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APPLICABILITA DEI DECRETI MINISTERIALI DEL 1992 AI PERIODI D IMPOSTA ANTERIORI ALL ENTRATA IN VIGORE DEGLI STESSI

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APPLICABILITA’ DEI DECRETI MINISTERIALI DEL 1992 AI PERIODI D’IMPOSTA ANTERIORI

ALL’ENTRATA IN VIGORE DEGLI STESSI

A cura di Gianfranco Antico

Lo strumento dell’accertamento sintetico – che ha trovato nuovo slancio con la pubblicazione della ciorcolare n. 49 del 9 agosto 2007 - permette all’ufficio finanziario, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti e dall'art. 39, del citato D. P. R. n. 600/1973, di determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente, quando il reddito accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato. Il cd. sintetico investe la persona fisica, e di conseguenza l’attività di controllo e di accertamento può essere legittimamente effettuata anche nei confronti dei soci di una società di persone, che risulti, per esempio, congrua e coerente rispetto agli studi di settore

.

Un filone giurisprudenziale degno di attenzione investe la legittimità dell’applicazione retroattiva dei decreti ministeriali.

Proponiamo, quindi, una carrellata delle sentenze più interessanti, anticipando subito, comunque, che il primo indirizzo della giurisprudenza di merito formatosi, che ha ritenuto illegittima l’applicazione dei decreti ministeriali del 1992 ai periodi d’imposta anteriore all’entrata in vigore degli stessi, è stato ormai cassato più volte dalla Corte di Cassazione, tanto da ritenerlo ormai superato dall’indirizzo opposto e prevalente che ritiene applicabile i DD.MM. del 1992 ai periodi d’imposta pregressi, sulla base della constatazione che il potere dell'ufficio di determinare sinteticamente il reddito sulla scorta di elementi e circostanze di fatto certi utilizzabili anche dal Ministro delle finanze per la fissazione di coefficienti presuntivi ai sensi dell'art. 38 comma 4 del DPR 600/73, consente il riferimento a redditometri contenuti in D.M. successivi, senza porre problemi di retroattività, poiché il potere in concreto disciplinato è quello di accertamento, rispetto al quale non viene ad incidere il momento dell'elaborazione.

In altri termini, il potere di accertamento trae fondamento dal richiamato articolo 38, quarto comma, del DPR n. 600 del 1973, rispetto al quale i decreti ministeriali del 1992 (10 settembre e 19 novembre) rappresentano solo la fase procedurale attraverso i quali si individuano e valutano gli elementi su cui basare l'accertamento.

Peraltro, la Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 297 del 2004 ha statuito che la riserva di legge

"va intesa in senso relativo, ponendo al legislatore l'obbligo di determinare preventivamente e

sufficientemente criteri direttivi di base e linee generali di disciplina della discrezionalità

amministrativa (v. sentenze n. 7 del 2001, n. 215 del 1998 e n. 111 del 1997)". Da ciò ne consegue

che è stata rispettata la riserva di legge in quanto l'articolo 38 "stabilisce che il regolamento deve

prendere in considerazione elementi e circostanze di fatto certi e fissa delle linee direttive a cui si

deve attenere l'accertamento compiuto tramite regolamento perchè lo stesso sia valido (deve

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scostarsi di almeno un quarto da quanto dichiarato per almeno due periodi imposta), con salvezza della prova contraria del contribuente".

E' illegittima l'applicazione retroattiva dei DD.MM. 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992 con cui, in applicazione dell'art. 1, comma 1, lettera b), della L. n. 413/1991, sono stati determinati gli indici presuntivi di reddito in relazione agli elementi di capacità contributiva. Infatti, in assenza di previsioni di retroattività contenute nella norma, il potere regolamentare esercitato dal Ministro delle finanze nel 1992 non può che essere esercitato per i periodi d'imposta successivi al 1991.

E' illegittima l'applicazione retroattiva, agli anni d'imposta 1989 e 1990, degli indici presuntivi di reddito fissati con i DD.MM. 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992, applicativi dell'art 1, comma 1, lettera b), della L. n.

413/1991. La retroattività, stabilita all'art. 5, commi 2 e 3 del D.M. 10 settembre 1992, non trova previsione in alcuna norma di legge e pertanto, visto l'art. 11 delle disposizioni preliminari al cod. civ. tale effetto gli è precluso.

