• Non ci sono risultati.

2 Il ciclo del valore delle risorse umane nelle aziende pubbliche

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "2 Il ciclo del valore delle risorse umane nelle aziende pubbliche"

Copied!
42
0
0

Testo completo

(1)

22

2 Il ciclo del valore delle risorse umane nelle aziende

pubbliche

Ciò che ci apprestiamo a fare in questo capitolo è cercare di capire se esiste e se viene

consciamente gestito il ciclo del valore delle risorse umane nelle aziende pubbliche36. Per

ottemperare agli obiettivi di lungo periodo di una qualsiasi azienda, cioè la creazione di valore nel tempo, la direzione delle risorse umane deve essere in grado di dare una valenza

36 È bene adesso soffermare l’analisi sul perché parliamo di aziende pubbliche e non di amministrazioni

pubbliche, facendo notare le differenze tra i due concetti. Per questo compito utilizzeremo le parole di Anselmi: «il concetto di pubblica Amministrazione come sistema di tutti gli operatori pubblici non è un concetto aziendale e non è da noi accoglibile sia pure per “mutuazione” della ben diversa cultura giuridica, senza addivenire ad evidenti errori e mistificazioni […] Come soggetti possiamo identificare e distinguere le aziende dalle altre unità, in particolare dagli enti e dalle altre amministrazioni pubbliche, unità tutte che non presentano i requisiti necessari per poter essere considerate aziende […] La questione centrale infatti per noi non può essere la tipologia della personalità giuridica, bensì il riconoscimento o meno del grado di aziendalità perché in essa affondano le nostre radici […] Riprendiamo dal Giannessi la guida al riconoscimento dei caratteri aziendali nella presenza degli stati di ordine combinatorio, sistematico e di composizione tra forze aziendali ed ambientali (condizioni congiuntamente necessarie e discriminanti). Tale guida ci conduce ad identificare alcune grandi tematiche su cui verificare i caratteri di aziendalità: l’autonomia gestionale, l’economicità (e quindi l’efficienza), la durabilità (equilibrio economico a valere nel tempo), la responsabilità (e quindi la trasparenza e la controllabilità da parte dei cittadini, che sono al tempo stesso i proprietari, spesso gli utenti/clienti, quasi sempre i finanziatori». Per legare meglio i concetti, asseriamo che la durabilità di queste organizzazioni può essere garantita dalla loro concezione di erogatori di pubblici servizi, che lo Stato, tramite il diritto amministrativo, deve garantire al cittadino; però ciò può essere slegato dall’equilibrio economico a valere nel tempo, in quanto dovrebbe essere quest’ultimo, tramite il concetto di economicità e cioè operare sì in efficienza, ma anche in efficacia, a garantire la continuità nel tempo. «Spesso i soggetti economici pubblici ritengono di poter attribuire alle proprie aziende una mera autonomia operativa (quindi nell’ambito del rapporto di strumentalità), mentre le aziende, le società ed anche gli enti, dovrebbero farsi promotori di una logica imprenditoriale che presuppone autonomia “piena” e non solo strumentale […] A garanzia della economicità delle aziende pubbliche e della massima efficienza delle altre unità è necessario che venga ridotta, e comunque richiesta, una specifica indicazione “formalizzata” sia dagli eventuali indirizzi alle aziende ed unità, sia dei criteri e metodi delle valutazioni economiche, finanziarie e tecniche riguardo alle implicazioni degli indirizzi stessi, inclusi gli eventuali “oneri impropri”. Anche quando alcune prestazioni richieste sono antieconomiche (a causa dei prezzi politici o dei costi aggiuntivi o di entrambi), ma devono essere ugualmente effettuate per ragioni di “pubblico interesse”, è necessario che sui istituisca un corretto rapporto tra il costo della funzione o servizio ed il prezzo che deve essere corrisposto da richiedente: infatti la necessità di attuare un servizio pubblico non contrasta con la possibilità di attuarla in forma economica e con criteri aziendali.» ANSELMI L., Percorsi

aziendali per le pubbliche amministrazioni. Edizione rivista ed ampliata, Giappichelli, Torino, 2013, pp.

3-6. Notare le caratteristiche di aziendalità appunto nelle aziende che offrono pubblici servizi, ci fa pensare che fondamentale è anche per esse la creazione del valore. Valore che può essere, per i clienti (che in questo caso peculiare sono anche i proprietari), per gli altri stakeholder, ma anche per il personale. Qui ci poniamo dunque di ricercare come creare valore anche per le risorse umane, data la spinta che esse danno per il raggiungimento dell’equilibrio economico a valere nel tempo, unico vero obiettivo per tutte le categorie di azienda. «Vi potranno essere differenze di forma, di indirizzi, ci saranno linee strategiche diverse, ci saranno ragionevoli elementi che porteranno ad accentuare o a diminuire la sensibilità verso politiche sociali “aggiuntive” (ed è normale che l’azienda pubblica sia molto più sensibile a queste politiche sociali dell’impresa “privata” per la differenza di soggetto economico), ma la sostanza del fenomeno aziendale ed il suo fine, non divergeranno». ANSELMI L., Percorsi aziendali per le pubbliche amministrazioni. Edizione

(2)

23 strategica al proprio operato cercando anche di rinnovare la propria strumentazione rendendosi meno burocratica. Per capire come questo può avvenire si utilizza il modello del ciclo del valore delle risorse umane, quest’ultimo è un modello analitico-descrittivo delle dinamiche che legano le attività della direzione risorse umane e delle persone presenti in azienda, con la strategia. Cercare di applicare tale modello alle aziende pubbliche significa cercare di capire dove tali aziende peccano nell’allineare la gestione del personale alla strategia, al creare valore nel tempo, considerando quest’ultimo un andamento virtuoso, ricollegabile al successo, che nelle aziende private può essere ricondotto al vantaggio competitivo. Non intraprendere tale via può far incappare le aziende nell’andamento inverso, la crisi. La descrizione di questo modello non può che partire dal suo principale nodo: le persone, che sono portatrici del capitale umano, esprimibile come già detto nella sommatoria del saper essere, saper fare e sapere degli individui. Questo capitale è creato dall’accumulazione nel tempo dei processi di socializzazione ed acculturazione, che possono avvenire nei rapporti familiari e nella comunità di appartenenza, al grado di scolarizzazione, che è conseguente al livello e al tipo di istruzione scolastica che l’individuo riceve nel corso della sua vita; ed infine di processi di professionalizzazione, processi quest’ultimi che avvengono soprattutto nelle esperienze lavorative vere e proprie. Possiamo dunque considerare le persone come delle

potenzialità37 da legare alle aziende tramite un contratto, cioè la relazione che si viene a

creare fra persona ed azienda. La prestazione è data dal contesto in cui la persona dovrà muoversi e sarà frutto di una progettazione precisa fatta dalla collaborazione della direzione risorse umane e l’area operativa dove quella prestazione sarà necessaria. La prestazione rientra all’interno di un più grande processo che andrà a contribuire alla

catena del valore38 dell’azienda, ed avrà poi ripercussioni sulle catene dei clienti e degli

37 Il concetto di potenzialità, o meglio di potenzialità inespressa, sarà approfondito successivamente,

legando il fenomeno delle potenzialità inespresse in una combinazione aziendale, alla possibilità di sfruttare le opzioni reali come base del risanamento.

38 La catena del valore è uno strumento ideato da Michael Porter dove viene suddivisa un’organizzazione

in un insieme limitato di processi. A loro volta questi processi sono suddivisi in processi di supporto e approvvigionamento (dove riscontriamo la direzione delle risorse umane) e processi primari, cioè quelle attività che contribuiscono direttamente alla creazione dell’output, dei prodotti o dei servizi e quindi del valore. Viene inoltre rappresentato un margine; tale margine è la differenza fra il valore totale e il costo complessivo per eseguire le attività generatrici di valore. Il margine può essere misurato in molti modi differenti. Questo strumento è utile per poter fare un’analisi dei processi in termini di economicità degli stessi, cioè analizzando quanto questi drenano risorse e quanto riescono invece a generare valore, magari non nel breve periodo (la miopia manageriale non aiuta quando si analizza la creazione di valore) ed anche per poter correlare le catene del valore fra soggetti distinti. Queste applicazioni dello strumento, saranno utili per cercare di poter riportare un azienda in crisi sulla retta via, quella del risanamento. In ultima analisi va ricordato che ogni soggetto è distinto da catene del valore differenti. Qui riportiamo a scopo illustrativo

(3)

