• Non ci sono risultati.

CAPITOLO SESTO “L’ AREA MARKETING E L’AREA VENDITE” 6.1. L’organizzazione dell’area vendite e marketing

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "CAPITOLO SESTO “L’ AREA MARKETING E L’AREA VENDITE” 6.1. L’organizzazione dell’area vendite e marketing"

Copied!
10
0
0

Testo completo

(1)

CAPITOLO SESTO

“L’ AREA MARKETING E L’AREA VENDITE”

6.1. L’organizzazione dell’area vendite e marketing

L’ambiente competitivo in cui oggi operano le imprese presenta notevoli

difficoltà e problemi che si ripercuotono su tutti i livelli aziendali; ogni organizzazione

ha il compito di provvedere all’analisi delle proprie pratiche di gestione per ridurre

l’intensità degli effetti che l’ambiente competitivo manifesta su di essa. I mezzi ai quali

ricorrono le imprese oggi sono soprattutto: operazioni di outsourcing e di partnership

con clienti, fornitori e addirittura con i concorrenti, tecniche di Benchmarking

1

e

Reengineering

2

e fusioni fra imprese; allo scopo di rispondere adeguatamente ad un

ambiente in rapida mutazione.

Per tali motivi il concetto di marketing nelle aziende ha assunto negli anni

sempre più un ruolo focale; nel nostro caso specifico si segue un approccio classico al

marketing consistente in un’organizzazione strutturata con una semplice direzione

vendite, che si occupa di gestire l’attività di vendita e le relazioni con il cliente,

interagente con tutte le altre funzioni aziendali; per ogni altro tipo di funzioni la

Camaleonte si rivolge all’esterno, soprattutto tramite la richiesta di ricerche di mercato

commissionate ad esperti di settore o a dottori commercialisti della zona.

Un approccio così semplicistico è dovuto alle non certo elevate dimensioni

dell’azienda e alla scarsa possibilità di resistenza alla turbolenza ambientale in cui

opera; le aziende del distretto conciario tendono ad avere un atteggiamento passivo

rispetto alle operazioni di vendite e agli approcci del marketing, preponendosi

esclusivamente di garantire livelli di efficienza elevati come unico modo per garantire

un livello sostenibile di attività. Infatti, ogni variazione della domanda del prodotto

“pelle” segue gli andamenti imposti dalle mode e dalle collezioni dalle grandi imprese

di abbigliamento, indirettamente queste posseggono un potere tale da influenzare

1

È lo studio delle imprese più avanzate e performanti per migliorare le proprie prestazioni. 2

Viene dalla disciplina definito: “come il ripensamento di fondo, il ridisegno radicale dei processi aziendali finalizzato a realizzare un miglioramento straordinario nei parametri critici delle prestazioni in termini di costi, qualità, servizi e tempestività”.

(2)

pesantemente l’andamento di un settore come quello conciario. Pensate ai suolifici che

fino a qualche decennio fa operavano nel distretto producendo appunto suole per le

scarpe, oggi molte di questi sono spariti o hanno provveduto a convertire la produzione

poiché le suole di gomma oggi coprono quasi per intero il mercato calzaturiero.

Ipoteticamente è possibile pensare che le grandi multinazionali possano influenzare i

consumi di prodotti in pelle, sia in negativo che positivo. La grave crisi che ha avvolto il

settore a cavallo del millennio, ha visto infatti, come causa principale, l’emancipazione

del cuoio e della pelle dalle mode; oggi fortunatamente il settore presenta forti segnali

di ripresa.

Il pensiero comune è che questo legame sia ineliminabile, un mezzo che hanno a

disposizione le concerie è di instaurare rapporti duraturi e di fiducia con i propri clienti

e di competere diversificando il loro prodotto esclusivamente in base alla qualità e alle

caratteristiche, oppure cercare di ampliare i propri mercati di sbocco trovando per il

proprio prodotto utilizzi differenti, tagliando quel cordone ombelicale che lega le

concerie in buona parte al settore calzaturiero e dell’abbigliamento.

La Camaleonte manifesta la volontà di divincolarsi da tale giogo cercando di

raggiungere standard qualitativi di prodotto superiori per i clienti che lo richiedono,

creando con essi partnership sfruttando anche una congiuntura del settore che evidenzia

una forte fedeltà tra fornitore-cliente se questi operano con una comunità di intenti e a

livelli di efficienza superiori; questi forse rappresentano gli unici modi per garantirsi

una sopravvivenza adeguata e duratura.

