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Capitolo 5. CONCLUSIONI
Il controllo della componente batterica alterante della mozzarella non è di semplice attuazione. Nonostante siano state compiute molte ricerche in proposito, ad oggi non si hanno notizie di una loro applicazione continuativa a livello di impianti produttivi. I produttori infatti necessitano di soluzioni economiche e che non apportino sostanziali modificazioni alle caratteristiche organolettiche di uno dei prodotti più tradizionali e più amati del nostro panorama caseario.
L'aggiunta di un sale semplice ed innocuo come il bicarbonato di sodio, con piccole quantità di sali di EDTA, peraltro già utilizzato come additivo in altri alimenti, potrebbe essere ben accettata, anche considerando che i sali verrebbero aggiunti non direttamente nella mozzarella, ma nel liquido di governo.
D'altra parte, mettendo insieme i risultati ottenuti nel corso della presente tesi e quelli precedentemente ottenuti presso il Laboratorio di Microbiologia degli Alimenti del Dipartimento di Scienze Veterinarie di Pisa sullo stesso argomento (tesi Giulia Meloni), a fronte di esiti anche molto positivi in brodocoltura (in particolare nella presente tesi per l'EDTA), spesso abbiamo avuto esiti solo parzialmente positivi direttamente sul prodotto. La combinazione migliore sembra rimanere quella che prevede l'aggiunta di bicarbonato di sodio 50 mM e di EDTA alla dose di 0,312 mg/ml. Da questa quindi si deve partire con prove da eseguire direttamente in produzione, saggiando liquidi di governo con varie composizioni saline, che possano esaltare le proprietà inibenti della combinazione o di combinazioni simili, minimizzando gli effetti di modificazione del substrato caseario, ad esempio a seguito di un innalzamento eccessivo del pH.
Per quanto riguarda le prove di pigmentazione, il brodo YEGB si è dimostrato il più sensibile per rilevare la produzione di pigmento da parte di Pseudomonas alteranti, ad esempio allo scopo di effettuare screening delle microflore a livello di impianti produttivi. Si è potuto inoltre confermare che la produzione di pigmento è influenzata da numerosi fattori, quali la temperatura e la composizione del substrato.
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Infine le prove identificative tramite sequenziamento hanno permesso di identificare a livello di specie due isolati di campo pigmentanti, diversi dal più comune Pseudomonas fluorescens.