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4. INDAGINI GEOTECNICHE PER LA CARATTERIZZAZIONE DELLE TERRE

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4. INDAGINI GEOTECNICHE PER LA

CARATTERIZZAZIONE DELLE TERRE

Le indagini geotecniche hanno come obiettivo la caratterizzazione di un terreno e la raccolta delle informazioni necessarie alla ricostruzione di un modello geologico del sottosuolo che consenta la scelta del tipo di intervento più appropriato, evidenzi i problemi che eventualmente potrebbero insorgere in fase esecutiva di un opera di ingegneria e metta in luce potenziali rischi di natura geologica.

La caratterizzazione geotecnica comprende la definizione della stratigrafia del terreno, delle condizioni della falda e delle caratteristiche idrauliche e meccaniche del suolo.

Le indagini geotecniche si articolano in prove in situ e prove di laboratorio. Tali procedimenti devono essere definiti complementari e dovrebbero essere sempre utilizzati in parallelo, in modo tale da riuscire ad avere una valutazione il più completa possibile delle caratteristiche del terreno in esame. Naturalmente entrambe le metodologie di indagine possono presentare vantaggi e svantaggi e non sempre possono essere utilizzate entrambe: le prove di laboratorio su campioni indisturbati consentono una sperimentazione molto articolata ed accurata, ma spesso i campioni risultano, in una misura non sempre definibile con esattezza, disturbati dalle operazioni di prelievo; inoltre, in pratica risulta quasi impossibile prelevare campioni indisturbati da terreni incoerenti, per cui in tal caso è obbligatoria la scelta delle indagini in situ.

Con le prove in situ si opera generalmente su volumi maggiori di terreno e tra i pregi di questo tipo di indagine la possibilità di determinare profili stratigrafici e le

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caratteristiche fisiche e meccaniche degli strati che si incontrano nel corso dell’indagine anche se ciò che si misura non è in genere una proprietà diretta del terreno, ma una grandezza da correlare in modo più o meno incerto alle proprietà del terreno stesso (Lancellotta, 2004; Colombo e Colleselli, 1996; Viggiani, 1999).

4.1 PROVE DI LABORATORIO

Le indagini geotecniche di laboratorio permettono di classificare un campione dal punto di vista granulometrico, determinare le grandezze indice e la risposta meccanica ad un qualsiasi tipo di sollecitazione imposta.

Tali prove devono essere eseguite su campioni prelevati in situ. Si definisce un “campionamento ideale” quello che, nel corso delle operazioni di prelievo, altera solo lo stato tensionale del campione e come “campione indisturbato” si intende un campione che conservi la struttura, il contenuto d’acqua e la composizione chimica del terreno in loco e che risulti quindi rappresentativo ai fini della determinazione dei parametri di resistenza al taglio, deformabilità e permeabilità (Lancellotta, 2004).

Esistono vari metodi di campionamento, da cui si ottengono campioni di tipologia diversa, utilizzabili per prove di laboratorio. Di seguito sono riportate alcuni delle principali metodologie.

I campioni cubici sono campioni di grandi dimensioni ottenuti asportando materiale nell’area circostante alla porzione da prelevare, in modo tale che le deformazioni di compressione e di taglio, subite in questa fase, risultino minime ed il campione possa essere considerato di alta qualità (Lo Presti, 2000; Hight et al., 1992).

Il tipo di campionamento più comunemente effettuato è, però, quello che si ottiene prelevando un campione durante la fase di perforazione di sondaggi geognostici. In

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questo caso si possono ottenere campioni disturbati o indisturbati secondo la tecnica di perforazione utilizzata che forniranno informazioni differenti secondo il grado di disturbo (Tab. 5).

Caratteristiche geotecniche

determinabili Q1 Q2 Q3 Q4 Q5

Natura del terreno     

Composizione granulometrica    

Contenuto d’acqua   

Peso dell’unità di volume  

Caratteristiche meccaniche 

Campioni disturbati o rimaneggiati Disturbo limitato

Indisturbati

Tab. 5: Classi di qualità dei campioni (Q: Quality) (da Viggiani, 1999).