6.2. La definizione del prezzo di vendita

Il prezzo di vendita rappresenta per qualsiasi impresa l’unico mezzo per ottenere

ricavi, tutte le altre operazioni messe in atto generano esclusivamente costi; ecco quindi

che la determinazione di un corretto livello di prezzo di vendita rappresenta una delle

criticità più importanti che l’azienda deve affrontare.

La disciplina aziendale fornisce una serie di metodologie per la determinazione

del prezzo di vendita, in particolare ogni metodo si presta a particolari settori, prodotti,

aziende e ambienti competitivi. Da un’analisi svolta in azienda è stato possibile

ricollegare il prezzo di vendita ad un approccio puramente empirico, completamente

staccato da strumenti, forse più appropriati, per individuare un prezzo coerente tramite

(3)

cioè un’analisi dei costi dettagliata e con l’ausilio di strumenti di budget. Determinare il

prezzo di vendita del prodotto finito, alla Camaleonte, significa seguire un approccio

matematico, individuando un ricarico che permetta di coprire i costi variabili e i costi

fissi generati.

L’approccio seguito deve essere opportunamente descritto capendo su quali basi

di scelta tale strategia legata al prezzo di vendita si posiziona. Giungere alla

determinazione di un prezzo di un prodotto come la pelle, che ancora oggi presenta un

elevato contenuto artigianale, comporta, infatti, una serie di considerazioni.

Indirettamente, in un distretto, è possibile che si individuino quelle che sono le imprese

trainanti o cosiddette “migliori”, quelle in altre parole che operano a livelli di efficienza

maggiori rispetto alla media del distretto. La scelta dei “migliori” permette la pratica

dell’imitazione delle strategie (Benchmarking) che nel settore conciario è molto

frequente, non risparmia, quindi, nemmeno la strategia di determinazione del prezzo di

vendita.

Altro aspetto che contribuisce pesantemente su l’approccio “Camaleontiano” al

prezzo, è la natura dei rapporti fra imprese. A differenza degli utenti finali, le imprese

industriali tendono a manifestare una fedeltà maggiore nei confronti di un proprio

fornitore se si verificano determinate condizioni. La natura dei rapporti fra imprese

appunto non risentono solo di aspetti come il prezzo d’acquisto o di vendita; molte

allacciano con i propri fornitori relazioni professionali ricercando garanzie di qualità, di

tempismo, di collaborazione e di efficienza. In conclusione chi è capace di offrire

un’immagine migliore di se stesso può sicuramente garantirsi un futuro roseo e di

sviluppo.

Un’azienda come la Camaleonte può affermare ormai che i propri clienti sono da

considerarsi dei veri e propri partner, sottolineando come i rapporti con essi si

protraggano ormai da molti anni, affermazione questa che può esprimere un carattere

distintivo e un vantaggio competitivo di cui l’azienda può certamente godere.

Detto questo è certamente scontato che l’azienda possa non applicare un listino

prezzi standard per tutti i suoi clienti, ma creare specifiche discriminanti a seconda del

soggetto con cui si relaziona (aziende fedeli, novizie, potenziali, sconosciute etc.),

giocando sul fatto che l’immagine creatasi sul mercato ne fanno certamente una delle

più richieste.

(4)

I metodi proposti dalla disciplina del marketing seguono approcci differenti a

seconda della struttura organizzativa aziendale e al contesto in cui questa si colloca;

elencandoli possiamo definire:

• Il metodo del costo totale: basato su un ricarico percentuale soggettivo

sui costi unitari per prodotto;

• Il metodo del profitto obiettivo: l’impresa calcola il prezzo in grado di

determinare il ROI desiderato;

• Il metodo del valore percepito: si stabiliscono i prezzi in base al valore

percepito

3

dei loro prodotti dai clienti;

• Il metodo del valore: si determina il prezzo in base al valore; permette di

acquisire clienti fedeli applicando un prezzo piuttosto basso per

un’offerta di alta qualità;

• Il metodo dei prezzi correnti: il prezzo si basa comparandosi a quelli

praticati dalla concorrenza, si decide se applicare aumenti, decrementi o

gli stessi rispetto al principale concorrente;

• Il metodo delle offerte all’asta;

• Il metodo del prezzo di gruppo;

Il metodo usato dalla Camaleonte S.p.A. può essere ricondotto a quello del costo

totale o mark-up ricini.

È il metodo forse più elementare per definire i prezzi di vendita, nella pratica

consiste nell’aggiungere al costo unitario di un prodotto un ricarico (mark-up)

prefissato

4

.

