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PARTE III - DOCUMENTAZIONE N. 1-2/2017

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Academic year: 2022

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(1)

CORTE COSTITUZIONALE

I

279 – Corte costituzionale; sentenza 16 dicembre 2016; Pres. Grossi, Est. Carosi; Presidente del Consiglio dei ministri c. Regione Molise.

Contabilità regionale e degli enti locali – Regione Molise – Bilancio di previsione per l’anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per gli anni finanziari 2016-2018 – Norme ampliative delle capacità di spesa della regione – Illegittimità costituzionale.

Cost., artt. 81, 117; d.lgs. 23 giugno 2011 n. 118, disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi conta- bili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli artt. 1 e 2 l. 5 maggio 2009 n. 42; l. reg. Molise 4 maggio 2016 n. 6, bilancio regionale di previsione per l’esercizio finanzia- rio 2016 e bilancio pluriennale 2016-2018, art. 9.

Contabilità regionale e degli enti locali – Regione Molise – Bilancio di previsione per l’anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per gli anni finanziari 2016-2018 – Norme ampliative delle capacità di spesa della regione – Avvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale – Autorizzazione all’utiliz- zo dell’avanzo di amministrazione presunto – Omessa sterilizzazione delle anticipazioni di tesoreria e omessa copertura delle relative rate e interessi – Illegittimità costituzionale consequenziale.

Cost., artt. 81, 117; d.lgs. 23 giugno 2011 n. 118; l. reg. Molise 4 maggio 2016 n. 6, art. 9.

È costituzionalmente illegittimo l’art. 9 l. reg. Molise 4 maggio 2016 n. 6 (Bilancio regionale di previsione per l’esercizio finanziario 2016 e bilancio pluriennale 2016-2018) nelle parti in cui, con effetti di indebito ampliamento delle capacità di spesa della regione: a) applica l’avanzo di amministrazione presunto al 31 dicembre 2015, a1) per la quota corrispondente alle economie di spesa finanziate con fondi europei e statali, vincolati a specifiche destinazioni, risultanti dall’esercizio 2014, e a2) per la quota corrispondente ad accan- tonamenti in appositi fondi, utilizzabili solo a seguito dell’approvazione del rendiconto generale della Regione Molise per l’esercizio finanziario 2015, senza che, in entrambi i casi, siano individuati i vincoli normativi in grado di collegare dette risorse alla correlata parte della spesa; b) prevede l’iscrizione, nella parte entrata del bilancio, del “fondo crediti di dubbia esigibilità al 31 dicembre 2015”, senza prevedere che l’utilizzo delle somme accantonate in tale fondo possa avvenire solo a seguito della cancellazione dei crediti dal conto del bilancio, con conseguente riduzione, di pari importo, del risultato di amministrazione; c) non provvede alla contabilizzazione delle anticipazioni di liquidità previste dagli artt. 2 e 3 d.l. 8 aprile 2013 n. 35, convertito con modificazioni dalla l. 6 giugno 2013 n. 64 (sul pagamento dei debiti pregressi delle pubbliche ammini- strazioni) ed effettivamente incamerate negli esercizi 2013 e 2014, nonché alla copertura nel triennio della quota interessi e della quota capitale delle medesime anticipazioni di liquidità; il tutto in riferimento, quanto alle previsioni di cui sub a) e b), all’art. 117, c. 2, lett. e), Cost., in relazione al d.lgs. 23 giugno 2011 n. 118 (sull’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi), nonché in riferimento all’art. 81, cc. 3 e 4, Cost., e, quanto alla omessa previsione sub c), in rife- rimento all’art. 81, c. 3, Cost. (1)(1)

Dichiarato incostituzionale l’art. 9 l. reg. Molise 4 maggio 2016 n. 6 (Bilancio regionale di previsione per l’esercizio finanziario 2016 e bilancio pluriennale 2016-2018) nelle parti in cui, con effetti di indebito am- pliamento delle capacità di spesa della regione, applica l’avanzo di amministrazione presunto al 31 dicembre 2015 utilizzando somme vincolate a specifiche finalità, iscrivendo nell’entrata del bilancio il “fondo crediti di dubbia esigibilità al 31 dicembre 2015” e non provvedendo alla contabilizzazione delle anticipazioni di liquidità previste dagli artt. 2 e 3 d.l. 8 aprile 2013 n. 35, convertito con modificazioni dalla l. 6 giugno 2013 n.

(1-5) I. - Nel dichiarare incostituzionali le norme della legge di bilancio 2016 della Regione Molise, la sentenza sub I rileva come esse contrastassero con alcuni princìpi del d.lgs. n. 118/2011 in tema di armonizzazione dei conti pubblici, dando luogo a una vera e propria “manovra elusiva della salvaguardia degli equilibri del bilancio regionale presidiati dall’art. 81 Cost.”: ciò in quanto le norme di cui si parla autorizzavano una spesa inammissibilmente superiore a quella consentita dalle risorse disponibili nell’esercizio finanziario 2016, con effetti anche nel biennio successivo, e, poi, per il lungo periodo di rientro dai disavanzi pregressi.

La sentenza ribadisce, in particolare, che, nella costruzione di un bilancio in equilibrio, l’impiego dell’avanzo di amministra- zione presunto è consentito alla sola condizione che vi sia un diretto collegamento fra determinate entrate e le corrispondenti spese

(2)

64 (sul pagamento dei debiti pregressi delle pubbliche amministrazioni), va dichiarata in via consequenziale, in applicazione dell’art. 27 l. 11 marzo 1953 n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale della l. reg. Molise 4 maggio 2016 n. 6, nelle parti in cui: a) auto- rizza la spendita dell’avanzo di amministrazione presunto di cui all’art. 9 cit.; b) non sterilizza le anticipazioni di tesoreria di cui agli artt. 2 e 3 d.l. n. 35/2013 cit.; c) non prevede la copertura delle rate in quota capitale e interessi delle anticipazioni stesse. (2)

II

89 – Corte costituzionale; sentenza 27 aprile 2017; Pres. Lattanzi, Est. Carosi; Sez. contr. reg. Abruzzo c. Re- gione Abruzzo.

Corte dei conti – Rendiconti generali delle regioni – Giudizio di parificazione – Sezioni regionali di con- trollo – Legittimazione a sollevare questioni di costituzionalità – Sussistenza.

D.l. 10 ottobre 2012 n. 174, convertito con modificazioni dalla l. 7 dicembre 2012 n. 213, disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012, art. 1.

Contabilità regionale e degli enti locali – Regione Abruzzo – Legge finanziaria 2013 – Bilancio di pre- visione per l’anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per gli anni finanziari 2013-2015 – Norme espansive del volume di spesa consentito alla regione – Illegittimità costituzionale.

Cost., artt. 81, 119; l. reg. Abruzzo 10 gennaio 2013 n. 2, disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della Regione Abruzzo (legge finanziaria regionale 2013), art. 7, cc. 1, 2, 3; l. reg. Abruzzo 10 gennaio 2013 n. 3, bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2013-Bilancio plurien- nale 2013-2015, artt. 1, c. 1, 4, c. 1, 11, 15, c. 3; d.l. 8 aprile 2013 n. 35, convertito con modificazioni dalla l. 6 giugno 2013 n. 64, disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali, art. 3.

Contabilità regionale e degli enti locali – Regione Abruzzo – Legge finanziaria 2013 – Omessa sterilizza- zione delle anticipazioni di liquidità per il pagamento dei debiti pregressi – Illegittimità costituzionale.

Cost., artt. 81, 119; l. reg. Abruzzo 16 luglio 2013 n. 20, modifiche alla l. reg. 10 gennaio 2013 n. 2, recante disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della Regione

(che sono, appunto, vincolate alla realizzazione delle prime), così da rendere possibile l’esatta individuazione dell’ammontare delle risorse, della loro fonte e della loro destinazione (v., citata in motivazione, Corte cost., 28 marzo 2012, n. 70, in questa Rivista, 2012, fasc. 1-2, 372, nonché in Foro it., 2012, I, 1288, con nota di richiami, e in Giur. cost., 2012, 2333, con nota di G. Rivosecchi, Il difetto di copertura di una legge regionale di bilancio: la Corte accelera sul c.d. pareggio).

