• Non ci sono risultati.

Capitolo Secondo I settori della corruzione giornalistica

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Capitolo Secondo I settori della corruzione giornalistica"

Copied!
28
0
0

Testo completo

(1)

Capitolo Secondo

I settori della corruzione giornalistica

2.1

Introduzione

Le possibilità di corrompere i giornalisti sono molteplici e possono mutare a seconda della specifica connotazione dei settori verso cui si indirizza l’informazione giornalistica. Esistono però almeno tre campi in cui la corruzione giornalistica è più probabile, ovvero:

1) Il giornalismo economico, a causa delle molteplici relazioni del giornalista con aziende e mercati finanziari;

2) Il giornalismo politico, per le quotidiane e continue pressioni ed ingerenze del pianeta politico

3) Il giornalismo sportivo, a causa delle molteplici commistioni tra mondo sportivo ed economico.

L’aspetto centrale dell’ informazione all’interno del mercato (economico e politico) è stato ed è oggetto di un dibattito che attraversa l’economia politica e la scienza politica, soprattutto

(2)

all’interno del filone teorico neo−istituzionalista.1 All’interno del mercato politico ed economico la funzione informativa dei giornalisti assume un duplice ruolo, rispettivamente verticale ed orizzontale: verticale, in quanto l’informazione regola un corretto funzionamento del rapporto tra Stato e cittadino all’interno del mercato politico; orizzontale, in quanto l’informazione permette ed incentiva gli scambi all’interno di un mercato economico. La stabilità ed il buon rendimento di un sistema di mercato o di un sistema politico è largamente incentrata sulla qualità dell’informazione.

«L’incertezza sui profili qualitativi dei beni e dei servizi è un serio fattore d’inefficienza che, accrescendo i costi dell’interazione sociale, può minare il corretto funzionamento dei mercati. La presenza di meccanismi e mezzi di comunicazione efficaci, pluralisti, imparziali e concorrenziali è d’importanza cruciale per trasmettere notizie affidabili ai diversi attori economici e sociali, tra cui consumatori, imprenditori, investitori. Le informazioni così trasmesse costituiscono

segnali utilizzabili dagli individui per orientare le loro scelte di

mercato, nelle transazioni internazionali così come in quelle domestiche. Si riducono infatti i rischi degli scambi, a seguito della maggiore efficacia degli effetti di reputazione e degli altri meccanismi formali e informali di applicazione delle sanzioni.» [Vannucci e Cubeddu, 2006]

Il grado di obiettività e di qualità dei mezzi di comunicazione aumenta sensibilmente la possibilità da parte dello stato di coinvolgere

1 Le teorie neo istituzionaliste rappresentano un corpus teorico di origine interdisciplinare. Esse attingono all’economia politica, alla sociologia, alla scienza politica. Considerando le teorie riconducibili al filone economico possiamo menzionare la teoria della public choice, la teoria dei costi di transazione, l’economia politica costituzionale, la teoria dei giochi, le teorie dell’agenzia, l’economia dell’informazione. Per un approfondimento si veda VANNUCCI, Governare

(3)

i cittadini nel processo decisionali, oltre a rendere l’attuazione di politiche pubbliche maggiormente condivise dai cittadini, contribuendo ad abbattere i costi derivanti da un sistema farraginoso e poco trasparente. In altre parole la corruzione dei giornalisti non solo è una violazione della deontologia professionale, una macchia, per così dire, nel curriculum del giornalista, ma va ad intaccare la fiducia dei cittadini nei confronti dello stato ed ostacola il corretto funzionamento dei mercati economici.

In questo capitolo verranno analizzati alcuni aspetti della corruzione nei campi giornalistici citati , specificando in concreto le metodologie di corruzione, evidenziando quali sono i campi più sensibili alla deformazione dei rapporti contrattuali principale−agente, presentando nel concreto i protagonisti dello scambio corrotto. Verrà inoltre dato uno sguardo a ciò che succede in Italia nel campo della trasparenza del giornalismo, ponendo l’accento su alcune caratteristiche peculiari del giornalismo italiano.

2.2

Il giornalismo economico

Un settore particolarmente interessato da attriti tra la funzione degli intermediari dell’informazione e gli interessi privati delle aziende e degli operatori economici è il giornalismo economico. Quotidianamente i giornalisti sono a contatto con notizie spesso molto riservate, la cui diffusione potrebbe causare l’instabilità del mercato borsistico o creare danni d’immagine alle aziende. In questo particolare campo non è difficile riconoscere il fenomeno della corruzione dei giornalisti. Qui il potere economico in molti casi

(4)