Campioni prelevati mediante i normali utensili da perforazione sono generalmente rimaneggiati (classi da Q2-Q4) e vengono conservati in apposite cassette catalogatrici. I campioni a disturbo limitato o indisturbati (Q4 e Q5) devono essere prelevati mediante cilindri campionatori o fustelle e conservati negli stessi cilindri con tappi a tenuta. Il cilindro campionatore deve essere infisso a pressione nel terreno senza movimenti di rotazione e/o oscillazione e il campione deve essere staccato dal fondo con un apposito utensile.

Un campionatore molto utilizzato è il campionatore Shelby: viene infisso a pressione e nella fase di recupero una valvola a sfera si chiude trattenendo il campione nel tubo (Fig. 19).

Fig. 19: Campionatore a tubo aperto a parete sottile con valvola a sfera di tipo Shelby (da Viggiani,

1996).

Il tubo a parete sottile funziona anche da contenitore. Ha un diametro compreso tra 80 e100 mm, ha uno spessore di 2 mm e una lunghezza di 600–1000 mm.

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Un altro tipo di campionatore è il campionatore a pistone ed è dotato di un pistone comandato da una colonna di aste, indipendente dalla colonna di tubi che comandano il cilindro campionatore (Fig. 20). Si infigge anch’esso a pressione e ha dimensioni simili allo Shelby; dà buoni risultati per terreni a consistenza molto ridotta (Tanaka et al., 1996).

Fig. 20: a) e b) – Campionatore a pistone (da Lancellotta, 2004).

Sabbie fini, sabbie contenenti modeste percentuali di limo e argilla e sabbie anche solo debolmente cementate, possono essere campionate discretamente mediante l’infissione di un tubo campionatore di tipo Ostberg (Pallara, 1999).

Campionatori a rotazione a doppia parete come ad esempio il campionatore Mazier con scarpa tagliente vengono invece utilizzati in terreni coesivi molto consistenti dove non è possibile l’infissione (Fig. 21).

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Fig. 21: Campionatore doppio di tipo Mazier (da Lancellotta, 2004).

4.1.1. Prove di classificazione

Le prove classificative che possono essere eseguite su un campione a composizione prevalentemente sabbiosa si suddividono in: A) determinazione del contenuto di acqua naturale; B) determinazione del peso di volume del terreno; C) determinazione dell’indice dei vuoti; E) determinazione del grado di saturazione del campione; F) prove granulometriche.

A) CONTENUTO DI ACQUA NATURALE (Wn)

Il contenuto in acqua naturale si ottiene su una porzione di materiale prelevato dal campione subito dopo la sua apertura.

Il valore di Wn si ottiene dalla differenza delle due pesate riferita al peso secco: Wn = [(Pu + T) – (Ps + T)] / [(Ps + T) – T]

Essendo: Pu = Peso del campione umido; Ps = Peso del campione essiccato;

T = Tara riferita al recipiente utilizzato per eseguirle la pesata.

B) PESO DI VOLUME (γ)

Il peso di volume corrisponde alla densità di un terreno in condizioni di umidità naturale e si determina pesando un campione di materiale di volume noto:

γ = P / V con: P = Peso del campione;

V = Volume iniziale del campione.

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C) INDICE DEI VUOTI (e)

Questo indice è definito come il rapporto tra il volume dei vuoti (Vv) ed il volume della fase solida (Vs) (Cestelli Guidi, 1981):

e = Vv / Vs = n / (1 – n) = [Gs * (1 + Wn) / γ]-1 Con: n = Porosità

L’indice dei vuoti iniziale per il campione, e0, risulta:

e0 = (V – Vs) / Vs = [V – (Ps / Gs)] / (Ps / Gs) Con: V = Volume iniziale del campione;

Vs = Volume del materiale secco; Ps = Peso del materiale secco.

E) GRADO DI SATURAZIONE (S%)

Si definisce come il rapporto, in percentuale, tra il volume dei vuoti occupato dall’acqua (Vw) e il volume dei vuoti totale (Vv):

S% = (Vw / Vv) * 100 = (Gs / e) * Wn * 100

Il grado di saturazione varia tra 0%, in un terreno asciutto, e 100% in un terreno saturo.