Di rilievo, altresì, la precisazione circa il ruolo che, nell’assetto della contabilità armonizzata, riveste il “fondo crediti di dubbia esigibilità”, il quale, avendo la funzione di precludere l’impiego di risorse di incerta acquisizione, non può essere legittimamente iscritto nell’entrata del bilancio e fungere, perciò, da mezzo di copertura della spesa. In sostanza, spiega la Corte, esso “è un fondo rettificativo, in diminuzione di una posta di entrata, finalizzato a correggere il valore nominale dei crediti dell’ente in relazione alla parte di essi che si prevede di non incassare in corso di esercizio”; il che si traduce, contabilmente, nell’operazione per cui “in parte entrata si iscrive il credito al valore nominale (punto 3.3 dell’allegato 4/2 del d.lgs. n. 118/2011), mentre tra le passività si inserisce l’importo di prevedibile svalutazione (art. 46, ‘Fondo crediti di dubbia esigibilità’, d.lgs. n. 118/2011 e punto 3.3 dell’allegato 4/2 del medesimo decreto), il quale viene accantonato proprio al fine di evitare un risultato di amministrazione negativo a seguito delle eventuali minusvalenze derivanti dalla riscossione dei crediti soltanto parziale”.

Sulle problematiche del fondo crediti di dubbia esigibilità (Fcde) v., altresì, Corte conti, Sez. autonomie, 2 novembre 2016, n.

31, in questa Rivista, 2016, fasc. 5-6, 98, con nota di richiami. In tema, v. M. Bellesia (a cura di), Entrata da lotta all’evasione di difficile esazione e fondo crediti di dubbia esigibilità, in Azienditalia, 2014, 27; N. Paladini, Il fondo crediti di dubbia esigibilità nella contabilità armonizzata dell’ente locale, ibidem, 2014, 747; V. Giannotti, Il passaggio dal fondo svalutazione crediti al fondo crediti di dubbia esigibilità nel nuovo bilancio armonizzato, in Finanza loc., 2014, fasc. 5, 56; M. Bertocchi, G. Latella, L. Bisio, Il fondo crediti di dubbia esigibilità, in Dir. e pratica amm., 2013, fasc. 11, 36.

II. - La sentenza sub II, che dichiara l’incostituzionalità di norme della legge finanziaria e della legge di bilancio della Regione Abruzzo per il 2013, impugnate dalla Sezione regionale della Corte dei conti per l’Abruzzo in sede di parificazione del rendiconto generale della regione per lo stesso anno, si fonda su due principi.

Il primo è quello per cui le economie risultanti dalla gestione di fondi vincolati alla realizzazione di programmi di spesa debbono rifluire nell’avanzo di amministrazione (determinandone un corrispondente miglioramento) senza alcuna possibilità di essere destina- te – attraverso forme di “riprogrammazione”, come quella attuata nella specie – a nuove finalità di spesa (cui vengano eventualmente

(3)

Abruzzo (legge finanziaria regionale 2013), modifiche alla l. reg. 10 gennaio 2013 n. 3, recante bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2013-Bilancio pluriennale 2013-2015, e ulteriori disposizioni normative, art. 16; l. 28 dicembre 2015 n. 208, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016), art. 1, cc. 698, 699.

Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti sono legittimate, in sede di giudizio di parificazione dei bilanci regionali, a promuovere questione di legittimità costituzionale avverso le disposizioni di legge che determi- nano, nell’articolazione e nella gestione del bilancio stesso, effetti non consentiti dai principi posti a tutela degli equilibri economico- finanziari e dagli altri precetti costituzionali che custodiscono la sana gestione finanziaria. (3)

Sono costituzionalmente illegittimi, in sé e nella loro combinazione, in quanto, operando una espansione del volume di spesa consentito alla regione, vìolano il principio dell’equilibrio del bilancio di cui all’art. 81, c. 4 (ora c. 3), Cost.:

a) l’art. 7, cc. 1, 2 e 3, l. reg. Abruzzo 10 gennaio 2013 n. 2 (legge finanziaria 2013), il quale dispone la riprogrammazione di alcune economie realizzate negli esercizi precedenti, con l’effetto di finanziare nuovi obiettivi di spesa privi di copertura finanziaria, attraverso l’attribuzione di un vincolo successivo e strumentale all’ampliamento delle facoltà di spesa della regione;

b) l’art. 11 l. reg. Abruzzo 10 gennaio 2013 n. 3 (bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2013 e bi- lancio pluriennale 2013-2015), nella parte in cui dispone l’iscrizione in bilancio, nel totale generale delle entrate, della voce “saldo finanziario positivo presunto”, a copertura delle economie riprogrammate ai sensi dell’art. 7, cc.

1, 2 e 3, l. reg. Abruzzo n. 2/2013, a loro volta reiscritte in parte competenza dello stato di previsione della spesa;

c) l’ art. 11 l. reg. Abruzzo 10 gennaio 2013 n. 3 (bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2013 e bilancio pluriennale 2013-2015), nella parte in cui dispone l’iscrizione in bilancio, nel totale generale delle entrate, dell’avanzo di amministrazione presunto, a copertura delle somme di cui all’art. 7, cc. 1, 2 e 3, l. reg.

Abruzzo n. 2/2013, reiscritte in parte competenza dello stato di previsione della spesa;

d) gli artt. 1 e 4 l. reg. Abruzzo 10 gennaio 2013 n. 3 (bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2013 e bilancio pluriennale 2013-2015), di approvazione, rispettivamente, dei totali generali delle entrate e delle spese del bilancio di competenza della regione per l’esercizio finanziario 2013, per la parte relativa all’iscri- zione e all’utilizzazione dell’avanzo presunto, includendo l’iscrizione di tale avanzo presunto e delle correlate economie riprogrammate;

e) l’art. 15, c. 3, l. reg. Abruzzo 10 gennaio 2013 n. 3 (bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2013 e bi- lancio pluriennale 2013-2015), che recepisce la riprogrammazione delle economie vincolate riportate nella tabella di cui al precedente art. 11 della medesima legge, prevedendone l’iscrizione nello stato di previsione della spesa. (4)

È costituzionalmente illegittimo, per violazione del principio dell’equilibrio di bilancio, di cui all’art. 81 Cost., e dell’art. 119, c. 6, Cost., in tema di limiti all’indebitamento, l’art. 16 l. reg. Abruzzo 16 luglio 2013 n.

20 (modifiche alla legge finanziaria 2013), nella parte in cui non prevede alcuna forma di sterilizzazione delle anticipazioni di liquidità ricevute dalla regione in attuazione degli artt. 2 e 3 d.l. 8 aprile 2013 n. 35, convertito con modificazioni dalla l. 6 giugno 2013 n. 64 (recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti delle pubbliche amministrazioni), mediante inserimento di una posta di importo pari alle somme complessiva- mente incamerate al titolo V dell’entrata. (5)

vincolate per decisione dell’ente), a meno che non sia diversamente stabilito da specifiche norme di legge (v. Corte cost., 20 luglio 2016, n. 184, in questa Rivista, 2016, fasc. 5-6, 484, con nota di richiami) e sempre che esse non debbano essere restituite ad altri enti (come accade per alcuni fondi europei). Con riferimento a tale principio, poi, la Corte sottolinea l’esigenza, assolutamente imprescindibile ai fini di una corretta e veritiera rappresentazione delle situazioni finanziarie, che gli enti assumano comportamenti responsabili nella determinazione delle fonti di finanziamento delle nuove spese, in particolare attraverso l’accertamento ordinario dei residui, quale “operazione propedeutica a qualsiasi rendiconto”. In argomento, sempre con riguardo ad anomalie riscontrate nei bilanci della Regione Abruzzo, v., citate in motivazione, Corte cost., 25 ottobre 2013, n. 250, ivi, 2013, fasc. 5-6, 521 (e in Foro it., 2015, I, 36, con nota di richiami); 19 luglio 2012, n. 192, in questa Rivista, 2012, fasc. 3-4, 444 (e in Foro it., 2013, I, 1798).

Il secondo principio attiene all’impossibilità di utilizzare l’anticipazione di liquidità ottenuta dagli enti territoriali per il pagamento dei debiti pregressi come componente attiva del risultato di amministrazione e, quindi, come strumento di copertura di nuove decisioni di spesa (nello stesso senso, v. Corte cost., 23 luglio 2015, n. 181, in questa Rivista, 2015, fasc. 3-4, 445, con nota di richiami, annotata da A. Brancasi, La Corte costituzionale torna sulla nozione di anticipazioni di cassa e sulle modalità della loro contabilizzazione, in Giur. cost., 2015, 1356, e già Corte conti, Sez. autonomie, 18 luglio 2014, n. 19, in questa Rivista, 2014, fasc. 3-4, 143).