influenza la diffusione di notizie verso il grande pubblico, verso gli operatori, verso lo Stato. In questo campo il giornalista riveste un ruolo fondamentale sia di garante nei confronti del pubblico, sia di intermediario non solo verso i lettori, ma anche tra le aziende e verso lo Stato. Le problematiche richiamate sono affrontate dall’accesissimo dibattito sulla deontologia del giornalismo economico. In particolare dopo i grandi scandali borsistici dei fallimenti di Cirio e Parmalat, l’ordine dei giornalisti ha deciso di produrre una carta dei doveri ad hoc per i professionisti dell’informazione economica. Come ricorda Razzante: «gli scandali Cirio e Parmalat sono scoppiati anche per le omissioni e la carenza di informazioni corrette e trasparenti. I risparmiatori e gli utenti non sono stati messi nelle condizioni di valutare con accuratezza il dissesto di quelle aziende e quindi l’andamento delle quotazioni in borsa è stato indubbiamente alterato» [Razzante, 2005]. Il mercato è particolarmente sensibile alla qualità d’informazione tra e verso i cittadini consumatori, ed un’informazione poco trasparente contribuisce al malfunzionamento, o almeno, al non raggiungimento di un funzionamento ottimale. Per il giornalista economico insomma è fondamentale l’indipendenza dai poteri economici: «Affinché le ricadute positive di un efficace sistema di comunicazione siano percepibili dai cittadini, in termini di più estesa e credibile informazione a sostegno alle transazioni di mercato, più efficace governance nelle scelte pubbliche, maggiore efficienza e rispondenza agli interessi pubblici dell’azione amministrativa, occorre però che si realizzino alcune condizioni». In particolare, «i media devono essere indipendenti, responsabili, e in grado di fornire informazioni rilevanti e di riflettere diverse visioni sociali». [Vannucci e Cubeddu 2006].

(5)

Proprio relativamente a questi temi nel 2005 è stata stilata la prima carta dei doveri dei giornalisti economici.

Oltre ad affrontare alcuni punti fondamentali, ma a dire il vero retorici, relativi agli obblighi informativi del giornalista nei confronti del suo pubblico, la carta contiene alcuni punti interessanti, che mettono a nudo una delle principali vie di corruzione del giornalista economico. La carta al punto numero 4 fa divieto ai giornalisti di cedere alle lusinghe largitiones questuosae [Razzante, 2005], ovvero a tutti i metodi subdoli e poco riconoscibili come pagamenti, rimborsi spese, elargizioni, vacanze gratuite, regali o facilitazioni, che possano offuscare l’obbiettività del giornalista. Questi metodi sono largamente usati dalle aziende per indurre i giornalisti, in maniera del tutto lecita e con difficoltà d’indagine da parte dell’ordine (in Italia) o da altri organismi preposti, a commentare un prodotto o un’azione in maniera favorevole all’azienda, spesso distogliendo il giornalista da un commento neutrale ed obiettivo.

Per fare un esempio pratico è utile riportare la storia di alcuni giornalisti economici italiani, pubblicata da Aduc2 nel Novembre del 2006, che risulta essere emblematica:

« Nei giorni scorsi, Azimut ha mandato inviti ai giornalisti per presentare i dati della trimestrale approvata il giorno 13 e la propri visione dei mercati. Da venerdi 17 a lunedi 20 a Dubai (Emirati Arabi Uniti), tutto pagato per il giornalista più un accompagnatore a sua scelta. E dopo un week end a Dubai tutto pagato, cosa potrà scrivere il giornalista su Azimut? Il presidente dell'ordine dei giornalisti della Lombardia, Franco Abruzzo, ha scritto a tutti i

2 Aduc investire informati è un sito internet d’informazione economica a favore ed a supporto dei risparmiatori, che osserva il mercato degli investimenti in borsa.

(6)

direttori di testata ricordando che ai giornalisti e' espressamente vietato accettare proposte del genere: articolo 4 del Codice della Stampa Economica. Nel programma, che alleghiamo, si può constatare come soltanto la serata di sabato 18 sia dedicata all'incontro della società coi giornalisti, mentre tutto il resto del tempo viene impiegato in visite guidate, escursioni in automobile, gite a bordo di jeep e motoscafo, cocktail serali sulle dune, bagni di sole sulla spiaggia. Anche sull'hotel la società non ha certo risparmiato: un bel 5 stelle di lusso http://www.jumeirahbeachhotel.com. E pure il viaggio aereo, trattandosi degli Emirati Arabi, non sarà certo costato poco. Tutto ciò è stato pagato ai giornalisti ed ai loro accompagnatori da Azimut. Ci risulta, tra l'altro, che non sia il primo "viaggio di lavoro" all'estero che Azimut organizza. Il presidente dell'ordine dei giornalisti della Lombardia ha più di una ragione da vendere, insomma, e noi non possiamo non far notare ai nostri lettori come i media siano influenzabili, oltre che tramite le inserzioni pubblicitarie, anche con iniziative del genere».3

Il caso in esempio mette in luce quanto sostenuto dall’Ordine nella carta riguardo alle possibilità di corrompere un giornalista. L’azienda, protagonista del fatto, pur non intrattenendo rapporti né manifestando alcuna richiesta nei confronti dei giornalisti, organizza un viaggio a scopo di far loro pressione affinché pubblicizzino positivamente un prodotto. Azimut non sborsa denaro al giornalista, ma lo mette in condizioni di non poter parlare male del prodotto. In questo caso entrambe le parti non commettono alcun reato. La carta sottolinea e

3Articolo pubblicato su

(7)

prende in esami proprio questi casi di “seduzione”, ma è evidente come un semplice richiamo deontologico non possa prevenire l’utilizzo di queste pratiche al confine della liceità.

Oltre alle aziende il giornalista deve “temere” anche il suo editore/imprenditore, proprio perché la quasi totalità dei giornali è in mano a grandi gruppi industriali [Mucchetti, 2005]. Basti pensare all’assetto proprietario del più diffuso quotidiano italiano, ovvero il Corriere della sera: ad oggi esso è in mano e completamente gestito da un “un patto tra i sindacati, banche ed industriali” [Mucchetti, 2005].

