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Storia del Parco Urbano
3.1. Definizione e Tematiche
“…nel giardino si libera la forza della vita in vista della creazione come creatività. […] il tema non è il paradiso perduto ma il paradiso da fare, e il modello è il giardino degli dei, simbolo di vita, di vita concreta”22.Questa è l’idea posta alla base della progettazione del giardino, uno “specchio” della vita sociale e individuale e al tempo stesso “recinto protetto” nel quale si può percepire la benevolenza del mondo; in esso convergono sia la creatività, che l’immagine del luogo nel quale si libera la forza della vita in vista della creazione: il giardino è al tempo stesso, espressione ed effetto della creatività23.
Arriviamo quindi alla definizione di Parco urbano: un manifesto recente di una nuova tipologia di giardino che celebra il suo essere urbano. Le tematiche sollevate sono però del tutto nuove rispetto a quelle del giardino in senso classico: l’aspetto normativo ad esempio, ma anche la tecnologia, la funzionalità e infine l’aspetto della valorizzazione e/o conflitto tra natura e città. Lento è stato il processo che ci ha permesso di arrivare a questa definizione (spesso discussa) e alle relative tematiche e aspetti legati alla progettazione del parco. Per una migliore comprensione è necessario partire dalle sue origini, dalle ragioni della sua nascita e dalle necessità che hanno portato tale manufatto ha essersi reso protagonista nello scenario urbano. La storia del parco urbano inizia a metà del XIX secolo e può essere suddivisa in tre periodi. La fase iniziale, che prende il via dagli interventi del prefetto Haussmann nella città di Parigi, nella quale viene definito il ruolo del parco e di come influenzi l’urbanistica della città. In seguito viene poi posto l’accento sull’evoluzione tipologica e dello stile e sul nuovo ruolo di oggetto di consumo sociale. Infine l’ultima fase, identifica il rapporto tra aspetto formale e metaforico e di come il verde diventi elemento di riqualificazione della città. 22 M. VENTURI FERRIOLO, Nel grembo della vita, Guerini, Milano, 1989, p.18 23 CERAMI G., Il giardino e la città, Laterza, Bari, 1996, p.X.
Pagina | 46 Importante è poi il caso del parco de la Villette a Parigi che ha segnato la storia evolutiva del parco come uno spartiacque. Prima di esso infatti, a partire dagli interventi dell’ Haussmann il parco ha avuto una riproposizione seriale di schemi, che ha lo portato a svuotarsi di forma e significato, assimilandolo solo a un connettivo di attività. A partire da la Villette invece, c’è stata una rivalutazione del suo ruolo e una sua ridefinizione. Il Parco si trasforma in un condensatore di scambi interpersonali e assume il potere di creare veri e propri centri di dimensione locale, nazionale o internazionale.
Nasce così il progetto contemporaneo del verde che vede come obbiettivo la riorganizzazione della città attraverso il recupero (di un senso, ordine o regola), evidenziando la propria volontà di confrontarsi con il territorio nel quale esso vive. La ricerca non va più in una sola direzione e numerose strade si aprono alla composizione.
3.2. Evoluzione del Parco
3.2.1. Il Secolo dei Parchi
E’ nella Parigi del XIX che prende corpo l’idea del Parco pubblico di città. Fino ad allora infatti gli spazi verdi erano privati e quasi esclusivamente di proprietà della casa reale o della nobiltà. Questi, in alcune occasioni, potevano renderne libero l’accesso alla popolazione o a una parte di essa.
Il prefetto Haussmann all’interno di un vasto riammodernamento della città di Parigi, istituisce vasti spazi verdi aperti alla popolazione, senza distinzione di classe, età o mestiere. Un profondo cambiamento quindi, che oltre ad avere un forte impatto sociale è destinato a incidere fortemente sulla definizione di urbanistica. Definizione che non può più solo riguardare la città di pietra, ma che deve necessariamente prendere atto degli spazi verdi come parte integrante di essa. Il verde è infatti sentito, nello scenario della rivoluzione industriale, come uno strumento di risanamento e di miglioramento, che può mitigare il caos delle città moderne ormai metropoli industriali sfuggite al controllo.
