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Il contratto di assicurazione per conto altrui tra posizione del contraente e posizione dell’assicurato. - Judicium

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DOMENICA PIRILLI

Il contratto di assicurazione per conto altrui tra posizione del contraente e posizione dell’assicurato.

Sommario: 1. Dissociazione soggettiva e contratto di assicurazione. 2. Il contraente (non assicurato)... -3. ...e l’assicurato (non contraente). 4. L’impossibilità di far valere i diritti derivanti dal contratto senza l’espresso consenso dell’assicurato e le implicazioni connesse. -5. La posizione del contraente tra diniego del consenso e diritto di surroga:

brevi riflessioni.

1.Dissociazione soggettiva e contratto di assicurazione.

La dissociazione soggettiva1, pur ammessa nel nostro ordinamento2, assume, con riferimento al contratto di assicurazione, una peculiare connotazione.

A fronte dell’assicuratore, che ben può avvalersi di collaboratori per lo svolgimento della propria attività3, vi è infatti un contraente che potrebbe

1BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, Milano, 1943, p. 354: “Fatto normale, ma non costante né necessario è che il soggetto del negozio –la parte in senso formale- coincida col soggetto dell’interesse” regolato col negozio.

2Cfr. LUMINOSO, Il mandato, in Diritto civile, (diretto da) LIPARI E RESCIGNO, vol. III, I Contratti, Milano, 2009, p. 402 s.: “nelle ipotesi di sostituzione di un soggetto ad un altro nel compimento di atti e negozi giuridici possono darsi fenomeni di dissociazione tra le qualità di autore psicologico del negozio, di destinatario dei suoi effetti giuridici (diretti) e di titolare dell’affare (inteso in senso economica); qualità che ordinariamente si concentrano in capo alla stessa persona”.

3Sebbene esuli dalla presente indagine un approfondimento in merito alla figura dell’assicuratore, tuttavia va evidenziato come l’impresa ben può avvalersi dell’ausilio di collaboratori per lo svolgimento della propria attività. E’ soprattutto alla figura degli intermediari assicurativi che si ha riguardo allorquando si fa riferimento all’attività esterna, quale l’offerta dei prodotti, nonché la stipulazione del contratto. La figura

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non essere il titolare dell’interesse di sostanza né il destinatario della prestazione assicurativa.

L’ordinamento ritiene infatti di non osteggiare l’attività posta in essere da chi, pur agendo a tutela di un interesse non proprio4, procura ad altri adeguata copertura assicurativa5, ma tiene distinte la posizione del contraente e quella dell’assicurato.

Né potrebbe essere altrimenti a stretto rigore, stando a quanto disposto con riferimento all’interesse dall’art. 1904 c.c., baluardo a tutela del principio indennitario che segna i limiti dell’autonomia privata in questo specifico settore. In altre parole, è consentito al contraente, pur non titolare dell’interesse di sostanza, di sottoscrivere la polizza, non gli è consentito, come vedremo, di riscuotere l’indennità assicurativa se non con il consenso dell’assicurato. Ciò in quanto l’assicurazione, strumento principe di governo dei rischi, non può giammai tramutarsi in mezzo di

dell’intermediario è definita dall’art. 106 del Codice delle assicurazioni che così

dispone: “l’attività di intermediazione assicurativa e riassicurativa consiste nel presentare o proporre prodotti assicurativi e riassicurativi o nel prestare assistenza e consulenza finalizzate a tale attività e, se previsto dall’incarico intermediativo, nella conclusione dei contratti ovvero nella collaborazione alla gestione o all’esecuzione, segnatamente in caso di sinistri, dei contratti stipulati”. Tra le figure riconducibili al genus intermediari vanno segnalati in particolare gli agenti e i brokers. Cfr. LONGO, Intermediari di assicurazione e di riassicurazione, in Commentario breve al diritto delle assicurazioni, diretto da VOLPE PUTZOLU, Padova, 2013, p. 430 ss..

4L’ordinamento ammette invero sia che possa intraprendersi la gestione di affari altrui (artt. 2028 ss. c.c.) pur in assenza di incarico da parte dell’interessato (ovviamente facendo sorgere dalla gestione utilmente intrapresa obblighi sia in capo al gestore che all’interessato), in ragione della valenza positiva che assume in tali casi l’intromissione nella sfera giuridica altrui; sia che si possa agire per conto di altri pur in assenza di potere rappresentativo (art. 1705 c.c.), sia che una stipulazione tra due soggetti possa produrre effetti nella sfera giuridica di un soggetto terzo (art. 1411 c.c.).

5D’altro canto “l’assicurato viene sollevato da un rischio, e ciò è indubbiamente un bene, una utilità tipica che gli viene procacciata prima ancora che l’evento temuto si verifichi ed anche se non dovesse verificarsi, almeno entro un prossimo lasso di tempo”.

Così BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1953, p. 43.

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arricchimento per chi, estraneo al rapporto col bene, non nutra interesse giuridicamente apprezzabile al risarcimento.

Orbene, se normalmente chi stipula un contratto di assicurazione è anche il titolare dell’interesse, nonché il beneficiario della prestazione6 –ed allora, in questo caso, parlare genericamente di “assicurato” assume una valenza tecnica corretta- purtuttavia ben può assistersi ad una dissociazione soggettiva.

Ipotesi classica, ma anche meno significativa nella logica che ci occupa, è quella che vede il soggetto assicurando avvalersi dell’ausilio di un rappresentante. In tali casi gli effetti della stipulazione si produrranno direttamente nella sfera giuridica del rappresentato7.