La carta deontologica del giornalista economico al punto 6 affronta il problema cruciale della trasparenza della proprietà editoriale del giornale. Come si è visto nel primo capitolo l’editore è uno dei possibili “falsi principali” del giornalista, in grado di sviarlo dalle sue responsabilità verso il cittadino lettore. « Il direttore del giornale deve informare in modo esauriente il lettore circa gli interessi in gioco nelle vicende economiche della proprietà.» 4 Il giornalista ha

dunque l’obbligo di informare il lettore delle problematiche derivanti dagli assetti societari dell’editore, mettendo a conoscenza il pubblico dei possibili risvolti di carattere economico e politico che potrebbero essere utili ai lettori.

L’Italia si distingue dagli altri paesi europei per un’altissima concentrazione della proprietà editoriale nelle mani di pochissime, ma vaste, cordate, spesso di natura familiare ed appartenenti al mondo dell’alta finanza. La concorrenza nel mercato dell’informazione italiana è tra le più basse a livello europeo, tanto che Feedom House nel suo rapporto annuale sul grado di libertà di stampa nei paesi

(8)

europei ha classificato, unica tra le democrazie prese in esame, la stampa come parzialmente libera (vedi figura 1)5

Fig. 1. Evoluzione dell'indice sulla libertà dei mezzi di comunicazione (fonte: tratto da the Freedom Press, 2005, cit. Vannucci e Cubeddu 2006

0 5 10 15 20 25 30 35 40 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 p iù l ib e rt à m e n o l ib e rt à

Canada Francia Germania Italia

Giappone Gran Bretagna Stati Uniti

La collocazione dell’Italia nella categoria di paesi a stampa parzialmente libera è giustificato dal forte controllo che il Primo Ministro italiano nell’anno 2005, ovvero Silvio Berlusconi, aveva attraverso le holding di famiglia sul mercato televisivo e della stampa. L’ordine dei giornalisti ha avvertito dunque il bisogno di invitare i giornalisti a denunciare, o quantomeno a rendere partecipi, i cittadini lettori degli assetti economici delle aziende editoriali.

Krugman6 [2003] ha stilato una classifica di 66 paesi, in base al grado di indipendenza dei media dalle commistioni con politica, economia e pubblicit

(9)

La tabella sopra riportata (Tab 1) indica alcune variabili attraverso le quali è possibile valutare il grado d’indipendenza dei sistemi informativi dei singoli paesi. Kruckberg ha messo in relazione alcuni parametri di 66 stati, attribuendo punteggi compresi tra 0 e 5, ovvero variabili come: la percezione ed il livello di legalità, l’educazione professionale al giornalismo, il grado di alfabetizzazione e il grado di concorrenza. L’Italia occupa il settimo posto, penultima tra i paesi Europei, seguita solamente da Spagna e Francia. I paesi con il più alto punteggio (Finlandia e Danimarca) rappresentano i sistemi che più sono impermeabili alle pressioni dei potentati economici e

6 Il rapporto steso da Kruckberg (2003) ha preso in considerazione 66 paesi e li ha classificati secondo alcune variabili (grado di alfabetizzazione, senso civico, grado di percezione delle leggi, libertà d’informazione, percezione della corruzione) ritenute idonee a studiare il fenomeno della corruzione nel giornalismo, con particolare riferimento alla commistione tra pubblicità commerciale e giornalismo.

Paese

Autodeterm. Leggi Responsab. Perc. Alfab. Educaz Profess. Codici deontologici Stampa libera Concorrenza Punteggio tot Punteggio medio Posizione Finlandia 5 5 5 5 5 5 4 5 39 4.88 1 Danimarca 5 5 5 5 4 5 5 4 38 4.75 2 Nuova Zelanda 5 5 5 5 5 4 5 4 38 4.75 2 Svizzera 5 4 5 5 4 5 5 5 38 4.75 2 Germania 5 3 5 5 5 5 5 4 38 4.75 2 Islanda 5 5 5 5 3 4 5 5 37 4.63 3 Italia 5 1 5 5 5 5 4 2 32 4 7

TAB 1. Fonte: D. Krugman, Index Of Variables Related to the Likelihood of the existence

(10)

politici sulla copertura o manipolazione di notizie. In particolare spicca in Italia il punteggio più basso tra i 66 paesi presi in esame (1) nel campo della percezione delle leggi e nel grado di corruzione del sistema economico e politico

La diffusione di pratiche illecite di copertura giornalistica di notizie in realtà inutili e fuorvianti, create ad hoc per pubblicizzare un prodotto o volte a enfatizzare la rilevanza di alcuni provvedimenti del governo è una pratica con delle radici storiche lontane. Basti pensare che nella Russia dell’800 prese vita un neologismo specifico, ovvero “zakazucka7”,che significa pagare per avere copertura giornalistica di alcune notizie che altrimenti non sarebbero meritevoli di approfondimento o esposizione al pubblico. Per trovarci di fronte al fenomeno della “zachazuzka”, quindi, non c’è bisogno che il giornalista sia pagato in moneta per coprire e dare risalto ad un fatto che altrimenti sarebbe con tutta probabilità caduto nel dimenticatoio. Le tecniche delle aziende, ma anche del potere politico, sono volte a persuadere i professionisti dell’informazione attraverso la garanzia di rendite future. Il grado d’indipendenza dei giornalisti quindi non solo un affare evidentemente deontologico, ma riguarda anche il sistema politico sociale in cui è immerso il giornalista [Mancini e Hallin, 2004, p.25].