III. - Con riferimento alla massima (3), v., nello stesso senso, Corte cost., n. 181/2015, cit.

(4)

I

Corte cost., 16 dicembre 2016, n. 279

Considerato in diritto – 1. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 9 l. reg. Molise 4 maggio 2016, n. 6 (Bilancio regionale di previsione per l’esercizio finanziario 2016 e bilancio pluriennale 2016-2018), in riferimento all’art. 117, c. 2, lett. e), Cost., in relazione al d.lgs. 23 giugno 2011, n. 118 (Dispo- sizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli artt. 1 e 2 l. 5 maggio 2009, n. 42), nonché in riferimento all’art. 81, cc. 3 e 4, Cost.

Il ricorrente si duole essenzialmente del fatto che l’articolo censurato, rubricato “Avanzo di amministra- zione”, abbia indebitamente previsto l’iscrizione di somme nella parte attiva del bilancio per allargare la pos- sibilità di spesa, in tal modo pregiudicando l’equilibrio di bilancio tutelato dall’art. 81, cc. 3 e 4, Cost. e altresì violando l’art. 117, c. 2, lett. e), Cost. per essersi discostato, nell’allocazione di tali somme, dai modelli previsti dalla legislazione statale in tema di armonizzazione dei conti pubblici.

Viene a tal fine ricordato il principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui nessuna spesa può essere accesa in poste di bilancio correlate ad un avanzo presunto, se non quella relativa a fondi vincolati accertati nei modi di legge nell’esercizio precedente.

Il Presidente del Consiglio ricorda che il collegamento tra entrate e spese a destinazione vincolata utilizzato nell’ambito del bilancio di previsione impugnato, non consentendo di individuare con esattezza “i presupposti nor- mativi dell’utilizzazione in deroga al principio generale del previo accertamento del risultato di amministrazione complessivo” (sent. n. 70/2012), sarebbe in contrasto non solo, sotto il profilo formale, con la modellistica in tema di armonizzazione, ma soprattutto col principio dell’equilibrio di bilancio, perché consentirebbe di espandere la spesa oltre i limiti consentiti dalla legislazione vigente e dall’indefettibile principio di cui all’art. 81, c. 3, Cost.

L’elenco analitico delle quote vincolate e accantonate del risultato di amministrazione presunto al 31 di- cembre 2015 (elenco B) riportato nella nota integrativa non sarebbe conforme a quello previsto dal punto 9.11.4 dell’allegato n. 4/1 del d.lgs. n. 118/2011 e non consentirebbe di ricostruire il vincolo normativo tra entrate e spese a destinazione vincolata. Il suddetto elenco mostrerebbe inoltre un totale diverso dall’importo della parte vincolata del risultato di amministrazione riportato nella tabella dimostrativa del risultato di amministrazione, all. a), rispettivamente euro 821.070.593,46 ed euro 729.148.706,75. La suddetta tabella dimostrativa del risul- tato di amministrazione indicherebbe, nella parte riservata all’“Utilizzo”, quote vincolate del risultato di ammi- nistrazione presunto al 31 dicembre 2015 pari ad euro 247.598.229,01 per la reiscrizione di economie vincolate (lett. a dell’impugnato art. 9) e non anche l’importo di euro 481.550.477,74 relativo ai fondi di accantonamento dell’avanzo (lett. b del medesimo articolo). Con riferimento all’iscrizione come “Utilizzo avanzo presunto di amministrazione” del fondo crediti di dubbia esigibilità per euro 7.257.741,15 (lett. c dell’impugnato art. 9), rappresentato come quota accantonata nella tabella dimostrativa del risultato di amministrazione presunto, il ricorrente sostiene che tale previsione contrasterebbe con il principio applicato della contabilità finanziaria di cui al punto 9.2. dell’allegato 4/2 del d.lgs. n. 118/2011, ai sensi del quale l’utilizzo della quota accantonata per i crediti di dubbia esigibilità può aversi solo a seguito del verificarsi dei rischi per i quali sono stati accantonati ovvero qualora si accerti che la spesa potenziale non possa più verificarsi.

Il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta, altresì, la violazione dell’art. 81, cc. 3 e 4, Cost., in quanto l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione presunto per la copertura di spese al di fuori delle ipotesi strettamente consentite dal legislatore statale determinerebbe un indebito ampliamento della capacità di spesa della regione, con conseguente pregiudizio all’equilibrio di bilancio.

Il ricorrente solleva questione di legittimità anche con riguardo alla mancata contabilizzazione delle anti- cipazioni di liquidità previste dagli artt. 2 e 3 d.l. 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali), convertito con modificazioni dall’art. 1, c. 1, l. 6 giugno 2013, n. 64, effettivamente incamerate negli esercizi 2013 e 2014, nonché alla mancata copertura nel triennio della quota interessi e della quota capitale delle suddette anticipazioni di liquidità in riferimento all’art. 81, c. 3, Cost., rilevando che ciò non sarebbe conforme alle prescrizioni e alle modalità specificamente previste dall’art.

1, cc. 692 ss., l. 28 dicembre 2015, n. 208, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e plu- riennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”.

(5)

2. Occorre preliminarmente rilevare che il ricorrente invoca, accanto al c. 3 dell’art. 81 Cost., anche il c. 4 del medesimo articolo. Risulta palese l’incongruenza dell’affiancamento di tale parametro – il quale stabilisce che “le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal governo” – rispetto allo sviluppo argomentativo del ricorso, evidentemente circoscritto al precetto di cui al c. 3 del predetto art. 81 Cost.

Tale incongruenza – probabilmente dovuta alla allocazione normativa del principio di equilibrio del bi- lancio anteriore alla modifica apportata dall’art. 1 l. cost. 20 aprile 2012, n. l (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale) – «“non si configura come errore concettuale bensì quale mero lapsus calami, che non preclude l’identificazione della questione e non pregiudica il diritto di difesa della parte resistente” (sent. n. 188/2014) ed è dunque irrilevante ai fini dell’ammissibilità» (ex multis, sent. n. 151/2016).

È necessario anche sottolineare come il censurato art. 9 contenga prima facie una contraddizione tra la rubrica “Avanzo di amministrazione” e il contenuto, che menziona il “saldo finanziario presunto”. Considerato che già in passato quest’ultima locuzione era stata utilizzata dalla Regione Molise per indicare l’avanzo di amministrazione presunto, appare evidente che essa si riferisce a tale istituto contabile (tenuto anche conto che al maggio 2016 non risultava approvato il bilancio consuntivo della regione stessa relativo all’esercizio 2015).

Infine, è utile evidenziare come all’utilizzazione dell’avanzo di amministrazione presunto di cui alla nor- ma impugnata risulti contestualmente affiancata l’applicazione di due disavanzi di amministrazione, secondo quanto disposto dagli artt. 10 e 11 della medesima l. reg. Molise n. 6/2016. Così l’art. 10 (Ripiano del disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2014) dispone che “1. Il disavanzo finanziario alla chiusura del 31 dicembre 2014 ancora da ripianare all’1 gennaio 2016 è pari a euro 20.979.558,32. – 2. Il disavanzo di amministrazione di cui al c. 1 viene ripianato in 9 (nove) esercizi, così come stabilito dall’art. 1, c. 691, l. 28 dicembre 2015, n.

208 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-legge di stabilità 2016)”, con quote costanti pari ad euro 2.331.062,54”. Analogamente il successivo art. 11 (Ripiano del maggiore disa- vanzo di amministrazione all’1 gennaio 2015) prevede che “1. Il maggiore disavanzo di amministrazione all’1 gennaio 2015 ancora da ripianare all’1 gennaio 2016 è pari a euro 219.014.451,13. – 2. Ai sensi dell’art. 2, c.

2, d. interm. economia e interno 2 aprile 2015 e in conformità alla delibera del consiglio regionale n. 293 del 10 novembre 2015 il ripiano del maggior disavanzo di amministrazione di cui al c. 1 avviene in 29 (ventinove) esercizi a partire dal 2016 sino al 2044, attraverso quota costante di euro 7.552.222,45”.

3. Tanto premesso, le questioni sollevate dal Presidente del Consiglio sono fondate nei termini di seguito precisati.

Esse sono tra loro profondamente compenetrate, perché gli scostamenti dai principi del d.lgs. n. 118/2011 in tema di armonizzazione dei conti pubblici non costituiscono solamente un vizio formale dell’esposizione con- tabile, ma risultano strumentali ad una manovra elusiva della salvaguardia degli equilibri del bilancio regionale presidiati dall’art. 81 Cost. La manovra elusiva consiste essenzialmente nel programmare una spesa superiore a quella consentita dalle risorse disponibili nell’esercizio finanziario 2016, nel biennio successivo e nel lungo periodo di rientro dai disavanzi pregressi. Ciò comporta una lesione agli equilibri di bilancio ben più ampia di quella risultante dalla sommatoria delle singole illegittimità dedotte dal ricorrente in relazione ai principi con- tabili di cui al d.lgs. n. 118/2011. Proprio dalla fondatezza delle singole questioni sollevate si evince, infatti, che la non corretta redazione del censurato art. 9 finisce per influenzare, in senso costituzionalmente non conforme, gli equilibri complessivi dei bilanci annuale e pluriennale della Regione Molise.