24 altri stakeholder. Il ciclo di valorizzazione si conclude con il ritorno di corrispettivi monetari e consensi (da parte dei clienti) e contributi e consensi (da parte degli interlocutori) all’interno dell’azienda remunerando così tutti i fattori produttivi, comprese le risorse umane, consentendo la ripetizione del ciclo, raggiungendo nel tempo l’obiettivo ultimo delle aziende. « la funzione fondamentale svolta dalle aziende in un sistema economico consiste nella creazione di ricchezza o di valore, essa non è limitata ad un periodo definito, bensì, in armonia con una delle principali condizioni che identificano il

fenomeno aziendale nel vasto campo delle unità produttive, si estende nel tempo»39La

creazione di valore pubblico, secondo Moore, è da ricollegarsi al buon operato del manager pubblico che stabilisce e rende «operativa un’istituzione che incontri i desideri dei cittadini (e dei loro rappresentanti) in termini di ordine e produttività. Soddisfano tali aspirazioni quando comunicano i dati sulle performance passate e future della loro organizzazione ai cittadini e ai rappresentanti politici per garantirsi nel tempo la loro approvazione attraverso meccanismi consolidati di responsabilizzazione. Potremmo pensare che tale attività aiuti a definire, più che a creare, valore pubblico. Tuttavia, essa crea anche valore perché esaudisce i desideri dei cittadini per una società ben ordinata in cui esistano iniziative pubbliche eque, efficienti e responsabili. È la domanda dei cittadini,

piuttosto che dei clienti o beneficiari, a essere soddisfatta.»40 In figura 341 vi è la

una curva del valore classica, indicata per grandi aziende industriali. PORTER M. E., Il vantaggio

competitivo, Einaudi, Milano, 2011, p 47

Figura 2. La catena del valore

39 CAVALIERI E.,FERRARIS FRANCESCHI R., Economia aziendale. Attività aziendale e processi produttivi,

Giappichelli, Torino, 2010, p.47.

40 SINATRA A.(a cura di), MOORE M.H., La creazione di valore pubblico. La gestione strategica nella

pubblica amministrazione, Guerini e associati, Milano, 2003

(4)

25 rappresentazione completa del ciclo. Dove possiamo notare che la creazione di valore si va a concatenare anche con glia tri soggetti che vengono a contatto con questo effetto positivo. Ciò si può spiegare semplicemente tramite lo scambio, tramite l’economia di mercato, la ricchezza e quindi il valore passano fra i soggetti tramite delle transazioni. L’azienda crea valore se tramite la propria attività soddisfa i clienti nel tempo, trasformando questa soddisfazione in un ritorno economico, pari al valore che il cliente

ritiene sia stato creato.42

Figura 3. Cliente, stakeholder e ciclo del valore delle risorse umane

42Per un excursus storico sulle teorie del valore, e sulle analisi dei fattori che rimandano al successo, quindi

alla valorizzazione, delle performance aziendali si rimanda a: BLACK A.,WRIGHT P.,BACHKMAN J.E., La

ricerca del valore nell’impresa. Analisi e gestione dei fattori di successo della performance, Franco Angeli,

(5)

26

2.1 Il capitale umano: apporto di conoscenze e competenze spinto

dalle motivazioni

Come abbiamo già evidenziato, il capitale umano è quella sommatoria di saperi, conoscenze pratiche e comportamenti, accumulati nel tempo dalle persone. Il personale

delle aziende dovrebbe essere analizzato dalla direzione del personale43 sotto tre aspetti:

aspetto quantitativo, qualitativo e di costo. La prima diagnosi è legata al controllo e pianificazione delle posizioni che si renderanno vacanti per poter attivare in tempo una

ricerca di personale atta a ricoprire quei determinati ruoli44 liberatisi. Oppure all’inverso,

serve per identificare possibili esuberi45 che con il manifestarsi di peculiari situazioni si

possono venire a creare. La seconda diagnosi è legata alla valutazione degli aspetti qualitativi delle persone. Si va a monitorare la disponibilità di personale competente ed anche le esigenze di sviluppo degli stessi individui, tramite la possibile creazione di piani specifici di addestramento, aggiornamento e formazione. La diagnosi dei costi, come si può facilmente intuire è quella legata al controllo degli andamenti retributivi, magari riuscendo anche a monitorare gli andamenti di aziende simili relativamente al costo del lavoro. Cerchiamo adesso di capire come gli input degli individui possano alimentare il ciclo del valore. Qual è il movente che finalizza l’attività di una persona verso un obiettivo? La motivazione di un individuo è data dall’insieme dei bisogni, ma anche dell’insieme dei suoi valori, della natura dei compiti che dovrà svolgere, del tipo di relazioni interpersonali che si creano nell’ambiente lavorativo, della struttura e della

cultura organizzativa46 in cui si troverà ad operare. Le motivazioni sono attivate da varie

tipologie di bisogni47, in modo che tramite delle azioni gli individui possano soddisfare

43 L’organico di un’impresa può essere classificato per le: «caratteristiche demografiche, quali genere, età

condizione familiare, residenza titolo di studio; condizione professionale, come qualifica, posizione o ruolo ricoperti, retribuzione, anzianità nell’azienda, nella qualifica, nella posizione; comportamenti lavorativi, quali mobilità orizzontale e verticale, tassi di assenteismo e turnover, turni, trasferte, ore straordinarie e così via». COSTA G.,GIANECCHINI M., Risorse umane. Persone, relazioni e valore, op. cit. pp 70

44 Come vedremo la ricerca può avvenire sia all’interno dell’organizzazione, sia all’esterno, tramite

l’attivazione dei processi di acquisizione del personale.

45 Spesso in un piano di risanamento si va a ridurre il numero di persone iscritte in libro paga per far sì che

il processo di snellimento organizzativo, quindi la riduzione dei costi dell’attività aziendale sia funzionale e credibile agli occhi degli interessati alla buona riuscita del turnaround.

46 Il clima organizzativo ed anche la cultura organizzativa, sono considerate variabili soft durante la

progettazione organizzativa, ma rivestono un ruolo chiave in termini sociologici.

47 I bisogni, secondo la celebre scala di Maslow, si suddividono in: fisiologici, di sicurezza, di appartenenza,

di stima, di autorealizzazione. I primi due tipi di bisogni sono detti primari in quanto costituiscono la premessa necessaria per poter andare a soddisfare ogni altro tipo di desiderio, difatti sono alla base della

(6)

27 quei determinati bisogni. L’organizzazione, volendo attivare le azioni del proprio personale, deve garantire delle ricompense adeguate e proporzionali agli sforzi profusi, così da aumentare la soddisfazione degli individui che permetterà di motivare ulteriormente le persone, salendo lungo la scala dei bisogni di Maslow. «Se le persone sono prima di tutto preoccupate della soddisfazione dei bisogni di più basso livello, l’organizzazione deve rispondere fornendo retribuzione adeguata, condizioni di lavoro salubri e sicurezza del posto per il futuro. In seguito a queste azioni, l’individuo sarà motivato a soddisfare i bisogni di livello più elevato, tra cui la possibilità di sperimentare rapporti affettivi e interpersonali gratificanti nell’ambito del gruppo di lavoro. L’appartenenza all’organizzazione, la ricerca del riconoscimento personale e

professionale, la realizzazione di un proprio progetto di vita».48 Si devono quindi attivare

particolari strumenti legati a doppio filo con il controllo di gestione in modo da guidare i comportamenti delle persone in modi che permettano il raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione. È bene dunque che anche nelle aziende pubbliche si metta a «fuoco il problema motivazionale cercando, mediante un opportuno impiego del complesso degli strumenti di gestione del personale e l’assunzione di un orientamento temporale di lungo periodo, di inserire il dipendente pubblico all’interno di un percorso formativo e di sviluppo in grado di dare, anzitutto, risposta alle sue esigenze, ma di realizzare altresì una sua identificazione negli obiettivi organizzativi, rafforzandola nel tempo. Gli strumenti di gestione del personale si prestano, quindi, ad essere impiegati come mezzo per conseguire un più elevato livello di integrazione tra scopi individuali e organizzativi, pertanto per motivare il personale mediante la creazione di opportuni stimoli capaci di indirizzare i comportamenti verso specifici obiettivi-risultato […] la suddetta motivazione non solo può essere sviluppata mediante le politiche di incentivazione oppure a seguito di una “mirata” politica di selezione, ma deve anche essere il frutto di un’opportuna formazione e gestione dello sviluppo professionale […] Quanto sopra rilevato assume maggiore

scala. I secondi tre sono detti superiori e sono quelli più influenzati dal contesto in cui è inserito l’individuo; ovviamente questi bisogni non sono presi in considerazione fino a che quelli primari non siano almeno in parte soddisfatti. L’intensità della manifestazione dei bisogni, soprattutto per quelli superiori, varia in base alle caratteristiche caratteriali delle persone. MASLOW AH., Motivazione e Personalità, Armando, Roma, 1992. I bisogni di appartenenza, stima e autorealizzazione sono quelli su cui poter far leva durante le crisi per attivare comportamenti virtuosi utili alla causa di un possibile turnaround. Esistono altre configurazioni degne di nota per poter analizzare la motivazione: sia tramite i contenuti della stessa, cioè le ragioni che spingono gli individui a comportarsi in un certo modo; sia in base al processo tramite il quale si passa da un bisogno ad una certa linea di condotta. Purtroppo per sintesi eviteremo di approfondire ulteriormente questi aspetti, riconoscendo che la direzione delle risorse umane deve conoscere sia i contenuti della motivazione degli individui, sia i processi che portano alla soddisfazione dei bisogni.