Con riferimento all’ipotesi in cui ad agire sia un falsus procurator le norme relative al contratto di assicurazione differiscono rispetto alla disciplina generale del contratto. Dispone in merito l’art. 1890 c.c. che il contraente è tenuto ad adempiere personalmente gli obblighi derivanti dal contratto e che deve all’assicuratore i premi del periodo in corso. Né potrebbe essere altrimenti. La ratio della deroga8 va infatti individuata nelle esigenze proprie, nonché stringenti, della tecnica assicurativa e, quindi, in primo luogo, nella necessità di tutelare l’impresa9 che,

6Caso classico è quello di un contratto di assicurazione contro i danni stipulato per sé dal proprietario del bene.

7 La disciplina applicabile sarà pertanto quella di cui agli art. 1388 ss. c.c.. Ai fini della valutazione in merito alla validità del negozio occorrerà pertanto avere riguardo alla persona del rappresentato, “poiché l’atto stesso riflette in sé tutte le determinazioni particolari inerenti alla persona onde emana”; così PUGLIATTI, L’atto di disposizione e il trasferimento dei diritti, in Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965, ora in Scritti giuridici, vol. V, Milano, 2011, p. 74.

8 Non è peraltro l’unica deroga rispetto alla disciplina generale dei contratti prevista in ragione delle perculiarità del settore assicurativo. Basti pensare a quanto disposto dagli artt. 1892 e 1893 c.c. con riferimento alle dichiarazioni precontrattuali rese dall’assicurando.

9 VENDITTI, L’assicurazione di interesse altrui, Napoli, 1961, p. 100: “gli obblighi derivanti dal contratto sono addossati dalla legge al falsus procurator in considerazione

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confidando nella stipulazione, ha calcolato il premio sulla base della valutazione del rischio e ha diritto al pagamento da parte del contraente.

Il rischio, in ragione dell’avvenuta stipulazione, è stato infatti inserito nella comunione dei rischi10 rendendo attuali gli obblighi assunti dall’assicuratore.

Le fattispecie disciplinate dall’art. 1891 c.c. inducono più articolate riflessioni. Ci si riferisce, con ogni evidenza, all’assicurazione per conto altrui ed all’assicurazione per conto di chi spetta, accomunate dalla dissociazione contraente/assicurato, diverse perché nella prima l’assicurato normalmente è individuato ab initio, nella seconda potrà essere individuato in un diverso momento, ossia in quello del(l’eventuale) sinistro11, nel soggetto titolare della situazione giuridica soggettiva, normalmente proprietaria, che si appunta sul bene. Non è escluso pertanto che potrebbe trattarsi dello stesso contraente, il quale però in questo caso diverrebbe creditore dell’assicuratore in quanto parte del rapporto assicurativo, non in quanto parte del contratto12.

del fatto che l’assunzione del rischio, da parte dell’assicuratore, è avvenuta fin dal

momento della conclusione del contratto”.

10 Cfr. LA TORRE, voce Assicurazione, in Enc. Dir., Annali, I, Milano, 2007, p. 127 s..

L’A., dopo avere individuato i punti cardine da cui la tecnica assicurativa non può prescindere, ed avere chiarito il ruolo essenziale dell’impresa cui spetta l’inserimento di ogni contratto nella comunione dei rischi, il calcolo del premio e la costituzione di riserve tecniche, afferma: “grazie a questo complesso meccanismo, la moderna impresa di assicurazione ha potuto adottare su larga scala il principio della comunione dei rischi che si riannoda all’idea stessa di mutualità”.

11 Cfr. LANDINI, Commento art. 1891 c.c., in Commentario al codice civile, Dei singoli contratti, vol. IV, artt. 1861-1986, a cura di VALENTINO, Torino, 2011, p. 88.

12 Sulla distinzione tra parti del rapporto e parti del contratto nel contesto di cui trattasi, cfr. ROSSETTI, I soggetti del contratto di assicurazione, in Le assicurazioni private, a cura di ALPA, Torino, 2006, p. 809 ss.: “ E’ quello che avviene nell’assicurazione per conto; la stipulazione fa sorgere un rapporto (contrattuale) tra contraente e assicuratore ed uno (assicurativo) tra assicuratore e assicurato. Irrilevante appare ai fini assicurativi il rapporto che lega contraente e assicurato”.

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Secondo il disposto dell’art. 1891 c.c. il contraente assume gli obblighi derivanti dal contratto –salvo quelli che per loro natura non possono che essere adempiuti dall’assicurato-; primo tra tutti quello al pagamento dei premi. L’assicurato, quale titolare dell’interesse, acquista i diritti derivanti dalla polizza, in primo luogo il diritto a riscuotere l’indennità assicurativa.

Le posizioni del contraente e dell’assicurato, per le implicazioni connesse con l’applicazione della disciplina, andranno comunque analizzate separatamente.

2. Il contraente (non assicurato)...

Il disposto di cui all’art. 1891 c.c., che per un verso sancisce in capo al contraente gli obblighi derivanti dal contratto e per l’altro non gli consente di far valere i diritti derivanti dallo stesso se non con l’espresso consenso dell’assicurato, non deve stupire.

Nonostante l’ordinamento riconosca che un determinato soggetto, pur non essendo titolare di una situazione giuridico-soggettiva che si appunta sul bene, può stipulare un’assicurazione contro i danni avente ad oggetto la copertura di rischi, quali, ad esempio, la distruzione o il danneggiamento, tuttavia non può ammettere che l’assicurazione, da sistema per fronteggiare rischi, si tramuti in fonte di indebito arricchimento13 per chi non sia titolare dell’interesse di sostanza.

13Tale rischio si evita garantendo che non venga violato il principio indennitario ed individuando solo nel titolare dell’interesse di sostanza il creditore della prestazione assicurativa.