4. La lesione di detti equilibri è talmente estesa da investire la stessa struttura del bilancio, invalidandone sostanzialmente l’intera costruzione. Con riguardo alla fattispecie in esame, è utile ricordare il costante orien- tamento di questa Corte, secondo cui la “forza espansiva dell’art. 81, c. 4 [ora c. 3], Cost. nei riguardi delle fonti di spesa di carattere pluriennale, aventi componenti variabili e complesse” (ex multis, proprio la sent.

n. 70/2012 richiamata dal Presidente del Consiglio dei ministri) costituisce una clausola generale in grado di colpire tutti gli enunciati normativi di carattere finanziario con essa collidenti. Con riguardo all’art. 9 l. reg.

Molise n. 6/2016, la lesione congiunta agli equilibri di bilancio annuale e pluriennale si realizza attraverso le sue interrelazioni con le altre componenti di detti bilanci.

Tali interrelazioni possono essere così sintetizzate: a) impiego di un avanzo di amministrazione presunto per allargare, in assenza dei presupposti normativi, la possibilità di spesa, destinando, tra l’altro, non meglio identificate “economie di spesa su fondi vincolati”, e indebita utilizzazione di tale avanzo in concomitan- za all’applicazione pro rata (artt. 10 e 11 della medesima legge regionale) di due disavanzi già accertati in

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precedenti esercizi, il cui ripiano è stato deliberato rispettivamente in nove e ventinove anni; b) non corretta contabilizzazione del fondo crediti di dubbia esigibilità che, in tal modo, consente, anziché impedire, la spen- dita di risorse di incerta realizzazione; c) mancata esposizione e sterilizzazione delle anticipazioni di liquidità, acquisite nel 2013 e nel 2014 per un ammontare complessivo pari ad euro 71.745.187,00, ai sensi degli artt.

2 e 3 d.l. n. 35/2013 e successive modifiche e integrazioni, nonché mancata copertura per l’intero triennio del pagamento della quota interessi e della quota capitale di dette anticipazioni.

4.1. Venendo al merito delle singole questioni, appare senz’altro fondata quella che attribuisce all’impugna- to art. 9 l’arbitraria applicazione, con conseguente illegittima autorizzazione alla correlata spesa, dell’avanzo di amministrazione presunto, sia per la parte inerente alla lett. a) (“euro 247.598.229,01 per la reiscrizione in bilancio di economie di spesa finanziate con fondi assegnati con vincolo di specifica destinazione risultanti dall’esercizio 2014 e riguardanti i fondi comunitari: Fse, Fesr e Cooperazione internazionale, e statali: Fsc”), che per quella relativa alla lett. b) (“euro 481.550.477,74 accantonati in appositi fondi iscritti nella missione 20, programma 3, utilizzabili, mediante prelievo e iscrizioni sulle pertinenti missioni, solo a seguito dell’approva- zione del rendiconto generale della Regione Molise per l’esercizio finanziario 2015”).

Deve essere condiviso l’assunto del ricorrente secondo cui né le disposizioni in esame né la nota integrativa e neppure gli allegati al bilancio individuano i vincoli normativi in grado di collegare dette risorse alla correlata parte della spesa.

Ne consegue l’impossibilità di individuare “i presupposti normativi dell’utilizzazione in deroga al principio generale del previo accertamento del risultato di amministrazione complessivo” (sent. n. 70/2012). Peraltro, l’elenco analitico delle quote vincolate e accantonate del risultato di amministrazione presunto al 31 dicembre 2015 (elenco B) riportato nella nota integrativa non risulta conforme a quello previsto dal punto 9.11.4 dell’al- legato n. 4/1 del d.lgs. n. 118/2011, mostrando comunque – come rileva il Presidente del Consiglio dei mini- stri – un totale diverso da quello della parte vincolata del risultato di amministrazione riportato nella tabella dimostrativa di tale risultato, all. a).

In ogni caso, non risulta alcuna corrispondenza tra l’elenco analitico delle quote vincolate e gli atti in base ai quali è stato disposto e accertato il preteso vincolo e il relativo oggetto.

È utile in proposito ricordare come il rispetto del vincolo debba essere rigorosamente circoscritto alla corri- spondenza tra risorsa assegnata e finalità di impiego, mentre non è possibile ipotizzare, come sembra intendere il legislatore regionale, una sommatoria indifferenziata delle pretese risorse vincolate destinata, in modo indi- stinto e non ripartito, ad obiettivi che – quand’anche derivassero da vincoli di legge – non troverebbero esatta corrispondenza quantitativa e qualitativa nelle componenti analitiche dell’avanzo presunto. Sotto tale profilo appare particolarmente grave la formulazione della lett. b) dell’impugnato art. 9, la quale include nell’avanzo euro 481.550.477,74, “accantonati in appositi fondi iscritti nella missione 20, programma 3, utilizzabili me- diante prelievo e iscrizioni sulle pertinenti missioni”, senza neppure indicarne la natura, l’eventuale esistenza del vincolo e la ragione della conservazione in bilancio.

4.1.1. Quanto al principio di cui al punto 9.11.4 dell’allegato 4/1 del d.lgs. n. 118/2011, nella parte deno- minata “Elenco analitico delle risorse vincolate rappresentate nel prospetto del risultato di amministrazione presunto”, questa Corte non può non rilevarne la pletoricità e la parziale oscurità nella parte in cui sembra ipo- tizzare l’esistenza di vincoli di destinazione diversi da quelli determinati dalla legge (si parla, infatti, in detto principio, di vincoli derivanti da trasferimenti, da finanziamenti, di vincoli formalmente attribuiti dall’ente e di altri vincoli). In realtà, proprio l’ipotesi apparentemente eversiva della regola generale, quella dei “vincoli formalmente attribuiti dall’ente”, viene ridimensionata dalla successiva definizione, la quale precisa che “per vincoli formalmente attribuiti dall’ente si intendono quelli previsti dal principio applicato 9.2, derivanti da entrate straordinarie, non aventi natura ricorrente, accertate e riscosse cui l’amministrazione ha formalmente attribuito una specifica destinazione. È possibile attribuire un vincolo di destinazione alle entrate straordinarie non aventi natura ricorrente solo se l’ente non ha rinviato la copertura del disavanzo di amministrazione ne- gli esercizi successivi, ha provveduto nel corso dell’esercizio alla copertura di tutti gli eventuali debiti fuori bilancio”. Infatti, la facoltà di imprimere uno specifico vincolo deriva dalla classificazione normativa (entrate straordinarie non aventi natura ricorrente) e dall’ulteriore requisito dell’assenza di disavanzi da ripianare.

In definitiva, l’analitica classificazione delle somme vincolate non inficia il principio per cui, quand’anche non direttamente dipendente dalla legge, il vincolo deve trovare diretto presupposto nella stessa. È anche evi- dente come proprio la stessa perimetrazione della fattispecie derogatoria risponda all’obiettivo di non alterare

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l’equilibrio del bilancio, situazione che invece si concreta per l’effetto prodotto dall’applicazione delle lett. a) e b) dell’impugnato art. 9.

4.1.2. Comunque, per i principi contabili vale la regola dell’interpretazione conforme a Costituzione, se- condo la quale, in presenza di ambiguità o anfibologie del relativo contenuto, occorre dar loro il significato compatibile con i parametri costituzionali. Al contrario, ove fosse possibile solo un’ipotesi ermeneutica, quale quella implicitamente adottata dalla Regione Molise, ciò determinerebbe l’illegittimità costituzionale dello stesso principio contabile, dal momento che, così interpretato, esso diventerebbe un veicolo per un indebito al- largamento – in contrasto con l’art. 81 Cost. – della spesa di enti già gravati dal ripiano pluriennale di disavanzi di amministrazione pregressi.

In ogni caso, anche prima dell’entrata in vigore dei nuovi principi contabili, l’orientamento di questa Corte era nel senso che “nessuna spesa può essere accesa in poste di bilancio correlate ad un avanzo presunto, se non quella finanziata da fondi vincolati” individualmente identificati “e regolarmente stanziati nell’esercizio precedente” (sent. n. 70/2012).