(7)

28 rilevanza qualora si rifletta sul fatto che se la concezione burocratica dell’organizzazione pubblica sembrava privilegiare aspetti quali autorità, ordini, obbedienza, efficienza, i nuovi “valori organizzativi” che sono stati individuati come “emergenti” implicano la necessità di riconoscere margini di libertà nell’ambito dei quali più dei comportamenti

seguiti assumono importanza capacità di interpretazione dinamica49 di ruoli nuovi in

relazione al loro contenuto e di applicazione di insiemi di saperi a situazioni professionali

sempre diverse»50. Quello che ci chiediamo adesso è se effettivamente esiste un sistema

nelle aziende pubbliche che porta all’incentivazione delle performance dei propri dipendenti spingendo sugli aspetti motivazionali delle persone. Purtroppo «l’assetto istituzionale generalmente presente nella pubblica amministrazione italiana non solo non riduce le inefficienze nell’utilizzo della risorsa umana, ma al contrario tende ad enfatizzarle. Si può affermare, pur con qualche forzatura, che nelle amministrazioni pubbliche non sembra esistere un reale sistema di incentivi. Tale assenza crea una sorta di «burocrazia individualista», in cui i diversi soggetti hanno interessi specifici ad entrare nell’amministrazione ed a rimanervi, ma per tutto il periodo di tempo in cui vi operano decidono discrezionalmente il livello del loro contributo. Infatti l’organizzazione richiede loro determinati comportamenti formali senza interessarsi di fatto né dei livelli di produttività, né del grado di cooperazione interna, né dello sviluppo professionale. L’istituzione si disinteressa dei suoi prestatori di lavoro in quanto confida su determinati meccanismi amministrativi posti a salvaguardia del suo perdurare. In sostanza agli individui sono richiesti solamente alcuni contributi minimi necessari (inferiori alla produttività marginale potenziale) indotti dall’esplicazione di regole generali ed impersonali e da una bassa interiorizzazione degli obiettivi dell’organizzazione e garantiti dall’autorità dello Stato, manifestantesi attraverso un sistema di sanzioni amministrative e penali e di forme di controllo e supervisione tanto rigorose quanto formali. Coerentemente a ciò dal punto di vista organizzativo le mansioni produttive sono separate dal compito di identificare e trovare soluzioni alle emergenze (sempre demandando alle

49 «A livello di risorse umane la visione postmoderna favorisce l’apprendimento attivo sul posto di lavoro,

i compiti multipli, la retribuzione su base personale, l’attenuazione della distinzione fra le diverse funzioni e ruoli, la condivisione delle responsabilità, la tendenza verso strutture orizzontali» PADRONI G., Aspetti della complessità e sensibilità “postmoderna” nelle dinamiche organizzative e del capitale umano, op.cit, p. 187 Questo passaggio di concezione porta a scoprire l’importanza e la funzionalità del knowledge work e della logica cliente-fornitore anche nel rapporto tra il ruolo organizzativo e l’organizzazione nella sua interezza, quindi si tende a favorire la formazione, la conoscenza, la partecipazione, la responsabilità, l’identificazione. Il dipendente deve accumulare quelle caratteristiche che prima erano intrise nel significato della parola imprenditorialità.

50 BONTI M., Dal sistema burocratico alla cultura della qualità nelle amministrazioni pubbliche. Modelli

(8)

29

regole generali)51 e i sistemi informativi sono verticali e settoriali. All’interno di tale

schema i singoli individui sono liberi di adottare comportamenti maggiormente produttivi in virtù di sollecitazioni esercitate dall’esterno e di loro motivazioni interiori ma, ovviamente, tali comportamenti non possono incidere in modo significativo sull’innovatività tecnica ed economica dell’azienda pubblica, in quanto ciò

destabilizzerebbe il sistema organizzativo»52 In figura53 è rappresentato lo schema

completo della soddisfazione dei bisogni

Figura 4 Il ciclo di soddisfazione dei bisogni

Il tipo di azioni che compie l’individuo è legato sia da quanto l’individuo è motivato, sia dal grado di competenze che esso ha. Un’azienda deve ricercare quelle persone che sono motivate e abbiano le competenze adeguate, a rivestire i ruoli richiesti all’interno dell’organizzazione. Le persone rappresentano, come già detto, delle potenzialità da trasformare in competenze e capacità dell’azienda attraverso una relazione contrattuale e sociale, così da essere integrate nel sistema organizzativo. «Le competenze sono il fulcro su cui poggiano le leve gestionali mentre le motivazioni forniscono l’energia per azionarle. Il risultato è costituito dalle prestazioni che le persone forniscono

51 Contrariamente a quanto una risorsa umana dovrebbe fare di fronte alle sfide della complessità

post-moderna.

52RUFFINI R., VALOTTI G., Assetti istituzionali e governo delle aziende pubbliche, EGEA, Milano, 1994,

p. 102-103

(9)

30

all’organizzazione.»54 Possiamo dunque asserire che se le motivazioni sono basse ci

saranno ripercussioni negative sulle prestazioni; di fatto esiste una relazione tra soddisfazione del lavoro e fenomeni come i ritardi e l’assenteismo. Spesso questi fenomeni avvengono facilmente in aziende pubbliche. Uno strumento per il controllo e lo sviluppo delle competenze presenti in azienda è il sistema delle politiche di acquisizione delle risorse umane. L’obiettivo di queste politiche è infatti quello di dotare l’azienda di un capitale umano il più idoneo possibile con la strategia, la struttura e la cultura dell’organizzazione. Ovviamente in riferimento alle unità pubbliche la possibilità di integrare tali politiche come un filtro non è stata ancora presa completamente in

considerazione. L’accesso al pubblico impiego55 ha molti vincoli di natura giuridica per

salvaguardare aspetti sociali e principi di legittimità, trasparenza, accesso, pubblicità. Questi vincoli però pongono un freno agli obiettivi di efficacia delle politiche di assunzione perché si dovrebbe: «favorire l’inserimento di persone valide non solo sotto il profilo delle conoscenze puntuali, riferite in particolare alle normative, quanto anche e

soprattutto delle attitudini e motivazioni individuali».56 Il processo di acquisizione del

personale, che ha come obiettivo di trovare e collocare nelle varie posizioni organizzative le risorse umane con le caratteristiche ritenute opportune, è suddiviso tipicamente in quattro fasi: reclutamento, selezione, accoglimento, inserimento. Il reclutamento è la fase in cui, tramite una serie di attività l’azienda esprime la sua domanda di lavoro, attivando

verso di sé l’offerta potenziale.57La selezione è quel processo di scelta tra i candidati

individuati durante il reclutamento, delle persone che più sono rispondenti a l’insieme di caratteristiche che più rispondono alle esigenze dell’organizzazione. L’accoglimento è la fase di primo accesso del nuovo individuo nell’organizzazione, in questa fase la nuova risorsa riceverà tutte le informazioni necessarie per procedere al vero e proprio inserimento. Quest’ultima infatti, addestra e forma il nuovo arrivato per meglio garantire l’inserimento del nuovo elemento nel sistema organizzativo. In questa fase, tramite reportistica da parte del responsabile dell’area in cui il nuovo soggetto è stato inserito, il

54 COSTA G., GIANECCHINI M., Risorse umane. Persone, relazioni e valore, op. cit. p. 94 55 Difficile è dare una definizione omnicomprensiva di pubblico impiego. Si possono generalmente

considerare tali quei soggetti che stringono rapporti di lavoro con organizzazioni governate da funzionari eletti o nominati dallo Stato e suoi organi, ed anche organizzazioni che sono proprietà dello Stato o finanziate prevalentemente con fondi pubblici.

56 BONTI M., Dal sistema burocratico alla cultura della qualità nelle amministrazioni pubbliche. Modelli

di analisi e strumenti operativi, op.cit, p.226

57 Il mercato del lavoro in termini macroeconomici è rappresentato dalla curva di domanda di lavoro, creata

dalla sommatoria delle domande delle varie imprese; e dalla curva di offerta rappresentata da tutti quegli individui interessati in quel momento ad offrire le proprie prestazioni lavorative.