Mancando una espressa disposizione legislativa che la preveda, non è legittima l'applicazione retroattiva degli indici presuntivi di reddito fissati con i decreti ministeriali 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992.

L'estensione ai periodi precedenti al gennaio 1992 (data di entrata in vigore della L. n. 413/1991) degli indici fissati dai DD.MM. del 1992 non è prevista da alcuna disposizione di legge, tanto meno dalla norma di autorizzazione (L.

n. 413/1991), ma esclusivamente all'art. 5, commi 2 e 3, del D.M. 10 settembre 1992, e di conseguenza ad un Sent. n. 376 del 12 maggio 1998, dep. il 17 agosto 1998,

della Comm. Trib. Prov. di Novara, Sez. VI

Sent. n. 177 del 30 luglio 1998, della Comm. Trib. Prov.

di Treviso, Sez. V

Sent. n. 219 del 22 settembre 1998, della Comm. Trib.

Prov. di Pisa, Sez. I

Sent. n. 10 del 3 febbraio 1997, dep. il 25 marzo 1997, della Comm. Trib. Reg. di Bologna, Sez. X

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E' legittima l'applicazione ai periodi antecedenti al 1° gennaio 1992 degli indici fissati dai DD.MM. del 1992.

L'accertamento sintetico, basato sugli indici di capacità contributiva fissati dai DD.MM. 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992, è nullo se il contribuente dimostra con prove di fatto che il maggior reddito accertato non esiste.

È legittima l'applicazione retroattiva dei decreti ministeriali 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992, in quanto i suddetti decreti si limitano a definire le regole a cui gli uffici devono attenersi negli accertamenti.

E' illegittima l'applicazione retroattiva dei decreti ministeriali 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992, poiché in assenza di previsioni di retroattività contenute nella norma, il potere regolamentare esercitato dal Ministro delle finanze nel 1992 non può essere applicato alle pregresse situazioni reddituali (nella fattispecie ai periodi d'imposta relativi agli anni 1989 e 1990).

I decreti presidenziali, al pari dei decreti ministeriali emessi in materia di redditometro, ferma la loro impugnabilità in sede di giurisdizione amministrativa al fine di farne valere gli eventuali vizi di legittimità, sono vincolanti per il contribuente al quale è - tuttavia - consentito di fornire la prova - in relazione al carattere di presunzione legale relativa dei decreti ministeriali - diretta a dimostrare l'inapplicabilità nella fattispecie della ricostruzione induttiva del reddito per la peculiarità dalle condizioni di svolgimento della sua attività nel periodo di imposta considerato.

Sent. n. 1040 del 9 novembre 1998, dep. il 27 aprile 1999, della Comm. Trib. Prov. di Modena, Sez. III

Sent. n. 151 del 18 novembre 1998, dep. il 3 febbraio 1999, della Comm. Trib. Reg. di Bologna, Sez. I

Sent. n. 51 dell’8 febbraio 1999, dep. il 2 marzo 1999, della Comm. Trib. Prov. di Treviso, Sez. I

Sent. n. 179 del 17 giugno 1999, dep. il 23 giugno 1999, della Comm. Trib. Reg. di Potenza, Sez. I

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I decreti presidenziali, al pari dei decreti ministeriali emessi in materia di redditometro, ferma la loro impugnabilità in sede di giurisdizione amministrativa al fine di farne valere gli eventuali vizi di legittimità, sono vincolanti per il contribuente.

Il potere dell'ufficio di determinare sinteticamente il reddito complessivo sulla scorta di indizi, in base all'art. 38, comma 4, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, implica l'utilizzo di coefficienti presuntivi e, dunque, consente il riferimento a "redditometri" anche se contenuti in decreti ministeriali successivi, vertendosi in materia non di applicazione retroattiva di disposizioni normative, ma di valutazione di parametri e calcoli statistici di provenienza qualificata e di attitudine indiziaria indipendente dal tempo dell'elaborazione.

È legittima l'applicazione del redditometro (DD.MM. 10 settembre 1992 e 19 settembre 1992) determinata dall'intestazione (anche solo formale) di un natante.

