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57 II

PRODUZIONI LOCALI E IMPORTAZIONI DI CERAMICA A VERNICE NERA A HIPPONION-VIBO VALENTIA TRA III E I SEC. A.C.

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LA CERAMICA A VERNICE NERA IN MAGNA GRECIA TRA III E I SEC. A.C. UNA NUOVA PROSPETTIVA DI STUDIO.

Ormai più di un trentennio fa, dopo le pioneristiche opere di Agnes Lake, Nino Lamboglia e Doris Taylor128, J. P. Morel redigeva la sua monumentale tipologia, creando una stretta griglia cronologica che, per quanto più volte messa in discussione e ricalibrata, continua ancora oggi a costituire il punto di riferimento per lo studio della ceramica a vernice nera. Attraverso un duplice approccio, distributivo e quantitativo, Morel tentò a suo tempo di individuare le principali produzioni locali e regionali dell’Italia antica e di definirne gli areali di diffusione, acquisizioni che sono state oggi precisate e arricchite grazie a nuovi lavori129.

A Luigi Pedroni, ad esempio, si devono le ricerche sulla nascita e lo sviluppo della produzione della colonia latina di Cales, a Franca Cibecchini e Jordi Principal una migliore definizione delle problematiche della Campana B, a Luigi Palermo di quelle relative alle fabbriche volterrane, a Enrico Angelo Stanco la riorganizzazione “per produzioni” del lavoro di Morel sulla ceramica a vernice nera dell’area etrusco-laziale, a Douwe Yntema la realizzazione del conspectus formarum della ceramica a pasta grigia pugliese e del golfo di Taranto130.

Numerosi incontri e tavole rotonde hanno sempre di più promosso le nuove frontiere dell’approccio archeometrico, sottolineandone i vantaggi (ma

128 LAKE 1934-1935; LAMBOGLIA 1952; TAYLOR 1957. 129 MOREL 1981.

130 PEDRONI 2001; CIBECCHINI-PRINCIPAL 2004; PALERMO 2003; STANCO 2009; YNTEMA

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anche i limiti) per l’attribuzione delle varie produzioni a precisi comprensori131.

La limitata edizione dei contesti, nonché il peso di alcune pregiudiziali posizioni storiografiche132, fecero si che Magna Grecia e Sicilia (con l’ovvia esclusione della Campania e delle Isole Eolie) rimanessero a suo tempo ai margini del lavoro di Morel; ad essere particolarmente penalizzato fu il territorio dell’attuale Calabria, con soli otto esemplari inseriti nella tipologia.

Oggi, a trent’anni di distanza, il quadro dei dati a nostra disposizione si è ovviamente arricchito rispetto a quello noto al Morel; lo stesso non si può dire della conoscenza delle dinamiche di diffusione e della cronologia delle varie produzioni, rimasta in sostanza ancora ferma agli anni ’80.

Chi opera e ricerca in Magna Grecia e Sicilia è ben cosciente delle difficoltà che si incontrano nel trovare confronti morfologici puntuali nell’ambito della classificazione di Morel, nell’attribuire i materiali alle produzioni note e, soprattutto, nel ricondurre il quadro di sintesi emerso dalle proprie ricerche a quello più generale sulla ceramica a vernice nera dell’Italia antica.

Produzioni locali di modesta entità, funzionali a soddisfare il fabbisogno interno, che si esauriscono entro la fine del III sec. a.C. soppiantate dalla massiccia diffusione della Campana A neapolitana e della B etrusco-costiera fino alla comparsa della terra sigillata italica, con le produzioni a pasta

131 FRONTINI GRASSI 1998. Per una sintesi aggiornata della bibliografia relativa alle indagini

archeometriche sulla ceramica a vernice nera si rimanda al più recente contributo di OLCESE

2006. Di recente (24-26 gennaio 2011), si è svolto a Roma l’Immensa Aequora Workshop, seminario internazionale di studi organizzato dall’Università di Roma “La Sapienza”, in cui è stato tracciato un bilancio dello stato delle ricerche archeologiche e archeometriche anche relativamente alla ceramica a vernice nera, con particolare riferimento al bacino occidentale del Mediterraneo.

132 All’epoca, com’è noto, la prospettiva di Morel tendeva a legare in un rapporto di causa ed

effetto il successo delle produzioni centro-italiche (la Campana A in primis) con la mancanza di dinamismo commerciale delle città magno-greche (MOREL 1976). Contra vedi le recenti

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grigia del versante ionico e la C siracusana uniche sopravvissute di una tradizione produttiva plurisecolare interrotta, come per magia, all’indomani del conflitto annibalico. Questo, in sintesi, il quadro, ancora oggi prevalente nella letteratura archeologica, della ceramica a vernice nera in Magna Grecia e Sicilia tra IV e I sec. a.C. L’idea è quella di territori depressi sotto il profilo delle attività imprenditoriali e artigianali, incapaci di reagire alla crisi prodotta dalla seconda guerra punica divenendo tributari dell’Italia centrale tirrenica.

Si tratta, in realtà, di un’impalcatura basata essenzialmente sull’analisi dei contesti del Foro Romano e del Palatino, di Cales, Veio, Cosa, Volterra133 e di molti altri siti dell’Italia centrale, che esclude del tutto importanti centri magnogreci e sicelioti come Velia, Crotone e Messina e ne considera superficialmente altri come Taranto, Reggio e Siracusa134. La temperie culturale è la stessa del noto studio di Arnold Toynbee che, sulla scia della celebre notazione ciceroniana (Lael., 4, 13) circa la decadenza della Magna Grecia sotto il dominio di Roma, ha condizionato intere generazioni di studiosi nell’interpretazione delle evidenze archeologiche del tardo ellenismo magnogreco e siceliota135. Nel campo della produzione ceramica, ciò ha portato fin troppo facilmente a considerare la ceramica a vernice nera come un importante indicatore di “romanizzazione” per molte aree dell’Italia antica (e ciò è vero per zone come il Piceno e l’Emilia, ad esempio)136, dimenticando

133 Il lavoro di Morel, in sostanza, trae le mosse dalla grande quantità di ceramica a vernice

nera rinvenuta negli scavi del Foro Romano e del Palatino (MOREL 1965 e 1969), estendendosi

successivamente al resto dell’Italia centrale beneficiando, in particolar modo per l’area etrusca, dell’allora recente repertorio M. Pasquinucci sulla ceramica a vernice nera del museo Guarnacci di Volterra (PASQUINUCCI 1972).

134 MOREL 1981, pp. 41-45; a riguardo, si vedano le considerazioni di MOLLO 2006, pp.

193-194.

135 TOYNBEE 1983. Al topos storiografico della decadenza della Magna Grecia in età romana è

stato dedicato, qualche anno fa, il XLIV Convegno di Studi sulla Magna Grecia, tenutosi a Taranto nel 2004 (ACT XLIV, 2005). Sull’argomento, per ultimo, LA TORRE 2011, pp.

147-149, 224-247.

136 Sulla ceramica a vernice nera come importante indicatore di “romanizzazione”, per ultima,

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come tale assioma non sia applicabile tout court alla Magna Grecia e alla Sicilia, territori sede di importanti tradizioni produttive sin dall’età arcaica da cui Roma stessa trae ispirazione.

Solo un esempio. L’Atelier des Petites Estampilles, produzione identificata da J. P. Morel come emblema del dinamismo commerciale romano della media repubblica, certamente importante indicatore di “romanizzazione” per molte zone dell’Italia centrale, è stata fino a non molto tempo fa considerata una creazione “tipica” dell’area romano-laziale, tanto che ancora oggi è abbastanza frequente imbattersi in pubblicazioni relative all’Italia meridionale e alla Sicilia in cui ceramica di produzione locale viene classificata come vernice nera “tipo Petites Estampilles”137.

Si dimentica che le decorazioni stampigliate, di derivazione attica, caratterizzano numerose produzioni magno greche e siceliote già a partire dall’età tardo classica e proto-ellenistica; molto ben conosciuta, ad esempio, è la produzione delle officine locresi138. Le recenti ricerche di Enrico Angelo Stanco hanno messo molto bene in evidenza come la produzione romana tragga spunto e si articoli per circa un secolo (dalla fine del IV alla fine del III sec. a.C.) rielaborando proprio motivi di derivazione magnogreca, secondo una sequenza cronologica che va di pari passo con l’intensificarsi dei contatti con l’area campana prima, all’indomani della seconda guerra sannitica (326-304 a.C.) e con quella tarantina poi, conclusa l’esperienza pirrica (282-275 a.C.). Le officine romane, prime nella ricezione delle novità, diventano a loro volta creatrici di modelli che vengono poi trasmessi alle altre produzioni, in primo luogo quelle dell’area capenate e falisca139.