F) ANALISI GRANULOMETRICA

Lo scopo dell’analisi granulometrica è quello di determinare la distribuzione percentuale in peso dei grani, secondo le dimensioni dei grani stessi. La determinazione si esegue mediante setacci, per la frazione solida di dimensioni maggiori di 0,075 mm (ghiaie, sabbie e una piccola percentuale di limo), e mediante sedimentazione per particelle di dimensioni inferiori (limi ed argille) quando la percentuale di passante al setaccio inferiore (n° 200, maglia 0,075 mm) è maggiore del 20%.

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La prova si esegue secondo quanto previsto dalle norme AGI, le quali indicano la corretta procedura di esecuzione della prova. Sono utilizzati, generalmente, setacci della serie ASTM (standardizzati secondo la norma ASTM 1980-C136 e D422) impilati e disposti in ordine di apertura delle maglie decrescente (Fig. 22).

Fig. 22: A) e B) Colonna di setacci

L’analisi della sedimentazione si basa sulla legge di Stokes che lega la velocità di sedimentazione v di un insieme di sfere di diametro D in un fluido viscoso e la densità ρs delle sfere in sospensione (Lancellotta, 2004):

v = [(ρs – ρw) / 18ή] * gD2 con: ρw = Densità dell’acqua

ή = Viscosità del fluido = 1 * 10-3 Ns/m2; g = accelerazione di gravità.

I risultati ottenuti nel corso dell’analisi granulometrica vengono riportati su un diagramma semilogaritmico detto Curva granulometrica dove sulle ordinate è riportata la percentuale di materiale passante e sulle ascisse troviamo il diametro dei grani D in mm (AGI,1994, Lancellotta, 2004) (Fig. 23).

Al termine il terreno viene classificato in base al sistema di classificazione AGI (una granulometria minore di 0.002 mm identifica le argille, tra 0.002 e 0.06 il limi, tra 0.06 e 2 le sabbie, oltre 2 le ghiaiae).

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Fig. 23: Esempi di curve granulometriche (da Lancellotta, 2004)

4.1.2. Prove di taglio diretto

Lo scopo delle prove di taglio è quello di determinare i parametri di resistenza al taglio di un campione di terreno quali angoli di attrito φ e coesione c (nel caso di una campione sabbioso c risulta = 0).

Tali parametri sono propri dello scheletro solido del terreno.

Le modalità di preparazione dei provini variano secondo il tipo di terreno. Il rapporto diametro/altezza dei provini è suggerito dalle norme AGI.

La prova si esegue mediante una scatola di taglio nella quale viene inserito il provino precedentemente preparato. La porzione che va ad ospitare il provino è provvista di una piastra basale; due pietre porose di carburo di silicio o di altro materiale non attaccabile chimicamente dai fluidi interstiziali e capaci di assicurare un libero deflusso dell’acqua duranta la prova (permeabilità dell’ordine di 1*10-3 m/s); due piastre perforate con scanalature che, poste a contatto con il provino, sono capaci di trasmettere lo sforzo di taglio tangenziale al campione nel modo più uniforme possibile; una piastra tronco-piramidale superiore a cui è applicato il carico verticale (Fig. 24).

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Fig. 24: Scatola di taglio. A) Schema di una scatola di taglio per provini di sezione quadrata: a -

piastra di base, b - pietre porose, c-piastre perforate con scanalature, d - piastra superiore tronco-piramidale (da AGI, 1994); B) Foto di una scatola di taglio utilizzata per le prove di laboratorio. I carichi verticali sono applicati mediante una leva di carico e il sistema deve essere in grado di mantenere i carichi applicati per tutta la durata della prova (Fig. 25). Gli spostamenti verticali sono rilevati con un micrometro (comparatore bimillesimale di corsa) avente precisione di 0,002 mm.

Fig. 25: Apparecchiature per le prove di taglio. A) Schema dell’applicazione dei carichi. Il carico

totale dato al provino, pari a W, risulta dato da: W = Wh + Wb x b/a + (Wj + W2) *c/a (da AGI, 1994); B) Foto delle macchine di taglio utilizzate.

Per individuare l’inviluppo di rottura si eseguono almeno tre prove su tre provini diversi, ciascuno consolidato ad una diversa pressione verticale.