Nessuna norma legislativa consente di applicare retroattivamente i coefficienti del 1992, per cui, nell'assenza totale di espresse indicazioni in tal senso da parte del legislatore, illegittimamente l'Amministrazione finanziaria ha applicato i coefficienti del 1992 per rettificare sinteticamente i redditi per l'anno 1989.

Sent. n. 215 del 30 giugno 1999, dep. il 5 luglio 1999, della Comm. Trib. Reg. di Potenza, Sez. I

Sent. n. 2510 del 24 novembre 1999, dep. il 6 marzo 2000, della Corte di Cassazione

Sent. n. 7802 del 17 febbraio 2000, dep. l’8 giugno 2000, della Corte di Cassazione

Sent. n. 67 del 2 marzo 2000, della Comm. Trib. Reg. di Milano, Sez. XXI

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L'Amministrazione finanziaria non può legittimamente disporre la retroattività dei criteri di accertamento induttivo senza il supporto di una norma avente forza di legge; lo stesso decreto ministeriale introduce difformità di trattamento discriminando tra soggetti già accertati che possono optare per l'applicazione dei nuovi coefficienti in luogo di quelli approvati con D.M. 21 luglio 1983 e gli altri che non hanno questa opportunità.

Poiché la L. 30 dicembre 1991, n. 413, non ne prevede la retroattività, è illegittima l’applicazione dei coefficienti presuntivi emanati con DD.MM. 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992, per rettificare sinteticamente i redditi per gli anni 1989 e 1990.

Il potere dell'Ufficio impositore di determinare sinteticamente il reddito consente il riferimento a "redditometri"

contenuti in decreti ministeriali emanati successivamente al periodo di imposta da verificare, senza porre problemi di retroattività, poiché il potere in concreto disciplinato è quello di accertamento, rispetto al quale non viene ad incidere il momento dell'elaborazione. Ritiene il “ Collegio di dover dare continuità - in assenza di argomentazioni di segno contrario - all'indirizzo di questa Corte (fra le più recenti, Cass. nn. 13972 e 11300/2000), secondo cui il potere dell'Ufficio impositore di determinare sinteticamente il reddito sulla scorta di elementi e circostanze di fatto certi, utilizzabili anche dal Ministro delle finanze per la fissazione di coefficienti presuntivi ai sensi dell'art. 38, comma 4 del D.P.R. n. 600/1973, consente il riferimento a redditometri contenuti in decreti ministeriali emanati successivamente al periodo d'imposta da verificare, senza porre problemi di retroattività, poiché il potere in concreto disciplinato è quello di accertamento, rispetto al quale non viene ad incidere il momento dell'elaborazione (v. anche Cass. n. 2510/2000, con ulteriori richiami). Né la soluzione è destinata a mutare- nonostante la contraria opinione talora espressa dalla giurisprudenza tributaria di merito -, con riguardo ai redditometri successivi alla citata L. n. 413/1991, non risultando, in particolare, ipotizzabile la violazione della riserva di legge in materia impositiva (art. 23 Costituzione) e del generale principio d'irretroattività della legge (art.

11, disp. legge in gen.), poiché deve distinguersi fra i contenuti dell'obbligo di dichiarazione del contribuente - in realtà innovati dall'art. 1, L. cit. attraverso la modifica dellart. 2, comma 2, D.P.R. n. 600/1973 - e la individuazione di ulteriori elementi indicativi della capacità contributiva. Difatti, l'obbligo del contribuente, appositamente sanzionato (artt. 46 segg. D.P.R. n. 600/1973 cit.) è quello di presentare una dichiarazione corretta e fedele, rispetto a cui il potere di rettifica in via sintetica dell'Ufficio risulta normativamente limitato dal riferimento ad elementi e circostanze di fatto certi; e sono questi ultimi che, come possono essere considerati dai decreti ministeriali per ricavarne coefficienti presuntivi di redditività, così possono essere tenuti presenti dall'Ufficio impositore, in un contesto normativo che si rivela, per l'aspetto in esame, in realtà immutato. Tutto ciò, come ben s'intende, sotto il profilo probatorio, con salvezza per il contribuente di offrire la prova del contrario, anche limitatamente al quantum”.

