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Tra 1933 e 1940: lo sviluppo di alcuni concetti -L'introduzione del concetto di «tempo biologico» a

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ciclo VIII

La teoria biologica di Viktor von Weizsacker e la filosofia dell'organico di Helmuth Plessner

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Tutore: Prof. Mattioli Emilio (Università di Trieste)

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Co-tutore: Pro Poggi Stefano (Universit d. Firenze)

Coordinatore: Prof. Mattioli Emilio (Università di Trieste)

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(2)

Parte I - Viktor von Weizsacker il Gestaltkreis e la concezione della biologia Premessa

I. Der Gestaltkreis {1933): premesse scientifiche - La circolarità sensomotoria

- Riflessioni sul concetto di tempo

II. Tra 1933 e 1940: lo sviluppo di alcuni concetti -L'introduzione del concetto di «tempo biologico»

a. Lo «zeituberbruckende Gegenwart» di P. Auersperg b. Il tempo «centrato nel presente»

c. Tempo soggettivo e tempo organico - La questione della Gestalt

a. Il richiamo a Goethe

b. La posizione verso la Gestalttheorie c. Il pensiero di Driesch

III. Der Gestaltkreis {1940): l'unità di percezione e movimento

- La soluzione del «problema della biologia»

a. Le determinazioni temporali

b. Determinatezza e indeterminatezza - La spazialità organica

- Il movimento

a. L'attività materia

b. Incontro di organismo e ambiente - La percezione

a. L'attività dei sensi

b. Il «principio di possibilità» della percezione c. percezione e pensiero

La Gestaltung dell'attività organica

p. 12

p. 13

p. 17

p. 23

p. 28 p. 28 p. 31 p. 36 p. 40 p. 43 p. 48 p. 53

p. 60 p. 62 p. 68 p. 72 p. 78 p. 78 p. 82 p. 89 p. 89 p. 96 p. 102 p. 106

(3)

I. La posizionalità dell'organico

La duplicità d'aspetto nella percezione a. Duplicità d'aspetto e Transgredienz b. La percezione dell'essere vivente - Il carattere spaziale dei concetti - La posizionalità organica

a. Limite e «limite proprio»

b. La teoria dei modali organici

c. Le caratteristiche del «principio posizionale»

II. Le modalità caratteristiche dell'organico

- I modi di realizzazione della posizionalità a. La processualità organica

b. Lo sviluppo del vivente

c. Fasi processuali e concetto di morte Spazalità e temporalità organica

a. Raumhaftigkeit b. Zeithaftigkeit

III. Graduazione e Soggettività - Le «forme» dell'organico - Il soggetto eccentrico

Parte III - Elementi di convergenza nel pensiero di v. von Weizsacker e H. Plessner

Tra scienza e filosofia Antilogica e dialettica

Il valore dei sensi Patico e posizionale

Temporalità e spazialità organiche Il soggetto nella biologia

Conditio humana

p. 118 p. 118 p. 123 p. 125 p. 129 p. 129 p. 135 p. 142

p. 146 p. 146 p. 151 p. 156 p. 160 p. 160 p. 163

p. 168

p. 174

p. 183

p. 184 p. 192 p. 205 p. 216 p. 221 p. 228 p. 237

(4)

- Opere di v. von Weizsacker p. 244

- Opere di H. Plessner p. 246

- Saggi critici su v. von Weizsacker p. 248

- Saggi critici su H. Plessner p. 252

Bibliografia secondaria p. 257

(5)

Le Gesammelte Schriften di v. von Weizsacker e H. Plessner sono state citate rispettivamente come W-GS e P-GS. Per i saggi richiamati in nota non comparsi o non disponibili nelle opere complete si è provveduto a precederne il titolo con la sola iniziale del cognome del rispettivo autore.

Per la bibliografia utilizzata, quando disponibile, si è data indicazione della traduzione italiana. Qualora venga data doppia indicazione di pagina, la numerazione corrispondente alla traduzione compare tra parentesi.

Dell'esistenza di una traduzione italiana dell'opera di Weizsacker Der Gestaltkreis si è saputo troppo tardi perché potesse esserne tenuto conto in questo lavoro.

Per alcuni «classici» del pensiero filosofico citati nel testo o in nota si è omesso di dare indicazione nella sezione bibliografica.

(6)

Introduzione

Il presente lavoro è dedicato al confronto di alcuni aspetti delle teorie di carattere biologico di Viktor von

Weizsacker con la filosofia dell'organico di Helmuth Plessner.

Sia l'opera di Weizsacker che quella di Plessner si possono inscrivere in quel vasto movimento d'interesse concernente il valore, i compiti e in generale i fondamenti della scienza biologica che coinvolge gran parte del dibattito filosofico e scientifico non solo tedesco tra '800 e '900, e che tanta importanza ha avuto nella maturazione di alcune tesi

fondamentali del pensiero antropologico e antologico

contemporaneo. In particolare la riflessione su alcuni temi basilari dell'indagine filosofica, come lo sono l'idea di

soggettività, la posizione dell'uomo rispetto al mondo naturale e culturale, il significato stesso della vita - tanto nella loro portata teoretica, quanto in quella morale e sociologica - mostra di non poter prescindere dall'attenzione per gli

sviluppi della ricerca scientifica e dalla discussione intorno agli strumenti e ai metodi più adatti ad un settore del sapere che, se da un lato si è reso sempre più autonomo e distante dalla teoria filosofica, dall'altro sembra avanzare l'esigenza di un recupero di certi margini di apertura e di confronto con la filosofia. Il percorso intellettuale e gli interessi

specifici di Weizsacker e di Plessner - ciascuno per il proprio ambito disciplinare, e sia pure in forma e misura diversa - si possono considerare in certo modo emblematici di un simile intreccio di problemi e difficoltà, come d'altronde lo possono essere della diffusa richiesta di una generale revisione delle fondamenta logiche e metodologiche della conoscenza

contemporanea.