A

B

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Ultimata la fase di consolidazione si impone una velocità di spostamento orizzontale sufficientemente lenta da consentire la dissipazione di sovrapressioni interstiziali. La fase di taglio è eseguita a velocità di deformazione controllata e variabile tra 0,0003 mm/min e 1 mm/min (Lancellotta, 2004) (Fig. 26).

Fig. 26: A) Schema del funzionamento di una scatola di taglio; B) Taglio del provino (da Dellana,

2001).

Durante la fase di rottura le letture vengono eseguite ad intervalli di tempo regolari. La prova continua finché non si individua il raggiungimento della resistenza di picco del materiale o fino ad avere quattro letture consecutive che indichino un decremento dello sforzo di taglio, o fino al raggiungimento di uno spostamento orizzontale pari al 20% del diametro del provino.

Si diagrammano i valori della tensione di taglio a rottura τ = T/A (con A = sezione del provino; T = sollecitazione di taglio) in funzione delle tensioni normali σ‘ = N/A (con N = forza assiale) in questo modo si possono determinare i parametri di resistenza al taglio (c’ e φ‘) di picco e in modo analogo, riferendoci ai valori ultimi di τ e σ‘, si ottengono i parametri (c’ e φ‘) relativi alla resistenza residua (AGI, 1994; Lancellotta 2004).

Per un terreno incoerente come ghiaie, sabbie e limi non plastici, l’inviluppo di rottura con riferimento a Mohr-Coulomb (paragrafo 3.2), per basse tensioni può essere considerato rettilineo, mentre per tensioni elevate risulta marcatamente non lineare (Fig. 27) (Wu, 1996).

A

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Fig. 27: Inviluppo di rottura per terreni incoerenti (da Wu, 1996).

4.2 PROVE IN SITU

Le indagini in situ possono essere dirette (sondaggi) o indirette (prove penetrometriche statiche e dinamiche) e hanno come principale pregio quello di permettere la determinazione dei profili stratigrafici e delle caratteristiche fisiche e meccaniche medie di ciascuno strato del sottosuolo.

Nella sezione seguente saranno descritte le tecniche di indagine in situ i cui risultati sono stati utilizzati nell’ambito di questa tesi per lo studio delle coperture del Macigno: sondaggi e prove SPT; prove penetrometriche dinamiche.

4.2.1. Sondaggi e prove SPT

I sondaggi consentono un’ispezione diretta del terreno e sono utilizzati per la ricostruzione stratigrafica, per il prelievo di campioni per analisi di laboratorio e per l’esecuzione di prove in situ quali le prove SPT. Nei fori di sondaggio possono essere installate anche apparecchiature di misura quali piezometri, inclinometri, assestimetri, ecc.

Il sondaggio è una perforazione del terreno eseguita con un’attrezzatura denominata sonda.

Se lo scopo del sondaggio è quello di individuare il profilo stratigrafico del terreno e prelevare campioni, il sondaggio dovrà essere eseguito con attrezzature che

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consentano il prelievo di carote continue, in tal caso si parla di carotaggio continuo; se invece lo scopo è solo quello di installare altre attrezzature di misura si può operare a distruzione di nucleo.

I sondaggi a distruzione di nucleo possono essere eseguiti mediante un’elica che, ruotando, penetra nel terreno, o a percussione in cui si utilizza uno scalpello e una curetta che vengono fatti avanzare a battitura mediante un maglio o a caduta.

La maggior parte dei sondaggi viene eseguita a carotaggio continuo a rotazione. L’utensile di perforazione è in questo caso rappresentato da un tubo carotiere (semplice o doppio) che presenta all’estremità una corona dentata (tagliente). I diametri normalmente vanno da 75 a 150 mm e l’avanzamento viene realizzato applicando contemporaneamente all’utensile, attraverso una batteria di aste, una spinta e una rotazione. La perforazione può avvenire a secco o mediante l’immissione di un fluido di perforazione (acqua, fango, aria compressa) che fluisce attraverso le aste interne (circolazione diretta) o attraverso le pareti del foro (circolazione inversa). L’utilizzo di fluidi aumenta la velocità di avanzamento e permette una certa stabilizzazione delle pareti del foro, ma non è propriamente indicato per terreni poco coesivi. Questo inconveniente viene però minimizzato grazie all’utilizzo di carotieri doppi, costituiti da due pareti delle quali solo l’esterna ruota, mentre l’interna accoglie il materiale.