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Pagina | 47 Il verde urbano diviene nuova infrastruttura necessaria al fabbisogno della città,
proprio come le strade, l’illuminazione e i servizi.
Le funzioni della città vengono modernizzate in funzione delle nuove necessità materiali.
Vengono reinterpretate le consolidate tradizioni culturali e le normative (come l’introduzione dell’esproprio per pubblica utilità).
Si cerca di dare una nuova immagine della città e della società del tempo.
I rapporti tra poteri politico‐amministrativi e poteri tecnici vengono ridefiniti, attribuendo a questi ultimi maggiore autonomia.
Per quanto riguarda gli interventi di verde a Parigi viene redatto un progetto generale che prevede un sistema a diversi livelli: i parchi periferici, i parchi interurbani, gli square, i giardini e le promenade, le piazze alberate e i filari di alberi.
La composizione del verde parigino “segue gli edifici stradali con le alberature, rivolge le piccole piazze in giardini di gusto e di bellezza insuperabile, distribuisce graziose fontanelle qui e là, e le circonda di fiori, presenta all’occhio del più povero lavoratore ogni intanto della vegetazione; gli porta aria pura, e incide in maniera diretta ed effettiva sulla ricreazione e il benessere del popolo”24. Una dei primi grandi progetti a essere avviato riguarda la trasformazione in parco urbano del Bois de Boulogne, l’operazione viene decisa direttamente dall’imperatore. L’area fa parte del bosco di Saint‐Cloid, ultimo frammento di un’antica foresta nella quale sono state edificate una piccola chiesa, delle piccole residenze reali per la caccia e un’abbazia. Gli interventi partono dalla definizione della viabilità, decidendo per l’eliminazione completa del vecchio impianto ad assi viari: le alleés (Figura 3‐1). Si progettano due laghi, delle strade ad essi perimetrali e una collinetta panoramica con i terreni di riporto. Dal 1855 gli interventi al Bois vengono potenziati. Per recuperare i fondi viene creato un ippodromo, e l’area totale è essere estesa fino a raggiungere le antiche fortificazioni ad ovest e la Senna a nord.
Viene aggiunto un sistema idrico di alimentazione‐smaltimento ai laghi, una rete di ruscelli e una cascate oltre a una stesa di vasti prati intorno agli specchi d’acqua. Si realizzano poi grotte e chalet oltre a consistenti interventi di rimboschimento che riguardarono le isole nei
24
Pagina | 48 laghi, le bordature dei corsi d’acqua e delle cascate, gli ingressi al parco e le alberature lungo le strade25.
Il sistema viario viene articolato in strade principali (larghe venti metri, di cui cinque destinati a trottoirs laterali) e strade secondarie (di sette o dieci metri) infine i sentieri in terra battuta sono destinati al solo traffico pedonale. Al posto delle antiche alleés rettilinee la nuova viabilità è configurata secondo un sistema a serpentines pavimentate per le carrozze o con sabbia e ghiaia per i cavalli. I percorsi preesistenti vengono quindi tutti modificati, da rettilinei a sinuosi in modo da poter descrivere ampie curve (Figura 3‐2).
Il sistema idrografico si configura attorno ai due laghi principali, le cui acque in eccesso alimentano i canali diretti nelle parti più pittoresche del Bois, creando cascate e scenari acquatici suggestivi per poi raggiungere la Senna. Rupi artificiali, grotte e giardini floristici completarono lo scenario del parco.
Le aree marginali rispetto al bosco sono cedute ai privati per poter essere edificate, ma con il vincolo di conservare una fascia a verde per una profondità di dieci metri. La proprietà deve essere cinta da una cancellata in ferro con diciassette ingressi e posti di guardia, illuminata da lampioni a gas (Figura 3‐4).