(7)

Appassionatosi allo studio della fisiologia sin dal

trasferimento all'università di Freiburg nel 1906, Viktor von Weizsacker (1886-1957) prese a frequentare l'Istituto

Fisiologico di J. von Kries dedicandosi prima alla riproduzione dell'eccitazione nervosa, poi - tornato a Freiburg dopo un

breve periodo di studio a Heidelberg ed il superamento

dell'esame di stato - a problemi di fisiologia cardiaca. Il suo intenso lavoro di ricerca proseguì presso la prestigiosa

clinica neurologica di L. von Krehl di Heidelberg fino al 1917, ove i suoi studi si indirizzarono verso la realizzazione di un programma di sviluppo di fisiologia patologica dei sensi.

Questi lavori, di grande importanza per la direzione che prenderanno i suoi interessi teoretici, vennero ripresi da Weizsacker, dopo il periodo bellico, prima in qualità di assistente, poi di direttore del reparto neurologico della medesima clinica. La partecipazione intensiva ad alcuni seminari di W. Windelband durante il periodo universitario testimonia il precoce interesse di Weizsacker per la filosofia -rafforzato dall'intima amicizia stretta con il coetaneo F.

Rosenzweig - un interesse che accompagnerà costantemente la riflessione scientifica di Weizsackerl.

Più giovane di soli sei anni, Helmuth Plessner (1892-1985) studiò medicina, zoologia e filosofia nelle Università di

Freiburg, Heidelberg, Berlin e Gottingen, per laurearsi in filosofia a Erlangen nel 1916. Costretto al trasferimento

all'estero dalle vicende politiche della Germania, Plessner fu

1 Per informazioni sulla vita e l'itinerario scientifico di V. von Weizsicker si possono consultare gli scritti autobiografici Katur und Geist (1954) e Begegnungen und Entscbeidungen (1949) contenuti in W-GS I (pp. 11-194; pp.195-399) e Neines tebens bauptsicblicbes Be1uhen (1955} in W-GS VII (pp. 372-393); si possono vedere inoltre: !h. Henkel1ann, Yiktor von Neizsicker (1886-1957}. Naterialien zur teben und Neri, Heidelberg, Springer, 1986; Id., Yiktor von Neizsicker. t'uo1o e la sua opera, in V. von Weizsicker,

filosofia della Jedicina, Milano, Guerini, 1990, pp. 17-75; M. Wein, Die Neizsickers. Gescbicbte einer deutscben !a1ilie, Stuttgart, Deutsche-Verlags, 1988, pp. 341-410.

(8)

ospite dal 1934 dell'Istituto di Fisiologia di Groninga, dove mediante studi e sperimentazioni potè approfondire, in

collaborazione con F.J.J. Buytendijk, quegli interessi scientifici che lo avevano spinto sin dalla giovane età ad occuparsi di problemi di biologia. La sua produzione

filosofica, assai vasta, si sviluppa sul comune denominatore dell'analisi della natura e delle condizioni di vita dell'uomo, uno studio ricco e multiforme, segnato dal confronto con la scuola di Marburg e con il pensiero fenomenologico ed

ermeneutico, fortemente incline alla realizzazione di un programma filosofico di stampo diltheyano2.

Plessner e Weizsacker hanno dunque frequentato - pressappoco negli stessi anni - il medesimo ambiente universitario, hanno avuto contatti con i medesimi

rappresentanti della cultura scientifica e filosofica del tempo e hanno in parte condiviso interessi simili. E tuttavia essi non hanno avuto contatti personali o scambi intellettuali

documentabili3 e non si può parlare di una reciproca influenza tra le loro concezioni: proprio questo dato rende forse più interessante un confronto delle loro posizioni. Ma la

motivazione principale che ha suggerito l'accostamento di Weizsacker e Plessner è data dalla singolare e significativa vicinanza che mostrano l'elaborazione teorica di alcuni

interrogativi emersi dal dibattito filosofico-scientifico

2 Per le notizie biografiche si veda la Selbstdarstellung di H. Plessner in P-GS l, pp. 302-341.

3 Rel 1927 Weizsacker pubblicò il saggio Oeber 1ediziniscbe Antbropologie nella rivista «Philosophischer Anzeiger, fondata e curata tra gli altri da Plessner, che professional•ente conosceva, come dimostra l'apprezza1ento fatto al suo contributo Yitalis1us und lrztlicbes Oenken (P-GS Il, pp. 7-27) comparso nel 1922 nel saggio Oeber CesinnungsvitalisJus (cfr. «Klinische Wochenschrift) 2 (1323), pp. 30-33, p. 30}.

Regli scritti autobiografici troviaao incidentalmente annotata la presenza di Plessner, in occasione di un incontro tra Weizsacker e M. Scheler, alla lant-Gesellschaft di Koln (cfr. Katur uod Ceist, W-GS I, p. 31), aa il solo accenno al lavoro di Plessner - per buona parte delle questioni di cui ci si occupa in questa sede cronologicamente precedente a quella di Weizsicker - è un richiamo fatto in nota nel saggio del 1926 linleitung zur Pbysiologie der Sinne (W-GS III, pp. 325-427, p. 419) all'opera plessneriana Die Einbeit der Siooe del 1923 (P-GS III, pp. 7-315).

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tedesco e una certa convergenza delle soluzioni ad essi proposte.

Il lavoro è stato suddiviso in tre parti. Le prime due si occupano rispettivamente della teoria del Gestaltkreis di Weizsacher - che, sulla base di rigorose sperimentazioni scientifiche e avvalendosi di uno strumentario teorico prettamente neurofisiologico, propone un nuovo modello scientifico dell'attività biologica- e della teoria della realtà organica di Plessner, una complessa e articolata concezione delle caratteristiche dell'essenza biologica,

condotta attraverso una rigorosa deduzione aprioristica. Alle due sezioni è stata data una diversa impostazione

principalmente a causa della necessità di offrire nei due casi un quadro appropriato al carattere specifico della concezione.

Il concetto di Gestaltkreis di Weizsacker subisce tra gli anni trenta e gli anni quaranta una significativa evoluzione che si verifica parallelamente ad un essenziale ampliamento

dell'orizzonte teoretico della concezione dell'«atto biologico»

e dunque del piano di applicabilità del concetto stesso.