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Appare utile rinviare a quanto disposto in merito dall’art. 1904 c.c.14. Il contraente avrà invero un interesse indiretto alla conservazione del bene15, legato, ad esempio, alla possibilità di vedersi costretto a risarcire il danno in caso di sinistro. Egli invero potrebbe, soprattutto nelle ipotesi in cui svolge attività quale quella di vettore, stipulare un’assicurazione che copra la propria responsabilità civile16, con ciò risultando egli stesso assicurato, ma è pur vero che tale osservazione non consente di ingenerare perplessità in merito alla distinzione (netta) tra le due fattispecie, né di sminuire la portata e la valenza dell’agire per conto nel contesto di cui trattasi.

14A commento dell’art. 1904, BOTTIGLIERI, Dell’assicurazione contro i danni, Artt.

1904-1918, Milano, 2010, p. 73 ss..

15Classica è l’ipotesi del vettore, il cui interesse alla conservazione del bene è indiretto perché legato alla prospettiva di dovere risarcire il danno da distruzione o avaria della merce trasportata. Cfr.RIVA, Il contratto di assicurazione “per conto di chi spetta” nel settore del trasporto merci, in Contr. impr., 2009, p. 1026.

16Nella fattispecie di cui all’art. 1917 c.c., a differenza che in quella diversamente disciplinata dall’art. 1891 c.c., assicurato è lo stesso contraente che stipula una polizza a copertura del rischio che dalla sua attività possa derivare ad altri un danno; è quindi un’assicurazione del patrimonio, sganciata peraltro dal riferimento al valore di una specifica res. In questo tipo di assicurazione è infatti di norma previsto un massimale.

Ciò non esclude, come anche evidenziato dalla giurisprudenza, che possa stipularsi una polizza a copertura della responsabilità civile per conto. Un esempio è rappresentato dalle polizze stipulate dalle imprese capogruppo in ipotesi di A.T.I.. Cfr. sul punto Cass.

civ., sez. I, 7.6.2012, n. 9240: “l’assicurazione della responsabilità civile, stipulata dall’impresa capogruppo di una associazione temporanea di imprese a copertura della responsabilità civile delle singole imprese partecipanti all’A.T.I. per conto di queste ultime, costituisce una tipica assicurazione per conto altrui. I diritti scaturenti da tale contratto spettano pertanto alle singole imprese partecipanti all’A.T.I., e non all’impresa capogruppo”. Con riferimento al dies a quo della prescrizione, cfr. Cass. civ., sez. III, 13.07.2011, n. 15376: “in tema di contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato per conto altrui, il termine di prescrizione previsto dal terzo comma dell’art.

2952 c.c. decorre dal giorno in cui il terzo danneggiato rivolge la richiesta di risarcimento al responsabile civile, assicurato ai sensi dell’art. 1891 c.c.”.

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La posizione del contraente per conto sembra articolarsi lungo cinque linee direttrici: 1) l’interesse alla stipulazione; 2) l’obbligo di adempiere le obbligazioni derivanti dalla stipulazione; 3) l’obbligo di informare l’assicurato dell’avvenuta sottoscrizione della polizza; 4) il diritto di ottenere il rimborso dei premi pagati all’assicuratore; 5) l’impossibilità di far valere i diritti derivanti dal contratto senza il consenso espresso dell’assicurato.

1) E’ chiaro che chi si trova in condizione di detenere un bene di proprietà altrui, perché, ad esempio, chiamato a compiere attività di trasporto o di deposito, nutre un interesse alla conservazione del bene, interesse però diverso e ben distinto dall’interesse di sostanza facente capo al proprietario, e diversamente individuabile nell’esigenza di fronteggiare le conseguenze negative che la distruzione o il danneggiamento del bene potrebbero produrre nella sua sfera giuridica, ossia un’esposizione debitoria. E’ pertanto chiaro che tale interesse risulta ben distinto dall’interesse al risarcimento del danno per perdita del bene di proprietà che è altrimenti riscontrabile in capo esclusivamente al soggetto assicurato.

2)Il contraente è obbligato al pagamento dei premi nei confronti dell’assicuratore, ma ha diritto al rimborso da parte dell’assicurato. Il legislatore ha peraltro ritenuto di far rientrare tale credito nel novero di quelli assistiti da privilegio speciale17.

L’esigenza di gravare il contraente dell’obbligo di pagare i premi deriva dalla tecnica assicurativa che si fonda sull’inversione del ciclo produttivo18 e sulla comunione dei rischi.

17Dispone l’art. 1891, comma 4° c.c.: “per il rimborso dei premi pagati all’assicuratore e delle spese del contratto, il contraente ha privilegio speciale sulle somme dovute all’assicuratore nello stesso grado dei crediti per spese di conservazione”.

18In altre parole, l’impresa incamera anticipatamente i premi e costituisce adeguate riserve tecniche per fare fronte al(l’eventuale) pagamento degli indennizzi secondo quanto sancito dagli artt. 36 ss. del codice delle assicurazioni.

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3)Per quanto riguarda l’obbligo del contraente di rendere edotto l’assicurato dell’avvenuta stipulazione, il legislatore sul punto tace. In assenza pertanto di esplicita indicazione è compito dell’interprete prospettare una soluzione che, senza tradire la ratio legis, si muova nella logica di una lettura delle norme ispirata al criterio di buona fede.

E’ vero che il legislatore non ha ritenuto di gravare il contraente per conto di specifici obblighi informativi, ma è anche vero che la struttura della fattispecie implica l’estraneità dell’assicurato alla stipulazione.

Costui, non essendo parte del contratto ben potrebbe non avere contezza di un’attività che, compiuta dal contraente per conto, produrrà i propri effetti nella sua sfera giuridica, in quanto titolare dell’interesse di sostanza.

Potrebbe pertanto venirsi a trovare nella condizione, quale “assicurato inconsapevole”, di non attivare i diritti derivanti dal contratto, o di non attivarli nei termini, brevi, di prescrizione, con la duplice conseguenza di sollevare l’assicuratore dall’obbligo di effettuare la prestazione dovuta, pur avendo incamerato i premi, e di non potere egli stesso avvalersi della garanzia.