(10)

31

responsabile della selezione, saprà se avrà assunto un falso positivo58. Nel pubblico per

legge devono essere attivati i meccanismi dei concorsi interni o pubblici, con i relativi bandi che vanno a specificare i requisiti di accesso, le fasi della selezione, le tipologie delle prove e i programmi relativi. Questo tipo di attività di reclutamento e selezione è di fatto svolta in modo da rafforzare i valori tipici dell’organizzazione burocratica di stampo

weberiano59. Infatti: «se nel settore privato l’accertamento delle competenze e

specificatamente dell’adeguatezza a ricoprire un ruolo organizzativo (saper essere) è una pratica abbastanza diffusa e consolidata, basti pensare al settore terziario (banche, assicurazioni, ecc…), nel pubblico, […] l’introduzione di tali metodologie è certamente

più recente e talvolta limitata a determina ti profili professionali.»60 Le pratiche selettive

sono principalmente prove scritte e orali il cui unico scopo è quello di valutare solamente le conoscenze teoriche e nozionistiche di stampo principalmente giuridico, andando a trascurare gli aspetti legati alla motivazione, che d’altro canto sono ritenuti irrilevanti in quanto gli aspetti personali non sono richiesti nel ricoprire in modo meccanico, seguendo ed attenendosi esclusivamente alle procedure richieste, una posizione all’interno di un sistema altamente burocratico. La critica da muovere è quindi quella inerente al come un’azienda pubblica debba comportarsi per valutare in fase di selezione, gli aspetti delle conoscenze delle persone legate al saper essere ed il saper fare, aspetti qualitativi fondamentali per la creazione di valore, anche di tipo pubblico. «Nel momento in cui le organizzazioni pubbliche sono impegnate nel tentativo di prendere le distanze da forme

58 Obiettivo della fase di selezione è quella di ridurre il più possibile il rischio di errori nella selezione. Gli

errori che si possono compiere sono due: assumere soggetti che sono ritenuti idonei durante la fase di selezione ma una volta inseriti nel contesto organizzativo avranno un successo lavorativo basso, questo è l’errore di falso positivo, che porterà con se conseguenze in termini di costi legati alla scarsa produttività, peggioramento del clima organizzativo, ecc… L’altro, all’inverso, è l’errore di falso negativo. Un soggetto viene ritenuto non idoneo durante la selezione ma in realtà avrebbe potuto garantire un successo lavorativo alto. I costi di questo errore sono ovviamente più difficili da quantificare, in quanto sono da considerare dei costi/opportunità. Questi rischi sono dovuti dalla presenza di asimmetrie informative che vi sono tra il selezionatore e il candidato. Fondamentale quindi è far sì che i selezionatori sappiano andare in contro alle proprie responsabilità cercando di ridurre al minimo il rischio di una cattiva selezione, attivando gli strumenti migliori a propria disposizione, tenendo comunque un occhio aperto nei confronti dei costi che tali strumenti comportano all’azienda.

59 «Il modello classico di stampo weberiano, come noto, si basa su un’idea di «amministrazione neutrale»

dove lealtà, competenza e sacrificio di alcuni diritti politici in cambio di status e sicurezza sono le caratteristiche principali che informano il comportamento dei funzionari pubblici. Tali modelli sono stati assunti a riferimento in tutti i Paesi europei, che conseguentemente hanno sviluppato un contesto giuridico relativo al pubblico impiego tale da creare una rete di norme e regole che permettano di dettare al funzionario la linea di condotta da seguire» RUFFINIR.,VALOTTIG.,Assetti istituzionali e governo delle aziende pubbliche, op.cit, p.79.

60 RIGHETTI C., La selezione del personale nella p.a dall’analisi delle conoscenze alla ricerca delle

(11)

32 autoreferenziali per misurarsi con il cittadino-cliente nella produzione di servizi di qualità, di riformulare i valori fondanti la propria cultura, pertanto di ricostruire la propria dotazione di personale anzitutto sotto il profilo qualitativo, l’inadeguatezza di vecchie

logiche e strumenti tende ad evidenziarsi in tutta la sua portata.»61 Tramite una ricezione

da parte dei legislatori di queste problematiche, a partire dagli anni ’90, anni in cui vi è stata difatti una forte spinta alle privatizzazioni formali e sostanziali, si sono rese maggiormente flessibili le norme in materia di acquisizione del personale da parte delle

amministrazioni pubbliche. In quest’ottica, è bene poter attivare alcuni strumenti62 in fase

di selezione da affiancare agli strumenti tradizionalmente utilizzati, come il riuscire ad indagare sulle caratteristiche individuali quali la predisposizione all’occupazione di un ruolo attivo, all’assunzione di maggiori responsabilità, alla capacità di lavorare in gruppo, alla capacità di analisi critica, all’attitudine alla socializzazione e alla riflessione. Oltre a queste caratteristiche diviene rilevante il riuscire a misurare le motivazioni e le attitudini dei candidati al lavorare in un’organizzazione pubblica. Visto che nelle aziende pubbliche vi è una carenza di attenzione durante la fase di selezione sugli aspetti prettamente qualitativi e comportamentali dei candidati, si dovrebbe attivare un maggior supporto da parte del controllo di gestione. Infatti scrive Bonti: «L’influenza sul livello di fabbisogno di controllo delle attività di reclutamento e selezione può essere valutata in relazione agli errori cui queste possono portare: non consentire l’inserimento di persone in possesso delle competenze professionali e delle spinte motivazionali ricercate, al contrario inserire persone non motivate o non adeguate sotto il profilo attitudinale per quanto valide sul piano professionale. Il rischio è così quello di andare incontro a problemi di integrazione, all’insorgere di tensioni a fronte di difficoltà di inserimento, a difficoltà nel realizzare forme di responsabilizzazione, partecipazione, coinvolgimento attivo, lavoro di gruppo. In altre parole le conseguenze che possiamo derivare dallo scegliere i candidati migliori sul piano delle conoscenze e competenze, ma non rispetto alle necessità dell’organizzazione pubblica quanto a personalità, motivazioni, attitudini e aspettative

61BONTI M., Dal sistema burocratico alla cultura della qualità nelle amministrazioni pubbliche. Modelli di

analisi e strumenti operativi, op.cit, pp. 226-227.

62 Un innovativo strumento per ridurre al minimo i classici rischi della fase di selezione è quello dei quattro

quadranti, che permette di correlare il potenziale individuale e quello organizzativo. Quest’ultimo è il grado che un soggetto ha di adattarsi al contesto organizzativo. Nell’articolo di Frigerio dove si presenta lo strumento, interessante è il notare che esso sia stato utilizzato da AMA S.p.A (Azienda Municipale di Roma), a dimostrazione che alcuni manager pubblici ritengono che il solo concorso pubblico non è sufficiente. FRIGERIO B., Il modello dei quattro quadranti nella selezione del personale: un caso

(12)

33 sembrano essere quelle di rendere necessario il ricorso ad un controllo più intenso con

riguardo congiuntamente ai comportamenti e ai risultati.»63 L’attivazione del processo di

selezione è da ricollegarsi alla programmazione del personale, sa in termini qualitativi che quantitativi, ricordando infatti che le politiche per rispondere alle esigenze di personale possono essere, oltre al già citato reclutamento e selezione, la formazione e lo sviluppo e l’organizzazione del lavoro. Dalla programmazione del personale può derivare anche l’evidenza di un surplus di personale da gestire. Durante le crisi, e nei processi di ristrutturazione organizzativa, queste evenienze accadono spesso. Il recupero dell’efficienza di un sistema aziendale porta spesso al ridimensionamento degli organici. Non possiamo esimerci dal citare, se pur velocemente, i principali indici di analisi

dell’organico64 che, insieme all’analisi della composizione dell’organico stesso,

permettono di definire il fabbisogno di personale da inserire in azienda, output chiave della programmazione del personale. La funzione di questa programmazione è appunto quella di riuscir ad assicurare la disponibilità qualitativa e quantitativa di risorse umane

necessarie alla realizzazione dei piani aziendali65 assicurando nel contempo le condizioni

per la gestione coerente delle dinamiche legislative, contrattuali, economiche, sociali, più restringenti tra l’altro, in una realtà pubblica.

63BONTI M., Dal sistema burocratico alla cultura della qualità nelle amministrazioni pubbliche. Modelli

di analisi e strumenti operativi, op.cit, pp. 230-231.