Da un punto di vista tecnico il metodo si basa sull’esecuzione di due operazioni,

si parte dalla determinazione del costo unitario del produttore, che è dato:

Costo unitario = Costi variabili + (Costi fissi / Unità Vendute)

3

Come indicato da Kotler: “il valore percepito ( Customer Perceived Value ) definisce la differenza fra la valutazione che il potenziale acquirente fa di tutti i vantaggi e di tutti i costi di una specifica offerta rispetto alle alternative della stesso percepite. È dato dalla differenza tra il valore totale per il cliente (vantaggi economici, funzionali e psicologici) meno il costo totale per il cliente (svantaggi per la valutazione, l’acquisizione, l’uso o lo smaltimento finale di una determinata offerta di mercato).

4

(5)

La seconda operazione è la scelta del ricarico da attuare. Si supponga che

un’impresa desideri guadagnare il 30% sulle vendite. Il prezzo con ricarico del

produttore è dato da:

Prezzo con ricarico = Costo unitario / (1 - Ricavi attesi sulle vendite 30%)

Teoricamente i markup sono in genere più elevati per i prodotti stagionali (per

scongiurare pericoli di mancata vendita), per le specialità, per i prodotti a vendita lenta,

per gli articoli con alti costi di magazzino e di gestione, come pure per gli articoli a

domanda rigida.

È opportuno chiedersi se tale metodo sia valido, un sistema di ricarichi standard

basato sui costi generati dalla gestione dell’impresa porta a sollevare una serie di

critiche a tale modello. Il modello del costo totale tende a ignorare la domanda corrente

del prodotto, il valore percepito dal cliente e l’atteggiamento della concorrenza; questo

secondo i principali studiosi risulta infondato. Suo malgrado è valido nella misura in cui

determini un’adeguata risposta in termini di vendite attese.

Molte imprese usano tale metodo associandolo ad altri creando un ibrido; esso si

associa, frequentemente, a fasi di lancio di nuovi prodotti innovativi per l’azienda o per

il mercato, applicano un elevato margine di ricarico per cercare di recuperare il più

rapidamente possibile gli investimenti effettuati, questa può rivelarsi un’arma a doppio

taglio, controproducente nel caso un concorrente applichi un prezzo inferiore o se la

domanda del prodotto cali in modo pesante.

L’applicazione di questa metodologia può anche essere ricondotta alla situazione

del mercato della pelle, oggi è infatti pensabile che la domanda di pelli lavorate sia in

ripresa dopo un periodo di forte contrazione, molte imprese hanno cercato di sviluppare

strategie di prezzo legate alla sopravvivenza, vale a dire cercando di coprire almeno i

costi variabili e parte dei costi fissi commercializzando a prezzi più bassi per stimolare

le clientele sensibili al prezzo. Il ricarico sui costi unitari o markup quindi poteva

considerarsi ai minimi termini, per contrastare in parte la forte riduzione della richiesta

di pelli lavorate.

Tale metodo tuttavia è assai diffuso per diverse ragioni. In primis i venditori

hanno maggiori certezze riguardo ai costi generati dalla gestione piuttosto che

all’effettivo andamento corrente della domanda. Collegare, infatti, il prezzo di vendita

ai costi generati semplifica in maniera notevole la procedura di determinazione del

(6)

prezzo. Inoltre nei settori in cui buona parte delle imprese utilizza questo metodo, i

prezzi tendono fondamentalmente ad eguagliarsi; la concorrenza basata sul prezzo tende

al minimo in quanto le imprese non prestano attenzione alla domanda. Molti invece

ritengono che il metodo del costo totale sia più corretto, sia per gli acquirenti sia per i

venditori. Infatti i venditori non rilevando gli andamenti della domanda non sfruttano gli

acquirenti quando questa è alta, realizzando in ogni modo un profitto adeguato sui loro

investimenti.

La Camaleonte segue questo approccio perché lo ritiene più adeguato e

funzionale al contesto in cui essa si colloca.

Da interviste e studi effettuati in azienda si è evinto che: la difficoltà di ricavare

dati e andamenti significativi della domanda e analizzare correttamente i costi

individuando le corrette basi di riparto dei costi indiretti (soprattutto in merito agli

ammortamenti) porta a adottare il metodo dei costi totali, inoltre l’azienda gode di una

posizione di spicco sia nel distretto che nel contesto nazionale facendone un esempio e

un termine di paragone per i principali concorrenti, infatti, così come l’azienda decide il

proprio prezzo in base ad un ricarico stabilito sui costi unitari, molte delle aziende

concorrenti a livello di distretto decidono il proprio tramite il metodo dei prezzi

correnti, cioè imitando quello delle imprese migliori.