L’ordine dei giornalisti è da tempo sensibile al problema della trasparenza della proprietà editoriale dei giornali, dato il particolare assetto della stampa economica italiana, caratterizzato da una supremazia degli interessi di Confindustria [Pansa, 1982, p.23]. Oltre all’approvazione della carta del giornalismo economico, l’ordine ha

7 Il termine russo “zakazuzka” significa letteralmente pagare per la copertura di notizie [krukberg, 2003, pag 12]

(11)

aperto un interessante dibattito interno, relativo alla necessità di trasparenza nella divulgazione delle notizie d’interesse economico, volta a tutelare i risparmiatori. Alcune proposte che hanno trovato la resistenza dell’ordine obbligavano i giornalisti a rivelare la fonte delle notizie nel caso in cui fossero coinvolti gli interessi della collettività, oltre a prevedere la responsabilità oggettiva del giornalista anche in assenza del dolo.[Razzano, 2005; Seghetti, 2003]

Proprio a questo principio si è ispirata l’Unione Europea, che ha avvertito la necessità di disciplinare il problema del giornalismo economico attraverso l’emanazione della Direttiva n° 6/2003, con cui è stato affrontato il problema dell’utilizzo di informazioni riservate a scopi privati (insider trading), e della responsabilità oggettiva del giornalista in caso di danni ai consumatori.8 Questa normativa, che è stata recepita dallo stato italiano con la legge comunitaria 2004, va al di là della trattazione della deprecabile pratica dell’insider trading, e va a disciplinare l’obbligo dei giornalisti economici di citare le proprie fonti e di rispondere di fronte all’ordine ed alla legge qualora notizie fuorvianti creino danni economici ai risparmiatori.

2.3

La commistione con la pubblicità

Giornalismo e pubblicità sono da sempre legati da una filo rosso che nell’ultimo secolo ha fatto sì che spesso i due campi coincidessero. Da quando la diffusione dei giornali è divenuta capillare (inizi del ‘900)

8 Per una rassegna completa sulla questione si veda RAZZANTE, in Problemi dell’informazione, a. XXX, n.2 giugno 2005. L’approvazione della legge comunitaria 2004, contenente l’attuazione della direttiva 6/2003, ha suscitato non pochi interrogativi all’interno dell’ordine professionale dei giornalisti e della federazione nazionale della stampa, relativamente alla limitazione della libertà di parola e di tutela della riservatezza della fonte che questa direttiva andrebbe ad intaccare, a favore di una trasparenza integrale della divulgazione di notizie riguardanti la sfera dei risparmi e degli investimenti.

(12)

le grandi aziende, i partiti politici, i gruppi d’interesse hanno capito quanto il media giornalistico fosse fondamentale per il buon andamento degli affari. Sia i regimi politici che gli interessi economici si sono accorti che la mediazione dei giornalisti era fruttuosa tanto quanto dispendiose campagne informative o di pubblicità.

E’ per questo che molto spesso, “l’anima del commercio” entra nelle redazioni e ne motiva le scelte strategiche, finendo per subordinare il giornalismo alla pubblicità. Le scelte editoriali che, come già sottolineato, dovrebbero dipendere da logiche di orientamento nella realtà a favore del cittadino lettore, vengono dirottate verso logiche pubblicitarie. La fabbrica della pubblicità condiziona le redazioni programma i servizi ed i contenuti. Ad esempio: «i servizi di bellezza di “Gioia” sono programmati all’inizio dell’anno dalla direzione pubblicitaria, il giornalista anfibio prepara i servizi seguendo tali indicazioni» [Grossi, 2002, p.36]. E’ possibile dunque affermare che esistono due tipologie di professionalità dell’informazione: una di coloro che lavorano nei quotidiani o nei settimanali o nei media televisivi, una degli anfibi [Grossi 2002, p.37], metà giornalisti e metà pubblicitari, che si occupano di promuovere settori come la moda, il tempo libero, la casa, l’enologia, la gastronomia etc.. . Il problema della commistione tra pubblicità e giornalismo è stato da tempo avvertito anche dall’ordine professionale, che ha stilato di concerto con le associazioni di categoria dei pubblicitari un protocollo d’intesa a favore dei cittadini, con l’obiettivo di tenere separate informazione e pubblicità.

(13)

«Nel caso di messaggi pubblicitari, dovrà essere riconoscibile al lettore, spettatore o ascoltatore, l'identità dell'emittente in favore del quale viene trasmesso il messaggio, che può essere identificato come impresa o ente o anche come singola marca o prodotto o servizio purché chiaramente identificabile o riconoscibile.»

2.4 Il giornalismo politico

Tra le varie forme di giornalismo, quello politico è certamente il settore che più è interessato da pressioni esterne e dalla conseguente possibilità di manipolazione e corruzione. Lo stretto legame che intercorre tra giornalismo politico e manipolazione dell’informazione può assumere diverse connotazioni a seconda del paese verso cui si intende volgere lo sguardo. Molti autori hanno messo in parallelo il sistema di informazione del paese con il relativo sistema partitico [Seymoure−Ure, 1974, Gurevitch 1995], ovvero è stato messo in relazione :«il grado in cui i vari media riflettono diversi orientamenti politici nelle notizie d’attualità, negli approfondimenti, e, a volte, anche nella loro sezione dedicata all’intrattenimento» [Hallin e Mancini, 2005, pag.29]. Il parallelismo politico tra i due sistemi è perfettamente visibile quando ad ogni medium è associato un particolare partito politico.9 Esistono quindi più forme di sistemi politici/partitici, che Mancini ed Hallin hanno classificato guardando alle varie esperienze di regolamentazione delle televisioni pubbliche:

« Si possono distinguere 4 modelli principali nella gestione delle tv pubbliche:

9 Un caso emblematico è la Danimarca di inizio XX secolo, quando in ogni città avevs quattro giornali rappresentanti dei 4 maggiori partiti politici. (Cfr. Hallin e Mancini, 2005, pp. 29 e seg.)