Elaborato come modello si spiegazione del rapporto tra percezione e movimento nell'ottica del principio del

«cambiamento funzionale» degli organi sensomotori, il concetto di Gestaltkreis si rivela fecondo non solo nell'ambito

specifico della neurofisiologia umana, ma sul piano generale della definizione dell'unità intrinseca dell'atto biologico, esso si dimostra cioè in grado di rappresentare efficacemente il sistema strutturale dinamico e «antilogico» della realtà organica in generale. Un'impostazione genetica dell'esposizione consente di cogliere i momenti determinanti del passaggio -

supportato dal crescente interesse teoretico dello scienziato -

(10)

da una concezione scientifico-funzionale del principio del Gestaltkreis ad una visione antologica dei caratteri

fondamentali dell'organico; ma, contemporaneamente, permette di seguire il processo di introduzione del fattore temporale nel concetto, fattore che verrà a rappresentare nelle formulazioni più mature del principio il cardine sul quale si sviluppa la determinazione del carattere antilogico dell'essenza «patica»4 •

Una simile evoluzione non trova corrispondenza nella ~~

concezione plessneriana, la cui elaborazione si presenta - nella sola opera dedicata ad una deduzione sistematica dei

caratteri dell'essenza organica, Die Stufen des Organischen und der Mensch del 1928- con un'impostazione stabile e in certo modo definitiva. Essa rappresenterà per la successiva

riflessione filosofica di Plessner una base di riferimento sicura alla quale ancorare le sue principali tesi

antropologico-sociologiche. In questo caso è parso preferibile procedere ad un'esposizione di carattere analitico, capace di chiarire il percorso logico della formulazione del principio

«posizionale» e di evidenziare adeguatamente i momenti salienti della definizione dei «modali organici», la cui deduzione,

sebbene sviluppata in un contesto fenomenologico-aprioristico, resta tuttavia vincolata nella giustificazione e nella verifica al dato empirico percettivo.

L'individuazione tematica di alcuni essenziali momenti di convergenza tra le concezioni dei due autori - che si spinge talora al di là della circoscritta esposizione offerta dalle due prime parti del lavoro - è oggetto della sezione finale, in cui un primo breve capitolo a carattere introduttivo illustra brevemente le posizioni di Weizsacker e di Plessner - peraltro piuttosto dissimili- rispetto all'idea di una «scienza

4 Il pensiero di Weizsacker del secondo dopoguerra darà tuttavia al fattore temporale un risalto inferiore.

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filosofica». Fortemente critici nei confronti del sistema

positivistico e meccanicistico che domina l'ambito scientifico e influenza la teoria filosofica, essi si fanno sostenitori di una concezione dell'unità strutturale della natura e

dell'attività organica a cui si rende necessaria una nuova forma logico-metodologica in grado di uscire dai rigidi schemi imposti dalla tradizione e di cogliere la peculiarità di una natura che si distingue anzitutto dal corpo fisico per la sua

«plasticità» e «mobilità». La necessità di superare visioni rigidamente razionalistiche si riverbera nella rivendicazione del valore di verità dell'attività sensibile e nel significato di cui sono rivestite le manifestazioni comportamentali in genere, indice della fondamentale ed imprescindibile unità psicofisica dell'organico. Parimenti la determinazione di una dimensione spaziale e temporale specifica della natura organica evidenzia l'inadeguatezza e persino l'impossibilità dell'uso di strumenti fisico-matematici nella valutazione dell'attività vitale. Sul piano antologico, il carattere dialettico o

«antinomico» dell'essenza organica- «patica» nella concezione di Weizsacker e «posizionale» in quella di Plessner - conduce ad una diversificazione della struttura essenziale del vivente rispetto al semplice corpo «antico» che viene elaborata dai due autori in termini sostanzialmente simili, e che approda in

entrambi i casi alla collocazione di un principio soggettivo alla base dell'essenza biologica; un principio, portatore di quel carattere dialettico e antinomico, la cui massima e più contrastata espressione è rappresentata dalla profonda

inquietudine caratteristica del vivere e del «patire» umano.

(12)

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(13)

Premessa

Intorno alla fine degli anni venti Weizsacker comincia a lavorare a quel nucleo tematico che darà origine alla complessa e polivalente teoria del Gestaltkreis. Vi contribuiscono

soprattutto numerosi esperimenti sulle vertigini, ma, prima ancora, i risultati ottenuti da approfonditi studi sul problema della percezione dello spazio. Ad essi Weizsacker si era

dedicato sin dai primi anni venti, quando ancora era convinto di poter individuare un organo del senso spaziale collocato nel cervello e capace di rappresentare gli oggetti sensibili in uno spazio matematico omogeneo. Dal disturbo di questo organo

sarebbero derivati ad esempio alcuni fenomeni di deformazione delle dimensioni spaziali e degli oggetti percepiti.

Appartenendo Weizsacker ancora ad una fase che egli stesso

definisce «kantiana»l, il disturbo avrebbe riguardato solamente la costruzione geometrica di disposizioni e rapporti nello

spazio, non lo spazio in sé stesso. Ma le osservazioni

effettuate in clinica non gli permisero di confermare questa ipotesi: non tutti i fenomeni osservati in caso di disturbo della percezione spaziale si possono sussumere sotto il caso del disturbo di un unico organo. Il senso dello spazio, la capacità di orientamento in esso, si rivela piuttosto come il risultato di una molteplicità di prestazioni organiche

indipendenti tra loro. Lo spazio della percezione finisce col non poter più coincidere con uno spazio matematico di tipo kantiano le cui leggi, anzi, ne vengono chiaramente

contraddette2.