Ma la caratteristica più innovativa del Bois de Boulogne è costituita dall’insieme di attività che vengono predisposte per il gioco e lo svago. Una serie di strutture quindi, a prevalente gestione privata, regolate da concessioni da parte del Comune di Parigi, come il Pré Catalan che ospitava una sala da concerti, due teatri di cui uno coperto e uno all’aperto e sale per la ristorazioni (Figura 3‐3). Altri manufatti del Parco sono poi l’Ippodromo, l’impianto di pattinaggio sul ghiaccio, il giardino zoologico, l’acquario e una fabbrica di ghiaccio.
Da un paesaggio degradato e distrutto nasce quindi uno dei più bei parchi del secolo e soprattutto il primo vero parco urbano in Europa. 25 Cfr. CERAMI G., Il giardino e la città, Laterza, Bari, 1996, p.28‐29.
Figura 3‐1 P Figura 3‐2 P Figura 3‐3 T Planimetria de Planimetria de Teatro dei fiori el Bois de Boul el Bois de Boul ri al Pré Catala logne prima d logne risistem an. Figura dell’intervento mato nel XIX se a 3‐4 Cancella Cap. 3: o. ecolo. ate di ingresso : Storia del Pa o al Parco. Parco Urbano Pagina | 49 o 9
Pagina | 50 Con queste esperienze accumulate in mezzo secolo di interventi la Francia diviene una delle nazioni guida del rinnovamento urbano e dello sviluppo del parco i Europa.
Non va però trascurata l’influenza del “giardino inglese” e della tradizione paesaggistica anglosassone che hanno contribuito a sollevare nuove tematiche e aspetti legati alla progettazione del verde e del paesaggio. Il principio dominante del paesaggismo inglese risiede nel fatto che il progetto del giardino deve trarre le proprie regole da quelle della natura e soprattutto dalla “naturalità” del paesaggio originario. La linea naturale, curva ed organica, viene quindi proposta già dai primi teorici del paesaggismo anglosassone come William Temple26.
Per i parchi francesi invece, si nota una profonda differenza. Il linguaggio è certo simile a quello inglese così come il vocabolario tuttavia la filosofia viene rovesciata, in quanto la natura dei luoghi non viene assecondata, ma “inventata” utilizzando varie tecniche: il giardinaggio, l’agronomia, l’ingegneria e l’edilizia. Viene quindi creata una costruzione, una “macchina”, il cui scopo è di rendere piacevole la vita della città. Le “inglesi” sequenze sceniche naturali, lasciano il posto a un percorso di fruizione di attrezzature cittadine e dunque a una sequenza di impianti‐evento per lo spettacolo, per la cultura, il gioco e la ristorazione. Nei nuovi parchi parigini è ancora la città e non la natura che si manifesta, se pur con materiali “naturali”. Nei parchi inglesi è invece la natura che, protagonista, si contrappone all’artificio della città, ponendosi come rimedio, consolazione e rifugio da essa. La successiva mutazione del parco a cui si assiste è rivolta a un miglioramento delle qualità estetiche, e uno dei personaggi che affronta tale studio è lo scozzese John Claudius Loudon. Egli afferma l’importanza di trasformare i giardini pubblici in luoghi di miglioramento culturale e comportamentale per un’ampia fascia di pubblico. L’obiettivo è “to disseminate new and important information on all topics connected with horticulture, and to raise the intellect and the character of those engaged in this art”27. Da lui viene creato lo stile
Gardenesque ovvero il rifiuto del facsmile della natura, che si traduceva con impianti dotati di assoluta chiarezza e regolarità. E’ il caso per esempio de l’Arboretum a Derby, dove i viali
26 Cfr W. TEMPLE, L’origine cinese di un romanticismo, L’albero della conoscenza, Il Mulino, Bologna, 1982. 27 LOUDON J. C., Remarks on laying out public gardens and promenades, in “The Gardener’s Magazine” XI (1835), pp.644‐659.
Cap. 3: Storia del Parco Urbano
Pagina | 51 rettilinei e a croce insieme all’anello esterno, dominano la composizione28. A questi è affidato il compito di guidare lo sguardo, i movimenti e le sensazioni del pubblico proprio come in un museo si attraversano in sequenza le sale.