64 Per la disamina sintetica degli indici di analisi dell’organico ci rifacciamo a ALCAMO O.,LA ROCCA D.,

VERDUCCI D., Il budget del personale. Strategie operative per la pianificazione e il controllo dei costi, Inaz, Milano, 2007, pp. 49-51.

65 Con piani aziendali intendiamo qualsiasi strumento di programmazione e pianificazione delle attività

aziendali future, dal budget di esercizio, fino ad un piano industriale. Ai fini della presente tesi ci premerà controllare, nei limiti della fattibilità, la programmazione del personale nel piano di risanamento di A.Am.P.S.

(13)

34 Procediamo ora ad un rapido excursus degli indici di analisi dell’organico più utilizzati.

1. Gli indici di turnover sono degli indicatori di flusso che evidenziano il tasso di rigiro del personale, di cui occorre comprendere le motivazioni all’abbandono dell’organizzazione, come ad esempio la mancanza di attrattività del lavoro, carichi eccessivi e stress, difficoltà a relazionarsi con superiori e colleghi, organizzazione del lavoro inadeguata. È bene considerare anche i costi, come quelli della ricerca e della selezione.

𝐶𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑎𝑠𝑠𝑢𝑛𝑡𝑜 =∑ 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑖 𝑟𝑒𝑐𝑙𝑢𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑒 𝑠𝑒𝑙𝑒𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒

𝑎𝑠𝑠𝑢𝑛𝑡𝑖 𝑛𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑖𝑜𝑑𝑜

𝐶𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑑𝑖𝑟𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑡𝑢𝑟𝑛𝑜𝑣𝑒𝑟 = ∑ 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑎𝑠𝑠𝑢𝑛𝑡𝑜 × 𝑎𝑠𝑠𝑢𝑛𝑡𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑡𝑢𝑟𝑛𝑜𝑣𝑒𝑟

Gli indici di turnover più utilizzati sono:

𝑇𝑎𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑡𝑢𝑟𝑛𝑜𝑣𝑒𝑟 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑙𝑒𝑠𝑠𝑖𝑣𝑜 = 𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎𝑡𝑖+𝑢𝑠𝑐𝑖𝑡𝑖 𝑛𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑖𝑜𝑑𝑜 𝑜𝑟𝑔𝑎𝑛𝑖𝑐𝑜 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑜 𝑛𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑖𝑜𝑑𝑜 × 100 𝑇𝑎𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑡𝑢𝑟𝑛𝑜𝑣𝑒𝑟 𝑛𝑒𝑔𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜 = 𝑢𝑠𝑐𝑖𝑡𝑖 𝑛𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑖𝑜𝑑𝑜 𝑜𝑟𝑔𝑎𝑛𝑖𝑐𝑜 𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑜 𝑝𝑒𝑟𝑖𝑜𝑑𝑜 × 100 𝑇𝑎𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑡𝑢𝑟𝑛𝑜𝑣𝑒𝑟 𝑝𝑜𝑠𝑖𝑡𝑖𝑣𝑜 = 𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎𝑡𝑖 𝑛𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑖𝑜𝑑𝑜 𝑜𝑟𝑔𝑎𝑛𝑖𝑐𝑜 𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑜 𝑝𝑒𝑟𝑖𝑜𝑑𝑜 × 100 𝑇𝑎𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑒𝑛𝑠𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑡𝑢𝑟𝑛𝑜𝑣𝑒𝑟 = 𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎𝑡𝑖 𝑛𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑖𝑜𝑑𝑜 𝑢𝑠𝑐𝑖𝑡𝑖 𝑛𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑖𝑜𝑑𝑜 × 100

Oltre ai costi del turnover esistono anche i costi del non turnover, cioè dei costi dovuti al mancato fuoriuscire dall’organizzazione di lavoratori insoddisfatti, la cui permanenza può avere effetti negativi sul clima aziendale, condizionando i comportamenti degli altri lavoratori, riducendo addirittura la produttività collettiva.

2. Gli indici di assenteismo vanno a monitorare tutte le assenze ad esclusione di quelle previste da norme di legge o contrattuali quali come le ferie o le festività. Pertanto rientrano nell’indice soprattutto le malattie, maternità, scioperi, permessi vari.

𝑇𝑎𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑠𝑠𝑒𝑛𝑡𝑒𝑖𝑠𝑚𝑜 𝑒𝑠𝑝𝑟𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑖𝑛 𝑜𝑟𝑒 = 𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑠𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑜𝑟𝑒 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑎𝑏𝑖𝑙𝑖 × 100 𝑇𝑎𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑠𝑠𝑒𝑛𝑡𝑒𝑖𝑠𝑚𝑜 𝑒𝑠𝑝𝑟𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑖𝑛 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑎𝑡𝑒 =𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑎𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑠𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑎𝑡𝑒 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑎𝑏𝑖𝑙𝑖 x100 𝑇𝑎𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑠𝑠𝑒𝑛𝑡𝑒𝑖𝑠𝑚𝑜 𝑒𝑠𝑝𝑟𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑖𝑛 𝑎𝑠𝑠𝑒𝑛𝑡𝑖 = 𝑎𝑠𝑠𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑖𝑛 𝑢𝑛𝑎 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑎𝑡𝑎 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑎 𝑜𝑟𝑔𝑎𝑛𝑖𝑐𝑜 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑜 x 100

Relativamente all’assenteismo è bene individuare e capire se l’assenteismo è fisiologico (ovvero l’assenteismo sotto al quale è impossibile scendere) oppure se l’assenteismo è dipendente da specifiche situazioni aziendali o individuali, in quanto esso è un ottimo indicatore del clima aziendale. In questi casi è bene attivare strumenti ad hoc per

(14)

35 correggere eventuali situazioni di disagio segnalate, come la presenza di fenomeni come il mobbing. I costi dell’assenteismo sono di due tipi: i costi diretti che sono legati alla retribuzione di soggetti che di fatto non hanno partecipato all’attività lavorativa, i costi indiretti che invece sono dovuti alla diminuzione della produttività e al deterioramento del clima organizzativo.

3. Costi del personale. Essi possono essere suddivisi rispetto all’organico e alla produttività oppure rispetto a delle grandezze economiche.

Rispetto all’organico-produttività:

𝐶𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒 = 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑙𝑒𝑠𝑠𝑖𝑣𝑜 𝑎𝑛𝑛𝑢𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒

𝑜𝑟𝑔𝑎𝑛𝑖𝑐𝑜 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑜

𝐶𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑜𝑟𝑎𝑟𝑖𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒 =𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑙𝑒𝑠𝑠𝑖𝑣𝑜 𝑎𝑛𝑛𝑢𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒

𝑜𝑟𝑒 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑎𝑡𝑖𝑣𝑒

Rispetto a grandezze economiche:

𝐼𝑛𝑐𝑖𝑑𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑠𝑢𝑙 𝑓𝑎𝑡𝑡𝑢𝑟𝑎𝑡𝑜 = 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑙𝑒𝑠𝑠𝑖𝑣𝑜 𝑎𝑛𝑛𝑢𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑓𝑎𝑡𝑡𝑢𝑟𝑎𝑡𝑜+𝑣𝑎𝑟𝑖𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑟𝑖𝑚𝑎𝑛𝑒𝑛𝑧𝑒 𝐼𝑛𝑐𝑖𝑑𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑠𝑢𝑙 𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑎𝑔𝑔𝑖𝑢𝑛𝑡𝑜 = 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑙𝑒𝑠𝑠𝑖𝑣𝑜 𝑎𝑛𝑛𝑢𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑎𝑔𝑔𝑖𝑢𝑛𝑡𝑜 𝐼𝑛𝑐𝑖𝑑𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑠𝑢𝑙 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑒𝑖 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑖 = 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑙𝑒𝑠𝑠𝑖𝑣𝑜 𝑎𝑛𝑛𝑢𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑖 𝑎𝑧𝑖𝑒𝑛𝑑𝑎𝑙𝑖

Volendo concludere la disamina su questi indicatori ci preme considerare come la

creazione di informazioni tempestive, tramite l’elaborazione di dati sul personale66,

permette di monitorare e migliorare l’efficienza aziendale.

66 Si rinvia a MICCOLIS P., Le relazioni complesse tra personale e contabilità, in “Sviluppo e

organizzazione, 08-09 2011 per la disamina delle problematiche che possono sorgere all’interno del sistema informativo aziendale.

