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ASPETTI DI ETICA E RESPONSABILITÀ MEDICA

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ASPETTI DI ETICA E RESPONSABILITÀ MEDICA

Dr. Giorgio Marcelli*

Premessa

Il dibattito dalle origini alla strutturazione del concetto di etica medica ha sempre riguardato il senso, il valore e la responsabilità dell’essere medico.

Il Corpus Hippocraticum (tra V e IV secolo a.C.) ne rappresenta, oltre che la dimensione deontologica, l’espressione composita della complessa realtà filosofica e teologica.

Non mancano nel Giuramento di Caraka (indù del I sec. d.C.) o di Asaph (ebraico del VI sec d.C.) norme e prescrizioni di scuole mediche di diversa cultura strutturatesi successivamente a quella Ippocratica.

L’etica medica, oltre la dimensione “morale” deontologicamente rilevante nei moderni codici professionali, comporta il rispetto di regole e valori nell’assistenza al malato e il peso sulle decisioni in merito alla salute pubblica.

Sono notevoli e molteplici, infatti, le ricadute dell’agire del medico che vanno oltre lo scopo primario del raggiungimento del bene del malato e della collettività su cui si fonda l’essere stesso del medico.

Agere sequitur esse. Il medico agisce correttamente quando il suo modo di essere affonda nell’etica medica, ancorché la sua arte non sia del tutto immune da un certo relativismo storico.

Si tratta, perciò, di una correttezza semplice fatta di attenzioni in cui il medico si obbliga con i mezzi di cui dispone non già a promettere la guarigione ma a garantire le cure necessarie fossero anche solo palliative.

* Specialista e docente di Medicina Legale, Università La Sapienza di Roma, Dirigente medico legale ASL Rm/B

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L’etica medica, al di là della definizione e dello statuto epistemiologico diverso della più recente bioetica, si addice per bene tanto alle valutazioni, quanto alle indicazioni applicative del comportamento medico concreto.

L’etica medica, ha, anche come interrogativo di fondo se è lecito avvalersi a tutti costi di ciò che è tecnicamente è possibile; atteso lo sbilanciamento di valori in giuoco, giacché lo sviluppo tecnico risponde essenzialmente a motivazioni economiche e commerciali.

La riflessione etica coinvolge tutte le attività bio-mediche, ciascuna con le proprie peculiarità etiche e normative.

Si pensi alla ricerca ed alla sperimentazione clinica, alla procreazione assistita, all’allocazione di risorse in campo medico, all’eutanasia, ecc.

Argomenti che richiedono una specifica ed approfondita trattazione, cui, invece, nel contesto di che trattasi è solo possibile accennare.

Si può essere responsabili eticamente ma non essere perseguibili giuridicamente o viceversa o esserlo per entrambe i profili.

Per un medico la responsabilità etica dovrebbe essere avvertita come più profonda e radicata di quella legale.

La filosofia della prassi medica

Medico e Giurista incidono entrambi su interessi ed aspetti fondamentali della persona, costituzionalmente tutelati, che sono rispettivamente la vita e la salute, la libertà e l’onore.

Andrebbe, dunque, accuratamente evitato lo sbilanciamento delle specifiche tutele di garanzia costituzionali della persona da un ambito proprio all’altro.

Per evitare il rischio di una esclusiva dimensione “tecnoetica” l’etica medica dovrebbe saper trovare risposte al “saper essere” ed al “saper fare” del medico principalmente attraverso la capacità e l’autonomia intrinseca alla medicina di riflettere ed individuare su ciò che è vero e buono per la persona

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3 malata con l’apporto di coeve riflessioni filosofiche, giuridiche ed antropologiche, specialmente per problematiche di confine intellettuale comune: procreazione, malattie terminali, morte, ecc;.

Si tratta cioè di non cadere sia nell’errore di una riflessione etica del tutto autoreferenziale, incentrata sul concetto di un medico detentore di un sapere assoluto e non discutibile, sia nell’errore di subire del tutto dettami giuridici, sociali, filosofici e morali in capo all’agire medico.

Si corre, infatti, il rischio di stravolgere l’interesse vero del malato e di svuotare o di sostituire - piuttosto che arricchire di altre sfaccettature - la portata dei valori fondamentali acquisiti ed elaborati dall’etica medica come parte integrante dell’esercizio e della pratica professionale, quali il valore della vita umana, la sofferenza del malato, la competenza del curante.

Quest’ultima, poi, rappresenta, ormai da diversi anni, l’argomento di legittima riflessione critica da parte di giuristi e filosofi della scienza.

Appannaggio conquistato, evidentemente, anche per una carente riflessione “epistemologica” da parte dei medici sui limiti dell’applicazione in campo medico della conoscenza e la metodologia scientifica.

Il dibattito e le risposte inerenti le problematiche di natura medica andrebbero, tuttavia, ricondotte, come in passato, ontologicamente nell’ambito dell’etica medica.

Dare, cioè, risposte mediche attuali a problemi medici emergenti, magari privilegiando gli aspetti concreti dell’esercizio della professione medica, piuttosto che quelli precettivi.