Si apre così lo scontro sulla reintroduzione o meno dei viali rettilinei che affiancano o sostituiscono completamente quelli sinuosi. Il prezzo era la leggibilità o meno dei percorsi imposti e di conseguenza il tema del controllo sul pubblico. Se infatti la libertà dei parchi inglesi si è rivelata solo perché garantita dalle rigide differenze di classi della società, la rinuncia ad ogni limitazione, agognata dalla democratizzazione del parco, resuscita il fantasma della “linea dritta” e quindi degli oppressivi “giardini regolari” che operano un controllo sulla popolazione. Nasce dunque la questione sulla legittimità per lo stato di operare questa supervisione sui cittadini.
Un esempio di questa tendenza è il Victoria Park di Londra (Figura 3‐5).
Presenta una forma irregolare oblunga, a fagiolo, ed è delimitato da strade e canali. Il progetto redatto in prima battuta da Pennethorne è davvero povero dal punto di vista compositivo: un’unica grande area a prato con alcuni gruppi di alberi, circondata dall’ormai classico parkdrive per il passeggio in carrozza e attraversata da due strade pubbliche, qualche sentiero pedonale e niente più. Nel corso della realizzazione, attivata a partire dal 1842, vengono apportate alcune modifiche per arricchire l’organizzazione spaziale. C’è la previsione di due laghetti, di cui ne viene inizialmente realizzato solo uno, la rete dei percorsi è più articolata con tratti rettilinei e nodi a croce, alla parte occidentale viene dato un carattere di area boscata. Aperto nel 1845, il Victoria Park, destinato a diventare in assoluto il parco più popolare tra i londinesi, scatena accese critiche per la sua estetica dimessa. Negli anni successivi, vengono attuati alcuni interventi di miglioramento, sollecitati dalla cittadinanza e dallo stesso progettista. Grande successo è l’inserimento del secondo lago, con funzione altamente ricreativa e igienica: come bagno pubblico e spazio destinato al nuoto, ma solo per gli uomini29 (Figura 3‐6). Ecco dunque il parco come luogo di educazione e miglioramento delle masse. 28 PANZINI F., Per i piaceri del popolo. L’evoluzione del giardino pubblico in Europa dalle origini al XX secolo, Zanichelli, Bologna, 1993, pp.152‐153. 29 LAMBERTNI A., Fare parchi urbani: etiche ed estetiche del progetto contemporaneo in Europa, a.a. 2004‐05, Università degli Studi di Firenze, pp.59‐60
Pagina | 52 Figura 3‐5 Il Victoria Park di Londra in una pianta del 1841. Figura 3‐6 Il lago dei bagni del Victoria Park di Londra. Figura 3‐7 Il Friedrich‐Wilhelms garten
Il Parco europeo deve però far fronte a un’altra necessità voluta dalle istituzioni, ovvero il bisogno dell’ “impulso monumentale”30 che vorrebbe fare di Londra, Parigi e Berlino il simbolo dell’identità della nazione e del progresso raggiunto. Luoghi quindi di ammodernamento, ma allo stesso tempo di memoria e radici contro l’inarrestabile processo della modernità. Il parco pubblico sospeso tra celebrazione e rifugio dell’urbanità, raccoglie questi temi cercando di diffonderli attraverso i suoi canali preferenziali: soddisfacimento dei bisogni e delle emozioni. 30 OLSEN D.J., La città come opera d’arte (trad. it)., Milano, 1987, p.23.
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Pagina | 53 Sulla scia di questo filone i Volksgarten tedeschi si caricano di una speciale dimensione epica. Nel 1824 viene realizzato il Friedrich‐Wilhelms garten (Figura 3‐7), un impianto distribuito attorno a un viale, nel quale prevalgono le radure e le distese erbose destinate a favorire gli incontri e la vita sociale. Sulla sommità della collina Kloster Berge è previsto un ambiente comune da cui godere il panorama della città e del giardino. Lo stile tedesco si distingue per la fusione del modello a viali rettilinei con l’intricata struttura paesistica, due strutture formali quindi sovrapposte. Più tardi nel 1846‐‘47 viene costruito il Friedrichshain progettato da Meyer con il tentativo di attenuare la dimensione epica dei primi parchi. La struttura è doppia, sia naturalistica che formale che consente di far convivere tra loro, la grande passeggiata sociale, il libero passeggio individuale e le attrezzature sportive. Si va dunque verso un’ibridazione degli stili, uno spazio sospeso tra il tempo eroico del mondo classico e quello epico delle foreste tedesche31.