137 MOREL 1969.

138 PREACCO ANCONA 1989.

139 STANCO 2009, PP. 158-159; Alla definizione di Atelier des Petites Estampilles si è oggi

sostituita quella di Gruppo dei Piccoli Stampigli (GPS), maggiormente rappresentativa della molteplicità dei centri produttori identificati.

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Per tale ragione, il fatto di definire “pre-campane” le ceramiche a vernice nera prive di decorazioni prodotte in Italia centrale, Magna Grecia e Sicilia tra IV e III a.C. è profondamente errato: semmai, è la Campana A ad essere una produzione post magnogreca e non viceversa140.

Su questo versante, tuttavia, ci si accorge ben presto di come il dibattito sia sterile. Proprio la Campana A, la ceramica “internazionale” per eccellenza del floruit economico e commerciale romano del II sec. a.C., rinvenuta ovunque da Delo alla Spagna, è, in fin dei conti, la produzione di una polis magnogreca inserita nel sistema romano, Neapolis, la città del foedus aequus del 326 a.C., di istituzioni, lingua e cultura ancora gelosamente greche fino all’età augustea, come ci ricorda un noto passo di Stabone (6, 1, 2).

Esiste un filo conduttore che lega le ingenti ricchezze accumulate, anche grazie al commercio ceramico, dai mercatores romani, italioti e italici e i ricchi apparati decorativi delle domus della Pompei sannitica141. Diverse dinamiche di proventi, comunque inserite nello stesso sistema socio-economico, vanno ricercate per spiegare tanto le sfarzose oreficerie delle sepolture tarantine quanto la fervida attività edilizia, sia pubblica che privata, che caratterizza le città della Sicilia settentrionale nel corso del II sec. a.C., passando per gli ipogei dipinti della Daunia e la sepoltura con coppa in vetro e oro di Tresilico (RC)142.

Non è retorico affrontare lo studio della ceramica a vernice nera restituita da un centro magnogreco, nello specifico Vibo Valentia-Hipponion, partendo da queste considerazioni. Solo prendendo coscienza del ruolo attivo svolto dalla Magna Grecia e dalla Sicilia nel nascente sistema romano, già nel

140 MOREL 1981, p. 49.

141 Sul ruolo delle élites locali, dei mercatores e dei negotiatores nella produzione

manifatturiera di età repubblicana cfr. MOREL 1996.

142 LA TORRE 2011, pp. 147-148. Sugli ipogei della Daunia cfr. VOLPE 1990; sulla sepoltura di

Tresilico cfr. OPPIDO 1999; per lo sviluppo urbanistico delle città della costa settentrionale

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corso del III sec. a.C. e poi, in forme diverse, dopo la seconda guerra punica, sarà possibile dare il giusto significato, economico, sociale e cronologico, alle varie manifestazioni della cultura materiale, tra cui la ceramica a vernice nera. È una questione di prospettiva storica prima ancora che un problema tecnico per esperti di ceramica.

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64 METODOLOGIA DI ANALISI.

Non sempre, purtroppo, chi si è cimentato nello studio e nella pubblicazione di ceramica a vernice nera in Magna Grecia e Sicilia, ha mostrato consapevolezza per i temi appena discussi.

Sfogliando la bibliografia ci si trova di fronte ad una selva di tipologie locali, tanto facili da creare quanto inutili se svincolate dai contesti di riferimento. Su quest’ultimo aspetto, l’utilizzo improprio delle datazioni Morel ha spesso finito addirittura per inficiare la validità stessa dei dati editi, portando a sottovalutare il potere informativo, anche notevole, di alcune documentazioni, come ad esempio i contesti funerari, per preferire puntuali datazioni ad annum ottenute per confronto grafico tra le forme.

Dopo aver esaminato una considerevole base bibliografica, bisogna avere la franchezza di affermare che il lavoro di J. P. Morel, piuttosto che uno strumento di analisi (e con tale scopo era nato), è finito per costituire un comodo strumento di laboratorio per datare velocemente materiali e stratigrafie.

Per giungere a datazioni attendibili è necessario invece valorizzare al massimo, nell’ambito di ciascuna ricerca, i contesti di rinvenimento, in special modo quelli “chiusi” come possono essere le sepolture, per documentare, attraverso lo studio delle associazioni di varie classi di materiali, quali forme sono caratteristiche di un momento cronologico piuttosto che di un altro, verificando eventuali fenomeni di comparsa precoce o di attardamento. Si tratta di un lavoro certosino, spesso poco appagante, che in Magna Grecia, oltre al noto caso del progetto “Taranto”143, poche ricerche possono vantare e che

143 Sulle sequenze cronologiche elaborate nell’ambito del progetto “Taranto” cfr. LIPPOLIS

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costituisce un’imprescindibile e solida base metodologica su cui costruire ogni discorso di tipo storico.

Il passo successivo, è quello di estendere l’indagine in modo diatopico, per verificare se le stesse associazioni siano confermate in un’area omogenea dal punto di vista geografica e culturale, per ricostruire in modo attendibile dinamiche e flussi commerciali.

Nel nostro caso, purtroppo, solo una quantità minima del materiale analizzato proviene da contesti “chiusi” e stratigraficamente attendibili. Si tratta di un nucleo ridotto di ceramica a vernice nera rinvenuto nei corredi della necropoli ellenistica di località Piercastello. Gran parte dei reperti, invece, è stata messa in luce nel corso degli anni ’70 e ’80 senza l’utilizzo del metodo stratigrafico, mentre in un caso, quello dello scavo urbano di Viale della Pace, tutta la ceramica a vernice nera è stata rinvenuta in forma residuale in stratigrafie più recenti, prodottesi in seguito all’impianto di un possente muro in opera reticolata che ha del tutto stravolto le preesistenti fasi di età repubblicana.

Nel tentativo di applicare ugualmente il metodo sopra descritto, è stata presa in esame una vasta area geografica, comprendente tutto il Tirreno meridionale, dal golfo di Policastro alla Sicilia occidentale, includendo ovviamente anche il versante ionico dei Bruttii ed estendendo la ricerca anche ai principali siti della Lucania interna e dell’Apulia (TAV.6,1)144.

All’interno della bibliografia, si è cercato di operare quanto più possibile un’opera di bonifica delle datazioni Morel, tentando di valorizzare, la dove possibile, l’esistenza di un contesto cronologico e di materiali associati. I risultati si sono rivelati più che soddisfacenti. In molti casi, infatti, proprio attraverso disegni, foto o elenchi di materiali, si è potuta verificare, per i singoli

144 È stata presa in considerazione una vasta base bibliografica, di volta in volta citata in nota

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oggetti, l’esistenza di informazioni cronologiche di tipo “contestuale”, diverse da quelle presentate dai loro editori.

Solo un esempio. La pisside F2983 (cat. 72), datata da Morel nella prima metà del III sec. a.C.145, nella necropoli vibonese di Piercastello è associata, in un contesto tombale di cronologia più bassa (tomba C4, fine III-II sec. a.C.), con un unguentario fusiforme e una lucerna a serbatoio biconico. Ampliando l’orizzonte dell’indagine, ci si è accorti di come l’associazione della serie F2983 con unguentari analoghi ricorra, oltre che a Vibo, in una vasta area a cavallo dello Stretto di Messina, nelle necropoli ellenistiche di Reggio, Messina, Lipari e Milazzo, in sepolture databili tra la fine del III e la prima metà del II sec. a.C.; è evidente, dunque, che nell’area esaminata la serie è caratteristica di questa quota cronologica.146.

Dal punto di vista numerico, sono stati presi in esame 507 individui147. Gran parte di essi proviene dal deposito votivo di età ellenistica individuato all’interno dell’area sacra del Cofino (scavi 1975-1982) e dallo scavo di Viale della Pace (1987); una quantità piuttosto esigua, al contrario, è riferibile ai corredi della necropoli di Piercastello ed alle fasi tarde della stipe votiva di località Scrimbia.

145 MOREL 1981, p. 244.

146 HYPOGEA 2006, p. 89 per Reggio; ZANCLE MESSINA II, p. 96 per Messina; LIPARI II, p. 35

per Lipari; MYLAI II, p. 245 per Milazzo.

147 Per il metodo utilizzato per la quantificazione del numero minimo degli individui cfr.

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67 LE PRODUZIONI ATTESTATE.

Per attribuire gli individui alle singole produzioni è stata effettuata una classificazione degli impasti sulla base dell’analisi autoptica del materiale. A tal fine, sono state prese in considerazione le principali caratteristiche fisiche verificabili a occhio nudo: il colore (definito in base al codice Munsell), il tipo di frattura, la superficie, la consistenza, la densità e le dimensioni degli eventuali inclusi. Con tale metodologia sono stati isolati 7 gruppi di argille, codificati con la sigla VN1-7.