L'idea della necessità di una revisione delle basi teoriche

1 Cfr. Katur und Geist (W-GS I), p. 90.

2 Si veda ivi, p. 92.

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della fisiologia tradizionale ~ insieme del significato che spetta a questa scienza nell'ambito degli studi biologici si rafforza in Weizsacker in concomitanza con lo svolgersi delle considerazioni specifiche concernenti i risultati dell'attività sperimentale pratica. Il problematico fenomeno dell'illusione dei sensi, ad esempio, - molto trascurato, quando non

addirittura completamente occultato dalla storia della fisiologia- viene ad assumere nel corso dell'indagine un valore prioritario. Esso permette a Weizsacker di avanzare rilevanti ipotesi di critica del metodo e di definire alcune premesse necessarie ad uno studio fisiologico rinnovato:

innanzitutto una deduzione strettamente fisiologica delle prestazioni sensorie porta spesso a forti incongruenze; a ciò si aggiunge che nella spiegazione di questi processi i vissuti soggettivi devono essere considerati parte integrante di essi, come lo deve essere la possibile contraddizione tra quanto è presentato dai sensi e quanto è offerto dallo stato di cose oggettivo.

Le ricerche sperimentali sulla patologia delle funzioni sensorie, che si avvalgono di numerose osservazioni di casi clinici, lo conducono alla formulazione del principio del

«cambiamento di funzione» (Funktionswandel) degli organi di senso. Di fronte al manifestarsi di un disturbo (Storung) di determinate prestazioni sensorie non si verifica una semplice soppressione della funzione da essi svolta, ma un cambiamento della funzione complessiva- mediante cui l'organismo,

svolgendo un'attività creativa di trasformazione dei propri processi biologici - tenta di porre rimedio ad una determinata mancanza. Assunto questo punto di vista, il concetto di

«funzione» (Funktion) non può più essere legato all'idea di un'azione fissa, ma lo si deve rivedere in relazione ad un

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ordine più fluido del processo organico: quello della

«prestazione» {Leistung) dell'organismo3.

Tra il 1931 ed il 1933, P. Vogel, sotto la guida di

Weizsacker, si dedica allo studio delle vertigini otocinetiche da rotazione e dei fenomeni ad esse connesse. L'equilibrio corporeo costituisce una delle prestazione organiche più

essenziali e complesse e Weizsacker, approfondendo l'analisi di un fenomeno di disturbo come la vertigine, ritiene possibile raggiungere risultati considerevoli riguardo al principio del cambiamento funzionale. La conclusione che permette di trarre il lavoro di Vogel conferma l'indipendenza del verificarsi della vertigine dal legame ad un organo specifico, poiché si osserva che per il soggetto sottoposto ad esperimento «ciascuna delle velocità critiche della rotazione corrisponde a

determinate composizioni dell'attività motoria e della

percezione»4. La vertigine si origina dalla composizione di funzioni statiche, ottiche e vestibolari ed il soggetto dell'esperimento mostra la possibilità di adottare due

differenti soluzioni al mantenimento dell'equilibrio: l'una percettiva, l'altra motoria. La perfetta equivalenza sul piano funzionale di tali soluzioni implica una precisa valutazione - o rivalutazione - sul piano teoretico, del significato del dato psichico «soggettivo» e del dato fisico «oggettivo»: «al posto di un movimento percepito può comparirne uno effettuato e

viceversa: qui si introduce la concezione del Gestaltkreis»5 •

Alla teoria del cambiamento funzionale, dal valore

3 Cfr. ivi, p. 71 e p. 73; si vedano inoltre di Weizsacker lunktionsvaodel der Sinne del 1940 e

!unktionsvandel und Gestaltkreis del 1950 {W-GS III, pp. 577-594 e pp. 619·634). Un'importante implicazione di questo principio è la revisione del concetto positivistico di malattia, che nel pensiero di Weizsacker avviene attraverso il recupero di aotivi caratteristici del roaanticis1o tedesco. A questo proposito si può vedere Th. Henkelaann, Viktor von Keizslcker. L'uo1o e la sua opera in V. von Weizsacker, filosofia della Jedicina, Milano, Guerini e Associati, 1990, p. 20 e p. 27.

• Katur und Geist (W-GS I), p. 73.

5 lvi, p. 74.

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specificamente neurofisiologico, subentra la concezione del Gestaltkreis che rappresenta il tentativo di inquadrare la realtà dell'accadere organico secondo un piano teorico e metodologico dalle premesse sostanzialmente rinnovate. Per ottenere una risposta realmente esaustiva ai problemi posti dalla fisiologia occorre risalire a domande più fondamentali, e infine alla domanda di base dello studio biologico: «cosa si deve dunque intendere propriamente per realtà biologica

essenziale?»6.

Con il principio del Gestaltkreis i fenomeni psichici ed i fenomeni somatici vengono considerati alla luce della loro fondamentale scambiabilità reciproca in vista dell'ottenimento di una prestazione (Leistung). La prospettiva in cui si radica la nuova visione del rapporto tra psichico e fisico si

differenzia sostanzialmente dalla concezione psicofisica

elaborata da Fechner, ed in genere si distanzia dal concetto di movimento psicofisico volontario7. Essa rende necessaria una profonda modificazione dei metodi e dei fondamenti della fisiologia e «possibilmente - dichiara Weizsacker - dovrebbe condurre ad una revisione, o addirittura una rivoluzione dei concetti fondamentali»& dell'intera scienza della natura.

6 lvi, p. 76.

7 Cfr. iv i, p. 74.

8 lvi, p. 76.