(14)

1) Il modello governativo: in questo modello la tv pubblica , ovvero la tv di stato, è controllata direttamente maggioranza politica. Il caso più emblematico di questo tipo di sistema è la Francia di De Gaulle dove la gestione della tv pubblica finì sotto la gestione del Ministro dell’informazione, (…) questo esiste anche nelle democrazie occidentali moderne, come ad esempio Spagna, Portogallo e Grecia. 2) Il modello professionale: il caso classico è della BBC, dove si è affermata una forte tradizione secondo la quale la televisione dovrebbe essere retta da professionisti, radicalmente isolata dal controllo politico.

3) Modello parlamentare o di rappresentanza professionale, dove il controllo della tv pubblica è diviso tra i partiti politici in modo proporzionale, di cui l’Italia è un esempio lampante.

4) Modello civico, corporativo, simile al modello parlamentare, ma peculiare, poiché la rappresentanza è estesa oltre che ai partiti politici, anche ad altri gruppi socialmente rilevanti: associazioni, sindacati, organizzazioni religiose. La tv olandese, con la sua organizzazione a pilastri, in cui la tv è gestita da associazioni, ne è un tipico esempio.» [Mancini ed Hallin, 2004, pp. 33,34].

A questo tipo di classificazione se ne può aggiungere una seconda, formulata da Kelly (1983) , che prende direttamente in considerazione il grado di presenza della politica nelle televisioni. Le tipologie dei sistemi riconosciute da Kelly sono tre, ovvero:

1) La politica domina sul sistema televisivo, ossia il modello parlamentare tipico del sistema italiano;

2) sistemi professionali formalmente autonomi, ovvero il sistema anglosassone, di cui la BBC inglese è l’esempio più lampante.

3) la politica nel sistema televisivo, che può essere accostato al modello governativo. [Mancini ed Hallin, 2004, pag.35]

(15)

L’appartenenza ad uno dei tre modelli proposti non dipende solo dal sistema politico di un paese, ma è dovuta anche ai tratti culturali specifici dei sistemi sociali dei singoli stati: il sistema professionale od autonomo ha trovato nei paesi anglosassoni il suo esempio più lampante, soprattutto grazie alla particolare autonomia della stampa dalle istituzioni politiche, che da sempre si è manifestata nel ruolo di controllo nei confronti dei poteri forti. Il modello parlamentare e quello governativo invece si sono sviluppati soprattutto in paesi dove l’indipendenza della stampa dalla politica ed una separazione netta tra potentati economici e politici è da sempre mancata, e dove il sistema politico ed economico ha da sempre presentato alcune caratteristiche che hanno da sempre impedito uno sviluppo del giornalismo autonomo dalla politica e dai poteri economici (l’esempio italiano è assai rappresentativo).

Ecco perché l’influenza dei partiti nel sistema televisivo e i connubi tra il sistema politico e la stampa rappresentano certamente le forme più gravi e diffuse di corruzione nel giornalismo.

L’esempio dell’Italia, collocata nella classificazione di Mancini ed Hallin nel modello parlamentare, è emblematico per poter parlare di come un sistema di informazione si presti facilmente alle infiltrazioni ed alle pressioni del mondo politico, attraverso un controllo diretto o indiretto sull’operato dei giornalisti.

L’influenza esercitata dai partiti italiani sui giornalisti ha origine lontane. Lo stesso Bocca (1989) ha descritto nel suo “Il

padrone in redazione” la storia dell’intervento della politica e

dell’economia nei giornali, quello che Massimo Mucchetti chiama «il peccato originale della stampa Italiana». Sin dall’epoca pre−fascista la stampa italiana aveva già moltissimi contatti, oltre che una spiccata

(16)

dipendenza, dai poteri economici e dalle pressioni dei politici [Mucchetti 2006]. Con la nascita della repubblica lo stato italiano si è da subito dato degli strumenti volti a garantire la più ampia diffusione della libertà di stampa:

«L’art 21 della costituzione esordisce affermando al primo comma che «tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione». [Zaccaria 1998]

Sin dal dopo guerra il parlamento aveva avvertito il problema di garantire il pluralismo e l’indipendenza dei media dalla politica, anche se la “democrazia bloccata” ha favorito la spartizione delle aree informative del servizio pubblico, soprattutto relativamente alle tre reti RAI. Durante gli anni 80, con il dominio della scena politica da parte del cd. “pentapartito”, i tre canali della tv pubblica erano spartiti tra le tre principali aree politiche : Rai 1 alla DC, Rai 2 ai partiti laici, Rai 3 al Partito Comunista. [Bechelloni 1997 p.115]. Questa situazione non è cambiata dopo il terremoto Tangentopoli: la penetrazione della politica all’interno delle aree giornalistiche si è fatta sempre più forte durante tutti gli anni ’90, tanto che oggi i politici possono addirittura scegliere quale giornalista potrà intervistarli e scegliere gli ospiti in studio, come si può facilmente evincere dal testo di questa intercettazione, relativa allo scandalo in cui è risultato implicato il segretario personale del leader di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini, ovvero il dottor Salvo Sottile: 10

10 Intercettazione di una conversazione tra Sottile, ex portaborse di Gianfranco Fini, ed Antonella, ovvero una assistente di Bruno Vespa, collaboratrice del programma Porta a Porta, tratta da M. Travaglio “La scomparsa dei Fatti”, il Saggiatore, Milano, 2006, pag. 275.