La gran parte del materiale analizzato (circa il 94%) è riferibile a produzioni locali o regionali. Si tratta di un gruppo che, sebbene non ancora caratterizzato dal punto di vista archeometrico, si distingue per un’argilla che va dal rosa arancio al giallo chiaro, ricchissima di inclusi micacei, molto tenera in frattura e polverosa al tatto (VN1 e 2). Tali caratteristiche sono abbastanza inconfondibili, distintivi delle produzioni vascolari, così come della coroplastica di Hipponion, sin dall’età arcaica148. In assenza di istallazioni produttive note in città e nel territorio, tuttavia, abbiamo genericamente definito tale gruppo come produzione locale o regionale.

La qualità delle vernici è piuttosto scadente; esse si presentano con tonalità che vanno dal nero al marrone bruno, quasi sempre opache e facilmente scrostabili. Non mancano casi di decorazioni incise, stampigliate e sovradipinte (TAV.6,2).

148 Le aree sacre di Hipponion hanno restituito, relativamente alle loro fasi di età arcaica e

classica, una grandissima quantità di forme vascolari e di coroplastica di sicura produzione locale. La quasi totalità di questo materiale, tuttavia, è ancora oggi pressoché inedito; per una notizia preliminare dei rinvenimenti rimando a SANTUARI 1996.

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Sono stati poi isolati altri gruppi di argille, documentati con percentuali diverse, comunque nettamente inferiori rispetto ai gruppi VN1 e 2, riferibili rispettivamente a Campana A neapolitana (VN3), B-oide di Cales (VN4), una o più imprecisate produzioni a pasta grigia (VN5) e di area centro-italica (VN6 e 7).

Impasti: VN 1

DESCRIZIONE: corpo ceramico poroso, tenero e polveroso al

tatto, con piccolissimi inclusi micacei e chamotte. M 7.5 YR 8/4 rosa-arancio chiaro.

PRODUZIONE: Locale o regionale.

VN 2

DESCRIZIONE: corpo ceramico poroso, tenero alla frattura e

polveroso al tatto, con numerosi inclusi bianchi e micacei. M 2.5 Y 8/3 giallo pallido.

PRODUZIONE: Locale o regionale.

VN 3

DESCRIZIONE: Corpo ceramico compatto, duro e netto alla

frattura, con piccolissimi inclusi nerastri. M 7.5 YR 3/3, marrone scuro.

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69 VN 4

DESCRIZIONE: Corpo ceramico compatto, netto alla frattura,

con inclusi bianchi e micacei. M 10 YR 8/4 camoscio rosato.

PRODUZIONE: Calena.

VN 5

DESCRIZIONE: Corpo ceramico compatto, duro e netto alla

frattura, con piccolissimi inclusi nerastri. M 5 Y 5/1 grigiastro.

PRODUZIONE: Pasta Grigia

VN 6

DESCRIZIONE: Corpo ceramico compatto, duro e netto alla

frattura, malcotto, con piccolissimi inclusi nerastri. M 5 YR 7/6 arancione.

PRODUZIONE: Atelier di Rullius.

VN 7

DESCRIZIONE: corpo ceramico compatto, netto alla frattura,

con inclusi micacei. M 2.5 YR 5/6 marrone-rossastro brillante.

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70 CONCLUSIONI.

Il campione di ceramica a vernice nera esaminato presenta un interesse notevole, in primo luogo perché la ceramica a vernice nera rinvenuta a Vibo Valentia-Hipponion, in special modo quella di età ellenistica, risulta essere pressoché inedita149. Nonostante il deficit di documentazione più volte lamentato, è ugualmente doveroso, sulla base della documentazione edita, tentare di inserire i dati emersi dall’analisi dei contesti vibonesi in un più ampio quadro di sintesi a carattere regionale.

Già a partire dal V, poi soprattutto nel corso del IV sec. a.C., l’apporto delle fabbriche greche (in primo luogo attiche) nella distribuzione della ceramica a vernice nera in Magna Grecia si riduce sensibilmente. Alla diminuzione delle importazioni le officine italiote contrappongono ben presto un massiccio fenomeno di imitazione, giungendo ben presto ad un repertorio comune e standardizzato che, già a partire dalla metà dello stesso secolo, riguarda anche l’ambiente italico150.

Nelle aree limitrofe a Hipponion-Vibo Valentia, sono documentate produzioni locali di ceramica a vernice nera a Reggio151, Caulonia152, nel territorio dei Tauriani153, a Temesa154 e soprattutto a Locri, dove è stato individuato il kerameikos di età ellenistica. Tra IV e III sec. a.C. la produzione locrese accresce la sua autonomia rispetto ai prototipi attici, producendo coppe dei generi F1600, F2100, F2400, F2500, F2700, F2900, F3200, F4100, F4200

149 HIPPONION 1989.

150 PONTRANDOLFO 1994. Sulle produzioni locali magnogreche di ceramica a vernice nera, con

particolare riferimento al territorio dei Bruttii, si veda la recente sintesi fatta da MOLLO 2006.

151 PREACCO ANCONA 1996, pp. 346-347.

152 IANNELLI 2001; CANNATA 2004 e GAGLIARDI 2004. 153 PREACCO ANCONA 1999.

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e F6200, skyphoi del genere F4300, patere dei generi F1100, F1600 e F2200, ed elaborando un ricco repertorio di decorazioni impresse155.

Tra la fine del IV e la metà del III sec. a.C. la totalità della ceramica vernice nera rinvenuta a Hipponion-Vibo Valentia è di produzione locale o regionale (VN1 e 2). Le fabbriche di Hipponion sono pienamente inserite nella koinè magnogreca con la produzione degli skyphoi di tipo corinzio F4311, soprattutto di quelli di tipo attico F4370/73, delle patere a orlo rientrante F2765 e F2963, delle coppette a orlo ingrossato F2528, ad orlo indistinto o leggermente rientrante F2544, F2710/14, F2771, F2787 e di quelle ad orlo pendulo F1341.

Nei contesti presi in esame (Piercastello, Cofino, Scrimbia e Viale della Pace), le forme in questione costituiscono le associazioni più ricorrenti nelle fasi di fine IV-prima metà del III sec. a.C. (FIG.3). Il dato è in piena sintonia

con quanto documentato per le vicine poleis di Reggio e Locri156, così come per i territori limitrofi, oggetto di indagini recentissime e solo in parte edite, di Temesa a nord157 e dei Tauriani a sud158.

Tale produzione prosegue, senza soluzione di continuità, durante tutto il III sec. a.C. (FIG. 3), con le patere a orlo ingrossato F1522, quelle a orlo

pendulo F1313 e F1333, quelle a orlo rientrante F2236 F2538, F2762, le coppe concavo convesse F3211 e le coppette F2537, F2725, F2734, F2738, ancora una volta un repertorio formale assai simile a quello di Locri, Reggio e dei vicini Tauriani159.

155 PREACCO ANCONA 1989, pp. 195-255.

156 PREACCO ANCONA 1996, pp. 346-347 e PREACCO ANCONA 1989.

157 Sulle produzioni locali di ceramica a vernice nera dell’area di Temesa si vedano VALENZA

MELE 1991 e, più di recente, MOLLO 2009.

158 PREACCO ANCONA 1999 e PIZZI -SICA 2009.

159 PREACCO ANCONA 1989 per Locri, PREACCO ANCONA 1996 per Reggio, PREACCO

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All’indomani della seconda guerra punica, della deduzione della colonia latina e per tutto il II sec. a.C., la continuità manifatturiera delle officine vibonesi è confermata in maniera inequivocabile dalle caratteristiche degli impasti e delle vernici, assolutamente identiche a quelle del IV e del III sec. a.C. (VN1 e 2). Il repertorio formale è ancora quello di tradizione magnogreca, ormai reso “internazionale” dalla Campana A, con le patere ad orlo pendulo F1314, F1315 e F1335, quelle ad orlo rientrante F2234, le coppe concavo-convesse F2154, le coppette carenate F2525 e F2737, le pissidi F2983 e i bombylioi F4821, cui si affiancano nuove forme di tradizione B-oide come le coppe F2556 con orlo scanalato e quelle su piede sagomato F3131.

Vengono introdotti anche alcuni motivi decorativi realizzati a stampo, palmette radiali e fasce di rotellatura impresse sul fondo dei vasi, probabilmente mutuati dalla Campana A, vista la loro assenza dalle produzioni locali di III sec. a.C., completamente lisce (TAV.6,22).