(15)

36

2.2 Le relazioni: contratti e sviluppo del commitment nelle

aziende pubbliche

Come i soggetti si legano all’azienda? La relazione tra una persona e l’azienda è composta da due dimensioni: quella giuridico-contrattuale ed una di tipo socio-psicologica. La relazione avviene tramite un contratto che può essere considerato di due tipologie: «Il contratto giuridico può andare dal tradizionale contratto di lavoro subordinato, che è la forma più tipica di acquisizione di servizi umani, fino al contratto di tipo commerciale (outsourcing, lavoro in somministrazione, staff leasing), passando per una serie di forme miste e intermedie (contratti di collaborazione, contratti a progetto). Il contratto psicologico attiene invece alle attese reciproche tra individui e datore di lavoro e, quindi, al grado d’implicazione emotiva che la persona stabilisce con l’organizzazione e con i

suoi membri.»67 Tipicamente l’insieme delle complesse relazioni che vengono ad

istaurarsi tra lavoratore ed imprese, rientra nel concetto delle transazioni di lavoro, o per

meglio dire nel sistema delle relazioni sindacali68. È bene ricordare che rilevante è il ruolo

dello Stato, in quanto si trova a ricoprire sia la posizione di datore di lavoro per i lavoratori pubblici, sia la posizione di chi ha il potere di decidere le condizioni istituzionali, tramite la legislazione del lavoro, influendo sul contesto economico sia dei lavoratori, che delle

imprese e dei sindacati69. I contratti individuali sono quelli che legano il lavoratore

all’azienda, il cui contenuto è spiegato nella lettera di assunzione, che rimanda al CCNL

67 COSTA G., GIANECCHINI M., Risorse umane. Persone, relazioni e valore, op. cit. pp. 40-41

68 All’interno di tale sistema operano tre insiemi di attori: i sindacati, che possono essere categoriali e

intercategoriali, dove possiamo trovare i loro delegati e quindi i lavoratori che vi aderiscono; le associazioni di chi assume, cioè le associazioni imprenditoriali, suddivise per settore; lo Stato. I processi di negoziazione avvengono sia a livello individuale, sia collettivo, non escludendosi a vicenda, ma facendo parte in modo integrato dello stesso sistema. Il lavoratore si lega all’impresa tramite una transazione individuale, il contratto di lavoro, ma allo stesso tempo, sempre tramite una transazione individuale, esso può decidere di aderire al sindacato aziendale che sta alla base delle dimensioni organizzative sindacali, al cui vertice vi è la confederazione intercategoriale nazionale (o solo di una categoria). Quest’ultima ha il compito di prendere accordi tra lo Stato e le associazioni delle varie categorie imprenditoriali, così da garantire leggi, accordi intercategoriali e contratti collettivi nazionali di lavoro. I CCNL vanno a determinare un insieme di elementi non derogabili nella regolamentazione dei rapporti di lavoro sia a livello individuale che territoriale, come le tipologie di contratto individuale, ferie, congedi, permessi, malattia, maternità, i termini di preavviso, licenziamento individuale, periodo di malattia, maternità, i termini di preavviso, licenziamento individuale, periodi di prova, ecc… In più vi si ritrovano gli elementi derogabili alla contrattazione aziendale e le tabelle retributive per i diversi livelli d’inquadramento.

69 I sindacati hanno il compito di rappresentare in forma organizzata le varie categorie di lavoratori e i

lavoratori presenti nei vari territori, per tutelare i loro interessi. Principale compito è quello di stipulare i contratti collettivi di lavoro relativa alla categoria rappresentata, con riferimento territoriale nazionale o anche più ristretto. Gli ambiti di interesse dei sindacati sono da riferirsi alla retribuzione, le condizioni di lavoro e la rappresentanza politica dei lavoratori.

(16)

37 di riferimento per la normativa non derogabile ed alle intese individuali per le condizioni del caso specifico. Quest’ultimo è il cosiddetto contratto giuridico, cioè l’insieme di obbligazioni, quindi di obblighi e doveri, ma anche diritti, a cui il soggetto si attiene in quanto stipula un contratto di lavoro subordinato. Questo contratto va a legare il soggetto e il datore di lavoro ad una serie di aspetti formali, legati al rispetto della persona, quindi alla correttezza giuridica, contrattuale ed organizzativa di tali relazioni. Spesso nelle aziende pubbliche, l’insieme delle relazioni che ci possono essere tra azienda e personale, si limita esclusivamente alla cura degli aspetti formali e giuridici della relazione, senza minimamente curarsi della possibilità di creare una relazione sotto l’aspetto emotivo, cioè parte del cosiddetto contratto psicologico. A dimostrazione di ciò, in molti organigrammi di aziende pubbliche possiamo evidenziare la direzione delle risorse umane insieme all’area legale. Evidente è che un‘azienda non può specificare a priori nel contratto tutto l’insieme dei comportamenti richiesti. Si tratta di capire quindi quali sono le attese reciproche che una persona va a stabilire con un’impresa; quali sono le azioni che il lavoratore crede di dover fornire oltre a quelle espressamente richieste e viceversa, cosa si aspetta il lavoratore oltre al rispetto formale degli obblighi contrattuali. «Il contratto psicologico attiene a una disposizione interiore ad adempiere un’obbligazione di tipo tecnico-giuridico, o a vivere una relazione organizzativa o sociale, con spirito di collaborazione, di fiducia e con forte impegno affinché le attese, implicite ed esplicite, formali e informali, che sono alla base della relazione, trovino una risposta soddisfacente

per entrambe le parti coinvolte.»70 Alla base della buona gestione del contratto

psicologico vi è il ruolo chiave, di mediatore, della direzione delle risorse umane, che deve garantire un dialogo il più chiaro possibile tramite flussi informativi adeguati per ogni ruolo all’interno dell’organizzazione, così da far rispettare le varie obbligazioni. Se i lavoratori riceveranno input positivi di tipo incentivante rispetto all’onorare le proprie obbligazioni, anche quelle non espressamente richieste, si sentiranno soddisfatti e vi sarà un rinforzo del commitment che provocherà quindi un aumento delle performance ed un aumento dell’insieme di quei comportamenti detti di cittadinanza organizzativa ed

identificazione con l’impresa71. Nel caso in cui il contratto psicologico non venga onorato

70 COSTA G., GIANECCHINI M., Risorse umane. Persone, relazioni e valore, op. cit. p. 268

71Su questo tema molti studiosi di organizzazione si sono dibattuti. Il raggiungimento di una condizione in

cui un individuo si annulla nell’organizzazione è la forma più alta di relazione possibile che si può manifestare tra un individuo e l’organizzazione di cui fa parte, portando ad effetti straordinari. Su questo tema si rimanda a Bergami che scrive: «L’ identificazione con l’organizzazione, spesso etichettata come identificazione organizzativa, viene frequentemente considerata nella letteratura manageriale come una delle principali determinanti delle performance dell’impresa. L’idea alla base di tale prospettiva è che

(17)

38 da parte dell’azienda, dichiarando invece il contrario, e se ciò si reitera anche nel tempo, il lavoratore percepirà una rottura dei vincoli contrattuali, che provocherà delle risposte emotive avverse all’azienda, come rabbia, frustrazione e sfiducia. Il commitment verrà meno e verranno attivati dei comportamenti avversi al buon andamento del rapporto di lavoro come: l’aumento di assenze, la diminuzione delle performance, fino ad arrivare al turnover. Questi comportamenti, possono intaccare negativamente anche il clima organizzativo nella sua interezza, data la forte sistematicità che l’insieme delle relazioni ha tra i lavoratori. Esempi delle attese delle due controparti possono essere:

Per il dipendente:

 Una giusta retribuzione, proporzionale ai risultati ottenuti,

 Il contenuto del lavoro deve essere il più coerente possibile con le aspettative,

 Sicurezza del posto di lavoro,

 Sicurezza sul lavoro,

 Creazione di buone relazioni umane sul posto di lavoro,

 Possibilità di una crescita professionale ben delineata fin da principio, grazie

anche all’attivazione di corsi di formazione sul lavoro. Per il datore di lavoro:

 Ricevere le giuste prestazioni,

 Affidabilità del soggetto,

 Rispetto dei colleghi e dei superiori,

 Disponibilità al miglioramento continuo,

 Disponibilità ai vari tipi di mobilità, ed ai trasferimenti,

 Lo stesso coinvolgimento,

 Non abbandonare l’organizzazione entro certi limiti di tempo

 Essere in grado di assumersi le proprie responsabilità.

«La relazione tra il lavoratore e l’azienda può essere vista in termini di coinvolgimento nel rapporto, di identificazione e di impegno verso l’organizzazione e il ruolo svolto. Tradizionalmente questa relazione è stata studiata a livello teorico ed empirico per capire i problemi di “disimpegno” rappresentati dall’assenteismo e dal turnover, anche se il

persone molto identificate con l’impresa partecipino ai processi organizzativi con contributi eccezionali, generando quindi performance altrettanto eccezionali.» BERGAMI M., L’identificazione con l’impresa.