Altro personaggio di spicco è Edoard Andrè, paesaggista francese che ebbe modo di lavorare in varie occasioni fuori dai confini nazionali. Il successo dell’estetica dei parchi parigini lo porta a lavorare anche nella patria del parco paesaggistico: l’Inghilterra.
Nel 1867 progetta per la città di Liverpool il Sefton Park (Figura 3‐8), di 156 ettari, realizzato nel 1872, che figura nel repertorio di progetti pubblicati del suo trattato. La descrizione stringata informa: “parco pubblico di grandi dimensioni, creato su un terreno attraversato da due vallette e occupato in origine da un appezzamento agricolo. Torrenti e laghi creati artificialmente; preponderanza di nuove piantagioni”32. Tutto attorno al parco si snoda la fascia di lotti immobiliari: il parco fa parte della strategia imprenditoriale di rendita. All’interno, come enumera la fitta legenda, sono concentrate aree funzionali e ricreative, vari arredi da giardino, ristorante e museo33.
31 Cfr. CERAMI G., Il giardino e la città, Laterza, Bari, 1996, p.70. 32 EDOARD ANDRE, Traitè Général de la Composition des Parcs et Jardins, Laffitte, Paris, 1879. Ristampa. Planche VIII.p.145 33 Cfr EDOARD ANDRE, op.cit., p.150.
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Figura 3‐8: Vista aerea del Sefton Park di Liverpool
3.2.2. Il Parco moderno
Con il dibattito acceso tra le varie interpretazioni di giardino come metafora del rapporto tra arte e natura, tra spazio artificiale e spazio naturale e tra città e non città34 si giunge all’idea “moderna” di giardino. La nuova idea sta nell’interpretazione del giardino come contemplazione della perfezione della natura, cioè del “valore estetico della natura solo quando interpretata dall’arte”35. La contrapposizione tra atteggiamento romantico e moderno si fa netta perché quest’ultimo ribalta le posizioni del vecchio paesaggismo affermando che non è la natura a dettare le regole dell’arte, ma è l’arte stessa a dettare le regole alla natura. Inizialmente la modernità si identifica con il razionalismo e quindi con la piena fiducia illuministica nella ragione progettuale rifiutando le singole individualità (al contrario del Post‐Modernismo).La ventata di modernità crea, se vogliamo trovare una classificazione, tre nuovi filoni stilistici.
Il parco legato alla città razionale in cui il verde è lo sfondo della scena urbana e ne rappresenta una sua funzione. 34 Cfr. CERAMI G., Il giardino e la città, Laterza, Bari, 1996, p.150. 35 Cfr. CERAMI G., Il giardino e la città, Laterza, Bari, 1996, p.152
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Cap. 3: Storia del Parco Urbano
Pagina | 57 L’ideologia del Garden Movement di origine anglosassone invece, pone alla sua base il rifiuto della città moderna a favore di un sogno ruralista di stampo sia tradizionale che innovativo. La costruzione urbana viene messa in secondo piano rispetto al verde e la natura diviene struttura della città stessa. Un esempio sono le new towns inglesi come Letchworth.
Al filone sperimentale viene dato il via all’Esposizione delle Arti Decorative di Parigi del 1925. In questa occasione si assiste alla creazione istantanea di due giardini servendosi di materiali e lessico assolutamente nuovi. Da qui partirono una serie di sperimentazioni tutte volte a un ribaltamento del giardino in senso tradizionale ma ugualmente legati a esso da alcune caratteristiche. Innanzitutto la tendenza è quella di usare materiali non naturali, il che denota un superamento della contrapposizione città‐pietra e giardino‐natura. Compositivamente poi, si arriva a una prevalenza delle linee rette piuttosto che ondulate, delle simmetrie e delle contrapposizioni tra i colori. Infine si raggiunge il riconoscimento della pluralità dei punti di vista e rinunciando al controllo sull’osservatore si accetta una sua libertà di fruizione e percezione personale dell’opera.
