva poco applicabile al caso di schiume sintattiche reali, era quello di non considerare due fattori importanti:
• La presenza di vuoti non voluti nella matrice, causati dal processo di fabbricazione
• Le presenza di una certa dispersione per i valori delle dimensioni delle microsfere, che non risultano uniformi
Per far questo Bardella,Genna propongono di considerare il modello effettivo come l’assemblaggio di N tipi di sfere caratterizzati da un valore noto del rapporto a/b. Dove come indicato in figura (6.4), con a si intende il raggio interno dell’inclusione sferica e con b il raggio esterno. Per tenere conto dei vuoti non voluti presenti all’interno della matrice basterà prendere il rapporto a/b=1
Come vincolo viene imposto che la somma delle microsfere comprese tra a e b deve essere pari alla frazione in volume totale delle microsfere all’interno della schiuma sintattica.
Il volume di materiale compreso tra b e c rappresenta invece il volume di materiale costituente la matrice, e anche in questo caso la somma deve essere pari alla frazione in volume totale della all’interno della schiuma.
Questa modellazione permette di valutare l’effetto della differenza di concentrazione di microsfere all’interno del materiale.
Una schiuma sintattica avente un’elevata concentrazione di microsfere, sarà caratterizzata da un forte impacchettamento delle microsfere, con uno strato di matrice molto sottile tra una particella e l’altra. In questo caso il valore del raggio c sarà molto vicino a quello del raggio b. Al contrario se la concentrazione delle cenosfere sarà basso, lo strato di resina tra una particella e l’altra sarà più spesso, ed in questo caso c risulterà molto maggiore rispetto a b.
Il modello viene risolto in condizioni di taglio puro e in condizioni di pressioni idrostatica, tramite metodi iterativi, e inserendo come valori di K, G della fase omogenea circondante gli strati sferici.
I risultati forniscono le espressioni abbastanza complesse dei moduli di taglio e di bulk, che tiene conto di tutte le ipotesi effettuate. In appendice vengono riportate le espressioni semplificate dei valori dei moduli nel caso di una singolo elemento.
I risultati teorici sono stati confrontati con i valori sperimentali ricavati da Huang-Gibson –[9], tenendo conto dei valori forniti da loro delle concentrazioni in volume di matrice, microsfere, e vuoti non desiderati dovuti al processo di fabbricazione.
La correlazione tra dati sperimentali e valori teorici è molto buona [5], l’errore massimo nella stima del modulo di Young risulta del 16%. E’ stata inoltre eseguita una campagna di esperimenti su diversi tipi di schiume sintattiche, caratterizzate da diversi tipi di microsfera e anche in questo caso i valori teorici seguono abbastanza bene i dati sperimentali (l’errore relativo per la valutazione del modulo di Young, per contenuti di microsfere dell’ordine del 60% in volume risulta essere intorno al 0.15%). I grafici riportati in [5], mostrano l’andamento dei moduli elastici ricavati con il metodo analitico e teorico, in funzione del tipo di microsfera:
Figura 6.5 – Andamento del modulo di Young, calcolato in [5]
Il modulo di Young della schiuma sintattica varia linearmente in funzione della concentrazione in volume di microsfere.
Si evidenziano due andamenti distinti, per le microsfere K37, caratterizzate da un rapporto a/b elevato, circa il doppio rispetto alle microsfere K1, il modulo elastico del composito tende ad aumentare con l’aumento della percentuale in volume di microsfere presenti all’interno del materiale. Quindi le microsfere K37, le quali sono più robuste e pesanti degli altri tipi, aumentano la rigidezza della schiuma sintattica. Al contrario
utilizzando microsfere con spessore di parete più piccole, comporta una notevole diminuzione di densità nel materiale, ma una perdita in termini di rigidezza. Per quanto riguarda il coefficiente di Poisson, tende a decrescere in maniera lineare con il contenuto di microsfere, indipendentemente dal tipo di microsfera.