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I. Der Gestaltkreis (1933): premesse scientifiche

La circolarità sensomotoria

La prima articolata formulazione della teoria del

Gestaltkreis risale ai primissimi anni trenta. Compare nel 1933 sullo Pflugers Archiv dove viene calorosamente accolta come un interessante contributo offerto alla moderna fisiologia del sistema nervoso e degli organi di sensol. Il saggio propone di considerare se non si debba ritenere necessaria una sostanziale correzione alla teoria delle funzioni organiche distinte

tradizionalmente in sensibili e motorie. Il proposito della teoria del Gestaltkreis in questo saggio si può individuare anzitutto nell'impegno a risolvere le principali difficoltà che affliggono per un verso la teoria del riflesso, per l'altro la fisiologia della percezione, mediante l'elaborazione di una concezione unitaria delle funzioni sensomotorie che risulti dotata di un solido fondamento, sperimentalmente comprovato, capace di scalzare alla radice il dualismo tradizionale. Se si perviene al riconoscimento che la vita consiste

fondamentalmente in un intreccio - un'autentica fusione - di attività motoria e attività percettiva, essa deve

conseguentemente venire considerata come un «atto biologico»

unitario non scomponibile in parti o in momenti connessi

secondo una successione causale lineare. Dopotutto - sostiene Weizsacker - «non possiamo fare nulla senza anche sentire qualcosa, non possiamo sentire nulla senza avere anche un qualunque comportamento motorio: ogni separazione è già un'"astrazione". La vita, perciò, non è mai un o - o»2 • Il

1 Cfr. Der Gest1ltkreis, d1rgestellt als psychophysiologiscbe Analyse des optischen Drehversuchs, «Pflugers Archiv fur die gesaate Phisiologie) 231 (1933), pp. 630-661 (cit. W-Gestaltireis 1933), p. 630, nota.

2 lvi, p. 631.

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saggio si presenta come una visione generale dei dati empirici e degli elementi teorici che giustificano una formulazione in senso «dinamico» della relazione sussistente tra la funzione percettiva e la funzione motoria dell'organismo3 •

Un'analisi non pregiudiziale del processo percettivo

evidenzia come nella successione temporale le azioni che danno luogo alla percezione si rapportino l'una all'altra secondo una disposizione circolare. Sensazione e movimento, percezione ed azione, si susseguono e si scambiano reciprocamente nel dare origine al processo di conoscenza sensibile. Quale, tra

movimento e percezione, sia primo in senso causale non è

affatto decidibile: «il movimento è quanto meno una delle cause del dove e del come della percezione, la quale torna ad essere, allo stesso modo, causa del movimento»; se mai è possibile

stabilire, di caso in caso, un relativo «prima» e «dopo». La dipendenza del processo percettivo rimanda perciò a se stesso

«come in un movimento circolare in cui non è possibile stabilire dove sia l'inizio e dove la fine»4 • Un processo simile viene denominato Gestaltkreis. In esso non è tanto

l'idea della figura geometrica circolare ad essere importante, quanto piuttosto «il simbolo della chiusura», l'immagine della curva, cioè il suo «tornare su se stessa»5 •

Se l'idea che il movimento fisiologico e la percezione del movimento devono essere in una relazione reciproca è

generalmente accettata, il disaccordo in ambito teoretico sorge quando si pone il problema di stabilire in che modo e secondo quali principi l'attività fisiologica e la percezione siano reciprocamente collegati. E' necessario riconoscere, secondo Weiszacker, che una funzione fisiologica - un movimento

3 Cfr. ivi in particolare le pp. 644 e 661.

• lvi, p. 633.

5 Ibid. Spesso Weizsicker rappresenta questo rapporto di reciprocità con l'immagine della spirale.

(19)

materiale- e un'impressione vissuta- ad esempio l'impressione di un movimento - appartengono a disposizioni spaziali

completamente diverse tra loro. E' un merito da ascrivere a Wertheimer quello di aver condotto ad una simile acquisizione:

egli ha precisato che con la percezione di un movimento non si verifica un'associazione di segni (Merkmale) di luogo o di disposizione spaziale alla struttura nervosa, ma si ha a che fare con una funzione (Funktion), vale a dire con un «accadere»

(Geschehen)6 • Ad una specifica funzione fisiologica si associa un'impressione di movimento, la quale non è da considerarsi spaziale, quanto meno non nel senso in cui sono spaziali i processi fisiologici materiali. Spazialità della percezione e spazialità delle funzioni nervose materiali non possono essere raccolte sotto un unico concetto di spazio. Si ha sensibilità ave si abbia un'impressione presente: «il vissuto sensibile è essenzialmente un vissuto di realtà e possiede sempre, in quanto tale, il valore (Gehalt) di una trascendenza»7 • Le

relazioni che si danno nell'immagine della percezione sensibile sono perciò qualcosa di totalmente differente da quelle per cui

«le cose sono là, l'una accanto all'altra o i fatti si causano l'uno dall'altro»8 •

E' a maggior ragione difficile, allora, chiarire come stiano insieme movimento e percezione. Un movimento compiuto dall'organismo e una percezione psichica sembrano essere attività autonome prive di un legame originario. Weizsacker, che rifiuta la «fondazione parallela» di von Kries, secondo la quale «con la disposizione oggettiva di certi processi

fisiologici sarebbe immediatamente data anche una

' Si veda ivi, p. 636.

7 lvi, p. 637, 1a il passo è citato dalla linleitung zur Pbrsiologie der Sinne (W-GS III, pp. 325-428) p.

331-2. Il concetto di ctrascendenza, sarà chiarito in seguito.

' linleitung (W-GS III), p. 332.

(20)

corrispondente disposizione dell'accadere»9 , non vede la

possibilità di definire il loro rapporto con una spiegazione di tipo causale e conclude che occorre considerare tali attività come componenti di un momento unitario, di un unico «atto»:

«percezione e movimento appartengono ad un atto biologico, [ ... ]essi non devono però essere trattati come parti che stanno l'una accanto all'altra o come causa ed effetto che si susseguono l'uno all'altra» e il fatto che venga ora

considerato l'aspetto della percezione, ora quello del

movimento, dipende dal modo in cui l'osservatore si pone di fronte a tale atto, e non dal processo percettivo stesso; ne viene che «se la percezione motoria (Bewegungswahrnehmung) è un processo a sé, la percezione non si può certo dire né auto- percezione (percezione del proprio processo nervoso), né percezione-di-un-oggetto (percezione di un oggetto esistente indipendentemente da essa)»lo.