Questi materiali, nel loro complesso, arrivano a coprire ancora oltre il 90% delle attestazioni (TAV.7,1). A partire dai primi decenni del II sec. a.C.,

in linea con quanto documentato nel resto della regione, alle produzioni locali iniziano ad affiancarsi importazioni dall’area campana160. Nei contesti esaminati, tuttavia, la ceramica a vernice nera di Cales (VN4) e la Campana A neapolitana (VN3) arrivano a coprire insieme solo il 6,5% circa delle attestazioni (TAV. 7, 1)161. Del repertorio formale della Campana A sono

documentate le patere a orlo pendulo F1314, quelle con orlo ispessito F2614,

160 PREACCO ANCONA 1998, pp. 88-89; MIRTI ET ALII 1998. Le analisi effettuate dalla Preacco

Ancona hanno confermato la presenza di importazioni di Campana A di produzione neapolitana un po’ in tutta la Calabria, con i valori chimici dei campioni analizzati risultati confrontabili con quelli individuati nella ceramica della fornace di corso Umberto I a Napoli.

161 Sembrerebbero costituire un’eccezione i recenti (gennaio 2011) rinvenimenti di piazza Luigi

Razza. Si tratta di uno scavo di emergenza ubicato in piena area urbana antica, che ha restituito, per ragioni ancora tutte da chiarire (a mio avviso di natura cultuale) percentuali di ceramica Campana A superiori a quelle del resto dei cantieri cittadini. Ringrazio la dott.ssa Ginevra Gaglianese, autrice dello scavo, per avermi messo a conoscenza dei dati preliminari dello scavo, ancora inedito.

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quelle con vasca carenata F2821, quelle ad orlo rientrante F2234 e le coppette F2737 e F2788.

Poco documentata nei contesti tardo-repubblicani dei Bruttii, probabilmente per ragioni legate più alla sua minore notorietà “scientifica” e quindi “riconoscibilità” rispetto alla Campana A, piuttosto che per una sua reale assenza, la Ceramica Calena a vernice nera è invece presente nei contesti vibonesi a partire dalla sua variante “antica” (180-130 a.C. ca.)162. Le forme attestate sono quelle “internazionali”, mutuate sia dalla Campana A che dalla B, come le coppe concavo-convese F2154 e quelle F3121 e F3131 con anse bifide.

Assai scarsa è la presenza, nei contesti esaminati, di ceramica a vernice nera “a pasta grigia” (VN5), rappresentata da soli tre frammenti (TAV.7,1). Si

tratta di una patera a orlo rientrante F1534, databile tra la fine del III e gli inizi del II sec. a.C. e di due patere a vasca orizzontale F2286, di pieno I sec. a.C.

Nel corso della prima metà del I sec. a.C. le attestazioni di ceramica a vernice nera sembrerebbero subire una netta flessione (TAV. 7, 2). Difficile

stabilire se il fenomeno sia da imputare a dinamiche esclusive dei contesti analizzati o se ciò abbia una qualche correlazione con le vicende storico-politiche della città. Sul dato influisce certamente l’interruzione della frequentazione cultuale dell’area sacra del Cofino, da cui provengono oltre i due terzi della vernice nera analizzata, collocabile proprio tra la fine del II e gli inizi del I sec. a.C. Più difficile da spiegare il vuoto di documentazione che interessa anche la necropoli di Piercastello e le stratigrafie di Viale della Pace,

162 Sulla ceramica Calena a vernice nera e sulla sua periodizzazione PEDRONI 2001. Analisi

recenti hanno permesso di attribuire proprio alle officine di Cales la gran parte della ceramica a vernice nera rinvenuta nei siti costieri della Spagna e della Gallia (MOREL 1990, p. 64, MOREL

- PICON 1995). Nei mercati occidentali, dunque, le officine calene si affiancano a quelle

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dove in entrambi i casi sono documentate importanti successive fasi di età proto-augustea e imperiale.

Dai pochi dati sembrerebbe intuibile una circolazione ceramica più eterogenea, con importazioni di pasta grigia, Campana A e altre produzioni centro-italiche che si sostituiscono alla vernice nera locale o regionale, ormai divenuta minoritaria, limitata a pochi frammenti di patere F2264 e F2286 (FIG.

3).

Tra i pochi rinvenimenti di I sec. a.C., rivestono particolare rilievo due esemplari, entrambi di produzione centro-italica (VN6 e 7), caratterizzati dalla presenza di bolli nominali. Nel primo caso, si tratta di un frammento di bicchiere su piede troncoconico (cat. 85), caratterizzato da argilla bruna e vernice opaca, recante in planta pedis un bollo in cartiglio circolare RVLLI, incompleto su entrambi i lati. L’esemplare è riferibile alla ben nota produzione che coinvolge uno o più membri della gens Rullia, definita a suo tempo da R. Étienne e F. Mayet, studiata poi da J. P. Morel sotto l’aspetto dell’organizzazione della produzione ma non ancora ubicata in un territorio specifico, diffusa dalla Campania, al Sannio, alla Daunia, fino al Golfo del Leone e alla Spagna163. All’analisi del secondo esemplare (cat. 68), per il particolare interesse rivestito, è stata dedicata un’apposita appendice164.

Dalla disamina delle attestazioni di ceramica a vernice nera riferibili all’età tardo-ellenistica (II-I sec. a.C.) emergono con chiarezza due dati di estremo interesse: la presenza maggioritaria delle produzioni locali o regionali per tutto il II sec. a.C. e la quasi totale assenza di produzioni a pasta grigia.

Quest’ultima classe ceramica, com’è noto, diviene leader nei contesti dell’Italia meridionale ionica già tra la fine III e gli inizi del II sec. a.C., con un gran numero di siti produttivi che annovera, nel territorio dei Bruttii, centri di

163 ÉTIENNE-MAYET1986 e MOREL 1991. 164 Cfr. infra.

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75

primo piano come Copiae Thurii e Locri165. Sfogliando la bibliografia, ci si accorge di come il dato vibonese, in realtà, costituisca solo un aspetto di un più vasto fenomeno che coinvolge tutti i principali centri costieri del Tirreno meridionale, da Blanda Julia, al reggino, al messinese e buona parte della Sicilia settentrionale, tutti accomunati da scarse attestazioni di pasta grigia, cui corrisponde, invece, per tutto il II sec. a.C., l’abbondante presenza di produzioni locali a pasta chiara e di discrete importazioni dall’area campana166.

Quest’ultimo aspetto si presenta, per certi versi, ancora più interessante del precedente. I materiali vibonesi documentano con sufficiente chiarezza la prevalenza delle produzioni locali sulle importazioni di ceramiche centro-italiche. Il dato rimane invariato anche se si esaminano analiticamente i singoli contesti, separando ad esempio la documentazione di ambito sacro da quella di abitato (TAV.8,1).

Ancora una volta, allargando l’orizzonte dell’indagine ci si accorge di come, nel II sec. a.C., le importazioni di Campana A siano scarse a Blanda Julia, Mella di Oppido Mamertina, Reggio, Messina, Milazzo, Tindari, San Fratello, Caronia, affiancate, esattamente come a Vibo, da produzioni locali di repertorio formale simile, tutte caratterizzate da argille rosa o rosa-arancio dalla tonalità piuttosto chiara167. In un caso, quello di Mella di Oppido Mamertina, abbiamo la conferma di tutto ciò anche dai dati archeometrici168.

165 Sulla ceramica a pasta grigia dell’area apula e dei centri del golfo di Taranto si rimanda al

recente corpus edito da YNTEMA 2005. Sulle produzioni calabresi PREACCO ANCONA 1998,

pp.89-90.

166 Solo per citare i centri più importanti, scarsità di pasta grigia è documentata, oltre che a

Vibo, a Blanda Julia (MOLLO 2006), nel territorio dei Tauriani (PREACCO ANCONA 1999), a Messina (ZANCLE –MESSINA II), a Milazzo (MYLAI II), a Tindari (TYNDARIS I), a San Fratello

(APOLLONIA 2008) e a Caronia Marina (KALÈ AKTÉ 2009).

167 Per la relativa bibliografia cfr. la nota precedente. 168 PREACCO ANCONA 1998, p. 90.

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76

In nessuno di questi siti vi è traccia dell’affermazione incontrastata della Campana A, che caratterizza le coste della Gallia, della Spagna sino ai porti del Mediterraneo orientale, Delo in primis169.

Sembrerebbe individuabile, dunque, una vasta area geografica, compresa tra il golfo di Policastro e la Sicilia settentrionale, che non partecipa al “fenomeno” della pasta grigia, mantenendo viva una tradizione produttiva di respiro locale e regionale in grado, almeno per il II sec. a.C., di limitare le importazioni.