Sent. n. 51 del 7 marzo 2000, della Comm. Trib. Reg. di Bologna, Sez. XII

Sent. n. 70 del 19 settembre 2000, dep. il 21 novembre 2000, della Comm.Trib. Reg. di Torino, Sez. XXXVIII

Sent. n. 11607 del 15 dicembre 2000, dep. l’11 settembre 2001, della Corte di Cassazione

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Il potere dell'ufficio di determinare sinteticamente il reddito complessivo sulla scorta di indizi implica l'utilizzo di coefficienti presuntivi e, dunque, consente il riferimento a redditometri anche se contenuti in decreti ministeriali successivi, vertendosi in materia non di applicazione retroattiva di disposizioni normative, ma di pertinenza del caso in esame, in mancanza di circostanze di segno contrario, di parametri e calcoli statistici di provenienza qualificata e di attitudine indiziaria indipendente dal tempo di elaborazione.

Si ritiene legittima l'applicazione retroattiva dei DD.MM. 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992, con i quali sono stati determinati gli indici presuntivi di reddito, in quanto i suddetti decreti si limitano a definire le regole cui gli uffici devono attenersi negli accertamenti, e non incidono sulla natura della norma, ma solo sulle procedure da adottare.

Il potere dell'ufficio di determinare sinteticamente il reddito complessivo sulla scorta di indizi, in base all'art. 38, comma 4, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, implica l'utilizzo di coefficienti presuntivi e, dunque, consente il riferimento a redditometri anche se contenuti in decreti ministeriali successivi, vertendosi in materia non di applicazione retroattiva di disposizioni normative, ma di pertinenza del caso in esame, in mancanza di circostanze di segno contrario, di parametri e calcoli statistici di provenienza qualificata e di attitudine indiziaria indipendente dal tempo di elaborazione. È stato osservato, con una giurisprudenza consolidata (cfr. in tali sensi Cass. sentenze n.

12843 del 1995, n. 8192 del 1998 e più recentemente n. 2510 del 2000), che il potere dell'ufficio di determinare sinteticamente il reddito complessivo sulla scorta di indizi, in base all'art. 38, comma 4, del D.P.R. n. 600/1973, implica l'utilizzo di coefficienti presuntivi e, dunque, consente il riferimento a redditometri "anche se contenuti in decreti ministeriali successivi", vertendosi in materia non di applicazione retroattiva di disposizioni normative, ma "di valutazione di pertinenza nel caso in esame, in mancanza di circostanze di segno contrario, di parametri e calcoli statistici di provenienza qualificata e di attitudine indiziaria indipendente dal tempo dell'elaborazione" (Cass. sent. n.

2510/2000). In verità, “ questa impostazione merita di essere condivisa dal momento che: a) certamente, il cosiddetto redditometro viene emanato sulla base di una norma primaria contenuta nell'art. 38 del D.P.R. n. 600/1973, ed è un provvedimento che ha come destinatari gli uffici tributari che devono procedere alla ricostruzione del reddito utilizzando uno strumento che, per le sue caratteristiche e natura, dia una tendenziale affidabilità, anche al fine di ridurre il contenzioso; b) questo strumento, però, non incide direttamente sulla determinazione del reddito, in quanto non afferisce né alla individuazione dei presupposti della base imponibile o della imposta, né alla individuazione di altri elementi significativi del rapporto tributario e della obbligazione tributaria molto più semplicemente, il cosiddetto redditometro (la cui fonte si ritrova in una norma sull'accertamento, e quindi in una norma strumentale) assegna un potere probatorio dettagliato e specifico, da esercitare in maniera omogenea ed uniforme (a tutela dei contribuenti) allorchè emergono elementi significativi che devono essere valutati dalla

Sent. n. 1 del 10 gennaio 2001, dep. il 18 gennaio 2001, della Comm. Trib. Reg. di Milano, Sez. II

Sent. n. 11611 del 25 dicembre 2000, dep. l’11 settembre 2001, della Corte di Cassazione

Sent. n. 12285 del 23 febbraio 2001, dep. il 5 ottobre 2001, della Corte di Cassazione

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inevitabilmente una capacità contributiva per una ricchezza consumata, e che potrebbero, in mancanza di strumenti di carattere generale, essere valutati arbitrariamente; c) la valenza del cosiddetto redditometro, allora, si coglie propriamente sul piano della valutazione probatoria, ove nulla impedisce che il contribuente possa fornire una prova contraria o che il giudice possa ridimensionare il risultato dell'accertamento, per cui in un tale contesto nessun ostacolo può seriamente configurarsi alla applicazione retroattiva di questo strumento, che si limita ad individuare determinati beni ed a fornirne una valutazione tendenzialmente oggettiva, trasparente ed uniforme”.