Il foro può essere stabilizzato mediante l’infissione di tubi di rivestimento per battitura o eseguendo lo scavo in presenza di un fluido costituito da una sospensione in acqua di bentonite (un’argilla caratterizzata da elevata plasticità).

L’estrazione dei campioni viene eseguita attraverso l’uso di campionatori differenti secondo le caratteristiche del terreno e del tipo di campione che si desidera prelevare (paragrafo 4.1).

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I risultati delle indagini devono fornire una rappresentazione chiara e dettagliata, per cui risulta opportuno utilizzare simbologie e termini descrittivi consigliati dalle raccomandazioni AGI (1977) (Lancellotta, 2004).

Nel corso della perforazione può essere eseguita la prova SPT (Standard Penetration Test) che appartiene a quel gruppo di prove in situ che forniscono risultati che possono essere correlati, anche se solo empiricamente, con le proprietà di un terreno (Jamilkoswski et al. 1988). Questo però fa si che fattori quali la composizione mineralogica del terreno, sforzi agenti sul sito, stato tensionale, cementazione, sensitività ecc. limitino le correlazioni possibili.

Questo tipo di prove viene richiesto particolarmente per terreni granulari quali sabbie e sabbie con ghiaia.

Fig. 28: a) e b) Campionatori, con le relative dimensioni, utilizzati in prove SPT (da Cestari, 1990).

La prova consiste nel far cadere un maglio di 63,5 kg da un’altezza di 760 mm (altezza assicurata da un meccanismo di sgancio automatico) su una testa di battuta in acciaio anvil fissata rigidamente alla sommità di una batteria di aste alla cui estremità è avvitato un campionatore di dimensioni standard (Fig. 28) apribile longitudinalmente e provvisto di una valvola di non ritorno da permettere la fuoriuscita di acqua o di fango durante la penetrazione (Fig. 29). In numero di colpi

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N che serve alla penetrazione del campionatore per una profondità di 300 mm è il

dato che si assume come l’indice della resistenza alla penetrazione (NSPT).

Fig. 29: Schema, non in scala, di una prova SPT (da Cestari, 1990).

Questa tecnica è stata messa a punto da Raymond negli U.S.A. negli anni venti e si è successivamente diffusa a livello internazionale grazie agli studi di Terzaghi; in Italia è stata introdotta agli inizi degli anni 60.

Attualmente la prova è compresa negli standard ASTM (D.1586-67 riapprovata nel 1974; revisione D.1586-84; D.4633-86 che viene fornito uno standard per il metodo di misura dell’energia cinetica teorica sviluppata da un colpo di maglio). L’AGI ha incluso la prova SPT nelle raccomandazioni per le indagini geotecniche (1977). L’associazione Geotecnica Internazionale (ISSMFE) ha emesso nel 1985-88 una procedura di riferimento per la misura del rendimento del sistema di battitura. L’Eurocodice 7 descrive la prova standard, l’attrezzatura, fattori di correzione, rendimento del sistema di battitura, i dati che devono accompagnare il risultato e le applicazioni dei risultati.

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Infine è stato pubblicato un documento di valore europeo ed internazionale: EN ISO 22476-3: 2003 che viene generalmente assunto come documento di riferimento per la prova.

Il foro di sondaggio dovrà essere pulito prima dell’inizio della prova. Il campionatore e le aste sono fatte scendere nel foro, poi viene assemblato il dispositivo di battitura. La penetrazione iniziale, dovuta al peso dell’attrezzatura viene annotata. Il campionatore viene quindi fatto penetrare per un tratto di 150 mm, detto sealting drive mediante una serie di colpi forniti dal dispositivo standard. Successivamente il campionatore viene fatto penetrare, con le stesse modalità, per un tratto di 300 mm suddiviso in due incrementi di 150 mm ciascuno (Nne Nn+1).