L'immagine circolare del Gestaltkreis, descritta dal rimando reciproco di attività motoria e reazione percettiva, costituisce l'unica forma processuale capace di abbracciare concettualmente l'insieme delle forze interne ed esterne del sistema organico. Nel saggio del 1927 Ueber medizinische Anthropologie, Weizsacker aveva già precisato che la

particolarità del Gestaltkreis, ciò che lo distingue da altre forme di processualità circolare, consiste nel fatto che non è possibile individuare in esso una forza direzionante e solo di caso in caso, o a seconda delle specifiche esigenze della

ricerca, si può individuare - con eguale diritto e torto - nel movimento la guida alla forma dello stimolo, o in quest'ultima la guida alla forma del movimento. L'idea di processo organico

9 Cfr. J. von lries, Allge1eine Sinnespbysiologie, Leipzig, 1923, pp. 211-212, cit. da Weizsicker in w- Gestaltkreis 1933, p. 636.

1o W-Gestaltkreis 1933, p. 638.

(21)

non si esaurisce nell'individualità di un sistema chiuso di funzioni «interne», ma apre le porte all'esteriorità

circostante: «il Gestaltkreis include cosi il mondo interiore e l'ambiente dell'organismo in un intero»ll. L'organismo è

infatti sempre calato in un ambiente (Umwelt) e posto con esso in una relazione di intreccio cosi profondo che il confine tra essi non è di fatto determinabile. Il limite tra la realtà organica e l'ambiente circostante si può pensare come

differibile e comunque esso non è coincidente con l'apparire fenomenico: «la questione riguardante dove comincia il mio

possesso corporeo e spirituale e finisce il mio ambiente non si può cogliere nella datità del fenomeno, ma va considerata

secondo la dinamica processuale del Gestaltkreis»1 2.

La forma concettuale del Gestaltkreis mostra di non avere quelle caratteristiche di evidenza ed intuitività che sono richieste dalla logica classica. La sua struttura razionale appare del tutto estranea ad un sistema logico operativo in cui il principio di non contraddizione svolge un ruolo decisivo. Se infatti la principale caratteristica del Gestaltkreis consiste nella indifferenza essenziale della direzione che può assumere il rapporto causale degli elementi - che può essere ribaltato in qualunque momento -, la logica tradizionale non può che

riscontrare in esso una contraddizione. Per questo la struttura del Gestaltkreis viene definita da Weizsacker «antilogica»:

«Antilogica è dunque una struttura gnoseologica che di fronte ad un processo fa uso della possibilità di scelta di direzioni contraddittorie»13.

Nell'applicazione ad un simile sistema strutturale il

11 Deber lediziniscbe Antbropologie (W·GS V, pp. 177-194), p. 184.

12 V-Gestaltkreis 1933, pp. 655-6. Veizsicker fa qui un esplicito riaando al saggio di Plessner e Buytendijk Die Deutung des 1i1iscben Ausdrucks, comparso in «Philosophischer Anzeiger, 2 (1925): si veda ivi, p. 656, nota 1.

13 Jed. Antbropologie (V-GS V), p. 185.

(22)

procedimento scientifico risulta estremamente versatile, sia riguardo ai dati sui quali lavorare, sia riguardo al

procedimento del ricercatore, che riveste ora il ruolo di parte integrante e determinante dell'esperimento. L'osservatore non è affatto un elemento indifferente ed estraneo ad una realtà oggettiva semplicemente osservata e descritta «da fuori», ma soggetto attivo, che partecipa e prende decisioni che si ripercuotono sul'accadere di fronte al quale egli si pone.

Dietro questa «introduzione del soggetto» nell'osservazione empirica si dischiude il campo di un'ampia ed articolata critica al metodo positivistico applicato allo studio

biologico, critica che Weizsacker matura specialmente sulle riflessioni inerenti la sua attività medica nel rapporto con il paziente e in relazione al concetto di malattia. Weizsacker recupera a tale riguardo una concezione direttamente

ricollegabile alla tradizione del romanticismo tedesco14 ,

orientata comunque a raggiungere, in primo luogo rispetto all'esperienza pratica, una cognizione complessiva del reale accadere che - senza perdersi in suggestioni più o meno

nostalgiche - sappia rendersi efficace e funzionale.

La sua critica si rivolge quindi al metodo e al senso, al valore stesso dell'indagine sull'organico, e si volge anzitutto all'esperimento, il suo principale strumento. L'osservato non può darsi nella sua integrità se isolato e decontestualizzato dall'insieme di relazioni che contribuiscono e anzi

condizionano la sua specificità. Anche l'osservatore è parte dell'osservato; non lo è tuttavia contemporaneamente al suo essere osservatore: il cosiddetto «fattore di non

1' Oltre a Th. Benkelmann, Y. von Keizsicker. L'uo1o e la sua opera, cit., pp. 26-27, si vedano le

considerazioni di Veizsicker nella recensione tRo1antiscbe KedizinJ. 1u1 ferk von ferner Leibbrand (V-GS I, pp. 544-547).

(23)

contemporaneità» (Ungleichzeitigkeits-Faktor)lS, detto anche- con un'espressione estremamente intuitiva - «principio della porta girevole» (Drehturprinzip), denota una relazione di alternanza e scambievolezza tra gli elementi dell'accadere

esperienziale e mette in rilievo la «versatilità» dell'insieme, la valenza plurima tanto del dato esperienziale - della realtà del vivente e di quella dell'ambiente nel contesto del ciclo biologico- quanto dell'osservatore.

Riflessioni sul concetto di tempo

Solo nel penultimo capoverso del saggio del 1933 il fattore temporale fa una rapida comparsa: «Non possiamo formulare tutto ciò senza chiamare in aiuto il tempo; detto altrimenti: per impadronirmi della molteplicità del Gestaltkreis devo muovermi nel tempo, non solo a causa della cosiddetta ristrettezza della coscienza[ ... ], ma a causa della rottura necessaria al

cambiamento di una connessione o di un ordine; a causa delle modalità del dato che si escludono reciprocamente e nondimeno dell'atteggiamento verso di esse»16. E' però chiaro che a questo proposito non si farà riferimento al concetto di tempo matematico-obiettivo della fisica classica, esattamente per le ragioni implicitamente menzionate nel passo sopra citato:

perché sono qui in gioco vissuti esperienziali e non semplici datità «oggettive» e perché si ha a che fare con peculiari

modalità del dato difficilmente omologabili a quelle di oggetti misurabili e collocabili in un tempo omogeneo continuo. La

1s Cfr. W-Gestaltkreis 1933, p. 659.