E’ per queste ragioni che, anche grazie all’apporto fornito sul punto dalla giurisprudenza, si è andato profilando un obbligo in capo al contraente di informare l’assicurato dell’esistenza dell’assicurazione della quale egli soltanto potrà avvantaggiarsi19.

4)Con riferimento al diritto al rimborso dei premi, occorre osservare che il contraente per conto agisce sì in nome proprio ma nell’interesse dell’assicurato, il quale è l’unico a poter far valere i diritti derivanti dal contratto. E’ pertanto comprensibile che il contraente vanti un diritto di credito nei confronti dell’assicurato per il rimborso dei premi pagati, credito assistito da privilegio speciale.

5)L’impossibilità per il contraente di far valere i diritti derivanti dal contratto senza l’espresso consenso dell’assicurato deriva dall’essenza

19 Cass. civ., 1.4.2003, in Giust. civ., 2003, con nota di LA TORRE.

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stessa dell’assicurazione per conto. Il contraente non è titolare dell’interesse di sostanza; l’ordinamento non può consentire –se non violando il principio indennitario- ad un soggetto di riscuotere un’indennità assicurativa a ristoro di un danno che non ha inciso sulla sua sfera giuridica. Egli potrà rivolgersi all’assicuratore solo qualora abbia ottenuto il consenso “espresso” dell’assicurato. E’ una previsione che non deve stupire e che risulta coerente col sistema nella misura in cui non consente di trarre vantaggio da sinistri che riguardano altrui sfere giuridiche.

3. ...e l’assicurato (non contraente).

La posizione dell’assicurato è perfettamente coerente con la disciplina assicurativa nella misura in cui ancora il diritto ad ottenere l’indennità al requisito oggettivo dell’interesse20.

Assicurato non può pertanto essere se non il soggetto sulla cui sfera giuridica incombe il rischio e, nel contesto delle assicurazioni contro i danni, non può che essere il titolare della situazione giuridica che si appunta sul bene e dalla cui lesione derivi il diritto al risarcimento del danno, situazione che, sebbene normalmente proprietaria, può diversamente essere individuata nella titolarità di diritti reali altri o di diritti di garanzia21.

Si potrebbe obiettare che nell’ipotesi di assicurazione per conto di chi spetta ben potrebbe avvenire che il contraente venga in un secondo momento a coincidere con l’assicurato; ma in tal caso l’indennità

20 Interesse inteso quale “rapporto, suscettibile di valutazione economica tra un soggetto e un bene”. Così DONATI, Trattato del diritto delle assicurazioni private, vol. II, Il diritto del contratto di assicurazione, Milano, 1954, p. 194.

21Cfr. ANTONUCCI, in Commentario breve al diritto delle assicurazioni, (a cura di) Volpe Putzolu, cit., p. 24.

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assicurativa spetterà a lui non in quanto parte del contratto ma in quanto parte del rapporto, non in quanto contraente ma in quanto titolare dell’interesse di sostanza, in quanto titolare di una situazione giuridica che viene ad appuntarsi sul bene. Non è dato pertanto intravedere alcuna deroga al sistema nella fattispecie de qua.

Prendendo le mosse dal dato normativo, va poi rilevato come l’art. 1891 c.c., comma 1, disponga che il contraente deve adempiere gli obblighi derivanti dal contratto salvo quelli che devono per loro natura essere adempiuti dall’assicurato.

Tra gli obblighi che gravano specificamente sull’assicurato vi è sicuramente quello di informare l’assicuratore dell’eventuale aggravamento del rischio (art. 1898 c.c.), così come di avvisare in caso di sinistro (art. 1913 c.c.) e, ancora, di tentare il salvataggio22 (art. 1914 c.c.), o di segnalare l’esistenza di altre assicurazioni23, ex art. 1910 c.c..

È infatti nella fase immediatamente antecedente alla stipulazione che l’assicurando fornisce all’impresa tutte le informazioni di cui quest’ultima necessita al fine di valutare adeguatamente il rischio e, conseguentemente, calcolare il relativo premio.

22Evidenzia la connessione sistematica esistente tra l’art. 1913 c.c., che sancisce l’obbligo di avviso del sinistro in capo all’assicurato e prevede peraltro un termine brevissimo entro cui deve essere adempiuto (tre giorni), e l’art. 1914 c.c. che impone allo stesso assicurato di fare quanto gli è possibile per evitare o diminuire il danno, FERRARI, I contratti di assicurazione contro i danni e sulla vita, in Trattato di diritto civile CNN, Napoli, 2011, p. 77. L’avviso in questa logica risulterebbe funzionale al salvataggio.

23Principio generale, quello sancito dall’art. 1910 c.c., che ovviamente riguarda tutte le assicurazioni contro i danni, posto che non può essere consentito che l’assicurato, attivando diverse coperture assicurative, possa trarre un vantaggio dal sinistro cumulando più indennità assicurative.

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Ben può avvenire però che, durante la vita del rapporto assicurativo, tali circostanze mutino determinando un aggravamento del rischio stesso. Di qui il disposto di cui all’art. 1898 c.c.24.

L’obbligo di avviso di cui all’art. 1913 c.c.25 sarebbe invero previsto per consentire all’assicuratore di accertare la dinamica del sinistro e verificarne le conseguenze al fine di adempiere, se dovuta, la propria prestazione indennitaria26.

L’art. 1914 c.c.27 dispone a carico dell’assicurato l’obbligo di fare quanto possibile per evitare o diminuire il danno, obbligo peraltro sancito a tutela degli interessi di entrambe le parti del rapporto, assicuratore e assicurato28. Da un lato, infatti, l’intervento idoneo ad evitare o diminuire le conseguenze del sinistro giova sicuramente all’impresa che non a caso è tenuta a sostenere le relative spese; dall’altro è evidente che l’assicurato dovrebbe nutrire tutto l’interesse ad evitare per quanto possibile le

24 Le circostanze potrebbero invero determinare una diminuzione del rischio stesso; in tal caso si applicherà il disposto di cui all’art. 1897 c.c..