Questo tratto è detto test drive. Se si raggiungono i 50 colpi per la penetrazione (Nn+Nn+1) la prova si considera conclusa anche se nelle rocce tenere il numero

totale di colpi può essere aumentato fino a 100. Generalmente però si arresta la prova in base alla norma ASTM D.1586-84 che prevede che la prova possa essere interrotta quando si raggiungono i 50 colpi per la penetrazione di uno qualsiasi dei 3 tratti di 150 mm (come in AGI, 1977), o dopo 100 colpi complessivi, o dopo 10 colpi successivi in assenza di un’apprezzabile penetrazione del campionatore. I risultati della prova dovranno essere interpretati come valori di NSPT e l’interpretazione dovrà considerare una serie di correzione quali il valore dell’energia che entra nelle aste con un colpo (rendimento o N60) e la perdita di energia per la lunghezza delle aste.

La prova SPT consente di determinare la resistenza che un terreno offre alla penetrazione dinamica di un campionatore infisso a partire dal fondo del foro di sondaggio. Permette di valutare la consistenza in terreni argillosi e, nelle sabbie, offre la possibilità di calcolare il valore della densità relativa Dr. Per la

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determinazione della densità relativa tra le varie correlazioni presenti in letteratura si cita ad esempio la relazione di Gibbs e Holtz (Fig. 30).

Fig. 30: Relazione tra NSPT e densità relativa Dr nelle sabbie. Correlazione di Gibbs e Holtz, 1957.

(da Cestari, 1990).

Disponendo dei valori di SPT normalizzati o dei valori di N1(60) (paragrafo 6.2.2) si può far riferimento rispettivamente alle tab. 6 e 7 (Terzaghi e Peck, 1967; Gibbs e Holtz, 1957, Raccomandazioni AGI, 1977; Clayton, 1995).

NSPT Addensamento Dr (%) 0-4 Molto sciolti 0-15 4-10 Sciolti 15-35 10-30 Mediamente addensati 35-65 30-50 Addensati 65-85 > 50 Molto addensati 85-100

Tab. 6: Relazione di Gibbs e Holtz , 1957 (da

Cestari, 2005). (N1)60 Classificazione Dr (%) 0-3 Molto sciolti 0-15 3-8 Sciolti 15-35 8-25 Mediamente addensati 35-65 25-42 Addensati 65-85 42-58 Molto addensati 85-100

Tab. 7: Relazione di Clayton, 1995 (da Cestari,

2005).

Nelle sabbie si può inoltre risalire all’angolo di resistenza al taglio di picco drenata mediante diversi tipi di correlazioni, tra cui:

- De Mello (1971) sulla base dei risultati di Gibbs e Holtz (1957) ricava φ’ da NSPT (Fig. 31);

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- Hatanaka e Uchida (1996) ottengono φ’ da N1 (con valore di NSPT corretto per lo sforzo verticale efficace σ’v0);

- Schmertmann (1978) ricava φ’ da Dr per differenti composizioni granulometriche (Fig. 32).

Le prove SPT, sulle sabbie, consentono inoltre di ricavare i valori di deformabilità, il modulo di taglio per piccole deformazioni e permettono di fare una valutazione del potenziale di liquefazione (Cestari, 1990; 2005; Lo Presti e Puci, 2001).

4.2.1. Prove penetrometriche dinamiche

Le prove penetrometriche dinamiche o DP consistono nell’infiggere verticalmente nel terreno una punta conica metallica posta all’estremità di un’asta di acciaio prolungabile con l’aggiunta di aste successive. L’infissione avviene per battitura, facendo cadere sulla sommità delle aste, da un’altezza costante un maglio. Durante la prova si contano i colpi necessari alla penetrazione di ciascun tratto di lunghezza definita (Fig. 33).

Questo tipo di prova permette di valutare la resistenza al taglio φ’ e la densità relativa Dr dei terreni, la deformabilità, soprattutto se questi sono di tipo granulare, Fig. 31: Relazione tra Dr e φ’ in termini di sforzi

efficaci delle sabbie. Relazione di De Mello, 1971 (da Cestari, 2005).

Fig. 32: Relazione tra φ’ (drenato) delle sabbie e

Dr per varie granulometrie di terre granulari. Relazione di Schmertmann, 1978 (da Cestari, 2005).

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la profondità di strati diversamente addensati e, se tarato con indagini dirette, consente di determinare il profilo stratigrafico.

Fig. 33: Schema esemplificativo della prova penetrometrica dinamica. a) Penetrometro; b)Estrattore

idraulico; c) Esempio di grafico e delle informazioni essenziali (da Cestari, 1990).