16 lvi, p. 660.

(24)

necessità di introdurre il fattore temporale nell'elaborazione teorica della struttura del Gestaltkreis rimane in questo

saggio solo accennata. Si può dire che si tratta di una necessità ancora sostanzialmente estrinseca e derivata

logicamente dalla riflessione sull'applicazione del concetto al concreto fattuale.

Riflessioni importanti sul concetto di tempo sono invece contenute nella Einleitung zur Physiologie der Sinne del 192617 • Tra il tempo della percezione o tempo vissuto ed il tempo oggettivo della fisica viene posta una netta linea di demarcazione. Esiste, secondo Weizsacker, una specifica sfera della Lebenszeit, la cui legislazione è cosi distante da quella del tempo obiettivo in cui si muovono gli oggetti della fisica da rendersi necessaria una formulazione autonoma dei suoi

parametri di misura e comparazione. Un efficace confronto tra tempo fisico e tempo storico viene riconosciuto da Weizsacker all'opera di Bergsonls, che nell'Essai sur les données

immediates de la conscience ha individuato nella durée la forma originaria del vissuto temporale, lo specifico carattere che contraddistingue il tempo vitale e lo contrappone al tempo fisico-matematico19. Weizsacker si richiama senz'altro a Bergson anche nel sottolineare il carattere spaziale delle determinazioni temporali in uso nel linguaggio comune come nella scienza: «punto temporale», «luogo temporale», «lasso temporale», sono espressioni coniate in seguito ad una sorta di proiezione dell'accadere temporale sul piano spaziale. Eppure,

17 Einleitung (W-GS III), pp. 398-406.

18 lvi, p. 398. si veda anche Der Gestaltkreis. fbeorie der linbeit von Nabroeb1en uod Beregeo, Stuttgart, Thieme, 19401, 1996' (cit. V-Gestaltkreis 1940), pp. 139-140.

19 Essai sur Jes doonées i11ediates de la cooscieoce (tesi di dottorato- Faculté de Lettres de Paris), Paris, Alcan, 1889 (trad it. Saggio sui dati i11ediati della 1e1oria, in Id., Opere 1889-1896, a cura di P.A. Rovatti, Milano, Mondadori, 1986). A proposito dell'iapotanza di Bergson sul pensiero di Veizsàcker si veda s. Baondts, Keoscbeorerdeo in Beziebuog: eine religionspbilosopbiscbe Uotersucbuog der Jediziniscbeo

Antbropologie Yiktor voo Neizsackers, Stuttgart, Froaaann-Holzboog, 1993, pp. 199-200.

(25)

le espressioni proprie della temporalità vissuta, il cui

carattere è relativo, non abbisognano affatto di un accordo con il tempo oggettivo2o. La loro relatività non concerne le

percezioni in se stesse, ma si riferisce essenzialmente proprio al loro rapporto con il tempo oggettivamente misurabile:

«definito questo [il tempo oggettivo] come omogeneo ed affermatasi questa definizione, il tempo percepito è, in relazione ad esso, non omogeneo e solo relativo» 21 .

Sebbene le considerazioni inerenti le caratteristiche del vissuto percettivo - sia quelle riguardanti l'impossibilità di descriverle adeguatamente mediante espressioni fisico-

matematiche, sia quelle che conducono ad un inevitabile conflitto del vissuto con le determinazioni cosiddette

oggettive - siano da Weiszacker ritenute valide egualmente per lo spazio e per il tempo22, egli trova evidente, anche negli studi fisiologici, che tra la dimensione spaziale e quella temporale sussiste una certa - diciamo - sproporzione. «Mi sembra verosimile - sostiene Weiszacker - che a fondamento di ciò sia una qualche particolarità molto profonda del tempo»23 • E' questa peculiarità del tempo che, ad esempio, spiega la

scelta di Kant di farne la forma del senso interno e dà ragione del fatto che buona parte della psicologia contemporanea ne segua le orme. Questa incorre, tuttavia, in obiezioni

elementari, e la psicofisica, che cerca di porre rimedio ad alcune delle difficoltà incontrate dalla psicologia di

derivazione kantiana, compie l'errore di attribuire alla

temporalità psichica il senso della temporalità obiettiva della

20 V-Einleitung, p. 399.

21 ivi, p. 399.

zz Quanto alle questioni generali concernenti la percezione del tetpo, Veizsacker ritanda, infatti, al paragrafo precedente della Einleitung in cui sono trattate le «disposizioni spaziali,, Cfr. ivi, pp. 373- 398.

23 ivi, p. 400.

(26)

scienza24.

La percezione del movimento nel tempo mostra una sua specificità anzitutto nell'essere priva di una regolarità di fatto comprovabile. Egli ritiene che il tempo si mostri come fenomenicamente presente solo quando ci si trova in relazione ad esso in qualità di percipienti, altrimenti non lo è affatto - non più di quanto lo sia lo spazio circostante mentre si esegue un'operazione logica. Perciò l'idea che la realtà

psichica si disponga regolarmente nel tempo non è altro che un costrutto, un'inferenza, non essendo dimostrabile essa stessa come fenomeno nel flusso dell'accadere psichico.

Il punto di massimo interesse per la precisazione della peculiarità del tempo è offerto dall'analisi di quelle

disposizioni temporali le cui connessioni con le percezioni sensibili vengono talora riconosciute, talaltra invece

contestate: si tratta dei ricordi - più in generale degli atti mnemonici. Se si distinguono - come sembra doveroso fare - una memoria intesa come «atto nel tempo», ossia la memoria

dell'apprendimento, e una memoria come «atto di

identificazione», per mezzo della quale si ottiene il ricordo con la collocazione del fatto nella sfera storica, la

separazione di tempo storico e tempo matematico appare

inevitabile. Premesso che le disposizioni temporali vengono sempre vissute anche come disposizioni ritmiche, come composti dotati di una forma caratteristica, quando, ad esempio, si ascolta una canzone nota si verifica un atto di riconoscimento mediante l'individuazione nella memoria di un ordine temporale precedentemente percepito; quando si reincontra una persona dopo molti anni, oltre ad aversi un riconoscimento, si ha la possibilità di rendersi conto di un cambiamento avvenuto «nel

24 ivi, p. 400 sg.