Figura 6.6 – Andamento del coefficiente di Poisson, calcolato in [5]
Un altro fattore che è stato considerato in [5] è l’effettiva dispersione sui valori delle dimensioni delle microsfere di vetro. La casa di produzione 3M fornisce solo i valori medi del diametro e dello spessore di parete. Il fatto di considerare costanti questi due valori secondo [5] è un ipotesi abbastanza forte. Nell’articolo [5] viene riportato un’analisi granulometrica effettuata con l’utilizzo di setacci su un campione di microsfere tipo K37 della casa produttrice 3M.
La differenza di previsione sui valori dei moduli, utilizzando l’effettiva granulometria anziché i valori medi forniti dalla casa produttrice è dell’ordine del 2%. Questo suggerisce secondo [4], data la difficoltà di avere a disposizione l’effettiva granulometria delle microsfere disperse, di utilizzare i valori medi.
Le conclusioni di questo studio sono le seguenti:
1. Il modello sviluppato partendo da Christopher–Lo e soprattutto Hervè-Pellegrini, volto utilizzando il “self-consistent estimate”, conduce a risultati
che concordano bene sia con i valori sperimentali e sia con le previsioni numeriche ottenute con il metodo degli elementi finiti.
2. La presenza di vuoti non voluti causati dal processo tecnologico di produzione della schiuma sintattica, ha un peso notevole sulla determinazione dei valori dei moduli elastici.
3. Non considerare l’effettiva distribuzione delle dimensioni delle microsfere, utilizzando i valori medi forniti dalla casa produttrice, produce errori sulla stima dei moduli che possono tuttavia essere trascurati.
o Wegner–Gibson (1994) – “Microsandwich Foams” [8]: Lo studio effettuato da Gibson nel 1994 è una modellazione numerica ad elementi finiti della schiuma sintattica. Lo studio si apre con una critica a tutti i modelli analitici effettuati sino al 1994. Il limite maggiore evidenziato dai modelli analitici consiste nel considerare il volume elementare con una singola microsfera trascurando il contributo delle microsfere circondati, contributo che diventa importante per alti valore di concentrazione in volume delle particelle.
Partendo da questo studio viene sviluppato un altro modello della schiuma sintattica che tenga conto della disposizione spaziale delle microsfere e del loro contributo alla rigidezza. Il modello di Gibson parte dalla classificazione della schiuma sintattica come solido cellulare a celle chiuse, aventi le pareti della cella costituite da una struttura sandwich (filler – binder – filler), denominato schiuma microsandwich (Microsandwich foam).
Lo scopo dell’analisi è stabilire l’efficienza di una schiuma sintattica rispetto ad una schiuma convenzionale, definendo degli indici di performance in funzione della densità della matrice e delle microsfere. Lo studio del modello costitutivo della schiuma sintattica è condotto per via numerica tramite metodologie ad elementi finiti.
Viene supposto che le microsfere disperse nelle matrice si impacchettino in maniera esagonale. Da questa disposizione, sfruttando la geometria, viene estrapolato un elemento essenziale che sia in grado di descrivere il problema. Di seguito viene riportata la schematizzazione effettuata in [28], figura 6.3 :
Figura 6.7 – Impacchettamento esagonale delle microsfere ed isolamento dell’elemento minimo in grado di caratterizzare il comportamento elastico della schiuma sintattica
tramite il metodo degli elementi finiti. (Immagini tratte da Wagner -Gibson - Microsandwich Foams [7])
Il modello ad elementi finiti bene per concentrazioni in volume di microsfere pari al 62%, oltre questo valore, si ottengono delle compenetrazioni e la geometria perde la sua validità fisica.