La causa principale di imprecisioni nella misura della resistenza del terreno è dovuta all’attrito laterale lungo la batteria di aste; inoltre esistono molte differenze tra modelli diversi di penetrometro. Tra le principali diversità: il peso del maglio (10-100 Kg), l’altezza di caduta (200-760 mm), il diametro della punta (22-63 mm), la forma della punta, il diametro esterno delle aste (16-45 mm), la penetrazione di riferimento (100-300 mm), il metodo per ridurre l’attrito laterale. In ogni caso esistono degli standard che prevedono che: per limitare la resistenza all’attrito durante la caduta il maglio sia dotato di una guida; il meccanismo di sgancio sia

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automatico ed assicuri una caduta libera costante; la testata di battuta sia in acciaio ad elevata resistenza (anvil) e fissato rigidamente alla sommità delle aste; la punta conica abbia un’apertura di 90°; l’acciaio delle aste sia ad elevata resistenza.

A causa, però, delle differenze nelle apparecchiature e dato che l’affidabilità dipende dai dettagli della procedura, la prova viene spesso considerata “rozza”, anche se questa tecnica è molto diffusa perchè ha il grande vantaggio di essere semplice ed economica.

Una classificazione basata unicamente sulla massa del maglio (Stefanoff et al., 1988) suddivide i penetrometri attualmente in uso in Italia in quattro tipologie:

1. Penetrometro dinamico leggero DPL (Dynamic Probing Light): ha il maglio di massa minore di 10 Kg e può arrivare ad una profondità di indagine di 8 m;

2. Penetrometro dinamico medio DPM (Dynamic Probing Medium): comprende le attrezzature che usano un maglio di massa intermedia che va da 10 a 40 Kg e può raggiungere i 20-25 m di profondità;

3. Penetrometro dinamico pesante DPH (Dynamic Probing Heavy): ha

un maglio di massa tra 40 e 60 Kg e la prova non supera i 25 m.

4. Penetrometro dinamico superpesante DPSH (Dynamic Probing Super-heavy): i penetrometri più diffusi di questo tipo hanno un maglio di massa maggiore di 60 Kg e possono raggiungere una profondità di indagine superiore a 25 m.

Le prove DP si eseguono generalmente a partire dal piano di campagna. Il penetrometro deve essere posizionato verticalmente in modo tale che le aste e la punta conica vengano infisse anch’esse lungo la verticale.

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La prova è continua e quindi non possono essere effettuate soste maggiori di 5 minuti e la velocità di battuta deve essere mantenuta costante tra 15 e 30 colpi al minuto. Per diminuire l’attrito laterale può essere iniettata acqua o fango o può essere utilizzata una tubatura di rivestimento (casing).

Nel corso dell’esecuzione della prova si annota il numero di colpi necessario alla penetrazione di ciascun tratto di 100 mm (N10: numero di colpi per 10 cm di penetrazione) nel caso di penetrometri di tipo leggero, medio o pensate e di 100-200 mm (N20: numero di colpi per 20 cm di penetrazione) per penetrometri di tipo superpesante. Il campo operativo varia per N10 tra 3 e 50 colpi e per N20 tra 5 e 100. Generalmente la prova si interrompe quando il numero di colpi supera il doppio del valore massimo o quando il valore massimo è continuamente superato per 1 m di penetrazione.

La resistenza del materiale è inversamente proporzionale alla penetrazione per ciascun colpo e direttamente proporzionale al numero di colpi.

I risultati delle prove possono essere influenzati dal tipo di terreno indagato, dalla presenza della falda e da fattori dipendenti dall’attrezzatura: a parità di condizioni, la resistenza alla penetrazione aumenta all’aumentare della densità relativa Dr, del grado di cementazione e in terreni con clasti scabri, a spigoli vivi o con ciottoli; nei terreni granulari, a parità di altre condizioni, la resistenza alla penetrazione sotto falda risulta minore a causa del minor sforzo verticale efficace, mentre nei terreni fini, a causa del fenomeno della capillarità, può rimanere uguale o essere addirittura più elevata.