L’ottica della soluzione giuridica alla lunga comporta una deformazione tecnocratica impropria del rapporto medico-paziente.

La prospettazione contrattualistica giurisprudenziale del rapporto medico- paziente si pone su un piano del tutto diverso dell’alleanza terapeutica perseguibile eticamente.

La visione giurisprudenziale, forse, garantisce alcuni aspetti formali del rapporto medico-paziente ma non si vede come possa arricchire il rapporto del

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beneficio esclusivo frutto di virtù relazionali piuttosto che di confezioni giuridiche.

Per chi, tuttavia, non ha la capacità, in proprio, di appellarsi a sofisticate elaborazioni e disquisizioni giuridiche inerenti il “contratto sociale” o il contratto tipico del professionista tra medico-paziente può subentrare l’idea distorta che con il vaglio di formule giuridiche sia forse possibile governare i confini e l’imprevedibilità dei fenomeni biologici, che non sia richiesta una vera e profonda relazione umana, che possano essere valorizzati al massimo gli aspetti commerciali dell’arte, che possano essere regolarmente stabilite prestazioni ardite purché sottoscritte, che possa essere favorito l’utilitarismo, composto il contenzioso, ecc..

Il sospetto di un sovvertimento culturale e scientifico in corso dell’arte medica può assalire chiunque abbia notato che nell’indice di una rivista d’aggiornamento medico il sommario presenta per lo più argomenti giuridici, sentenze, valutazioni filosofiche e sociali, piuttosto che questioni cliniche, bio- mediche e metodologiche applicative di buona ricerca e pratica clinica.

Lascia, nondimeno, perplessi che addirittura nel campo della formazione medica (e dunque nell’ambito della scuola) non intervengano regole endogene di etica medica atte a determinare la valutazione, il comportamento ed il percorso dell’assistente in formazione ma piuttosto quelle della giurisprudenza, ancorché autorevole della Corte Suprema (sentenza n. 32901/04) a disegnare limiti e responsabilità professionali.

L’esigenza anche di altri professionisti di richiamarsi responsabilmente alle competenze mediche è praticamente evaporata anche laddove dovrebbe esserne il presupposto; è sotto gli occhi esterrefatti degli addetti ai lavori che l’impianto di valutazioni di competenza strettamente medico legale compendiate nel contesto di giudizi di responsabilità professionale medica sono, talvolta, prive della paternità di qualificati autori medici; non si comprende, tuttavia, perché in tal caso non vengano rigettate ab initio e chiamato alle sue responsabilità chi le abbia proposte.

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5 Il destino e le regole dell’arte medica sono ancora in mano ai medici ? o sono già passate di mano ?

Saranno sempre più il giurista ed il filosofo della scienza a prospettate le determinazioni in tema di salute che verranno raccolte dal medico nel suo ruolo di mero esecutore ?

La più nobile delle professioni è ancora appannaggio del medico nel ruolo di artefice libero e responsabile dell’opera profusa, oppure gli effetti giuridico- sociali predominanti ne hanno cambiato i connotati in burocrate, impiegato di concetto o di artigiano rifinito?.

I guasti del rapporto, in crisi, tra medico e paziente, mutato – talora in forza legis – svuotato di valori etici, di libertà e di responsabilità reciproca hanno favorito il ricorso, non sempre genuino, alla fabbrica delle sentenze.

E’ piuttosto evidente, però, che i problemi, talora molto critici, del rapporto medico-paziente non si giovino di soluzioni tecnico-giuridiche che per natura comportano la sclerosi, financo la sostituzione, dei valori etici fondanti il rapporto stesso tra medico e paziente.

Basti pensare al fenomeno dilagante della medicina difensiva.

Il medico piuttosto che misurarsi con ineludibili conseguenze etiche di una scelta “tecnica” appropriata ed utile per il paziente si preoccupa per lo più di salvaguardare formalmente la mera prassi di un doveroso operato medico privo soprattutto di dedizione e dunque carente di giustificazioni pratiche e morali delle strategie terapeutiche adottate.

Possibile conseguenza paradossale di siffatto modus operandi è che l’opera del medico sia stata formalmente corretta e rispondente alle regole, non dell’arte medica ma agli indirizzi giurisprudenziali e pertanto non censurabile, ma il paziente (e per un certo modo di essere anche il medico) sia morto.

Il rapporto medico-paziente, irriducibilmente asimmetrico e complesso, piuttosto che di paradigmi, soluzioni giuridiche e di norme perfette necessita

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semmai dell’etica delle virtù; come risposta, quest’ultima, proprio agli eccessi di norme e principi.

L’etica delle virtù centra, infatti, la sua attenzione sull’esperienza dell’uomo come soggetto morale, sulle motivazioni e sulla disposizione che agisce e che nell’atto manifesta e potenzia le proprie qualità morali.

Virtù, dunque, come qualità morale, la "disposizione del proponimento"

secondo la definizione di Aristotele – qualità stabile dell’anima razionale che la spinge ad agire secondo il bene per il raggiungimento della felicità e dell’esperienza.