I risultati dell’indagine parametrica, svolta calcolando gli indici di performance in funzione della densità relativa delle microsfere e della matrice, mettono evidenza che si ottengono valori massimi degli indici per valori abbastanza bassi delle densità relative. Lo studio numerico è stato confrontato con i valori sperimentali della schiuma sintattica costituita da poliestere e microsfere di vetro, studiata da Huang-Gibson in [76] e si nota una buona convergenza fra i valori previsti e quelli misurati.
6.3 Modellazione teorica della resistenza
Il problema della determinazione di un modello analitico in grado di fornire delle previsione sulla resistenza di una schiuma sintattica risulta poco studiato. La maggior parte dei modelli sono stati definiti attraverso approcci empirici, e questa metodologia né ha condizionato fortemente la loro validità sperimentale. Un riassunto su i modelli disponibili in bibliografia si può trovare in Gupta N. (2003) – “Characterization of syntactic foams and their sandwich composites: modelling and experimental approaches”- 2003 - [11].
In questo lavoro vengono descritti alcuni modelli analitici presenti in letteratura,mettendo in evidenza il fatto che solo di recente sono stati sviluppati modelli più rigorosi in grado di definire il comportamento meccanico delle schiume sintattiche. Una delle principali difficoltà nella valutazione teorica della resistenza è stata la presenza, elevata nel caso di miscelazione non sotto vuoto dei componenti, di vuoti, che agiscono come punti critici per l’innesco di meccanismi rottura a trazione. L’analisi sperimentale del comportamento meccanico delle schiume sintattiche costituite da microsfere cave di vetro e resine termoindurenti, ha evidenziato una maggiore resistenza del materiale a compressione rispetto alla trazione.
Ricordando che le schiume sintattiche sono state sviluppate come materiale sollecitato a compressione, la maggior parte degli studi e delle analisi sperimentali effettuate si concentrano su questo argomento.
In generale le modalità di rottura teoriche di un materiale rinforzato con particelle, sollecitato a compressione, possono essere ricondotte a due casi [11], come mostrato in figura 6.8:
o Distacco “Debonding” della particella dalla matrice ( figura 6.8.a) o Rottura della particella (figura 6.8.b)
Se l’adesione tra microsfera e matrice non è buona, la microsfera può distaccarsi generando un vuoto ellittico all’interno della matrice. A questo vuoto ellittico viene associato un coefficiente di concentrazioni delle tensioni k. Nel caso in cui la concentrazione delle microsfere è piuttosto bassa, tale da poter trascurare il contributo delle microsfere vicine, il problema si riduce allo studio di un’apertura ellittica all’interno del materiale. Riguardo a questo tipo di approccio si fa riferimento a Anderson -Farris “ A predictive model for the mechanical behaviour of particulate composites”, oppure a Papanicolaou –Bakos “The influence of the adhesion bond between matrix and filler on the tensile strength of particulate-filled polymer”. Quest’ultimo modello è stato testato su dei provini schiuma sintattica costituita da schiuma
epossidica e microsfere cave di vetro. La correlazione con i dati sperimentali risulta buona per schiuma sintattica costituita da schiuma epossidica e microsfere cave di vetro. microsfere aventi diametro elevato (147 µm), mentre per microsfere aventi diametri piccoli ( 77 µm) il modello presenta delle deviazioni dai dati sperimentali [78].
Figura 6.8 – Modalità di rottura a compressione di un materiale composito particellare. Immagine riportata in [11]
Questa modalità di rottura tuttavia non trova riscontro per quanto riguarda le schiume sintattiche costituite da microsfere di vetro e resine termoindurenti. In questo caso sia l’adesione tra matrice e particella, sia la bagnabilità del vetro rispetto alla matrice, ovvero la capacità della resina di impregnare la particella inclusa risultano molto elevate, sicuramente superiori alla resistenza della particella stessa.