(27)

tempo» mediante la collocazione del percepito in un dato punto del vissuto temporale. Quest'operazione consente altresì di ricordare il luogo temporale passato e di vivere il presente sensibile come temporalmente determinato mediante

l'avvicinamento ideale di uno scopo posto nel futuro o di un avvenimento del passato. Il riconoscimento - vale a dire il rendersi conto di un «già visto» o «già sentito» - e la sua collocazione nel vissuto temporale, sono operazioni tra loro strettamente connesse. Esse denotano l'intervento di una percezione temporale storica2s.

Tutto ciò che è determinante nell'ambito dei vissuti

temporali - per la loro collocazione nel fluire del tempo, la loro comparazione, o semplicemente la loro esperienza, cioè la scelta di punti di allacciamento e di criteri di misurazione e raffronto, rappresentati da momenti e periodi precisi della vita reale - dal punto di vista matematico non può che essere considerato arbitrario. In questo ambito, il tempo della fisica può solo costituire un mezzo metodologico e astratto mediante il quale rilevare la totale indipendenza dei tempi vissuti e percepiti - tempi affatto reali e ben determinati - dalla sfera della natura esterna26.

2s Cfr. ivi, pp. 402-403. Va precisato che il cteapo storico, a cui Weizsacker si riferisce non è quello della successione di fatti eapirici oggetto di studio dello storico. Quello è cteapo depositato nella aeaoria,, capace di descrivere solo il passato con l'intervento deterainante della posizione dello storico, il quale, per di più, guarda attraverso un teapo calcolato secondo i criteridi della fisica: si veda di Weizsàcker Gestalt ond leit, Balle, Hieteyer, 1942 {cit. W-leit), p. 18.

26 Cfr. Einleitung {W-GS III), p. 404.

(28)

II. Tra 1933 e 1940:

Lo sviluppo di alcuni concetti

L'introduzione del concetto di «tempo biologico~

a. Lo «zeituberbruckende Gegenwart» di P. Auersperg.

L'importanza ricoperta dal tema del tempo nell'opera di Weizsacker si manifesta gradualmente con l'ampliarsi della portata scientifico-filosofica della teoria del Gestaltkreis.

Negli scritti Der Gestaltkreis del 1940 e Gestalt und Zeit del 1942 troviamo le formulazioni più ricche e articolate del

concetto di tempo: in esse il fattore temporale rappresenta un elemento cardine assolutamente imprescindibile.

Si può indicare come momento essenziale per l'introduzione del tempo nella teoria weizsackeriana l'intensificarsi della collaborazione scientifica con A. Auerspergl, la cui attività sperimentale approda, intorno alla metà degli anni trenta, alla formulazione del concetto di «tempo biologico». Il contributo di Auersperg alla ricerca di nuove risposte ai problemi posti in ambito biologico dalla conservazione dei fondamenti classici della fisiologia era apparso a Weizsacker non del tutto

soddisfacente, «ma - dichiara Weizsacker - trovai nelle sue riflessioni e nei suoi esperimenti anche un elemento affatto differente, non del tutto facile da estrapolare, che doveva però condurci a progressi più fondamentali. Si tratta

dell'introduzione di un "concetto di tempo biologico"

nell'interpretazione degli esperimenti fisiologici»2 • Le

constatazioni sperimentali di Auersperg mettono in chiara luce

1 Cfr. S. Eaondts, Nenscbenrerden in Beziebung, cit. p, 202.

2 Katur und Geist (W-GS I), p. 77.

(29)

che il tempo vissuto {erlebte Zeit) non è il tempo della

misurazione fisico-matematica, ma tempo presente che connette passato e futuro: «il tempo vissuto è costituito in maniera completamente diversa dal tempo matematico. Il tempo matematico è un continuum pensato come lineare e omogeneo; il tempo

vissuto è presentificazione di una connessione che dal passato va verso il futuro attraverso il presente»J. Il piano del

vissuto - in cui gli oggetti esistono «attraverso» il tempo (durch der Zeit hindurch) - si separa dal piano del concetto fisico - ove gli oggetti si trovano in relazione reciproca

«nel» tempo.

Dedicandosi allo studio di fenomeni ottici già noti a Mach con il nome di «strisce irregolari dell'immagine postuma»

{regelwiedriger Nachbildstreifen), Auersperg pose l'accento sul dato temporale emergente dall'illusione del sincronismo, sul fatto cioè che nella percezione ottica si verificasse talora una sorta di «scomposizione» e «ricomposizione» dei tempi sperimentali oggettivi con i quali veniva presentata una

successione di punti luminosi. Tale dato offriva lo spunto per rivedere non solo le basi del principio secondo cui si

dispongono percettivamente i fenomeni ottici, ma altrettanto il significato da attribuire alla dimensione temporale nel

processo percettivo: «fummo allora costretti dai nostri

risultati - afferma Auersperg in un saggio elaborato nel 1935 insieme a H. Sprockoff - a cercare la forma adeguata per la rappresentazione dell'ordinamento biologico non nell'ambito della situazione stessa, ma nella dimensione temporale»4 • In

3 lunktionsrandel der Sinoe (W-GS III), p. 587. J. von Kries aveva insegnato che il tempo non è esso stesso oggetto di percezione, a aeno che non ci si occupi di intervalli, velocità, ecc.; 1entre gli oggetti della percezione sono presenti o trascorsi nel teapo. Ma questo principio, sostiene Weizsicker, non è in sé ditostrabile.

• Auersperg, A.P. - Sprockhoff, H., lxperi•entelle Beitrige zur lrage der lonstanz der Sebdinge und ibrer lundierung (1935) «Pflfigers Archiv fùr die gesaaate Physiologie, 236 (1936), pp. 301-320, p. 308.

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