La presenza di discrete quantità di campana A, tuttavia, certifica l’inserimento di questi centri nei circuiti commerciali mediterranei, a dimostrazione di come il fenomeno non vada letto in termini negativi. Le ristrutturazioni urbanistiche documentate a Thermae, Alesa, Tindari170 e, con minore chiarezza a Messina171, Reggio, nei centri dei Tauriani172 e, pur con le dovute differenze che ne derivano dal suo status giuridico di colonia, nella stessa Vibo173, consigliano di ricercare nel precoce sviluppo del sistema delle ville lungo la fascia tirrenica calabrese e nella gestione delle immense risorse cerealicole in Sicilia, piuttosto che nelle produzioni di ceramica fine da mensa, le fortune economiche delle élites locali.

169 MOREL 1981, pp. 87-89, 1985 e 1986. L’autore ha giustamente messo in relazione la

produzione e la diffusione in quantità notevoli della ceramica Campana A con l’operato del negotiatores italici; notevole, infatti, è la quantità di ceramica Campana A rinvenuta nel porto franco di Delo (MOREL 1986). Di recente, la diffusione delle ceramiche di produzione

neapolitana è stata collegata al ruolo propulsivo ricoperto dal porto di Puteoli (DE CARO 2005,

pp. 643-661). Si vedano anche le recenti considerazioni di BECHTOLD 2007, pp. 59-67.

170 LA TORRE 2011, pp. 148. 171 LENTINI 2010, pp. 67-73. 172 OPPIDO 1999 e AGOSTINO 2005. 173 CANNATÀ 2011, pp. 140-141.

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77 CATALOGO

L’organizzazione di un catalogo di Ceramica a Vernice Nera secondo i criteri della classificazione Morel174, nonostante i limiti evidenziati175, ha il duplice beneficio di consentire un’analisi morfologica esaustiva dei reperti e di produrre uno strumento di confronto fruibile da tutti. Nell’organizzazione del repertorio formale, i “generi” costituiscono in primo luogo categorie funzionali, contraddistinte da alcune caratteristiche morfologiche “fondamentali” (orlo pendulo, rientrante, ecc.). La “serie”, invece, raggruppa al suo interno individui accomunati da specifiche particolarità (inclinazione dell’orlo, carenatura della vasca, decorazioni incise, ecc.)176.

Si è evitato di produrre nuove tipologie locali, inutili, soprattutto se prive di contesti stratigrafici attendibili e di dati quantitativi notevoli, preferendo la presentazione catalogica (con numerazione araba progressiva), dei reperti rappresentativi e più significativi di ciascuna serie. Nella presentazioni dei materiali è stata rispettata la convenzionale divisione in forme aperte e chiuse, cui fa seguito una tipologia dei piedi non direttamente riconducibili a una serie specifica.

Nella ricerca dei confronti, come si è già detto, si è fatto riferimento ad un preciso ambito geografico, abbastanza omogeneo dal punto di vista della circolazione di ceramica a vernice nera. L’eterogeneità della documentazione esaminata, i vari livelli di analisi e, soprattutto, la conoscenza troppo parziale di contesti di primaria importanza (si pensi, ad esempio, alle fasi ellenistiche di

174 MOREL 1981.

175 Sulle difficoltà di analisi del repertorio formale magnogreco rispetto alla classificazione

Morel cfr. PREACCO ANCONA 1996, pp. 346-355 e, più di recente, TORRE SATRIANO 2005, p. 26

e MOLLO 2006, pp. 193-194.

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78

Siracusa e Reggio), tuttavia, rendono necessario precisare come la bibliografia citata quale confronto non abbia la pretesa di essere esaustiva.

Forme aperte:

GENERE 1300

Nella sua classificazione, J.P. Morel raggruppa nel genere 1300 le patere contraddistinte dall’orlo “convesso”, pendulo (anche se in minor misura rispetto a quelle del genere 1100) e nettamente separato dalla vasca; quest’ultima caratteristica costituisce l’elemento discriminante rispetto alle forme del genere 1200177.

Si tratta della forma 36 della classificazione Lamboglia178, forse la tipologia di patera maggiormente diffusa nei contesti di seconda metà III-II sec. a.C. dell’intero bacino occidentale del Mediterraneo, caratteristica delle più svariate produzioni, sia a raggio di diffusione locale che “internazionali”, prima fra tutte la Campana A.

SERIE F1313

L’orlo (con un diametro compreso tra i 18 e i 22 cm.) forma uno spigolo vivo nel punto di separazione dalla vasca; quest’ultima è poco profonda. Sulle pareti esterne di alcuni esemplari è presente una leggera carenatura; il piede è ad anello (con un diametro di 7 cm. nell’unico esemplare in cui si conserva).

Nei contesti esaminati sono presenti in totale 11 esemplari, 7 provengono dall’area sacra del Cofino (scavi 1975-1982), 2 da quella di

177 MOREL 1981, p. 102. 178 LAMBOGLIA 1950, p. 183.

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79

Scrimbia, 1 dalla necropoli di Piercastello (US 521), 1 dallo scavo di Viale della Pace (US 101). Tutti gli esemplari sono di produzione locale o regionale (VN1 e 2) e si caratterizzano per una vernice nera opaca e facilmente scrostabile.

Le patere della serie F1313 (sia di produzione locale che in Campana A) sono diffusissime in Sicilia e Magna Grecia. I contesti di Torre di Satriano (PZ), Paestum, Mella di Oppido Mamertina (RC), Locri, Messina, Monte di San Fratello (ME), Tindari, Castronovo di Sicilia (PA), Siracusa e della stessa Vibo Valentia, documentano con una certa coerenza la diffusione della serie non prima della fine del III e per tutto il II sec. a.C.179. Non è un caso, infatti , che esse non siano presenti tra i materiali più recenti di Civita di Tricarico (MT) e Torre Cillea di Oppido Mamertina (RC), entrambi siti abbandonati dopo la seconda guerra punica180. Nelle necropoli di Taranto la serie compare a partire dalla fase E1 (post 180 a.C.); essa, infatti, è una delle forme più comuni delle produzioni “a pasta grigia” del versante ionico181.

1. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 18 cm.; alt. mass. 2 cm (tav. 9). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN1; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

2. Piercastello ’86-87. US 521. Ø dell’orlo 21 cm; Ø del piede 7 cm; alt. 3,5 cm; (tav. 9).

Esemplare integro.

Argilla VN2; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

179 TORRE SATRIANO 2005, p. 283 per Torre di Satriano; PAESTUM II, p. 198 per Paestum;

PREACCO ANCONA 1999, p. 273 per Mella;PREACCO ANCONA 1989, p. 199 per Locri; ZANCLE -MESSINA 2001,pp. 22-23, 35 per Messina;APOLLONIA 2008, p. 43 per Monte di San Fratello; TYNDARIS 2008, p. 137 per Tindari; VASSALLO-ZIRONE 2009, pp. 674-675 per Castronovo;

MESSINA 2009, p. 813 per Siracusa; IANNELLI-GIVIGLIANO 1989, p. 662 per Vibo Valentia.

180 DE CAZANOVE 2008 e PIZZI-SICA 2009.

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80 SERIE F1314

L’orlo (con un diametro compreso tra i 23 e i 26 cm.) è separato dalla vasca da un semplice rigonfiamento, senza spigoli vivi o carenature come nella serie precedente. Sebbene non sia conservato nessun esemplare integro, è ipotizzabile una profondità media della vasca di 5-6 cm.

Sono documentati 4 esemplari, due provenienti dall’area sacra del Cofino (scavi 1975-1982) e 2 dallo scavo di Viale della Pace (US 101). 3 di essi sono di produzione locale o regionale (VN1), con vernice opaca scrostabile; uno, in Campana A (VN3), presenta invece una vernice coprente, ruvida al tatto.

I contesti di Valesio (BR), Blanda Julia, Mella di Oppido Mamertina (RC), Montagnola di Marineo (PA), Monte Iato e Lilibeo182 suggeriscono un orizzonte cronologico a partire dalla fine III sec. a.C. per le produzioni locali e di pieno II sec. a.C. per quelle in Campana A.

3. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 26 cm; Alt. Mass. 3 cm (tav. 9). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN1; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

SERIE F1315

Le caratteristiche morfologiche sono simili a quelle della serie precedente. Da essa, tuttavia, la serie F1315 si differenzia per le dimensioni ridotte (Ø dell’orlo 20 cm) e la minore profondità della vasca.