25Sulla configurazione in termini di onere o di obbligo dell’avviso, MOLITERNI, in Commentario breve al diritto delle assicurazioni, cit., p. 97.

26 Sulla natura giuridica dell’avviso di sinistro, PURCARO, L’assicurazione per conto altrui, in Quaderni di diritto ed economia dell’assicurazione, Milano, 1996, p. 264.

L’A. ritiene si tratti di “una dichiarazione di scienza a carattere recettizio che deve contenere gli elementi di fatto essenziali per portare a conoscenza dell’assicuratore l’entità del sinistro e le sue circostanze”. Qualche perplessità viene manifestata in merito al riferimento al sinistro come momento da cui decorre l’obbligo dell’avviso; cfr.

ROSSETTI, Il diritto delle assicurazioni, vol II, Le assicurazioni contro i danni, Padova, 2012, p. 48.

27 L’interesse al salvataggio sarebbe invero tanto dell’assicurato, quanto dell’assicuratore e, più in generale, sarebbe interesse alla prevenzione dei sinistri.

MOLITERNI, cit., p. 102. COCO, Assicurazione r.c., obbligo di salvataggio e dovere di limitare il danno, in Danno e resp., 2004, p. 740 ss..

28L’assicurazione contro i danni si fonda sul principio per cui assicuratore ed assicurato sarebbero “alleati, in quanto accomunati dall’interesse di evitare il sinistro e di limitarne gli effetti pregiudizievoli”, secondo CALVO, Il contratto di assicurazione, fattispecie ed effetti, Milano, 2012, p. 111.

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conseguenze del sinistro. Senza tacere dell’interesse, più generale, alla conservazione del bene.

Per quanto diversamente attiene all’obbligo di segnalare l’(eventuale) esistenza di altre coperture assicurative, di cui all’art. 1910 c.c.29, si tratta del corollario di un sistema che non può consentire all’assicurazione di tramutarsi in strumento di arricchimento e non può certamente creare un meccanismo che induca l’assicurato a nutrire interesse alla distruzione di una res di cui normalmente è proprietario spinto dalla prospettiva di un vantaggio economico.

L’art. 1894 c.c. dispone poi, con riguardo all’assicurazione per conto, che qualora l’assicurato abbia contezza che sono state rese dichiarazioni inesatte o reticenti, si applicano le norme di cui agli artt. 1892 e 1893 c.c..

La ratio della norma è evidente: si vuole evitare che l’assicurato si giovi della buona fede del contraente tacendo in merito all’inesattezza delle dichiarazioni rese.

Orbene l’art. 1894 c.c., in questa logica, garantisce che venga mantenuto l’equilibrio. Non va taciuto infatti che il regime delle dichiarazioni inesatte e reticenti nasce al fine di evitare che il rapporto assicuratore/assicurato risulti falsato e, considerando che il portatore del rischio è colui che deve fornire all’impresa tutte le informazioni di cui necessita al fine di valutare adeguatamente il rischio e calcolare il premio, deve farlo nella maniera più corretta possibile.

A fronte di tali obblighi, che non possono essere adempiuti se non dall’assicurato, egli assume i diritti derivanti dal contratto, primo tra tutti il diritto all’indennità assicurativa in caso di sinistro.

29 La giurisprudenza, peraltro, originariamente orientata nel senso di escludere l’applicabilità del disposto di cui all’art. 1910 c.c. nell’ipotesi di assicurazione per conto altrui, ha poi comprensibilmente mutato avviso. Sul punto SABBATELLI, in Commentario breve al diritto delle assicurazioni, cit., p. 85 ss..

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4. L’impossibilità di far valere i diritti derivanti dal contratto senza l’espresso consenso dell’assicurato e le implicazioni connesse.

Il desiderio di fornire risposta all’esigenza di non vedere penalizzato il contraente per conto, vittima di una (forse più apparente che reale) ingiustizia sostanziale ma solerte nel procurare ad altri adeguata copertura assicurativa ed impossibilitato a far valere i diritti derivanti dal contratto senza espresso consenso dell’assicurato medesimo, ha trovato riscontro in maniera articolata nell’interpretazione delle Corti.

Esempio ricorrente è quello che vede il vettore, contraente per conto, chiamato a risarcire il danno al proprietario, agire in giudizio per ottenere l’indennità assicurativa.

Il diniego quasi unanime delle corti in assenza di consenso espresso dell’assicurato è assolutamente coerente con il disposto normativo. Non è tuttavia mancato qualche tentativo di riconoscere valenza ad un consenso che, seppur non manifestamente espresso, purtuttavia poteva desumersi da una tacita manifestazione di volontà30 .

La questione sollecita qualche riflessione. Sebbene il nostro ordinamento consenta che la volontà sia espressa anche in modo implicito –e, in questa logica non par esservi difficoltà ad ammettere che non serva una procura formale-, tuttavia occorre fare attenzione a non tradire la ratio della norma; andare oltre il dettato normativo in questo contesto rischierebbe di consentire a chi non è titolare dell’interesse di ottenere l’indennità assicurativa, soluzione questa non ammissibile se violando il principio indennitario.

Anche se, invero, come acutamente osservato, la giurisprudenza che ha rigettato la domanda del contraente lo ha fatto perché si trovava al

30 RIVA, Il contratto di assicurazione “per conto di chi spetta” nel settore del trasporto merci, cit., p. 1029.

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cospetto di domande formulate sulla base non di un consenso tacito, come tale astrattamente ammissibile, ma presunto31.