Barragan, architetto e ingegnere messicano, fa uso di pochi elementi costruiti come il muro, il velo d’acqua, la pavimentazione scabra, un recinto, una croce... contrapponendoli ad ambienti naturali ricchi di forza. Il risultato è un messaggio di grande profondità che volge l’attenzione sul significato di Modernità, intesa come possibilità di guardare dentro di sé modernamente36. La sensibilità diviene tattile, quasi superiore rispetto a quella visiva e i gesti del comporre si fanno assoluti e totalmente autonomi per corrispondenze emotive. L’esperienza di Burle Marx invece, si presenta festosa basata sul gioco dei colori e utilizzando un enorme quantità di essenze. L’attività creativa per Burle Marx si intreccia sempre con l’intento pedagogico inteso come mezzo di consapevolezza dell’esistenza autentica dell’uomo e del significato del vivere, il giardino diviene luogo di rispetto e di coesistenza tra le varie specie e per l’altro. 36 CERAMI G., Il giardino e la città, Laterza, Bari, 1996, p.167
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Figura 3‐12 San Cristobal Stables and Folk Egerstrom House, Mexico City, 1967‐‘68 Figura 3‐13 Lovers Fountain, Mexico City, 1964.
Figura 3‐14 Roberto Burle Marx, Festival jardins Chaumont‐sur‐Loire, 2005 Figura 3‐15 Roberto Burle Marx, Giardino
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3.2.3. La svolta contemporanea
Il razionalismo aveva portato a una riduzione della progettazione del verde ai soli aspetti funzionali e di destinazione d’uso sminuendo, col passare degli anni sempre più, la ricerca formale. La situazione, a parte le rare eccezioni degli sperimentalismi, rimane immutata fino agli anni ’80‐’90 dove si è cominciato ad assistere a una ripresa dell’approccio formale e al significato del parco urbano come elemento della città e come metafora di questa. La rivalutazione della città e della cultura urbana ha dato luogo a nuove riflessioni sul rapporto tra parco e città. Nasce la concezione dello sviluppo urbano come “riqualificazione” e la tematica ecologica ‐ ambientale diviene protagonista. Ci si rende conto che alcune definizioni hanno perso di significato come lo stesso termine “città” e alcune convinzioni appaiono ormai sorpassate: la non esaustività della classificazione tradizionale (città storica, città diffusa, città consolidata), il superamento degli schemi gerarchici (centro‐periferia, città‐campagna, interno ‐ esterno), la necessità di pensare in termini di “rete di città globali” e “sistemi locali” e l’importanza della relazione tra cittadino e città.
I risultati di questa nuova consapevolezza portano a un processo di “frantumazione” della realtà urbana e quindi a una moltiplicazione di nuovi centri a scala locale e alcuni a scala internazionale. Uno di questi è il Parco de la Villette di Parigi (1986) costruito al margine della città. In esso si concentrano nuove concezioni, come la perdita della nozione di centralità a favore del concetto di città come “mosaico di differenze locali” e la negazione di parco come rifugio dalla cruda realtà urbana per farne, al contrario, una celebrazione della condizione urbana contemporanea. Anche compositivamente il progetto è innovativo, viene utilizzata la tecnica della scomposizione delle funzioni e delle forme, il sistema è definito tramite griglie elementari autonome (Figura 3‐16, Figura 3‐17). E’ proprio attraverso la griglia quadrangolare che vengono a caratterizzarsi gli elementi più singolari del parco: le folies,
emergenze architettoniche rosse che divengono punti di riferimento nel parco concepite attraverso la decomposizione di volumi. Altro elemento innovativo è poi l’assenza di percorsi stabiliti, ogni fruitore può individuare il proprio all’interno del parco dove gli unici riferimenti sono dati dalle folies. La presenza poi delle strutture quali: la città della musica, il Museo delle Scienze e la Géode, contribuiscono a rendere il parco particolarmente adatto ad essere
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