Nei contesti esaminati è presente un solo esemplare, proveniente dall’area sacra del Cofino (scavi 1975-1982), di produzione locale o regionale (VN1), con vernice nera opaca.

182 YNTEMA 2001, pp. 216-217 per Valesio; MOLLO 2006, p. 210 per Blanda; PREACCO

ANCONA 1999, p. 273 per Oppido; DEL VAIS 1997, p. 179 per Marineo; STUDIA IETINA VI, p.

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81

La serie F1315 è diffusa soprattutto in Sicilia, dov’è rappresentata quasi esclusivamente da importazioni di Campana A. I contesti di Monte Iato, Entella, Himera e Monte di San Fratello (ME) rimandano tutti a un orizzonte di pieno II sec. a.C., già suggerito a suo tempo da Morel183.

4. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 20 cm; Alt. Mass. 1,5 cm (tav. 9). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN1; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Classe: locale o regionale.

SERIE F1333

Caratteristica della serie F1333 è la presenza di una gola che interrombe la faccia superiore dell’orlo (Ø dell’orlo variabile tra 21 e 28 cm) in prossimità dell’attacco con la vasca. L’inclinazione dell’orlo varia da un frammento all’altro, mentre sembrerebbe essere ipotizzabile, pur in assenza di esemplari integri, una profondità costante della vasca intorno ai 4 cm.

Sono documentati 10 esemplari, 5 provenienti dall’area sacra del Cofino (scavi 1975-1982), 1 da quella di Scrimbia, quattro dallo scavo di Viale della Pace (UUSS 101, 103, 143). Tutti gli esemplari, riferibili a una produzione locale o regionale (VN1 e 2), sono caratterizzati da una vernice nera opaca, facilmente scrostabile.

L’analisi diatopica rivela come le patere della serie F1333 siano diffuse soprattutto in Sicilia e nella Calabria meridionale, mentre sono scarsamente documentate a nord di Vibo Valentia. Esse sono assenti dai contesti ellenistici di Caulonia, Blanda Julia, Taranto e nei siti della Lucania interna. Una produzione di patere F1333 è stata invece ipotizzata a Mella di Oppido

183 STUDIA IETINA VI, p. 109 per Monte Iato; BELVEDERE ET ALII 2006,p. 551 e BURGIO 1997, p.

247 per Himera;MICHELINI 2003, p. 492 per Entella;APOLLONIA 2008, p. 41 per Monte di San

(26)

82

Mamertina già a partire dalla seconda metà del III sec. a.C.184. Alla stessa cronologia rimandano anche i rinvenimenti di Locri, Siracusa e Monte Iato185.

5. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 28 cm; alt. mass. 2 cm (tav. 9). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN2; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

6. Viale della Pace ’87. US 101. Ø dell’orlo 21 cm; alt. mass. 1,3 cm (tav. 9). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN1; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

7. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 21 cm; alt. mass. 2,5 cm (tav. 9). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN2; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

SERIE F1335

La serie F1335 si caratterizza per la presenza di una modanatura nella faccia superiore dell’orlo (Ø dell’orlo 26 cm), in prossimità dell’attacco della vasca.

L’unico esemplare attestato proviene dall’area sacra del Cofino (scavi 1975-1982), di produzione locale o regionale (VN2), con vernice nera opaca.

La serie, per la verità non molto diffusa nell’ambito geografico preso in esame, è documentata a Milazzo186. È probabile una sua datazione nel corso del II sec. a.C.187.

8. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 26 cm; alt. mass. 1,7 cm (tav. 9). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN2; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile.

184 PREACCO ANCONA 1999, pp. 273-274; MOREL 1981, p. 107.

185 PREACCO ANCONA 1989, pp. 201-209 per Locri; GENTILI 1954, p. 339 ss. per Siracusa;

MOREL 1966, p. 235.

186 MYLAI II, p. 221. 187 MOREL 1981, p. 108.

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83 Produzione: locale o regionale. SERIE F1341

Si tratta di una coppetta a vasca emisferica e orlo pendulo (Ø dell’orlo 9-10 cm). Quest’ultimo è decorato da fitte bacellature nella faccia speriore; una gola marcata ne sottolinea l’attacco con la vasca.

Sono documentati due esemplari, uno dall’area sacra del Cofino (1975-1982), l’altro dallo scavo di Viale della Pace (US 103), entrambi di produzione locale o regionale (VN2), con vernice nera opaca.

J.P. Morel considera la serie F1341 come tipica delle produzioni di ceramica a vernice nera di Calabria e Sicilia della prima metà del III sec. a.C. 188. In effetti, l’analisi diatopica documenta una diffusione della serie da Blanda Julia, alla Calabria meridionale (Locri, Reggio, Mella di Oppido Mamertina), al messinese (Gioiosa Guardia e Tindari) fino alla Sicilia occidentale (Lilibeo), tutti contesti che confermano una datazione entro la prima metà del III sec. a.C.189.

9. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 9 cm; alt. mass. 2,7 cm (tav. 10). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN2; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

188 MOREL 1981, p. 108.

189 MOLLO 2006,p. 202 per Blanda Julia; PREACCO ANCONA 1996, p. 349 per Locri; HYPOGEA

2006, p. 69 per Reggio; PREACCO ANCONA 1999, p. 277-278 per Oppido Mamertina; GIOIOSA GUARDIA 2008, p. 92 per Gioiosa Guardia; TYNDARIS 2008, p. 137 per Tindari; BECHTOLD

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84

GENERE 1500

Nelle patere del genere 1500 l’orlo è costituito da un semplice ispessimento orizzontale e a sezione ovoidale, in alcuni casi leggermente estroflesso. Quest’ultima caratteristica consente di considerare la forma come un’antecedente delle patere del genere 1300. Prima della classificazione Morel, infatti, le patere di questo genere erano classificate come varianti della Lamboglia 36190.

La forma è tipica sia delle produzioni magno greche e siceliote che di quelle centro-italiche del III sec. a.C.191.

SERIE F1522

L’orlo (con un diametro compreso tra i 12 e i 17 cm) è a sezione ovoidale, particolarmente ingrossato nel punto di separazione dalla vasca; quest’ultima è poco profonda.

Sono attestati tre esemplari provenienti dall’area sacra del Cofino (scavi 1975-1982), di produzione locale o regionale (VN2), con vernice nera opaca e facilmente scrostabile.

La serie è diffusissima sia in Magna Grecia che in Sicilia, in modo particolare nei siti della Lucania interna. Dai contesti di Valesio, Civita di Tricarico, Torre di Satriano, Pomarico Vecchio, Crotone, Caulonia, Mella di Oppido Mamertina, Pantano di Caronia (ME) e Tindari192, la serie sembrerebbe

190 MOREL 1981, p. 116.

191 PREACCO ANCONA 1999, p. 273; STANCO 2009 per il Lazio e l’Etruria meridionale; DI

GIUSEPPE 2005 per l’Etruria settentrionale; PEDRONI 2001 per la produzione calena.

192 YNTEMA 2001, pp. 148-149 per Valesio; DE CAZANOVE 2008, p. 544 per Civita di

Tricarico;TORRE SATRIANO 2005, p. 283-284 per Torre di Satriano; POMARICO 1997, pp. 67-68

per Pomarico Vecchio; PREACCO ANCONA 1999, p. 355 per Crotone; CANNATA 2004, p. 544

per Caulonia; PREACCO ANCONA 1999, p. 273 per Oppido Mamertina; KALÈ AKTÉ 2009, p. 47

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85

caratteristica del pieno III sec. a.C., sebbene sia diffusa probabilmente già dalla fine del secolo precedente.

10. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 12 cm; alt. mass. 1,3 cm (tav. 10). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN2; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

11. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 17 cm; alt. mass. 1,5 cm (tav. 10). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN2; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

SERIE F1534

Nella serie F1534, l’orlo ingrossato diventa leggermente rientrante e a spigolo vivo nel punto di separazione dalla vasca (Ø dell’orlo 17 cm).

Sono documentati 2 esemplari, provenienti dallo scavo di Viale della Pace (UUSS 103, 127). Uno di essi è di produzione locale o regionale (VN2), con vernice nera opaca; l’altro è ascrivibile a una non precisabile produzione a pasta grigia (VN5).

Nell’area presa in esame, la serie F1534 è presente a Tindari193, in contesti di fine III sec. a.C. Almeno per l’esemplare in pasta grigia, tuttavia, è più verosimile una datazione a partire dagli inizi del II sec. a.C.

12. Viale della Pace ’87. US 127. Ø dell’orlo 17 cm; alt. mass. 1,3 cm (tav. 2). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN5; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: pasta grigia.