Sotto altro profilo, questione foriera di difficoltà interpretative è stata quella relativa alla presunta operatività, nel caso di specie, dell’istituto della surrogazione, di cui agli artt. 1201 ss. c.c.. In altre parole ci si è chiesti se il contraente, che abbia risarcito l’assicurato sulla base delle norme che regolamentano i loro rapporti interni, possa poi surrogarsi nei diritti che l’assicurato vanta nei confronti dell’assicuratore.

Trattasi di una soluzione accolta, sia pure raramente dalla giurisprudenza, soluzione che ha registrato qualche consenso in dottrina32 e che si fonda sul presupposto dell’operatività del disposto di cui all’art. 1203 n. 3 c.c.33. Non si può evitare, come pure parte della dottrina non ha mancato di fare34, di manifestare qualche perplessità sul punto. Non si ritiene infatti di rilevare un’ipotesi di solidarietà che giustifichi un meccanismo surrogatorio.

31 Intervenendo in merito alle due diverse posizioni assunte al riguardo dalla giurisprudenza di legittimità, per un verso incline a riconoscere validità ad un consenso univocamente manifestato, anche se non incorporato in una dichiarazione, per l’altro propensa ad escludere che il consenso possa manifestarsi per tramite di un condotta concludente, evidenzia come in realtà la Suprema Corte abbia negato valenza al consenso presunto, non tacito, ROSSETTI, Il diritto delle assicurazioni, vol. I, Padova, 2011, p. 709. Si legge che: “è bene comunque precisare che, ad onta delle massime apparentemente divergenti, il contrasto di cui si è appena detto può ben definirsi soltanto “formale”. Infatti, ove si sposti l’attenzione dalle sole massime alle motivazioni delle sentenze, ci si avvede che in tutte le fattispecie in cui la Corte ha negato la validità del consenso tacito, ai fini di cui all’art. 1891, comma 2 c.c., in realtà il ricorrente aveva preteso di fondare la propria legittimazione su un consenso non “tacito” ma soltanto presunto”.

32 PURCARO, L’assicurazione per conto altrui, cit., p. 309.

33 Sulla disciplina di cui all’art. 1203 c.c., cfr. CASERTANO, in Commentario al codice civile, Delle obbligazioni, art. 1173-1217, Torino, 2012, p. 677 ss..

34RIVA, op. cit., p. 1030.

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Il contraente è normalmente legato all’assicurato da un rapporto contrattuale che è e resta assolutamente distinto da quello assicurativo.

E’ vero, potrebbe obiettarsi, che tanto il contraente quanto l’assicuratore sono tenuti a risarcire il danno prodottosi nella sfera giuridica dell’assicurato, ma in ragione di due diversi titoli; il primo in virtù del sorgere di una responsabilità contrattuale, il secondo in ragione dell’assunzione del rischio. Né è detto che le due prestazioni coincidano, ben potendo essere previste nella polizza delimitazioni del rischio. Ma è pur vero che non può certo ammettersi che l’assicurato venga a trovarsi nella condizione di riscuotere l’indennità assicurativa dopo che il danno gli sia stato risarcito dal contraente.

Altro tentativo, sicuramente meno riuscito, è stato quello di inquadrare l’assicurazione per conto nell’alveo dell’assicurazione di responsabilità civile, al fine di consentire al contraente, in veste di assicurato, di azionare i diritti derivanti dal contratto.

Le differenze tra le due forme di assicurazione sono evidenti.

L’assicurazione di responsabilità civile copre il rischio del depauperamento patrimoniale nel quale incorre l’assicurato allorquando da una propria condotta derivi ad altri un danno; l’assicurazione per conto è un’assicurazione danni alle cose in cui il rischio assicurato consiste nella possibilità che il bene venga distrutto, danneggiato, ecc..

Maggiormente dibattuto e diversamente argomentato l’inquadramento nel contesto del contratto a favore di terzo, che pur ha trovato spazio nell’interpretazione delle Corti35.

In un primo momento, invero, le stesse sezioni unite della Suprema Corte arrivarono ad affermare la riconducibilità del contratto di assicurazione per conto nell’alveo della stipulazione a favore di terzo di cui all’art. 1411 c.c.36. Tale soluzione consentiva al contraente, in

35Assimila l’assicurazione per conto altrui al contratto a favore di terzo, Cass. civ., 25.5.1995, n. 5747, in Foro it. Rep., 1995.

36Il riferimento è a Cass., sez. un., 6.5.2000, n. 295, in Dir. giust., 2000, p. 58.

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presenza del rifiuto da parte dell’assicurato di avvalersi della garanzia, di ottenere la prestazione pur in assenza di consenso.

Il tentativo, pur apprezzabile nella misura in cui rivolto a consentire al contraente per conto, attraverso l’assimilazione della fattispecie di cui all’art. 1891 c.c. con quella di cui all’art. 1411 c.c., di azionare i diritti derivanti dal contratto, è stato però fuorviante.

Ed invero le sezioni unite della Suprema Corte, a distanza di soli due anni, sono tornate ad esprimersi sulla questione, assumendo una posizione in netta antitesi con la precedente, ma che appare più coerente con la struttura della fattispecie nella misura in cui esclude l’assimilabilità al contratto a favore di terzo37.