4.2. Risulta in contrasto con i parametri invocati dal ricorrente anche l’iscrizione in parte entrata del “Fon- do crediti di dubbia esigibilità al 31 dicembre 2015”, di cui alla lett. c) dell’impugnato art. 9 l. reg. Molise n.

6/2016.

È opportuno premettere che il fondo crediti di dubbia esigibilità assolve alla funzione di precludere l’im- piego di risorse di incerta acquisizione. In sostanza esso è un fondo rettificativo, in diminuzione di una posta di entrata, finalizzato a correggere il valore nominale dei crediti dell’ente in relazione alla parte di essi che si prevede di non incassare in corso di esercizio. Per questo motivo, in parte entrata si iscrive il credito al valore nominale (punto 3.3 dell’allegato 4/2 del d.lgs. n. 118/2011), mentre tra le passività si inserisce l’importo di prevedibile svalutazione (art. 46, “Fondo crediti di dubbia esigibilità”, d.lgs. n. 118/2011 e punto 3.3 dell’alle- gato 4/2 del medesimo decreto), il quale viene accantonato proprio al fine di evitare un risultato di amministra- zione negativo a seguito delle eventuali minusvalenze derivanti dalla riscossione dei crediti soltanto parziale.

Ancorché caratterizzato da una formulazione pletorica, e a tratti anche poco chiara, il principio applicato 9.2 dell’allegato 4/2 del d.lgs. n. 118/2011 non si discosta dalla definizione funzionale precedentemente richia- mata del fondo crediti di dubbia esigibilità. In particolare, le parti dello stesso principio invocate dal ricorrente, i cc. 25 e 26 del punto 9.2 dell’allegato 4/2 del d.lgs. n. 118/2011, prevedono che “le quote accantonate del risultato di amministrazione sono utilizzabili solo a seguito del verificarsi dei rischi per i quali sono stati ac- cantonati. […] L’utilizzo della quota accantonata per i crediti di dubbia esigibilità è effettuato a seguito della cancellazione dei crediti dal conto del bilancio, riducendo di pari importo il risultato di amministrazione”.

Tali regole rispondono al generale principio di cautela, il quale in materia finanziaria e contabile serve a pre- venire lesioni all’equilibrio del bilancio. In conformità di tale assunto, il citato c. 26 del punto 9.2 dell’allegato 4/2 del d.lgs. n. 118/2011 prevede che l’utilizzo della quota accantonata per i crediti di dubbia esigibilità possa avvenire solo a seguito della cancellazione dei crediti dal conto del bilancio, riducendosi così, di pari importo, il valore del risultato di amministrazione.

Per questo motivo appare assolutamente inconferente la nota integrativa al bilancio 2016 della Regione Molise nella parte in cui si afferma che “nella determinazione del fondo crediti di dubbia esigibilità [...] l’ente ritiene che non sussistono tali eventualità sulle poste contabili oggetto di verifica, in quanto per le stesse gli accertamenti avvengono tutt[i] per cassa”. Presa alla lettera, la singolare espressione di limitare gli accerta- menti alla sola cassa significherebbe che l’ente non cura affatto l’individuazione dei creditori e la riscossione dei crediti, limitandosi ad accertare in entrata le quote di chi paga spontaneamente. In definitiva, appare evi- dente che l’ente, con singolare eterogenesi dei fini, iscrive tra le poste attive una voce che, al contrario, serve a ridimensionare la spesa in rapporto alle prevedibili difficoltà di riscossione. La conseguenza di tutto ciò è quella – ventilata dallo Stato – di allargare indebitamente la possibilità di spesa oltre le risorse disponibili. E ciò – è da aggiungere – in un contesto in cui la Regione Molise ha già usufruito di anticipazioni di liquidità per debiti inevasi da restituire in trent’anni (artt. 2 e 3 d.l. n. 35/2013) e, per di più, dilazionato, rispettivamente per un novennio e per un ventinovennio, il rientro dai disavanzi di amministrazione 2014 e 2015 (artt. 10 e 11 della legge regionale impugnata) pari ad una rata annuale di euro 2.331.062,54 (disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2014) per 9 anni e di euro 7.552.222,45 (maggiore disavanzo di amministrazione all’1 gennaio 2015) per 29 anni.

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4.3. È fondata anche la censura rivolta, in riferimento all’art. 81, c. 3, Cost., alla mancata contabilizzazione delle anticipazioni di liquidità previste dagli artt. 2 e 3 d.l. n. 35/2013 ed effettivamente percepite negli esercizi 2013 e 2014, nonché quella afferente alla mancata copertura nel triennio della quota interessi e della quota capitale da restituire con riguardo alle suddette anticipazioni.

Correttamente il Presidente del Consiglio dei ministri rileva che ciò non è conforme alle prescrizioni e alle modalità specificamente sancite dall’art. 1, cc. 692 ss., l. n. 208/2015. È stato già affermato in proposito che

“un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata delle norme statali porta dunque a concludere che le anticipazioni di liquidità altro non costituiscono che anticipazioni di cassa di più lunga durata temporale rispetto a quelle ordinarie. La loro ratio, quale si ricava dalla genesi del decreto-legge e dai suoi lavori prepara- tori, è quella di riallineare nel tempo la cassa degli enti strutturalmente deficitari con la competenza, attraverso un’utilizzazione limitata al pagamento delle passività pregresse unita a contestuali risparmi nei bilanci futuri, proporzionati alle quote di debito inerenti alla restituzione della anticipazione stessa così da rientrare dai disa- vanzi gradualmente e in modo temporalmente e finanziariamente proporzionato alla restituzione dell’anticipa- zione” (sent. n. 181/2015).

Si può, quindi, concludere che, mentre gli artt. 2 e 3 d.l. n. 35/2013 hanno la finalità di consentire “di adem- piere ad oneri pregressi, attraverso una mera anticipazione di cassa di lungo periodo e un parallelo rientro dal deficit (mediante proporzionate riduzioni della spesa corrente nel periodo di ammortamento dell’anticipazione di cassa)” (sent. n. 181/2015), l’impostazione del bilancio regionale finisce per aggravare – attraverso la man- cata contabilizzazione delle risorse incamerate e il mancato stanziamento degli oneri relativi alla restituzione del prestito allo Stato – le disfunzioni cui l’anticipazione stessa doveva porre rimedio e per incrementare il disavanzo potenziale dell’ente. In sostanza, il processo di rientro dal deficit di liquidità avrebbe dovuto essere accompagnato nel lungo periodo da una proporzionata riduzione della situazione debitoria e dal riequilibrio dello stato economico-patrimoniale della regione, il cui turbamento è all’origine delle eccezionali operazioni finanziarie consentite dalla legislazione statale.

5. È ulteriormente lesiva degli equilibri di bilancio l’assenza di un prospetto sintetico in grado di dare la misura della dimensione economico-finanziaria dalla quale prende l’avvio il bilancio di previsione 2016 non- ché delle complessive coperture riferite all’esercizio annuale, a quello triennale e alle straordinarie situazioni debitorie fronteggiate attraverso il ricorso alle eccezionali misure normative previste dalle leggi statali cui fanno richiamo i citati artt. 10 e 11 l. reg. Molise n. 6/2016.

L’assenza di un quadro sintetico e chiaro degli elementi necessari per valutare la manovra di bilancio re- gionale finisce per snaturare completamente quest’ultimo nella sua essenza. Infatti, il bilancio è un documento che proprio in virtù della sua definizione lessicale si articola attraverso la contrapposizione di due serie nume- riche bilancianti – cioè “pareggiate” nei rispettivi totali – finalizzata a riassumere in modo chiaro e attendibile la situazione economico-finanziaria dell’ente che lo adotta. Quest’ultima si ricava, a sua volta, attraverso il rapporto tra attività e passività, che deve sempre tendere all’equilibrio. La denominazione tecnica e la relativa differenziazione dei vari elementi positivi e negativi che compongono il bilancio non può oscurare – come nel caso della legge regionale in considerazione – lo stato di tale bilanciamento, soprattutto quando il disavanzo è talmente anomalo da prevedere un rientro ripartito in tante annualità future. Questa situazione deficitaria deve essere riassunta in modo fedele e comprensibile in una precisa scansione temporale in grado di definire, tra l’altro, le passività posposte in esercizi futuri in base alle leggi eccezionali di ripianamento (art. 9, c. 5, d.l. 19 giugno 2015, n. 78, recante “Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali”, convertito con modificazioni dall’art. 1, c. 1, l. 6 agosto 2015, n. 125; art. 1, c. 691, l. n. 208/2015; art. 2, c. 3, lett. c, d.l. n. 35/2013, con- cernente la rateizzazione del rimborso delle anticipazioni necessarie a fronteggiare il ritardo nei pagamenti delle amministrazioni pubbliche, che fissa in trent’anni la restituzione delle stesse anticipazioni allo Stato) e le modalità per “mettere in sicurezza” tale posposizione.