L’adeguatezza del metodo è dovuta anche alla già accennata fedeltà che si

riscontra nel settore nei rapporti tra imprese; per descrivere adeguatamente il concetto è

utile ricordare che l’azienda Camaleonte produce beni di tipo industriale, cioè

semilavorati della produzione per le imprese acquirenti

5

; queste richiedono standard

qualitativi elevati che solo pochi fornitori possono raggiungere, al momento in cui tali

clienti vedono le proprie esigenze soddisfatte cercano di regolare i rapporti con i propri

fornitori (Camaleonte) instaurando partnership garantendosi così nel tempo le

performance richieste.

La nostra azienda quindi può contare sulla certezza di avere clienti sempre

propensi a rivolgersi ad essa, pensando anche di applicare un premium price sulle merci

fornite. Il potere contrattuale descritto porta a concludere che la definizione del prezzo

di vendita può seguire modalità soggettive, senza anche prevedere un’analisi della

gestione aziendale. Il numero ristretto di imprese che possono garantire semilavorati di

qualità elevata porta all’instaurazione nella filiera produttiva delle cosiddette reti di

5

(7)

valori

6

. Non è da stupirsi quindi che al momento in cui i rapporti lungo la catena di

distribuzione raggiungano livelli ottimali, vi sia la tendenza a mantenere reciprocamente

questi il più a lungo possibile.

6.3. La gestione dei canali di distribuzione

La distribuzione del prodotto da parte delle imprese distrettuali avviene

solitamente attraverso canali di commercializzazione piuttosto semplici: prevalgono

infatti le reti di agenti plurimandatari, sia per il mercato nazionale che per quello estero

assegnati a specifici clienti. In particolare nel comparto della concia, dove si assiste

anche ad una maggiore attenzione, specie da parte delle imprese di maggiori

dimensioni, ai clienti esteri: spesso gli imprenditori più giovani preferiscono curare

personalmente l’immagine della propria azienda e quindi i rapporti con i clienti.

Solamente i gruppi di maggiori dimensioni hanno seguito in maniera particolare i

rapporti con i clienti e i canali commerciali, ed in particolare per i mercati esteri sono

stati creati specifici consorzi tra imprese interni ai gruppi per l’esportazione.

La maggior parte dei produttori del settore conciario pisano non ha la possibilità

di vendere direttamente i propri beni al consumatore finale; nella zona esistono tuttavia,

piccoli negozi al dettaglio, collocati nelle vicinanze dello stesso stabilimento, che

commercializzano prodotti finiti in pelle; infatti non è possibile a causa degli elevati

investimenti da sostenere, creare e gestire per le aziende distrettuali un canale di

distribuzione o di marketing

7

funzionale, capace di travalicare i confini del contesto

locale e gestire rapporti con i consumatori anche solo a livello nazionale; molte imprese

come la Camaleonte invece, si specializzano nella produzione di pelle pronta per la

trasformazione in un qualsivoglia prodotto finito, i suoi clienti sono a loro volta imprese

specializzate che si occupano appunto di tale trasformazione, e commercializzano con

propri marchi o con marchi su licenza

8

i prodotti finiti.

È interessante notare che la nostra azienda si ponga all’interno del canale di

distribuzione come un fornitore-produttore di semilavorati con una domanda inesistente

sul mercato finale del consumatore (nessun privato acquisterebbe la pelle lavorata della

6

Kotler la definisce come “ un sistema di partership e alleanze che un’impresa stabilisce per fornire, ampliare e distribuire la propria offerta ”.

7

Kotler lo definisce come “ gruppi di organizzazioni interdipendenti coinvolti nel processo atto a rendere disponibile al consumo un prodotto o un servizio ”

8

(8)

Camaleonte perché non ha un utilizzo specifico), essa mette a disposizione un prodotto

industriale che necessita di ulteriori lavorazioni artigianali, che spesso le aziende

acquirenti come Gucci o Prada delegano a loro volta ad altre imprese, per trasformarlo

nella forma che il mercato richiede e desidera: una giacca, un paio di guanto o scarpe,

un portafogli o una cintura.

Nel descrivere la figura 1 si nota come la fase di vendita del prodotto della

Camaleonte avvenga grazie a rappresentanti di vendita privati retribuiti con provvigioni

sulle vendite eseguite o distributori industriali spesso controllate dall’acquirente

industriale, spesso queste sono società distaccate che si occupano delle relazioni con i

fornitori (Camaleonte), emettono ordini per soddisfare il fabbisogno aziendale o della

capogruppo.