Deve ritenersi illegittima l'applicazione dei coefficienti presuntivi di reddito per periodi di imposta anteriori al 1°

gennaio 1992 fatta con un mero atto amministrativo senza il supporto di una disposizione avente forza di legge. In assenza di esplicita previsione legislativa, tale potere dell'Amministrazione finanziaria poteva essere esercitato solo ed esclusivamente per i periodi di imposta successivi al 1991. Il principio di irretroattività è un principio generale del nostro ordinamento e rappresenta una regola essenziale del sistema a cui il legislatore deve attenersi (art. 11 delle disposizioni sulla legge generale: «la legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo»). Tale principio ha trovato anche un suo riconoscimento giuridico con la L. 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente).

Le norme introdotte con il D.P.C.M. 21 dicembre 1990 non sono norme tributarie sostanziali, ma norme procedimentali, perché regolano le modalità di esercizio del potere, di cui limitano la discrezionalità, vincolandola a criteri predeterminati; si tratta di normazione secondaria, ma adottata in conformità alla riserva relativa di legge ex art. 23 della Costituzione e uniformemente efficace per tutti gli uffici; si tratta, dunque, di norme di organizzazione, che si riflettono solo in senso garantistico sui rapporti giuridici sostanziali che sono ancora sottoponibili ad accertamento tributario.

È legittimo l'accertamento effettuato sulla base dei coefficienti presuntivi di reddito stabiliti con decreto ministeriali anche se questi vengono utilizzati con effetto retroattivo.

La fonte normativa per l'accertamento sintetico resta il comma 4 dell'art. 38 del D.P.R. n. 600/1973 mentre gli indici di presunzione normativa, fissati dai decreti ministeriali ai fini della loro efficacia, non sono diversi da quelli a presunzione semplice posti a base dell'accertamento e valgono per tutti i periodi d'imposta ancora soggetti ad accertamento. L'ufficio nel fare ricorso agli indici fissati nei decreti non ha prodotto accertamenti illegittimi, così come ritenuti dai giudici di primo grado.

Sent. n. 181 del 23 marzo 2001, dep. il 25 settembre 2001, della Comm. Trib. Reg. di Bologna, Sez. XV

Sent. n. 2123 del 28 giugno 2001, dep. il 14 febbraio 2002, della Corte di Cassazione

Sent. n. 228 del 17 ottobre 2001, dep. il 30 gennaio 2002, della Comm. Trib. Reg. di Bologna, Sez. XV

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La censura di carenza di motivazione dei decreti ministeriali, in quanto atti amministrativi, in forza dell'art. 3 della L.

n. 241/1990, è priva di fondamento perché trattasi di atti a contenuto generale per i quali la stessa disposizione invocata dal ricorrente (art. 3, comma 2) esclude l'obbligo della motivazione. Anche la censura relativa alla pretesa errata applicazione retroattiva degli indici di capacità contributiva (motivo n. 2), appare priva dì fondamento. Questa Corte ha ripetutamente chiarito che "il potere dell'ufficio impositore di determinare sinteticamente il reddito sulla scorta di elementi e circostanze di fatto certi, utilizzabili anche dal Ministero delle finanze per la fissazione di coefficienti presuntivi, ai sensi dell'art. 38, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, consente il riferimento a redditometri contenuti in decreti ministeriali emanati successivamente al periodo di imposta da verificare, senza porre problemi di retroattività, poiché il potere in concreto disciplinato è quello di accertamento, sul quale non viene ad incidere ìl momento della elaborazione. Le medesime considerazioni si attagliano ai redditometri successivi alla legge n. 413 del 1991, non risultando, in particolare, ipotizzabile la violazione della riserva di legge in materia impositiva, di cui all'art. 23 della Costituzione, né del principio di irretroattività della legge di cui all'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale" (sent. n. 11607/2001; conf. N.