(17)

« ANTONELLA: Allora Salvo [ Sottile ndr], puoi parlare un secondo?, sono Antonella

SOTTILE:« Dimmi».

A: «Allora, no, diceva Bruno,lui pensava al collegamento per venti minuti, lui sa che voi Rutelli non lo volete, per adesso il collegamento di venti minuti dopo che lui è stato prima da solo, Fini no?»

S.: «Si, si.»

A.: E vabbè, eh.. o Rutelli o Fassino, perché lui non vede altri.. se no poi bisogna andare ai capigruppo, tipo Angius».

S: «Eh, fai un capogruppo scusa, che te frega, scusa, che problema, …Fassino staaa .. […] Martedì a…, sul Tre, .., là.. perché devi dargli un'altra..?»

A: «ok, Rutelli non mi pare il caso [..] . Allora proviamo Angius. S: prova Angius».

A: «Se tu hai un'altra idea, a noi ci è venuta in mente questa [..]. Allora o Angius o Castagnetti, proviamo..»

S.:« Si, si.». [Travaglio 2006]

L’intromissione della politica nelle scelte dei giornalisti, e l’acquiescenza di alcuni professionisti nei confronti del potere, determinano da un lato la perdita di fiducia dei cittadini nel sistema informativo, dall’altra una perdita di professionalità e credibilità della categoria:

Dove il parallelismo tra politica e giornalismo è molto alto i mass media sono strettamente legati alle organizzazioni politiche, i giornalisti sono profondamente coinvolti nei partiti politici. (…) La loro professionalità è priva di una cultura specifica e di un alto senso del servizio pubblico. [Mancini ed Hallin, 2004, pag.39]

(18)

Oppure come osserva Bechelloni [1995],

« − Fino alla fine degli anni 80 in Italia non si è potuto sviluppare una vera e propria professionalità dei giornalisti, perché si accedeva alla professione grazie all’intercessione di familiari od amici presso la politica.»

Il sistema di finanziamento pubblico alla radiotelevisione è una pratica diffusa in tutte le democrazie occidentali11. L’Italia si distingue dagli altri paesi per avere il sistema più evoluto di contributi pubblici sia alla radiotelevisione che all’editoria, sistema architettato per finanziare alcuni settori dell’editoria in difficoltà, ma che infine è divenuta una regola che lega fortemente editori e giornalisti ad un particolare “benefattore” politico.

11 All’interno dell’Unione Europea l’unico paese che non ha una tv di pubblica è il Lussemburgo, si veda per un approfondimento Hallin e Mancini, 2004.

(19)

2.5

La legge sul finanziamento pubblico all’editoria

La legge 416/8112 è nata con lo specifico intento di sostenere i giornali di partito, allo scopo di garantire la pluralità d’informazione in campo politico. La legge, oltre a modernizzare e raggruppare le precedenti norme che disciplinavano l’editoria − le prime risalgono infatti al 1948 − prevedeva nuove modalità per il supporto e per la creazione di imprese editoriali. Grazie a tale legge sono stati erogati finanziamenti verso i giornali organi di partito, che non sarebbero riusciti a vivere se non grazie ai contributi provenienti dallo stato.

Il rapido cambiamento avvenuto grazie anche alla diffusione della rete globale (internet) e con essa la diffusione di nuove forme concorrenziali di giornalismo, come i giornali on line, i blog, i forum, che hanno messo in difficoltà i canali classici d’informazione, ha portato, almeno nel nostro paese, ad una profondo ripensamento della normativa del settore dell’informazione. Questa revisione è culminata con l’approvazione della legge 66/2001, che ha innovato il sistema di sostegno alle imprese editoriali.

Tra le innovazioni più curiose vi è da annoverare la grande eterogeneità di interpretazioni a cui si presta il testo che, soprattutto in materia di sostegni finanziari alle imprese nate sotto la ragione sociale di cooperative editoriali, ha permesso alla quasi totalità dei giornali italiani di accedere alle forme di finanziamento pubblico.

Rimandando ogni considerazione rispetto alle conseguenze che il finanziamento statale può produrre in termini di libertà all’interno

(20)

del sistema informativo al prossimo capitolo, in questo paragrafo ci limiteremo a presentare i dati del rapporto della presidenza del consiglio dei ministri sui finanziamenti a favore dell’editoria.13

Se non fossero state apportate modifiche rispetto ai criteri di ripartizione della legge del 1981, oggi lo Stato sborserebbe poco più di 28 milioni di euro all’anno per il finanziamento. La legge sul finanziamento pubblico ai quotidiani nasceva in un contesto particolare, ovvero dalla necessità di garantire la sopravvivenza ai giornali legati a partiti politici. Durante gli anni la legge ha subito una serie di modifiche, fino ad arrivare al testo attualmente vigente, che da una parte permette i finanziamenti ai giornali di partito, dall’altro ha inserito, nel testo della 66 del 2001, la possibilità di sostenere anche i

movimenti culturali e politici. In realtà la legge permette alle

cooperative giornalistiche di attingere al denaro pubblico, finanziando così fino al 25 % dei costi per la produzione del giornale14.