La struttura della legge di bilancio della Regione Molise finisce, dunque, per collidere con l’art. 81, c. 3, Cost. anche sotto il profilo dei principi di unità, universalità e integrità del bilancio, i quali per effetto dell’art.

24, c. l, l. 31 dicembre 2009, n. 196 (legge di contabilità e finanza pubblica), costituiscono “profilo attuativo [rectius: specificativo] dell’art. 81 Cost.” (sent. n. 192/2012). Infatti, la norma impugnata e il suo inscindibile collegamento eziologico con la struttura annuale e pluriennale del bilancio della Regione Molise urta col prin-

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cipio dell’unità – in quanto ne erode il naturale bilanciamento tra risorse impiegate e spese programmate – e con quelli di universalità e integrità, i quali esigono che tutte le finalità e gli obiettivi di gestione devono essere rapportati ai relativi valori finanziari, economici e patrimoniali in una veritiera e corretta rappresentazione della programmazione dell’ente.

6. In ragione del contrasto con lo spettro delle accezioni precettive sintetizzate nell’art. 81 Cost., la fattispe- cie normativa impugnata, in quanto correlata e interagente con l’intera struttura del bilancio regionale, finisce per trasmettere a quest’ultimo la propria invalidità (in senso conforme, sul riflesso invalidante di singole poste nei confronti dell’intero bilancio, sent. n. 266 e n. 250/2013).

In considerazione della inscindibile connessione esistente tra la norma impugnata e la struttura dei bilanci annuale e pluriennale, l’illegittimità costituzionale dell’art. 9 deve estendersi in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 l. 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituziona- le), alla l. reg. Molise n. 6/2016 nelle parti in cui: a) è autorizzata la spendita dell’avanzo di amministrazione presunto di cui all’art. 9; b) non sono state sterilizzate le anticipazioni di tesoreria di cui agli artt. 2 e 3 d.l. n.

35/2013; c) non è stata prevista la copertura delle rate in quota capitale e interessi delle anticipazioni stesse.

In base al principio dell’equilibrio tendenziale del bilancio, il quale “consiste nella continua ricerca di un armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per il perseguimento delle fina- lità pubbliche” (sent. n. 250/2013), la Regione Molise dovrà assumere appropriati provvedimenti di carattere finanziario, in ordine alla cui concreta configurazione la perdurante discrezionalità del legislatore regionale sarà limitata dalla priorità dell’impiego delle risorse disponibili per i doverosi provvedimenti di riequilibrio precedentemente individuati (in senso conforme, sent. n. 266 e n. 250/2013).

P.q.m., la Corte costituzionale:

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 9 l. reg. Molise 4 maggio 2016, n. 6 (Bilancio regionale di previsione per l’esercizio finanziario 2016 e bilancio pluriennale 2016-2018);

2) dichiara, in via consequenziale, in applicazione dell’art. 27 l. 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla co- stituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale della l. reg. Molise n.

6/2016 nei sensi di cui in motivazione.

II

Corte cost., 27 aprile 2017, n. 89

Considerato in diritto – 1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe la Corte dei conti, Sezione regionale di con- trollo per l’Abruzzo, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7, cc. l, 2 e 3, l. reg. Abruzzo 10 gennaio 2013, n. 2, recante “Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2013 e plurien- nale 2013-2015 della Regione Abruzzo (legge finanziaria regionale 2013)”; degli artt. 1, 4, 11 e 15, c. 3, l. reg.

Abruzzo 10 gennaio 2013, n. 3 (Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2013 – Bilancio pluriennale 2013-2015); e dell’art. 16 l. reg. Abruzzo 16 luglio 2013, n. 20, intitolata “Modifiche alla l. reg. 10 gennaio 2013, n. 2, recante Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013 2015 della Regione Abruzzo (legge finanziaria regionale 2013), modifiche alla l. reg. 10 gennaio 2013, n. 3, recante Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2013 bilancio pluriennale 2013-2015 e ulteriori disposizioni normative”, in riferimento agli artt. 81, c. 4 – nel testo vigente prima della modifica introdotta dalla l. cost. 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale) – e 119, c. 6, Cost.

L’ordinanza è stata emessa nel corso di un giudizio di parificazione del rendiconto 2013 (delib. n. 39/2016) nell’ambito del quale la Corte dei conti, Sezione regionale di controllo Abruzzo, è addivenuta ad una decisione di parifica solo parziale. In pratica sono state convalidate soprattutto le partite afferenti alla gestione in termini di cassa, mentre gran parte degli accertamenti sui crediti e sui debiti iscritti in bilancio ha avuto esito negativo, rendendo impossibile la convalida dei relativi residui attivi e passivi conservati nella contabilità regionale. Allo stralcio della parte dei residui che non ha superato l’esame del controllo della Corte dei conti, si è aggiunta la sospensione del giudizio di parifica per una serie di partite, quelle con riguardo alle quali il rimettente dubita della legittimità delle norme di legge regionale che ne hanno consentito l’iscrizione e la conservazione in bi- lancio, oggetto del presente scrutinio di costituzionalità.

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1.1. Secondo il rimettente, l’art. 7, cc. l, 2 e 3, l. reg. Abruzzo n. 2/2013, disponendo la riprogrammazione di alcune economie realizzate negli esercizi precedenti, attraverso l’attribuzione di un vincolo successivo e strumentale all’ampliamento della facoltà di spesa, violerebbe il principio dell’equilibrio del bilancio di cui all’art. 81 Cost.

Anche l’art. 15, c. 3, l. reg. Abruzzo n. 3/2013, che recepisce la riprogrammazione delle economie vincolate riportate nella tabella di cui al precedente art. 11 della medesima legge, prevedendone l’iscrizione nello stato di previsione della spesa, risponderebbe ad analoga ratio contrastante con il suddetto precetto costituzionale.

Il citato art. 11 l. reg. Abruzzo n. 3/2013, nella parte in cui dispone l’iscrizione, nel totale generale delle en- trate, della voce “saldo finanziario positivo presunto” [recte: avanzo di amministrazione presunto], a copertura delle somme di cui all’art. 7, cc. l, 2 e 3, l. reg. Abruzzo n. 2/2013, reiscritte in parte competenza dello stato di previsione della spesa, sarebbe anch’esso strumentale all’indebito allargamento della spesa consentita.

Sotto il medesimo profilo sono censurati gli artt. l e 4 della stessa l. reg. Abruzzo n. 3/2013, di approvazio- ne, rispettivamente, dei totali generali delle entrate e delle spese del bilancio di competenza della regione per l’esercizio finanziario 2013, per la parte relativa all’iscrizione e all’utilizzazione dell’avanzo presunto.

La combinazione delle norme richiamate sarebbe gravemente lesiva del principio dell’equilibrio del bilan- cio.Secondo il giudice a quo sarebbe illegittimo utilizzare con finalità di copertura il saldo di amministrazione positivo presunto, in quanto palesemente in contrasto con la situazione amministrativo contabile afferente agli anni immediatamente antecedenti.

Così, alla data di approvazione del bilancio di previsione 2013, alla regione che lo ha adottato non sarebbe- ro dovuti sfuggire i disavanzi acclarati negli esercizi 2009 (413,6 mln di euro), 2010 (433,1 mln di euro), 2011 (484,5 mln di euro) e 2012 (454,96 mln di euro). Detti disavanzi non sarebbero mai stati oggetto di manovre di recupero mediante iscrizione nei bilanci degli esercizi successivi.

L’ultimo disavanzo, quello dell’esercizio 2012, manifestatosi a seguito dell’approvazione del relativo ren- diconto con la l. reg. Abruzzo 23 dicembre 2014, n. 45 (Rendiconto generale per l’esercizio 2012. Conto finan- ziario, conto generale del patrimonio e nota illustrativa preliminare), non sarebbe assolutamente compatibile con l’iscrizione e l’utilizzazione di una posta attiva inesistente.

Inoltre, secondo il rimettente, contrasterebbe con i parametri costituzionali invocati la riesumazione di pre- gresse partite di spesa, destinandone gli stanziamenti residui ad iniziative del tutto diverse da quelle di origine, con l’effetto di aggirare, in tal modo, i limiti di spesa consentiti dalle risorse effettivamente a disposizione.