11611/2001, n. 8372/2001, n. 15045/2000, n. 13415/2000, n. 12843/1995). Né l'applicazione retroattiva pregiudica in alcun modo il diritto di difesa del contribuente (come pure eccepisce il B.). Infatti, "la determinazione del reddito effettuata sulla base della applicazione del cosiddetto redditometro (nel caso di specie D.M. 10 settembre 1992 e D.M. 19 novembre 1992) non impedisce al contribuente di dimostrare, in modo concreto, che egli possiede un reddito inferiore, poiché le presunzioni poste dal redditometro sono soltanto relative e non assolute. La prova contraria non è limitata a quella prevista dal quinto comma dell'art. 38 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (e cioè che il maggior reddito accertato è costituito da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta), ma è consentito dimostrare che il reddito presunto sulla base del coefficiente non esiste o esiste in misura inferiore" (Cass. n. 11300/2000; conf. n. 656/1996, n. 33/1996, n. 12843/1995).

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, il potere dell'ufficio di determinare sinteticamente il reddito complessivo sulla scorta di indizi, in base all'art. 38, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, implica l'utilizzo di coefficienti presuntivi e, pertanto, legittima il riferimento a redditometri anche se contenuti in decreti ministeriali successivi, vertendosi in materia non di applicazione retroattiva di disposizioni normative, ma di valutazioni indipendenti dal tempo dell'elaborazione.

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, il potere dell'Ufficio di determinare sinteticamente il reddito complessivo sulla scorta di indizi, in base all'art. 38, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, implica l'utilizzo di coefficienti presuntivi e, pertanto, legittima il riferimento a redditometri anche se contenuti in decreti ministeriali successivi. Non si tratta, infatti, di applicazione retroattiva di disposizioni normative, ma di valutazione della

Sent. n. 8272 del 14 marzo 2002, dep. il 7 giugno 2002, della Corte di Cassazione

Sent. n. 12731 del 18 aprile 2002, dep. il 30 agosto 2002, della Corte di Cassazione

Sent. n. 14161 del 25 marzo 2003, dep. il 24 settembre 2003, della Corte di Cassazione

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dei coefficienti presuntivi di reddito adottati a sensi dell'art. 1, della L. n. 413/1991, posto che, rimanendo sul piano dell'accertamento e delle prove, l'applicabilità dei cosiddetti redditometri agli anni anteriori deve ritenersi insita nell'art. 38 del D.P.R. n. 600/1973": così Cass. 9 ottobre 2000, n. 13415. Nello stesso senso, Cass. 21 novembre 2000, n. 15045, 11 settembre 2001, n. 11607, 20 giugno 2001, n. 8372, 4 settembre 2001, n. 11366, 11 settembre 2001, n. 11611, 30 agosto 2002, n. 12731”. La giurisprudenza citata ritiene che anche nel vigore della L. n. 413/1991 l'Amministrazione possa applicare i coefficienti presuntivi di reddito, a mò di norme del procedimento amministrativo, anche negli anni pregressi, fermo restando il potere del contribuente di contrastare le presunzioni relative e di dimostrare il reddito effettivo. Devesi pertanto riaffermare che, dinanzi all'applicazione dei coefficienti emanati in virtù della L. n. 413/1991 negli accertamenti relativi agli anni precedenti, il contribuente non può limitarsi ad eccepire l'irretroattività dei medesimi o l'illegittima applicazione dei decreti ministeriali applicativi, ma deve dimostrare in concreto che il proprio reddito effettivo è diverso ed inferiore a quello scaturente dalle presunzioni adottate dall'ufficio impositore.

I parametri presuntivi per l'accertamento dei redditi, di cui ai decreti ministeriali del 1992 hanno valore in tutto il territorio nazionale; deve pertanto essere cassata la sentenza di merito che ne escluda l'applicazione in base alla considerazione secondo cui "il contesto sociale della

comunità di Salandra, piccolo centro dell'entroterra materano" induce a ritenere compatibile il ridotto reddito dichiarato con la proprietà di un'autovettura ed una modesta casa di abitazione.

I criteri per la determinazione presuntiva dei redditi, elaborati in via generale dalla pubblica amministrazione (cosiddetti redditometri), costituiscono l'enunciazione di razionali punti di riferimento per il raggiungimento dello scopo; ne è pertanto consentita l'applicazione ad annualità precedenti alla loro emanazione.

Gianfranco Antico

11 Dicembre 2007

Sent. n. 19252 del 15 giugno 2005, dep. il 30 settembre 2005, della Corte di Cassazione

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