La modalità di rottura prevalente nelle schiume sintattiche è dovuta alla rottura delle microsfere di vetro (figura 6.8.b) . Sottoposta ad una sollecitazione esterna la microsfera frantuma e lascia i propri frammenti all’interno della cavità. Modalità di rottura evidenziata in [11],[12], [13],[14]:
Figura 6.9 – Rottura di una microsfera di vetro, immagine tratta da [11]
Le modalità di rottura delle cenosfere, è strettamente correlato alla geometria della particella stessa, geometria che risulta definita dal diametro medio e dallo spessore della parete.
In [11], si indica come parametro fondamentale per descrivere la resistenza a compressione di una schiuma sintattica η, il rapporto tra il raggio interno ed esterno della microsfera, espresso dalla (6.1). Il comportamento del materiale risulta influenzato da questo parametro. Se η è circa uguale ad 1, la microsfera risulterà molto sottile, avvenuta la rottura della microsfera, rimarrà una cavità ellittica, caratterizzata da un certo coefficiente di concentrazione delle tensioni [11]. Se η è piccolo l’inclusione microsferica, si comporterà in maniera molto simile ad una particella solida sferica, quando la microsfera si romperà, i pezzi di materiale costituente l’inclusione occuperanno un volume maggiore, e quindi in questo caso nell’intorno della cavità bisognerà valutare lo stato di tensione generato dall’effettivo aumento di volume. In funzione di η si possono scrivere il volume occupato dalla microsfera Vo (6.2), e il volume effettivo della microsfera cava Vm (6.3). O I r r = η (6.1) 3 3 4 O r Vo= π (6.2)
(
3 31 3 4π −η = rO)
Vm (6.3)Considerando un fattore di impacchettamento di 1/0.64 [11], la (6.3) diventa: 3
(
1 3)
3 4 64 . 0 1 π η − = rO VmSecondo [11], il volume occupato dai frammenti del materiale può essere espresso dalla (6.4):
=6.54 3
(
1−η3)
O
r
Ve (6.4)
Il comportamento del materiale dipende quindi dal rapporto Vo/Ve, che sarà funzione solo del rapporto tra raggio interno e raggio esterno della sfera:
(
1)
1 0.71 0.64 1 1 ⇒ − 3 ≤ ⇒ > ≤ η η Vo VeSe il rapporto tra i raggi η > 0.71 si formerà una cavità ellittica, e si può valutare l’effettivo stato di tensione calcolando il valore del coefficiente di concentrazione delle tensioni, provocato dall’apertura della cricca ellittica.
Se il rapporto tra i raggi η< 0.71 l’inclusione microsferica, si comporterà in maniera molto simile ad una particella solida sferica e bisognerà considerare lo stato di tensione generato dal l’aumento di volume.
Una caratterizzazione più completa della resistenza di una schiuma sintattica è stata proposta in [6], applicando a livello macroscopico il criterio di resistenza di Drucker – Prager
Il criterio di resistenza viene applicato nel caso di uno stato piano di tensione, e calibrato tramite prove sperimentali di trazione e compressione monoassiale e compressione biassiale, quest’ultima realizzata sulla base delle modalità di prova sui cementi. L’equazione che descrive la superficie di snervamento è dato in funzione di due parametri K e ϕ, e dipende dagli invarianti della componente idrostatica e deviatorica del tensore di Cauchy, J1,J2,J3.
Riportando direttamente dal testo in questione [8], espressioni (6.5),(6.6):
(6.6)
Dove si è indicato:
b(εp): è una funzione che tiene conto delle deformazioni plastiche e del conseguente strain hardening.
fc: valore medio della resistenza a compressione uniassiale, misurata sperimentalmente ft: valore medio della resistenza a trazione uniassiale
fbc: valore medio della resistenza a compressione biassiale
Il valore di b è ricavato dalla prova di compressione, avendo il valore di fc e ponendo f = 0 si ottiene (6.7):
(6.7)
E in definitiva si ottiene l’espressione dei parametri K,ϕ (6) e la conseguente curva di resistenza (Figura 6.9):
(6.8)