Anche l’art. 16 l. reg. Abruzzo n. 20/2013, non prevedendo alcuna forma di sterilizzazione dell’anticipa- zione di liquidità autorizzata mediante inserimento di una posta di importo pari alle somme complessivamente incamerate al titolo V dell’entrata, sarebbe, a sua volta, in contrasto con il principio dell’equilibrio di bilancio di cui all’art. 81 Cost. e con l’art. 119, c. 6, Cost., in tema di limiti all’indebitamento.

Secondo il giudice rimettente, la rappresentazione contabile di detta anticipazione non può configurarsi come una risorsa aggiuntiva per la copertura di spese o disavanzi, bensì come un istituto di natura finanziario- contabile avente lo scopo di fornire liquidità per onorare debiti pregressi, già regolarmente iscritti in bilancio e impegnati o comunque vincolati per legge.

Proprio per evitare tale deviazione, la Sezione delle autonomie della Corte dei conti (delib. 11 luglio 2014, n. 19) – nell’esercizio della funzione nomofilattica (sent. n. 39/2014) in sede di controllo sugli enti territoria- li – e lo stesso Ministero dell’economia e delle finanze – nel contratto stipulato per la concessione e la restitu- zione dell’anticipazione – avrebbero previsto l’obbligo di sterilizzare l’anticipazione stessa, affinché, da stru- mento di flessibilizzazione della cassa, non diventi anomalo mezzo di copertura di nuove spese e di alterazione delle risultanze della gestione economico finanziaria.

L’art. 16 l. reg. Abruzzo n. 20/2013 non prevederebbe invece alcuna forma di sterilizzazione dell’anticipa- zione di liquidità autorizzata, ma si limiterebbe ad individuare le risorse per la copertura delle spese legate alle rate annuali di restituzione della stessa (13 mln di euro, comprensivi delle quote annuali di capitale e interessi), destinando, a tal fine, a decorrere dall’anno 2014, per un periodo pari a trent’anni e comunque fino alla totale estinzione di quanto dovuto, le entrate derivanti dall’aumento della tassa automobilistica.

Sottolinea il giudice a quo che la sua prospettazione sarebbe conforme ai canoni fissati dalla sentenza di questa Corte n. 181/2015. I principi enunciati in detta pronuncia sarebbero stati recepiti, a loro volta, dal

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legislatore nazionale, il quale, nell’art. 1, c. 692, l. 28 dicembre 2015, n. 208, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, avrebbe previsto, come modalità alternativa di registrazione dell’anticipazione di liquidità, l’iscrizione, “nel titolo di spesa riguardante il rimborso dei prestiti, [di] un fondo anticipazione di liquidità, di importo pari alle anticipazioni di liquidità incassate nell’esercizio, non impegnabile e pagabile, destinato a confluire nel risultato di amministrazione, come quota accantonata definita dall’art. 42 d.lgs. 23 giugno 2011, n. 118”.

Effettivamente, “un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata delle norme statali porta dunque a concludere che le anticipazioni di liquidità altro non costituirebbero che anticipazioni di cassa di più lunga durata temporale rispetto a quelle ordinarie. La loro ratio, quale si ricava dalla genesi del decreto legge e dai suoi lavori preparatori, sarebbe quella di riallineare nel tempo la cassa degli enti strutturalmente deficitari con la competenza, attraverso un’utilizzazione limitata al pagamento delle passività pregresse unita a conte- stuali risparmi nei bilanci futuri, proporzionati alle quote di debito inerenti alla restituzione della anticipazione stessa così da rientrare dai disavanzi gradualmente e in modo temporalmente e finanziariamente proporzionato alla restituzione dell’anticipazione” (sent. n. 181/2015). E d’altronde per la copertura dei disavanzi di ammi- nistrazione il legislatore statale ha previsto forme alternative d’intervento (con l’art. 3, c. 16, d.lgs. 23 giugno 2011, n. 118, recante “Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilan- cio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli artt. 1 e 2 l. 5 maggio 2009, n. 42”, la copertura del disavanzo in un arco temporale trentennale; con l’art. 9, c. 5, d.l. 19 giugno 2015, n. 78, recante

“Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali”, la copertura del disavanzo in dieci anni).

1.2. Costituita in giudizio, la Regione Abruzzo sostiene che la questione di legittimità costituzionale solle- vata sarebbe irrilevante o, comunque, non fondata.

Le disposizioni impugnate in tema di utilizzazione dell’avanzo presunto e delle economie vincolate sareb- bero, ad avviso della regione, perfettamente conformi al principio secondo cui i fondi a specifica destinazione non utilizzati negli esercizi precedenti possono essere impiegati indipendentemente dalle risultanze attive o passive dei rendiconti afferenti alle decorse annualità.

Nel corso dell’udienza la difesa regionale ha sostenuto che non vi sarebbe un disavanzo di amministrazione precedente, poiché i residui attivi e passivi da sommare alle risultanze di cassa finirebbero per dare al risultato di amministrazione un segno positivo: è stata così richiamata la l. reg. 7 marzo 2017, n. 16 (Rendiconto gene- rale per l’esercizio 2013. Conto finanziario, conto generale del patrimonio e nota illustrativa preliminare), che avrebbe dimostrato l’esistenza di un avanzo per l’esercizio 2013.

Sostiene, peraltro, la resistente che questa Corte – nella sent. n. 241/2013 emessa a seguito di un ricorso in via principale del Presidente del Consiglio dei ministri – avrebbe scrutinato favorevolmente i censurati cc. l, 2 e 3 dell’art. 7 della l. reg. Abruzzo n. 2/2013 (che dispongono la riprogrammazione di economie vincolate, e dunque di parte dell’avanzo vincolato), così sancendo il permanere, nell’ordinamento positivo, di tali disposi- zioni normative.

Ritiene la Regione Abruzzo che – sebbene in quella sede le norme in esame non fossero state impugnate dallo Stato – “ove codesto giudice avesse ritenuto viziati da illegittimità costituzionale anche i cc. l, 2 e 3 (le cui norme costituiscono fonte giuridica della riprogrammazione di economie vincolate nel bilancio 2013 me- diante utilizzo di parte dell’avanzo vincolato), avrebbe esteso anche a questi ultimi il proprio pronunciamento, come peraltro è avvenuto proprio nei confronti della Regione Abruzzo con la sent. n. 249/2014, laddove, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 38 l. reg. 18 dicembre 2013, n. 55, e dell’art. 7 l. reg. 21 marzo 2011, n. 14, è stata altresì dichiarata ‘in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 l. 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, c.

l, l. reg. Abruzzo 30 luglio 2014, n. 34 (Modifica all’art. 7 l. reg. 27 marzo 2014, n. 14)’, in considerazione dell’inscindibile connessione esistente con le norme oggetto della presente declaratoria d’incostituzionalità”.

Pertanto, i cc. l, 2 e 3 dell’art. 7 della l. reg. Abruzzo n. 2/2013 resterebbero “validamente presenti nell’ordi- namento positivo della Regione Abruzzo e disciplin[erebbero] la riprogrammazione di economie vincolate”.

Nella discussione orale la difesa regionale ha menzionato la sopravvenuta l. reg. Abruzzo n. 16/2017, che avrebbe approvato il rendiconto 2013, il quale presenterebbe un congruo avanzo di amministrazione. In tal modo sarebbe non solo dimostrata l’opera di risanamento dei conti regionali, ma sarebbero anche superate

(12)

le censure del rimettente in ordine alla copertura delle partite di spesa impugnate e delle spese correlate alla anticipazione di liquidità.

2. Sotto il profilo dell’ammissibilità, è costante e risalente l’orientamento di questa Corte, secondo cui la Corte dei conti, in sede di giudizio di parificazione del bilancio, è legittimata a promuovere questione di legittimità costituzionale avverso le disposizioni di legge che determinano, nell’articolazione e nella gestione del bilancio stesso, effetti non consentiti dai principi posti a tutela degli equilibri economico finanziari e dagli altri precetti costituzionali, che custodiscono la sana gestione finanziaria (ex plurimis, sent. n. 181/2015, n.

213/2008 e n. 244/1995).

In particolare, ricorrono integralmente nel caso del procedimento di parifica tutte le condizioni per le quali questa Corte ha ammesso la possibilità di sollevare questione di legittimità costituzionale in via incidentale nell’ambito dell’attività di controllo di legittimità -regolarità della Corte dei conti.