Il contributo è concesso in proporzione alle copie vendute, comprese le stampe di prova e le copie omaggio, con una tiratura minima di dodicimila copie. Questo limite è stato aggirato proprio grazie alla creazione di movimenti politici e culturali, per la cui nascita la legge prevede la firma di due membri eletti al Parlamento. L’organo d’informazione del movimento sarebbe divenuto il giornale verso cui si voleva indirizzare il finanziamento.

Con questo escamotage sono nati alcuni giornali molto noti, come il Foglio, diretto da Giuliano Ferrara, e il Riformista, diretto al momento della sua fondazione da Antonio Polito, ed ora diretto da

13 Rapporto pubblicato a cura della presidenza del consiglio dei ministri, disponibile on line all’ URL http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/contributi_editoria_2006/contributi.html 14 La legge prevede un rimborso delle spese per la stampa, per il consumo di energia elettrica, per le spese di distribuzione dei quotidiani. Il contributo viene concesso solo se il giornale vende almeno il 10% della tiratura totale, ovvero le copie stampate.

(21)

Paolo Franchi, assieme ad una miriade di piccoli giornali che fungono da organo d’informazione per fantomatici movimenti culturali e politici, ma che spesso, come vedremo più avanti, sono coperture per rapporti poco trasparenti tra politica ed informazione

“Il Foglio”, diretto da Ferrara è nato con l’intento di diventare, come egli stesso lo definisce, un « laboratorio delle idee destinato a morire entro il primo anno di vita». In realtà l’esperienza de “il Foglio” dura ancora.

Ecco come la nascita del giornale viene raccontata dal suo fondatore:

« − Il foglio è nato con due lire e nell’ipotesi di chiudere rapidamente, quello che è successo è che il giornale oggi vende 13 mila copie al giorno, un terzo dei soldi vengono dalle vendite,un terzo dalla pubblicità, naturalmente ci aiuta un po’ Berlusconi, nel senso che la Mondadori ci ha fatto un contratto con le anticipazioni, insomma uno di quei contratti di favore anche finanziari che ci permette di vivere abbastanza tranquillamente, naturalmente anche dal secondo anno della fondazione il contributo dello stato con il trucco della famosa convenzione per la giustizia che dava una possibilità e noi l’abbiamo sfruttata… un trucco nel senso che non siamo un vero partito. Avevamo chiesto a due amici Marcello Pera che faceva parte di Centro Destra senatore e Marco Boardi deputato del Centro Sinistra, due persone amiche, due lettori del giornale di firmare per il giornale, abbiamo fatto questa convenzione»15.

“Il Foglio”, quindi, pur non essendo un giornale di partito, usufruisce di soldi pubblici attraverso il drafting legislativo dei suoi

15 Tratto dalla puntata di Report, trasmissione in onda su Rai 3, del 12/05/2006, servizio di Bernardo Iovene, tutte le interviste riportate in questo capitolo sono tratte dal servizio appena citato.

(22)

fondatori. Altri giornali hanno seguito “Il foglio”, come ad esempio “Il Riformista” , che si è agganciato alla rivista di Macaluso “Le

ragioni del socialismo”. Oggi il suo fondatore oggi è senatore della

Margherita:

« − E’ vero che Ferrara è stato il primo e anzi quando nascemmo dichiarai apertamente che Ferrara aveva dimostrato che si poteva fare, quindi in qualche modo siamo tutti figli del coraggio iniziale di Ferrara».

“Il Foglio”, che riesce a vendere poco più di dodicimila copie al giorno, ed “il Riformista”, che ne vende solo 2.000, ottengono i contributi solo grazie alle amicizie influenti che i fondatori avevano presso i potentati politici. Il Foglio ottiene un finanziamento pari a oltre due milioni di Euro, mentre il Riformista supera i due milioni e mezzo.

Il legame che questi due quotidiani hanno con l’arena politica sono molto forti, con chiare ed inequivocabili limitazioni nell’opera d’informazione.

Esistono tuttavia casi molto più evidenti di connubio tra giornalismo e politica. Sempre facendo riferimento al finanziamento pubblico dei quotidiani, sembra opportuno descrivere meglio il caso dei contributi faraonici che vengono destinati a Libero, quotidiano diretto da Vittorio Feltri. Libero nasce come cooperativa editoriale dalle ceneri di un altro giornale, ovvero “il Borghese”. Di seguito riportiamo una breve dichiarazione di Vittorio Feltri:

(23)

« − Era il Movimento Monarchico che ci aveva appoggiati in questa iniziativa anche in quella precedente che riguardava “Il Borghese", io infatti ho diretto anche “Il Borghese”.»

Ed infatti il Borghese prende oltre due milioni di euro, Libero quasi sei. Legato al centro destra, Libero vende quasi ottantamila copie ogni giorno.

Il buon numero di copie vendute permetterebbe a Libero di vivere anche senza contributi statali. Inoltre, come vedremo nei prossimi capitoli, il giornale di Feltri è stato al centro di durissime polemiche in merito alla condotta di alcuni suoi giornalisti, tra cui anche in vice di Feltri, ovvero Renato Farina, coinvolto nello scandalo delle intercettazioni tra funzionari del Sismi e giornalisti.