Sebbene non sia questa la sede per affrontare funditus la questione, tuttavia non può non rilevarsi la profonda differenza tra l’agire per conto

37Il riferimento è a Cass. civ., 18.4.2002 n. 5556, in Giust. Civ., 2002, I, 895, con nota di A. LA TORRE,Un chiarimento sull'assicurazione per conto altrui (art. 1891 cod. civ.);in Diritto e Giustizia, 2002, con nota di ROSSETTI, in Corriere Giur., 2002, con nota di LAMORGESE: “all'assicurazione per conto di chi spetta, disciplinata dall'art. 1891 c.c., non è applicabile, attesa la sua natura indennitaria, l'art. 1411, comma 3, c.c., il quale, in tema di contratto a favore di terzi, legittima lo stipulante a beneficiare della prestazione ove il terzo rifiuti di profittarne; ne consegue che, nel caso in cui il contratto di assicurazione sia stato stipulato dal vettore in favore del proprietario delle cose trasportate, è da escludere che il primo possa beneficiare dell'indennità ancorché l'assicurato non abbia profittato dell'assicurazione, avendo preferito chiedere il risarcimento del danno al vettore. Né da tale comportamento dell'assicurato può trarsi il di lui "espresso consenso" a che il contraente eserciti, secondo quanto prevede il comma 2 del citato art. 1891, i diritti derivanti dalla polizza, atteso che esso palesa soltanto il rifiuto dell'assicurato di avvalersi dell'assicurazione, ma nulla esprime in ordine all'esercizio, da parte dello stipulante, dei diritti derivanti dall'assicurazione medesima”.

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e l’agire a favore, differenza che assume una valenza ancor più significativa nel contesto delle assicurazioni contro i danni38.

Ma che il dibattito fosse destinato a non essere sopito è dimostrato dal fatto che la stessa Suprema Corte nel 2007 torna sulla questione affermando che il contratto di assicurazione per conto altrui di cui all’art.

1891 c.c. costituisce “una vicenda negoziale “sui generis” di contratto a favore di terzo”39.

L’altalenante posizione della Suprema Corte evidenzia l’importanza della questione e le peculiarità dell’assicurazione per conto, fattispecie che, ponendosi in equilibrio tra criterio formale di legittimazione (es. possesso della polizza) e criterio sostanziale di titolarità dell’interesse assicurato40,

38LA TORRE, Un chiarimento sull’assicurazione per conto altrui, cit., p. 899 ss.; ID, Cinquant’anni col diritto, vol. II, Diritto delle assicurazioni, Milano, 2008, p. 353 ss., spec. 357 ss..

39Il riferimento è a Cass. civ., sez. III, 5.6.2007, n. 13058, in mass. Giur. it., 2007:

“L'assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta disciplinata dall'art. 1891 cod.

civ. integra un contratto a favore del terzo o, ancor più specificamente, una vicenda negoziale "sui generis" di contratto a favore di terzo, sicché ad essa si applicano tanto le norme proprie dell'istituto ex art. 1411 ss. cod. civ., quanto quelle del contratto di assicurazione nella parte in cui derogano ai principi generali dettati dalla legge per il contratto a favore di terzo. Ne consegue che lo specifico requisito dell'"interesse"

nell'assicurazione ex art. 1891 cod. civ. risulta di duplice natura e di diverso contenuto, dovendo essere valutato, ai fini della validità del contratto, sia con riguardo alla posizione dell'assicurato-terzo, a norma dell'art. 1904 cod. civ., sia con riferimento alla posizione dello stipulante, ai sensi dell'art. 1411 cod. civ.: sotto il primo profilo, l'interesse assicurativo sottende, una relazione economica tra un soggetto e un bene esposto a rischio in rapporto ad un evento futuro potenzialmente dannoso (dovendo, per l'effetto, risultarne una posizione soggettiva giuridicamente qualificata e non un interesse di mero fatto) mentre, in relazione al secondo aspetto, l'interesse non deve giocoforza assumere caratteri di giuridicità, potendo, risolvendosi anche in una situazione soggettiva di mero fatto, morale o di immagine”.

40VENDITTI, op. cit., p. 171, chiarisce che se il contraente “potesse esercitare i diritti contrattuali in base alla polizza rimasta in suo possesso, potrebbe p.e. riscuotere le somme dovute per contratto, abusivamente sottraendole all’assicurato”.

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contribuisce a mantenere vivo il dibattito in un settore, quello del diritto assicurativo, che “costituisce un autentico laboratorio di idee, di tendenze, di soluzioni concettuali e pratiche, perché appare orientato a conservare i suoi caratteri originali nell’adeguarsi alle esigenze della modernità”41.

5. La posizione del contraente tra diniego del consenso e diritto di surroga: brevi riflessioni.

La previsione di cui all’art. 1891 c.c., che per un verso dispone l’assunzione in capo al contraente degli obblighi derivanti dalla stipulazione e per l’altro, in ossequio al principio indennitario, non gli consente di fare valere i diritti spettanti all’assicurato se non quale

“sostituto” di quest’ultimo, induce qualche ulteriore riflessione che si muova nel solco della valutazione delle implicazioni connesse con l’applicazione della disciplina.

Il rapporto che lega contraente e assicurato rimane assolutamente distinto sia da quello che lega contraente e assicuratore, sia da quello che lega assicurato e assicuratore.

Se, quindi, tale rapporto non rileva ai fini assicurativi, è pur vero che molto spesso è alla base della solerzia del contraente per conto nel procurare garanzia contro i danni. In altre parole spesso il contraente per conto si trova nella condizione di detenere il bene di proprietà altrui e nutre un interesse indiretto alla conservazione dello stesso; interesse che lo spinge, nella prospettiva di poter non rispondere di un danno pur causato nello svolgimento della propria attività, a sottoscrivere la polizza assicurativa.

Caso classico è quello del vettore.

Orbene, sia dato interrogarsi su alcune delle conseguenze che l’applicazione della normativa di cui trattasi potrebbe comportare.

41ALPA, Introduzione, in Le assicurazioni private, a cura di Alpa, cit.

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L’assicurato potrebbe agire per ottenere il risarcimento del danno nei confronti del contraente sulla base delle regole che governano il rapporto contrattuale che li lega e non prestare il proprio consenso affinchè costui possa agire nei confronti dell’assicuratore. In tale ipotesi, non pare possano essere avanzati dubbi in merito alla liceità della richiesta di risarcimento azionata nei confronti di chi era tenuto –perché obbligatosi contrattualmente- ad avere cura del bene affidatogli, né tanto meno può immaginarsi che l’assicurato possa essere costretto a prestare al contraente il proprio consenso affinchè costui in qualità di suo sostituto possa agire nei confronti dell’assicuratore.