L’ipotesi è dunque quella di agire per il bene, usando le piccole virtù (o le disposizioni abituali): benevolenza, fedeltà alla fiducia, compassione, empatia, onestà intellettuale, competenza, prudenza.

Si privilegia dunque il bene del paziente, non la sua autonomia - pur considerandola inviolabile - né l’utilità sociale.

La salute del paziente abbisogna di essere ricongiunta e saldata con l’etica medica al valore finalistico della medicina; onde, alle applicazioni benefiche della conoscenza delle leggi della natura, delle scoperte scientifiche,

del progresso tecnico, della giusta formulazione diagnostica e terapeutica.

Etica medica, dunque, salvaguardia, non solo dell’aspettativa, legittima, del buon risultato tecnico prefigurato, frutto dell’alleanza terapeutica, ma anche dell’integrità stessa del rapporto medico-paziente e perciò della reciproca soddisfazione, gratificazione, fiducia, solidarietà, comprensione, riconoscenza, affetto et ultra.

La responsabilità etica indubbiamente si complica con le “relazioni multilaterali” esistenti tra: medico-paziente-nursery-medico-medico-tecnico- paziente-tecnico-medico-ecc..

L’autonomia e le competenze di vari profili professionali presenti in un sistema sanitario complesso - si pensi al regime di ricovero, alle dimissioni protette, ai consulti specialistici anche a distanza con la telemedicina, all’esecuzione di accertamenti tecnici, ecc. - vede in giuoco diversi attori

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7 protagonisti che in nessun caso può essere fonte o alibi per scaricarsi di responsabilità.

L’etica medica unitaria ci salverà !

Alcuni dei modelli etici: l’etica dei principi; l’etica delle virtù; la bioetica personalista, ecc. - che richiedono una trattazione a parte dell’impianto teorico di riferimento che li sottende - pongono evidentemente il problema del superamento di una inevitabile pluralità di ideologie e di sentimenti.

Il concetto di morale professionale e di etica medica unitaria richiede l’esigenza di una profonda riflessione in seno agli organismi deputati e meglio se transnazionale, almeno europea.

L’obiettivo è quello di concepire riferimenti comunemente accettati e condivisi a garanzia dell’essere e dell’agire medico e dentro cui trovare risposte contingenti per le molteplici problematiche con cui si devono misurare il medico ed il paziente.

Non si tratta di obblighi o doveri morali di tipo deontologico, neanche di etica della situazione (esagerato interesse personale) o relativismo etico o di semplici proponimenti ma di concepire una fisionomia “categorica” di un sanitario capace di interpretare in maniera illuminata i propri doveri e realizzare con consapevolezza la propria missione ed propri compiti di cui rispondere al paziente, alla collettività, alla legge.

La Federazione Nazionale degli Ordini Medici ha disatteso le indicazioni del “documento di Erice” (18/2/91) di studiare le norme del comportamento professionale una volta conclusa la discussione bioetica e tenendo conto delle leggi vigenti.

Alcune conclusioni, infatti, del codice deontologico e di altre raccomandazioni emanate guardano per lo più le norme giuridiche e non tengono sufficientemente conto della discussione ancora aperta sul versante etico.

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La classe medica non sembra discuta sufficientemente di problemi d’etica medica e di deontologia professionale.

Guarda forse interessata ma senza intervenire autorevolmente e con pieno diritto alla definizione dei modelli di medicina che si stanno contrapponendo: il cosiddetto “modello contrattuale” e quello basato sull’"etica della cura" - molto pragmatico, con scarsi contenuti etici il primo, molto più virtuoso, ma forse troppo teorico il secondo.

La classe medica non sembra, cioè, curarsi del proprio destino. Sembra quasi inconsapevole del rischio che corre e cioè che all’esito della contrapposizione in atto si affermerà un modello di essere e di fare il medico, magari confezionato da altri, con il quale potrebbe essere veramente difficile identificarsi.

Il secolare dibattito filosofico sul rapporto tra legge civile e legge morale investe appieno anche le questioni di etica medica, tanto più se si volessero massimizzare gli aspetti morali intrinseci al rapporto medico-paziente.

Già san Tommaso aveva rilevato che non tutta la sfera della morale può essere coperta dal diritto; la legge, peraltro, non può fondare la morale ma semmai deve riconoscerne le istanze.

Il rapporto medico-paziente basato su criteri contrattualistici e dunque con un impronta giuridica è privo di autenticità.

Fosse altro perché parte della dottrina cerca di affermare che il diritto non dipenderebbe in alcun modo dalla verità, bensì da un atto di volontà normativa secondo il positivismo giuridico sulla scia del noto postulato di Hobbes: auctoritas non veritas, facit legem.

Nel fondare il rapporto medico-paziente si tratta dunque di convenire se riconoscere il primato al diritto o all’etica medica.

Tenendo presente che rapporto medico-paziente non si giova di contenuti residuali di etica medica che colmino gli spazi lasciati vuoti dal diritto e che finirebbero per essere abbandonati.

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9 Non si tratta neanche di degradare il diritto a strumento dell’etica, semmai di saldare la porzione etica del diritto e quella etica della medicina e dunque trovare i giusti confini entro i quali riflettere.

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