(9)

A sua volta l’acquirente industriale può cedere per intero o in parte la

lavorazione della pelle a terzi per occuparsi poi della distribuzione all’utente finale.

È curioso descrivere la forma in cui possono manifestarsi i rapporti fra la

Camaleonte e i propri clienti. Nella figura 1 si evidenziano una serie di possibili canali

all’interno dei quali le transazioni possono dipanarsi.

In sostanza l’ordine che la Camaleonte riceve può assumere due diverse

tipologie: la prima è una richiesta di fornitura con consegna presso lo stabilimento della

richiedente, può sembrare ovvio ma non così frequente. Molte imprese, infatti,

richiedono la consegna presso il proprio stabilimento dove o svolgeranno direttamente

la trasformazione della pelle oppure provvederanno a loro volta ad inviarle alle imprese

terziste che effettueranno la lavorazione per conto della committente. Nel nostro caso

quest’ultima azienda sarà anche quella a cui verrà intestata la fattura di vendita della

merce.

La seconda possibilità, invece, vede una situazione in cui un’azienda cliente

emette un ordine con consegna direttamente all’impresa terzista (che eseguirà la

lavorazione per conto di questa) con la richiesta aggiuntiva di invio della fattura a

quest’ultima, ovviamente facendo da garante per la copertura della transazione. Sarà poi

l’azienda terzista a rifarsi sulla committente indicando nella fattura anche le relative

spese di acquisto della “materia prima” da essa supportate.

A chiusura della descrizione della catena di distribuzione è interessante notare

come l’utilizzo della marca

9

sul prodotto finale non è poi così univoco. Molte, infatti,

sono le imprese che operano con propri marchi (marca del produttore). Si presentano

alla clientela sviluppando un’immagine forte tentando di creare un posizionamento

esclusivo nella mente del consumatore; per sottolineare questa volontà molte imprese

sviluppano canali di distribuzione selettivi per commercializzare il proprio prodotto

dando una visione di potere, professionalità ed esclusività dell’offerta.

Aziende come Gucci cercano di sviluppare una cultura aziendale forte che si

possa riscontrare con tutte le operazioni da essa attuate, gestiscono infatti internamente

la distribuzione dei propri prodotti, tendono a ridurre il numero dei canali (difficilmente

vedremmo i prodotti Gucci commercializzati dalla grande distribuzione) così da

mantenere un’immagine esclusiva del prodotto e nella pratica, un adeguato controllo su

9

Kotler definisce la marca come: “un nome, un termine, un segno, un simbolo, un progetto o una combinazione di questi elementi, che hanno lo scopo di identificare i beni o i servizi di un venditore o di un gruppo di venditori per differenziarli da quelli dei concorrenti”.

(10)

di essi. Il ricorso a punti vendita al dettaglio recanti il marchio dell’azienda conferma la

volontà dei principali acquirenti della Camaleonte di mantenere un elevato controllo

lungo tutta la catena di distribuzione di un qualsivoglia prodotto.

Altre imprese possono invece operare lanciando prodotti con la marca del

distributore oppure con marche su licenza.

Riferimenti

Documenti correlati

Alle successive prove scritte è ammesso un numero di candidati pari a 70 (compresi i candidati, oltre l’ultimo utilmente classificato in tale graduatoria, che hanno conseguito

In tali casi Luiss Business School provvederà a restituire l’importo della quota versata per cui sia eventualmente dovuto il rimborso ai sensi di quanto previsto dai

y E’ in fase di conclusione il Corso di formazione “Dalla  S.Va.M.Di. Al Progetto di vita”

Dato atto che tutti i pagamenti relativi al presente atto, ove non diversamente specificato, sono esenti dall’applicazione delle vigenti norme sulla tracciabilità in base

I requisiti, a pena di esclusione, devono risultare in possesso dei candidati alla data di scadenza del termine utile per la presentazione della domanda di

 Visione d’insieme sul mondo dei BIG DATA e degli strumenti di BUSINESS INTELLIGENCE e BUSINESS ANALYTICS: migliorare le decisioni operative e strategiche

L’unico onere che rimane a carico dei Clienti è la spesa per il conferimento dei reagenti usati presso alcune piattaforme dislocate sul territorio italiano dove i reattivi

Certottica è partner di progetto grazie ai 15 anni di esperienza nelle applicazioni delle diverse tecnologie del plasma ai trattamenti di superficie, ai laboratori