(18)

39 disimpegno ha altre manifestazioni, forse più costose, quali l’abbassamento della qualità della prestazione o l’insoddisfazione dei clienti. In termini positivi (“l’impegno”), viene studiato per capire la disponibilità del lavoratore a contribuire al funzionamento

dell’organizzazione e al raggiungimento dei sui fini.»72 Il giusto grado di coinvolgimento

è uno dei risultati delle attività di gestione delle risorse umane e se raggiunto può garantire una maggiore leva allo sfruttamento del capitale umano, garantendo maggiori risultati in termini di creazione del valore nel complesso delle attività aziendali. Obiettivo della direzione delle risorse umane è quello di trasformare l’insieme delle competenze insite nel capitale umano in capitale relazionale così da alimentare l’insieme delle conoscenze organizzative, fonte di vantaggio competitivo. Ciò è possibile attivando un insieme di strumenti atti a garantire la buona gestione della relazione. Di fatto possiamo asserire che è inutile che l’azienda attiri verso di sé soggetti con elevate ed ottime competenze individuali, se poi non attiva le leve relazionali per poter sfruttare a livello sistemico tali

competenze tramite un’ottima qualità della relazione. Con leva relazionale73 si intende la

possibilità tramite strumenti di comunicazione interna, di progettazione e diagnostica di tali legami, di sfruttare al meglio, in modo sinergico, la somma delle qualità individuali, di qualsiasi grado esse siano, così da creare effetti positivi anche sullo sviluppo delle

stesse competenze e la possibilità di attrarne altre.74 Adesso ci chiediamo se

effettivamente le possibilità che la leva relazionale crea sono attivate da una direzione risorse umane di un’azienda pubblica. Come abbiamo visto la relazione tra dipendente ed azienda inizia tramite un inserimento che seguita da un concorso pubblico basato sull’insieme delle conoscenze teoriche, di ambito giuridico tecnico che l’individuo dovrà sapere e saper far rispettare sul posto del lavoro. Fondamentalmente la cultura strettamente burocratizzata delle aziende pubbliche non dà troppe attese agli individui se non quelle squisitamente contrattuali, di conseguenza non vi sono troppi margini per poter ricercare una qualche forma di coinvolgimento degli individui se non quella inerente allo svolgimento formale dei propri compiti, non lasciando spiragli per forme diverse di relazioni se non quelle di tipo gerarchico. Per tale compito sfruttiamo ampiamente le parole di Ruffini che scrive: «Il principio gerarchico è un semplice principio

72 COSTA G., GIANECCHINI M., Risorse umane. Persone, relazioni e valore, op. cit. p. 271

73 Come visto precedentemente, se le obbligazioni di una delle due parti non vengono onorate, si può venire

a creare un effetto inverso, una vera e propria “zavorra relazionale”.

74 «(si pensi per esempio a quando si verifica in alcuni sport di squadra, dove non è la somma delle qualità

individuali a rendere vincente il team, quanto piuttosto la capacità dei singoli di lavorare come gruppo e la complementarietà delle loro competenze). COSTA G., GIANECCHINI M., Risorse umane. Persone,

(19)

40 organizzativo e le relazioni d’autorità tra lavoratore ed azienda si connotano come relazioni di potere contrattato, in cui per il lavoratore il margine di discrezionalità dell’impegno lavorativo è un attivo strumento di autodifesa […] si osserva che il contratto implicito fondato sulla equa ripartizione del rischio si attua attraverso rigidità del salario, basso turnover e discrezionalità del lavoratore nel valutare eque o vantaggiose le modifiche dell’organizzazione del lavoro. I differenziali tra produttività e salario sono elementi residuali nel rapporto del lavoro, in quanto l’esecuzione del contratto è garantita dalla specificità delle competenze professionali che si formano durante l’esecuzione del contratto stesso e il costo di costituzione del capitale umano è ripartito nel tempo attraverso una redistribuzione intertemporale della remunerazione che solo nel lungo periodo supera le quote di mercato. […] Una volta incasellato all’interno di una rigida struttura organizzativa al fine di portare avanti determinati programmi, il personale non è più oggetto di attenzione, di specifiche politiche: i comportamenti dei singoli saranno dettati dalla coscienza individuale e si manifesteranno attraverso negoziazioni di vario genere tra i diversi soggetti. […] In particolare l’assetto del lavoro esistente negli enti

pubblici75 tende a non valorizzare minimamente il lavoro di squadra nonostante negli enti

pubblici vi sia spesso una oggettiva difficoltà nel distinguere i contributi produttivi dei singoli individui. La rilevanza del lavoro di squadra ha implicazioni organizzative ben precise. Nel caso in cui il gruppo sia composto da soggetti sostituibili come per esempio una squadra di netturbini, ogni individuo ha vantaggi nei comportamenti opportunistici […] In questa situazione il “controllore” non assolve più una mera funzione di coordinamento organizzativo al fine di aumentare il livelli produttivi, ma deve svolgere un ruolo di potere effettivo di rappresentanza degli interessi dell’ente, al fine di negoziare con i diversi gruppi i livelli produttivi medesimi. Le osservazioni ora svolte si rafforzano nel caso in cui il gruppo sia composto da soggetti non sostituibili. In tale situazione il livello di produttività del gruppo si determina in base a negoziazioni condizionate da fattori di potere, di consenso e di atteggiamento verso il rischio in condizioni di non osservabilità individuale del prodotto. In sostanza le istituzioni pubbliche evidenziano la necessità di sviluppare una forte cooperazione interna tra gli individui e una forte adesione agli obiettivi dell’organizzazione. Ma tale necessità non trova soddisfazione all’interno del sistema organizzativo e istituzionale esistente. Si sviluppano quindi situazioni

75 Lo scritto di Ruffini in questo punto è incentrato sul lavoro negli enti pubblici, ma riteniamo che queste

considerazioni siano più che valide anche per le aziende pubbliche che, per evoluzione storico-istituzionale e giuridica, derivano i propri assetti organizzativo-gestionali da tali enti.

(20)

41 aziendali estremamente deteriorate, con bassissimi livelli di produttività dovuti ai forti incentivi ad adottare comportamenti opportunistici, che a loro volta alimentano un circolo

negativo di deterioramento organizzativo.»76 La disamina presentata da Ruffini rende

chiara la problematica, l’assenza di una qualche forma di cittadinanza organizzativa, o di identificazione con l’organizzazione nelle aziende pubbliche, né tanto meno l’attivazione di strumenti da parte della direzione delle risorse umane, per risolvere tale problematica, crea una possibile rottura del ciclo di valorizzazione delle risorse umane all’interno di tali aziende, senza considerare tra l’altro l’importanza che elementi come l’identificazione con l’impresa hanno nella perigliosa strada verso il risanamento. Fortunatamente negli ultimi anni la situazione va migliorandosi grazie alla ridefinizione del quadro di

riferimento legislativo77 inerente i procedimenti amministrativi, responsabilità del

dirigente e sua autonomia.

76RUFFINI R., VALOTTI G., Assetti istituzionali e governo delle aziende pubbliche, EGEA, Milano, 1994,

pp. 99-101.

77 Ennesima dimostrazione comunque che l’attivazione di possibili strade contro l’immobilismo burocratico

(21)

42

2.2.1 Ruolo e commitment del dirigente pubblico

Il quadro, il dirigente, ed ogni soggetto che ha ruoli dirigenziali di vertice, rientra anch’esso fra i soggetti portatori di capitale umano e anzi gioca un ruolo ancora più fondamentale, sia nella continuità della gestione, come ruolo strategico, in quanto membro della catena gerarchica, sia come soggetto cardine sia come sponsor di cambiamenti organizzativi importanti che possono avvenire durante un risanamento. In conclusione, dovrebbero essere proprio i ruoli di vertice, in ogni azienda, ma soprattutto in quelle pubbliche, data la natura politica e quindi collettiva degli interessi che l’azienda va a soddisfare, a dimostrare per primi commitment verso l’organizzazione ed «a tal proposito si può affermare che uno dei compiti essenziali del manager appare proprio quello di favorire il raggiungimento di situazioni di coerenza tra motivazioni individuali ed obiettivi dell’azienda, agendo opportunatamente sulle variabili a disposizione e trasmettendo una mentalità attiva e partecipativa, necessaria per fronteggiare

problematiche sempre più diverse e complesse.»78 «É ormai chiaro che il conseguimento

di prestazioni significative non si fonda solo sulla disponibilità di conoscenze e competenze tecniche, giuridiche o comunque specialistiche, ma anche sul possesso di

competenze direzionali adeguate»79. Quindi che cosa si intende per management

pubblico? E qual è il suo ruolo? Per rispondere a tali quesiti utilizziamo le parole di Zarone: «Il ruolo del management pubblico, imperniato sulla distinzione funzionale dal potere di indirizzo e controllo dell’organo politico, si esplica in atti di organizzazione del lavoro proprio e dei subordinati, nella gestione di risorse, mezzi e persone per il conseguimento degli obiettivi istituzionali degli enti e delle aziende pubbliche. Dall’analisi del grado di razionalità del quadro sistemico all’interno del quale si perviene alla statuizione ed al perseguimento degli obiettivi stessi in atti di gestione, emerge il punto di contatto tra politica ed amministrazione, la cui dinamica è segnata dall’equilibrio tra il principio democratico ed il principio di imparzialità, ovvero tra il controllo degli organi politici sull’amministrazione e l’asservimento di quest’ultima agli interessi dell’intera collettività nonché dal riferimento costante ad un accezione ampia del principio di buon andamento, che ricomprende l’orientamento all’efficacia ed all’efficienza dell’ azione amministrativa. […] In capo alla dirigenza, di conseguenza, si