E’ però pur vero che l’assicuratore ha riscosso i premi ed il sinistro si è verificato; se il diniego del consenso (pur legittimo) non consente di azionare i diritti derivanti dal contratto si giunge all’irragionevole conseguenza per cui l’unico soggetto ad avvantaggiarsi è l’assicuratore che ha incamerato i premi ma, pur essendosi verificato il sinistro, non ha corrisposto ad alcuno l’indennità assicurativa. Potrebbe obiettarsi, a ragione, che la prestazione dell’assicuratore non si sostanzia nella sola corresponsione dell’indennità, essendo diversamente individuabile nella garanzia offerta con l’assunzione del rischio altrui, ma è anche vero che se il sinistro si verifica l’impresa è tenuta alla sua prestazione proprio in ragione dell’assunzione del suddetto rischio.

Né il dato normativo sembrerebbe consentire al contraente di agire in assenza di consenso. L’ipotesi di surrogazione ex art. 1203 c.c., non persuade. La surrogazione legale di cui all’art. 1203 c.c., infatti, presuppone che si adempia un debito altrui o (n.3) che si sia obbligati in solido.

Ancor più complicata da dirimere appare l’eventualità, da scongiurare, che l’assicurato si rivolga sia all’impresa che al contraente, ottenendo

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dall’una l’indennità assicurativa, dall’altro il risarcimento del danno da inadempimento degli obblighi contrattuali, cumulandoli42.

Sebbene, infatti, a stretto rigore non possa tacersi della indipendenza delle due vicende contrattuali e, quindi, del fatto che, pur essendo il contraente e l’assicuratore debitori nei confronti dell’assicurato, lo siano in ragione di due diversi titoli43, tuttavia non può immaginarsi come possibile una soluzione che si tramuti in un ingiustificato arricchimento per l’assicurato.

Ed invero il legislatore, al fine di consentire all’assicuratore di recuperare quanto prestato, azionando il credito nei confronti del terzo responsabile, ha previsto l’istituto della surroga di cui all’art. 1916 c.c.44. Nella

42Il rapporto contraente-assicurato essendo regolato dal contratto o dal fatto che ha indotto il contraente ad assicurare. DE GREGORIO-FANELLI-LA TORRE, Il contratto di assicurazione, Milano, 1987, p. 30.

43Cfr. VOLPE PUTZOLU, L’assicurazione, in Trattato Rescigno, vol. 13, Torino, 1985, p.

124.

44Dispone l’art. 1916 c.c. che “l’assicuratore che ha pagato l’indennità è surrogato, fino alla concorrenza dell’ammontare di essa, nei diritti dell’assicurato verso i terzi responsabili”. Evidente appare la ratio sottesa alla scelta del legislatore di prevedere tale diritto in capo all’assicuratore. Qualora infatti il danno patito dall’assicurato derivi dal fatto illecito di un terzo, l’assicurato si trova ad essere creditore tanto dell’impresa di assicurazione, quanto del responsabile civile; dall’una potendo pretendere il pagamento dell’indennità assicurativa, dall’altro il risarcimento del danno. Se non esistesse il disposto di cui all’art. 1916 c.c. potrebbe giungersi alla inaccettabile conseguenza che l’assicurato, cumulando indennità e risarcimento, si trovi, dopo il sinistro, in una condizione economicamente migliore rispetto a prima. A ciò si aggiunga che in questa logica nutrirebbe un interesse alla verificazione del sinistro. Orbene, l’ordinamento non può certo ammettere che l’assicurazione si tramuti in strumento di arricchimento per l’assicurato. Ed ecco che, a salvaguardia del principio indennitario, ha previsto l’istituto della surrogazione (cfr. Rossetti, Il diritto delle assicurazioni, vol. II, cit., p. 69 ss.), istituto che va però tenuto distinto dalla surrogazione di cui all’art. 1203 c.c.. Cfr. LA TORRE, Sulla natura giuridica della surroga assicuratoria, in Scritti di diritto assicurativo, Milano, 1979, p. 154. L’A. chiarisce come, a differenza dello schema di cui all’art. 1203 c.c., dove si ha il pagamento dello stesso debito da parte del solvens che pertanto si surroga all’originario creditore, nella surrogazione di cui all’art. 1916 c.c.

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fattispecie di cui trattasi, però, il responsabile non è un qualunque terzo, ma lo stesso contraente, ragion per cui viene spesso inserita nel contratto una clausola di rinuncia al diritto di surroga, la cui ammissibilità ha però comprensibilmente diviso la dottrina45. Ammettendo che l’assicuratore possa rinunziare preventivamente al proprio diritto di surroga ed ipotizzando che tale rinunzia operi a vantaggio dell’assicurato, dovrebbe comunque immaginarsi che l’ammontare del danno funga da limite al cumulo stesso46.

“l’assicuratore non paga il debito del terzo ma esegue la prestazione da lui dovuta: cioè per adempiere il suo obbligo contrattuale e senza alcun collegamento col ben diverso rapporto intercorrente fra il suo assicurato (danneggiato) e l’autore del danno in dipendenza della responsabilità aquiliana che su questo incombe”.

45 Cfr. sul puntoROSSETTI, Il diritto delle assicurazioni, vol. II, cit., p. 105 ss.. Quella della possibilità di rinunciare preventivamente al diritto di surroga è una questione di notevole rilevanza nel contesto che ci occupa, la cui trattazione approfondita esula però dai confini della presente indagine.

46Cfr. DONATI, op. cit., p. 483.

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