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86

GENERE 2100

Il genere 2100 raggruppa le forme “apodi”, cioè del tutto mancanti del piede oppure caratterizzate da piedi appena distinti dalla vasca. Quest’ultima è, nella maggior parte dei casi, abbastanza profonda, con pareti a profilo concavo-convesso194.

SERIE F2154

Le coppe a profilo concavo-convesso della serie F2154 si caratterizzano per l’orlo indistinto (con diametro compreso tra 12 e 18 cm) e per la presenza di una o più solcature all’interno della vasca, sia in prossimità dell’orlo stesso che nella parte mediana. Nell'unico esemplare in cui si conserva, il piede è appena distinto (Ø del piede 4 cm), ad anello, separato dalla vasca mediante una solcatura.

Sono documentati 8 esemplari, tutti provenienti dallo scavo di Viale della Pace (UUSS 103, 129). 7 di essi sono di produzione locale (VN1), con vernice nera opaca, mentre uno, caratterizzato da vernice bluastra, iridescente, potrebbe esse di fabbrica calena (VN4).

La serie 2154 è nota soprattutto per la produzione in Campana A del pieno II sec. a.C., con i caratteristici motivi floreali sovradipinti in bianco195. E’ verosimile,

tuttavia, che la produzione campana tragga origine dalle coppe concavo-convesse di produzione magnogreca della seconda metà del III sec. a.C., decorate nel tardo stile di Gnathia. A tale conclusione sembrerebbero rimandare i rinvenimenti dell’area apula,

in primis di Valesio, dov’è documentata una produzione locale di coppe F2154

sovradipinte per tutto il II sec. a.C.196.

Nell’ambito dell’area presa in esame, sono ampiamente documentate sia importazioni di F2154 in Campana A (Blanda Julia, Tindari) che di produzione locale

194 MOREL 1981, p. 140-142. 195 MOREL 1981, p. 142. 196 YNTEMA 2001, pp. 196-200.

(31)

87

(Caulonia, Mella di Oppido Mamertina, Pantano di Caronia, Imera, Entella), tutti contesti che rimandano a un orizzonte cronologico di pieno II sec. a.C.197.

13. Viale della Pace’87. Ø dell’orlo 18 cm; alt. mass. 3,1 cm (tav. 10). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN1; vernice nera, opaca, coprente.

Decorazione sovradipinta di colore bianco: ramo e foglie entro fasce. Produzione: locale o regionale.

14. Viale della Pace’87. Ø dell’orlo 12 cm; alt. mass. 1,5 cm (tav. 10). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN1; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

15. Viale della Pace’87. Ø dell’orlo 13 cm; alt. mass. 2,7 cm (tav. 10). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN1; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Decorazione sovradipinta di colore bianco: onda entro fasce. Produzione: locale o regionale.

16. Viale della Pace’87. alt. mass. 2,1 cm (tav. 10). Frammento relativo a parte della vasca.

Decorazione sovradipinta di colore bianco: doppia fascia e ramo e foglie. Argilla VN1; vernice nera opaca, coprente.

Produzione: locale o regionale.

17. Viale della Pace’87. Ø del piede 4 cm; alt. mass. 1,9 cm (tav. 10). Frammento relativo al piede e parte della vasca.

Argilla VN4; vernice nera bluastra, opaca, coprente. Produzione: calena.

197 MOLLO 2006,p.211per Blanda; TYNDARIS 2008, p. 141 per Tindari; CANNATA 2004, pp.

545-546 per Caulonia, sebbene l’autrice, erroneamente, attribuisca gli esemplari ad una produzione di IV-III sec. a.C. nello stile di Gnathia; PREACCO ANCONA 1999, p. 277 per

Oppido Mamertina;KALÈ AKTÉ 2009, p. 48 per Caronia;BURGIO 1997, p. 249 per Himera;

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88

GENERE 2200

Il genere 2200 raggruppa le patere caratterizzate da un orlo “diritto” o “rientrante”, cui si associa quasi sempre una vasca poco profonda (rapporto tra diametro dell’orlo e profondità della vasca non inferiore a 6); le pareti di quest’ultima sono in genere diritte o leggermente concavo-convesse198.

Si tratta della forma 5 della classificazione di Nino Lamboglia, una delle forme più diffuse della produzione in Campana A del pieno II sec. a.C. Il genere, tuttavia, è presente nella tradizione produttiva sia dei centri magnogreci (soprattutto della Lucania e del Bruzio) che dell’area etrusco-laziale, già dalla fine del III sec. a.C.199.

SERIE F2234

L’orlo (Ø dell’orlo 14-19 cm), con una rientranza più o meno accentuata a seconda degli esemplari, termina con uno spigolo vivo che lo separa nettamente dall’interno della vasca. Le pareti esterne di quest’ultima, diritte, compiono un’inflessione marcata in corrispondenza dell’orlo, in alcuni esemplari così accentuata da formare una vera e propria carenatura.

Si tratta, in assoluto, della patera più diffusa nei contesti vibonesi di età ellenistica, documentata da ben 63 esemplari, 53 provenienti dall’area sacra del Cofino (51 dagli scavi 1975-1982, 1 da quelli 1971 e uno da quelli 1974), 10 dallo scavo di Viale della Pace. Benché si tratti di una forma tipica della Campana A del pieno II sec. a.C.200, la gran parte degli individui è di produzione locale

(VN1 e 2), con vernice nera opaca e facilmente scrostabile. Solamente 5

198 MOREL 1981, p. 146.

199 LAMBOGLIA 1950, p. 146. Il genere 2200 è particolarmente diffuso nei centri interni della

Lucania nella fine del III sec. a.C. (TORRE SATRIANO 2005, p. 284-285 e DE CAZANOVE 2008,

pp. 426-428). Per le produzioni etrusco-laziali cfr. STANCO 2009.

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esemplari (due dal Cofino, tre da Viale della Pace) costituiscono importazioni di Campana A (VN3), con vernice coprente, iridescente e pareti rugose.

Ad un orizzonte cronologico ancora di fine III sembrerebbe rimandare l’esemplare n°18, l’unico ad essere confrontabile con i materiali più antichi della serie F2234 rinvenuti a Mella di Oppido Mamertina e a Civita di Tricarico, sito abbandonato dopo la seconda guerra punica201. Per il resto, il confronto con i contesti di Torre di Satriano, Blanda Julia, Caulonia, Locri e Pantano di Caronia sembrerebbero suggerire, con una certa affidabilità, la diffusione della serie soprattutto nel pieno II sec. a.C.202. una cronologia confermata anche dai contesti funerari reggini, dove la serie F2234 è sempre associata agli unguentari fusiformi tardo-ellenistici203.

18. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 14 cm; alt. mass. 2,4 cm (tav. 11). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN2; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

19. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 19 cm; alt. mass. 2,5 cm (tav. 11). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN2; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

20. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 14 cm; alt. mass. 2 cm (tav. 11). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN2; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

21. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 14 cm; alt. mass. 1,8 cm (tav. 11). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN2; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

201 PREACCO ANCONA 1999, pp. 275 per Oppido e DE CAZANOVE 2008, pp. 426 per Civita di

Tricarico.

202 TORRE SATRIANO 2005, p. 284-285 per Torre di Satriano; MOLLO 2006, p. 211 per Blanda;

CANNATA 2004, pp. 546 per Caulonia;PREACCO ANCONA 1996, pp. 355 per Locri;KALÈ AKTÉ

2009, p. 47 per Caronia;

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22. Viale della Pace ’87. US 136. Ø dell’orlo 15 cm; alt. mass. 1,8 cm (tav. 11).

Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN2; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

23. Viale della Pace ’87. US 127. Ø dell’orlo 14 cm; alt. mass. 1,3 cm (tav. 11).

Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN3; vernice nera, coprente, granulosa, iridescente. Produzione: Campana A.

24. Viale della Pace ’87. US 143. Ø dell’orlo 16,5 cm; alt. mass. 1,5 cm (tav. 11).

Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN1; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

SERIE F2236

L’orlo (con un diametro di 22-24 cm) è ripiegato verso l’interno della vasca in modo così netto da formare una gola profonda delimitata da spigoli vivi. La vasca presenta una carenatura all’esterno, subito prima dell’inflessione dell’orlo.

Sono documentati 3 esemplari, tutti provenienti dall’area sacra del Cofino (scavi 1975-1982), riferibili a una produzione locale o regionale (VN1 e 2), con vernice nera opaca e facilmente scrostabile.

Morel considera la serie come caratteristica dell’Italia meridionale204. Nell’ambito dell’area geografica presa in esame, gli esemplari vibonesi trovano confronti con materiali locresi, datati nel corso del III sec. a.C.205.

25. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 22 cm; alt. mass. 3,2 cm (tav. 12). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN1; vernice nera, opaca, coprente, facilmente scrostabile.

204 MOREL 1981, p. 151.

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91 Produzione: locale o regionale. SERIE F2264

Si tratta della forma 7C della classificazione Lamboglia206. L’orlo (con un diametro di 25 cm) è verticale, leggermente rientrante, a sezione rettangolare, rastremato verso il bordo, alto 1,5 cm rispetto alla vasca. Quest’ultima ha pareti quasi orizzontali.

È attestato un unico esemplare proveniente dallo scavo di Viale della Pace (US 103), di produzione locale o regionale (VN1), con vernice nera opaca.

Nei contesti di Blanda Julia, Copiae-Thurii, Mella di Oppido Mamertina, Locri, Siracusa, Monte di San Fratello (ME) ed Entella, la serie F2264 è documentata esclusivamente da esemplari prodotti in Campana C o in pasta grigia, a conferma della diffusione della forma prevalentemente tra la fine del II e il I sec. a.C.207.

26. Viale della Pace ’87. US 103. Ø dell’orlo 25 cm; alt. mass. 2,2 cm (tav. 12).

Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN1; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

SERIE F2286

Gli esemplari della F2286 si caratterizzano per l’orlo (Ø dell’orlo 28-31 cm) diritto o leggermente inclinato verso l’esterno piuttosto che verso l’interno come nella serie F2264. La vasca ha il profilo perfettamente orizzontale.

206 LAMBOGLIA 1950, p. 156.

207 MOLLO 2006,p. 219 per Blanda; PREACCO ANCONA 1999a, p. 291-292 per Copia, Locri,

Oppido Mamertina e Siracusa; APOLLONIA 2008, p. 42 per Monte di San Fratello;MICHELINI

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Sono documentati 4 esemplari, due provenienti dall’area sacra del Cofino (scavi 1975-1982), di produzione locale o regionale (VN2), con vernice nera opaca, scrostabile, due dallo scavo di Viale della Pace (UUSS 103 e 136), prodotti in pasta grigia.

La forma è già presente nelle produzioni magno greche a pasta chiara (cd. B-oidi) della seconda metà del II sec. a.C. prima ancora di divenire caratteristica del repertorio formale della Campana C siracusana e della pasta grigia del golfo di Taranto del pieno I sec. a.C.208. I contesti dell’Apulia, della Lucania interna e del golfo di Taranto, di Tindari, Pantano di Caronia, Monte di San Fratello, Locri, Entella, Blanda Julia rimandano tutti ad una diffusione della forma a partire dalla fine del II sec. a.C.209.

27. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 28 cm; alt. mass. 2 cm (tav. 12). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN2; vernice nera, opaca, coprente. Produzione: locale o regionale.

28. Viale della Pace ’87. US 136. Ø dell’orlo 31 cm; alt. mass. 2 cm (tav. 12). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN5; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: pasta grigia.

GENERE 2500

208MOREL 1981, p. 162; YNTEMA 2001, pp. 157-158.

209 YNTEMA 2005, pp. 28-29. Costituisce, in assoluto, una delle forme peculiari delle

produzioni in pasta grigia del versante ionico, diffusa dagli inizi del I sec. a.C. fino all’età augustea sia nei centri costieri, da Copia a Siponto, che in quelli interni dell’Apulia e della Lucania.

TYNDARIS 2008, p. 141 per Tindari;KALÈ AKTÉ 2009, p. 47 per Caronia;APOLLONIA 2008, p. 41

per Monte di San Fratello; PREACCO ANCONA 1998, pp. 97-98 per Locri; MICHELINI 2003, p.

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Nel genere 2500 sono raggruppate le forme caratterizzate da orlo rientrante e ingrossato all’esterno. Si tratta di un repertorio funzionale eterogeneo, che comprende sia patere a vasca profonda concavo convessa che coppette di piccole dimensioni.

Le patere del genere 2500 hanno origine attica; esse, infatti, sono già presenti nei contesti di IV sec. a.C. dell’agorà di Atene210. Nel corso del III sec. a.C., tuttavia, diventano caratteristiche sia delle produzioni magnogreche che dell’area etrusco-laziale211.

SERIE F2523

Orlo rientrante (Ø dell’orlo 7-8 cm), a spigolo vivo, con rigonfiamento pendulo sul lato esterno. Vasca emisferica; su alcuni esemplari sono presenti sottili incisioni sulla faccia superiore dell’orlo e all’interno della vasca.

Nei contesti analizzati sono presenti 4 esemplari, tutti provenienti dall’area sacra del Cofino (scavi 1975-1982); si tratta di individui di produzione locale o regionale (VN2), con vernice nera opaca e facilmente scrostabile.

La serie F2523 è prodotta dalle officine di Magna Grecia e Sicilia prevalentemente nel corso della seconda metà del III sec. a.C.212, come sembrerebbe emergere dai contesti di Valesio, Pomarico Vecchio, Mella di Oppido Mamertina, Monte di San Fratello (ME), Solunto e Lilibeo213.

29. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 8 cm; alt. mass. 2,5 cm (tav. 12). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

210 PREACCO ANCONA 1989, p. 92.

211Sulla presenza del genere 2500 nel repertorio morfologico di area etrusca e romano-laziale,

cfr. PASQUINUCCI 1972,PALERMO 2003 e STANCO 2009.

212 MOREL 1981, p. 176.

213 YNTEMA 2001, p. 161 per Valesio; POMARICO 1997, p. 72 per Pomarico Vecchio; PREACCO

ANCONA 1999, p. 279 per Oppido;APOLLONIA 2008, p. 47 per Monte di San Fratello;TARDO

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Argilla VN2; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

30. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 7 cm; alt. mass. 1,8 cm (tav. 12). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN2; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

31. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 8 cm; alt. mass. 2,1 cm (tav. 12). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN2; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

SERIE F2525

La serie F2525 si caratterizza per il profilo biconico delle pareti della vasca (alt. 3-3,8 cm) e la rientranza molto accentuata dell’orlo (Ø dell’orlo 6-8,2 cm). Il piede è a disco, troncoconico, separato dalla vasca da una marcata scanalatura (Ø del piede 3,5 cm nell’unico esemplare in cui si conserva).

Sono presenti 4 esemplari, tre provenienti dall’area sacra del Cofino (scavi 1975-1982) e uno dalla tomba D2 della necropoli di Piercastello; si tratta esclusivamente di individui di produzione locale o regionale (VN2), con vernice nero bruno, quasi del tutto scrostata.

Sebbene la serie non trovi confronti specifici nell’ambito dell’area geografica esaminata, essa è invece ben documentata nell’area urbana di Hipponion-Vibo Valentia, in contesti della prima metà del II sec. a.C.214.

32. Piercastello ’78. Tomba D2. Ø dell’orlo 8,2 cm; alt. 3,8 cm; Ø del piede 3,6 cm (tav. 12).

Esemplare integro.

Argilla VN2; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

(39)

95 SERIE F2528

L’orlo (Ø dell’orlo 6-8,5 cm), diritto, in alcuni esemplari appena rientrante, presenta un rigonfiamento esterno che ne determina, in sezione, il caratteristico profilo triangolare.

Nei contesti esaminati sono presenti 8 esemplari, tutti provenienti dall’area sacra del Cofino (scavi 1975-1982). Si tratta di individui di probabile produzione locale o regionale (VN1 e 2), con vernice nera opaca, facilmente scrostabile.

La serie potrebbe considerarsi un’antecedente della F2523. Morel ne propone una datazione tra la fine del IV e la prima metà del III sec. a.C.215.

33. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 8,5 cm; alt. mass. 2 cm (tav. 12). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN2; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

34. Cofino ’75-82. Ø dell’orlo 6 cm; alt. mass. 1,6 cm (tav. 12). Frammento relativo all’orlo e parte della vasca.

Argilla VN2; vernice nera, opaca, facilmente scrostabile. Produzione: locale o regionale.

SERIE F2537

L’orlo è svasato (Ø dell’orlo 9 cm), ispessito sul lato esterno, nettamente separato dalla vasca mediante una scanalatura molto profonda.

L’unico esemplare attestato, proveniente dall’area sacra del Cofino (scavi 1975-1982), è di produzione locale o regionale (VN2).

La serie è particolarmente diffusa nella Calabria meridionale già dalla fine del IV sec. a.C., sebbene non manchino attestazioni di produzione di tale forma in area apula addirittura nel II sec. a.C.216. Il nostro frammento, tuttavia,

215 MOREL1981, p. 178.

216 PREACCO ANCONA 1989, pp. 153-155 e PIZZI -SICA 2009, p. 137 per i rinvenimenti di

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