La norma EN ISO 22476-3:2003 (CEN/TC 341) prevede obbligatoriamente che sia noto il rendimento del dispositivo di battuta e che il numero di colpi venga corretto (N10(60) o N20(60)), inoltre la norma prevede che il calcolo del rendimento (media di

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almeno 5 colpi) venga eseguito per ciascun dispositivo e periodicamente ripetuta. In realtà risulta che solo un costruttore abbia misurato, “una tantum”, il rendimento di un dispositivo superpesante (Pagani DPSH) che risulta essere prossimo al 73%. Per penetrometri medi e leggeri di cui non si conosce il valore di rendimento risulta impossibile la normalizzazione dei valori misurati. Un vantaggio delle attrezzature più leggere rispetto al DPSH risulta però quello di avere una maggiore sensibilità e permette di rilevare in maggior dettaglio le variazioni stratigrafiche dei terreni. Dai risultati della prova si cercano i valori della resistenza unitaria alla punta rd o

della resistenza dinamica alla punta qd o, come nel caso delle prove SPT, si cerca di

arrivare ad un valore normalizzato del numero di colpi. Le correlazioni empiriche tra i risultati di una prova penetrometrica dinamica e i principali parametri geotecnici esistenti in letteratura fanno riferimento essenzialmente alle prove SPT. Tra le varie correlazioni utilizzabili, infatti, troviamo quella tra l’angolo di attrito φ’ e la densità relativa Dr (%), per terreni a differente granulometria, sviluppata da Schmertmann (1977) e già utilizzata per le prove SPT (Fig. 32), e un diagramma che correla il numero di colpi e la pressione verticale effettiva σ’v0 all’angolo di attrito di picco per sabbie cementate e mediamente compressibili (Fig. 31)(De Mello, 1971). Per la densità relativa si può inoltre utilizzare il metodo di Gibbs e Holtz (Fig. 30) (Cestari, 1990; 2005; Colombo e Colleselli, 1996; Lancellotta, 2004).

In generale, in letteratura, tra le correlazioni più frequentemente utilizzate per identificare l’angolo di resistenza al taglio troviamo: Road Bridge Specification valido per sabbie fini o limose; Japanese National Railway per sabbie medie-grosse fino a ghiaiose; De Mello valido per le sabbie in genere; Owasaki e Iwasaki per sabbie da medie a debolmente ghiaiose; Sowers e Malcev; Peck-Hanson e

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Thornburn Meyerhof; Schmertmann, metodo di correlazione indiretta utilizzato anche nelle prove penetrometriche statiche.

La densità relativa può essere ricavata mediante: Gibbs e Holtz valido per sabbie da fini a grossolane; Schultze e Mezembach per sabbie da fini a ghiaiose; Skempton buono per sabbie da fini a grossolane.

Dato che non esiste un metodo di correlazione esatto tra il numero di colpi misurato e la litologia degli strati attraversati, si può effettuare una sorta di correlazione solamente assimilando la procedura di infissione delle aste e del rivestimento a quella di pali battuti di piccolo diametro. Per tali tipologie di pali, esistono in letteratura indicazioni che legano i valori di resistenza laterale all’infissione, alla litologia. La correlazione è effettuata mediante l’utilizzo del rapporto tra numero di colpi della punta e numero di colpi del rivestimento (Tab. 8) (Di Bernardo e Dal Corso, 1996; Lo Presti e Puci, 2001).

Npunta/Nrivestimento Litologia < 0,25 Argilla

0,25-0,40 Argilla con limo o sabbia 0,40-0,70 Limo

0,70-2,25 Sabbia con limo o limosa

2,25-4 Sabbia o ghiaia con matrice plastica > 4 Ghiaia o ghiaia più sabbia

Tab. 8: Relazione tra il rapporto tra numero di colpi della punta e numero di colpi del rivestimento e

litologia basate su un’ampia casistica di prove penetrometriche dinamiche (da Di Bernardo e Dal Corso, 1996).

Figura

Tab. 5: Classi di qualità dei campioni (Q: Quality) (da Viggiani, 1999).
Fig. 20: a) e b) – Campionatore a pistone (da Lancellotta, 2004).
Fig. 21: Campionatore doppio di tipo Mazier (da Lancellotta, 2004).
Fig. 23: Esempi di curve granulometriche (da Lancellotta, 2004)
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Riferimenti

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