Tali condizioni possono essere così sintetizzate:

a) applicazione di parametri normativi. È da sottolineare, in proposito, come nel procedimento di parifica il prevalente quadro normativo di riferimento sia quello del d.lgs. n. 118/2011, e come l’esito del procedimento sia dicotomico nel senso di ammettere o escludere dalla parifica le singole partite di spesa e di entrata che com- pongono il bilancio (sull’esito dicotomico dei controlli di legittimità regolarità sui bilanci degli enti territoriali, sent. n. 40/2014);

b) giustiziabilità del provvedimento in relazione a situazioni soggettive dell’ente territoriale eventualmente coinvolte. Infatti, l’art. 1, c. 12, d.l. 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzio- namento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito con modificazioni dalla l. 7 dicembre 2012, n. 213, come modificato dall’art. 33, c. 2, lett. a), n. 3, d.l. 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla nor- mativa europea), convertito con modificazioni dalla l. 11 agosto 2014, n. 116, dispone che avverso le delibere della sezione regionale di controllo della Corte dei conti – tra le quali, appunto, quella afferente al giudizio di parificazione – “è ammessa l’impugnazione alle Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale composizione, con le forme e i termini di cui all’art. 243- quater, c. 5, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267”;

c) pieno contraddittorio sia nell’ambito del giudizio di parifica esercitato dalla sezione di controllo della Corte dei conti, sia nell’eventuale giudizio ad istanza di parte, qualora quest’ultimo venga avviato dall’ente territoriale cui si rivolge la parifica. In entrambe le ipotesi è contemplato anche il coinvolgimento del pubblico ministero a tu- tela dell’interesse generale oggettivo della regolarità della gestione finanziaria e patrimoniale dell’ente territoriale (art. 243- quater, c. 5, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recante “T.u. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”;

artt. 53 ss. del regolamento di procedura di cui al r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, recante “Approvazione del regola- mento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti”, ora sostituiti dagli artt. 172 ss. dell’all. 1 del d.lgs.

26 agosto 2016, n. 174, recante “Codice di giustizia contabile, adottato ai sensi dell’art. 20 l. 7 agosto 2015, n.

124”). In definitiva, anche nel procedimento di parifica “è garantita la possibilità che gli interessi e il punto di vista dell’amministrazione, nelle sue varie articolazioni, siano fatti valere nel corso del procedimento. [...] D’altronde, sul piano sostanziale, il riconoscimento di tale legittimazione [al giudizio costituzionale] si giustifica anche con l’esigenza di ammettere al sindacato della Corte costituzionale leggi che, come nella fattispecie in esame, più difficilmente verrebbero, per altra via, ad essa sottoposte” (sent. n. 226/1976).

In conclusione, può dirsi che nella parifica del rendiconto regionale “la situazione è, dunque, analoga a quella in cui si trova un qualsiasi giudice (ordinario o speciale), allorché procede a raffrontare i fatti e gli atti dei quali deve giudicare alle leggi che li concernono” (sent. n. 226/1976). Pertanto, pur non essendo un proce- dimento giurisdizionale in senso stretto, “ai limitati fini dell’art. 1 l. cost. n. 1/1948 e dell’art. 23 l. n. 87/1953, la [parifica della] Corte dei conti è, sotto molteplici aspetti, analoga alla funzione giurisdizionale, piuttosto che assimilabile a quella amministrativa, risolvendosi nel valutare la conformità degli atti che ne formano oggetto alle norme del diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente giuridico. Il controllo effettuato dalla Corte dei conti è un controllo esterno, rigorosamente neutrale e disin- teressato, volto unicamente a garantire la legalità degli atti ad essa sottoposti, e cioè preordinato a tutela del diritto oggettivo” (sent. n. 181/2015).

(13)

3. Quanto alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza, il rimettente espone analiticamente i motivi per cui le disposizioni impugnate lo costringerebbero a parificare partite di spesa, la cui natura e allocazione non sarebbero conformi ai parametri costituzionali richiamati. La Corte dei conti fa presente che, “pur dubitando della relativa costituzionalità, dovrebbe parificare le predette componenti del rendiconto della Regione Abruz- zo, venendo quindi meno alle finalità per le quali è stata intestata alla Corte dei conti la funzione di parifica dei rendiconti regionali”. L’esatta determinazione del risultato di amministrazione costituirebbe “l’oggetto principale e lo scopo del giudizio di parificazione che [...] riguarda non solo la verifica delle riscossioni e dei pagamenti e dei relativi resti (residui) ma anche, e soprattutto, la verifica, a consuntivo, degli equilibri di bi- lancio. Inoltre, trattandosi di disavanzo d’amministrazione, che deve essere obbligatoriamente ripianato, esso condiziona anche l’equilibrio degli esercizi futuri”. In particolare, detta applicazione comporterebbe di validare un risultato di amministrazione infedele e di consentire un allargamento di spesa al di fuori dei vincoli di bilan- cio risultanti dal patto di stabilità e dalle altre disposizioni in materia economico finanziaria. Inoltre, l’utilizza- zione dell’anticipazione di liquidità come mutuo comporterebbe, secondo la prospettazione del rimettente, la violazione della “regola aurea”, di cui all’art. 119, c. 6, Cost., secondo cui i mutui sono consentiti soltanto per spese di investimento.

Da quanto detto discende quindi l’ammissibilità delle questioni in esame, sia sotto il profilo della legittima- zione dell’organo rimettente a sollevarle, sia sotto quello della rilevanza e della non manifesta infondatezza.

4. Occorre poi esaminare la richiesta formulata dalla Regione Abruzzo nel corso dell’udienza pubblica di dichiarare la cessazione della materia del contendere a seguito della sopravvenienza della l. reg. Abruzzo n.

16/2017. Secondo la regione, quest’ultima consentirebbe di superare le questioni sollevate dal giudice a quo.

La richiesta non può essere accolta, trattandosi di un giudizio in via incidentale in cui la normativa soprav- venuta potrebbe, al più, venire in rilievo ai fini della restituzione degli atti al giudice rimettente per un nuovo vaglio delle questioni sollevate (ex multis, ord. n. 230 e n. 258/2016). Evenienza, quest’ultima, comunque da escludersi, dal momento che lo ius superveniens non ha inciso sulle disposizioni censurate dalla rimettente Corte dei conti.

Peraltro – come si avrà modo di precisare in seguito – la novella regionale produce norme e meccanismi contabili elusivi dei medesimi precetti in questa sede invocati.

5. Occorre innanzitutto chiarire in punto di diritto due profili controversi sui quali si basa la difesa della regione: a) se sia possibile considerare vincolato un fondo proveniente dalle economie realizzate su pregressi programmi (a suo tempo specificamente finanziati) attraverso la nuova attribuzione di un diverso vincolo cre- ato da una nuova disposizione regionale; b) se sia possibile utilizzare l’anticipazione di liquidità come compo- nente attiva del risultato di amministrazione oppure se tale anticipazione, da riassorbire nel termine trentennale di restituzione delle singole rate, debba essere neutralizzata attraverso l’esposizione, in parte passiva di ciascun bilancio di detto periodo, della quota complessiva da restituire.

5.1. In ordine al punto a), è costante l’orientamento di questa Corte secondo cui «“I vincoli di destinazione delle risorse confluenti a fine esercizio nel risultato di amministrazione permangono anche se quest’ultimo non è capiente a sufficienza o è negativo: in questi casi l’ente deve ottemperare a tali vincoli attraverso il reperimen- to delle risorse necessarie per finanziare gli obiettivi cui sono dirette le entrate vincolate rifluite nel risultato di amministrazione negativo o incapiente”. Tuttavia, la deroga al principio generale può essere adottata soltanto in relazione alla permanenza delle finalità originarie e non con riguardo ai nuovi obiettivi enunciati in sede di reiscrizione delle somme nell’esercizio di competenza. Infatti, l’eccezione al principio di correlazione al risultato positivo di amministrazione è giustificata dalla “clausola generale in materia contabile che garantisce l’esatto impiego delle risorse stanziate per specifiche finalità di legge”» (sent. n. 192/2012, riferita ad analoga fattispecie della Regione Abruzzo; nello stesso senso, sent. n. 70/2012).

Quanto alla deroga al principio generale per cui le economie finiscono per confluire, incrementandone la com- ponente attiva, nel risultato complessivo dell’esercizio, la Corte ha ulteriormente chiarito che – come conferma l’articolazione del principio contabile contenuto nell’allegato 4/2, punto 9.2 (rubricato «Il risultato di amministra- zione»), del d.lgs. n. 118/2011 – le economie, in quanto tali, non possono essere rappresentate nella parte passiva del bilancio e nelle componenti negative che determinano il risultato di amministrazione, il quale, al contrario, si deve giovare – per tale naturale effetto matematico – di un miglioramento di dimensione pari all’economia realizzata. Solo in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo cui è sotteso il vincolo – e solo ai fini del suo

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