78 GIANNINI M., Le risorse umane come fattore strategico ed organizzativo, op. cit, p. 63 79 COSTA G., GIANECCHINI M., Risorse umane. Persone, relazioni e valore, op. cit. p. 287

(22)

43 delinea una responsabilità sui risultati dell’amministrazione, non già limitata all’andamento complessivo dell’attività, ma riferibile all’adozione dei singoli atti, essendo il dirigente responsabile della legittimità degli stessi. La responsabilità dirigenziale consiste anzitutto nel dovere di render conto della propria gestione, in un quadro di obiettivi predeterminati e di risorse coerentemente assegnate: questo rappresenta un profilo di responsabilità ulteriore rispetto alla responsabilità amministrativa, comune ai dipendenti pubblici, che si configura per violazione di norme

che disciplinano la propria attività (che presuppone la presenza di dolo o colpa grave).»80

In capo a questi particolari soggetti, la relazione che li lega alle aziende pubbliche può generare tre forme particolari di impegno duraturo e di assunzione di responsabilità personali. La prima è il commitment istituzionale è quello che dimostra l’impegno preso verso l’istituzione pubblica, le norme che la regolano, il ruolo fondamentale che essa assume nella società. Concetti questi molto vicini al senso di Stato, di bene superiore per la collettività. Questa forma di commitment dovrebbe essere la prima ad essere raggiunta da parte di ogni singolo soggetto che lavora fondamentalmente per la collettività, per la creazione di valore pubblico. La seconda forma è il commitment professionale: quell’ impegno che ogni individuo genera nei confronti dell’insieme degli aspetti legati alla propria attività lavorativa in senso stretto. Più l’individuo si sente legato ad una certa professione, fattore legato molto alla passione personale del soggetto che svolge quella particolare mansione, più la professionalità è alta. C’è da dire che possono esistere, per tratti comportamentali anche situazioni in cui, nonostante la passione che lega un soggetto al proprio lavoro non è alta, esso mostra un elevata professionalità. Ultima forma è il commitment politico: è quella tipologia di impegno legata ad una particolare visone della società, frutto di interpretazione personale degli ideali politici. Negli ultimi anni, la politicizzazione dei dirigenti pubblici non è stata vista di buon’occhio, visto il classico gioco di potere che dava come risultato l’assegnazione di ruoli dirigenziali sulla base di logiche di appartenenza. Ovviamente anche se si cerca di rendere queste figure il più distanti possibile dalla degenerazione partitica, è difficile che la dirigenza pubblica svolga i propri compiti senza una visione politica. Importante quindi per questi soggetti, è quello di ritrovarsi a ricoprire il proprio compito con una partecipazione completa: impegno politico, istituzionale e professionale; se ciò avviene possiamo trovarci di fronte al

80 ZARONE V., Prospettive di riforma del management pubblico, contributo in: ANSELMI L., Percorsi

(23)

44

cosiddetto “new public manager”81. L’identificazione che lega questi soggetti al proprio

ruolo risulterà essere chiave per muovere le aziende pubbliche dalla crisi al recupero delle condizioni ideali per la creazione di valore pubblico.

81 Questo soggetto è colui che va ad apportare tutte quelle logiche manageriali, di efficacia ed efficienza,

logiche squisitamente aziendali, all’interno di istituzioni pubbliche di vario genere, seguendo appunto la dottrina del new public management.

(24)

45

2.3 La prestazione: sviluppo e formazione del pubblico impiego

ed organizzazione e gestione delle performance

In base anche a come viene a crearsi e modellarsi la relazione, le persone all’interno di un’organizzazione devono svolgere delle prestazioni per garantire un certo grado di produttività e quindi continuità dei processi al più ampio sistema aziendale. Compito dell’organizzazione dovrebbe essere, tramite anche la trasversalità della direzione delle risorse umane, quello di creare le condizioni ideali che consentano ai lavoratori di erogare una prestazione il più efficacie ed efficiente possibile. Ciò può essere reso possibile dall’attivazione di un sistema di sviluppo dell’intero capitale organizzativo che si alimenta con lo sviluppo del capitale umano al suo interno e viceversa tramite l’attivazione di un ciclo di apprendimento continuo. Questa che stiamo delineando è

la“learning organization”,82 naturale ed ottima concezione a cui le organizzazioni tutte

dovrebbero aspirare per il raggiungimento dell’equilibrio economico a valere nel tempo. Fondamentale è quindi la possibilità di attivare processi di formazione e di sviluppo del personale, legati il più possibile alle linee strategiche dell’azienda, in quanto è logico pensare che, se la strategia poggia la sua analisi su come dovrà essere l’organizzazione domani per adempiere ai suoi obiettivi, essa non può lasciare nel passato l’apporto di capitale umano; è proprio nello svolgere questo compito che la direzione delle risorse umane si lega indissolubilmente con il vertice strategico. Compito delle organizzazioni è

quello di attivare gli “knowledge worker83” in grado di apprendere in modo continuativo

nel tempo nuove conoscenze e competenze che permetteranno di andare a svolgere le

82 Con learning organization si vanno a definire quei sistemi organizzativi progettati per risultare più

flessibili e resilienti, riuscendo anche ad attivare processi di apprendimento organizzativo. L’apprendimento organizzativo non è proprio dell’organizzazione in sé, ma frutto delle capacità di accumulazione delle conoscenze che gli individui al suo interno riescono ad assimilare tramite la loro attitudine e l’attivazione di procedure ad hoc da parte della stessa organizzazione. L’importanza dell’accumulazione della conoscenza, di qualsiasi tipo, è ormai chiara al giorno d’oggi. L’accumulazione di informazioni gioca un ruolo chiave nell’ambiente in cui le organizzazioni devono muoversi e l’economia dell’informazione appunto va a studiare la valorizzazione che la conoscenza rende a chi sa sfruttarla, tramite anche i mezzi di comunicazione e le tecnologie sviluppatesi negli ultimi trent’anni. Per approfondimenti sul tema si rimanda a: BENKLER Y.,La ricchezza della Rete. La produzione sociale trasforma il mercato e aumenta le libertà, Università Bocconi Editore, Milano, 2007.

83 Con knowledge worker si va a definire quel particolare soggetto che, postosi in un determinato ruolo

organizzativo, sta alla base del processo di creazione del valore tramite il suo mettersi in condizione di apprendere in modo continuativo anche mentre lavora. Secondo la nota concezione di Nonaka sono questi soggetti a garantire spinte all’innovazione, che è la principale fonte di creazione di valore nel tempo.

Riferimenti

Documenti correlati

La valutazione comparativa dei curricula e dei titoli scientifici e professionali presentati dai candidati e la individuazione del soggetto cui affidare l'incarico

Tali rischi spesso si differenziano in base al settore in cui si opera o alla natura e dimensioni della cooperativa, e per ciascuno di essi occorre essere consapevoli della

Prima dell’inizio della prova preselettiva, attraverso comunicazione riservata con il Proctor, il candidato dovrà riprendere il locale per consentire al Proctor ed

Supportare il DIrettore della DIrezione nell'analisi per la formazione dei budget utili alla redazione del bilancio di previsione (Output: Report delle attività

 Collaborazione e supporto tecnico e operativo all’Area Organizzazione e Sviluppo Professionale nella gestione del Sistema di Valutazione delle Prestazioni, del sistema

4. I periodi di congedo per motivi di studio e di ricerca sono considerati periodi di effettivo servizio; in questi casi, la relazione riguarderà

In assenza di Posta Elettronica Certificata e sino al perdurare dell’attuale emergenza sanitaria, la domanda di ammissione comprensiva dei relativi allegati, deve

Si stabilisce che le persone che invieranno le dichiarazioni di messa a disposizione potranno essere contattate dal giorno successivo alla presentazione delle stesse fino al 30