Nella Tab 2 sono riportati tutti i quotidiani ammessi al finanziamento previsto dalla legge finanziaria per il 2006, e la relativa quota di finanziamento:

(24)

Tab2: Fonte, Presidenza del consiglio dei Ministri, Rapporto sui

(25)

Ogni quotidiano è legato ad un movimento: “l’Opinione” è il giornale del movimento conservatore, “Linea” fa parte del movimento dei nazional popolari, “Roma”, è organo del movimento mediterraneo, il Denaro è il quotidiano del movimento Europa Mediterranea, la Gazzetta politica, organo del movimento socialisti uniti: sono solo alcuni degli innumerevoli giornali che si rifanno a movimenti politici.

Quasi tutti i movimenti sopraelencati hanno rapporti diretti con partiti politici. Alcuni però intrattengono legami molto forti ma altrettanto poco trasparenti, come nel caso del Movimento Pensionati Uomini Liberi, ovvero il movimento che rappresenta l’ex partito dei pensionati, il cui giornale nonché organo informativo è il “Giornale d’Italia”.

Massimo Bossoli, il direttore, dice del suo giornale:

« − E’ organo del Movimento Pensionati Uomini Vivi, è un nome molto lungo ma in realtà è l’originario Partito dei pensionati».

Il giornale d’Italia vende poco più di 2000 copie al giorno, a fronte di un finanziamento di due milioni e mezzo di euro. Nel 2006 però il Giornale d’Italia ha finanziato la lega nord con una donazione di 200.000 euro. Ecco come spiega l’operazione Massimo Bossoli, direttore de “Il giornale d’Italia

« − Perché abbiamo fatto un’operazione politica con loro, non si può fare? Noi come organo Movimento Pensionati Uomini Vivi abbiamo partecipato a questa cosa perché avevamo la possibilità di farlo. Questo accordo finanziario del partito della Lega Nord con lo strumento legale che il legislatore ha messo a disposizione. Il

(26)

vantaggio indiretto che le ho detto io che sarebbe diretto per il giornale è che noi abbiamo avuto per effetto di questo accordo diffusione, visibilità, presenze e presentazioni in aree e in zone dove il giornale non c’era».

Il “Giornale d’Italia” è finanziato in quanto organo di un movimento, ma allo stesso tempo è anche finanziatore di un particolare partito politico con cui almeno formalmente non ha nessun tipo di rapporto, ma che in pratica sembrava essere un acceso sostenitore del partito della Lega Nord. A seguito delle indagini della Guardia di Finanza di Milano, il direttore del “Giornale d’Italia” è stato rinviato a giudizio per truffa aggravata.16

2.6

Conclusione

Come abbiamo visto, il settore che più è sensibile alla corruzione giornalistica è il giornalismo politico. La mancata netta separazione tra il giornalismo e la politica, ed il rapporto simbiotico che nel nostro paese si è venuto a creare tra i due mondi ha certamente aumentato il grado di strumentalizzazione dell’apparato informativo. Anche altri settori risentono di tentativi di intrusione da parte del potere, come il mondo del giornalismo economico.

I settori sono esposti a continue pressioni, che i corruttori compiono quotidianamente nel tentativo di manipolare l’informazione. Nel caso del giornalismo politico, vi è una chiara ricerca di guadagnare consenso, attraverso il finanziamento di molte

(27)

testate, che altrimenti non esisterebbero oppure non sarebbero mai venute alla luce.

La legge sui finanziamenti permette infatti ai più grandi quotidiani (Corriere della Sera, Repubblica, Sole 24 ore) di ricevere milioni euro di rimborso spese, relativo al consumo di energia elettrica, all’acquisto di macchinari da utilizzare per la stampa, per le spese telefoniche. Il gruppo l’Espresso ha intascato ben venticinque milioni di euro di rimborsi, il Corriere oltre trenta.

L’attenzione che la nostra classe politica ha da sempre avuto per le imprese editoriali, giustificata dal perdurante stato di crisi in cui versa il settore, è stata negli anni usata per aiutare la sopravvivenza o la nascita di organi d’informazione, spesso espressione diretta dei partiti politici.

I giornali e le imprese editoriali devono infatti ricorrere al finanziamento pubblico in quanto le vendite e la raccolta pubblicitaria non è sufficiente a creare margini di profitto. E’ per questo che tutti i giornali necessitano del denaro pubblico messo a disposizione dalla classe politica. Negli ultimi anni si è però osservata una lievitazione della spesa a favore dell’editoria. Le cifre spese nel 2006 per sostenere il mercato si aggirano intorno ai 600 milioni di euro. A queste cifre vertiginose hanno attinto anche e soprattutto i partiti politici, creando una serie di piccoli giornali di partito, utilizzando gli spazi creati dalla legge per ottenere denaro pubblico.

Nella seconda parte di questo lavoro verranno analizzati alcuni casi emblematici di corruzione e di falsa informazione in due sistemi d’informazione assai diversi, ovvero quello italiano e quello nord americano. Verranno confrontati la disciplina della professione giornalistica e il grado di trasparenza dei due sistemi. Cercheremo

(28)

inoltre di mettere in luce i modi in cui vengono nascoste o falsate le notizie, cercando di comprendere quali siano le ragioni che inducono un giornalista deformare le notizie, differenziando le cause che fanno capo al sistema e quali alle ragioni personali di un singolo giornalista.

Figura

Fig. 1. Evoluzione dell'indice sulla libertà dei mezzi di comunicazione  (fonte:  tratto da the Freedom Press, 2005, cit

Riferimenti

Documenti correlati